a p o r i a [ Avvicinamento per Evocazioni ]

Quest

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con Kimi, Hana

19:32 Kimi:
  [Rovine] Si è separata da Irou ancora una volta e ancora una volta si è diretta verso le rovine, qualcosa l’ha portata a camminare verso quel luogo nell’unica speranza di poter incontrare Zasso, così diverso da Katsumi e così affascinante, ogni volta che ha il piacere di incontrarlo si ritrova sempre più coinvolta, sempre più interessata come se quella sete di curiosità non potesse finire mai, destinata a ritrovarsi più assetata ad ogni singolo sorso. Il vestiario di spettro oggi è decisamente diverso. Pare aver riacquistato del peso, probabilmente si è ritrovata più spesso in mezzo a della vita civile per via del lavoro, ma non importa, finalmente le ossa tornano a coprirsi, almeno quelle del volto e delle dita, anche perché per il resto non possiamo vedere nulla, sul suo fisico c’è solo un bel vestito bianco e lungo. Ma non è una sposa tranquilli. Indossa un abito accollato e senza maniche, fatto da un bustino bianco con scollo a v e vari strati di veli dello stesso colore a comporre sia il colletto che la gonna vera e propria. Un abito lungo che arriva a lambire i suoi piedi fasciati in un paio di tipici sandali ninja neri, si protegge così dalla sabbia con la fascia profumata viola portata su volto, intorno alla bocca e al naso, non solo per permetterle di sentire quel profumo ad ogni singolo respiro ma soprattutto per proteggersi dai vari granelli che è impossibile tener lontano dalle proprie mucose. Il vento lascia muovere quello straccio che ha addosso, perché sì i veli risultano strappati in più punti e le sue grazie femminili sono nascoste solo grazie ad una cortissima sottogonna in seta anch’essa palesemente strappata e che traspare da quegli strati ormai distrutti, u abito in grado di farla apparire ancor più un fantasma. Gli occhi sono socchiusi per cercare di resistere al solo e alla sabbia, fatica con quelle iridi chiare, la luce la ferisce. I capelli sono disordinatamente raccolti in una coda alta che lascia il suo lungo e magro collo libero di rinfrescarsi. A far da contorno a tutto questo c’è del sangue sulla parte inferiore della gonna, uno schizzo par essere arrivato fino alla sua gambe e proprio sul rigido bustino troviamo una grossa macchia, segno di una ferita a quell’altezza che par essere anche sua eppure lei cammina tranquilla, senza dar segni di cedimenti, che si tratti forse del punto in cui ha mortalmente pugnalato l’avversario? Chissà. Sul vestito spicca la collana in metallo dei cacciatori di taglie, unico simbolo di riconoscimento per quella figura che ora si aggira tra le rovine cercando di guardarsi intorno. Un angelo delle tenebre o semplicemente un fantasma, non importa come appare lei sta cercando qualcosa, anzi qualcuno [chakra on]

Nelle increspature cremisi del cielo, il giorno si consuma su braci ardenti pronte a dar vita a tizzoni vivi per poi spegnersi sotto il suono molle di una serata imbrattata dal candido firmamento. Lei, uno spettacolo che cammina, e nonostante il tramonto impertinente quella sul viso di Kimi è un’alba affilata e agrodolce. Un dettaglio che, dal primo momento, l’ha colpito: lui che nel guardarla si è domandato più volte perché ella stessa indugiasse in malinconie inessenziali. Lui, che nell’effettivo è sempre stato “votato” alla protezione di qualcuno, s’è ritrovato a vegliare da lontano: nell’insonnia ritrovare il suo sguardo, un fracasso nel petto sconquassato a causa di un pensiero in più. Niente giri di parole, niente inviti lenti dallo sbatter d’ali inesorabile di farfalle – il tutto si consuma e si ricrea in pochi secondi, come la radura rigogliosa che paradossalmente or ora si estende dinanzi la vista della ragazza. Un cunicolo verdeggiante, sempre lo stesso, sempre più strano ritrovarselo lì tra le rovine e la sabbia. Non più un molle terreno ad accogliere i suoi passi bensì l’idea di stabilità della terra, delle foglie. Queste, rinsecchite, potranno essere schiacciate dai suoi piedi che da un momento all’altro si ritroveranno a saggiarne la consistenza debole e varcare, almeno mentalmente, la consapevolezza della sua presenza. Da qui un processo più o meno affine e metodico: il suo profumo, come una Madelaine per Proust, si spande per tutto l’etere condensandosi appena ed incrostandosi sul corpo della ragazza, scivolando lì dove quel vestito forse un po’ più stretto del solito ricalca il suo corpo. Odore di sandalo, odore di legno. Odore familiare, un odore che semplicemente abbraccia, lambisce, la cinge in vita. Ma no, non è lui – non ancora, non la sua presenza fisica. Solo una sensazione. Quel morbido nodo violaceo al collo di Kimi, una calamita per farfalle: è proprio qui, in questo luogo, che una moltitudine di ali battono cercando la fonte magnetica – lei, quell’oggetto semplicemente, come fuoco per le falene. E le vedrà tutte sopraggiungere dai più disparati angoli di quel morso di terra, aggirarsi intorno a lei a più riprese, formare un uragano gentile prendendo il suo corpo come occhio del ciclone. E poi, semplicemente, volare verso l’alto in una fiumana di colori sancita dalle loro ali. Percepirà dietro il proprio corpo non solo una presenza, quanto più un petto caldo che si muove all’unisono con lei – inspira, lui, lasciando che il proprio addome sfiori appena la sua schiena. Solo allora, molto lentamente, schiuderà le labbra - < Sai cos’è un’ Aporia?> | [ Ambient per Kimi ]

20:10 Kimi:
  [Rovine] Cammina in quel luogo e prima che possa anche solo rendersene conto si ritrova immersa nella sua presenza, forse è solo la sua mente che le gioca brutti scherzi, forse ha solo respirato troppo e troppo a lungo il profumo ma le pare davvero d’essere lì con lui, le farfalle della zona poi le si avvicinano, un sano e curioso sorriso spunta sotto al viola sul suo volto, stupore nei suoi occhi appena si sente pervadere da loro, si gode davvero quella sensazione, si concentra solamente su di loro. Prima che possano svanire poi si sente cingere, non è più sola. Con degli eleganti battiti d’ali esse svaniscono lasciando l’uomo dietro di lei. Non si volta, abituata a quegli incontri strani, abituata all’alone di mistero che lo circonda lei resta solamente lì immobile a godersi quel respiro all’unisono con il suo. La sua voce la raggiunge colpendola dritta al cuore, non riesce a negare quell’attrazione, per quanto lei ancora si ancora e innamorata di Katsumi non può e forse nemmeno vuole, ignorare ciò che sente nei confronti di quell’uomo. Chiude appena le palpebre lasciando che il suono della voce di lui la conquisti, la attraversi, i piedi andrebbero a muoversi lenti mentre lei tenterebbe solo di voltarsi, senza però allontanarsi salvo poi andare a riaprire le palpebre e puntare gli occhioni azzurri sull’altro o almeno su quello che potrà vedere, se vedrà qualcosa, non si sa mai con lui <no> replica con un sussurro, persa in un mondo diverso, trascinata fuori dalla sua sofferenza, fuori dal suo guscio e dalla sua vita, si permette per qualche istante di dimenticarsi chi è, lascia che sia Spettro a comanda abbandonando Medusa <ma ora vorrei saperlo> continua poco dopo, senza più muoversi se non si considera la mano destra che lenta andrebbe a liberare il suo volto, le sue labbra, da quell’impedimento così da mostrare un’espressione incuriosita, estasiata, persa in quel momento [chakra on]

E non c’è da negare che di lei voglia farne solo una cosa: un marasma di brividi condensati in un unico involucro di carne, ossa e sangue. Qualcosa che possa vibrare, estasiata, al suono della propria voce – un po’ roca, un po’ invecchiata e da “uomo vissuto” benchè non vi siano rughe tangibili né sul volto schermato dalla solita maschera da Anbu - spezzata all’altezza delle labbra – né nei punti più visibili, come le mani, come la gola. Non ha tanti anni e soprattutto non li dimostrerà, sarà questo il fascino dell’esotico: dello scuro, dell’abbronzato, della colorazione di un derma ebano. Inala a sua volta il profumo altrui perdendosi in elucubrazioni mentali che molto spesso tace, che sanno andare aldilà di quanto non dica: generalmente sono sempre poche le parole che elargisce, non è da meno questa volta. La sua capacità, però, è proprio quella di saper dire tutto in quel poco, quasi nel niente. Socchiude le palpebre, assapora quella negazione eppure nel suo modo di fare – calmo e pacato – sembrerà non trovare nemmeno il tempo di donarle una risposta. Impatterà contro un muro bianco di silenzi, le priverà di un responso, si discosterà quel poco giusto per darle l’agio di voltarsi e poter osservare la sua figura: ancora una volta schermato dalla maschera, ancora una volta quei capelli rame sciolti ricadono sulle spalle larghe, levigate dall’addestramento anbu. A fasciargli il busto ben delineato il tessuto morbido di una semplice canotta aderente, viola, adornata da una fascia intarsiata di porta-oggetti ben chiusi. Un paio di pantaloni a metà gamba raggiungono le ginocchia, fasciate come le mani e come i piedi in bende bianche e strette. Dietro di lui, uno sciame di farfalle che sembrano trovare una comunione di sensi non solo con la flora locale ma anche con lo scintillio di qualche lucciola, sul tragitto. < Ti trovo bene.> constaterà, apparentemente cambiando discorso. Uno come lui che non si fa sfuggire il minimo dettaglio c’avrà impiegato poco più di qualche secondo per constatarne qualche chilo in più, qualcosa che sicuramente la fa risultare più “in forma” e meno cagionevole del solito. La mano destra s'isserà, ricercando appena il suo mento con il celato timore di essere avvelenato nuovamente: del resto, provare paura è umano. Ma non è una paura deleteria, quella che potrebbe provare a confronto del suo veleno. Puoi definirlo quasi... masochista, nel modo di cercare il contatto, nel modo che ha - ora - di racchiudere tra pollice e indice il suo mento < Hai imparato ad amare te stessa?> domanda, quasi retorico.

20:42 Kimi:
  [Rovine] Lascia che quelle farfalle facciano da sfondo ad una scena maledettamente perfetta, una di quelle che solo nei film si possono vedere e che per questo suona così falsa, dietro a quel romanticismo c’è solo tanta sofferenza, un cuore straziato che pian piano si sta riparando, grazie soprattutto ad Irou. A quelle parole si limita a rimanere lì con il mento lievemente alzato rivolto verso quella maschera spezzata, alla ricerca delle sue iridi. Si lascia sfiorare e questa volta il timore dell’uomo si rivelerà infondato, non c’è veleno che scorre nel suo chakra, l’innata è momentaneamente sopita, lei che ha notato quanto facile si uccidere per sbaglio quelle farfalle e che per questo oggi ha deciso di controllarsi. Ascolta infine quella domanda, sbatte le palpebre tornando alla brutale realtà <ho imparato che vale la pena amare> replica semplicemente, aggirando quel quesito così ostico per lei, insomma il suo masochismo potrà mai coincidere con quella richiesta? Farsi del male solo per provare piacere può rientrare nella definizione di “amare sé stessi”? Non lo sa e non riesce certo a rispondere così su due piedi, ma ora sa che c’è un motivo per amare, ci sono persone a cui sta affidando i pezzi del suo cuore rimasto e che per questo vuole difendere e poi c’è sempre lui, la grossa ombra di Katsumi, l’amore della sua vita e che forse resterà tale fino alla fine dei suoi giorni, lei un demone che cammina sulla terra, uno spettro. Non importa quanta sofferenza si sia aggiunta alla sua già penosa esistenza, ha amato e questo vale tutta la tristezza e il dolore del mondo. Sicura mentre parla <ho imparato che ho un motivo> continua poco dopo, un motivo per restare in vita, un motivo per combattere, un motivo per cercare lui oltre a quell’attrazione, un motivo per cercare di avvicinarsi a quelle farfalle, il potere che brama per amore. Non si ritrae ancora a quel contatto, anzi resta lì completamente in balia dell’anbu [chakra on]

Un tocco delicato, l’ombra di un gesto evanescente – esattamente come lei, esattamente come uno spettro. Nonostante questo è presente, non marcato ma vivo, pulsante, caldo sotto il suo mento. Assottiglia le palpebre, dai due fori della maschera traspare il suo sguardo a sufficienza per poterla adocchiare, scrutare a dovere, ma insufficientemente per dare a lei la stessa possibilità giocando in un ruolo impari. Accarezza il suono della sua voce che a sua volta le stuzzica l’orecchio, incamera quanto ha da dire: cosa sa, di lei? Così poco che potrebbe anche vedere quelle come semplici bugie. Eppure, gliel’hanno sempre riconosciuto; il suo talento, la sua predisposizione, il suo intuito. E’ con questo che s’è fatto strada nella sua vita e per tanto ha deciso di accollarsi un rischio. Sii il suo rischio. Comprime le labbra, fa gocciolar via una manciata di secondi. < Hai imparato che vale la pena amare *te stessa* > ci tiene a sottolinearlo semplicemente < perché solo così potrai imparare ad amare gli altri.> non ha mai preteso di essere il suo maestro di vita, non ha mai pretesto nemmeno che le sue massime ed i suoi pensieri trovassero in lei terreno fertile in cui attecchire. Eppure < Anche se questo comporterà un sacrificio. Il tuo sacrificio.> continua a dispensare nozioni alla stregua di un sensei, riconoscendo tuttavia i suoi limiti: di certo non vuole confinarsi a quella sfera. < Impara che ci sono scelte, impara che a volte puoi scegliere se dare priorità agli altri o a te stessa. Impara a capire cos’è più importante per te.> la causa o la vita. Lascerà scivolare via la sua mano dal mento, schiudendo il palmo verso l’alto ma sempre alla medesima altezza. < L’aporìa è un problema le cui possibilità di soluzione sono annullate in partenza dalla contraddizione. Molto più semplicemente, è l’incapacità di dare una risposta precisa.> una risposta per poter risolvere un problema, poiché ci si trova davanti a due soluzioni che – contrastanti – risultano entrambe valide. Si crea così stasi. < Molte scelte sfociano nell’aporìa, e forse senza rendertene conto ci sei già stata dentro fino al collo.> ma non sindacherà, per quanto ogni volta par trovare sempre le parole giuste per una situazione a cui dovrebbe esser estraneo. < Invece, l’Apòria > ne cambia l’accento, mentre le dita vengono appena sfrigolate per poi riesser schiuse. Sulle falangi, le zampe di una farfalla dal corpo nero si soffermano. Essa, dalle ali bianche, forma un contrasto non indifferente: bianca e nera, semplicemente. < è questo tipo di farfalla. Apòria significa “inaccessibile”, vengono chiamate così poiché sono solite frequentare le cime degli alberi più alti, dei posti più difficilmente accessibili.> Essa, la farfalla del biancospino, dal corpo nero e dalle ali bianche intrise di nervature nere. Con la mancina proverà a tastare il polso destro altrui cercando di intimarla a porgerle la mano, a lasciar ricadere sul proprio derma le zampe dell’Apòria. < Questa, tuttavia, è una particolare Apòria. Richiede molte attenzioni, una cura disinteressata. La sua vicinanza sa essere deleteria e non solo per le piante, ma anche per chi le sta vicino. Potresti essere vittima di incubi e sintomi, potresti essere la sua cavia. > non glielo nasconde: e sembra quasi avere una faccia tosta nel chiederglielo <Vorresti prendertene cura?> ovviamente < E’ una scelta, non sei costretta.>

21:14 Kimi:
  [Rovine] Quella parole la riportano alla cruda realtà, ascolta le sue parole lasciandosi però trasportare, gli occhi si posano sulle labbra dell’uomo, ne osserva il movimento e lo studia con attenzione. Immagazzina quei concetti lasciando solo che la menta li faccia suoi, proprio come quando era a lezione in accademia ad Oto, tace mentre memorizza. Osserva con fin troppa attenzione e anche bramosia quelle labbra, quasi finendo per imprimersi nella memoria anche loro, ogni piega, ogni movimento, ogni minima differenza di tonalità, la pelle intorno alle labbra. Tutto di lui, tutto ciò che può scoprire, viene memorizzato quasi a cercare di ricostruire un puzzle. E così lui passa alla farfalla, il volto si sposta, gli occhi vanno a posarsi su quelle ali. I suoi colori e così mentre le parole di lui scorrono nelle sue orecchie andando ad imprimersi nella sua mente i suoi occhi si appropriano di quella piccola e delicata farfalla. Adora quello che sta sentendo, si sente così dannatamente simile a quella creatura, quanto spesso lei ha deciso tra vita e morte ponendo dei quesiti alle sue vittime? Quanto spesso è sembrata troppo debole, ha persino portato allo sfinimento Katsumi che si è accollato, a suo tempo, l’onere di prendersi cura di lei salvandole la vita durante quel primo attacco dei serpenti. Non potrebbe mai dimenticarlo, si rivede completamente, persino nella colorazione della farfalla, bianca e nera proprio come lei, con quei capelli lunghi e scuri contrapposti alla sua carnagione candida. Annuisce solamente e cercherebbe di allungare la sua sinistra verso il ragazzo, verso quella mano così da poter fare, con l’indice teso e parallelo al terreno, da appoggio fertile per la piccola creatura <voglio farlo> mai ha deciso tanto velocemente, mai prima d’ora si è mostrata tanto sicura, in quella farfalla, in Apòria, rivede sé stessa, vuole prendersi cura di sé stessa, vuole consentire a quell’anima di non soffrire quanto lei è disposta a donarsi completamente e sì non teme il rischio, non teme la sua stessa distruzione sarebbe come aver paura di ciò che lei è, della sua stessa natura [chakra on]

Sarebbe stato in grado di raccogliere e dissipare ogni dubbio, eppure il suo silenzio continua a sottolineare come nell’effettivo si sia espresso bene: nel concreto non vi è nulla più da ribadire, il valore delle parole diventa effimero lì dove le azioni risultano più immediate. Annuisce, delineando sul viso un mezzo ghigno soddisfatto. Spera lentamente di chiudere quella piccola – ma complessa – parentesi. < Bene.> asserirà, umettando appena le labbra con la propria lingua. < Così sia.> lascerà scivolare via l’Apòria dalle sue dita, consegnandola espressamente alle cure della ragazza. Non avvertirà stranezze in quel contatto, non avvertirà nulla di anormale: la farfalla, docilmente, batte le ali ma non spicca il volto per quanto sia comunque in grado di andare via. Acconsente, tacitamente, agli ordini del proprio padrone. Inala ossigeno, consapevole di dover girare i tacchi di lì a poco ma prima < giusto.> sembra ricordarsene come un’idea lampante che ne attraversa la mente. Il capo s’inclina in avanti, lentamente, ne cerca quasi un consenso nel suo modo di fare che tuttavia sa di “pretesa”. Pretende, ora, quelle labbra. Pretende di assaporarle, di farle sue anche per un solo attimo – l’attimo in cui il veleno è assente, il rischio non è imminente. L’attimo in cui proverà a sfiorarle, cercando una sistemazione tra il calore delle due fessure scarlatte altrui, pretendendo uno spazio in quell’alcova. Dolce, forse. Dolce qualora lei gliel’avesse permesso. Dolce, e poi dirompente – meno casto, meno puro, meno pio. Forse un po’ più lascivo, lì dove la lingua tenterebbe di trovare la sua: anche quella, semplicemente una scelta. E probabilmente soltanto dopo aver preso da lei un sapore che difficilmente dimenticherà, si ritrarrà con un sorriso sghembo sulle labbra. < Prenditi cura della mia Apòria.> e forse, ci rivedremo. In quello stesso istante la nuova moltitudine di farfalle li accerchierà ostruendo il campo visivo della Doku, per poi restituirglielo esattamente quando lui sarà sparito. | [ End ]

21:35 Kimi:
  [Rovine] La farfalla vien ceduta a lei, quella sensazione non è strana ma in qualche modo un brivido scorre lungo la sua schiena le sembra di aver appena fatto un grande passo verso quel potere che tanto rama, verso quei piccoli esseri in cui non riesce a far a meno di rivedersi. Distratta, felice e persa in tutto quello quasi si perde le parole dell’uomo, alza lo sguardo con dell’amarezza quando realizza che si sta allontanando. O almeno pensa. Giusto un istante prima di sentire quelle parole e vederlo tornare verso le sue labbra, non riesce ad opporsi, proprio come quella sete che non può estinguersi ora c’è anche una fame insaziabile, lo vuole assaporare almeno quanto lui par volere lei e così si lascia baciare, lascia che le labbra entrino in contatto, alza la mano sinistra per portarla alla nuca del altro mentre chiude gli occhi, lasciando però la mano destra immobile, non si dimentica della farfalla. Si gusta profondamente quel bacio che di casto non ha decisamente nulla, assapora lui, lasciando che anche l’olfatto faccia la sua parte, prende un profondo respiro andando così a riempirsi le narici del suo odore, cercando di memorizzare più possibile di quell’istante, cercando di goderselo fino in fondo. Da qualche parte in lei una voce urla, da qualche parte Medusa prova ad opporsi ma ora abbiamo Spettro, abbiamo una ninja che sta provando disperatamente a guarire da alcune ferite e si ritrova davanti ad una droga una fonte di bellezza e di attrazione, una forza mai provata prima ad ora. Con l’uchiha era tutta dolcezza e amore, ora c’è della bramosia nuova per lei, il solo gusto di averlo e di baciarlo. Lo guarda poi andare via, nota quel sorriso e ricambia con la tessa identica espressione, solo quando si sarà voltato lei andrà a leccarsi le labbra sfiorandosele con la lingua, quasi a voler ricordare il contatto con quelle di lui. Si sente agitata, fisicamente debole ma in maniera positiva, possibile? A quanto pare sì. Di baci ne ha dati tanti ultimamente, più che altro per evitare di uccidere Irou eppure quella bramosia è la prima volta che la sperimenta. Gli occhi si spostano sulla farfalla <sì> replica all’uomo ormai lontano <usami pure Apòria> replica lei osservandola e sorridendole, ammicca quasi in sua direzione, si sente legata a lei. Torna quindi sui suoi passi rimettendosi la fascia intorno al volto [end]

Giocata d'avvicinamento per l'evocazione delle farfalle [ Kimi ]
Semplice ambient, nessun px.

A breve aggiorno le tue note fato <3
Al fine di fornire spunti ON alle free che farai per l'avvicinamento alle farfalle, ti manderò di tanto in tanto dei messaggi contenenti strascichi di fato che potrai giocarti liberamente.
Li posterò mano mano qui sotto, in caso.

Grazie per la pazienza e per la giocata, bellissima come sempre <3