Don't leave me alone. Not you.

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22:14 Hana:
  [Casa Hana] E’ sotto l’influenza degli antichi racconti nei quali vi è ricamata la storia delle costellazioni, delle posizioni propizie e dei riti scaramantici di un tempo antico, che è stata costruita l’antica struttura di legno che sorge appena più distante il centro abitato. Non è isolata di certo e non è l’unica della zona, è semplicemente situata in uno dei vicoli più remoti nel quale la tradizione riecheggia al suono delle corde di un koto pizzicato nelle notti di plenilunio così come in quelle di luna calante. Lanterne di carta bianche adornano il viale dal selciato ordinato che conduce dritto dritto alla dimora della Hyuga. L’assenza della madre, così come quella del padre, ormai sembra non disturbare più nessuno – nemmeno i vicini che hanno fatto l’abitudine nel vedere l’unico viso della genin in quel giardino curato meticolosamente sull’orma dei quattro pilastri fondamentali dell’estetica zen: suggestione, irregolarità, semplicità e deperibilità. La ghiaia che circonda il giardinetto zen viene arata ogni giorno di modo che le onde irregolari formino la metafora adatta per indicare il corso dell’acqua. Tre massi più grossi si distinguono come la tigre o la montagna che dir si voglia, ostacoli sul percorso dell’acqua o della ghiaia. Un laghetto artificiale è attorniato dai bambù, di cui una fontana interamente verde e naturale che lascia penzolare il bambù verso il basso una volta riempitosi d’acqua nella cavità. Carpe, tra le più disparate, sembrano nuotare serenamente nel riflesso della luna metà coperta, sparendo sotto l’ombra del ponte di legno che collega un lembo di ghiaia all’altro, separato a sua volta dal fiumicciattolo d’acqua. Particolare cura è stata messa nel portare avanti un giardino zen del genere tant’è che il resto della casa passa in secondo piano: tra le tante la struttura architettonica non gode di particolari degni di nota – rasenta quasi un dojo, di legno, rialzato similmente ad una palafitta e dall’engawa di legno pronto a circondare tutte le stanze. Le porte scorrevoli danno accesso sia al giardino sul retro sia all’entrata sul davanti. Nel salone che affaccia sul giardinetto, paraventi decorati e ventagli di una manifattura unica sono affissi alle pareti. Una xilografia raffigura Amaterasu, Susanoo e Tsukiyomi – i tre Kami espulsi dal corpo del sommo Izanagi quando decise di purificare il proprio corpo: ricorda ancora il giorno in cui la concluse e sua madre decise, quasi a darle un contentino, di appenderla. Sul tavolino basso accerchiato dai cuscinetti, il Libro dei Mutamenti – lo Yijing – è ancora aperto e sormontato da una manciata di fogli, carta da riso sulla quale vi sono vergati gli appunti della Hyuga. In un angolo vi è deposto il proprio Koto affiancato dallo Shamisen che non tocca da un po’. Lei è semplicemente lì, scalza – esattamente come si conviene – vestita con un semplice Haori informale. È in bilico proprio tra il dentro ed il fuori, la soglia della sala che affaccia sul giardino, alla luce di qualche lanterna. < Questa sera non è propizia per i viaggi e gli spostamenti, lo sai – vero?> cinguetta, rivolgendo uno sguardo ad Hitomu. Le palpebre si assottigliano, mansueta e allo stesso tempo apparentemente rincuorata nell’aver trovato un’ottima compagnia per la serata. Allunga la destra verso la sala, intimandogli di entrare, lasciando che la manica dell’Haori nero dai ricami dorati sfiori appena il polso, scorciandosi lentamente. < Siedi pure, fa pure come se fossi a casa tua > una cosa che raramente le capita di dire.

23:00 Hitomu:
  [Casa di Hana] Un'altra giornata sta volgendo al termine ormai, anche nei pressi di Konohagakure. Tra i vicoli del Villaggio, i bambini percorrono gli ultimi metri della loro giornata cercando di rubare ancora un po' di divertimento per poi giungere a casa stremati, accompagnati dai loro genitori, pronti per un altro intenso giorno di gioco. A dare forza a tutti loro è forse la Luna ogni sera che si mostra sempre con la sua eleganza mostrandosi sempre di egual bellezza, anche nelle diverse fasi che accompagnano il ciclo lunare. E poi vi sono le miriadi di stelle ad indicare la strada a quei bambini. Lucenti, formano strani disegni che danno vita alle varie costellazioni ma, per un occhio più ingenuo, sembrano volerti indicare la strada per qualcosa di misterioso. Bisognerebbe, a volte, tornare bambini. Anche solo con l'immaginazione.. Dove tutto era più bello. Forse perchè c'era più libertà, non si avevano troppi pensieri per la testa e l'unico obiettivo della giornata era tornare a casa con i pantaloni, appena cuciti dalla mamma, ancora strappati. E il giovane jinchuuriki prova a riemergersi in quei tempi mentre cammina per i vicoli del Villaggio cercando la strada per giungere a casa della nipote. Le iridi azzurre dell'Hokage si voltano verso la volta celeste cercando di unire le stelle come fossero puntini e disegnare qualcosa di sensato almeno. Sbuffa, quasi a ridere per ciò che sta facendo. Ma che importa tanto? Un po' di divertimento non ha mai fatto male a nessuno e soprattutto ora, che si può godere di questa libertà, bisogna divertirsi. Arriva nei pressi nella casa di Hana: il giardino è molto ben curato, a dimostrazione che la ragazza si prende molto cura della casa; nota poi il laghetto artificiale circondato da bambù, fatto per bene. Si avvicina all'entrata della casa, che a differenza del resto dell'abitazione, sembra una casa comune. Il suo vestiario è, più o meno, il solito. Indossa sopra una maglia a maniche lunghe di color blu scuro con il simbolo del Villaggio del Vortice posto sul dorso. Il giubbotto di color verde è rimasto a casa, visto che non ne sentiva la necessità di indossarlo. Sopra la maglia, comunque, porta l'haori bianco e rosso da Hokage adornato con la scritta in kanji 'Nono Hokage'. Sotto, indossa un paio di pantaloni di color nero con una fasciatura bianca stretta sulla coscia destra mentre ai piedi porta un paio di sandali neri da ninja. I capelli biondi sono liberi che cadono sulla sua fronte, questo per via della mancanza del coprifronte che sarebbe custodito, o indossato, da Hana. Entra in casa levandosi i sandali neri e poggiandoli a lato dell'entrata <Permesso, Hana..> afferma il ragazzo mostrando un gran sorriso alla nipotina. Era da un po' che non la vedeva, ora è felice. La guarda mentre gli indica di accomodarsi in sala e il giovane non si fa attendere proseguendo con passo lento. <Ti ringrazio> conclude il giovane per la cortesia della ragazza. Una volta in saletta, si poserebbe su un cuscino aspettando che la genin lo raggiunga. Una serata tra zio e nipote, con molte cose di cui parlare. E un segreto, per lo più una sorpresa, che il jinchuuriki dovrà svelare alla giovane nipote. <Allora, Hana.. Come stai?> domanda in maniera cortese il giovane dalle iridi azzurre per sincerarsi delle condizioni di sua nipote.

13:07 Hana:
  [Casa Hana] Una sottile voluta di fumo capriola nell’etere lasciandosi accogliere dalle narici dei presenti, l’essenza del sandalo proviene da un angolo remoto della stanza ove l’incenso brucia sul ripiano di legno senza intaccare il costrutto che lo sostiene. Sulla scia di questo aroma, l’Hokage potrà trovare ristoro e conforto sul cuscinetto rosso più grande posizionato al suolo e vicino al tavolo basso. Sulla sua scia, ella segue i passi dello zio addentrandosi nella sala e allo stesso tempo piegando appena le gambe per poter sistemare gli appunti e riordinare sul tavolo. Quella domanda sfiora la sua mente, alimenta pensieri e allo stesso tempo solleva polveroni: una domanda così semplice, banale dalla quale non vuole sottrarsi. E’ forse per l’incapacità di mentire, per lo meno nei confronti di Hitomu, che si ritrova a non saper cucire un discorso – un’arringa – che possa fare effetto ed ammutolirlo. Non sa fingere, non sarebbe da lei un banale “tutto bene” – andrebbe bene con chiunque, eccesso che con lui. E’ ben consapevole che nell’effettivo possa essere una domanda di convenienza, di quelle che sanno rompere il ghiaccio eppure < Riflettevo.> ecco come sta: riflettendo. Non è una vera risposta né una risposta corretta ad una domanda del genere, non sembra avere senso eppure è un modo opportuno per lasciargli intuire che per l’ennesima volta si trova in balia del mezzo. < Rileggevo il Yijing.> il classico dei mutamenti < Era il libro preferito di mio padre. Nel classico dei mutamenti vi è spiegato il “wei wu wei”, la logica secondo la quale bisogna agire “non agendo”. > esplica ciò che effettivamente è stato parte del suo modo di fare fino ad ora < “Quando cambiare non porta alcun beneficio, bisogna lasciare le cose così come stanno. Solto è colui che si tormenta l’esistenza nell’assillante ricerca di fama e ricchezze, senza concedersi un attimo di tregua.”> enuncia quanto vi è scritto. < Mi chiedevo: se cambiare invece potesse portare a qualche beneficio? Il mio agire sarebbe giustificato?> comprime le labbra, s’evince tranquillamente l’intento del suo gesto – il solito compiuto quando è pronta ad omettere intenti, a nascondere lembi del discorso: da un paio di giorni a questa parte sta maturando l’idea che forse vivere ignorando il mondo ed eseguendo soltanto sia leggermente deleterio. Allo stesso modo, scoprire l’esistenza di quel Clan ancora celato le ha dato modo di comprendere quando sia importante avere un grammo di potere in più al fine di preservare quanto le è stato imposto: famiglia, paese e Kage. < Mhn. Lascia stare, scusa se ti annoio con queste piccolezze.> s’avvicina ai tatami, posizionando il furo – il braciere estivo o primaverile per la cerimonia del thè – sul quale adagerà il kama, nonché il bollitore per l’acqua. Messa a bollire l’acqua sul fuoco alimentato da una manciata di cerini, lascerà i componenti su di una stuoia di seta bianca per avvicinarsi al tavolo. <Come stai tu, invece?> si siede in postura zazen, indi i glutei poggiano sui talloni. La si può intravedere di tanto in tanto adocchiare parte dell’haori bianco dell’Hokage con tanto di kanji segnalatori: non sa effettivamente quanto possa essere un bene farsi vedere dal mondo mentre una personalità tanto di spicco si dirige in una casa di ben poca importanza. < A breve ci sarà il Kahei Matsuri. Mi piacerebbe andarci. Mi accompagni?> umetta appena le labbra. < So che anche solo farci vedere insieme non potrebbe giovare alla richiesta di segreto che ho avanzato, ma ho compreso che non posso privarmi né della mia famiglia né dei ricordi con quest’ultima.>

13:54 Hitomu:
 Poggia i glutei, dunque, su quel cuscino rosso leggermente più grande di tutti gli altri e che si distanzio pochi centimetri da un tavolino basso. Il jinchuuriki lascia che i muscoli inguinali si distendano allargandosi per quindi ritrovarsi a gambe incrociate con i gomiti che poggiano direttamente sull'introcoscia. Le iridi azzurre si poggiano sulla figura che con compostezza si avvicina a lui e ripeter, verosimilmente, gli stessi movimenti per portarsi sul cuscino. Lo sguardo di lui rimarebbe su Hana mentre attende una risposta dalla ragazza. Sembra aspettare qualche attimo in più di quanto una normale domanda del genere richiede, ma il giovane Hokage non si fa paranoie su ciò che i pensieri della nipote stanno elaborando. Ascolta le sue prima parole concentrandosi sul di lei discorso per capirne significato e motivazioni. Le labbra del jinchuuriki si distendono leggermente, come a formare un piccolissimo sorriso sul suo volto. Rimane quasi sorpreso su ciò che vaga nella mente della ragazza. Forse sta crescendo e maturando.. Nota in lei dei piccoli cambiamenti dal suo arrivo a Konoha. Sono percettibili, sarebbe quasi impossibile per un occhio attento come quello del jinchuuriki non accorgersene. <Il tuo agire sarà sempre giustificato. Come ti avevo già detto.. Se le tue azioni sono fatte con tutte le buone volontà e infine dovessero dimostrarsi come un errore, non sarebbe la fine del mondo. Cambiare può portare a benefici, come può accadere il contrario ovviamente. Non sempre le scelte che facciamo possono rivelarsi esatte. Possiamo calcolare le possibilità, anticipare ogni possibile ostacolo.. Ma rimarrà sempre quella minima percentuale di errore. E starà a noi far sì che non si tramuti in esso> afferma il giovane spiegando alla ragazza che, nel bene o nel male, prendere decisioni con la propria testa e intervenire nel destino già segnato per noi, è dimostrazione di carattere, di maturità. <Cara Hana.. Vivi la tua vita in libertà da ogni restrizione che ti sei affidata. Il Mondo è pieno di meraviglie.. E sarebbe un peccato non goderselo appieno. Fai le tue scelte, e se saranno sbagliate cadrai. Ma sono sicuro che ti rialzerai, imparerai dai tuoi errori e diverrai migliore..> punta l'indice contro lo sterno della ragazza, pur mantenendo centimetri di distanza <.. dentro di te> conclude il suo pensiero sperando che sia stato recepito dalla nipote. <Io sto bene, ti ringrazio. Sono giorni intensi di lavoro, ma è giusto così. Bisogna recuperare un po' di tempo perso..> le sorride nuovamente, come a farle capire che sicuramente preferisce lavorare che avere il Villaggio sotto attacco. <Vuoi andare? Ti accompagno, certamente> esclama il Nono. Sarà felice di accompagnarla, anche se non si aspettava una richiesta del genere. Durante i primi incontri, la ragazza aveva chiesto di mantenere il segreto tra loro due. Ma questa richiesta conferma che qualcosa sia cambiato nei pensieri della ragazza. Forse, ha deciso di essere davvero libera senza porsi problemi di secondo piano. Meglio così.. <Ah.. Non ti ho detto una cosa in questi giorni. Tra poco non saremo più soli, sai?> le rivela il segreto, o sorpresa chiamatela come volete, che doveva raccontarle. Magari non ci arriverà subito, ma è pronto a dirle tutto.

14:17 Hana:
  [Casa Hana] E senza rendersene conto le ha messo tra le mani un punto di svolta sostanziale, la toppa non aspettava altro che un giro per potersi aprire e lasciar trasparire uno spicchio di luce pronto a rigettarla in pasto nei suoi pensieri più cupi: nelle parole dell’Hokage ritrova quasi una conferma, consapevolezza, per l’ennesima volta dimostra di essere così ferrata nei ragionamenti da essere tremendamente debole quando c’è bisogno di decidere una volta per tutte. Non è vigliaccheria, eppure la necessità di potersi fare scudo con le parole degli altri talvolta sembra farle vivere sogni meno agitati. Lì, dove è riuscita a maturare l’idea che un mondo senza potere non può essere difeso da chi ne ha, s’erge la morale che ne ha ricavato ed ha appurato col punto di vista di Hitomu < Quindi, il fine giustifica i mezzi – convieni con me?> raggiunge il centro della conversazione, la domanda tra i quesiti che meglio saprebbe esprimere ciò che nell’effettivo vuole sapere. Se per un fine nobile, tutto mi è perdonato? O meglio – se il fine giustifica i mezzi, posso reputarmi assolta? E quanti ancora rimorsi dovrò sopportare? Deglutisce, scostando appena il bollitore dal braciere. Sfiora la porcellana di due tazze artigianali, ponendone una dinanzi ad Hitomu e l’altra dinanzi a sé. Non vi è thè, non vi è nulla – questo potrà stupirlo: vi è soltanto un fiore all’interno della porcellana. < Vengono dal confine di Kusa, sono fiori particolari.> esplica, scorciando nuovamente la manica destra dell’haori con le dita affusolate della mancina, lasciando intravedere un lembo del proprio polso nell’intento di inclinare la teiera e riversare l’acqua calda all’interno della tazza. < Osserva.> potrà notare come effettivamente i fiori, a contatto dell’acqua calda, si schiuderanno rilasciando il loro aroma all’interno della tazza. < E’… vero quel che dici, ma > principia < non posso essere del tutto libera. Ho dei vicoli da rispettare, degli obblighi da portare avanti.> verso il paese, verso la famiglia, verso l’Hokage. Talvolta si ferma a pensare che il destino sia davvero un amabile mentecatto nell’incastrarli tutti in situazioni e decisioni, scelte difficili da prendere, già dal primo respiro. < Lascia che io ti aiuti> con il suo lavoro: sa bene che certe questioni sono troppo delicate per un genin se al cospetto di un Kage, tuttavia < qualcosa di poco conto, magari. I miei venerabili genitori mi hanno istruita a dovere, se hai bisogno di qualcosa specie in termini di calligrafia, oratoria e simili sarei felice di aiutarti.> non ha mai negato che non è stata mai tutta questa grande “Prestanza fisica” – per sopperire alle sue mancanze, ha dovuto ripiegare su altre arti, sulla strategia, sulla propria mente. Annuisce. < Mhn.> vuole andare. < Konoha ha bisogno di sostegno. Mi spiace pensarla in questi termini, ma per quanto l’idea del Kahei matsuri possa sembrare un pretesto per alleggerire l’aria pesante della guerra, è anche un’ottima possibilità per rimettere in mostra il paese. Konoha non può uscirne indebolita agli occhi degli altri, non è in ballo soltanto la nostra reputazione ma anche l’idea che le altre nazioni possono avere di noi.> questa è l’idea di chi automaticamente diffida di tutto e tutti. < Perdonerai questi termini, ma conosci il mio pensiero. E sai anche che se non riesco a fidarmi di persone estranee, mi è assai difficile pensare di fidarmi di un’alleanza. Sono sempre stata una sostenitrice dei corsi e ricorsi storici.> forse è per questo che continua ad essere attratta dalla storia, dal vecchio, dall’antico e dal tradizionale. < A tal proposito, forse ti interesserà sapere una cosa.> che potrebbe già sapere così come no. Si rialza dal tavolo, avanzando qualche passo in direzione di un piccolo scaffale ove sono raccolti ordinatamente otto tomi: raccoglie il primo, in fondo alla pila, dando le spalle ad Hitomu. Quando quell’ultima asserzione sembra investirla, accogliendola dal retro, pare addirittura irrigidirsi: indipendentemente da chi sia o di cosa si tratti, include la presenza di qualcun altro. E questo sembra tenerla tesa come una corda di violino, forse è per questo che preferisce ancora dargli le spalle senza voltarsi – evitare il suo sguardo e allo stesso tempo sottrarlo dalla pesantezza del proprio, capace di raggelare chiunque. < Mi stai parlando in veste di Kage, di shinobi o di persona?> mi parli del paese, mi parli del tuo popolo o mi parli di te?

15:56 Hitomu:
 Ripete il concetto domandato precedentemente, come se volesse avere la conferma del pensiero del jinchuuriki di Kurama. E le vie sono due: o Hana è di duro comprendonio, o la signorina cerca una risposta per ciò che ha fatto. Prima di darle una risposta, gli occhi azzurri cercano quasi di penetrare nei suoi pensieri. Cercherebbe il perchè di queste domande, ma ovviamente non può oltrepassare in poteri paranormali. Se la ragazza gli vorrà raccontare più specificamente la situazione, sarà lieto di ascoltare i suoi problemi e, se possibile, aiutarla in qualsiasi maniera anche seolo con dei consigli da zio quale è. <Il fine giustifica i mezzi, secondo me sì. Basta che non si facciano pazzie, mi sembra ovvio.. No?> rimarcherebbe quel no spingendo il busto e avvicinando il volto verso la figura della nipote. Apriti e di tutto allo zio Hitomu, su. Nota la tazzina di porcellana davanti a lui notando che dentro vi è soltanto un fiore. La kunoichi versa l'acqua calda dentro la porcellana e le iridi azzurre del jinchuuriki seguono il movimento ad aprirsi del fiore. Avvicina il volto alla tazza lasciando che l'aroma prenda possesso dei suoi sensi olfattivi e ne delizia il profumo, che risulta gradito al giovane Nono come potrebbe capirsi dalla sua espressione visiva. <Molto buono, Hana. Li hai raccolti te?> le domande quasi retoricamente, ma vuole sapere se la ragazza ha questa passione. Più sa di lei, meglio riuscirà a comprenderla. Poi la frase che interrompe l'idea che lui si stava facendo. Sì, sta cambiando.. Ma è ancora legata a quei vincoli da lei stessa imposti. Non è sbagliato viver così, ma a volte la vita va vissuta senza pensieri. Non le risponde a quella frase, come se non volesse sottolineare nuovamente la differenza di pensiero che vige nelle menti di uno e dell'altra. Ognuno ragiona a modo suo, e per ora non c'è l'esigenza di ripetere quel concetto. Il discorso si sposta sull'evento che inizierà in questi giorni a Konoha il Festival indetto dai massimi esponenti di ogni Villaggio per tirare su gli animi delle persone e alleviare le tensioni e le paure che la guerra ha lasciato in eredità. <Sono d'accordo con te, Hana.. Bisogna mostrare la bellezza del nostro Villaggio e mostrare agli altri che non siamo usciti indeboliti da questa Guerra. Abbiamo dimostrato la nostra forza militare, e nessuno può dirci niente su questo. Ma ora dobbiamo mostrare la nostra forza morale e far divertire più gente possibile durante questo evento> afferma il giovane rimanendo d'accordo sul discorso della ragazza, anche se pensa che Konoha abbia già dato a tutti una dimostrazione della sua potenza, in termini militari ovviamente. Ma non basta questo per dimostrare di essere usciti in maniera decisa da questo conflitto. Bisognerà entrare nei cuori delle persone, rubare loro le paure e donare libertà, felicità e amore a tutti loro. Solo così, le tensioni della guerra scomparirà e il popolo diventerà più unito e forte. <Sapere cosa?> rimane interessato su ciò che dice la ragazza mentre la guarda alzarsi e dargli le spalle direzionandosi verso uno scaffale. All'udire il segreto del jinchuuriki, però, sembra quasi fermarsi e rimanere in quella posizione. Le iridi del Nono si posano sulla figura della nipote ascoltando la sua domanda. <In qualità di zio, Hana..> afferma lasciando passare alcuni secondo per capire la reazione della kunoichi alle parole del kyudaime. <Devi sapere che ho una ragazza da un po' di tempo, ormai.. Ma come te, non vuole che si venga a sapere in giro.. è molto riservata, ecco> si ferma di nuovo, per poi continuare e finire il suo discorso <Eh.. Tra poco non saremo più soli perchè ci sarà un piccolo marmocchio a girare per la casa> rivela, dunque, il segreto che stava custodendo da un paio di mesi ormai. Ma pensa sia arrivato il momento per Hana di saperlo. <Vorrei mi aiutassi a scegliere il nome, Hana.. Ne sarei felice> sorride aspettando che lei si giri dalla sua posizione e gli risponda sperando che sia d'accordo con lui.

16:24 Hana:
  [Casa Hana] Ha costruito coi suoi silenzi un campo minato in cui attende, semplicemente, che un ordigno incomba su Hitomu e sulle sue parole. Aspetta, pazientemente, che impari ad evitare punti nevralgici che potrebbero farla avanzare col piede di guerra: un aspetto abbastanza atipico, quasi esclusivo se si considera la natura della Hyuga strettamente diffidente ma apparentemente tenace quando si tratta di tenere stretta le poche cose che ha, le poche persone che le sono al fianco – qualcosa che considera deleterio, esattamente come ogni forma di legame o affetto di cui ora ne ha appurato soltanto la debolezza e non la capacità propeteutica che l’affetto può dare. Ma va bene così, ha deciso di “provarci” – ha deciso di “fidarsi” perché altrimenti non avrebbe trovato via d’uscita. E allora, si fiderà: è sulla base di questo che, benchè la notizia sembri farle perdere un battito e la presa dalle mani sul libro par diventare così flebile da farle cadere il tomo a terra, subito dopo si limiterà a deglutire facendo scivolare la saliva di modo che possa grattare la gola e ridarle un minimo di contegno. < Come sono maldestra, oggi.> si giustifica, quasi mentendo a se stessa: maldestra. Quando mai lo è stata? Inspira. Da qui ne trae la medesima forza che qualcuno potrebbe trarre per sradicare un albero: quella di piantarsi un mezzo sorriso, tirato, sul volto atto a dissimulare i troppi turbamenti che ora punzecchiano violentemente la testa. < Ahn.> annuisce, voltandosi soltanto adesso – dopo aver raccolto il tomo dal suolo, socchiudendo le palpebre. < Sono… felice per te.> davvero? Lo è davvero? Da quando ha iniziato a nutrire quella malsana sensazione di poter tenere tutto sotto controllo, anche la vita di chi la circonda? Una concezione malata che, quello spicchio di nero avanza e lo spicchio di bianco controlla al fine di non far prevaler il risvolto negativo. Ritrova di nuovo contatto col suolo, sentendosi quasi come una bambola messa da parte e lasciata lì – tutto d’un tratto. E le basta davvero poco per capire come determinate percezioni, a fronte di poche parole, paiano amplificare sentimenti esagerati. Lo sguardo fisso sul riflesso proiettato dall’acqua bollente, l’incapacità di esprimersi poiché a fronte delle emozioni nulla le è possibile: saprebbe recitare a memoria un sutra o discutere di qualsiasi manovra militare, ma quando subentra un battito in più o in meno del cuore la logica s’azzera e la lingua s’impappina: il desiderio di lanciare una monetina e scegliere che espressione adottare avanza. < Io… nh.> ci prova, ma inevitabilmente tutto si risolve con l’ennesimo sospiro pesante. Solo in ultimo, le sue stesse parole riecheggiano al suono di un ricordo che pian piano sbiadisce sotto il suono della pioggia di quella notte: le azioni concretizzano le nostre parole. Suscettibile dei suoi stessi ricordi, istintivamente la destra viaggia in direzione del polso sinistro dell’Hokage tentando di stringerglielo qualora lo avesse a portata di mano – in prossimità del tavolo, lì ove dall’estremità vedrebbe la mano della Hyuga fiondarsi sulle sue carni in maniera innocua, precipitosa ma non lesiva. < Resta.> pigolerebbe. E’ questo l’egoismo? < Non abbandonarmi anche tu.> con una certa invadenza ricerca il suo sguardo, ricadendo nella vergogna di poter sembrare fin troppo debole o attaccata a qualcosa che tenta disperatamente di rinnegare. L’affetto. Nasconde l’insofferenza, si scherma dietro qualche minuto di silenzio fino ad annullare la presa sul polso altrui qualora fosse riuscita a stringere leggermente il suo arto. Ritrarrebbe la mano, nascondendola sotto il tavolo basso. Non si scuserà per quanto fatto: sarebbe una scusa falsa, di ripiego, di quelle usate con gli estranei per occultare i suoi intenti. Agguanterà un paio di fogli di riso, quelli posti sul lato, con tanto di pennello intriso già di inchiostro utilizzato poco fa per i suoi appunti: traccerà così come usa fare per lo shodo i kanji di “Eternità” (永次), di “Pace” (英治), di “Prosperità” (栄治) che lui stesso potrà notare una volta che lei gli porgerà silenziosamente il foglio: tutti e tre si leggono alla stessa maniera – Eiji. Come se, alla fin fine, avesse acconsentito al suo stesso desiderio.

17:25 Hitomu:
  [Casa di Hana] Sembra aver lanciato una bomba dal cielo e, lentamente, l'ordigno precipita al suolo fino ad esplodere violentemente. L'esplosione si potrebbe comparare con il tonfo del libro che sfugge dalle piccole mani di Hana. Qualcosa che non va, c'è. Non si può mettere in dubbio. Il sorriso del jinchuuriki si tramuta in un'espressione preoccupata. La kunoichi non potrà notare questo suo cambiamento essendo ancora di spalle. Ma le iridi azzurre del kyudaime si posano sulla figura della ragazza che prova a giustificarsi con una scusa. Le palpebre del giovane Hokage si assotigliano, quasi volesse concentrarsi sull'immagine della nipote. Cosa c'è che non va? Quali sono le tue paure? Vorrebbe chiederle proprio questo, ma forse sarebbe troppo diretto in questa situazione che sembra complicarsi ogni minuto che passa. Le parole della ragazza non convincono il jinchuuriki del Kyuubi. Lo sguardo della kunoichi sembra quasi perso, come se stesse cadendo in brutti ricordi e precipitasse sempre più, non riuscendo vedere il fondo. La mano destra della ragazza scatta in direzione del polso sinistro del jinchuuriki. Hana inizia a stringerlo con forza e subito le palpebre del Nono si spalancano di colpo, non capendo cosa la ragazza stesse cercando di fare. Non ha paura per la sua incolumità, ovvio. Ha paura per lei. Sembra così fragile e indifesa in questo momento che non si spiega il perchè di tutto ciò. Dal giorno in cui si sono conosciuti, il jinchuuriki non l'aveva mai vista in queste condizioni. Quelle cinque parole rieccheggiano nella sua testa lasciando immobile per qualche secondo. La presa della ragazza va allentando e libera il polso sinistro del biondo. Ma il jinchuuriki avanza di colpo e con velocità la mancina prendendo la mano della ragazza e stringendola come se volesse rincuorarla <Sai, Hana..> le iridi azzurre si posano su quelle di lei bicolore. <Noi Hokage abbiamo un dizionario che dobbiamo studiare quando veniamo eletti. La parola 'Abbandonare' non esiste in questo libro..> il kyudaime non abbandonerebbe nemmeno una singola foglia caduta del suo Villaggio, figuriamoci la sua unica nipote. <Tu fai parte della mia famiglia, come puoi pensare che io scappi via? Hai preso posto dentro di me.. Forse perchè, a tratti, mi ricordi tua madre e sono felice di poter rivivere un po' di lei in te. Ma l'arrivo del bambino, non cambierà niente tra di me e te. Sarà solo un membro in più di una grande famiglia> grande, sono in quattro. Cinque se conti lui, ma va beh. Non è ancora ufficile, shh. Prende il foglio passato dalla ragazza leggendo i kanji scritti con l'inchiostro e il pennello <Eiji..> sussurra. Kurama viene risvegliato dal pronunciare di questo nome e dal pensiero di Matatabi, il demone rinchiuso dentro l'ex jonin di Oto. Tranquillo Kurama, è morto. <Un bel nome, sì..> afferma anche se non si riserva il diritto di decidere se usare definitivamente quello <Devo chiederti un'altra cosa..> afferma alla ragazza tenendole ancora la mano <Vorresti essere la madrina del bambino?> le domanda sperando che questo possa farle capire quanto sia importante per il Nono e quanto ci tenga che lei continui a far parte della sua famiglia.

14:21 Hana:
  [Casa Hana] A volerlo, potrebbe notarlo e come quel sorriso pian piano appassirsi in un grumo di preoccupazione e serietà. Del resto, Hokage, cosa non può vedere uno Hyuga? E’ da giorni che ci pensa: essere il frutto di una benedizione, essere scelta dal tocco del fato per portare sul groppone il peso ingente dell’occhio bianco che tutto può scorgere. Cosa, alla fine, non può vedere Hana? Le basterebbe volerlo, e potrebbe addirittura leggere le rughe sul viso della gente. Eppure… non vuole. E’ come percepirlo senza aver bisogno degli occhi: sentir scivolare lo sguardo di Hitomu sul corpo come una coperta calda, avvolgente, in grado di farti sentire protetta ma allo stesso tempo in una posizione scomoda. Di quelle consapevoli, sai per certo d’aver detto o anche solo pensato una cosa che ti spinge a mordicchiarti il labbro ed è per questo che ora martoria, con i denti, la fessura scarlatta inferiore. Lo sa bene, come appare ai suoi occhi. Lo sa bene, perché ha passato la vita a non sembrare tale: ha passato la vita intera ad immedesimarsi nelle montagne e nei picchi più alti che a confronto, Shiramine del grande racconto su Sutoku, sembrerebbe una bazzecola da scalare. E adesso, di quella roccia imperturbabile e maestosa, cosa ne resta? Una lastra di ghiaccio che, come neve, si scioglie al sole fragilmente succube del calore. E’ questa, la debolezza? Una sensazione così scomoda che non si augurerebbe nuovamente di provarla. E tutto per… gelosia? Non sa definirla. Forse non è nemmeno gelosia, forse è possessività – qualcosa che non ha mai provato nei confronti di un oggetto poiché considerato effimero e tanto meno nei confronti degli altri, poiché poco pratica nell’intrattenere una relazione con qualcuno. Ora, lui, che tra tanti è la persona a lei più vicina… può permettersi davvero che il tempo lo trascini via, come i granelli di sabbia di Suna? Serra le mani in due pugni, tentando di scivolare via dall’oppressione mentale che per la prima volta l’affligge. Come può, una come lei, abbassarsi a tanto? Provare… qualcosa, così forte da esternarlo? Voltarsi, aggrapparsi al suo polso, essere così… stranamente irruenta da spiazzarsi da sola ma non mostrarlo. Inspira, annaspa aria a dire il vero ma sempre con un certo contegno. Deglutisce, quasi come se la saliva scivolasse di traverso e male giù, nella gola. Lascia la presa dal suo polso, la pressione diminuisce. Le ricorda sua madre? <…> annuisce, che cosa strana. Nessuno glielo aveva mai detto, alla fine – non si può fare a meno che rimarcare la sua somiglianza con Ryu Hyuga. < Perdonami.> per averti stretto. < Per aver insinuato.> per non aver creduto < Per averti mancato di rispetto.> per non averti dato fiducia < Per essere stata così impulsiva.> per essere stata così debole. Ma a volte, anche nel migliore dei propositi, un santo cade dalla rosa immacolata e si riversa, precipitando nei peccati dell’inferno. < Hai ragione.> cosa diamine le è passato per la mente? Sarà soltanto una persona in più alla quale legarsi, allora? Eppure, scettica e diffidente com’è, non sa come vederla: come un problema? Esattamente come si sente lei. Un problema: come se precludersi le vie per la Vita fosse un obbligo morale finalizzato a non creare problemi agli altri. Riconosce, da sé, che è un pensiero tanto stupido quanto errato: un pensiero che non maturerà più a fronte dei tre anni che l’aspettano, alla ricerca di una spiritualità dall’ottica più ampia. Nella conclusione delle sue parole, rialza il capo rimanendo quasi intontita da quella … richiesta? Proposta. < I-io?> borbotta, battendo le palpebre: osservandolo così come si farebbe con un alieno. Ha appena espresso, nel modo migliore che può fare una donna incapace d’esprimere i propri sentimenti, un miscuglio d’irritazione, paura, sconforto e possessività e lui… non fa altro che mettere nelle sue mani la possibile creatura artefice di tutto ciò? Scuote il capo, quasi sorridendo. Quasi – ed è un traguardo, considerando che non lo fa mai. < Hai sempre quest’insana abitudine di fidarti degli altri, tanto da mettere nelle loro mani le vite dei tuoi cari > rimanda, per certi versi, ad un episodio in particolare. Socchiude le palpebre. < Ne sarei onorata.>

14:58 Hitomu:
 Forse Hana ha ragione, alla sua vista nulla può sfuggire. Il Byakugan.. l'occhio che tutto può vedere e nulla può sfuggirgli. Ma qualcosa c'è che le iridi perlacee della kunoichi non possono notare. Esistono delle sensazioni, forse più sentimenti, che partono dal corpo del jinchuuriki e si direzionano verso di lei. Fiducia, protezione, premura nei suoi confronti.. E altre mille che si fondono in un'unica parola: legame. E nessun doujutsu avrebbe la capacità di vedere questo potere. Per accorgersi di ciò, bisogna lasciarsi andare. Far sparire le preoccupazioni e aprire il cuore alla persona che prova ad entrarci. Il kyudaime vuole che Hana stia serena e non abbia paranoie sul loro legame e la ragazza deve fidarsi. Fiducia.. Una sola parola, ma la più difficile da mettere in pratica. Non è semplice, il Nono lo sa bene anche se è la sua caratteristica migliore, si può dire. Ma è sicuro che, prima o poi, anche sua nipote gliela concederà. Le iridi azzurre fissano quelle della ragazza.. Rimangono su di lei sperando che la ragazza si tranquilizzi. <Non c'è bisogno di scusarti, Hana..> afferma il jinchuuriki. <Ognuno di noi è fatto a modo suo e abbiamo reazioni diverse a seconda della situazione> alla fine, è stato solo l'istinto a far reagire la kunoichi. La sua paura di rimanere sola, ancora, l'ha fatta scattare verso ciò a cui si sta legando. Per poi stringere le sue unghie come se non volesse lasciarlo scappare via. Scappa un sorriso quando la nipote gli ricorda la sua abitudine nel concedere fiducia alle altre persone. Forse è vero, si fida troppo. Ma non è una concessione per tutti, ovviamente. <Forse perchè quelle persone si meritano la mia fiducia, Hana. Non credi?> domanda, quasi retoricamente, il jinchuuriki alla genin. <Sono felice che tu abbia accettato> un altro sorriso si accentua sul suo viso chinando leggermente il capo in avanti in segno di gratitudine per la richiesta accettata. Il jinchuuriki del Kyuubi, poi, ritorna sul discorso del nome che dovrà portare il fanciullo che nascerà tra pochi mesi. <Sai.. Noi, invece, stavamo pensando ad un altro nome> inizia così ad introdurre il discorso alla nipote <Il nome di un Hokage> e Hana potrà restringere la cerchia a 6 nomi, dunque, avendo tolto la signorina Tsunade e ovviamente l'evitabile Kuugo. <Un Hokage che si è mostrato sempre come un uomo dall'anima dura e inscalfibile. Un uomo che lottava per il bene del Villaggio. E penso che quel suo mostrarsi sempre così duro, sia stato solo motivo per difendere il Villaggio da ogni minimo pericolo> ricorda, in queste frasi, alcuni aggettivi letti sulle pagine di storia quando ancora viveva nel Quartiere Senjuu. Il suo nome è <Tobirama> il Secondo Hokage. <Cosa ne pensi, Hana?> le piacerà? Le domanda il suo pensiero per questo nome e aspetta, ora, silente sempre seduto su quel cuscino.

15:18 Hana:
  [Casa Hana] E’ lì dove l’occhio non riesce, che il cuore arriva. Indipendentemente da quanto si crede, ne ha uno anche lei – pulsa, in maniera più lenta e non certo per disfunzioni dell’apparato quanto più per la lentezza che ha sia nell’accettare le emozioni, sia nel farle proprie, sia nel decifrarle. Nonostante tutto, agli occhi di una persona esterna appare – lei – come il mare più calmo di questo universo, privo d’increspature e a tratti anche di riflessi. E’ dentro che la tempesta imperversa, i tuoni ruggiscono e l’eco lontano del loro frastuono raggiunge il jinchuuriki scatenandogli qualsivoglia istinto di protezione in lei. Come sedativo iniettato in vena, le sue parole raggiungono le sue orecchie – calmano, mediante una nenia di rassicurazioni, quel leggero stato di tumulto mentre inspira, con una certa flemma. < Hnm.> scusarsi. Lo fa spesso. E allo stesso modo lui, spesso, le ripete di non farlo. Ora che la presa dal suo braccio si è placata, dissipata, non può far altro che tirarlo indietro e nascondere la mano – vergognandosi come una ladra ma pronta ad accettare qualsiasi legge del taglione. Fiducia. Ancora. Perché s’aggrappa ostinatamente a questo discorso, quando c’è lui? Incapace per la prima volta di guardarlo negli occhi per poter affermare che forse ha ragione, defila il proprio sguardo denigrandolo altrove – in un punto, un angolo qualsiasi della stanza. Batte le palpebre lasciando che la copertura trasparente del liquido le rinfreschi, soggetta ad una morsa che parte dal ventre e le stringe il cuore. Si rifiuta anche solo di precipitare nuovamente in un baratro che possa ricordarle lui: una persona che le è stata appiccata addosso, come la colla vinilica, per mano del fato. Il suo mignolo legato da un cordone, e non un filo, rosso ed invisibile, indissolubile e già deciso – alla mano di… < Sai già come la penso a riguardo.> accantona così il discorso, il pensiero, la sua figura accartocciata come il pezzo di carta con su scritti pensieri erronei da voler buttare nel cestino. Sa già, lui, come la pensa sulla fiducia. Una come lei, come può cederla così facilmente? E’ una cosa risaputa, qualcosa che nel futuro la costringerà a rendere sempre più piccola la cerchia di persone che può sopportare nell’arco di una giornata. < Come avrei potuto rifiutare?> inclina di poco il capo, in quella domanda che sa di retorico. Come avrebbe potuto declinare un onore del genere? < Tutto per la mia famiglia.> sarebbe pronta a cucirlo sulla pelle, se solo servisse – famiglia, paese, hokage. < Mhn.> comprime le labbra, riflesse – nel suo essersi avvicinata alla storia non le sarà nemmeno difficile fare una cernita e raggiungere ancor prima un eventuale responso. Lascia, tuttavia, che sia lui ad annunciarlo. < E continui ad avere quest’affascinante aria da romanticone, dedito alle cose passate e sentimentali> cinguetta, quasi stuzzicandolo: in parte suona quasi come un complimento – qualcosa che, a potergli invidiare, invidierebbe. Così come la facilità che prova nel dare fiducia. < Vedi, Hitomu. Noi, più che le altre popolazioni, abbiamo la fortuna di conservare nel nostro nome un significato.> non necessariamente legato solo ad una traduzione. < Un ricordo, un avvenimento, un oggetto, qualcosa che vogliamo far “restare”.> ci leghiamo ai ricordi consapevoli che un giorno sfumeranno. < E’ questo, il ricordo che hai scelto di far rivivere?> quello di Tobirama? Conosce già la tua risposta. < In tal caso, saprai da te che si tratta della scelta giusta. Ed io non posso far altro che concordare.> come ovvio che sia. < Ma ricordati: per quanto un nome sia la composizione di poche sillabe e talvolta è relegato al nulla, altre volte è intriso di responsabilità non indifferenti. Ricordati di tutte le responsabilità che questo bambino avrà, fin dalla sua nascita.> questo è il peso dell’avere su di sé, dalla nascita, un nome importante. Il cognome di un Clan. L’appartenenza a delle figure di spicco. < Ad ogni modo, per smorzare i toni > principia, tentando d’issarsi < Mi accompagneresti a cercare un kimono per il Matsuri? Magari riesco a far splendere anche te, nh?> Ha-che simpatica. E’ con questa intenzione che proverebbe, semplicemente, a lasciarsi scorrere la giornata addosso in tranquillità esattamente come il sole di una nuova primavera che imperversa. [end]

15:52 Hitomu:
 La guarda ancora, come se esistesse solo lei in quella stanza e come se il suo bene fosse essenziale per lui. Ricorda ancora la prima volta che l'ha vista. Si trovavano nel cortile dell'Accademia.. Il jinchuuriki, giunto insieme al suo fidato compagno Akendo, che compare sul terreno pronto ad esaminare lei. E Hana, giunta da quei di Kusa, che tutto si aspettava tranne che viver quelle ore di continue sorprese. Se c'era un modo più tranquillo per conoscersi la prima volta, non è stato nemmeno pensato dall'Hokage purtroppo. E se magari fosse stato tutto un suo piano? E se Hana avesse dovuto andar via con Akendo quel giorno? E se Akendo avesse dovuto veder in lei quel qualcosa in più? Forse, è solo il pensiero di un piano complicato.. Chi lo sa. Ebbene, sì. Sa già come la kunoichi la pensa al riguardo. E infatti non le dice nulla di più. Ci prova ogni volta, ma è come scontrarsi con un muro. Ascolta le sue parole, saggie nel studiare il pensiero del jinchuuriki nell'affidare un nome così importante al marmocchio dormiente, ancora, nel grembo della madre. <Da questo nome, voglio che impari una cosa: la libertà nel fare la scelta che si vuole per un ideale giusto> il Secondo Hokage voleva difendere il Villaggio a tutti i costi e, per farlo, decise di mostrarsi come un uomo duro e senza sentimenti anche se non lo era. E prese la decisione di non fidarsi del Clan Uchiha, per il bene della Foglia. Forse queste decisione non erano le migliori da prendere. Ma lui ha seguito la sua idea credendo che ciò che stesse facendo era giusto per il Villaggio. Quel nome deve ricordare, anche, questa libertà di scelte nella propria vita. <Tobirama Kibou Senjuu. Che sia questo il nome che mio figlio porterà..> è convinto della scelta che sta facendo. <Quando sei il figlio di un Hokage, si hanno delle responsabilità e molti si aspettano tanto da te, senza far conto del nome che porti> afferma il jinchuuriki facendo capire alla ragazza ciò che pensa <Starà a me, con il tuo aiuto, a far sì che Tobirama si dimostri una buona persona e, se vorrà, un grande shinobi> mica dovrà diventarlo per forza. <E seguirà la strada che riterrà più giusta per lui> nel senso, non è che deve diventare Hokage per forza se non lo vorrà. Conclude quindi il suo discorso ascoltando, in seguito, Hana che gli chiede un piccolo favore con una battutina. Il jinchuuriki sorride mentre attiva negli tsubo il chakra del Kyuubi. Il suo corpo diventa di color giallo, le iridi rosse e l'haori che, anch'esso del medesimo color del corpo, sembra prender fuoco nella parte inferiore. Il kyudaime allarga le braccia guardando la ragazza <Non splendo abbastanza, Hana?> scoppiando a ridere e rilasciando il chakra di Kurama subito, tornando al suo aspetto originale. <Meglio andare, dai> cerca di tornare serio guardando la ragazza lasciando che un ultimo sorriso si disegni sul suo volto. E, quindi, andranno per le vie del Villaggio alla ricerca di un kimono per la signorina e la giornata scorrerà così fino al calar del Sole. END

{ Ha appena espresso, nel modo migliore che può fare una donna incapace d’esprimere i propri sentimenti, un miscuglio d’irritazione, paura, sconforto e possessività e lui… non fa altro che mettere nelle sue mani la possibile creatura artefice di tutto ciò? Scuote il capo, quasi sorridendo. Quasi – ed è un traguardo, considerando che non lo fa mai. "Hai sempre quest’insana abitudine di fidarti degli altri, tanto da mettere nelle loro mani le vite dei tuoi cari" }


E ancora una volta, è lui ad insegnarle cos'è la "famiglia".