Io ti appartengo.

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22:50 Haran:
 Sola, una volta ancora, ad osservare questa candida luna d'argento che governa regina in un tripudio di luci e di ombre. Nera la volta, brillanti le stelle, uno spettacolo di cui i di lei occhi non sono ancora pieni, non ancora sazi. Ama la notte, le piace sentirsi avvolgere da quel manto di tenebra ch'essa lascia cadere su ogni cosa, indistintamente. Le piace il lucore distante di quelle miriadi di stelle lontane, i raggi gentili di quella luna sovrana che si staglia fra le fronde fiorite di quegli alberi rosati. Non aveva mai visitato quel luogo, prima. Non aveva mai scoperto dell'esistenza di quel bosco prima del ritorno a Kusa dal torneo dei Villaggi. E deve ammettere che quel luogo è semplicemente meraviglioso. Le fronde fiorite di decine e decine di fiori bianchi e rosa, il profumo dolciastro, la brezza fresca. Le piace quel bosco. Le piace la notte, le piace il silenzio, anela la pace. Ormai nel suo animo vige da un po' la tempesta ed è per questo che ricerca, almeno al calar del sole, un po' di sollievo. Abituata al nulla della sua vita passata in una stanza nascosta, adesso si ritrova travolta e soverchiata dalla reale concretezza dell'esistenza, aggredita da mille e più esperienze mai vissute, mai pensate, solamente lette ed udite in racconti da lei distanti. Ha sperimentato l'affetto, il lutto, il dolore, la sconfitta, l'ambizione, la curiosità, la preoccupazione. Ha sperimentato tanti e tanti sentimenti, mille e mille sensazioni e se ne sente costantemente travolta. Non sa spiegarsi bene cosa prova e perchè, non sa come poter interpretare correttamente il mondo senza cadere in errore. Non sa come poter sapere se sta facendo bene perchè, ora come ora, non vede riferimento in nessuno. Una persona, però, c'è. Fugace, sibillino, il viso di Shura s'affaccia nella sua mente come una cometa passeggera. In lui ha trovato comprensione, ha trovato un compagno, ha trovato qualcuno che può capire la sua condizione e che ha saputo adattarsi ad essa e ambientarsi nel mondo. In lui ha trovato un traguardo, un obiettivo, un modello. In Shura ha trovato, per la prima volta, attrazione. Ma è qualcosa di puro, di innocente, che non riesce neppure a spiegare a se stessa. Non comprende il significato del calore che pervade il suo viso quando il pensiero carezza quel nome, non comprende il senso dietro il leggero balbettio che le smuove le labbra quando pensa al suo viso. Non comprende cosa spinga il suo cuore a battere così fortemente fin quasi a farle male quando sente, all'orecchio, il ricordo sbiadito della sua voce. Ingenua, spontanea, alle prime prese con la vita, alle prime prese con la realtà. Dopo quella intensa, strana, calorosa esperienza in ospedale, i due si sono dovuti salutare al mattino quando la dottoressa è venuta a verificare le condizioni del braccio dell'altro. Akira è dovuta uscire e ha lasciato il chuunin con un impacciato e goffo sorriso. Avrebbe voluto rivederlo, avrebbe voluto rincontrarlo, ma il torneo è giunto al suo termine ed è dovuta tornare a casa, tornare a Kusa. Ha lasciato per lui, però, un biglietto alla locanda dove le aveva detto di pernottare. Un biglietto in cui gli aveva scritto che sarebbe tornata a Kusa e che se avesse voluto avrebbe potuto ritrovarla ai Quartieri Uchiha. Non sa, lei, della condizione dell'altro di reale rinnegato del clan. Sa che ha voluto recidere dei legami col clan, dei fili che lo rendevano loro burattino, ma non ha realizzato appieno che questo volesse dire per lui starne alla larga. Piccola, confusa, ancora troppo ingenua. Da allora non l'ha più visto: son passati alcuni giorni, non ha avuto notizie, ma il ricordo di quella sera è ancora vivido in lei. La sensazione della sua mano che sfiora la sua, del battito del suo cuore contro il proprio palmo, delle sue labbra che sfiorano le sue... Illusione, certo, eppure quant'era reale! Quanto reali sono stati i sentimenti scaturiti da quel semplice, spontaneo gesto? Questa sera, comunque, il clone indossa abiti semplici, nuovi, che le calzano comodi indosso. Un paio di pantaloncini neri le fasciano le cosce stringendo sulla forma delle stesse mentre poco sopra il ginocchio partono delle calze grige che vanno a modellare la forma delle sue gambe fino a perdersi dentro un paio di comode scarpe. Una canotta rossa, color del sangue, ricopre il di lei busto nascondendo le forme immature di quel seno piccolo, gentile, evidenziando il ventre piatto ed i fianchi morbidi. Le spalle sarebbero nude se non fosse per la presenza di una semplice felpa nera che, aperta, ricade lungo il busto e le braccia lasciando scoperte le dita soltanto. Il coprifronte di Otogakure donatole da Katsumi è legato attorno alla coscia sinistra mentre il collo è libero. I capelli neri sono pettinati e ordinati, ricadono in ciocche sottili ai lati del viso fino a giungere all'altezza delle scapole, del principio del petto. Crescono lentamente, poco per volta, man mano che passa il tempo. Non porta la benda bianca che il mezzo Seiun le ha donato, il suo viso è libero da qualsiasi tipo d'impedimento mostrando la sua pelle pallida e le iridi bicromatiche. Permane in piedi, verso l'ingresso del bosco, accanto ad un alto albero in fiore con la destrorsa poggiata sulla corteccia ed il capo reclinato verso l'alto per osservare meglio la splendente luna. Ha impastato il chakra prima di recarsi lì, andando a comporre all'altezza del plesso solare il sigillo della Capra. Avrebbe richiamato il chakra andando a cercare di raccogliere all'altezza del capo le energie psichiche presenti nel suo corpo mentre, all'altezza dell'addome, avrebbe tentato di radunare le energie fisiche scaturite dai suoi muscoli, dalle sue ossa, dal suo nutrimento. Avrebbe tentato di raccogliere in due punti precisi queste forze e, una volta fatto, avrebbe tentato di far discendere ed ascendere tali energie al fine di far raggiungere loro il plesso solare. Qui avrebbe tentato, semplicemente, di polimerizzarle attraverso un moto rotatorio combinato che permettesse la loro fusione e la loro unione così da dar vita, infine, ad una unica e nuova energia: il chakra. [Tentativo Impasto Chakra]

23:18 Hitachi:
 Il destino intreccia le sue trame, come un ragno tesse la propria tela, e ivi intrappola le povere, ingenue, anime sperdute che popolano il mondo. Tessa la tela e con essa, il destino, traccia la storia di una vita, ne incardina l'essenza in una serie di passi stabiliti che l'anima dovrà percorrere, dando l'illusione apparente di avere una scelta, prima di giungere la traguardo predestinato, prestabilito, da quell'essenza superiore che per molti porta il nome di Dio, o dei Dei, per altri Destino, per altri ancora Caso, che nel disordine traccia un ordine, e per qualcuno semplice Fortuna, insieme alla sorella Sfortuna. Fatto sta, e questo è risaputo, ogni vita non è padrona di se stessa e danza con la vita un valzer di cui ogni anima è dama, e non portatore, si dal momento della nascita. Ogni respiro non è altro che una concessione, un regalo, un privilegio da vivere appieno. Distillare ogni singola goccia di fortuna, un lento, piacevole, processo scientifico per separare piacere e dispiacere in ogni esperienza vissuta. E ora il suo piacere dista a pochi metri, a qualche passo, da lui. La minuta figura della piccola Uchiha, immersa fra le fronde di un violaceo, a tratti rosato, paesaggio florelae immerso nell'oscurità di una notte troppo tenebrosa rischiarata a malapena da una luna ancora troppo timida. La coltre rosata si confonde nell'ombra sino a estinguersi, così anche la figura dell' Uchiha visibile a tratti grazie alla cadenza continua, ma flebile, della luna che incide con i suoi deboli raggi, pallidi riflesso del fratello sole, sui di lui tratti. Tsukoyomi, dea della luna, che si schianta sui lineamenti duri del chunin che man mano annulla la distanza tra lui e la consanguinea. <Siamo tutti appesi a un ramo di ciliegio. Chi più, chi meno, siamo tutti splendidi petali di un fiore. Il nucleo di questo fiore è la famiglia, e il petalo vive perchè ancorato a essa. Quando cala l'oscurità il petalo si chiude su se stesso, avvolge il nucleo per proteggerlo, per poi liberarlo dalla morsa la mattina seguente, così che il sole possa accarezzare il viso del nucleo, riscaldare la famiglia.> una metafora, molto particolare, difficile da applicare al caso concreto, a lui che più che altro è un petalo da tempo staccatosi dal nucleo famigliare, e che ormai è piena caduta libera in direzione di un terreno ancora troppo sottomesso al gelo dell’inverno, un terreno pronto a farlo avvizzire come un germoglio sperduto in un deserto troppo caldo. Veste una lunga tunica nera, cinta in vita da un grande cordone rosso annodato a fiocco dietro la schiena. Lunga coda nera, scende elegante e curata dietro la schiena. Le sue iridi nere, in opposizione alla nivea pelle, spose della notte e illuminate dalla luna, cadono su Akira, ormai a un metro di distanza. <Ho cercato per anni la pace in questo bosco, posso dire di averla trovata solo sta notte.> un saluto, un saluto nel suo stile diciamo. Flette il capo, china leggermente il busto in avanti, la mancina si porge in avanti alla ricerca della destra della giovane consanguinea. Cerca solo il di lei contatto, come fosse alla ricerca di un piacere che da troppo tempo gli manca, l’estasi di aver un contatto umano, caloroso, e sincero con una creatura disinteressa a tutto tranne che alla sua felice, disinteressata a tutto quel che è male, alla ricerca solamente di lui. Il chakra scorre caldo, ma si contrappone a un’energia ben più forte, rossa, che trae forza e origine dal cuore, non dalla bocca dello stomaco. [chakra on]

23:37 Haran:
 Sente sotto le dita la corteccia ruvida dell'arbusto, avverte sulla pelle la brezza frizzantina della sera. Sola, immersa in un silenzio frammentato soltanto, di tanto in tanto, dal fruscio del vento che s'insinua dolciastro fra le fronte di quegli alberi adorni. Akira osserva, studia, analizza ciò che vi è attorno, posa le iridi bicromatiche sull'erba soffice, sui petali rosati che dall'alto ricadono silenziosi verso il terreno. Osserva le chiome rosa e bianche di quegli alberi rigogliosi e sente il soffio gentile della brezza che scivola al suo orecchio. V'è pace, v'è quiete lì e sente di aver trovato rifugio in quel luogo così bello. Par quasi uno scenario da fiaba quello che oggi le si apre dinnanzi lo sguardo, lo splendido sfondo per una storia immortale. Si bea di quella visione cercando di saziare lo sguardo, alternando le iridi grandi e luminose dal circondario al cielo stellato. Inspira a fondo l'aria della notte e andrebbe a schiudere le labbra per quasi assaporarne l'essenza, fino a quando un suono diverso dagli altri non va spezzando l'armonia di quella sera. Una voce. Una melodia. Parole che giungono complesse al di lei udito ma che carezzano con immane potenza il suo animo facendo vibrare lo stomaco di emozioni profonde. Riconosce in un istante quella voce, riconosce dalle prime note quel suono ormai noto al di lei orecchio. Non comprende pienamente le sue parole, non afferra il messaggio che l'altro sta cercando di trasmetterle, ma si ritrova semplicemente a ruotare il corpo ed il viso verso la di lui direzione. Muove pochi passi, sufficienti a permetterle di ritrovarsi ora frontalmente a lui, vedendo solo ora comparire dinnanzi al proprio sguardo la figura di Shura. Il cuore di Akira manca un battito, un altro e poi riprende il ritmo accelerando rapidamente e senza preavviso. Sente i battiti riverberarsi ovunque in lei, le iridi cercare quelle di lui senza più lasciarle andare, quasi completamente disinteressata, ora, a ciò che vi è attorno a loro. Le sue labbra si distendono d'istinto verso l'esterno andando a disegnare su di esse un sorriso involontario, meccanico che alza appena le gote gentili verso l'alto. <Shura> un sussurro basso, che esce quasi con difficoltà dalle di lei labbra mentre l'altro va fermandosi a quel metro scarso di distanza da lei. Lo vede chinarsi appena lasciando scivolare la propria mano verso quella di lei, trovandola quindi pronta a quell'incontro. Le dita di Akira andrebbero a muoversi quasi autonomamente levandosi appena verso l'alto per ricercare quelle mancine di lui. Un richiamo che non può combattere, non può ignorare. Andrebbe semplicemente a sfiorarne le dita, a sentire sotto la propria pelle la sua carne, quasi come se volesse esser certa che lui sia realmente lì e che non sia semplicemente frutto della sua immaginazione, della sua solitudine. <Speravo di rivederti...> rivela lei timidamente, a bassa voce, distogliendo poco a poco lo sguardo, ritrovandosi quasi incapace di sostenerne l'intensità troppo a lungo. E non sa perchè, non comprende quell'assurdo gesto. Non c'era nulla che desiderasse di più dopotutto, no? Rincontrarlo, vederlo, guardarlo. Eppure... perchè anche solo riuscire a tenere ferme le iridi sul suo viso par essere ora così complesso? <Come sta il tuo braccio?> proverebbe a domandare, poco dopo, deglutendo silenziosamente, cercando di ritrovare in qualche modo la forza di puntare sul suo volto il proprio sguardo. [chakra: on]

23:52 Hitachi:
 <Anche io speravo di rivederti.> risponde immediatamente al di lei richiamo. Shura, non Hitachi. Un nome che gli piace, che gli calza alla perfezione. Nota la timidezza dei gesti di Akira, il cuore della ragazza ha un battito così irregolare, e così forte, da essere quasi udibile al chunin. Percepisce senza bisogno di parole, il perfetto binomio tra ciò che entrambi pensano. I loro pensieri viaggiano a pari passo, forse quelli di Shura in anticipo di qualche centimetro, e la sua mano guida Akira sulla strada giusta da percorre. Un passo dopo l'altro, ogni passo mosso insieme è una conquista verso la pace tanto desiderata, verso la comprensione di uno da parte dell'altro. Due cloni, nei geni così simili, nei gesti così simili, nei sentimenti praticamente eguali, eppure così diversi dai loro fratelli. Lei, con quegli occhi che si contrappongono tra il rosso e il bianco, ricorda al millimetro il volto di Katsumi, richiamandone le sembianze al femminile, un volto privo di ogni malvagità, di ogni male, di ogni colpa, e perciò tanto dissimile dall'originale da esserne l'antitesti agli occhi di hitachi. <Il mio braccio sta bene.. starebbe ancor meglio se avvolto intorno a te.> esclama forza azzardando una parola di troppo, nell'incertezza di essere accolto dalla controparte. Allarga leggermente il braccio sinistro, tentando di sollevare la di lei mano creando quindi una rotazione della genin indirizzata fra le di lui braccia. come un petalo di ciliegio che vortica verso il terreno, tenterebbe di condurla verso di lui, lui il terreno, lei il petalo. Un terreno caldo sul quale possa germogliare una nuova pianta di ciliegio, diversa dall'originale, di una bellezza ancora mai vista. Dunque, con lei fra le braccia o senza di lei, esclamerebbe <E tu come stai Akira?> ne pronuncia il nome con dolcezza <Mi sono spinto sino ai quartieri Uchiha per cercarti ... e in quei quartieri il mio nome non viene pronunciato con felicità, non è ben voluto.> una breve pausa <Ma l'unico di cui importa è Shura.> le sussurrerebbe.

00:18 Haran:
 E bastano quelle parole, quelle semplici parole per portare Akira a schiudere appena le labbra, a sentire le iridi sgranarsi leggermente. Anche lui ci sperava. Anche lui voleva vederla, l'aveva cercata. E questo semplice dire le apre nel petto un voragine profonda, accende una fiamma che brucia e scalda dolce nel fondo del suo stomaco. E' una sensazione che si riverbera come mille scosse elettriche per tutto il suo corpo, come migliaia di aghi appuntiti che vanno a solleticare e pungere la sua pelle rendendola sensibile, fragile. Sono parole semplici, dal significato elementare, eppure in qualche modo nascondono in loro un qualcosa di più. Nascondono una forza capace di abbattere montagne, di far crollare vite intere o farle risorgere invece dalle più nere ceneri. Akira avverte il cuore stringersi, contrarsi, ed una sensazione dolciastra arrivare fino alle ginocchia che quasi sembrano sostenere a fatica il suo peso intero. Le sue dita scivolano su quelle di Hitachi, le sfiorano, le ricercano e in quel semplice contatto viene come stipulata una promessa. E' un momento per lei estremamente delicato, strano, difficile. Si sente travolta da sensazioni di cui non conosceva l'esistenza, di cui non conosce il nome, che assai assomigliano a quelle che Katsumi aveva scatenato in lei durante i loro brevi incontri, ma che si rivelano essere al tempo stesso estremamente diversi. Esattamente come diversa è la sensazione del sentirsi avvolta dal petto di Hitachi rispetto a quei pochi abbracci scambiati col mezzo Seiun. La clone si ritrova a venir guidata dall'altrui braccio fino a trovar nascondiglio e rifugio contro il suo corpo, andando ad assecondare quei passi che la portano a venir stretta dal suo braccio. Sente il proprio corpo poggiare contro quello di lui, il viso andare a sfiorarne il petto e così le mani che, timidamente, si ritroverebbero ora poste sul suo torace. Un calore nuovo, mai sentito prima, l'avvolge come una coperta andando a farle sentire il viso in fiamme, gli occhi quasi lucidi. Sente le labbra tremare incerte, il cuore quasi esplodere mentre le sue dita appena vibrano contro il suo petto. E' una sensazione travolgente, soverchiante, che la scalda e la fa tremare al tempo stesso. E' felice ed è spaventata, vorrebbe rimanere lì per ore ed ore intere e assieme fuggire da quella presa che la fa sentire così fragile. Sì, si sente fragile, vulnerabile, come se ora gli bastasse il minimo sforzo per permetterle di cadere in terra, sconfitta. Si sente alla sua mercè, incapace di controllare persino il respiro che si fa ora più corto, agitato, mentre pian piano s'abitua alla sensazione del suo petto attorno a lei. Andrebbe a muovere appena le dita sul suo petto, sul suo torace, lasciandole scivolare con movimenti lenti e cauti, atti quasi a voler scoprire quel territorio così nuovo, a voler conoscere una parte in più di lui. I polpastrelli andrebbero a tracciare piccole e brevi rotte immaginarie sul suo petto, sopra quella veste nera che lo ricopre, come a voler disegnare ghirigori invisibili con le sue stesse dita. <Io... non lo so> mormora lei senza osare alzare il viso, senza osare scostarlo dal suo corpo, quasi temendo quel che avrebbe potuto provare ricercandone le iridi scure. <Non riesco a guardarti... ma se penso di allontanarmi mi fa male tutto. Mi fa male qui> e le dita arresterebbero ora la loro esplorazione per soffermarsi sul punto ove durante il loro ultimo incontro Hitachi aveva fatto fermare la sua mano. Sul pettorale sinistro, su quella parte di carne ove il cuore riposa protetto e nascosto. <Perchè fa male?> domanderebbe poco dopo ritrovando solo ora la forza di sollevare lo sguardo, di scostare il capo dal suo busto per reclinarlo appena all'indietro e cercare le sue iridi. Sente il viso caldo, bruciare e gli occhi quasi vibrare, eppure sente di voler vedere il suo viso, di voler vedere i suoi occhi in attesa delle sue parole. <Perchè non sanno quale sia davvero il tuo nome. Non sanno chi sei. Non vogliono scoprirlo> mormora lei cercando di andare a risollevare il di lui spirito, di andare a voler coprire le colpe di quegli stolti, stolti Uchiha. <Io... a me importa. Lo so che non è tanto, che non è lo stesso... ma ad una Uchiha importa di te> sussurrerebbe lei, a sua volta, incapace di trattenere quelle parole. [chakra: on]

00:35 Hitachi:
 Lei asseconda il suo richiamo. Ruota vincolata alla sua mano sino a giungere al suo petto. Le sue braccia l'avvolgono in una dolce morsa che appena appena si serra intorno a quell'esile corpo, così leggero, così perfetto, da suscitare nel chunin la necessità di adoperare, di sottomettere, ogni stilla di forza per proteggerne l'integrità. Le mani del chunin, ampie, molto più grandi di quelle di Akira, si chiudono in due carezze ai fianchi della genin, lasciando poi spazio a una carezza più prode della mancina in direzione del viso della ragazza. Le nocche, e parte delle falangi, scendono lungo la guancia della genin, carezzandone lo zigomo, staccandosi al termine della mandibola. Una piccola smorfia di dolore viene accuratamente mascherata, se il braccio può far male, il cuore sta fin troppo bene, così bene da sedurre la mente, inebriarla, immergerla in una coltre di nebbia che offusca ciò che lo circonda e che si concentra su un unico punto fisso, l'iride bianca, e quella rossa, di Akira. La destra prende coraggio, tenterebbe di affondarsi in quella coltre nera di capelli così ben acconciati, partendo dalla ciocca che raggiunge le scapole, sino a risalire dove v'è la parte più consistente di quella corvina capigliatura. Affonderebbe le dita, mentre la sinistra tenterebbe di cingere parte del collo e del capo della ragazza per indirizzarne l'orecchio sinistro di lei sul suo petto. Orecchio che verrebbe accompagnato sul suo petto sinistro, all'altezza del cuore del rinnegato. <Non tutte le ferite sanguinano. Senti il mio cuore ...> la invita, anche il suo cuore palpita, man mano che lei si avvicina e di li sino a quando ella non si allontana, il ritmo va via aumentare, specie quando comincia ad avvertire il calore delle di lei guance. <Il mio cuore sta esplodendo. Eppure non ho corso.> la sinistra tornerebbe sulla guancia destra di Akira. Una mano tremante, una mano trepidante. <La mia mano trema ... ma non ho paura.> esclama poggiando l'indice e il medio socchiusi in una carezza continua sul di lei viso. <Il mio respiro si affanna ... la voce ... la voce esita ... ma non sono agitato.> continua prima di riportare le mani lungo i fianchi della ragazza. <E il mio cuore fa male, farà male quando questa sera ti dovrò lasciare davanti al cancello del quartiere Uchiha.> esclama prima di portare la mancina all'altezza del suo cuore, e poi l'indice della stessa in direzione del di lei petto, a pigiare delicatamente all'altezza del cuore di lei, incurante del seno, un tocco sincero, privo di malizia, carico di significato. <Gli anziani dicono che nello stomaco risieda quanto di male abbia fatto un uomo ... e che nel cuore si trovi quanto di più bello e sincero esso abbia mai realizzato e provato. Gli antichi chiamano affetto ciò che risiede nel cuore.> la guarda, intensamente, privo di sharingan cerca di cogliere qualcosa di più in quelle due iridi. Non cerca il flusso di chakra, cerca il collegamento diretto al suo cuore, cerca di capire quello che il cuore di Akira vuole esprimere attraverso la sincerità degli occhi. <I più prodi, la chiamano amore.>

01:08 Haran:
 Ed è fuoco ciò che si scatena sulla sua pelle quando sente le mani di Hitachi andare a scivolare sul suo corpo. La sensazione delle sue mani sui fianchi la fa sentire come creta modellabile, il calore del suo petto contro il viso è lava che le arrossa dolce le gote. Avverte la sua mancina andare a posarsi cauta sul suo viso, sente la sua pelle venir carezzata dalle sue dita, dalla sua carne e si ritrova a trattenere il respiro e richiudere le palpebre quasi come a volersi beare al meglio di quel contatto innocente. E' una sensazione meravigliosa, calda, gentile che al tempo stesso va a farla sentire estremamente debole. Si sente vicina al cadere in frantumi, si sente ad un passo dal piangere, eppure non riesce a capirne il motivo, a comprenderne il perchè. Vuole essere lì, vuole essere fra le sue braccia, ed allora cos'è che sembra pugnalare così a fondo il suo cuore? E' un momento intenso, è un momento delicato, è un momento che s'incide a fuoco nel suo petto andando a mettere radici profonde nella sua memoria, nella sua anima. Sente le dita di Hitachi lasciare scie di puro fuoco sul suo viso, sui suoi fianchi. Riapre lentamente le iridi andando a portarle sul viso di lui, teneramente, incapace di dire alcun ché mentre lei scopre quelle prime emozioni. Scopre per la prima volta il piacere di un abbraccio sentito, di una carezza spontanea. Scopre il desiderio di non scivolar mai via da quella presa, scopre la voglia di rimanere prigioniera di quelle braccia per sempre. Schiude le labbra quando avverte la sua mano scivolare fra i propri capelli, una sensazione che le fa risalire un brivido dalla schiena fino alla nuca, portandola a rimanere immobile fra le sue braccia, col cuore che urla e duole nel petto. Shura giunge nuovamente con la mano al suo capo e questa volta non è una carezza che le viene donata, ma la possibilità di farle sentire, sotto il viso, il suo cuore che batte. Lo sente forte, rapido, vigoroso, abbattersi con forza contro la cassa toracica quasi con la stessa forza del proprio cuore. Ode la sua voce, le sue parole, mentre le sue dita continuano a rimaner poggiate sul suo petto, incapaci di scivolare oltre, forse troppo timide per pensare di ricercare la pelle del suo viso, di cercare una volta ancora le sue mani. Vorrebbe, ma non osa. Ha paura. Paura di desiderare un contatto che potrebbe essere sbagliato, che potrebbe essere indesiderato. Una paura sciocca, infondata dopo i dolci gesti di lui, ma il suo cuore ha bisogno di tempo per capire, adattarsi a questa nuova realtà che li circonda. La brezza scivola fresca sulla pelle bollente del suo viso, apparendo quasi gelida. Trasporta i sussurri di Shura al suo orecchio portandola a scostare appena il capo dal suo petto per ricercarne lo sguardo. Ed ogni parola, ogni carezza sul viso, è un colpo al cuore che le fa sentire gli occhi scintillare, lo stomaco contrarsi. <Fa tanto male che non riesco a respirare...> sussurra lei quando le mani di Hitachi vanno a porsi sui suoi fianchi, le mani di lei che vanno ora posandosi sui suoi avrambracci, senza opporre forza o resistenza, volendo solamente sentire sotto le dita il suo corpo. <Ma... non è un dolore normale. Non... fa male come le altre volte. E' più forte... è...> ...bello? Non lo sa, non saprebbe descriverlo, eppure sente che è un dolore che vorrebbe provare ancora e ancora, sotto le cure delle sue mani. Un dolore che le toglie il respiro quando le mani di Shura vanno a posarsi, una per volta, sui loro petti, sui loro cuori. Avverte la sua mano soffermarsi sul proprio seno per indicare il suo cuore, e non prova vergogna, non prova imbarazzo né timore. Ma calore. Un calore che si diffonde come fiele dentro di lei portandola ad udire quelle parole con il respiro che trema. E' quello, quindi... l'amore? Le iridi di lei rimangono fisse in quelle di Hitachi, stregata, rapita, totalmente incantata da lui, mentre la mancina va a posarsi sulla mano ch'egli ha posta sul di lei petto. Andrebbe a sovrapporla alla sua premendola maggiormente contro il proprio corpo per fargli sentire quanto più forte il suo cuore ora batte. <Non so cosa sia... non so cos'è quello che provo. Ma so che voglio provarlo ancora> la sua voce è un sussurro flebile, timido, spaventato che esce a fatica dalle sue labbra morbide. La destrorsa andrebbe a muoversi lenta, cauta, ricercando il suo viso. Andrebbe a tentare di porsi sulla sua gota sinistra, di sfiorare con le sue dita la pelle del suo viso scivolando con lentezza lungo la sua lunghezza. <Questa volta... questa volta dimmi che è vero. Questa volta non voglio che succeda solo nella mia mente> E s'imporpora il viso, si spezza la voce, mentre il cuore accelererebbe ancora e le di lei piante andrebbero a distaccarsi dal terreno per sorreggerla sulle punte soltanto. Terrebbe le iridi fisse in quelle di lui, l'espressione incatenata a quella di lui mentre sentirebbe i battiti cardiaci riverberarsi fino alla gola, le tempie, le orecchie. Vorrebbe... vorrebbe sentire di nuovo, una volta ancora, la sensazione che in quell'illusione le aveva donato per la prima volta. Ma non osa dirlo, non osa farlo, non osa far nulla che non sia certa desideri anche lui. Perchè lei non sa quanto eguale sia quel desiderio che bruciante scoppia e arde nel suo cuore. [chakra: on]

14:23 Haran:
 Ed è fuoco ciò che si scatena sulla sua pelle quando sente le mani di Hitachi andare a scivolare sul suo corpo. La sensazione delle sue mani sui fianchi la fa sentire come creta modellabile, il calore del suo petto contro il viso è lava che le arrossa dolce le gote. Avverte la sua mancina andare a posarsi cauta sul suo viso, sente la sua pelle venir carezzata dalle sue dita, dalla sua carne e si ritrova a trattenere il respiro e richiudere le palpebre quasi come a volersi beare al meglio di quel contatto innocente. E' una sensazione meravigliosa, calda, gentile che al tempo stesso va a farla sentire estremamente debole. Si sente vicina al cadere in frantumi, si sente ad un passo dal piangere, eppure non riesce a capirne il motivo, a comprenderne il perchè. Vuole essere lì, vuole essere fra le sue braccia, ed allora cos'è che sembra pugnalare così a fondo il suo cuore? E' un momento intenso, è un momento delicato, è un momento che s'incide a fuoco nel suo petto andando a mettere radici profonde nella sua memoria, nella sua anima. Sente le dita di Hitachi lasciare scie di puro fuoco sul suo viso, sui suoi fianchi. Riapre lentamente le iridi andando a portarle sul viso di lui, teneramente, incapace di dire alcun ché mentre lei scopre quelle prime emozioni. Scopre per la prima volta il piacere di un abbraccio sentito, di una carezza spontanea. Scopre il desiderio di non scivolar mai via da quella presa, scopre la voglia di rimanere prigioniera di quelle braccia per sempre. Schiude le labbra quando avverte la sua mano scivolare fra i propri capelli, una sensazione che le fa risalire un brivido dalla schiena fino alla nuca, portandola a rimanere immobile fra le sue braccia, col cuore che urla e duole nel petto. Shura giunge nuovamente con la mano al suo capo e questa volta non è una carezza che le viene donata, ma la possibilità di farle sentire, sotto il viso, il suo cuore che batte. Lo sente forte, rapido, vigoroso, abbattersi con forza contro la cassa toracica quasi con la stessa forza del proprio cuore. Ode la sua voce, le sue parole, mentre le sue dita continuano a rimaner poggiate sul suo petto, incapaci di scivolare oltre, forse troppo timide per pensare di ricercare la pelle del suo viso, di cercare una volta ancora le sue mani. Vorrebbe, ma non osa. Ha paura. Paura di desiderare un contatto che potrebbe essere sbagliato, che potrebbe essere indesiderato. Una paura sciocca, infondata dopo i dolci gesti di lui, ma il suo cuore ha bisogno di tempo per capire, adattarsi a questa nuova realtà che li circonda. La brezza scivola fresca sulla pelle bollente del suo viso, apparendo quasi gelida. Trasporta i sussurri di Shura al suo orecchio portandola a scostare appena il capo dal suo petto per ricercarne lo sguardo. Ed ogni parola, ogni carezza sul viso, è un colpo al cuore che le fa sentire gli occhi scintillare, lo stomaco contrarsi. <Fa tanto male che non riesco a respirare...> sussurra lei quando le mani di Hitachi vanno a porsi sui suoi fianchi, le mani di lei che vanno ora posandosi sui suoi avrambracci, senza opporre forza o resistenza, volendo solamente sentire sotto le dita il suo corpo. <Ma... non è un dolore normale. Non... fa male come le altre volte. E' più forte... è...> ...bello? Non lo sa, non saprebbe descriverlo, eppure sente che è un dolore che vorrebbe provare ancora e ancora, sotto le cure delle sue mani. Un dolore che le toglie il respiro quando le mani di Shura vanno a posarsi, una per volta, sui loro petti, sui loro cuori. Avverte la sua mano soffermarsi sul proprio seno per indicare il suo cuore, e non prova vergogna, non prova imbarazzo né timore. Ma calore. Un calore che si diffonde come fiele dentro di lei portandola ad udire quelle parole con il respiro che trema. E' quello, quindi... l'amore? Le iridi di lei rimangono fisse in quelle di Hitachi, stregata, rapita, totalmente incantata da lui, mentre la mancina va a posarsi sulla mano ch'egli ha posta sul di lei petto. Andrebbe a sovrapporla alla sua premendola maggiormente contro il proprio corpo per fargli sentire quanto più forte il suo cuore ora batte. <Non so cosa sia... non so cos'è quello che provo. Ma so che voglio provarlo ancora> la sua voce è un sussurro flebile, timido, spaventato che esce a fatica dalle sue labbra morbide. La destrorsa andrebbe a muoversi lenta, cauta, ricercando il suo viso. Andrebbe a tentare di porsi sulla sua gota sinistra, di sfiorare con le sue dita la pelle del suo viso scivolando con lentezza lungo la sua lunghezza. <Questa volta... questa volta dimmi che è vero. Questa volta non voglio che succeda solo nella mia mente> E s'imporpora il viso, si spezza la voce, mentre il cuore accelererebbe ancora e le di lei piante andrebbero a distaccarsi dal terreno per sorreggerla sulle punte soltanto. Terrebbe le iridi fisse in quelle di lui, l'espressione incatenata a quella di lui mentre sentirebbe i battiti cardiaci riverberarsi fino alla gola, le tempie, le orecchie. Vorrebbe... vorrebbe sentire di nuovo, una volta ancora, la sensazione che in quell'illusione le aveva donato per la prima volta. Ma non osa dirlo, non osa farlo, non osa far nulla che non sia certa desideri anche lui. Perchè lei non sa quanto eguale sia quel desiderio che bruciante scoppia e arde nel suo cuore. [chakra: on]

14:41 Hitachi:
  [Bosco dei Ciliegi] <Gli essere umani amano vivere nelle illusioni. Amano vivere in un mondo parallelo che chiamano realtà, ma che non è reale. E quando si schiantano contro ciò che di realmente c'è di concreto nella vita soffrono grandemente.> intreccia le dita delle mani dietro la di lei schiena, cingendola in un abbraccio vincolante, ma non troppo opprimente, mentre le di lui labbra si portano sulla fronte della ragazza bloccando per un momento il parlare. Uno, due, forse tre secondi rimane in silenzio, con il calore della di lei pelle che filtra attraverso le morbidi e sensibili, nonchè sottili, labbra del chunin. Il profumo di lei si inerpica dentro di lui in un profondo respiro che ne assapora la fragranza. Scioglie le dita dall'abbraccio e allontana le labbra per proferire nuovamente parola <Dopo tanti anni in cui mi rifugiavo nelle illusioni, in cui rifuggivo la triste realtà cercando la via giusta da seguire negli Dei ... ora posso dire ... ti voglio dire ...> esclama mentre il ritmo del parlato va via via accorciandosi, così come le pause tra una palpitazione e l'altra del suo piccolo cuore. <... che sta sera sono felice di vivere la realtà che la vita mi offre ... sono felice di poter toccare con mano una così grande meraviglia. La tangibile perfezione che non è un'immagine riflessa, un'ombra dell'illusione della mia mente, ma carne ed ossa qui davanti a me. La pelle chiara di Tsukoyomi, il calore di Amaterasu e la pace per il cuore martoriato.> pronunzia portando la sua fronte a contatto con quella di Akira, la schiena si inarca appena data la differenza di statura ed entrambe le mani del chunin risalgono la schiena, ne sfiorano appena la crine, prima di poggiarsi con entrambi i palmi sulle rispettiva guance della ragazza. <Questa volta è tutto vero. Questa volta non ho illuso la tua mente ... ti ho donato il mio cuore.> e questa volta, non per illusione, non su una battigia dalla sabbia calda e l'acqua fresca del mare, ma fra una danza sconclusionata di petali di ciliegio , le sue labbra si muoverebbero in avanti, prode, alla ricerca di quelle di Akira. Chiude gli occhi,spalanca leggermente la bocca, la mancina scivolerebbe lungo la schiena di Akira mentre la destra violerebbe la perfezione della corvina nera della femminea controparte. Un bacio, non troppo timido, ma tanto atteso da ambedue le parti. Un bacio che sancisce il termine amore per la prima volta. La prima volta che Hitachi ha ceduto al contatto umano, la prima volta che ha esposto la sua anima nuda ed inerme a un'altra persona. <Non è molto quello che ti posso offrire, ma tutto ciò che ho e tuo.> nuovamente cerca la di lei mano, portandola a contatto con il suo petto, all'altezza del cuore. <Le illusioni possono viziare la mente, ma è sempre il cuore a conoscere la verità. La mente si esprime con il pensiero. Il cuore si esprime con l'amore. E io ti sto parlando con il mio cuore, la più dolce delle illusioni, la più ricercata delle realtà.> il cuore non sembra rallentare, non sembra cercare tregua anzi, fomenta ancor di più il battito alla ricerca del culmine finale della sua realizzazione. La guarda, le sue iridi nere si fondono in contrasto con l'iridi bianca di Akira. Le criniere corvine, e la pelle limpida, di entrambi fanno da cornice mentre le sue labbra scivolano all'orecchio sinistro di Akira. <Io ti amo.>

15:10 Haran:
 La voce di lui giunge lenta, cadenzata, bassa al suo orecchio andando quasi a delineare una sorta di cammino sotto i di lei occhi. Le sue parole trasformano letteralmente il mondo di Akira andando a modellare la realtà circostante secondo il suo dire. Lei che del mondo conosce solo la scorza, si lascia guidare dai passi, dai gesti, dalle parole di Hitachi andando a fare delle sue parole quasi un dogma. L'osserva con le iridi tremanti, con il cuore sospirante e le gambe che tremano appena. Si sente ribollire il sangue nelle vene per una emozione troppo intensa ed al tempo stesso sente le ginocchia deboli. Schiude le labbra quando avverte il calore di quelle di lui andare a poggiarsi sulla propria pelle, sulla fronte, in un gesto innocente e gentile che le scalda l'animo. Avverte la sensazione delle sue braccia che la stringono a sé dolcemente, senza forza, ma con reale dolcezza. Deglutisce silenziosamente con le mani entrambe poste, coi palmi, sul suo petto, avverte un soffio di brezza andare a carezzare la sua pelle accaldata, i capelli corvini. Petali rosa che danzano oscillando nel vento e la voce di Shura che ora, nuovamente, giunge al suo orecchio. Ascolta la sua voce, il suo dire e ne ricerca lo sguardo man mano che quel fiume di parole prosegue incessante. I loro volti sono estremamente vicini, i loro occhi si specchiano e riflettono gli uni negli altri mentre lei si ritrova a schiudere innocentemente le labbra, in attesa, o forse alla ricerca di semplice aria. Stregata, incantata, segue come una calamita ogni suo fare ritrovandosi a sentire le sue mani che risalgono il proprio corpo. Dalla schiena, alle scapole, ai capelli scuri, fino al viso. Le sue mani sono grandi, sono calde e lei si sente protetta e preda di quelle dita sicure. Può trovare in esse la più sicura protezione o il più grande dolore. Perchè sì, di questo è certa, Shura è padrone ora della sua felicità. <Ho vissuto in una stanza per molto tempo... ho vissuto nascosta, rinchiusa, per tutta la vita. Ho trovato in quella camera la mia casa perchè era l'unico posto che mi facesse sentire al sicuro> inizia a raccontare lei incapace di frenare le parole, la sua voce bassa, pulita, femminile. <Katsumi mi ha liberata, mi ha lasciata vagare in un mondo che non conosco e che è troppo grande per me. Ancora, nonostante la mia libertà, ho continuato a sentire come casa quella stanza bianca senza uscita...> la voce si ferma per un istante, le iridi si specchiano in quelle buie di Hitachi mentre le sue dita andrebbero a risalire dal suo petto fino a cercare, a sua volta, di sentire la sua pelle sotto di esse. Risalgono fino al collo, la gola, lentamente, esplorando ogni lembo di pelle scoperto fino a soffermarsi sulla linea della sua mascella, la guancia. <Ma ora la mia casa non è più lì. Non è più in quella stanza. E in una camera lontana nel deserto...> e quelle parole vengono soffiate flebili dalle sue labbra mentre sente il viso arrossarsi spontaneamente. Il luogo ove, nell'illusione dell'ultima volta, entrambi erano rinchiusi sorridenti, felici. Il luogo nascosto, inaccessibile a chiunque potesse far loro del male. Un luogo ove Shura soltanto avrebbe potuto rimanerle accanto. La sua voce scivola via, leggera, dalle sue labbra e Akira sente il cuore fremere e saltare un battito quando il viso di lui si avvicina una volta ancora al proprio. S'inclina appena, si scosta e le loro labbra vanno unendosi in un incastro perfetto. Akira prova al contempo molte sensazioni. Sente mille brividi spandersi lungo il corpo, sente le dita stringere appena la presa sul suo viso, sente le labbra farsi sempre più calde, muoversi quasi d'istinto contro quelle di Shura. Una danza lenta, sentita, la più sacra di tutte che va sancendo come una promessa. Si abbandona a quel gesto, a quel momento, sentendosi sempre più legata a lui, incapace ormai di lasciarlo andare. Il bacio termina e la voce di Shura fa nuovamente breccia nel suo cuore. La mano di Akira vien portata sul petto di lui, sul suo cuore, sentendolo battere forte. <Ma io non voglio niente... non c'è niente che tu debba offrirmi> mormora lei osservandolo, ingenuamente, con occhi scintillanti. <Io voglio solamente poter stare con te. Non voglio perderti...> ammette e rivela timidamente con tutta la sincerità di cui è capace. Ha perso fin troppo nella sua breve vita. Arima prima, Katsumi dopo ed ora non potrebbe sopportare neppure l'idea di perdere anche lui. Non Shura, non Hitachi. Lui la culla con la sua voce, la vizia con le sue parole e le loro iridi si specchiano silenti le une nelle altre. Akira si sente felice, si sente completa e vorrebbe che il tempo non scorresse più. Un nuovo alito di vento carezza i loro volti e portano le parole di Shura al suo orecchio, poco distante dalle sue labbra. Le iridi di lei si sgranano, le labbra si schiudono e il cuore si ferma per un lungo, eterno istante. Scosta appena il capo, meccanicamente, cercando il suo sguardo ancora una volta, cercando nelle sue iridi la certezza di quel dire. L'osserva in silenzio, imbambolata, prima di sentire una sola, piccola lacrima, scivolare lungo l'iride cremisi. <Credo.. anche io..> un sussurro flebile, spezzato, che le costa fatica. Non respira bene, il cuore è sul punto di esplodere tanto batte forte, e quasi le fa mancare l'aria. Non sa se quello sia amore, non l'ha mai conosciuto, mai sperimentato. Non lo sa, non ne è certa, ma sa che Shura è divenuto fondamentale per lei. Un punto di riferimento, una presenza necessaria, una voce che avrebbe voluto sentir al suo orecchio per sempre, una luce nell'oscurità. <... anche io ti amo> ritenta allora, con un po' più di forza, assaporando fra le proprie labbra il reale senso di quelle parole. [chakra: on]

15:34 Hitachi:
  [Bosco dei Ciliegi] Avrebbe mille altre cose. Se solo aprisse la bocca potrebbe dare seguito a un fiume di parole incessante. Ma non vuole rovinare quel momento, il silenzio è la cosa migliore perchè lascia spazio al ritmo del cuore, dei cuori. Cuori che battono insieme che assecondano la danza delle prime emozioni, la scoperta del tepore che in cui sprofonda un cuore innamorato e dell'inevitabile angoscia che lo accompagna. Paura di perdere quel calore tanto ricercato, timore di non essere abbastanza meritevole per quel che ci viene offerto, paura di soffrire più di quel che già si ha sofferto. Quando ci si lega a una persona si stringe un patto con il demonio. Prima o poi ci verrà sottratta o ci sottrarremo a quella persona. La morte scioglie tutti i legami e l'unica cosa che è in grado di ricucirli è ciò che, secondo qualcuno, segue oltre essa. Ma il tempo recide i legami e se tanto hai ricevuto, tanto devi dare. Se tanto hai riso, se tanto hai amato, tanto devi aver anche sofferto. E questa legge è così tanto vera, ed amplificata, per gli Uchiha da far tremare anche il chunin. La mancina si porta sulla guancia della di lei figura, ne coglie la piccola lacrima rigarle il viso. Cattura la lacrima con l'indice, risale prosciugandone la traiettoria tracciata sino al di sotto dell'occhio cremisi. <Non tornare al quartiere Uchiha sta sera. Non tornare li dove non posso seguirti.> la guarda, sente, percepisce, la difficoltà di Akira nell'esprimersi. Lei, così nuova alla vita, non può celare menzogna nelle sue parole non avendo ancora conosciuto il lato terrificante che si cela dietro ad ogni essere umano. In ogni gesto della ragazza risiede la semplicità, la verità, di chi sta provando l'ebrezza del mondo per la prima volta. <Vieni con me. Stai con me questa notte.> un secondo bacio viene schioccato sulle labbra della ragazza, un secondo lento, caldo, contatto tra i due. Poi le iridi se levano in cielo, si scontrano con l'oscurità della notte, notte rischiarita da una luna ancora timida, una notte adornata da petali di ciliegio che scendono, precipitano, verso terra. Inondando anche i due Uchiha. La coltre rosea del ciliegio che dona colore a quella notte così scura, da quasi l'impressione che la stessa natura si stia chinando, stia piangendo, per quell'amore così puro di cui questa notte il bosco è testimone. <Un ninja non dovrebbe fare delle promesse. Ma io ti prometto Akira che non ti lascerò mai sola. Prometto di difenderti da chiunque ti metta in pericolo, da qualsiasi regola o legge possa recarti dolore. Di distruggere quella stanza bianca senza uscita e di costruire per te una nuova casa in cui tu possa sempre sentirti al sicuro, protetta ... amata... lontana dalla sofferenza del mondo, lontana dal dolore dei nostri avi. > la abbraccia, cinge le braccia intorno a lei portando il di lei capo lungo il suo petto, serrando la sua esile figura e carezzandole i capelli baciati dalle sottili labbra del chunin. <Sono il tuo scudo. Mentre ti abbraccio mi impongo tra te e il mondo. Facendoti da scudo contro le intemperie e la malvagità mentre ti dono tutto l'amore di cui dispongo. Tuo è il mio cuore, tuoi i miei pensieri ... tuo è Shura, tuo è il mio amore.> le prende la mancina, si stacca dall'abbraccio reggendo la di lei mano con entrambe le sue. <Vieni con me.> la invita, la dimore di Hitachi non è sfarzosa quanto le residenze del quartiere Uchiha, è umile e spoglia di muri adorni da trofei, opere d'arte o oggetti sfarzosi. E' una piccola casa al limitare del centro di Kusa, da sempre troppo buia e vuota, da oggi forse, ricolma di tutto ciò di cui Hitachi ha bisogno. Akira. Se volesse accompagnarlo, <Per una notte ... una sola notte...> si avvierebbe verso la dimora, cedendo il passo ad Akira, cedendole tutto ciò di cui dispone. Se la risposta fosse negativa, la scorterebbe sino dove lei deciderebbe, oppure le chiederebbe di passare la notte li, fra i fiori di ciliegio, alla luce di una pallida e piccola luna, con il vento, la brezza, che li carezza.// Exit

16:00 Haran:
 Non può descrivere, lei, tutti i sentimenti che la stanno investendo in questo momento. Ondate irregolari di emozioni brucianti, travolgenti, che la soverchiano e stordiscono. Si sente piccola, si sente insignificante, una goccia perduta in un oceano sconfinato. Si sente avvolta da emozioni e pensieri enormemente più grandi e forti di lei. Si sente trasportata via da una corrente violenta che ha come nome Shura. E' uragano, è tempesta. La stravolge e sconquassa con forza capovolgendo il suo mondo e sbloccando orizzonti impensati. E' sole, è luna. E' una luce che rischiara le tenebre, che carezza calda la sua pelle d'avorio. E' giorno, è notte. E' l'alternarsi costante delle ore, l'incedere implacabile del tempo. E' il principio ed è la fine. In Shura Akira trova nuova vita, trova nuova forza e sente nel sangue, nelle ossa, nel cuore, che lui soltanto potrebbe prosciugarla di ogni stilla di vita. Avverte la sua mano risalire il viso, le dita asciugare il percorso umido di quella lacrima spontanea che ne ha solcato il volto. La ferma, la disperde e ne carezza la pelle calda, pulita. Le sue parole la portano a sentire il petto fremere, il cuore battere così forte da rischiare di distruggere quella gabbia d'ossa costruita attorno a sé. Così forte da rischiar quasi si squarciare la carne e balzar via dal suo seno, fino a cercare di ricongiungersi a lui. Shura la sta invitando a rimanere con lui, a non allontanarsi, a non tornare in quella Magione troppo ampia, troppo vuota. Lì dove è solo un clone fra tanti, dove non è altri che la copia sbiadita di Katsumi Uchiha. La invita a rimanere con sé, ad essere la sua Akira. E lei vorrebbe rispondere, vorrebbe accettare, dirgli che sì, l'avrebbe seguito anche in capo al mondo, ma le sue labbra trovano il silenzio nel calore dei suoi respiri. Mette a tacere ogni parola con quel nuovo bacio che la fa sentire come creta modellabile. Brucia e arde Akira fra le sue mani, si sente scaldata di sensazioni intense. Così nuove, così dolci, così forti. La annichiliscono, la fortificano. Si sente morire e rinascere al tempo stesso sotto il tocco delle dita di Hitachi. Asseconda, accompagna quel bacio con fare timido, incerto, non sapendo davvero cosa dover fare. Si ritrova a farsi guidare solo dall'istinto che fa schiudere le labbra su quelle di lui. I petali dei ciliegi vorticano tutt'attorno avvolgendoli, sfiorandoli, facendo da sfondo a quell'attimo che sarebbe rimasto eterno nei di lei ricordi. Il bacio termina poco a poco, le labbra si distaccano, ed Akira riapre gli occhi cercando lo sguardo di Shura. Sente le sue parole, la sua voce, quella promessa, e se ne sente toccata nel profondo. Si sente cullata, protetta, avvolta da quel suo dire e va semplicemente a portare le braccia attorno al suo busto, cerca di avvolgerlo, di stringere le dita contro la sua ampia schiena. Così piccola, così ingenua, ricerca in quell'abbraccio tutto il calore che può donargli. Si abbandona totalmente a lui, al suo scudo, sentendo le sue braccia andare a cingerla, ad accogliere il di lei capo contro il petto. Non sa cosa dire, non sa cosa fare, sente arrivare addosso a lei un mare di nuovi sentimenti e di nuove emozioni che le fanno tremare il cuore. Cosa dovrebbe rispondere, lei, ad una simile promessa? <Io non so come funzioni la vita. Non so come si ama qualcuno, se quello che sento è normale, se a tutti il cuore batte così forte da fare male...> mormora lei andando a cercare di sollevare il viso dal suo petto per cercarne lo sguardo. <Però so che non riuscirei più a lasciarti andare. Che vorrei rimanere sempre così, fra le tue braccia, a sentire il tuo cuore contro l'orecchio, le tue mani sul viso> Timida, dolce, spontanea, mormora quelle parole cercando di donargli tutte le verità di cui è certa al momento, tutto ciò che al momento anima il suo cuore. <Questo... vuol dire che anche io sono tua?> domanda, innocentemente, cercando in lui conferma alle sue parole, ai suoi sentimenti così nuovi. <Perchè io credo di sì... io ti appartengo, Shura> mormora lei sentendo il cuore stringersi, la voce affievolirsi, man mano che si rende conto di quanto vere siano quelle parole. Ed è leggerezza che sente quando quella verità esce dalle sue labbra, quando sente quelle parole venir donate all'altro. Si sente felice, si sente piena, si sente finalmente completa. E quando l'altro ricerca la sua mano, invitandola ancora a rimanere con lui, Akira semplicemente segue i suoi passi, il suo fare, cercando d'intrecciare alle di lui dita le proprie. <Non ti lascio... voglio rimanere con te.> la voce è piccola, dolce e leggera. I petali cadono attorno a loro, la notte avanza e la luna bacia i loro volti mentre i di lei passi seguono quelli di Shura nella lenta camminata verso casa. [END]

Akira e Hitachi si rincontrano casualmente nel bosco dei ciliegi dopo il ritorno a Kusa da Konoha.

Sotto i danzanti petali di ciliegio e la dolce luce della luna, si trovano due cuori solitari, soffocando l'un nell'altro ogni dolore ed incertezza. Non più persi, non più soli.

Completi.