La speranza divampa

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La prigionia continua per la giovane Kaori, una prigionia che si rivela più bella di quanto non sia, una prigionia con un letto comodo, 2 pasti al giorno, il caldo. Tutte le comodità possibili e immaginabili eppure la sua tristezza è sovrana, non riesce a gioire o a trovare un modo per sorridere, specialmente dopo gli ultimi avvenimenti. Sono passate oramai più di due settimane dalla di lei scomparsa, due settimane in cui è rinchiusa in quel luogo e ancora non le hanno fatto niente, nessuno è venuto a prenderla, a farle esperimenti, nessuno l'ha ancora toccata con un dito e Akane non è più tornata a trovarla dopo quella volta. La stanza è come al solito, letto a baldacchino con coperte rosse, camino con mensola e foto, comodino, porta nascosta, porta in ferro che chiude la stanza, fuoco acceso. Vicino alla porta nascosta è ancora visibile una lieve chiazza di sangue, il sangue di Naru, l'uomo che ha sempre combattuto per la figlia, che ha cercato di proteggerla nonostante fosse sotto il controllo mentale del nemico. Un uomo che ha sempre temuto per il clan, un'eroe dello stesso villaggio ma guardiamo meglio la situazione ora, sia dentro che fuori. Raido sta dormendo nel letto in preda agli incubi a Konoha e a Kaori accade lo stesso. Si trova sotto le sue coperte soffici, avvolta nel calore del sonno più profondo per via della stanchezza accumulata e cosa sta sognando la nostra bella addormentata? Per ora il nulla più totale, è sola in un limbo buio, in preda alla solitudine, non ha nessuno a fianco ed è forse questo l'incubo e la paura più grande della ragazza, rimanere sola, avere tutti gli affetti morti per colpa sua. Sua e di nessun altro. Un senso di colpa che la logora e il nulla deriva proprio da questo, non ha più niente da perdere. [Ambient]

10:56 Kaori:
 I giorni si sono susseguiti tutti uguali durante la sua prigionia, soprattutto da dopo la morte di suo padre. Sola nella sua cella con indosso quell'abito scarlatto che le è stato donato da Cappuccio Rosso in persona. Sola con i suoi pensieri, con i propri sentimenti, col ricordo di suo padre a scuoterla durante la notte, a tormentarla durante la veglia. Passa le sue giornate in attesa del concretizzarsi del suo destino, del suo futuro, seduta su di un lato del proprio letto ad osservare la chiazza di sangue cremisi e rinsecchiata dovuta allo sgozzamento di suo padre. La osserva con occhi vuoti, vacui, come a voler imprimere per sempre nella sua memoria quel momento o forse come per accettare quel che è successo. Ancora, ad oggi, non riesce a metabolizzare l'accaduto. Non riesce ancora a credere che lui non ci sia più, che non l'avrebbe mai più rivisto. E' come se quanto accaduto quel giorno fosse successo ad un'altra persona. Cerca di convincersi che sia successo a lei, che sia successo per davvero, ma non ce la fa. Lo rifiuta, lo nega con tutta se stessa, attendendo che qualcuno entri a distanza di ore in quella camera per portarle i suoi pasti. Col passare dei giorni dal fattaccio ha iniziato ad abituarsi all'idea di mangiare. La nausea si è attenuata, il desiderio di lasciarsi morire giace sottopelle in attesa di potersi liberare. Tiene duro, per ora non può farlo. Finché continuerà a comportarsi bene sua madre potrà vivere e questo è tutto ciò che conta per ora. Le sue giornate si susseguono così monotone, ordinarie, in una stessa noiosa routine che prima o poi la porterà alla pazzia. Non parla, non cammina, non si muove. Permane seduta sul letto osservando quel sangue ormai secco fino a quando non decide di distendersi e dormire. Non si toglie quell'abito se non per lavarsi appena alzata dal letto, i porta kunai e shuriken vengono ogni volta risistemati alle cosce, sotto il vestito, il coprifronte è poggiato sul comodino con non curanza. Non lo guarda più, non lo indossa, non lo sfiora. Non rappresenta molto per lei, adesso. E' semplicemente un dono che ha ricevuto un giorno da una persona sparita nel nulla. E' un ricordo in memoria di Azrael, nulla di più. Distesa nel suo letto, adesso, dorme un sonno tormentato. Giace sotto le calde coperte scarlatte del suo letto a baldacchino e si ritrova immersa nell'oblio più nero. Sola, persa nel nulla, galleggia in un infinito sempre uguale, privo di colori, luci o finestre. Immersa nel buio più fitto si sente come se fosse sola nell'intero universo. Potrebbe gridare, sì. Ma la sua voce non raggiungerebbe nessuno. Perchè sforzarsi? Perchè combattere? L'unica cosa che le è ancora concessa fare è attendere. Attendere che il suo destino si compia. Non può ribellarsi, non ne ha il potere: se solo ci provasse non sarebbe lei a pagarne le conseguenze. Non sarebbe lei a morirne. Sarebbero altri, tutti coloro i quali le sono più cari. E non può permetterlo. Non può lasciare che la tragedia si ripeta. Perciò si limita, si trattiene, incatenando le proprie mani e imprigionando la propria furia dietro una maschera di roccia e pietra. E fa male. Fa male al più profondo io ancora vivo dentro di sé, sepolto sotto cumuli e cumuli di dolore e stanchezza. Sotto quella facciata di vuoto e rassegnazione, ribolle in lei una rabbia atavica, logorante, che attende solamente di essere liberata.

Il sonno procede lineare nella testa di Kaori, il limbo continua imperterrito nella mente della ragazza, non accenna a diminuire o a cessare, continua nella sua solitudine infinita ma non sa che il peggio deve ancora arrivare, deve ancora presentarsi al massimo delle sue possibilità. La mente umana tende a colpevolizzare, a rendere più concrete le cose che danno peso alla nostra vita. Teoricamente non è colpa di Kaori se il padre è morto ma la mente elabora così gli avvenimenti e rende il tutto più grave di quello che non sarebbe in verità. L'oscurità rappresenta la solitudine, rappresenta la morte, rappresenta la paura più nascosta che il nostro corpo può veramente provare eppure c'è veramente di peggio e ora sta per sperimentare la crudeltà dell'essere umano in tutta la sua magnificenza, una crudeltà derivante da se stessa. Piccolo appunto prima di continuare, i vestiti, ogni giorno vengono portati vestiti nuovi per tenerla pulita e in piena forma, sempre al meglio in modo che anche l'odore della ragazza sia piacevole come non mai. Tornando alla ragazza, la giovane vaga per il limbo in silenzio, grida silenziose si espandono cercando di sconvolgere la mente, di aiutarla a uscirne ma tutto viene reso vano perchè ben presto quel limbo assume colore, visioni cominciano a mostrarsi. Davanti a se una strada di pietra si forma, un unica strada, diretta e diritta segna la strada da percorrere e possibili tentativi di modificare la rotta vengono resi nulli. Ai lati si vanno a creare, appunto, visioni di un colorito violaceo, le prime due sono ai lati della ragazza, una a destra e una a sinistra con la faccia del padre a guardarla. Non ha il byakugan attivo ma è il semplice viso che scruta la figlia, la osserva nei movimenti, osserva il suo incedere e, inizialmente, non parla, resta muto fino a che un'altra visione compare proprio davanti ai tuoi occhi circondandoti letteralmente<Mi hai lasciato morire, mi hai ucciso>la voce rimbomba per tutto il limbo, nelle orecchie, nella mente, in tutto ciò che la circonda<Sei un'assassina, mi hai tradito>continua a parlare, a dire, a rendere concrete le peggiori paura di Kaori. [Ambient]

14:09 Kaori:
 Sola. Ancora. Di nuovo. Per davvero. Mai prima di questo momento si è sentita così perduta, così distante da chiunque. Se fino a poco prima di venir rapita si fosse sentita privata di una buona fetta di persone di cui potersi fidare, adesso sente di non avere nessuna di queste nella quale poter riporre fiducia cieca. Non ha più una casa a cui tornare, un genitore da cui potersi far proteggere. Suo padre è morto e sua madre potrebbe seguirlo molto presto a seconda delle sue stesse decisioni ed azioni nel corso della sua prigionia. Gli Hyuga sono stupidi, deboli, vanitosi. Incuranti della sicurezza stessa dei suoi membri, hanno a cuore solamente le apparenze, il buon nome della famiglia che non può essere in alcun modo infangato. E poco importa che persone su persone spariscano o vengano uccise, non è consentito richiedere aiuto, non è permesso mostrare le loro debolezza. Gli Hyuga sono i nobili della Foglia e sono al di sopra di tutti. E per gridare questo ai quattro venti son disposti a far celare cumuli e cumuli di fango e merda su se stessi. Dall'interno. Bella roba. Persino Mekura... persino Hiashi. Neppure loro le sono stati accanto. Neppure loro hanno osato proteggerla. Mekura non è stata ai patti, non le è stata intorno e non ha tenuto la trasmittente all'orecchio. Se l'ha fatto non le ha dato un minimo di speranza, di sollievo facendole quanto meno capire ch'era in ascolto. Kaori le ha detto dove si trovasse, dove fosse, ma nonostante avesse trattenuto quel mostro per minuti e minuti interi nessuno è comparso all'orizzonte per salvarla. Raido è sparito. Andato chissà dove per fare chissà dove invece di proteggerla come aveva giurato. Non era stato lì, non l'era stato accanto. Adesso è salvo, da qualche parte, ma a che prezzo? Sola. Infinitamente, profondamente sola. Ogni secondo che passa imprigionata in questo limbo senza fine è un concretizzarsi sempre più profondo di questa certezza. E' una trivella che scava e scava e scava sempre più a fondo fino a non lasciar nulla di lei se non quest'unica verità alla quale aggrapparsi. Non piange, non riesce più a farlo. I suoi occhi sono aridi come forse lo è la sua stessa anima a detta di Shuu. Rimane in attesa, galleggiando nel nulla, sentendosi lacerare e squarciare dall'interno dal nulla che la sta lentamente divorando, fino a quando qualcosa non varia. Aggrotta appena le sopracciglia, l'espressione si fa leggermente meno vacua mentre il buio si ritira lasciando spazio ad un paesaggio nuovo, mai visto prima. Si ritrova improvvisamente su di una lunga strada di pietra che prosegue dritta per quella che pare l'eternità. Non ne vede la fine, tutto ciò che vede è pietra che si sussegue dinnanzi a sé senza mai svoltare, senza mai incrociare altre strade. Un'unica strada da seguire. Che si tratti del percorso prestabilito disegnato per lei? Chissà? Non ha abbastanza forze -o interesse- per porsi ulteriori domande. E' come uno di quei topi di laboratorio che vengono costretti a divincolarsi in un piccolo labirinto per arrivare al loro pezzo di formaggio. E lei, da brava cavia, cammina. Avanza man mano per la strada senza neppure cercare di cambiar direzione, di cambiare percorso. Troppo faticoso ribellarsi a ciò che si ha dinnanzi. Non ha senso per lei continuare a combattere. Avanza con occhi persi ritrovandosi d'un tratto a notare, ai propri lati, delle visioni sospese nel nulla. Il pasto s'arresta, si blocca, quando vede il volto di suo padre fissarla con la sua espressione severa. Per la prima volta in tutta la sua vita è persino felice di sentirsi così scrutare da lui. Rimane ad osservare i lineamenti dell'uomo a lungo, sente il petto far male, gli occhi inumidirsi per la prima volta dopo chissà quanti giorni. Vorrebbe raggiungere quella visione, sfiorarla, ma provando a muoversi nota semplicemente che l'immagine la segue nel suo cammino. Per cui continua ad avanzare, lo sguardo rivolto al viso dell'uomo cercando in quei lineamenti conforto. Eppure lui è arrabbiato, contrariato, glielo si legge chiaramente in volto. Ma non importa. Ha ragione d'esserlo, e lei lo sa. Si sente morire ogni istante per questa consapevolezza. Il pasto s'arresta, d'un tratto, al comparire dinnanzi a sé del viso di suo padre come unico panorama. Il suo volto la circonda, la sovrasta e la sua voce risuona e riecheggia per quel luogo rimbombando all'infinito. E' un tuono che s'abbatte nel suo cuore, nella sua mente. E' una condanna che le cade sul capo, che la spacca a metà. Le lacrime scivolano bollenti dai suoi occhi mentre con espressione contrita e colpevole osserva i lineamenti di suo padre. <Non... volevo...> sussurra lei sentendo le labbra tremare, il viso pervaso di un calore profondo. <Non volevo che succedesse...> mormora Kaori con tono di supplica, mortificato, fissando gli occhi severi e truci dell'uomo. <Mi--...dispiace> singhiozza sentendosi frantumare, pezzo dopo pezzo, dall'interno. <Mi dis--...> il singhiozzo le spezza la frase a metà, la voce si dissipa e rimane solamente la sensazione di sentirsi schiacciare al suolo da un peso troppo grande che le grava sulle spalle.

Non ha più certezze, tutto ciò in cui credeva sta colando a picco, la fede negli Hyuga e nel clan diminuisce minuto dopo minuto fino a dubitare persino di coloro che le sono stati vicino. Mekura con la quale ha avuto da ridire fino a considerarla completamente indispensabile nella sua vita; Hiashi, un piccolo mentore che le ha insegnato i segreti del clan standole vicina e seguendola in ogni allenamento; Raido che ha giurato di proteggerla, di morire per lei ma non è li con lei, non l'ha fatto, non l'ha protetta lasciandola al suo destino. Bugiardi, falsi, tutti quanti, dal primo all'ultimo, nessuno ha mantenuto la parola data, nessuno ha fatto ciò che ha promesso con tanta forza e convinzione. Questo pensiero logora il cuore della ragazza, martella al suo interno come fa un fabbro con le proprie armi, continua imperterrita a colpevolizzarsi per aver dato fiducia ad altri e aver dubitato di chi colpe non aveva. Il viso del padre è la prova certa di questa colpa, le si rivolta contro accusandola di aver messo in atto il suo omicidio, di aver ordito la di lui morte seppur in modo non intenzionale e la sua mente la convince sempre di più di questo, una mente oramai rassegnata all'inevitabile futuro che l'attende. Il volto di Naru scompare davanti a se mentre alla destra compare, sempre avvolta da quel colore viole, il volto di sua madre, candida e solare come sempre. Fissa la figlia con intensità fino ad andare a parlare<Aiuto Kaori, per colpa tua morirò anche io come tuo padre>una frase, una sola frase per far crollare anche quel briciolo di lucidità rimasta nel di lei copro e mente<Hai tradito tuo padre e tradirai anche me>continua con quel dialogo, con la convinzione di perdere tutti quanti, di non riuscire a proteggere nessuno. Alla sinistra, invece, compare il volto di Raido, la guarda arrabbiato, schifato come se avesse visto qualcosa di orribile e inguardabile<Sei debole. Mi vergogno di aver amato una come te. Sei la disgrazia del tuo clan>colpi duri e forti quelli del Jonin che la denigra per non essere riuscita a fare di più, a imporsi sul nemico e per non aver salvato il padre da morte certa. La strada continua all'infinito, non si vede una fine ne un inizio a soltanto i mattoni che la compongono e le due teste che la seguono fino allo sfinimento. [Ambient]

14:50 Kaori:
 Le lacrime sgorgano dolorosamente dai di lei occhi, bruciano, riesce a stento a tenerli aperti, ma non vuole chiuderli, non più, non ora. Se solo lo facesse tutto potrebbe svanire, ogni cosa potrebbe cambiare ancora ed il viso di suo padre non esser più lì con lei. Preferirebbe continuare ad averlo sempre accanto a sé pronto ad accusarla ed odiarla piuttosto che saperlo totalmente svanito dalla sua vita. Morto, nulla più che un corpo in continua decomposizione, in decadimento, pronto a divenir cibo per gli animali, mera polvere. Se solo avesse potuto continuare a vederlo allora avrebbe lasciato che trafiggesse il suo cuore anche per tutta la vita, lacerandola, squartandola con quelle parole più taglienti di una katana. <Pa--pà...> il singhiozzo spezza la parola, le spezza il respiro, il fiato esce fuori frammentato, la voce flebile e pronta a venir coperta dal più sottile suono. <Mi manchi...> il cuore si restringe dolorosamente nella cassa toracica, la mancina va a poggiarsi sul seno stringendo il tessuto dell'abito che la ricopre. <Ti--...> trema, percorsa da brividi dolorosi, freme, piange, ma non si ferma. <Ti voglio bene, papà...> Non ha potuto dirglielo prima che spirasse il suo ultimo respiro, ma almeno, se davvero può ascoltarla, se davvero è lì con lei, per quanto possa odiarla, vuole che lo sappia. Vuole che sappia quanto la sua bambina l'abbia sempre amato, quanto l'avrebbe amato per sempre. Il suo primo ed ultimo eroe. E quando il suo volto sparisce Kaori grida, corre, le mani si distendono verso l'orizzonte come a voler cercare di toccare qualcosa che non è più lì. <NO! NO!> grida disperatamente, con le gambe che tremano ad ogni passo. <PAPA'! TORNA QUI!> la voce è graffiante, raschia contro la gola bruciandola come fuoco. La bambina corre, piange, strepita, ma papà non è lì a porgerle la sua mano. Ed è allora che, alla propria destra, va comparendo, in un alone violaceo, il viso di sua madre. Ancora una volta il passo s'arresta, le iridi perlacee si pongono su quei lineamenti dolci, gentili, che han sempre caratterizzato il volto della donna. Le lacrime scendono silenziose per il viso, le labbra tremano, e la osserva col cuore che fibrilla dolorosamente contro il petto. <Ma...mma> un sussurro incredulo, spaventato, che porta Kaori ad allungare una mano verso il di lei viso. La sua voce la travolge come una valanga, le toglie il respiro soffocandola, agghiacciandola, facendola finire al suolo, crollare con le ginocchia ad impattare sulla pietra. Non avverte nulla, neppure il dolore. Troppo misero per poter competere con il bruciare di quelle parole che lasciano segni invisibili sul suo corpo, nel suo cuore. <No.. no> scuote il capo meccanicamente, fissandola, senza smettere di piangere. I singhiozzi si sono arrestati ma lei continua a tremare e vibrare di puro terrore. Una bambola inceppata. <Sarò brava> promette lei annuendo ora col capo, ad intermittenza, lentamente, battendo le palpebre con fare incerto. <Sarò brava e non ti toccherà...> glielo ha garantito. Glielo ha promesso. Non può averle mentito... ha bisogno di averla viva per i suoi scopi, non avrebbe distrutto le uniche sue fonti di vita. <Non glielo permetterò, mamma, te lo prometto!> grida Kaori sentendosi pungere da mille aghi incandescenti, il pianto a tornare più prepotente di prima in nuove soverchianti ondate. <Ti proteggerò... io ti--...> Ma non ce la fa, non riesce a parlare mentre si incurva con la schiena verso il basso battendo i pugni al suolo, soffocando un grido fra i denti liberando un semplice ringhio sordo, animale, che la sconquassa da capo a piedi. E poi una nuova voce la blocca, la congela sul posto. Rialza lentamente il capo, paralizzata, volgendo lentamente il viso alla sua sinistra. Il viso dell'Oboro la osserva con fare schifato e deluso, la guarda come fosse un insetto che beffardo gli sale lungo il kimono per insozzarlo. <Ra--i...do..> il sussurro esce involontario dalle sue labbra, meccanico, mentre scruta per la prima volta quell'espressione indignata sul suo viso. La sua voce è veleno, è morte stessa che le striscia per le vene, che la blocca. Kaori l'osserva a labbra schiuse, con lo sguardo perso per minuti interi. Non dice una parola, non si muove, non fiata. Par quasi morta ed a stento il petto si solleva per lasciarla respirare. Immobile come una perfetta bambola di porcellana, sfinita da tutti quei colpi. Ma non reagisce, non può. Li accoglie uno dopo l'altro, arrendevole, ben sapendo di meritarli tutti. Sa che è la verità, sa che le stanno solamente dicendo il vero e non può replicare. Non può negare. Può solamente incassare in silenzio e accettare. Debole. Sì. Lo ha sempre saputo, lo ha sempre sostenuto... e proprio ora che iniziava a credere che qualcosa fosse cambiata, che forse avesse sbagliato a crederlo, ecco che la verità le ricade addosso più prepotentemente e dolorosamente di prima. Persino Raido, ormai se n'è convinto. Persino lui -che ha sempre sostenuto il contrario- alla fine s'è arreso alla verità dei fatti. <Lo so> mormora lei con voce atona, bassa, cupa. <Lo so> conferma quelle sue parole mentre l'ultima lacrima discende nel nulla fino a toccar il suolo. A spalle ricurve, con il viso congestionato da un'espressione assente, Kaori si rialza lentamente come una marionetta della quale vengono tirati i fili. Si rialza in piedi e continua a camminare. Passo dopo passo, senza guardare avanti o indietro o ai suoi lati. Avanza come per inerzia guidata dal solo ultimo strascico di volontà che le rimane, da quella vocina ormai sempre più debole che le ripete di non fermarsi, di andare avanti. Di non arrendersi.

Incassa in silenzio i colpi che il cuore le da, che la mente le crea, si arrende a ciò che è, a ciò che ha fatto. Si arrende alla convinzione di essere debole e inetta, di non essere all'altezza del nome che porta, di essere il più grande fallimento o la più grande delusione della sua famiglia. Insegue la visione del padre, disposta a tutto pur di averlo nuovamente al suo fianco, disposta a fare qualsiasi cosa, persino a sorbire il suo odio e le sue angherie, persino a sentirsi dare la colpa della sua morte. Farsi fare di tutto ma riaverlo nuovamente li, vicino a lei, vivo e vegeto in modo da poterlo vedere nuovamente ogni giorno, da poterlo abbracciare, dirgli che gli vuole bene in ogni minuto senza doverlo gridare a un fantasma, all'ombra di un fantasma perchè queste sono solo visioni e nient'altro. Vede il volto del suo caro che si allontana facendo posto a quello della madre e di Raido, il disprezzo di quest'ultimo misto alla paura della donna, paura di morire per colpa della figlia, paura di fare la fine del marito. Ma Kaori è brava, promette di fare la brava inginocchiandosi, piangendo come non mai, promette di essere collaborativa e di fare ciò che vogliono, promette di proteggerla nonostante sia consapevole di non poterlo fare sul serio. Non è vicina alla mamma, non sa se le parole del cappuccio rosso siano vere o meno e, per quanto ne sa, può essere tutto una menzogna, ogni cosa e la madre è già morta, sepolta con il corpo a fare compagnia ai vermi del terreno konohano. Quanti dubbi affollano la mente della Hyuga e il fare di Raido non fa altro che aumentare la sua arrendevolezza. E' debole, la più debole di tutte e nessuno può aiutarla, nessuno vuole aiutarla veramente, tutti si sono arresi all'evidenza che una inutilità del genere deve sparire e non merita il sacrificio di nessuno. La mente gioca scherzi, gioca bruttissimi scherzi e il senso di colpa non fa che aumentare ma...come tutti i periodi di oscurità, bisogna ricordarsi che esiste sempre un po' di luce, esiste sempre il modo di uscire, va solo trovato e colto il prima possibile. Cammina in avanti, per inerzia con la testa bassa fino a quando, dinanzi a se, una luce dorata non va a formarsi, una luce che illumina tutto il luogo, una luce abbagliante che rende il suo incedere sempre più difficile<E così hai deciso di arrenderti, hai deciso di smettere di combattere>una voce va a parlare, una voce severa ma pregna di amore e non di cattiveria, una voce che esprime l'amore per la ragazza, la voce di suo padre. Davanti a se, avvolto in un'alone dorato, si materializza la figura di Naru Hyuga. [Ambient]

15:26 Kaori:
 Il paesaggio è sempre quello, sempre uguale. La strada di pietra si allunga sotto i suoi passi senza mai mutare, senza mai finire. Prosegue per quel cammino accompagnata dai demoni della sua mente, della sua memoria. I suoi affetti più grandi che le scaricano addosso il loro disgusto, il loro schifo, la loro paura. E non è, forse, quel che ha sempre pensato, in realtà? Non sono forse i suoi timori maggiori che trovano ora forma e voce? Perchè mai Raido avrebbe dovuto amare una come lei? Una ragazzina, una debole, una genin che lo aveva semplicemente incrociato per caso una notte di luna piena. Perchè avrebbe dovuto credere nella sua forza quando lei per prima non era in grado di vederla? Era ovvio che, prima o poi, anche lui avrebbe visto la verità. Avrebbe smesso di cercare di vedere in lei l'immagine della donna che lui desiderava trovare. E ora si ritrova a fare i conti con la delusione, con il disgusto verso quella creatura fragile e inutile che ha sopportato fino a quel momento. La disperazione avanza di pari passo con la rabbia che ribolle nel fondo del suo stomaco, nascosta e sepolta sotto cumuli di stanchezza. Ringhia nel profondo, scortica le pareti del suo corpo cercando di farsi strada, trovando spazio solo raramente in piccoli gesti istintivi. Il battere di pugni contro un muro, il soffocare un urlo nel cuscino, lo sbattere una bottiglia con troppa forza contro il vassoio. Piccoli, rapidi scatti di rabbia che riescono ad emergere sotto quell'ammasso di arrendevolezza. Avanza stancamente, senza alcuna convinzione, per quel cammino monotono ed infinito, fino a quando qualcosa non cattura il suo sguardo. Il buio di quel tunnel va diradandosi a poco a poco, ad ogni passo, mentre una luce dorata si fa spazio fra le tenebre per colpire il di lei viso. Come richiamata da qualcosa, come mossa meccanicamente da una curiosità istintiva ed involontaria, Kaori rialza il capo per cercare di capire da dove provenga questa luce. E' forte, sempre più forte ad ogni passo ed alla fine abbraccia ogni cosa portandola ad arrestare il passo e chiudere le palpebre, le braccia a salire ed incrociarsi dinnanzi al viso per fornire protezione da quel bagliore abbacinante. Si ferma cercando di vedere qualcosa oltre la protezione offerta dalle sue mani e si ritrova a schiudere le labbra quando la figura di suo padre compare nuovamente dinnanzi a sé. Non più solo il viso, non più violacea e oscura, ma assoluta. Lui, illuminato di un bagliore quasi divino, si staglia dinnanzi a sé in tutta la sua altezza, in tutta la sua figura, rivolgendole parole severe, ferme, ma prive di quella cattiveria e di quell'accusa che aveva sentito solo poco prima. Kaori trema ancora, sente il viso pizzicare all'altezza del naso, degli occhi, mentre osserva la di lui sagoma con fare stanco, sfinito. <A che serve, combattere, papà?> domanda alla fine spossata, esausta, lasciando scivolare braccia e spalle verso il basso, l'espressione spezzata di chi vorrebbe solamente fermarsi e dormire, far smettere ogni cosa. <E' troppo forte. Ha già vinto> capitola lei soffiando via quelle parole con rimorso, con colpa, lasciando scivolare via dalle sue labbra la voce intrisa di una stanchezza profonda. <Ci ho provato... ho provato a reagire. Ho provato a combattere... a capire, a strapparle informazioni...> Ci ha provato davvero. Aveva persino deciso di lasciarsi catturare senza combattere per ottenere delle informazioni da passare ai suoi compagni, ma non è servito a nulla. <Ma non è servito a niente. Non c'è nessuno, qui...> constata lei con una fitta dolorosa al petto, sentendo le lacrime tornare a pizzicarle gli occhi, bruciando. <E l'ultima volta che ho provato a sfidarla... a combatterla... tu--tu sei...> Non riesce a dirlo, non può dirlo, non vuole. Non è vero. Lo guarda affranta, spezzata, con il viso rigato di lacrime salate e brucianti. Sente le orecchie bruciare, andare a fuoco mentre il battito del suo cuore rimbomba impazzito nelle tempie, in gola, risuonando contro il petto fin quasi a sfondarlo. <Se non l'ascolto... la mamma... lei...> vuole provare a spiegare, a fargli capire, ma non ce la fa. Fa troppo male. Brucia. Le fitte vanno smorzandole il respiro, bloccandole la voce, chiudendole la gola. <Non so cosa fare, papà...> capitola alla fine stringendo i pugni lungo i fianchi, gli occhi, i denti. Le lacrime si susseguono impetuose, il respiro è corto, rapido e il suo corpo trema incontrollato. Non può combatterla, non può sconfiggerla. Non può salvare nessuno. E'. Troppo. Debole.

La luce infondo al tunnel, quel bagliore rappresenta la speranza nascosta all'interno di ognuno di noi, la speranza che tutti noi conserviamo gelosamente nell'angolo più profondo e recondito del nostro cuore, una speranza talmente da potente da essere tenuta nascosta per impedire che altri la vedano. Non importa ciò che accade, non importa ciò che accade, non importa cosa può succedere durante l'intero arco della vita, non importa cosa viene detto, la speranza c'è, bisogna solo saper guardare e ascoltare nel momento giusto. Il viaggio di Kaori non è giunto alla fine, quella prigione è la sua fine solo se lei lo vuole, solo se lei è la prima ad accettare tutto questo ma ascoltare il verso della speranza, vedere e abbracciare la luce che si spiega davanti a noi è il modo per fuggire dall'oscurità, per continuare a vivere e combattere giorno dopo giorno. Il padre è li, davanti a lei, in tutta la sua forza e potenza, in tutto il suo essere perchè lo spirito è con lei in ogni momento anche se il corpo è scomparso completamente; l'anima di chi ci vuole bene, non ci abbandona mai ed è questa la lezione che Kaori deve apprendere in tutta questa storia. La mente gioca brutti scherzi, i sensi di colpa distruggono letteralmente una persona ma, inconsapevolmente, sono essi stessi che insegnano a reagire insieme alle anime di chi ci ha sempre protetti. La disperazione e l'arrendevolezza di Kaori sono palpabile, riesce a sentirli nella sua mano con il solo parlare della figlia e la fissa, continua a fissarla con quell'aria di superiorità ma negli occhi, in quegli occhi perlacei si legge l'amore che prova per la sua bambina, l'amore per quella figlia che ha cresciuto e che ha protetto fino alla fine<Non ha ancora vinto, non ti ha ancora presa>il dire del padre comincia a farsi sentire in quel limbo, comincia a farsi vivo. La voce esce calda e determinata, forte e fiera di chi non vuole arrendersi e non vuole vedere arrendersi nessun altro, nemmeno la propria figlia. Le lacrime della ragazza, le parole soffocate le impediscono di fare e dire qualunque cosa, troppo spaventata, troppo presa dalla sua convinzione di debolezza ma non è così che si comporta uno Hyuga, non è così che si comportano i nobili della foglia<Combatti Kaori, continua a lottare>si fa di lato alzando il braccio destro e indicando il fascio di luce davanti a se, quell'alone dorato materializza il fare di Raido in quel preciso istante di tempo. Il Jonin sta continuando a combattere, si sta allenando, sta diventando più forte "Ti salverò Kaori, ti riporterò da me" le parole dell'Oboro arrivano dirette alla chunin, parole determinate di chi non si è arreso ma non finisce qui. L'immagine cambia focalizzandosi su Mekura; la ragazza risiede nell'archivio Hyuga, legge, si informa "Il loro nascondiglio, dov'è" cerca in tutti i libri qualunque cosa possa ricondurla al laboratorio e poi ancora. L'immagine cambia mostrando Hiashi in giro per il paese del fuoco, cerca, indaga disperatamente alla ricerca di indizi per riportare la ragazza a casa e non finisce qui. Juusan viene mostrato, parla agli Hyuga, parla a tutto il clan "Una nostra compagna è stata rapita da un traditore e state pur certi che la pagherà" nemmeno lui si sta arrendendo. Tutti quanti continuano a lottare per lei e per lei soltanto, tutti quanti vogliono trarla in salvo e riportarla a casa dove è giusto che stia. Naru si rimette davanti alla luce dorata venendo nuovamente inondato di quell'aura divina<Tutti loro continuano a combattere per te. Non arrenderti e combatti per loro. Per te stessa. Per tornare a vivere>parole che cercano di ridare fiducia alla ragazza, di ridarle, nuovamente, la speranza. [Ambient]

16:18 Kaori:
 Sì. Sì che l'ha presa. Kaori vorrebbe dirglielo, vorrebbe dirgli che ormai non può uscire da quella stanza, da quella cella. Che ormai è prigioniera, è bloccata fra le di lei grinfie. Non può scapparle, non da viva. Ma la voce non esce fuori, è stanca di replicare, spiegare, accettare la realtà. Come può ancora credere che lei possa sfuggirle? Che possa salvarsi? Non c'è modo, non c'è via... e questa consapevolezza fa sgorgare nuove lacrime, nuovo dolore, mentre l'uomo rimane lì, al suo fianco, ascoltando il suo dolore, la sua voce soffocata e spezzata. Lo sguardo della Hyuga rimane sulla figura dell'uomo, sul suo sguardo amorevole e saggio e si sente pervasa di una sofferenza senza fine. Quanto a lungo potrà ancora averlo accanto? Quando potrà sentire ancora la sua voce? Lo vede lì, dinnanzi a sé, eppure nel profondo sa che non è davvero lì. Che non sarà mai più davanti a lei pronta a guidarla. Potrà solamente vivere nei suoi ricordi e questo non le basta, no. Avrebbe voluto ancora altro tempo con lui, solo un altro po'. Avrebbe voluto che la scortasse all'altare, che le insegnasse nuove tecniche, che la vedesse conquistare nuovi traguardi. Magari, persino, salutare un nipotino, un giorno. Quanti momenti sono stati loro tolti, strappati via? Quanti giorni, quanti mesi, quanti anni? Non ha potuto assistere alla sua vecchiaia, lui non avrebbe più assistito al suo esser donna. Lo contempla in silenzio fino a quando la di lui voce non va a carezzarle il viso con amore, con convinzione, portandolo a farsi da parte per mostrarle ciò che in questo istante sta accadendo in ben altri luoghi. Le iridi perlacee di Kaori si spostano sull'immagine di Raido. Si sta allenando, si sta rafforzando, suda, ma non si ferma. Pare stremato eppure non vacilla. Il suo sguardo rimane fermo, deciso, sicuro e la sua voce è fuoco che le brucia nelle vene, facendole scivolare ben altre lacrime dagli occhi. Come un abbraccio che la stringe quelle parole trovano spazio dentro lei facendosi largo fra dubbi, paure e stanchezza. La sua figura svanisce e muta in quella di Mekura. Siede negli archivi del clan, legge, studia, cerca. Concentrata controlla ogni riga, ogni documento, rinchiusa lì forse da ore intere. E il suo impegno si unisce alla voce di Raido andando a scivolare nella sua anima, si fa spazio a sua volta in quell'oscurità che l'ha riempita così a fondo cingendola a sua volta in una calda stretta. L'immagine muta ancora e questa volta è Hiashi a comparire sotto il suo sguardo. Corre, cerca, osserva qualunque pista o traccia possa condurli a lei. E ancora il tutto cambia e una nuova scena appare per lei. Juusan è in piedi dinnanzi all'intero clan, si staglia su di loro come guida e capo della famiglia andando ad incitare l'intera casata a combattere per lei. Trovarla, salvarla. O vendicarla. Kaori osserva ammutolita ogni immagine, ogni scena, ritrovandosi a sentire il cuore battere impazzito, un calore dolciastro pervaderla con forza fino a ridonarle quella lucidità che in quelle settimane aveva perduto. La maschera di cera cade, si frantuma, e il suo sguardo è nuovamente vigile, nuovamente attento. Vivo. Sente tutto, lei. Il dolore, la stanchezza, la rabbia che adesso trova spazio per riemergere ora che quell'ammasso di spossatezza e arrendevolezza è stato intaccato e crepato dall'immagine dei suoi cari. Ogni sentimento, ogni emozione, torna a galla più forte di prima, travolgendola, soverchiandola, risvegliandola. Kaori grida, urla, si lascia andare ad uno strillo liberatorio che possa privarla di parte di quel peso che le grava sulle spalle, che le blocca i piedi. Si libera di quella rassegnazione, di quell'oscurità che l'aveva avvolta fino a quel momento. Vedere tutte quelle persone lavorare così instancabilmente per lei le ha ridonato forza, speranza, coraggio. Non è sola, non davvero, non per sempre. Prima o poi l'avrebbero trovata, sarebbero giunti alle porte di quel luogo e insieme avrebbero combattuto la minaccia comune. Loro dall'esterno e lei, più attentamente, dall'interno. Torna a guardare ora la figura luminosa di suo padre, torna a porre su di lui il proprio sguardo andando a stringere le labbra. Ode il suo dire, le sue parole e si ritrova semplicemente incapace di star ferma lì. Corre, corre verso di lui cercando di raggiungerlo, cercando di buttarsi contro il padre e di stringerlo in uno stretto abbraccio. Per l'ultima volta, prima di dirgli addio, vuole stringerlo ancora fra le sue braccia come mai ha fatto prima di allora, sapendo che non avrebbe avuto un'altra occasione. Vuole riversare in quel gesto tutta la paura, il dolore e l'amore che prova per suo padre. La sofferenza per la perdita, la paura di perdere anche sua madre, la colpa per aver in qualche modo contribuito alla sua fine. Nonostante la speranza, nonostante la luce, certe convinzioni non svaniranno mai davvero da lei. Certi pensieri, certi dolori, mettono radici fin troppo profonde nell'animo umano. Vorrebbe stringerlo a sé come se non volesse più lasciarlo andare, poggiando il capo sulla sua spalla, piangendo contro il suo petto come una bambina che ricerca la protezione del proprio padre. <Ma tu non ci sarai più...> la voce è strozzata, il dolore ancora ben vivo dentro di lei. <Anche se dovessimo vincere, anche se dovessimo batterla... tu...> Il solo pensiero le è ancora intollerabile, insopportabile. La uccide lentamente. <Non sarai più con me...> quella consapevolezza è lacerante, è struggente e la fa tremare da capo a piedi. <Come posso vivere sapendo di averti fatto questo? Come posso convivere con me stessa?> Se avesse agito meglio, se non fosse stata così avventata, sfacciata... forse, percorrendo un'altra strada, lui sarebbe ancora vivo ora. <Non so lasciarti andare, papà...> capitola alla fine con dolore, con paura, il viso ormai completamente bagnato di lacrime salate, bollenti. <Non posso dirti ad--...> ci prova, ci prova davvero, ma non ce la fa. Non può. Non potrà farlo mai...

La perdita di qualcuno amato è un evento che distrugge l'anima dall'interno, ti riduce letteralmente a un niente, specialmente se si tratta di qualcuno veramente vicino come un padre. Non può più vederla crescere, sposarsi, diventare grande e lei non può osservare il padre giocare con i nipotini, diventare vecchio ed essere fiero di lei dopo tanto tempo. E' vero, tutto vero ma, alla fine, la speranza torna a vivere nel cuore della chunin, una speranza viva e forte, resa tale dalla visione di tutti i suoi amici, di tutti coloro che l'amano e sono pronti a combattere per lei anche a costo della vita. Nessuno l'ha dimenticata, nessuno la sta lasciano indietro ma si stanno preparando per salvarla, per portarla via da quel luogo intriso di sofferenza, portarla a casa e farla tornare alla vita normale di tutti i giorni. Non possono farlo da soli e finalmente l'ha capito, finalmente ha capito che anche lei deve poter combattere perchè, se è la prima ad arrendersi, tutto quello che gli altri stanno facendo risulta vano e rischiano la vita per niente, per qualcuno che ha già deciso di morire e di abbandonare questo mondo. La forza torna a scorrere nell'animo e nel corpo di Kaori, una forza immensa scatenata da quell'urlo che si espande per tutto il limbo, una forza che ha sempre avuto dentro ma non è mai riuscita a far emergere veramente. Ora è davvero una Hyuga e un piccolo sorriso si forma sul volto di Naru alla visione della figlia cresciuta, della bambina divenuta donna, della studentessa divenuta guerriera. La visione di Naru, alla fine, si rivela ben più solida di quanto ci si sarebbe aspettati. Accoglie tra le proprie braccia la foglia. Kaori può stringere la figura paterna, sentirlo per un ultima volta vicino a se, sentire le sue braccia avvolgerla, toccarle la testa e spingerla contro il petto. Un abbraccio stretto, straziante ma sincero, l'ultimo abbraccio che un padre dona alla figlia prima di lasciarla definitivamente oppure no? Le parole della chunin sono pregne di lacrime e di dolore, arrivano dirette alle orecchie dell'uomo che va a scostare la ragazza, si inginocchia davanti a lei. Il volto è sereno, sorride, gli occhi sono pieni di amore per la ragazza<Io ci sarò sempre>il braccio destro si alza, la mano aperta va ad appoggiarsi sulla parte sinistra del petto, proprio dove è situato il cuore<Qui dentro>nel suo cuore potrà trovare suo padre perchè è quello il posto, non i ricordi bensì ciò che ci viene lasciato ovvero l'amore che Naru ha lasciato per Kaori nonostante tutto. Si alza, si rimette in piedi, il suo tempo è scaduto e piano piano si allontana dalla ragazza<Io veglierò sempre su di te e su tua madre. Veglierò sempre su di voi>piano piano il corpo diventa chiaro, la luce dorata si fa più e forte e...Kaori riapre gli occhi ritrovandosi in quella stanza vuota, distesa nel letto, il sogno è finito. [END][Fare end]

17:05 Kaori:
 E per la prima volta ogni velo cade, ogni barriera. Se Kaori si permette di mostrare al padre tutto il sincero affetto che ha sempre nutrito per lui, allo stesso modo l'uomo lascia cadere quella maschera di seria intransigenza per svestire i suoi panni di maestro ed essere semplicemente il padre della sua bambina. L'accoglie fra le sue braccia, la stringe, culla il suo pianto andando a farle trovare rifugio sul suo petto, sulla sua spalla. Assorbe ogni lacrima, ogni lamento, andando ad accogliere il dolore della sua unica figlia. Kaori piange, piange forte sapendo che ormai il loro tempo è finito. Lo sente nelle vene, nelle ossa che quello sarà il loro ultimo incontro, il loro ultimo saluto. Sente che sta per perderlo, che quell'abbraccio segnerà la fine del loro tempo assieme. E sfoga su di lui la sua paura, il dolore, il bisogno di lui che le toglie la voce, il respiro, le forze. Sarà sempre suo padre e nessuno mai avrebbe preso il suo posto nel suo cuore. Avrebbe sempre tenuto un pensiero per lui, avrebbe continuato ad amarlo in eterno ricordando fino alla fine dei suoi giorni il suo sacrificio. La sua morte avvenuta per proteggere la sua bambina. Avverte la stretta sul suo corpo allentarsi, la figura di suo padre scostarsi e andare ad inginocchiarsi ai suoi piedi mentre le sorride con aria serena. Sembra così in pace a vederlo... eppure Kaori non riesce ad accettare lo stesso la sua mancanza. Non può ancora accettare che non lo avrebbe più visto davvero. Lo guarda con gli occhi colmi di nuove lacrime, i singhiozzi a spezzarle il respiro mentre l'altro parla andando a prometterle che non l'avrebbe mai abbandonata davvero. Sarebbe sempre rimasto nel suo cuore, l'avrebbe protetta da lì, rimanendole al fianco dall'alto. Parole che la confortano e straziano al tempo stesso. Sarà davvero sufficiente, questo, per lei? Oh! Le sembra di aver sprecato così tanto tempo, adesso! Quanti giorni ha trascorso lontana da lui? Quanti giorni passati in giro per il Villaggio invece di poter rimanere a casa a leggere assieme, parlare, allenarsi? Quanto tempo perduto? Cosa non darebbe, ora, per tornare indietro, per concedersi un'altra ora soltanto con lui! Notti passate a credere che la trovasse troppo debole, troppo sciocca, troppo inutile. Giorni passati a chiedersi se davvero l'amasse, se forse non la considerasse solo un fallimento. Quanto si pente, adesso, di tutti quei pensieri! E, più di ogni altra cosa, di averlo davvero creduto capace di tradirla. Di tradire lei ed il Villaggio intero. Si sente morire al sol pensiero della sua stupidità mentre osserva il suo viso sorridente, la sua espressione gentile. Lo vede rialzarsi, e sa che il tempo è giunto. E' finito. <Perdonami papà...> sussurra ora all'improvviso, di fretta, volendo dirgli tutto ciò che può prima che scompaia. <Scusami per non averti creduto, per non aver capito> la voce è frettolosa, il tono urgente, come se stesse cercando di strappare altri secondi al tempo che scorre incessante. <Scusami per averla sfidata, per averla fatta arrabbiare> Chiede perdono, nei loro ultimi istanti, di tutte le colpe che sente di avere sulle spalle, sulla coscienza. <Non ti dimenticherò mai, te lo giuro> continua mentre l'immagine di lui va lentamente allontanandosi da lei. <Sarai sempre qui, sempre con me, te lo prometto!> I suoi passi si succedono uno dopo l'altro, istintivi, senza che lei se ne renda neppure conto. Cerca di inseguirlo, di rincorrerlo, ma lui è sempre più distante, irraggiungibile, sempre più chiaro in quella luce abbagliante. <Ti voglio bene, papà!> gli grida dietro alla fine, disperatamente, sperando che quelle ultime parole possano raggiungerlo anche se ormai la sua figura è svanita, tornando a mescolarsi al bianco abbacinante di quella luce immensa. Desidera che siano quelle le ultime parole che l'altro possa averle sentito dire, così come lei ha potuto udirle da lui prima della sua fine. Vuole che lo sappia... che sappia quanto sia e sempre sarebbe stato importante per lei. La luce va divenendo sempre più intensa, più forte e ben presto Kaori non può più sopportarla. Chiude gli occhi umidi, bagnati di lacrime vive, e si copre il viso con le braccia prima di ritrovarsi ad aprire nuovamente le palpebre. Le ciglia si distaccano fra loro, le iridi vengono scoperte e sotto i suoi occhi ritrova i tratti ormai noti di quella camera isolata. Sbatte le palpebre per qualche istante prima di mettersi a sedere guardandosi attorno. E' di nuovo lì, in quella stanza. Di nuovo piombata nell'incubo. Ma questa volta non è sola. Questa volta non è in attesa del suo destino. Questa volta è sveglia, pronta ad uscire, ad affrontare i suoi demoni. Kaori è tornata, è cambiata, ed è più decisa che mai. [END]

Kaori sogna, ha gli incubi, si trova immersa nell'oscurità ma la luce si presenta a lei in quel tunnel oscuro donandole nuovamente speranza.

Note: Scusa per il diverbio di questa mattina *si mette in ginocchio* scusa, scusa, scusa

Comunque, ambient per portare avanti la situazione di prigionia all'interno del laboratorio. Spero ti sia piaciuto/abbia divertito.