Ti leggo negl'occhi. | Affinità innata I - Byakugan

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14:38 Hana:
  [Sotto una quercia] Sono state le ultime gocce del mese, in base agli avvenimenti e alle scoperte, a renderla più resistente – sia fisicamente che mentalmente. Non che non fosse già pronta ma ha imparato a fare il callo anche a due o tre notizie sconvolgenti di seguito, riuscendo a deglutire e a mostrarsi infallibile benchè sia ben lungi dalla perfezione. In qualche modo è riuscita ad avere due modelli di perfezione diversa ai quali aspirare: la prima, una perfezione probabilmente impeccabile, un’esistenza votata ad incanalare quanto più potere possibile al modico prezzo di una strada solitaria e priva di qualsivoglia forma d’affetto. L’altra, una strada che a differenza dell’altra riesce sia a darti il potere sia la presenza di qualcuno, ma inevitabilmente lascia sulle tue spalle una quantità di ansia e preoccupazione non indifferente per i legami che riesci a creare: sotto alcuni punti di vista, la mente sembra obbligarla nella prima diramazione perseguendo uno stile di vita degno del Sennin, Akendo. Inconsapevolmente, il cuore perderebbe qualche battito per un solo capello torto al Kage o alla propria famiglia, e questo le dà modo di constatare i primi cenni di debolezza conseguiti in base all’affetto o alla devozione, lealtà, che può provare verso Konoha. Si è trascinata fin lì solo per il gusto di poter rendere fiero quello che si professa essere membro di un nuovo ramo della famiglia nella quale, senza sorprendersi più di tanto, è entrata a far parte: tra suo zio, sua madre e sua padre, lei è stata semplicemente l’ultima a scoprire se stessa… eppure dicono che il fiore che sboccia nelle avversità è il più bello ed il più raro di tutti. Si è presa i suoi tempi, esattamente. Se si bada a tutto questo trascorso, non è impossibile comprendere come che ci sia il sole o la tempesta, la cosa non la tange minimamente: abbastanza resistente da spergiurare qualsivoglia malanno – a suo dire – quindi sufficientemente in grado da sopportare tuoni e tempeste pronte ad imperversare sulla prateria. E’ a molti metri di distanza sia dalla torretta presieduta da due jonin ed un ninja, abbastanza lontana anche dal monumento ai caduti al quale ha reso omaggio con una ghirlanda di camelie bianche. Siede sotto una quercia secolare lasciando che le poche goccioline capaci di filtrare tra i rami intersecati degli arbusti si depositino sul viso o sul capo, vista la posizione assunta: seduta, a mo’ di indiano, con le palpebre socchiuse. Indossa, un po’ come suo solito, un lungo giaccone che le copre il busto e – mediante il collo alto – anche metà del volto, fino al naso, occultando le labbra: il coprifronte di Konoha che ne attesta il raggiungimento del grado da genin è coperto per tanto da questo lembo di stoffa, giacchè si ritrova legato intorno al proprio collo. Le gambe nivee si intravedono sbucare, mentre una fascia recinta la coscia destra mantenendo parte dei kunai e degli shuriken che si è portata dietro. Nelle tasche filo di nylon conduttore e semplice, con svariati fuda, accompagnano la permanenza della Hyuga intenta a respirare traendo lunghe sorsate d’ossigeno prima di chetarsi. Le dita vengono accompagnate all’altezza del petto, componendo in meno di un secondo il sigillo della Capra, pronto a tessere le basi per quel che è l’impasto del chakra che – attingendo dall’energia mentale e fisica – si ritrova a vorticare all’altezza dell’addome, zampillando per tutto il corpo. [ Chakra ON ]

15:12 Takasugi:
  [Alberi] Ruvido e duro il secolare legno sfiora la sua schiena e le sue gambe, non donando il pregio di una carezza ma la sicurezza di una presa salda, e al tempo stesso sussurrando storie, narrando gesta, quasi impaziente di trovare orecchie giovani con cui condividere la sua conoscenza, figlia di chi per lungo tempo ha spiato gli avvenimenti del mondo umano da quella posizione di cornice, prima ancora ch'è un altro compagno, destinato alla lunga vita e fatto di cemento, venisse eretto in mezzo al prato. Le fronde invece, giovani e più ineffabili, caduche come la vita degli umani, strette sotto il gioco dell'eterno ciclo che vede morte e rinascita susseguirsi senza meta, sono sferzate dal tumultuoso vento, quasi un ruggito da parte del cielo stanco di veder un altro ciclo non trovar mai fine, quello delle violenze del popolo degli shinobi. Lampi ogni tanto rischiarano il grigio del cielo, gocce d'acqua bagnano il crine corvino del Genin incuneandosi fra le foglie e posandosi a volte sulle pagine del libro di poesie che tiene nella mano destra, e gli uccellini questa volta non cantano, lasciando l'udito immerso nella solitudine se non fosse per i versi della Natura. Appollaiato sopra un ramo sta, vestendo nonostante il tempo una sorta di mezzokimono nero e rosso, smanicato, e dei pantaloni larghi bianchi, portando con sè in dei borselli fuda, kunai e fili di Nylon, equipaggiamento d'ordinanza oltre il libro che legge ed il libro dedicato all'Arte della Guerra tenuto ora invece da parte. Laddove il corpo ancora non può viaggiare per mondi diversi in cerca di nuove emozioni può farlo la mente, sempre in cerca di nuove pagine, di nuove storie, di nuovi spunti. Qualcuno l'ha definito secchione pur se l'apparenza non è tale, qualcun altro un tipo loquace pur se non tende ad essere circondato dalle persone. Non ha mai saputo godersi la normalità, la vita quotidiana vista come una restrizione, sempre proiettato al futuro, non sfrenatamente ambizioso ma desideroso, si, di fare, vedere, di scoprire, in una certa misura di mettersi alla prova, tremendamente consapevole e non peccando d'assenza di modestia, di buone capacità. Pur se era Reietto non è la voglia di riscattare un nome che lo muove, anche se il nome Nara inconsciamente ha pesato sulle spalle donandogli qualcosa che prima non conosceva: le responsabilità. Non è neanche il desiderio di fama, o di attenzioni. Forse, cosa che non ammetterebbe mai, c'è un piccolo senso di rivalsa, un urlo silente che si traduce in un: "Perchè ci hai lasciato?", riferito alla sua condizione familiare. O, più semplicemente, c'è solo l'innata volontà di trovare un posto confacente alla sua mente sempre in moto, sempre viva, non adatta ad essere ancora al terreno della quotidianità, della semplicità, dell'assenza di Poesia e Immaginazione, tipicamente figlie delle grandi gesta, quelle capaci di ispirare, di far sognare, di regalare esempi, di cambiare la storia. Abile ad analizzare il prossimo pecca nell'analizzare se stesso, o semplicemente non si ritiene interessante, convinto di conoscersi. Le palpebre si abbassano e le mani s'uniscono dunque nel sigillo caprino, mentre due luci opposte s'incontrano ad altezza addominale fondendosi in un abbraccio e prendendo ad irradiare tutto il sistema circolatorio. Un senso di vita, d'energia, che ama e di cui non può fare a meno, e che gli sarà utile per compiere la successiva movenza. La mano destra tiene il libro mentre la sinistra cinge il ramo su cui siede e...oplà, si lascia cadere arrivando al suolo, sul praticello, coperto ancora dalla chioma dell'albero. Sospira guardando innanzi, cercando il prato, mentre alla sua sinistra, pochi alberi più in là, si trova la Hyuga seduta e di cui non s'era accorto. Male, per uno Shinobi in erba. E se la coda dell'occhio può adocchiare quella figura la mente non riceve, rapita dal paesaggio. La Natura lo cattura, per lui è fonte per il Chakra, è tutto per un ninja, ed ora lo è. Il coprifronte brilla cinto sul bicipite destro. [ Chakra On]

15:25 Hana:
  [Sotto una quercia] Non vacilla più nella facilità di un compito tanto banale, come l’attivazione e l’impasto del proprio chakra, divenuta mansione all’ordine del giorno: esegue, così come ci si aspetterebbe l’esecuzione perfetta e priva di sbavature di un genin, mentre le dita si sciolgono dal proprio intreccio. Umetta le labbra ignorando le prime goccioline che pendono dalle punte della frangia bicromatica senza poterla adocchiare giacchè gli occhi permangono socchiusi. Inspira con cautela, quasi potesse filtrare e analizzare ogni particella di aria: i primi sintomi di una malata cronica per l’ordine che iniziano ad avanzare. La melodia sancita dal tamburellare dell’acqua piovana è diventata scandita, a tratti metricamente precisa nel suo battere contro il fogliame. L’odore che ne percepisce è quello di fitta vegetazione, quasi rasente quello di Kusa per l’intensità dell’alone che ne emana, mentre la pioggia via via cancella in parte gli odori originali di chi pullula e abita nel posto. Così come il flusso di un torrente, il chakra inizia a scorrere scrosciando sulla pelle, iniziando ad imperlarsi in ogni cellula fino a raggiungere l’apice: gli occhi. Una camminata a ritroso dell’acqua di una cascata, dal basso verso l’alto mentre raggiunge i bulbi oculari, così come potrebbe essere la scalata per una carpa Koi pronta a raggiungere la vetta per poter aspirare al mutamento – un dragone. Così diceva la leggenda. Il tutto è ovviamente accompagnato dalle dita che, senza perder tempo, verrebbero riunite nel sigillo della tigre per poter spintonare il chakra ed eseguire così quanto le è stato insegnato, o meglio dettato, giorni prima. Va a sensazioni, così carpisce quando effettivamente il chakra è abbastanza da lambire ogni parte dei bulbi oculari di modo che possa aleggiare in prossimità di quest’ultimi mutando parte del colore degli occhi: una patina biancastra, perlacea a dire il vero, si deposita incrostandosi sulle iridi e allo stesso tempo lo sforzo si tramuta in vene leggermente annunciate, canali del chakra, che si intorpidiscono in prossimità degli zigomi. Riapre le palpebre ormai divenute oggetto vecchio vittime di un nuovo mutamento, ritrovandosi a battere più volte le ciglia per poi spalancarle del tutto: è tutto così… chiaro. Addirittura l’opacità del clima non la tange, rendendole facile osservare le piccole cose. E se non fosse stato per l’urlo espresso al cielo, si sarebbe trovata comunque a seguire il flusso vitale che a seconda della gittata e dalla graduazione della propria visione, avrebbe comunque adocchiato. Accosta la schiena alla quercia sorprendendosi ancora nell’esser lì a sviluppare una cosa di tale portata, riuscendo a capire solo in minima parte cosa si possa provare a vedere il mondo con “occhi diversi” – almeno un decimo di quello che potrebbe sperimentare il Sennin. Non le serve voltarsi, non le serve nemmeno parlare: non le serve nulla. Vede, e tanto le basta per constatare che sì – c’è un disturbatore. Apparentemente, non sembra tangerla. Interiormente forse rosica, leggermente – avrebbe preferito di gran lunga rimanere da sola, lì, senza sforzarsi per spiegare niente a nessuno e senza piantagrane che potessero infastidirla. | [ Chakra ON - 24/25 ] [ Tenta : Byakugan I ]

15:56 Takasugi:
  [Sotto una quercia] Inspira a pieni polmoni socchiudendo le palpebre e negandosi, per un po', una vista più dettagliata dell'ambiente. Pur se si è da sempre abituati a guardare con gli occhi, la Natura parla forte a tutti i sensi, ed è con essi che ha imparato a guardare il giovane Shinobi. Si tratta di percepire, di mettere in comunione la forza vitale che scorre nel corpo con quella che ci scorre attorno, si tratta di abbandonare l'Ego e guardarsi dall'esterno, con gli occhi del Chakra che ora solletica il suo derma ed ogni membra. Il sole è coperto dal Cielo e l'ombra del Nara è flebile, percossa pur se immateriale dalle gocce di pioggia che ora bagnano le ciocche dei suoi capelli dalle punte cremisi, come le sue vesti, perchè non si sposta subito, non cerca riparo, distratto e al tempo stesso interessato dalla visione, dall'elemento di rottura dell'ambiente. La comunicazione d'altronde è la percezione d'una differenza e non è una percezione a cui si può sfuggire facilmente quella, seppur la situazione che l'ha generata non è tanto differente da quella che attorniava il Genin. Il fatto strano..è che non si aspettava di non essere solo. Vizioso nei suoi modi di fare non può esimersi dal catturare i dettagli di quella figura, con un'occhiata che in città sarebbe sembrata fuoriluogo ma giustificata teoricamente dal fatto che si trovano all'esterno, in tempo di guerra. Nessun coprifronte, accessori tipici di uno Shinobi, sicurezza, ma un'età simile alla sua, quasi da Accademia. No, questa volta non elabora, non pianifica, non si prepara alle conseguenze che potrebbe voler dire compiere un incontro pericoloso in quella situazione. Non potrebbe mai inquadrare la nivea figura come un potenziale pericolo, per diversi motivi, ma soprattutto il suo pensiero ora viaggia su altri binari. Tremendamente analitico e quasi maniacale in maniera ossessiva sullo studio del più piccolo dettaglio in combattimento, è....rilassato, svagato quasi, con l'aria a volte spaesata, nella normalità. La Raccolta di Haiku da una parte, l'Arte della Guerra dall'altra, due mondi non diversi ma che si possono incontrare, come l'Energie Psichica e quella Fisica. Compie dei passi avvicinandosi a lei ma rimanendo ad una distanza oltre il limite minimo di quella che prossemicamente è definita distanza sociale, poggiando parte della schiena ed il braccio destro sul tronco di una quercia situata alla sinistra della Genin, distante quindi qualche metro. La vede non voltarsi, è forse curioso se lo farà, ne nota di profilo l'occhio candido e le venature più spesse, e ed è difficile non pensare a dei famosi occhi noti in tutta Konoha. Eppure nulla di questo sfiora la sua mente, già proiettata su un elemento, già in pressione sulla lingua che desidera muoversi, dietro le labbra, accarezzando l'aria e generando...delle parole. <Mi hai fatto pensare a una Poesia> non ha problemi a nascondere il suo pensiero, incurante delle regole sociali, dell'apparenze, dei modi per compiacere una società vetusta. Gli occhi si abbassano dunque mentre la mano sinistra apre il libro poggiando i polpastrelli di indice e medio su una levigata e bianca pagina a circa metà della Raccolta, e gli occhi scuri, al contrario ora di quelli della Hyuga, si posano sul testo. <Scendono lievi, ondeggiano nel vento / bianchi pensieri.> Non si muove da lì, rimanendo quasi in contemplazione di quelle poche parole, prima di ruotare leggermente il capo portando lo sguardo sul profilo della ragazza da cui vede la chioma bianca, ma non la nera. <Il pensiero può essere pesante, ma la tua aria è leggera...eppure, non credo che siano leggeri i pensieri che ti attraversano. È bello> semplicemente bello, in sè, quasi una dote, l'apparir come Fiore sempre e comunque, capace di sbocciare nelle intemperie senza pungersi fra i rovi. [ Chakra On ]

16:19 Hana:
  [Sotto una quercia] Si ridesta, lasciando che il capo penzoli in avanti e abbandonando il tronco presso il quale aveva trovato ricovero con la schiena per potersi far forza al tutto concentrato in un microcosmo: i suoi occhi. Una parte di sè è ancora radicata nella convinzione che, sviluppare una cosa del genere, avrebbe richiesto l’aiuto o la perseveranza di un sensei sul quale contare – in un certo senso è spaurita benchè non lo ammetta né le carni si aggrappino ad inutili tremolii, d’altro canto a pensarci non riuscirebbe a concedersi alle premure di qualcun altro che non può essere affine o possessore di un doujutsu. Le mani si sciolgono dal sigillo, le dita affusolate raggiungono la brina depositata sul fondo dell’erba. Inconsapevolmente, sebbene gli occhi siano spalancati e proiettati in avanti, lo guarda: è quella la sensazione che si prova nell’essere osservati ma nel non riuscire a capire chi e da dove ci osserva, Takasugi? E’ forse questa l’unica leggerezza che può far trasparire da un’occhiata non diretta, poiché consapevole che se solo si cimentasse nel voltare il capo potrebbe dargli tutto il peso della sentenza del proprio sguardo. Batte le palpebre, la saliva incastrata nella cavità orale vien deglutita quasi con naturalezza nonostante l’aria che annaspa per poter farci il callo con il byakugan. Nonostante la poca vicinanza, egli non è lontano abbastanza da non poter essere udito e così – irrimediabilmente – il corso d’acqua viene messo in secondo piano. E’ come porre un rametto su di un ruscello deviandone il corso, la voce del ragazzo sguscia via raggiungendo le orecchie. Storce il naso a sua volta metà camuffato dal giaccone, le vene intorno agli occhi paiono quasi irrigidirsi, diventare più marcate, mentre l’effimero dispendio di chakra vien consumato per alimentare quella visione via via più chiara: a tratti ci si perde nelle parole altrui benchè poche e significative, distratta dai dettagli che può carpire a massimo cinquecento metri da sé. < Nh-> Poesia. A quella parola scuote leggermente il capo, batte le palpebre ancora, torna a “non-guardarlo” benchè riesca a farlo avendo una gittata di duecento gradi. Entrambi i libri che sostiene per lei sono pura ovvietà, alla base della sua cultura rigida e ligia all’istruzione impartita da una famiglia abbastanza autorevole ed esigente. Non sorride poiché difficilmente si concede a queste sfumature, ancora vittima del “disturbo” si prende la briga di rispondere con un altro haiku del grande maestro < Che mondo, dove i fiori di loto vengono arati e trasformati in campo.> agli occhi di uno stolto parole effimere messe in croce per dare un aria di sapienza. Agli occhi di chi mastica queste parole e la stessa poesia, non sarà difficile comprendere come si paragoni al fastidio provato da un fiore di loto che si vede arato. Lo paragona a colui che è intento a disturbare, ad arare il campo: è così che sa essere brusca, lei. Anche nelle parole non si spreca più di tanto né nell’offendere né ad essere “pesante” – è equilibrata. Fa comprendere i suoi intenti cucendo arazzi di sillabe impeccabili ricorrendo alla propria memoria. S’accorge forse d’essere stata troppo precipitosa o abbastanza brutale benchè non lo paia, ed è forse per questo che < Lascia che ti corregga. I pensieri bianchi sono i pensieri più pesanti di questo mondo.> a giudicare dal libro, dalle parole, e dalla scelta dell’Haiku dev’essere un ragazzo alle prime armi in queste cose. Appassionato, forse, ne fa elogio all’iniziativa. Eppure da precisina com’è, non può fare a meno di fargli notare che < Sono i pensieri dedicati ai morti.> bianco è il colore della morte, pura, incondizionata, contrapposta al nero occidentale. Questo non vuol dire che sia un colore “negativo”, anzi – è anche simbolo di luce, speranza. E’ quasi un controsenso il bianco, s’addice a lei che ne riporta il gemello corrispettivo e opposto, il nero. < E questo posto ne è pieno.> [ Chakra 23/25] [ Tenta > Byakugan I ]

16:54 Takasugi:
  [Sotto una quercia] Attende in un certo senso ma non attende spasmodicamente, sapendosi beare anche del silenzio, della pausa fra le parole capace d'acquisire significato più delle stesse, paziente e conscio che il tempo va rispettato, che il momento in cui qualcosa avviene è sempre quello giusto, e che ripaga l'attesa. Concentrarsi sul vento fresco sulla pelle, o sull'odore forte dell'erba bramata dalla pioggia, non è d'altronde un male per lui, che finalmente poi può scoprire una nuova voce, delle nuove note e con essa il frammento di una personalità. Non serve descriversi nè raccontarsi per mostrarsi, sono le intenzioni stesse a parlare di noi, è l'atto cognitivo della scelta di determinate parole o l'associazione inconscia che porta a portare alla mente immagini, com'è avvenuto per lui poco prima. <Languore d'Inverno: nel mondo di un solo colore/ il suono del vento> risponde alla prima affermazione, andando ora a memoria, forse perchè il caso l'ha visto leggere tali versi poc'anzi, forse perchè sono versi a cui tiene. Può sembrare una giustifica eppure non ha il bisogno di farlo, non abituato a chiedere il permesso, a dare conto agli altri, a seguire un'educazione precisa come invece fa lei, abituato solo essere se stesso, a seguire l'istinto, il suo modo di essere, lasciandolo scorrere, decidendo di "non fare", di non porre vincoli, di non creare sovrastrutture, proprio come scorre incurante il ruscello che trascina con sè quel rametto. Il suono del Vento è ciò che l'ha condotto lì, ovvero il colore della ragazza, diverso dall'unico colore del Mondo: una tempesta in una prateria. La differenza di cui prima. Eppure il bello di questa tipologia di versi è proprio ciò che manca, ciò che non è detto, come se il lettore dovesse riempirli, collegarli, metterci del suo, completarsi col suo essere e col suo vissuto per donar loro un ulteriore senso. E dunque, non coglie offesa in quelle parole, e se la coglie non se ne cruccia, prendendole come un trampolino per tuffarsi in un nuovo laghetto, una nuova fonte d'immagini e di suggestioni. <D'altronde la Bellezza può lasciarne spazio ad un altro tipo> mentre prende a proferire nuove parole la schiena s'adagia ancor di più sul tronco della quercia, ed il busto ruota offrendo un profilo perfetto alla giovane Genin. < Sorrisi, convivialità, vita....forse, i fiori, sono felici di donare a chi sa chiedere con gentilezza> arare i campi vuol dire sostentamento, porre fine alle sofferenze di un infante, può voler dire anche egoismo, avidità, ma perchè vedere il Nero delle cose? Può essere cieco a differenza di chi tutto vede, ma...lo sguardo è beato nel Bianco, così come ora è solo il bianco di quella chioma che può notare. Interessato ascolta le nuove parole, sorpreso anche dalla conoscenza della ragazza, dotta probabilmente dalla precisione del dire, dalla manifestazione di conoscenze in un modo ben diverso dall'attitudine Naif del Nara. Sorride invece lui, leggero, più con le labbra che con gli occhi, dando nuovamente poi voce ai suoi pensieri. <Pesantezza, leggerezza...parole, con tante sfumature, come quelle che abbiamo appena proferito> fa una pausa, prima di riprendere. <Un Pensiero bianco, può essere leggero in un senso...può donare sollievo, può donare speranza, può rinfrancare il cuore> i morti d'altronde sono lassù per guardarci, e proteggerci. Pesanti come profondità, questo si lo sa, ma gioca con le sfumature e con le interpretazioni. <Non deve essere rimpianto, abbandono, può essere tante cose> la mano destra chiude dunque il libro, ed il volto esprime, per diversi momenti, riflessione, come se fosse perso nei ricordi, o nel mare dei pensieri. < Questo posto d'altronde è fatto per noi, non per loro. Non ha bisogno chi ha lasciato questa Terra di farsi onorare, ma ha bisogno di è stato lasciato...di ulteriore compagnia, di non sentirsi solo, di ottenere...quel rinfranco> la sua visione, mentre la schiena viene fatta scivolare sul tronco, atto che porta quasi ad un alzarsi della veste che copre il busto, fino a quando le natiche incontrano l'erbetta poggiandosi....su un'ombra. < Il Bello di queste parole è che....son capaci di significare molte cose, di proiettare la mente verso tanti mondi. Non sono istruzioni, sono sensazioni, e le sensazioni dell'autore possono differire dalle sensazioni di chi legge. Si fanno in due, e trovo...sorprendente, di come qualcosa dedicato ai Morti, nella mia mente è stata evocato dalla vista di un Fiore di Ciliegio> un fiore dalle tonalità chiare, come quei capelli <Seppur spero...non arato, ma intatto> per riprendere la precedente metafora. < E di come quegli stessi versi sono mutati, adattandosi al Vento, resistendo...e tornando a brillare al Sole, dopo la tempesta> ovvero, come impregnati di...nuova luce. [ Chakra On]

17:15 Hana:
  [Sotto una quercia] L’incompleto non deve essere riempito, altrimenti non sarebbe “vuoto”. L’incompleto è un simbolo, e significa la mancanza: fa intuire che “qualcosa non va”. Al tempio di famiglia c’è una poesia intitolata “la mancanza” incisa nella pietra. Ci sono tre parole ma il poeta le ha cancellate: non si può leggere la mancanza. Solo avvertirla. Scuote il capo, socchiudendo le palpebre per un tempo sufficientemente prolungato da far capire all’altro che sia fatto di proposito: aggiungere una nuova poesia alle due già citate è come riempire il piatto di una ciotola già traboccante. Un fronzolo di troppo, alla fin fine l’estetica della poesia – specie di quella degli eremiti – è lì nei quattro pilastri: semplicità, irregolarità, suggestione e deperibilità. Se a mancare è l’una, tutte le altre sono superflue. In quella fiumana in piena non trova il giusto equilibrio, è uno sbilanciarsi continuo di tempestività che non le si addice per nulla tant’è che se ne viene con una semplice e naturale constatazione: < Parli troppo.> il tono è equilibrato, non lo sta ammonendo né tentando di offendere – potrebbe risultare quasi un consiglio. Non s’interroga di certo sulla natura di una conversazione del genere, né di quanto sia poco convenzionale parlare così con un estraneo: ultimamente le è successa una concatenazione di fatti che le hanno fatto perdere la speranza sulla “normalità” della vita di uno shinobi. Così come l’educazione che le è stata imposta, permane in silenzio tuttavia lasciando che lui inebri parte dell’etere con le sue parole: in parte le ascolta, l’altra parte di sé è ancora intenta ad osservare – c’è da dire che ora come ora potrebbe avere la situazione sotto controllo per almeno cinquecento metri, benchè di tanto i intanto la visione traballi. Lascia sgusciare parte del proprio sguardo oltre il giaccone , nascondendo ancora per una volta il viso. Senza osservare l’altro ma donandogli il fianco sinistro totalmente bianco, s’arrogherebbe il diritto di contestare solo in parte il suo pensiero < Non significano tante cose. Sono gli altri, semplicemente, ad interpretarli a seconda della propria visione. > il quadro generale: del resto colui che scrive, descrive una sola cosa – il suo pensiero, con l’intento di trasmettere quello. Poi è l’empirico di ognuno a deturpare o abbellire il pensiero del poeta. < Ed io, personalmente, non avrei la presunzione di interpretare qualcosa se i miei occhi sono così inesperti ed incapaci di vedere l’altro lato della medaglia.> le basterebbe voltarsi, lasciar cadere l’altro lato della mela, sguinzagliare il nero per fargli vedere che in un modo o nell’altro anche l’istinto sa ingannare. Ma non lo fa, perché dovrebbe? Non è un suo dovere. < C’è troppa perifrasi nelle tue frasi. La bellezza di un Haiku è rinchiusa nelle diciassette more in cui il tutto è sigillato.> quasi ermetico. < Impara ad approcciarti così alla vita, e vedrai che ti risulterà più semplice comprendere un Haiku.> socchiude di nuovo le palpebre, lasciando che pian piano le venature diventino leggermente più sottili, ma senza scomparire. [ Chakra 22/25] [ Byakugan I ]

21:41 Takasugi:
  [Sotto una quercia] <Pensi....troppo> ribatte così, condividendo il suo pensiero senza muri, come non pare alzarne lei. Lui che dice a qualcuno di pensare troppo potrebbe sembrare ironico eppure dipende dal contenuto del pensiero. È la mancanza, ciò che non viene detto, a suggerire il significato di quelle due semplici parole. Se prima navigava in un mare di lettere, il mare solcato dalla nave dell'emisfero destro del suo cervello era un mare...colorato, tumultuoso, il cui orizzonte non appare chiaro. Un mare fatto di connessioni, di immagini, di salti logici, un mare poetico, fantasioso. Le parole della ragazza invece sono poche, eppur più "verbose" per l'ottica di Takasugi, lineari, chiare. < Nelle tue vedo tanta perifrasi invece> gli occhi guardano innanzi ora, il volto è sereno. < Un Haiku è sigillato in diciassette more, si, ma la bellezza risiede in quel tutto > nel contenuto, secondo la sua idea, non solamente nella forma. <Dovresti....imparare ad approcciarti in quest'altro modo, alla vita> non esplicitato, gioca al suo gioco, segue il suo consiglio in quanto non ha motivo di non farlo avendo lui iniziato quel dialogo. < E ti sarà più semplice abbandonare la Cattedra e trasformare, il paesaggio che ti circonda, in un dipinto> sorride affabilmente, divertito comunque dal modo di fare della ragazza, perchè inusuale, com'è inusuale trovare qualcuno che mastica bene certi argomenti, e lo fa esprimendo la sua filosofia, il suo modo di vedere le cose. Pur studioso non è mai stato schiavo dei formalismi, delle convenzioni, non gradisce i "limiti" pur rispettandoli, o le vie prestabilite da seguire, quanto il trovarsi immerso in un grande buco nero da colorare, momento per momento, con i propri passi. E, giacchè pensa troppo, è sempre stato abituato a dedurre ed abdurre, a leggere fra le righe, a fare ipotesi su chi gli sta vicino. Non può non apparire colta la giovane, non può non dare l'impressione di chi ha studiato ricevendo un'educazione severa, austera, ma di livello. La compostezza, si, ma anche il fatto che non è caduta nei mondi dipinti dalle parole del Nara, ancorandosi invece alla Forma che ha criticato, al pensiero logico, alle conoscenze accademiche, precise, pur probabilmente senza volendo ostentare, ma abituata a non sbagliare e di conseguenza sviluppando uno spirito critico deciso. <Eppure è l'ancora non capace che, presuntuoso...scopre, riscopre, inventa> non rimanendo mai schiavo delle barriere apparentemente insuperabili, ma pensando nuovi modi per abbatterle, inventando magari nuovi strade. <Sii presuntuosa> così potrai vedere anche tu l'altro lato della medaglia, il "mondo" di Takasugi, diverso da quello della Genin, per quanto simile in certi tratti. Le mani, dette queste parole, si uniscono formando il sigillo del Ratto all'altezza dello sterno, incanalando il Chakra, che vede aumentare la velocità del suo flusso, verso il basso, passando per il busto, risalendo per le cosce vista la posizione seduta con la schiena contro il tronco, e scendendo nuovamente fino ai piedi. Qui il Chakra abbandonerà il corpo che l'ha generato, o che ha generato, lasciando quasi timidamente le piante dei piedi e prendendo ad irrorare la pallida macchia scura situata sotto Takasugi. Da pallida, a viva, ruggente, quasi materiale, la sua Ombra si fa nera, e densa quasi, intrisa di Chakra e chiedendo quasi che il suo coraggioso moto d'esistenza venga visto, notato, riconosciuto. Mentre la mandritta continua a cingere l'indice e il medio mancini, la Volontà del Nara spinge l'ombra a muoversi verso sinistra, arrivando a metà della non lunga distanza fra i due giovani, e ricreando l'imitazione della parte superiore del corpo del Nara, per quanto innaturale. La composizione "artistica" eseguita con l'eccezzional strumento però continua, e dalla sagoma nera del busto del Genin prenderebbe forma un braccio, proteso verso la posizione della Hyuga. La parte rappresentante la mano però cingerebbe un fiore, più grande del normale, per il gambo, con i petali e la sua figura che sarebbero ben visibili e riconoscibili. Ruota il capo il moro, per osservare la Hyuga che forse, ora, si volterà, davanti ad un fenomeno nuovo. <Un lato dove i fiori di ciliegio non sono bianchi, ma possono essere anche neri. Un lato dove puoi cogliere un fiore senza peccare d'avidità strappandolo, o dove un fiore può nascere...anche se i campi sono stati arati>. Riprende l'Haiku di prima, dona un suo pensiero e riprende la metafora della medaglia, cambiandone anche il senso. Un Lato, ovvero un Mondo, dove le cose non sono quello che appaiono, dove non ci sono significati prestabiliti, ma in costante mutamento...come l'animo umano e la sua immaginazione. [ Attivazione Hijutsu lv 1 Chakra 19/20]

22:05 Hana:
  [Sotto una quercia] Benchè nasca sulla punta della lingua una constatazione del genere, trattiene il verbo che velocemente vorrebbe slittare fuori. Pondera, potrebbe aprirgli un mondo e far vacillare quello altrui – un po’ come avrebbe potuto fare il Sennin con lei distruggendo ogni certezza del suo vivere. E invece no, tace, si rifiuta quasi di puntare a tutti i buchi, a tutti gli spazi che lascia scoperto: in ogni momento intravedere una o più falle, aperture, cose che un ninja non dovrebbe mai permettere né permettersi esattamente come il <E tu troppo poco.> pensare poco, a suo avviso. Che ogni tanto ci si affidi ai sentimenti, all’istinto, forse non è errato: eppure se c’è una branca delle arti ninja che può condannare qualcuno con le proprie illusioni, il genjutsu, allora vuol dire che non si è infallibili sotto il punto di vista emotivo. Non gliene fa una condanna tanto meno una colpa se, coi suoi modi di fare, sembra comunque irruento e azzardato: considera in parte che quel suo modo di fare sarà sia la sua arma vincente sia la sua stessa rovina. Così come bianco e nero, lei è portata a pensare sia ciò che la infastidisce sia ciò che l’incoraggia: ammirevole è il suo modo di portarsi avanti anche da solo e a tentoni verso una cosa abbastanza difficile, snervante è invece vedersi maltrattare determinati concetti quando non si hanno le basi sufficienti per poterne parlare. Ignora, lasciando scivolare il tutto via così come i detriti sul fondo del ruscello, rispondendo di rimando con quanto le sembra più idoneo < Non ne ho bisogno.> non ha bisogno di essere presuntuosa: non è arte coltivata nella sua mente, non è un dettaglio indispensabile a compiere il proprio dovere. Ancora una volta non ha bisogno né di voltarsi né di fingersi effettivamente sorpresa: riesce a vederlo, a vedere la sua ombra, a vedere i dettagli che mostra senza effettivamente guardarlo né spingere il proprio viso altrove. Sorprendente come, nell’effettivo, riesca a vedere oltre le persone: il flusso vitare, il chakra altrui che viene impastato e rimodellato, una cosa tanto suggestiva ma apparentemente semplice, alla portata di mano, che potrebbe invidiare i pilastri dell’estetica poetica. Nell’effettivo forse non tutti i mali vengono per nuocere, e la presenza del ragazzo si rivela propedeutica per i suoi esperimenti. Riesce ad intravedere la propria composizione, a seguirne parte del costrutto e della messa in scena e tutto questo senza fare una parola. E’ di difficile lettura, la Hyuga. L’hanno sempre detto, persino suo zio – nonostante sia alle prime armi – c’ha provato, ne è convenuto con la medesima descrizione. Se fosse un libro, non sarebbe dotata di una particolare copertina ma le cose scritte all’interno potrebbero sorprendere per i pochi capaci di comprendere quanto vi è scritto. Inspira, reputando che per oggi sia abbastanza. Dopo essersi goduta la scena, le basterà far defluire il chakra dai bulbi ora socchiusi, lasciando dissipare la linea sottile delle vene dapprima marcate e ora via via sempre meno chiare in un processo cauto, delicato, lento poiché ancora instabile benchè paia essere a buon punto con l’affinità della propria innata. L’ultimo colore a prendere il suo scranno è il nero dell’iride destra, tornata nuovamente pece e abbandonando il perlaceo. < Perdonami, sono sicura che i tuoi siano i migliori degli intenti. Sono certa che ognuno di noi ha da imparare qualcosa dagli altri, ma attualmente non è questo il mio compito.> né qualcosa che effettivamente le compete o tanto meno le interessa. < Quindi non volermene, ma non sarò presuntuosa. Non se non ve ne è vero bisogno.> e, per quanto riguarda gli Haiku o le sue parole < Le parole sono un’amabile convenzione capace di generare fin troppo fraintendimento. Talvolta, è bene non affidarsi troppo a ciò che vuole interpretare con i propri pensieri, ma rimanere fedeli a quanto espresso da chi ce le sottopone.> non sente il bisogno di trasformare il paesaggio in un dipinto, tanto meno di seguire consigli che non le sono attualmente utili. [ Chakra 21/25][ Byakugan I]

22:36 Takasugi:
  [Sotto una quercia] Non ha aperture chi nulla nasconde forse, il contrario invece? Forse, ma non è lì per mettere a nudo una persona, per capirne l'animo al solo scopo di tirare fuori la verità, per mettere alla prova le sue dote di osservazione. È lì per conoscere e al tempo stesso perchè la casualità di un incontro fortuito e non banale non va mai gettata, vista la normalità della quotidianità che non permette, infatti, di conoscere alcunchè. Sono i guizzi che portano a qualcosa, che siano emozioni o spunti, che siano momenti di difficoltà o vittorie, che sia qualcuno capace di metterti a nudo o capace di innalzare barriere. <Lo sei appena stata> presuntuosa. Sorride di nuovo non mollando il sigillo ed alzando le iridi al cielo. <I tuoi occhi non sono capaci di vedere il mio lato della medaglia, eppure mi hai interpretato. Potrai dire che ho fatto lo stesso, ma non ho negato la mia presunzione> è la Natura che l'aiuta a pensare poco, oltre che la Poesia, un modo mettere in funzione l'emisfero destro e riequilibrare il gran lavoro che il sinistro svolge di continuo, con le sue caratteristiche analitiche, e che la ragazza forse conoscerà in Missione. <Fai solo ciò di cui hai bisogno?> è curioso però, del suo dire, e si volta guardandone il profilo visto lo sguardo non ricambiato. <Posso chiederti perchè hai avuto il bisogno di recarti qui, in un bel giorno di pioggia, a guardare la natura?> una domanda personale, a differenza delle altre, che lo portano all'utilizzo di una cortesia, sentita invero, non imposta da modi di fare ereditati. Una frase come quella detta prima dalla ragazza potrebbe far pensare a un animale, o un oggetto, il primo mosso dai bisogni, il secondo usato per un fine, eppure è un atto umano quello di recarsi lì per un puro moto dell'animo, o un desio, o qualcosa che non sa. <Questo è un errore> risponde poi in merito alle parole, lasciando i secondi scorrere per riflettere un po', forse per lasciare che la ragazza anticipi coi suoi pensieri il dire del Nara. < Se ora sei ancora qua seduta, e non vedi in me una minaccia, non è per ciò che dico, ma perchè il contesto te lo suggerisce, e puoi interpretare le mie intenzioni. Siamo Shinobi, no?> una deduzione riguardo il ruolo della Hyuga, dovuto, oltre a quegli accessori di solito in dotazione ai ninja, sopratutto al fenomeno visto nei suoi occhi, seppur solo in parte non avendo avuto da lei la frontalità, un fenomeno che interpreta come figlio del Chakra. <È forse uno di quei mondi dove l'apparenza non combacia mai con la vertià delle cose> menzogne, inganni, tradimenti e trucchi. Le mani si stringono ancora mentre l'ombra prosegue il suo tragitto non sfaldandosi. Dal gambo del fiore compare la forma di un'altra mano, poi di un braccio, ed infine del capo e del busto della Genin, fino a congiungersi con la sua ombra reale presente sotto il suo corpo. <Hai studiato l'Arte per necessità, dovere o imposizione, non per Passione...non è vero?> altra domanda figlia di una sua deduzione. Conosce gli Haiku, eppur chiunque di sensibile all'arte avrebbe degnato di un occhiata, o commentato, quella sorta di quadro in movimento disegnato sul prato. E le parole poi esprimono una filosofia finalistica troppo marcata, così come il fantasioso non pare solleticare l'interesse della ragazza. Non si può dire che pensi poco, seppur tutti questi dettagli scorrono in una dimensione quasi inconscia, ment'egli parla. <Quel fiore nero comunque...ora è tuo> le labbra nuovamente palesano un sorriso, in riferimento al completamento del disegno. [ Hijutsu lv 1 chakra 18/20]

22:52 Hana:
  [Sotto una quercia] E chi lo dice? Chi nulla nasconde allora è la persona più aperta di questo mondo: pronta ad esporsi, ad ogni pericolo, perché non ha nulla da proteggere o nascondere. Chi invece è abituato ad essere accorto, a nascondere o a tener cura di qualcosa riesce a cucire meglio le proprie aperture affinchè non diventino altro che effimeri spiragli che prima o poi si tenta di coprire, tappare. < E’ la tua interpretazione.> che lei sia stata presuntuosa: agli occhi di chi ha messo in croce due parole, non è stata altro che ovvietà. Qualora vi fosse una smentita delle proprie constatazioni, allora potrebbe appurare una nuova ovvietà: qualora fosse recidiva dopo averne appurato la veridicità, allora sarebbe presuntuosa. Questo è quanto, a suo avviso. < Sarei stata presuntuosa, forse, nel dirti che quel libro non fa per te.> questo sì che sarebbe stato oltre che presuntuoso, tremendamente brutale da parte sua. < Ma non l’ho fatto. E in parte, non lo penso nemmeno. Penso solo che tu abbia bisogno di più “pratica”> se così vogliamo chiamarla. Ad ogni modo, non si considera nel presuntuoso: vacilla sempre tra la metà bianca e quella nera. Arrivati a quella domanda, divenuta ovvietà per lei, si regalerà un lungo silenzio che non vedrà risposta. Perché dire a qualcuno quello che crede di essere? Sono stati giorni, questi, in cui s’è vista affermare più volte di essere un oggetto. C’è chi avrebbe voluto farle cambiare idea innestandogliene una nuova, c’è chi avrebbe voluto lasciarla così come un vecchio quadro abbandonato sul soffitto. Attualmente non si sente in vena di intavolare un discorso con chi non conosce ma che non si risparmia dal dare “lezioni” a destra e a manca che lei non riesce a trovare nemmeno utili ai propri fini. < Certo.> che può chiederlo: sembra più propensa a rispondere alla seconda domanda. < Per non essere disturbata.> il che comunque risulterebbe un pugno nello stomaco per chi, come lui, si trova nella posizione del “disturbatore”. Alla fine è la verità: una scelta del genere verteva sul fatto che generalmente non si trovano molte persone in quel luogo – ideale per maturare ciò che è ancora acerbo. Come già detto ad ogni modo non farà di lui né una colpa né altro, tuttavia la presunzione che s’arroga nel constatare cose “non vere” – a suo avviso – le fa storcere ancora di più il naso. E’ con relativa calma che si ritrova comunque ad ammettere che < Chi ti dice che non veda in te una minaccia?> lei non si fida di nessuno, o quasi. Quando il Sennin le chiese se si fidasse nel rimanere lì, ella stessa rispose di no. La fiducia non la puoi comandare: la puoi solo acquisire, passo dopo passo. Ed il ragazzo non ha fatto nulla né per non meritarla, né per meritarla. Trae un lungo respiro, ormai il byakugan è diventato un lontano ricordo mentre le forze vengono ridestate ed il chakra scompare via via. Non riesce più a vederlo, non s’avvede più dei suoi movimenti. Lo sente solo parlare e tanto le basta. Alle ultime domande non risponde sebbene sappia cosa dire: non lo vede il caso, non ora, i tempi sono troppo acerbi. < Tienilo, per il momento.> cinguetta, issandosi con un colpo di reni. < Verrò a cogliere l’ultimo fiore, quello sbocciato nelle avversità, esattamente quando sarà maturato.> nell’effettivo gli dà prova di essersi avveduta del tutto, ovviamente ignorando il come. < Ti auguro una buona lettura. > pigolerà in conclusione, avviandosi per la propria strada ed ignorando la constatazione sull’essere uno shinobi: non è da un portakunai né da un copricapo nascosto che si distingue uno shinobi. || e n d

23:09 Takasugi:
  [Sotto una quercia] <Il bisogno dipende dai tuoi fini, da cosa cerchi. Per non far spazientire una che sembra intendersene come te...si, forse ne ho bisogno> l'autoironia per lui non è un problema, non essendo appunto un problema il fatto che lei, per il suo carattere, abbia mostrato fastidio per una mancata perfezione, o poco interesse nelle parole a lei dette. <Ben detto, ma raramente le cose vanno come pianificate> non nega di essere un "disturbatore", è lui che l'ha approcciata, eppure per quanto lei ora non ci pensi è utile, molto, conoscere gli shinobi del proprio villaggio, non farlo potrebbe voler dire incorrere nella morte, e lui questa, una persona propensa al teamwork per quanto solinga abitualmente, è fondamentale. <Perchè, se mi avessi visto come tale, non degno di fiducia, avresti fatto un errore non agendo di conseguenza. In questo esatto momento, non ti saresti potuta alzare e andare via, e ti saresti trovata a rischiare di offrirmi ciò che mi hai negato...lo sguardo> il controllo dell'ombra. Se fosse stato un malintenzionato, la Volontà della ragazza in questo momento sarebbe potuta venir soggiogata dalla sua, per quanto non l'avrebbe probabilmente fatto, non oltre a un certo punto. Una lezione sa che avrebbe potuto impartirle, questo si, ma resterà una lezione non detta, non conoscibile dalla giovane, nel bene o nel male. Eppure lo sorprende alla fine, con delle parole ben diverse da quelle pronunciate prima...poetica, una metafora, qualcosa non figlio del pensiero logico. Sorride nuovamente, lui che non si fa problemi nel palesare leggerezza, nel mostrare contentezza pure quando non ci son veri motivi per farlo. <Grazie, a presto Shinobi di Konoha>. Conclude la sua deduzione: l'età della giovane, le sentinelle poco vicine, quel doujutsu...difficilmente un ninja di quell'età avrebbe avuto le capacità di arrivare fin lì senza farsi notare. E l'ombra si dissolve, come il fiore, d'altronde non è il suo momento, non è maturo, ma prima o poi verrà colto, trovando una ricompensa dopo le avversità che ne hanno circondato la nascita e la crescita. ||

Prima o poi, lo yin incontra il suo yang. Proprio quando la shinobi sembra aver trovato il posto perfetto per allenare la propria affinità con l'innata, il suo opposto bussa alla porta con un haiku ed un fiore... d'ombra.