[Cura] - Perdere pezzi e ferire con i cocci

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Giocata di Corporazione

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15:21 Raido:
  [Stanza] Ancora li, sostano nuovamente in quella locanda, costretti dagli eventi, dal pericolo che incombe ancora e ancora su di loro. Niente è passato seppur il periodo sia la quiete prima della tempesta, ancora non è successo niente di irreparabile e la battaglia non è persa, tutt'altro, stanno vincendo. Ha liberato Kaori, l'ha liberata dal covo in cui l'hanno tenuta per settimane attestando così la loro forza e determinazione. Come ha detto a Mekura, basta parlare e pensare, è tempo di scendere in guerra, è tempo di combattere il nemico con tutto ciò che hanno, Hyuga o non Hyuga, devono mettere fine a questa storia una volta per tutte. La stanza della locanda si presenta come a suo solito, una stanza da letto con un'ampia finestra, un comodino per lato, letto al centro, materasso soffice e soffici coperte; un corridoio che porta all'ingresso, bagno sulla sinistra, ampio e spazioso per avere maggiore confort e, infine, un armadio con la roba del Jonin e qualche abito pulito per Kaori, abiti che ha preso dalla casa della Hyuga questa mattina presto, appena sveglio. Uscito dalla stanza è corso di nascosto nell'abitazione della chunin per prenderle vestiti puliti e buttare quello datole durante il periodo di prigionia. Tutto è riposto nell'armadio e ora? L'Oboro è rinchiuso nel bagno, si sta lavando semplicemente, sta facendo rilassare il suo corpo dopo tutte queste settimane. Nudo completamente, come mamma l'ha fatto. Il corpo si presenta normale, quello di sempre anche se con qualche cicatrice in più per via dell'ultimo combattimento. La schiena è ampia, liscia, diritta, le spalle larghe, braccia snella ma abbastanza robuste; il bicipite è ben visibile, così come tricipiti e dorsali. Il petto si presenta delineato, non ha tartaruga e nemmeno ne ha bisogno. Più di tutti sono visibili i muscoli delle gambe, essi si presente letteralmente scolpiti per via dell'allenamento intensivo a cui le ha sottoposte in modo da essere sempre veloce in ogni situazione. Sulla coscia sinistra è presente la bruciatura da gelo, quella procuratagli dall'utilizzatore del fuuton, la stessa che lo fa zoppicare e dolere ogni giorno. L'acqua esce fuori dalla doccia, lo bagna interamente e i capelli ricadono per tutta la schiena, gli occhi chiusi, lascia che l'acqua gli massaggi il corpo. La mano destra poggiata contro il muro, sostiene il peso del corpo ma, alla fine, il relax arrivare, trova una certa pace dei sensi in questo momento. [Chk on]

15:37 Kaori:
 Finalmente ha potuto cambiarsi con degli abiti puliti. Quella mattina Raido è tornato in camera con una busta piena di qualche vestito pulito con cui potersi coprire. Non vedeva l'ora di potersi liberare di quell'odioso affare che aveva addosso così da poter gettare al vento anche l'ultimo concreto collegamento con quel covo. Non che, in questo modo, sia rimasta a secco di segni e legami con quel posto... Le cicatrici che ha nell'anima, nel cuore e nella mente sarebbero rimaste per sempre in lei, una parte propria della sua anima non sarebbe mai tornata indietro. Non sarebbe più stata la stessa Kaori dopo questa esperienza e questo rende assolutamente indimenticabile ciò che ha vissuto, prove fisiche o meno della sua permanenza in quella cella. Tuttavia iniziare a stracciare quelle poche cose che può separare da lei è pur sempre qualcosa e per questo, non appena ne ha la possibilità, va a farlo. Ha afferrato la busta con i vestiti che ha a casa con sé e si è buttata in bagno liberandosi immediatamente di quel vestito e facendosi una doccia fredda. Una sorta di atto purificatore, come se volesse lavar via con quell'acqua cristallina lo schifo che quell'abito le trasmetteva. Si è avvolta nell'asciugamano da bagno della locanda ed ha asciugato per bene i folti capelli violetti andando a sentirsi abbastanza meglio alla fine di tutto il trattamento. Ha indossato un maglione di un rosa pallido che le arriva all'incirca alle ginocchia di un paio di taglie più grande di lei. Largo, comodo, estremamente caldo l'avvolge come un abbraccio lasciando tuttavia scoperta una spalla per via di quelle taglie di troppo cui non può sopperire. Le maniche sono lunghe, larghe e arrivano a coprire le sue mani lasciando visibili solo parte delle dita affusolate e candide. Le gambe son lasciate nude, scoperte sotto la copertura del maglione, con semplicemente delle calze bianche a coprirle i piedi e risalire fino a metà coscia. Si sente meglio potendo indossare nuovamente i suoi vestiti e così ha potuto affrontare Raido con un nuovo sorriso, un po' di ulteriore sollievo. Non hanno ancora realmente parlato di nulla fino ad ora, c'è una sorta di tensione a legarli per via di tutte le cose non dette, di quell'esperienza che giace fra loro come uno spettro silente. Non è ancora pronta ad uscire l'argomento, sicuramente non per prima, e si limita a sorridergli e chiacchierare di tanto in tanto oppure a rifugiarsi nei suoi abbracci nei momenti di bisogno. Al momento si trova seduta sul davanzale della finestra con le ginocchia piegate, puntate verso l'alto, ed un kunai fra le mani. Se lo rigira nervosamente fra le dita, in un gesto meccanico che si è portata dietro dalla sua permanenza ai laboratori. Pensa col capo rivolto verso l'esterno, verso la Konoha che vive e ride sotto di sé, avvertendo il calore di qualche pallido raggio di sole sulla pelle. Raido è nella doccia che si fa un bagno, si sistema e si rilassa e tutto pare estremamente normale. Una quotidianità felice, semplice, che quasi li fa apparire come una già collaudata coppia di sposini. C'è silenzio nella camera se solo non fosse per lo scroscio dell'acqua che viene dalla stanza occupata dall'Oboro. Il timido cinguettio di qualche uccellino che vola fuori dalla finestra spezza l'altresì quiete della camera e per il resto, nulla più del respiro della chuunin che placido scivola fuori dalle labbra, dalle piccole narici scure. [chakra: on]

15:56 Raido:
  [Stanza] L'acqua sgorga fuori a grande velocità battendo sul corpo dell'albino, il calore di essa gli attraversa il corpo, al tensione scende piano piano, i muscoli perdono quella rigidità assunta nei giorni scorsi. Gli occhi rossi svaniscono permettendo alla sclera di tornare bianca e limpida come un tempo, le iridi dorate risplendono come noi, il colore diventa più vivo che mai mentre le pupille restano tonde, piccole, quasi impercettibili, come a volersi nascondere. La mano passa sulla manopola dell'acqua andando a chiuderla, smette di uscire presentando un Raido bagnato in ogni sua parte, in ogni angolo del corpo. Strizza i capelli: li porta sul davanti facendoli cadere direttamente oltre la faccia per poi afferrarli con entrambe le mani cercando di far uscire tutta l'acqua assorbita, un tentativo di primo asciugamento. Esca dalla doccia prendendo un asciugamano e cominciando a passarlo per tutto il corpo, strofina ogni parte facendo scomparire l'acqua, lo passa sui capelli per poi accendere il phone; il calore arriva sul cuoio capelluto e con le mani sistema il tutto, prima con esse e poi con una spazzola come una perfetta ragazza. Cura il suo corpo nel migliore dei modi, cura se stesso nel migliore dei modi cercando di essere sempre in forma ma non per lui quanto per lei. Deve vederlo sempre al meglio, sempre pronto a starle accanto, mai debole, mai stanco. Gli costa un po' di fatica presentarsi in questo stato, vorrebbe solamente cedere, cadere nel letto, abbandonare tutte le pressioni che si sta sorbendo da solo, tutte le guerre e i combattimenti ma non è ancora arrivato il momento, non è ancora giunto il momento di arrendersi; prima devono battere cappuccio rosso e tutta l'organizzazione e soltanto dopo possono veramente dire di essere liberi come il sole. Posa il phone e l'asciugamano per poi afferrare un paio di boxer corti, arrivano a 1/4 della coscia così da non passare sopra la bruciatura che ancora brucia e fa male, l'indossa andando a coprire il proprio intimo ma per il resto rimane senza veli. Apre la porta del bagno, esce a petto e gambe scoperte, non indossa nient'altro e non vuole indossare altro, anche se piccolo, vuole essere libero almeno nel vestiario per questi giorni. Avanza lentamente, zoppicando mentre con gli occhi scruta la figura di Kaori sul balcone, il suo giocherellare con quel kunai. Si ferma qualche attimo ad ammirarla, sorride, felice di averla nuovamente li al suo fianco, felice di averla trovata dopo così tanto tempo. Torna a camminare verso di lei con quel passo da anziano ma più veloce gli costerebbe un dolore troppo alto e dovrebbe aumentare la sua soglia di sopportazione, non ne ha voglia, non ha voglia di soffrire, non oggi almeno. Cerca di raggiungere la finestra, il balcone per giungere alle spalle della chunin e, se ci fosse riuscito, allungherebbe e allargherebbe le braccia cercando di avvolgerle intorno alle di lei spalle, un piccolo abbraccio, uno dei tanti che avrebbe voluto dargli<Ti amo>due parole, due semplici parole, nient'altro. [Chk on]

16:19 Kaori:
 Osserva la vita che scorre placida e tranquilla fuori da quella finestra. Osserva la strada venir attraversata da ragazzini strepitanti, da qualche anziano che passeggia. Una coppia, alla fine della strada, si separa con un lungo ed appassionato bacio prima di prendere strade diverse. Ogni cosa accade sotto lo sguardo vigile ed attento della chuunin che si sente quasi distaccata da ogni cosa che scorra fuori da quella camera. Osserva dall'alto, da un punto di vista distante e disinteressato rigirandosi quella lama fra le dita. Avverte il suono della porta del bagno che si apre e ruota appena il capo verso la figura del jonin andando a riporre il kunai sul davanzale ove è seduta, accanto a sé. Lo vede avvicinarsi praticamente scoperto, nudo, con il solo intimo a coprire il sopra coscia. Una visione che in ben altri momenti l'avrebbe imbarazzata enormemente, l'avrebbe messa appena a disagio, ma che ora la lascia tranquilla, quasi a suo agio mentre distende di poco le labbra in un piccolo sorriso sereno. Lascia ch'egli s'avvicini notando chiaramente il suo zoppicare, l'ustione rossastra dai contorni appena azzurrognoli che s'impadronisce della di lui coscia. Sente le sue braccia andare a cingerla, abbracciarla, e si abbandona a quel gesto tuffando il proprio viso contro il suo corpo sentendo il profumo del bagnoschiuma andare a mescolarsi a quello proprio della di lui pelle. E' un odore piacevole, intenso, che le solletica le narici. Dal canto suo va allungando le braccia attorno ai suoi fianchi, stringendolo a sua volta, sorridendo appena di più all'udire quelle parole. Da quando si sono ritrovati le ha sentite più spesso del solito e sa che probabilmente questo dipende dalla profonda paura di vederla sparire ancora dalle sue mani, o forse in una sorta di pegno per farsi perdonare dell'averla perduta di vista. Non lo sa, sono solo supposizioni le sue, ma in ogni caso le fa piacere sentire la sua voce dichiararle quanto l'ama. <Ti amo> mormora a sua volta lei alzando appena lo sguardo su di lui, scostando il viso dal suo corpo, dal suo petto, per poi inspirare a fondo e far scivolare le iridi perlacee sulle di lui gambe, su quell'ustione che spadroneggia sulla sua coscia. <Siediti qui, te la sistemo io> va quindi a dirgli andando a far scivolare le sue gambe dal davanzale oltre al loro bordo, le fa dondolare nel nulla a pochi centimetri di distanza dal pavimento. Si alza in piedi scendendo giù invitandolo a sedersi lì, dov'era stata lei fino a quel momento, col capo a venir rischiarato dalla luce candida del giorno. Se l'altro avesse acconsentito ecco che la chuunin sarebbe andata a richiamare il proprio chakra medico dal suo corpo. Avrebbe tentato di distaccare dal suo chakra di sempre una parte di esso per farla risalire verso l'alto, verso gli tsubo senza però farlo fuoriuscire. Avrebbe guidato e convogliato quest'energia verso i palmi, verso le mani, lasciando solo adesso ch'essa fuoriuscisse dai relativi punti di fuga così da ritrovarsi con i palmi avvolti di un alone verdastro e tiepido. <Deve fare molto male> commenta lei osservando i contorni della bruciatura stringendo di poco le labbra, con una espressione decisamente dispiaciuta sul viso. A quel punto avrebbe allungato le mani verso la di lui coscia, lì dove l'ustione giace dolorosa e avrebbe sovrastato la ferita di circa una decina di centimetri con ambo i palmi. Solo a quel punto avrebbe fatto sì che il chakra fluisse dalle sue mani fino alla ferita andando a raggiungere i tessuti danneggiati e bruciati fino a ricomporli e rigenerarli, poco per volta, strato per strato. <Non ci vorrà molto... fra poco sarà completamente guarita> lo informa cercando di rassicurarlo sentendo risalire fino alla punta della lingua una domanda che si porta dietro da quella mattina ma che non ha ancora avuto il coraggio di porgli. Tentenna per un attimo prima di mordersi il labbro inferiore con fare nervoso e decidersi a proseguire. <Raido...> mormora lei alzando solo ora lo sguardo sul suo viso, il chakra medico a fluire in un flusso costante verso la ferita. <Dove hai portato mia madre?> domanderebbe lei sentendo il cuore mancare un battito. Avevano detto che l'avevano vista fuggire con lui... no? Quindi adesso doveva essere al sicuro, vero? Protetta, lontana dal pericolo... ma dove? Dov'era sua madre in quel momento? [Chakra: 63/70] [Mani Terapeutiche C] [PS Raido: 90 + 5 = 95]

16:45 Raido:
  [Stanza] Un momento dolce il loro, un abbraccio che viene ricambiato dalla ragazza, un abbraccio che desidera ardentemente e di cui non ne ha mai abbastanza. La spinge contro il proprio petto, la tiene stretta a se. Ne tocca le spalle, la schiena, avvolge maggiormente le braccia intorno al di lei corpo sentendone il calore, un calore che gli è mancato terribilmente, un calore che ha rischiato di divenire freddo come il ghiaccio da un giorno all'altro. E' vero, pronuncia quelle paura per la paura, paura di averla potuta perdere in un'istante, una paura immensa che non ha eguali ed è in quei momento che si è ritrovato a pensare a cosa effettivamente abbia fatto per lei senza riuscire a trovare niente di concreto. Forse la rende felice, forse la fa stare bene ma poi? Cos'altro? Non è riuscito a fare niente di concreto, i pericoli li ha corsi lo stesso, ha sofferto come non mai e tutto perchè non è stato in grado di tenerla al sicuro come un vero ragazzo avrebbe fatto, non le ha dimostrato amore, non ha dimostrato un bel niente e ora vuole rimediare. In questi due giorni glielo ha detto tante e tante volte, fino alla nausea ma non ne ha abbastanza, vorrebbe ripeterlo all'infinito, abbracciarla fino allo sfinimento. In molti, dopo tanto tempo, pensano alla mancanza del piacere della carne, il piacere di stare a contatto con qualcuno ma non lui; in questo momento non vuole fare altro con lei, non vuole avere alcun tipo di rapporto se non quello che vi è già, un rapporto fatto di abbracci e parole, gli basta questo, sentirla con se, vicino ed è questo a renderlo felice. Sapere di averla li con se lo rende felice, sicuro ed è grazie a questa sicurezza che si sente in grado di poter fronteggiare chiunque, anche un tessai, non ha paura, non ha paura nemmeno della morte stessa. E' morto un'infinità di volte in queste settimane, è morto ogni notte passata senza di lei, è morto ogni giorno passato nella consapevolezza di non essere stato in grado di tenerla al sicuro. Questa è la vera morte, non quella contro avversari; quello è solamente un modo per dormire per tutta la vita, nient'altro. Ora come ora, è sicuro di vincere perchè si sente vivo, vivo come non mai è può farcela, può affrontare cappuccio rosso e uscirne vincitore senza problemi dimostrando che essere dei tessai non significa proclamarsi dei in terra ma solo uomini e donne forti. Lo ha capito vedendo Yukio malconcio al suo arrivo a Kusa e lo ha capito notando come, anche nella sua debolezza, è riuscito a portarla fuori lo stesso. Continua a stringerla, ancora e ancora fino a sentire le di lei parole. Viene ricambiato con quel piccolo sorriso, il sorriso dolce che gli scatena sempre un sentimento immenso, un sentimento che non riesce a scacciare nemmeno con la forza e poi quella proposta. Si stacca dal di lei corpo, si volta percorrendo pochi centimetri, un paio di passi fino a sedersi sul davanzale lasciando le gambe a penzoloni; digrigna leggermente i denti, non esprime fatica quanto fitte di dolore<Abbastanza>commenta sincero. Avere una gamba bruciata dal ghiaccio non fa bene al corpo, non è bello ma il tempo per andare in ospedale non c'è, rischiare di lasciare Kaori da sola, nuovamente, è troppo e non potrebbe mai farle nuovamente una cosa del genere, non può lasciarla ancora. Sorride nel sentire quell'affermazione, crede in lei e nelle sue capacità e aspetta che faccia il suo lavoro. Il chakra medico agisce nella gamba, sente quel sollievo tipico che si prova durante una cura, lo stesso che lo fa rilassare, che allevia le sofferenze. Chiude gli occhi per qualche secondo per poi riaprirli all'udire di tale domanda lasciandolo spiazzato, come lo sa? Come sa che l'ha portata via? Riflette per qualche secondo, pensa a come l'ha scoperto. Abbassa nuovamente lo sguardo su di lei andando a guardarla<A Kiri. Ho chiesto ad Hotsuma di tenerla al sicuro finché le cose non si saranno sistemate>afferma con tranquillità e sa che Kiri è il posto più sicuro al mondo, le mani di Hotsuma sono le più sicure al mondo ma ora una domanda sorge nell'animo del Jonin<E...>stringe i pugni, le vene divengono visibili<...tuo padre? Non l'ho visto al covo...>le labbra tremano, la rabbia torna viva e può percepirlo, può percepire la rabbia che riaffiora al solo pensiero. [Chk on]

20:47 Kaori:
 Il contatto con il petto di Raido ha quasi qualcosa di curativo per Kaori. I suoi abbracci, il semplice calore del suo corpo o delle sue braccia riescono a farla sentire meglio. Le danno la sensazione di essere meno sola ma, purtroppo, non per questo in salvo. Sente ancora, costantemente, lo sguardo di Cappuccio Rosso puntato sulla sua nuca, sulla sua schiena. Le sue dita sottili che controllano i fili legati attorno ai suoi polsi, alle sue mani. Sa che è ancora nel suo obiettivo, adesso più di prima probabilmente: ora che erano passati al passo successivo della sperimentazione doveva essere fondamentale per loro controllarla, assicurarsi che tutto andasse per il meglio. Che la vita sorgesse nel suo grembo per poter finalmente gioire per il loro successo. Chissà cosa le sarebbe accaduto se fosse rimasta al covo, in questo momento... Cosa avrebbero fatto di lei se avessero scoperto che nel suo ventre non v'è vita? L'avrebbero uccisa? Avrebbero ripetuto la fecondazione fino a quando non ci fossero riusciti? Quanti campioni ancora avevano a disposizione per provarci? Non lo sa, non ne ha idea, non vuole pensarci. Eppure è inevitabile come il pensiero continui a tornare sempre lì, a quelle mura, a quella siringa che lentamente si infiltra dentro di lei fredda come la morte. Trattiene a stento un brivido cercando di tuffare il proprio viso nel petto di Raido, cerca rifugio nel calore del corpo dell'uomo che desidera sposarla e sposare. Ricerca in lui salvezza e per farlo cerca di parlarci, di fare qualsiasi cosa possa impedirle di pensare ad altro. Decide di occuparsi delle sue ferite. I graffi su viso, petto e spalle si stanno richiudendo, sono divenuti semplici solchi rossastri che straziano l'armonia della sua pelle. Linee sottili in via di guarigione che non dovrebbero più dolere al corpo dell'Oboro. Ma quella bruciatura... quella sembra essere piuttosto seria, piuttosto dolorosa. Perciò gli propone di sistemarsi così da poterlo curare, così da poter tornare a sentirsi utile, capace di fare qualcosa dopo tutto quel tempo in cui non ha potuto godere della sensazione del chakra che circola e fluisce nel suo corpo. E' una sensazione che le è mancata tantissimo e che ora non smette più di apprezzare. Così lascia che lui si accomodi trattenendo malamente quell'espressione di fastidio, quella sorta di crampo doloroso al minimo moto della coscia. Kaori richiama a sé il suo chakra curativo ed inizia il trattamento continuando a far permanere i palmi al di sopra della ferita a circa una decina di centimetri buoni. L'energia fluisce verdastra e tiepida sull'ustione andando a velocizzare la rigenerazione di cellule e tessuti. Il dolore iniziale scema e muta ben presto in un tepore piacevole, in una sensazione benefica e gentile che solletica la carne. E' felice di potergli essere utile, di poter far qualcosa anche lei nel suo piccolo ma questo non basta a distrarla dai suoi pensieri. Lascia quindi che le parole fluiscano dalle sue labbra quasi autonomamente, meccaniche, andando a raggiungere il kiriano che appare visibilmente sorpreso di quella domanda. La Hyuga ascolta la sua risposta con impazienza continuando a far fluire la propria energia sull'altrui ferita e si ritrova ben presto a tirare un sospiro di sollievo richiudendo gli occhi con fare leggero, sollevato. A Kiri... come aveva sperato. Lì sarebbe stata abbastanza lontana dalle grinfie della Hyuga? Sarebbe stata al sicuro? Se fosse stata abbastanza vicina al Mizukage sì, non avrebbe potuto sperare in una protezione migliore. Ma allora perchè nonostante il sollievo continua a temere per lei? Beh, fino a quando l'altra non fosse morta probabilmente non avrebbe mai smesso di preoccuparsi. Fino a quando non avesse visto la vita abbandonare il suo sguardo, scivolare via dal suo corpo in un fiume scarlatto non avrebbe potuto mettere la parola fine a quella faccenda. <Okay... okay...> sussurra più a se stessa che all'altro cercando di ripeterselo come un mantra, annuendo appena col capo come per volersi convincere che va tutto bene, che almeno di questo lato della storia non avrebbe dovuto preoccuparsi. Ma ben presto questo breve attimo di pace e sollievo cessa e tutto crolla quando la voce dell'albino spezza nuovamente il silenzio della stanza. S'irrigidisce lei dopo un tremito improvviso, le mani disperdono quell'alone verdastro che cessa di fluire verso la ferita ormai guarita del kiriano. Riapre gli occhi di scatto, meccanicamente, stringendo le labbra fra loro. Le dita vanno lentamente a muoversi, ad abbassarsi, richiudendosi verso il palmo e stringendo le mani a pugno. Le nocche sbiancano, il respiro accelera dal naso quasi come un toro che perde lentamente il controllo. Le labbra divengono una linea sottilissima sul viso mentre le iridi si dilatano leggermente verso l'esterno. <Morto.> dice semplicemente con un filo di voce. E non può, non può aggiungere altro, non può rivelare quanto egli fosse stato innocente, quanto avesse sbagliato a crederlo un traditore. Non può raccontare di come sia stato manipolato, di come sia stato controllato per tutto quel tempo da quel mostro, da quella donna. Di come le sue ultime parole coscienti siano state piene d'amore per lei, di speranza, di rassicurazione. Il tentativo di un padre premuroso di confortare la sua bambina spaventata. Non può spiegare nulla di tutto questo, né della sua enorme colpa nel non avergli creduto. Non ce la fa, non è pronta, non può tramutare ogni singolo pensiero in parole. E non sa quanto quel suo modo di fare possa apparire come pura rabbia nei suoi confronti, come possa sembrare furiosa con lui. Non ragiona in questo momento su come l'ira che provi per la sua assassina paia indirizzata invece verso lui stesso. E sarebbe così facile per Raido pensare che lei lo odi, che magari sia stata proprio lei ad ucciderlo dopo avergli gridato d'essere un viscido traditore... Sarebbe così-- Un momento. Un pensiero scivola, s'infiltra subdolo per la mente della Hyuga andando a farle aggrottare lentamente le sopracciglia, farla alzare da terra per mettersi in piedi davanti a lui con sguardo cupo, quasi minaccioso. Arretra d'un passo andando a schiudere le labbra poco per volta. <E tu come sapevi che mio padre c'entrasse qualcosa?> domanda d'un tratto lei sbattendo una sola volta le palpebre, la voce appena controllata. <Come sapevi che mio padre avesse a che fare col covo?> chiede ancora, più chiaramente, assottigliando di poco lo sguardo. Questo vuol dire... che Mekura aveva sentito? Aveva sentito tutto ciò che lei aveva detto quel giorno alla ricetrasmittente? [Mani Terapeutiche C - off] [PS Raido: 95 + 5 = 100] [Chakra: 62.5/70 ]

21:34 Raido:
 Continua a farsi curare, il chakra medico fluisce nel corpo del kirino, rinforza la gamba facendo sopire quel bruciare, restringendo la bruciatura nella gamba. Il sollievo di non provare più quel dolore, quel bruciore continuo che lo invade in ogni attimo rendendo la sua vita, non impossibile ma difficile. Non è un mago della velocità, non è mai stato famoso per essere un tipo veloce ma sa benissimo che nell'utilizzare armi serve molta destrezza nei movimenti, bisogna sapersi muovere agilmente in ogni occasione per poter sferrare attacchi di ogni genere e tipo, gli serve agilità se vuole migliorare ulteriormente e quella ferita glielo sta impedendo, almeno fino ad ora. Un rosso fuoco aleggia intorno alla propria coscia, un rosso acceso che brucia minuto dopo minuto ma ora si sta restringendo, quel bruciore si trasforma in un piacevole tepore e il rosso diminuisci fino a scomparire del tutto. Il muscolo torna libero, la pelle è ancora raggrinzita ma in pochi giorni dovrebbe tornare liscia come un tempo e le macchie di gelo scompaiono del tutto divenendo solo un lontano, lontanissimo ricordo. Si sente meglio, si sente dannatamente meglio e non solo perchè il malanno è passato ma perchè lo ha fatto passare Kaori; se non fosse stata lei a curarlo, avrebbe sentito ancora dolore mentre lei ci ha messo amore, in qualche modo e questo gli da una salute mai vista e provata prima. Sta bene, sia con lo spirito che con il corpo e tutta la rabbia si è come volatilizzata anche se non è così. Cappuccio rosso è ancora in circolazione, ancora viva, ancora pericolosa e non può stare davvero bene finchè la sua katana non gli trapassa il cuore portandola al destino che merita ma è in questo pensiero che aleggia un nuovo dubbio, un dubbio esposto anche alla stessa Mekura. Indizi sopra indizi, pezzi sopra pezzi ed è impossibile non notarli, è impossibile non farci caso. C'è la possibilità che Akane Hyuga sia davvero innocente, che non agisca in piena autonomia però non hanno prove concrete, non hanno certezze, manca la prova definitiva, l'indizio deciso che possa portarlo ad affermare tutto questo con sicurezza. Se così fosse, se si rivelasse davvero così, allora vuol dire che dietro tutto questo vi è un'altra persona, un qualcuno che manovra i fili dell'organizzazione. Ripensa alla foto che Mekura ha trovato nel covo, al libro che solo uno Hyuga avrebbe potuto leggere, al corpo di Daiko senza occhi; cerca di mettere insieme tutti i pezzi nella sua mente, li unisce, cerca di formare un puzzle, un percorso da seguire ma qual è il nesso vero e proprio? Deve trovare il punto in comune anche se, piano piano, tutto diventa più chiaro. Foto. Libro. Corpo. Foto. Libro. Corpo. Hyuga. Byakugan. Occhi. Ogni parola, ogni singola parola ha un suo significato. Impazzisce, letteralmente impazzisce, mai ha pensato tanto in vita sua e una lampadina gli si accende, una piccola lampadina lampeggiante. Lei è innocente. E' innocente e non ha più dubbi, è l'unica spiegazione per capire tutto ciò che hanno trovato in questo tempo ma dirlo a Kaori, dirlo in questo momento sarebbe un azzardo fin troppo grande, il passo più lungo della gamba e questo lo porterebbe a scontrarsi con la ragazza. Deve aspettare qualcosa di più concreto, aspettare che arrivi un indizio deciso che possa farglielo credere. Per il momento tiene tutto per se ma deve farne parola con Mekura e con il capo clan degli Hyuga, deve assolutamente parlare con lui il prima possibile e spiegare, sentire tutta la situazione e mettere fine a questa faccenda il prima possibile. Nuovamente va a concentrarsi su Kaori dopo attimi e attimi di distrazione, riporta la totale attenzione su di lei osservandola ancora con il chakra medico attivo, un chakra purificatore che agisce sulla gamba; ne vede l'espressione sollevata nel sentire che la madre è in salvo e chi non lo sarebbe. Quella donna, più di tutti, è in pericolo e più di tutti va protetta e solo Hotsuma in questo momento può farlo, solo è abbastanza lontano e abbastanza forte da tenerla al sicuro. Sorride leggermente prima di vedere la di lei espressione cambiare radicalmente, l'aria si raggela all'improvviso, il candore del chakra medico scompare letteralmente facendo divenire tutto più freddo e insopportabile fino all'udire di quelle parole. Strizza gli occhi, le sopracciglia si abbassano, non capisce, come sarebbe a dire morto? E' stato ucciso da Akane? Lo ha ucciso Kaori? Non sa spiegarselo ma non fa ancora alcun tipo di domanda osservando come la furia della ragazza sia in procinto di esplodere, letteralmente. Il viso diventa paonazzo, rosso a tratti, le mani sbiancano per la rabbia e la pressione messa in quei pugni per poi vederla allontanare. Non si muove dalla balconata, resta seduto, fermo ad osservarla sentendone le domande, domande dettate dalla furia, dalla volontà di sapere ciò che sa l'albino. La bocca si apre leggermente, sorpreso di una tale reazione da parte, molto sorpreso. Umetta le labbra<Il giorno che ti hanno presa...Mekura ha sentito tutto quanto grazie alla ricetrasmittente. Ha ascoltato ogni parola detta, ogni frase ed è arrivata sul posto pochi minuti dopo, solo pochi minuti maledicendosi di non essere stata più veloce>smette di parlare per qualche secondo, ricomincia a provare gli stessi sentimenti di quella volta, la disperazione, la rabbia, la paura. Gli occhi gli divengono rossi nuovamente, lucidi, il ricordo affiora in modo prepotente nella mente<Mi ha mandato una lettera. Ho corso, ho corso come non mai sperando in uno scherzo ma era tutto vero>non la guarda più negli occhi, non riesce a guardarne il viso preferendo perdersi nel vuoto<Mi sono maledetto per averlo permesso, mi sono maledetto per non essere stato al tuo fianco e quando mi ha detto che tuo padre era immischiato in tutto questo io...>stringe il pugno ancora più forte facendo sbiancare le nocche che ora paiono completamente bianche. Il viso cambia radicalmente, gli occhi divengono ancora più lucidi, un principio di pianto sta per giungere ma si trattiene<Non ci volevo credere e così sono andato da tua madre per cercare risposte pensando che pure lei fosse coinvolta ma mi sbagliavo. Era innocente, così l'ho presa e l'ho portata a Kiri per poi tornare qui per continuare le ricerche e ancora non ci volevo credere...>la voce si strozza, non per la tristezza ma per la rabbia, rabbia nei confronti del di lei padre il quale ha tradito la sua stessa figlia mettendola in pericolo. Non vuole credere che un genitore possa davvero tradire la propria figlia in questo modo, non vuole credere che si possa essere così spietati e bastardi fino a questo punto<Sono entrato nel covo con la speranza di trovarlo e fargliela pagare per quello che ha fatto. Ero pronto a ucciderlo>serra le labbra stringendo i denti nel pronunciare tali parole, forse troppo forti, forse troppo dure per la ragazza in questo stato a sta dicendo la verità, ogni singola parola è la pura verità e quella rabbia che ha in corpo non riesce a fermarla, non riesce a tenerla a bada. [Chk on]

22:20 Kaori:
 Il racconto del kiriano porta Kaori ad ascoltare in religioso silenzio. L'aria è tesa, elettrica nella stanza e la mascella di lei non vuole saperne di allentare la presa. I denti stringono, premono gli uni contro gli altri e per poco non stridono. I pugni rimangono serrati lungo i fianchi mentre fissa con fare attento e penetrante il viso dell'albino. Quelle parole le trafiggono il petto una dopo l'altra. Ascolta il resoconto di quanto sia successo senza dire una parola, senza osare aggiungere niente, ritrovandosi a sentire il sangue prendere a ribollire poco per volta, lentamente, con forza sempre maggiore. Crescente. Le mani tremano, il respiro si fa mozzo mentre cerca di contenere e controllare tutta la furia che le sta montando dentro. Mekura aveva sentito tutto. Aveva ascoltato ogni cosa. Era rimasta in ascolto mentre veniva rapita, mentre cercava di strapparle informazioni una dopo l'altra. E non aveva detto nulla. Non aveva dato un segnale, un cenno di vita, nulla. Finalmente, dopo tutto quel tempo, Kaori ha potuto finalmente capire cosa fosse successo quel giorno. E la cosa la fa impazzire. La fa imbestialire. <Quindi sapeva...> mormora lei in un sussurro più simile ad un sibilo, la voce sottile, assai simile ad un soffio gelido per quel suo modo d'essere tagliente. Graffiante. <Sapeva cosa stava succedendo. Ha sentito tutto.> ripete lei cercando di imporsi di respirare, di inspirare a fondo. <Ha ascoltato ogni parola detta. Ogni frase.> ripete le parole appena pronunciate da Raido quasi in un tentativo caricaturale. Si umetta nervosamente le labbra deglutendo un grosso grumo di saliva rimasto bloccato in gola. <E non ha pensato di dire qualcosa. Di darmi un cenno. Un segnale. Anche solo uno sbuffo col naso per farmi capire che fosse lì.> sibila lei stringendo sempre più i pugni, le unghie a conficcarsi dolorosamente nei palmi delle mani andando a graffiare e strappare la pelle. Qualche goccia di sangue scivola via ma lei non se ne avvede, non se ne accorge. Non sente neppure il dolore di quel gesto, non è niente rispetto alla rabbia che la sta assalendo e travolgendo. L'adrenalina scorre a fiumi nelle vene mentre cerca di tenerla a bada, sotto controllo, per non abbattersi sull'altro come una belva inferocita. Le mani salgono allora al viso, alle tempie, vanno ad afferrare i capelli stringendo la presa con forza. Cerca di sfogare in quel semplice gesto la tensione, la rabbia, il desiderio di gridare e colpire. Di distruggere. Stringe i capelli, ne strappa qualcuno, digrigna i denti. "Lei sapeva... Lei sapeva..." quel sussurro si ripete nella sua mente in una eco lontana. Come un gong che si disperde nel vento va amplificandosi e ripetendosi nella sua testa portandola sul limite della follia. Come può... come può credere che l'altra sia dalla sua parte? Come può davvero credere di non essere stata presa in giro fin dall'inizio? Non le era stata vicino, non l'aveva protetta e non aveva neppure pensato di p a r l a r l e. Nulla di così impegnativo per cui potesse trovare una qualche giustificazione, no? Parlarne... anche solo un dannatissimo, stupidissimo verso! UN SOSPIRO! E' un attimo prima che cali improvviso il buio nella mente di Kaori. <Quanto tempo è passato? Mh?> domanda lei d'un tratto assottigliando lo sguardo, andando ad accomodarsi sul letto, seduta sulla sponda che dà verso il kiriano con le gambe che vanno ora ad accavallarsi. E c'è qualcosa di strano in quel suo modo di fare, qualcosa di diverso. Non suo. E' un gesto sinuoso, naturale, quasi sensuale in quel suo modo di mettersi comoda, le braccia a far perno sulle coperte accanto alle cosce, il capo inclinato verso la spalla sinistra, quella nuda, puntato verso la figura di Raido. Non sembra più prossima alla violenza ora, non più tremante di rabbia. C'è qualcosa di violento nel suo modo di essere tranquilla, serafica. Quasi al di fuori di quel contesto, di quel dolore. <Tre settimane? Un mese?> azzarda lei basandosi sull'impreciso conto fatto dei pasti ricevuti, le settimane di vuoto dovute alla sua depressione calcolate a caso, a sensazioni, la voce carezzevole che va scandendo ogni sillaba lentamente, quasi con candore. <Ed ogni giorno... Ogni. Singolo. Giorno... mi chiedevo se sapeste qualcosa. Se avesse sentito anche solo--...> si ferma, non riesce a continuare il suo dire andando a concludere in una sottile, tagliente, sarcastica risata. <Lei sapeva...> mormora al termine di quel ridere velenoso, ironico, dolciastro. E' un modo di fare che non le appartiene, che non ha mai mostrato prima. E' un atteggiamento meschino, quasi subdolo quel suo modo di fondere la rabbia ad una passiva violenza verbale. <Che schifo> commenta semplicemente, alla fine, andando a far schioccare la lingua sul palato, pigramente, con uno sguardo selvatico. Affilato. Sapeva. Sapeva tutto. E non ha pensato di lasciarle anche solo una parola. Anche solo un segnale. Nulla. Sola. Sola fin dal principio, fin da prima di essere rinchiusa in quella cella. Lascia che l'altro continui a raccontare di come sia accorso non appena ha saputo. Non appena ha letto della novità. Ascolta, metabolizza le sue parole e si ritrova poi ad aprire di scatto gli occhi quando lui va a parlare di suo padre. Quelle parole la portano ad assottigliare ancor di più lo sguardo, a fissarlo trucemente prima di alzarsi dalla sua posizione e avanzare verso di lui con un ancheggiare nuovo, innato, sconosciuto. Si ferma esattamente di fronte a lui, quasi ferma fra le sue gambe, un soffio a dividerli soltanto. <Sei arrivato tardi.> Una frustata dolcissima che esce dalle di lei labbra, una stoccata sussurrata, le labbra contratte in un sorrisino velenoso. <Cappuccio Rosso aveva una punizione da impartire. Aveva un gioco da gestire> spiega lei con voce melliflua, di miele, sbattendo le ciglia una, due, tre volte prima di riprendere il discorso. <Aveva bisogno che il suo più prezioso strumento fosse in forze. Che non si ribellasse. Dovevo essere obbediente. Mansueta> racconta lei sillabando ogni parola lentamente, scandendo con cura ogni dire, così da fare in modo che il concetto s'imprimesse perfettamente a fuoco sulla di lui pelle. Nella sua carne. <E così ha deciso di darmi un avvertimento.> sussurra lei andando ad allungare una mano verso il kunai che precedentemente aveva poggiato sul davanzale della finestra, lì ove aveva seduto prima di lasciar spazio a Raido. Andrebbe ad afferrarlo lentamente -se l'altro gliel'avesse permesso- fino ad osservarne la forma in silenzio per qualche attimo. <Così> sussurrerebbe chinandosi su di lui, avvicinando il kunai alla sua gola. Farebbe poggiare il metallo freddo sulla sua pelle, sulla sua carne, la lama a contatto con la gola. Non preme, non imprime forza in quel gesto, sfiorerebbe solamente il suo corpo come per dargli una idea più chiara e concisa di quanto sia successo. Un movimento rapido, veloce e andrebbe a muovere il kunai rapidamente in orizzontale per imitare il segno di sgozzare qualcuno. Allontanerebbe quel tanto che basta la lama dalla sua gola per evitare di ferirlo e distenderebbe le labbra in un sorrisetto velenoso. <E' stato solo un attimo. Una morte, in fin dei conti, misericordiosa> commenterebbe lei, dopo tutto questo, riabbassando il kunai lungo i fianchi. <Per lui> Le labbra vanno a distendersi tese verso l'esterno, il suo corpo andrebbe a voltarsi per dargli le spalle per tornare ad avvicinarsi al letto, tornare a sedersi su di esso con le gambe accuratamente accavallate, il corpo rivolto verso Raido. <Prima di ucciderlo ha ben pensato di permettermi di parlarci un'ultima volta. Ha disattivato il sigillo di controllo che gli aveva imposto e gli ha ridonato una coscienza propria> racconta lei con un luccichio sinistro nelle iridi perlacee, l'odio, il rancore, la brama di sangue a risplendere nel suo sguardo. <Ha avuto il tempo di dirmi addio prima di morire come un maiale sgozzato.> Schiocca la lingua come una frusta ritrovandosi ad inspirare piano, a fondo, fissando il viso del kiriano con una espressione indecifrabile, ferina, che nulla ha a che fare con quel viso sempre stato troppo buono, troppo dolce, troppo gentile. <Non si può dire che non sia stata premurosa, no?> [chakra: on]

23:38 Raido:
 La tensione sale letteralmente alle stelle, il cuore palpita, pompa a mille il sangue, l'ossigeno fino a fargli giungere un caldo immane in tutto il corpo. Parla, dice tutto quello che è successo e ha provato nell'apprendere la notizia della di lei sparizione. Una stretta al cuore gli è giunta in quel momento, una morsa così stretta che lo ha distrutto letteralmente e più i minuti andavano avanti, più la disperazione cresceva a livelli inimmaginabili, una disperazione così nera da impedirgli di vedere qualsiasi cosa. Mai in tutta la vita ha provato un simile sentimento, una simile sensazione, un qualcosa di così forte da farlo letteralmente impazzire, da renderlo cieco a ogni cosa vi sia nel mondo. Kaori, Kaori e soltanto Kaori, in quel momento la mente ha creato una di lei immagine permanente per farla perdurare fino all'infinito. Gli occhi color ocra perdono quella luce che la ragazza ha visto in lui facendo spazio alla di lei figura; per un mese intero l'ha sognata, ha sognato il suo rapimento, la sua morte per mano di cappuccio rosso, le possibili torture che le ha inflitto, ogni genere di cose senza riuscire a calmarsi. Notte intere passate nella più completa insonnia, sveglio, sempre sveglio a vedere il di lei viso sorridente scomparire nell'oblio più tetro, un viso che pian piano si tramuta in scheletro fino a divenire polvere. Scompare dalla sua vita, dal mondo lasciandolo solo e se fosse successo, non se lo sarebbe mai perdonato e probabilmente avrebbe abbracciato completamente il suo lato da Oni attaccando ogni singolo Hyuga che avrebbe incrociato il suo cammino, ogni persona che sia uomo, donna o bambino, chiunque senza avere la minima pietà per nessuno perchè nessuno merita di vivere se Kaori fosse morte. In cambio della sua vita ne richiede altre centinaia, migliaia se fosse necessario ma prima o poi avrebbe sterminato l'intero clan come una maledizione che si abbatte sui condannati, un morbo che attacca chiunque senza guardare in faccia nessuno. Tanti, troppi pensieri lo hanno rincorso in numerosi notti e solo l'allenamento, il cercare di divenire più forte e potente per salvarla, lo riesce a distrarre, fargli portare il cervello in un'unica direzione, farlo concentrare su altro per quella manciata di ore. Si è allenato come non mai in vita, sua, ha raggiunto e superato i suoi limiti fisici fino a giungere a un nuovo livello di potenza; più veloce, più reattivo, più resistente e più forte. Un salto di qualità impressionante e tutto pur di riuscire nell'impresa di portarla in salvo, di farla tornare da se il prima possibile. La disperazione lo ha portata a rendere se stesso una macchina per uccidere, un mostro in tutti i sensi, un mostro in continua crescita e d'ora in avanti nessuno, nessuno più può permettersi di avvicinarsi a lei, nessuno più avrebbe osato portargliela via che sia un nemico o uno spasimante improvviso. Non si sarebbe comportato più come con lo Yoton, no, d'ora in poi, chiunque provi a strappargliela perirà sotto i colpi della sua lama senza ricevere pietà. L'addestramento con Hotsuma va in fumo, anni e anni di studio per controllare la rabbia svaniscono per colpa di un sentimento come la disperazione e di uno ancora più forte come l'amore. Non ci può fare niente, è tutto finito, non è più l'Oboro degno di un tempo, contagiato e contaminato dagli eventi in continuo mutamento. Non respira più, non riesce più a filtrare l'ossigeno nel corpo, si sente chiuso e bloccato per via di questo crescendo di tensione in modo continuo fino a quando non sente le parole di Kaori venire fuori in un sibilo, in un sussurro appena percettibile e ne vede la rabbia, una furia che cerca di tenere sotto controllo senza successo. Il corpo la tradisce, le parole la tradiscono e ciò che lo lascia perplesso, sorpreso e propria la di lei sorpresa, la rabbia che scaturisce da tale notizia e non capisce, non riesce a capire il perchè di questo. Lei dovrebbe aver saputo di noi, avrebbe saputo del loro imminente arrivo altrimenti come avrebbe potuto resistere tutto questo tempo ma la notizia giunge alle orecchie dell'albino come una pugnalata al cuore, una coltellata, una serie di coltellate. Nega con la testa chinando il capo, sposta lo sguardo sul pavimento cercando di comprendere, di capire ma..è davvero così? Mekura non ha dato nessuno segno quel giorno? L'ha lasciata completamente da sola? Non ci crede, non ci vuole credere. Ha lasciato la sua Kaori a combattere da sola contro quella donna, non le ha dato nessuna speranza. Le sopracciglia si alzano, si sollevano mentre gli occhi vengono aperti completamente, le pupille si stringono ulteriormente divenendo appena un puntino sulla di lui iride. Quella donna non glielo ha detto, non ha detto niente che Kaori fosse completamente all'oscuro di tutto, non ha fatto il minimo cenno ma ha continuato ad svolgere indagini su indagini invece di concentrarsi sulla di lei ricerca. Sente Kaori camminare per la stanza, il movimento dell'aria per via delle sue braccia che vanno ad alzarsi, a toccarne i capelli in un moto d'ira, un moto per sfogare tutta l'ira che ha in corpo e, alla fine, tutto cessa. Sente una nuova rabbia, un nuovo tipo di furia andare a pervaderla, un qualcosa di serpentesco e subdolo mai sentito prima, seno del di lei cambiamento; per colpa di tutta questa storia Kaori ha assunto un nuovo atteggiamento, il carattere è cambiato radicalmente portandola ad essere qualcun altro, le conseguenze di quel rapimento hanno cambiato la ragazza. Le parole escono come pugnali taglienti, ogni singola parola è come ricevere centinaia di pugnalata in tutto il corpo; sente ogni parte di se venire trafitta da centinaia e migliaia di colpi. Una specie di veleno è insito in tutto ciò che dice. Muove il capo verso il basso, respira velocemente sentendola parlare; è passato un mese, un mese intero da quando l'hanno rapita, un mese senza di lei, un mese senza che lei avesse notizia alcuna vivendo nella completa solitudine e la conferma arriva. Quella frase giunge come un colpo di grazia al proprio cuore, un colpo che lo travolge e lo abbatte definitivamente. Mekura. Mekura non le ha fatto sapere niente, non ha detto niente per impedirle di perdere la speranza quel giorno, non le ha detto niente per impedirle di impazzire e cambiare fino a questo punto. E' colpa dell'Oboro se è successo tutto questo ma..è anche colpa di Mekura, lei l'ha messa in un pericolo più grande, l'ha portata sull'orlo della pazzia, sull'orlo della morte. Ricorca le parole dell'omone quel giorno, Kaori ha tentato il suicidio, ha tentato di togliersi la vita e tutto per colpa di Mekura, per colpa sua ha rischiato davvero di perderla. La bocca si apre leggermente, lo sguardo perso nel vuoto fino a raggiungere una certa consapevolezza, capire cosa fare. Anche Mekura deve morire o non può tenere al sicuro Kaori. Mekura deve morire insieme a tutta l'organizzazione. Continua a fissare il pavimento andando a stringere a pugno la mano destra, sbianca completamente dalla forza impressa, diventa totalmente albina e la rabbia sale, sale perchè ci ha parlato l'altro ieri, l'ha confortata ma se avesse saputo, se avesse saputo tutto questo, probabilmente non sarebbe mai uscita viva da quella stanza. Il tempo passa, il silenzio torna tra loro, un silenzio opprimente che lo distrugge, lo distrugge completamente fino ad ascoltarne le parole, parole sul padre e su come è morto effettivamente. Spiega ciò che ha dovuto fare in quella cella, fare la brava, essere una prigioniera modello e per farlo le hanno dato un avvertimento tramite la morte del padre. La sente avvicinarsi, sente il suo corpo venire in quella direzione mettendosi tra le di lui gambe; non la ferma, non le impedisce di prendere quel kunai portando a compimento la dimostrazione. In pochi attimi si ritrova con il viso sollevato e un kunai puntato alla gola; la fissa, la guarda negli occhi con sguardo vuoto attendendo il di lei fare, il di lei dire. E' un corpo senza vita, senza niente in questo momento, preso dai pensieri, dalla rabbia cieca che lo travolge ma la notizia peggiore arriva solo alla fine. Il di lei padre è innocente, controllato tramite un sigillo, un sigillo inibitore probabilmente. Lui è andato in quel covo con l'obiettivo di privarla del padre e se fosse successo non se lo sarebbe mai perdonato, non avrebbe più fatto pace con se stesso dopo un simile atto. Kaori torna a sedersi, torna vicino al letto smettendo di parlare, smettendo di emettere quel veleno intenso che fuoriesce dalla di lei bocca. Tutto tace e il cuore del Jonin batte sempre più forte fino a lasciarsi andare a terra. Scende dalla balconata, le ginocchia cedono andando a inginocchiarsi sul balcone dinanzi alla ragazza; il capo basso, non la guarda, non osa guardarla. Le braccia a penzoloni sopra le cosce, non ha le forze di fare niente, non ha le forze di fare alcunché ma ha capito una sola cosa, lui è un problema. Non merita di starle a fianco, non merita di avere una donna come lei. Apre la bocca cercando di far uscire qualcosa ma non ci riesce, ha un blocco che gli impedisce di parlare, di esprimersi come vorrebbe, di gettare fuori qualche parola per comunicare qualcosa ma mai tale operazione risulta tanto complicata<E' colpa mia>ripete per l'ennesima volta con tono basso, con tono sfinito, abbattuto, il tono di chi ha perso tutto quanto, di chi non è riuscito nel suo compito e non ha rispettato le proprie promesse<Porteremo a termine questa storia e dopo...>non vuole dirlo, non vuole pronunciare quelle parole. Gli occhi cominciano a lacrimare, le lacrime scendono percorrendogli il viso fino a cadere sul pavimento; piccole chiazze bagnate vanno a formarsi sotto di lui, le lacrime si adagiano sulla stanza. Gli occhi bruciano, bruciano terribilmente e la storia si sta ripetendo, si ripete nuovamente<...sarai libera da tutto e da me. Ho sbagliato tutto, io non ti merito. Non ti ho protetta, non ho fatto niente, non ho mai fatto niente>gli manca il respiro, parlare è difficile e nemmeno il pianto lo aiuta a sfogarsi, nemmeno quel pianto riesce a dargli un minimo di conforto<Finito tutto me ne andrò e ti prometto che non mi rivedrai mai più. Meriti di meglio...e io non lo sono>si sta addossando ogni colpa possibile perchè colpa sua se tutto questo è successo, solo sua. Sta morendo, sta letteralmente morendo; sta dicendo addio alla donna che ama, sta mettendo da parte i suoi sentimenti per il suo bene, per tenerla al sicuro, per fare in modo che qualcun altro la tenga al sicuro come lui non è riuscito a fare. [Chk on]

18:32 Kaori:
 Rimane ad osservare il di lui fare con occhiate gelide. Lo guarda dall'alto di un piedistallo forgiato dal teschio di suo padre, dal sangue uscito dal suo corpo. Siede come regina su di uno scranno fatto di odio e risentimento e ricerca nelle di lui espressioni qualcosa. Non saprebbe dire cos'è che tanto desidera scorgere in quei lineamenti, non sa neppure lei cosa desideri da lui, ora. La sua rabbia è divenuta semplicemente aggressività passiva, silente che le brucia le vene, che fuoriesce in parole gelate. Come schiocchi di frusta che lasciano abrasioni insanguinate sulla carne, che strappano pelle ad ogni colpo. Sa che lo sta ferendo con le sue parole, sa d'essere velenosa, ma non le importa. Nulla importa. Dopotutto, forse, in tutto questo è l'unica che ha sempre avuto la forza di dire la verità, di non nascondere nulla a nessuno, di non mentire. L'unica che per questo abbia pagato il prezzo più alto. La cosa le fa rabbia, ancora e ancora e ancora. Ogni cosa non fa altro che alimentare e nutrire il demone che scava nel fondo della sua anima, che graffia, scalcia e ringhia nelle sue vene. Ogni nuova informazione che ottiene, ogni nuovo giorno che vive è solo l'ennesima dimostrazione di non potersi fidare di nessuno per considerarsi al sicuro. Può contare solamente su se stessa e, in questo momento, forse neppure tanto. Non si riconosce lei per prima eppure non si pone domande, non cerca di capire. Continua semplicemente ad osservare e fissare il corpo dell'Oboro che, disperato, si lascia cadere in terra, in ginocchio, con sguardo vacuo, vuoto. L'osserva con un sopracciglio inarcato, la coscia sinistra poggiata al di sopra della gemella che va a muoversi quel tanto che basta a far ondeggiare la relativa gamba. Inclina il capo, studia il suo fare e ode quelle parole che la portano a dare in un verso stizzito, gli occhi a roteare come annoiati nelle palpebre mentre lascia il kunai sulle lenzuola e si alza in piedi. Scioglie l'intreccio delle gambe e le porta entrambe a porsi oltre il bordo del letto. Si alza con un fluido movimento delle reni e si erge in tutta la sua misera statura volgendogli le spalle, avanzando verso il piccolo corridoio che dà verso l'ingresso di fronte a lui. <Puah> stizzita mentre cammina lenta, ancheggiando, con il capo a scuotersi appena, ritmicamente, alternando ambo le direzioni. <Siamo già arrivati al momento in cui ci si litiga la colpa?> domanda lei acida, tagliente, voltandosi solo ora verso di lui con sguardo severo, le sopracciglia ad abbassarsi severe sopra gli occhi. Ruota il corpo verso quello dell'albino, a poco meno di tre metri di distanza, e incrocia le braccia al petto andando a far tamburellare ritmicamente le dita sui rispettivi gomiti. <Credi che serva a qualcosa prendersi la responsabilità? Che mi sentirò meglio? Che cancellerà tutto quello che è successo?> domanda incalzante, senza alzare la voce, con tono quasi melodico. <No. Non mi farà sentire meglio, non mi serve a n i e n t e> sillaba lei in un sibilo tagliente, raggelante, assottigliando lo sguardo con fare selvatico. <E non farà sentire meglio neppure te. La tua coscienza rimarrà lesa tanto quanto lo era prima: neppure un eventuale perdono saprà guarire la colpa che ti logora dentro. Convivici> suggerisce lei alzando il capo di poco verso l'alto, fiera, superiore, quasi come se gli stesse elargendo in dono quella consapevolezza che è riuscita a conquistare col tempo. Lo vede chinare il capo, ode quelle successive parole venir pronunciate con tono quasi vuoto e aggrotta di poco le sopracciglia. Cosa sta blaterando, ora? si chiede stranita prima di finire d'ascoltare il suo discorso. La sua decisione. La sorprende, la sconvolge, la coglie impreparata portandola a sentirsi improvvisamente strana. Lui parla, chiosa, ma lei non ode niente avvertendo come una sorta di cerchio alla testa, i pensieri che si confondono, si agitano, e la portano a perdere quasi qualsiasi contatto con la realtà. <Uhm...> stringe gli occhi, abbassa il capo, una mano va a poggiarsi fra i capelli con fare incerto, confuso, mentre le lacrime dell'Oboro scivolano lungo il suo viso cadendo verso il basso. La voce di lui è flebile, è un filo spezzato che sibila nel vento, così leggera da essere facilmente ignorata, e Kaori si ritrova nel giro di una manciata di secondi ad osservarlo dalla sua postazione con fare confuso. <Raido?> domanda d'un tratto sbattendo le ciglia, disorientata. <Raido, che succede?> chiede ancora accorrendo verso di lui, bruciando quella distanza fra loro con passi rapidi, veloci, che la portano ad inginocchiarsi dinnanzi all'albino. Poggerebbe le di lei mani sulle sue spalle, le sposterebbe verso il suo viso afferrandone le gote umide cercando di rintracciarne lo sguardo, di specchiarsi nelle sue iridi dorate. <Raido, cos'hai? Perchè piangi?> domanda affranta, preoccupata, con la dolcezza tipica della sua persona, con la paura genuina e sincera che ha sempre riservato per lui. Non pare stia mentendo, non sembra stia giocando con lui. La paura nelle sue iridi perlacee è spontanea, naturale e il modo in cui carezzerebbe il suo volto sarebbe altrettanto sincero. La sua voce vibra di una preoccupazione viva, vera e la porta ad osservarlo con occhi addolorati. <Cos'è successo? Io sono qui, lo sai... puoi dirmi tutto> continua a chiosare lei tentando di andare a sporgersi verso di lui di modo tale da andare a premere il di lui viso sul proprio petto, di poggiare il proprio capo contro il suo, baciandone i capelli d'argento, abbracciandolo teneramente, con tutta la misera forza delle sue esili braccia. Sono rarissimi i momenti in cui ha potuto vedere una simile espressione sul viso del kiriano e in nessuno di quei momenti era così confusa sul motivo per cui si sentisse così. Questa volta, per la prima volta, non ha la più pallida idea di cosa sia successo, di cosa sia accaduto. [chakra: on]

19:23 Raido:
 In ginocchio sul pavimento, le gambe piegate, le braccia a penzoloni con i pensieri che vagano. Non si muove, non riesce a fare movimento alcuno come se il corpo si fosse completamene ghiacciato all'improvviso. E' completamente nudo, solo un paio di slip a coprirgli le parti intime ma per il resto esibisce il corpo e nonostante tutto, nonostante il calore provato prima ora sente freddo, un freddo polare si abbatte su di lui, una tempesta glaciale lo avvolge in una morsa da cui non vi è scampo. Il passato riaffiori, gli allenamenti con Hotsuma, i combattimenti sostenuti cercando di divenire sempre più forte, di essere all'altezza di un vero Oboro e poi quel giorno a 17 anni, il giorno che ha incontrato quella donna. Soffici capelli biondi, occhi azzurri, perfetta in tutto, dal corpo al carattere, perfetto in ogni cosa. Sente l'amore che ha provato per quella donna, sente il sentimento che ha provato per lei per poi arrivare al giorno in cui, nuovamente, è rimasto solo con se stesso, senza nessuno; quel giorno ha pianto come non mia, ha svuotato letteralmente il corpo dalle lacrime versando ogni singola goccia per poi giungere a una consapevolezza. L'amore è qualcosa che fa male, che fa tremendamente male e distrugge le persone, le uccide logorandole dall'interno; è un sentimento che non fa ragionare, rende la mente occultata eppure dona una grande forza e lo ha constatato lui stesso durante la crociata al covo per liberarla. E' riuscito a trarre forza dalla rabbia e dall'amore che prova per lei eppure, adesso torna a pensare come un tempo. Ha sbagliato, ha sbagliato quel giorno a permetterle di avvicinarsi, di arrivare diretta al suo cuore e di strapparglielo senza ritegno. Ha sbagliato ad amarla e ora si ritrova più debole di prima, più inerme, senza scudi e protezioni in una veste in cui mai nessuna l'ha mai visto in quasi 10 anni. Deve scegliere, deve scegliere se tenersi la forza e la tristezza che questo sentimento da oppure tornare ad essere il Jonin di ghiaccio di un tempo che non mostra sentimento e pietà per nessuno, tornare a essere quella macchina anzi che un'eroe. Tra le due, preferisce quest'ultima, preferisce essere così e rinunciare al cambiamento, rinunciare ad essere felice per essere sano, per essere di nuovo se stesso senza lasciarsi soggiogare dagli altri. Una consapevolezza estrema, definitiva di cui non può fare più a meno, non più adesso. Le orecchie sono tese, lo sguardo rivolto verso il basso, non osa alzarlo verso Kaori, non osa guardarla ne incrociare il di lei sguardo, non lo merita, non merita di vederla ancora. La sente alzarsi, camminare per la stanza percorrendo il corridoio, sente i di lei passi così bene che gli sembra di averla al proprio fianco. Le parole devono esserle arrivate, si sta dando la colpa perchè sua, tutta sua e di nessun altro, è colpa sua se lei è così, è colpa sua se si trovano in questa situazione, è colpa sua per non aver mantenuto la promessa, è colpa sua se si sono fidati di Mekura, è colpa sua se è finita in tutto questo. Tutto quanto si ricollega alla profezia sentita dalla ragazza al tempio e solo adesso capisce il vero significato. La luce oscura non è il Jonin ma Kaori, è lei che sta piano piano scendendo nell'oscurità, nelle tenebre più nere e lui è morto, sta morendo per tutto quello che pensa, muore per tutto quello che non è riuscito a fare e poi ne ode il dire. Altre coltellate, altre pugnalate al cuore e come darle torto, ha ragione, ha perfettamente ragione. Per quanto possa parlare, per quante cose possa dire, non può far cambiare tutto questo e deve convivere con questo peso per tutta la vita, vivere ogni singolo giorno sapendo di aver condannato la donna che ama a una vita d'inferno. La mandibola trema leggermente, la bocca è aperta di qualche millimetro senza riuscire ad emettere alcun suono, senza poterle dire niente fino allo scendere delle proprie lacrime, il calore generato da esse. Gli corrodono il viso, lo percorrono interamente arrivando fino al pavimento bagnandolo, lacrime tristi e la colpa che aumenta, i sensi di colpa aumentano a ogni minuto e poi, improvvisamente, il suo tono cambia. Percepisce preoccupazione in quelle ultime parole, percepisce un tono di voce diverso, un cambio repentino che lo spiazza e allo stesso tempo lo strugge ancor di più. Viene avvicinato al di lei petto, poggia il capo contro di lei senza guardarla, gli occhi ancora fissi verso il basso<Volevo proteggerti, avevo promesso di proteggerti e non ci sono riuscito>vaneggia, parla più da solo che con lei, parla a se stesso invece di rivolgersi a lei direttamente<Hai ragione. Devo convivere con questa colpa per il resto della vita>la voce esce sempre bassa, quasi un sussurro appena udibile, un qualcosa di appena percepibile. Lentamente si stacca dal di lei corpo, si alza rimettendosi in piedi, gli occhi rivolti verso la stanza e non ancora verso di lei, non vuole incrociarne lo sguardo<Ti ho messa in pericolo, ho messo in pericolo la donna che amo. Non posso più stare al tuo fianco, non sono in grado di tenerti al sicuro>avanza verso la stanza, avanza verso il corridoio per poi fermarsi a 5 metri da Kaori. Braccia perpendicolari al corpo, schiena diritta, schiena rivolta verso la Hyuga e, all'improvviso, il braccio destro si alza, il pugno chiuso va a impattare con violenza verso il muro al proprio fianco; il sigillo sul proprio collo inizia a illuminarsi del solito colore viola, il potere sta uscendo<E quella Hyuga bastarda ti ha lasciata da sola al tuo destino>il tono di voce cambia, diventa più sadico, rabbioso, furioso e...omicida. Piano piano il corpo si ricopre di piccole scaglie e pezzi di armatura permettendo alla rabbia di uscire, vari pezzi per tutto il corpo<Soffrirà come hai sofferto. Patirà le pene dell'inferno e poi raggiungerà sua madre all'inferno>i ragionamenti fatti, tutto quanto perdi di un senso ora, invaso dalla rabbia non riesce a ragionare. [Chk on][Sigillo ambient]

19:50 Kaori:
 Perchè Raido sta piangendo? Come si è ridotto in queste condizioni? Gli stava medicando la gamba ferita e poi... e poi... I pensieri di Kaori sono offuscati, confusi, non riesce bene a ricostruire ciò che è accaduto prima di vederlo piangere. Come è arrivata nel corridoio della stanza se l'ultima cosa che ricorda chiaramente è che si trovava chinata dinnanzi al davanzale per medicargli la coscia? Ci pensa, riflette, cerca di riordinare le idee mentre stringe il di lui capo al corpo, ma non le sovviene nulla alla mente. Non ricorda niente, nulla di quegli orribili minuti trascorsi poco prima, di quella conversazione velenosa, tagliente, dolorosa. Un vuoto. Un vuoto di chissà quanti minuti che la coglie impreparata, spaventata. Ancora... è già successo varie volte nel corso dell'ultimo periodo, ma pensava fosse normale non ricordare bene cosa fosse accaduto in una cella in cui ogni momento era identico al precedente. Sogno e realtà si mischiavano ed era difficile riconoscere il vero dal falso. Ma ora... adesso è a casa, adesso sa di essere sveglia, di essere nel mondo reale eppure non di meno continua a fare i conti con questi piccoli attimi di buio che le stringono il cuore. Cosa è successo in quei momenti da ridurlo in quello stato? Vederlo in lacrime le toglie il respiro, fa male, le accelera il battito cardiaco portandola a sentir quasi gli occhi pizzicare a sua volta. Cerca di carezzarlo, di abbracciarlo, di stringerlo a sé come a voler tentare di infondere in lui il proprio calore, il proprio amore, eppure sembra non sortire alcun effetto. Lui sussurra, parla piano, quasi senza rivolgersi a lei direttamente e poi si allontana dal suo corpo. Lo sente scostarsi, alzarsi, andare ad avanzare per il corridoio mentre le sue parole le fanno male. Le trapassano lo stomaco con inaudita forza e la lasciano boccheggiante sul pavimento a voltarsi verso di lui, sperduta. Cosa sta dicendo...? <No... no... non è così> mormora lei incapace di accettare quelle parole, incapace di dire altro mentre, sbattendo le ciglia con orrore, assimila quanto lui sta dicendo. Lasciarla. Vuole lasciarla. Vuole allontanarsi da lei, abbandonarla. Non può più stare al suo fianco. E lei precipita in un abisso senza fine, si ritrova nuovamente catapultata in un incubo dal quale non sa come uscire. Scuote il capo, sente le iridi pizzicare e bruciare mentre lo vede andare a scagliare un pugno contro il muro al suo fianco. Una lacrima fuggiasca scivola via nell'osservare la di lui schiena. Non riesce neppure a guardarla, non vuole neppure voltarsi verso di lei. E fa male. Fa un male indescrivibile, insopportabile. Sente improvvisamente freddo, sente il respiro uscire a fatica dalle labbra mentre scuote meccanicamente il capo in un involontario gesto di rifiuto a quella situazione. Avverte la sua voce, sente le venature violente e pericolose nel tono e osservandolo nota il sigillo andare ad attivarsi cambiando lentamente il di lui aspetto. Poco per volta, in modo disomogeneo, incontrollato, affiorano sul suo corpo parti di quella trasformazione che l'altro ha sempre tentato di tenere sotto controllo. Tenta di alzarsi Kaori, di mettersi in piedi, cercando di avanzare verso di lui con il viso rigato di lacrime. Tenterebbe di andare a porre le sue dita bianche, affusolate, sul di lui braccio, quello teso contro il muro, nel tentativo di abbassarlo lentamente, di passare dall'altro lato d'esso e di tornar frontale al suo viso. Cercherebbe di porre le sue mani sul suo petto, sul suo corpo, mentre andrebbe a ricercarne le iridi, lo sguardo, con espressione implorante. <Ti prego... ti prego...> la voce è spezzata, le labbra tremano e sente il viso andare in fiamme man mano che le lacrime scivolano dagli occhi sempre più rapide, sempre più veloci. <Non andare... non anche tu. Non...> annaspa, cerca di respirare, tentando di raccimolare aria nei polmoni tremanti. <Non lasciarmi sola... non abbandonarmi...> Non riesce a sopportare il solo pensiero di non averlo più accanto, di non averlo più nella sua vita. Prova a pensare ad una se stessa che si risveglia senza la figura dell'albino accanto, nel suo stesso letto, e si sente morire. Si sente sola come non mai, perduta, pensando alla figura di lui che si allontana donandole le spalle, senza voltarsi indietro. Un conato di vomito le risale la gola bloccandosi dietro le labbra al solo immaginarlo impegnato con un'altra donna, a distanza di tempo. No... non può... non dice davvero... <Raido... Raido ti prego... per favore...> Non può perdere anche lui. Non. Anche. Lui. Ha già perduto suo padre, non sa quando avrebbe rivisto sua madre né se l'avrebbe mai perdonata per quanto accaduto a suo padre e ora rischia di perdere anche l'uomo che ama. Anche il suo futuro marito. Non può farcela, non può sopportare anche questo. Non può perdere anche lui... le mani vanno a ritrarsi dal di lui corpo, si uniscono all'altezza del petto. La sinistra è chiusa a pugno mentre la destra l'avvolge andando a sfiorare e rigirare lungo il dito l'anello di fidanzamento. Aveva promesso... aveva giurato... <Lo so... lo so che è cambiato tutto... Lo so che sono rotta, che sono diversa, che non sono come prima. Lo so che non sono la persona che avevi detto di amare, lo so... ma dammi tempo... per favore, ti prego, dammi del tempo...> singhiozza lei andando a stringere la destra con maggior forza contro la mancina, contro l'anello che brilla al suo dito. <...per provare a tornare come prima... per favore... non.. non ce la faccio senza di te...> la sua voce è straziante, un sussurro flebile, sottile, acuto, che si perde in un singhiozzo profondo, in un singulto violento. Dove avrebbe trovato la forza per affrontare tutto quanto? A cosa si sarebbe aggrappata per rimanere forte? A quale pensiero? A quale certezza se anche l'unica cosa sulla quale sentiva di poter contare stava dicendo di doversene andare...? [chakra: on]

21:30 Raido:
 Kaori è cambiata davvero, un cambio di personalità repentino come quello non l'ha mai visto prima d'ora, non ha mai veduto una cosa del genere. In lei abitano due Kaori, quella dolce, fragile che ama e che vuole proteggere e un'altra più forte, più sicura di se, più decisa che mai, una personalità che non ha peli sulla lingua, non ha riguardi se ferisce qualcuno. Forse è così, forse ha capito che è così ma non è sicuro, non è per niente sicuro di quello che gli accade intorno; non ha idea di cosa stia succedendo ma sa solo di essere a pezzi, sa solo di essere distrutto più di prima. Quella sua pazzia nel covo non è niente in confronto a quello che sta provando adesso, niente se paragonato alla stanchezza che prova in questo momento e il cuore palpita, batte forte come mai prima d'ora, così forte da distruggergli il petto. Ansima di forza, il respiro esce forte dalla bocca, dal naso; l'aria viene buttata fuori con prepotenza, con forza e vigore mentre cerca di impedire ad altre lacrime di scendere sul proprio viso. Non piange mai, mai ha osato piangere davanti a qualcuno ma con Kaori è riuscito a farlo per ben due volte, la prima al cimitero e la seconda ora, adesso; si trova sull'orlo di una crisi per le di lei parole, sa che ha ragione, ha tremendamente ragione e la decisione di lasciarla, di abbandonarla è la cosa che più lo fa soffrire perchè è la decisione migliore per le vite di entrambi. E' tempo per lui di tornare a Kiri, di tornare a casa sua, nel suo luogo di nascita come avrebbe dovuto fare tempo fa ma l'amore lo ha trattenuto, la volontà di amare lo ha trattenuto in questo luogo per provare a rifarsi una vita. Tutto sbagliato, tutto quanto sbagliato e ora soffre, non per se quanto per lei, soffre per quello che l'è successo, soffre per quello che l'è accaduto per colpa sua. Non riesce a farsene una ragione, non riesce ad accettarlo e andarsene è l'unica sicurezza che ha, l'unica cosa di cui ha una certezza perchè sa che lei può stare davvero meglio senza il suo continuo invadere ma...non ora. Il pugno impatta violento contro il muro alla propria destra, la parete viene deformata da quel colpo andando a creare un piccolo solco con le fattezze del pugno del Jonin tanta la forza con cui è giunto. Se ne avesse messa di più lo avrebbe sfondato letteralmente, avrebbe potuto distruggerlo in un battito di ciglio eppure è riuscito a controllarsi per quei pochi secondi; secondi che, alla fine, terminano lasciando alla rabbia di prendere il sopravvento. Il sigillo si attiva, il chakra diviene più scuro, più potente, più malvagio, la voce cambia assumendo un tono più demoniaco, il nero si impadronisce del corpo creando tutte quelle scaglie che caratterizzando il potere maledetto di Orochimaru, di Sasuke e ora il suo. Vuole la morte di quella organizzazione, vuole ucciderli tutti, dal primo all'ultimo, vuole spargere il loro sangue per tutta l'alleanza e vuole la testa di Mekura su un piatto d'argento. Desidera ardentemente averla tra le mani in questo momento, avere la sua testa a distruggerla, spaccarla, porre fine alla di lei esistenza per il crimine che ha commesso, il crimine che ha quasi portato Kaori alla morte. L'ha lasciata sola, l'ha lasciata senza speranza e non può perdonarglielo, non può farlo, ne ora ne mai. Digrigna i denti mentre gli occhi divengono rossi, l'ocra scompare letteralmente lasciando che il rossore la faccia da padrone fino al sentire qualcosa afferrargli il braccio. Uno strano a intenso calore gli giunge, quel tocco, quella mano va a essere posta sul proprio braccio, una mano dolce, piccola. Non oppone resistenza, lascia passare la ragazza, lascia che si piazzi davanti a se; le di lei mano vanno ad appoggiarsi sul petto, la guarda, la guarda negli occhi per la prima volta sentendo quelle suppliche venire fuori. Non è la stessa con cui ha parlato prima, non è la stessa che lo ha colpevolizzato e le sue idee si fanno sempre più fondate, sempre più concise. Abbassa le palpebre nel sentire quella serie di ti prego e per favore, nel sentire quanto le sue suppliche siano laceranti per il di lui animo. Piano piano il sigillo si ritira, il nero scompare e gli occhi tornano come quelli di un tempo e poi quel suo dire. Rotta? No, non lo è. La testa comincia a muoversi, nega ciò che viene detto dalla ragazza, rinnega le sue parole mentre le braccia si muovono, si alzano verso di lei, le mani aperte a provare ad afferrarle il viso poggiandosi sulle guance. La fissa negli occhi, lucidi con le lacrime pronte e uscire nuovamente<Tu non sei rotta, tu sei la donna che amo e che voglio amare>vuole amarla, vuole davvero amarla. Basta quella sola parola, quell'unica parola per fargli cambiare idea; non vuole andare via, non ce la fa. Vuole restare al suo fianco, vuole continuare a vivere la propria vita con lei. Niente può tornare come prima lo sa lui e lo sa lei ma lasciarla...no, non ci riesce, l'ama troppo per farlo, l'ama troppo per poterla abbandonare<Ti amo Kaori, ti amo più della mia stessa vita>avvicina il viso al suo, poggia le labbra su quelle di lei andando a baciarla, un bacio d'unione, un bacio per unirli nuovamente. Continua, non si stacca, continua a baciarla avvicinandola a se mentre le lacrime scendono dai di lui occhi; ha quasi fatto l'errore più grande della sua vita, un'errore che avrebbe pagato anche dopo la vita. [END]

21:52 Kaori:
 Le lacrime non si fermano, non s'arrestano. Non riesce a bloccarle, non riesce a trattenerle. Credeva d'aver espulso tutto pochi giorni prima, al suo risveglio in quella stanza dopo la fuga dai laboratori. Pensava che quell'infinito pianto l'avesse liberata di ogni lacrima posseduta, ma a quanto pare sbagliava. A quanto pare era solo la superficie, solo un grattare superiore di un canale ben più profondo. Basta così poco, così poco per rompere quegli argini che la tengono tutta unita, tutta insieme. Basta un soffio, un respiro per permettere al dolore di venire fuori in ondate violente. E' più facile controllarlo quando si mescola e fonde alla rabbia, all'odio. Riesce a rimanere lucida, circa, quando il suo dolore può essere diluito con la furia. Ma qui... qui, in questo caso, si tratta semplicemente si sofferenza allo stato brado, quel dolore lacerante che ti toglie il respiro, che ti ferma il cuore e ti svuota di ogni cosa. E così lei si sente in questi attimi, pregando e supplicando Raido di non lasciarla, di non andare via. Si sente travolta da troppe sensazioni, da troppa paura. La paura di perdere la seconda persona che abbia più amato in tutta la sua vita, la paura di non essere più la donna ch'egli amato per via di quell'esperienza che l'ha cambiata nel profondo. E se in momenti come quello non si nota il cambiamento nelle sue lacrime salate, basta aspettare solo qualche attimo prima di riscoprire nei suoi sguardi seri l'assenza di quel lucore dolciastro che l'ha sempre contraddistinta. Non più sognatrice e ottimista, non più leggera e candida come una bambina. Manca quella genuinità che la rendeva agli occhi altrui troppo debole. Adesso i suoi sguardi sono distanti, lontani, come se guardassero ogni cosa dietro una vetrata trasparente. Come se i suoi lineamenti fossero tirati, costretti a semplici espressioni di circostanza, a sorrisi vuoti fatti solo per cortesia. Un cambiamento importante, profondo, che teme davvero possa portarlo lontano da lei. E sì, sa che non è vero, sa che da un'esperienza come questa non si può tornare indietro, ma lo dice comunque, ci prova, direbbe qualsiasi cosa adesso per cercare di tenere l'altro stretto a sé. Farebbe qualunque cosa per non rimanere sola, non ancora. Non così. E Raido la guarda, l'osserva, l'ascolta e lascia che la rabbia sfumi in puro dolore. Soffre nel vederla in queste condizioni, ritorna a controllare il suo potere sopito e va a cingerle il viso con le mani, con le dita, osservandola con la dolcezza d'un amante preoccupato. Le sue parole portano la chuunin ad arrendersi a singhiozzi incontrollati, ripetuti, che le soffocano la voce, che inondano il suo viso di lacrime calde. Tira su col naso, annaspa cercando di respirare, mentre l'osserva sentendosi disperatamente bisognosa di lui, di un'ancora alla quale aggrapparsi. Vorrebbe abbracciarlo, vorrebbe stringerlo, stendersi con lui e non lasciare più la presa sul suo corpo. Vorrebbe rifugiarsi sotto le sue braccia, contro il suo petto, senza mai doversene separare. Vorrebbe baciarlo, vorrebbe dormire col viso premuto sul suo busto. E vorrebbe voler far l'amore con lui. Vorrebbe desiderarlo, vorrebbe sentirne il bisogno come un tempo. Ma il solo pensiero la fa tremare, l'agita e la spaventa. Troppo sporca, troppo scossa per concedersi un simile gesto dopo quanto successo. Avrebbe voluto ancora toccarla se solo avesse saputo...? Avrebbe voluto ancora sposarla se avesse saputo cosa le è stato fatto? Non lo sa, crede di sì, ma non lo dà per certo. Non vuole scoprirlo, ha paura. Vuole allontanare quel pensiero fin quando potrà. <Ti... T-ti..> i singhiozzi le rendono difficile parlare, ma ci prova, deve riuscirci, deve dirgli quel che prova e quel che sente. Deve ricordargli che lo ama, che nonostante tutto avrebbe sempre avuto bisogno di averlo al suo fianco. <Ti amo... Ti amo... non... non andare...> ripete tremante, ancora incapace di lasciar andare quel discorso. Spaventata, impaurita. Teme che al suo risveglio sarebbe svanito. Teme che se solo avesse chiuso gli occhi sarebbe scomparso per sempre, come un alito di nebbia che al sorgere del sole se ne va. Accoglie quel bacio ricambiandolo tremante, dolcemente, col cuore che batte a mille nel suo petto risuonando nelle tempie. Fitte fastidiose, dolorose che le fanno pulsare la testa intera. Un dolore però che sopporterebbe cento volte più intenso rispetto alla paura di perdere Raido dalla sua vita. Andrebbe ad abbandonarsi contro il suo petto, a ricercarne un abbraccio continuando quel bacio fino a quando l'altro avesse voluto, incapace di scioglierlo, incapace di scostarsi, di allontanarsi da lui. [END]

E' iniziata come una free per curare l'ustione da congelamento a Raido ed è finita in una free ricca di feels e dolore in cui i due hanno un confronto sulle vicende del famoso rapimento di Kaori.

Bella. Bella. Bella.