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con Katai, Majima

15:42 Katai:
  [Sentiero] Una splendida grigia giornata di pioggia. Il cielo uggioso si specchia contro il profilo degli alberi e le nubi temporalesche si rincorrono a nascondere l'astro infuocato che , oramai, ha iniziato la sua quotidiana discesa verso l'occidente. < Mpf > Sbuffa, sonoramente, quando oramai ha raggiunto il sentiero che si snoda attraverso le piante di ciliegio. Non ci sono fiori su quest'ultime e, di conseguenza, la landa bucolica del parco appare spoglia e semideserta. E' insolito, infatti, veder passeggiare qualcuno con quel temporale, ma , di fatto, un ombrello cremisi copre una piccola Ombra, che s'avventura, solitaria, nel bel mezzo del distretto arboreo. E' un giovane shinobi, privo del coprifronte caratteristico, ma forte della sua appartenenza ai ranghi di Kagegakure. E' vestito di abiti semplici ed umili, perlopiù scuri: una maglia dalle maniche lunghe ed il colletto alto e circolare , che sfiora il mento. Dietro di essa, sulla schiena, è disegnato un ventaglio rosso e bianco, che prende lo spazio tra le scapole e rilega l'appartenenza al clan Uchiha, o almeno così si può ipotizzare. Le leve , per quanto corte, sono fasciate da un paio di pantaloni neri, proprio come la chioma ispida e ribelle che corona la figura. Attorno alle caviglie , un paio di giri di bende stringono la stoffa alla carne, il passo alla pelle, suggellando quel legame indissolubile. I piedi, invece, schivano qualche pozza, ma per la stragrande maggioranza dei casi , invece, non la evitano affatto. E così il blu dell'indumento viene macchiato dal marrone della fanghiglia. Dietro la cintola , poi, all'altezza della natica destra, è allacciata una sacca portaoggetti contenente il suo scarno armamentario: un kunai, due fuuda nei quali sono sigillati , rispettivamente, due tronchetti per la tecnica della sostituzione , due tonici per il recupero del chakra e un tonico curativo. E così avanza, senza meta apparente, coperto solo da quell'ombrello vermiglio che sormonta la testa. [Equip: kunai x1|fuuda con tronchetto x2|tonico pf x1|tonico chakra x2]

16:00 Majima:
  [Sentiero] Una brutta giornata, quella di oggi, per uscire. I lampi in cielo avevano suggerito, qualche ora prima, che un cupo temporale stesse per arrivare. Passeggiando per le strade, si notavano le discese in cui l'acqua scorreva come un piccolo ruscello, mentre sullo sterrato l'impeto della natura iniziava a scavare formando profonde pozzanghere. Majima è di ritorno da uno shooting fotografico per lavoro, tutti gli anni all'avvicinarsi del periodo natalizio la Hatu è solita chiamare tutti i dipendenti, inclusi i corrieri, per fare una foto di gruppo. La location cambia di anno in anno e questa volta si è optato per il bosco dei ciliegi. Peccato che gli organizzatori non abbiano seguito il meteo il giorno precedente e siano stati costretti, quindi, ad annullare tutto posticipando lo shooting. Per tale ragione, è vestito piuttosto elegante rispetto al solito, sfoggiando una camicia bianca ben stirata, una cravatta nera e un paio di pantaloni di pantaloni chino arrotolati sulla caviglia. Le scarpe stonano in quanto hanno l'aspetto di un paio di sneakers bianche, segno evidente che non sia abituato a vestirsi così o che non abbia abbastanza soldi per permettersi una scarpa come dio comanda. Anche l'estremità sbottonata dalla camicia, sporgente rispetto ai pantaloni, suggerisce che non si trovi ad agio in quel completo. Infine, il look sbarazzino viene avvolto da un impermeabile azzurrino e trasparente, rimediato per 9 ryo esatti da un chioschetto di quotidiani. Lo indossa come un poncho che pare inefficace al suo scopo, in quanto numerose goccioline di pioggia si sono già depositate sulla lente dei suoi occhiali compromettendo la sua vista. Visto che la foto di gruppo è balzata, ha pensato di fare una passeggiata per il parco, trovandosi lì comodo. La seconda ragione è data dalla maggiore sicurezza percepita, il bosco dei ciliegi è un luogo più pubblico e visitato rispetto all'omonimo bosco oscuro, ergo il rischio di incontrare quella dannata ragazzina candida, che l'ha tormentato ben due volte, diminuisce. Ciò non toglie che, dopo quegli abusi, senta comunque il bisogno di armarsi e impossessarsi di un mezzo per difendersi. In quel paesaggio verde e rosa, smorzato dal cielo cupo, spicca, non troppo distante, il rosso e il bianco dipinto sulla schiena di un passante. Fino ad ora ha incontrato solo una persona con la tendenza a vestirsi di scuro, da quella sera non l'ha più rivista ma le sue parole hanno riacquistato rilevanza, nella sua mente, dopo le ultime serate trascorse a Kagegakure. Avvicina la destra nella tasca dei pantaloni posteriore, per reinfilare un mazzo di carte in procinto di scivolare fuori, dapprima nascosto dal tessuto. Si avvicina, dunque, all'unico passante con l'aspetto familiare e, in modo chiassoso, ne attira l'attenzione. < Hoooooooooooooooooi! > Prolunga il verso in un suono più fastidioso che melodico, mentre agita freneticamente la mano sinistra in aria. < Katai-Saaan? > Non teme, nel pronunciare il suo nome, di confonderlo con qualcun'altro. Se proprio, quest'ultimo non si sarebbe girato. Resta solo da vedere se egli reagirà al suo richiamo.

16:07 Katai:
 Non arresta il passo, che si abbatte su erba, fango e acqua, con la stessa cadenza, quasi fosse in grado di scivolare oltre l'intemperie. Invece, la realtà, è che l'ombrello cremisi copre, parzialmente, solo la testa e le spalle ed il viso, mentre il resto del corpo si imbeve di minuscole gocce di pioggia. La mano sinistra, quella libera, in un gesto flemmatico e quasi distratto, ascende verso la cima del capo, dove incontra la chioma corvina, indomita e spettinata, passandovi attraverso con cinque dita adunche e sottili. Se possibile, quindi, la capigliatura si fa ancor più disordinata, ma permane in una caratteristica acconciatura che ricade sulla fronte e sulla nuca, come un nido di serpi irretite. La destra, invece, rafforza la presa sul manico dell'ombrello, poggiato sulla spalla omolaterale, così che risulti poco più di un mero impiccio a cui badare. Non ha timore della pioggia, tantomeno della solitudine, alla quale ora, volutamente, si è costretto, per lasciare che i pensieri vaghino senza sosta, né interruzioni. L'ennesimo tuono scuote le fondamenta del Mondo, annunciando la venuta dell'agente atmosferico avverso. Eppure, dipende dai punti di vista, dal momento che oggi, lui, ha intenzionalmente ricercato quella solitaria passeggiata, intenzionato a meditare sui fatti accaduti. E non nota Majima, né il suo crine verdastro, almeno fin quando la voce di questi non giunge, copiosa, alle orecchie. < Nh ?! > Rinviene, scosso dal suo torpore meditabondo, in favore di una torsione del busto, non così lesta come ci si aspetterebbe da un ninja, ma fluida nel movimento antiorario, che porta la spalla sinistra a rivolgersi per prima verso Majima, quindi accompagna il volto, che, di tre quarti, sfida l'impermeabile dell'altro. Un occhio, proprio il sinistro, si pianta contro quel volto famigliare, di cui però, ricorda più il soprannome che altro. < Lucky Maji ! > Esordisce, in un flebile sussurro, sorpreso da quel saluto così svenato.

16:25 Majima:
  [Sentiero] Ricevuta la conferma sull'identità del vagabondo, avrebbe ridotto, con passo lesto, le distanze tra di loro portandosi a circa un metro da lui. Dopodiché, se egli avesse voluto, avrebbe passeggiato accanto a lui per qualche metro. Reagisce sorridendo quando sente il suo soprannome, gli fa sempre piacere quando i suoi amici e conoscenti lo prendono sulla parola. Lucky Maji è un appellativo più importante, per lui, di quanto sembri, in quanto risale a uno dei periodi significativi della sua infanzia. È stato suo nonno a inventarlo e ad abituarlo, da quel momento si è sempre presentato come Majima il fortunato. D'altro canto, è deprimente realizzare che a causa della demenza il suo vecchio non è nemmeno più in grado di ricordarlo, apparendo in uno stato vegetativo incosciente, pare quasi di non riconoscerlo più. < Lucky Maji-desu! > Indica sé stesso con il pollice, mentre conferma con entusiasmo di essere proprio lui. < Che ci fai qui, sei a caccia di yōkai? > Domanda con tono palesemente ironico, a dire il vero non lo conosce abbastanza per fare ipotesi più precise. Sarebbe curioso di scoprire come passa il suo tempo libero, dato che l'unico elemento noto su di lei, che gli è rimasto, riguarda l'idea di proteggere. Avrebbe posto l'accento proprio su quest'ultima, con la prossima affermazione. < Sai, ogni tanto ripenso a ciò che mi hai detto quella sera. > Solo loro due conoscono bene la sera cui si riferiscono, quella in cui si è comportato da idiota di fronte al chiosco di ramen, la stessa in cui ha minacciato quel povero cuoco di lasciare recensioni negative. Alla fine l'astio nei confronti di quel locale gli è pure passato, anche perché non è ancora in grado di recensire i locali. Prima di tutto, sente di dover prendere maggior dimestichezza con le funzioni basilari del suo cellulare, che ha trascurato in favore di Ninjagram, all'apparenza ben più stimolante di una macchina fotografica. In quell'istante la sua mente inizia a divagare, dando tempo a lui di riempire il vuoto nella conversazione, ma si presto sarebbe soffermata su quanto più lo preoccupa. < Ultimamente mi stanno succedendo cose strane... > Il tono è più serio, la voce si fa più profonda ma il timbro diminuisce di volume, segno che la questione lo turba non poco. < Non ti dico cosa ho visto da Ichiraku... non mi crederesti mai. > Scuote il capo, come se bastasse a eliminare quel terribile e disgustoso ricordo. Non leggendo giornali e non tenendosi informato, ancora è ignaro di quanto sia noto l'episodio che vede come protagonista la dissenteria spontanea di quasi tutti i commensali al chiosco di Konoha.

16:31 Katai:
 Lo sciabordio delle acque piovane copre i suoi silenzi. E non sono pochi. Dopo l'iniziale saluto, infatti, non ha aggiunto altro. Ed ora se ne sta lì, fermo, immobile, con il collo ed il busto torti, come un rapace che ha colto la preda dietro di sé, all'improvviso. La mano sull'ombrello è ferma, salda, mentre la sinistra discende lungo la china del fianco, dopo aver trapassato la solidità della chioma corvina. < ... > Non un fiato, bensì le labbra giunte e serrate, mentre l'occhio sinistro, buio come le notti private delle loro stelle, striscia sul volto del postino, che oggi, per chissà quale assurda occasione, sfoggia il suo miglior repertorio d'abbigliamento - o quasi. Lo ricorda, lui, per quello che è: uno scommettitore, forse fin troppo azzardato. E come tale, ora, lo tratta, infatti esita. Non batte ciglio, ma si limita a fissarlo, in silenzio, in attesa che chiarisca la sua posizione, nonché il suo teatrale saluto. E non pare aspettarsi grandi cose, né grandi rivelazioni, non mentre indossa quello sguardo vitreo, diluito in un oceano d'inchiostro scuro. < !! > Le sopracciglia si sollevano, in un fremito di sorpresa, che scivola da un capo all'altro del viso, come una fugace comparsa, nascosta dall'epidermide, tanto veloce ad apparire quanto lesta a scomparire e perlopiù indecifrabile. Rimane solamente la leggera fessura tra le labbra, schiuse ad inalare una boccata d'ossigeno bagnata dall'umidità della pioggia. < Cosa ti ho detto ? > Ripete, fermo sul posto, lasciando che l'altro lo sorpassi, per un metro o forse due, prima di riprendere a camminare, senza badare alla pozza d'acqua che incontra, un attimo dopo e vi finisce in mezzo. Lo sguardo, però, non si abbassa, anzi, il collo torna lievemente diritto , trascinando con sè un'occhiata densa , ma distante. < Quali cose ? > Ha visto o gli accadono ? Una domanda, per entrambe le risposte. Una solamente, laconico e conciso.

16:52 Majima:
  [Sentiero] Cammina con distrazione, totalmente assorto nei suoi pensieri. Sente di avere bisogno di parlarne con qualcuno ma al tempo stesso riemergono emozioni negative, tanto forti da farlo tentennare ed esitare. Non può fare a meno di credere che quanto vissuto mette in evidenzia, a prescindere, una sua chiara debolezza. Eppure, è proprio questa faida a renderlo la persona che è, la leggerezza e innocenza con cui affronta la vita rappresenta lui in tutto è per tutto. Questa è la prima occasione in cui la disinibizione gli si è rivolta contro e l'ha messo in pericolo, adesso ha anche solo paura di uscire di casa e ritrovarsi quella ragazzina maledetta. Trovarsi in quel parco lo fa sentire al sicuro ma il dubbio viene perpetrato in lui. Persiste la possibilità che, da un momento all'altro, lei possa sbucare fuori dal nulla e maltrattarlo o drogarlo, così come ha fatto in precedenza. Ancora più odioso è rivedere il suo sorriso, impresso nei ricordi, quel dannato sorriso gaudente. Non ne può più di vederlo, perciò rispondere alla domanda di lui rappresenta la più accessibile e immediata distrazione che può sfruttare. < Hai detto che avresti protetto chi ne ha bisogno. > A fatica riesce a dirlo, perché prova sincero imbarazzo, sufficiente a farlo voltare dall'altro lato, come se volesse precludersi la reazione di lui. Non vuole sembrare di chiedere aiuto, crede di potersela cavare da solo e vuole dimostrare, anche a sé stesso, di essere forte abbastanza. Preferisce non intavolare la questione di Ichiraku, non ancora almeno, perché ritenuta meno importante rispetto al terrore psicologico subito. < C'è questa... ragazzina. > Inizia a farfugliare quando menziona il soggetto, iniziando a sentirsi a ridicolo. Possibile che sia in difficoltà a causa di una semplice ragazzina, cos'è, un problema d'amore per caso? Non affatto, la questione lo mette in difficoltà più di quanto vuole ammettere. < Sono in due, in realtà, l'uomo che è con lei è alto poco più di me. > L'episodio inizia ad acquistare chiarezza, tuttavia urge specificare cosa è capitato di preciso. Avvicina la mano sinistra al mento, come se ciò coadiuvasse il raffiorare di un ricordo più nitido. < Ma credo sia lei la principale responsabile. > Lo sta tenendo veramente sulle spine, in parte perché non riesce bene a capacitarsi o a spiegare con certezza le dinamiche dell'episodio. < Credo mi abbia drogato almeno due volte. Credo mi stia inseguendo. > Parole tremolanti, la paura inizia a trasparire dal suo tono. < Ogni volta che... che mi si avvicina, succedono cose... strane, non... non capisco! > Detta così, potrebbe davvero trattarsi di una questione amorosa. < Una volta ho visto gli alberi avvolgersi attorno a me... un'altra volta ho visto una schiera di copie sue, identiche, fuori da Ichiraku. > Eccola che ritorna nella sua mente, quel sorriso, quella visione orribile. Vorrebbe cancellarla, vorrebbe poter smettere di vederla e di pensarci. Se solo in quel momento l'occhio di Katai fosse caduto sui polsi di lui, parzialmente celati dalla camicia, avrebbe visto due lividi sbiaditi, all'apparenza rosati, in processo di guarigione.

17:05 Katai:
 Il passo ora riprende, più lento, misurato e accorto di prima. Avanza tenendo la mano destra sul manico dell'ombrello e la sinistra, ora, s'infila nella tasca omolaterale dei pantaloni, quest'ultimi, ampi e comodi, accompagnano l'avvicendarsi delle leve inferiori, una dopo l'altra, in un andirivieni continuo e cadenzato. < ... > Non replica alle sue prime parole, anzi, distoglie lo sguardo, fissando il sentiero dinanzi a sé. E ambedue le iridi nere si abbassano, proprio sul selciato, rincorrendo i rivoli d'acqua che scivolano sul terreno umido e bagnato. Il titillare della pioggia contro l'ombrello e l'impermeabile scandisce i suoi pensieri, nonché i suoi silenzi. le spalle, in tutto ciò, rimangono lievemente curve, anteposte, quasi sostenessero un peso ben maggiore di quello dell'ombrello. Un peso invisibile, che grava sul collo, inducendo quest'ultimo ad un'impercettibile flessione. < Sì, l'ho detto..> Ammette, in un flebile sussurro, quasi rivolto più a se stesso che all'altro, ma indubbiamente appesantito, almeno nel tono, da qualcosa che esula dal loro discorso e si percepisce, inconfondibile, nella cadenza della voce. Quindi stringe le labbra, sollevando gli occhi sull'altro, ascoltandone il racconto, senza indugi. < ! > Sbatte le ciglia, una volta solamente, quando la necessità altrui si palesa a gli atti. < Cosa ti fa pensare tutto questo ? > Domanda, incalzandolo, nonostante sia evidente la sua remora, nonostante sia evidente l'altrui difficoltà a parlarne - o almeno così sembra. < Cosa succede quando ti si avvicina ? > Domanda ancora, volendo comprendere più a fondo cosa stia realmente accadendo. < Perché pensi che ti stia inseguendo ? > Una domanda dietro l'altra, senza dargli sosta, né tregua. La sua denuncia, in fondo, è oltremodo grave. Vuole vederci chiaro e non tramite lo Sharingan.

17:33 Majima:
  [Sentiero] Eccola lì, l'incognita più grande, palesatasi di fronte ai suoi occhi come una massa putrescente di dubbi ed emozioni negative. Riesce a quasi a percepirla, mentre divora, centimetro dopo centimetro, quello splendente parco, specchio emblematico della sua mente. Buffo trovare similitudini alla sua condizione in quei nuvoloni carichi d'acqua che può osservare sopra la sua testa. Vorrebbe tanto che fosse così semplice lavare la propria anima e il proprio spirito come accade sui tetti, durante la pioggia. Non gli dispiacerebbe avere il suo acquazzone personale, pronto a sciacquarlo, espiandolo da tutto ciò che prova. Un reset totale, come quello che accade quando spegne il telefono dopo averlo utilizzato. Perché a metterlo più in difficoltà è proprio l'assenza di una reale e comprensibile motivazione dietro a tutto ciò: perché manipolarlo? perché drogarlo e inseguirlo? Cos'ha fatto di male? Una di quelle sere stava semplicemente passeggiando al limitare del bosco oscuro, possibile che una persona non possa andare in passeggiata senza rischiare di essere bistrattato? Non sa bene come interpretare l'alterazione nel tono di lui, quando conferma di aver proferito quelle parole. L'unica cosa che può fare è rassicurarlo, promettendogli di non aver realmente bisogno di lui, forse mentendo a sé stesso. < Non ti sto chiedendo protezione, Katai-San. > Ciò viene detto partendo dal presupposto di esserne convinto, eppure il discorso antecedente non dimostra che Majima abbia il pieno controllo della situazione. È proprio l'impossibilità a trovare una quadra a rendere chiara la possibile soluzione, perché al momento tutto quello che può tentare di fare è restare chiuso in casa. Oppure, altra possibilità, procurarsi un mezzo di difesa. Proprio questo andrebbe chiedere all'Uchiha, riducendo la richiesta d'aiuto a un passaparola sui rivenditori. < Ho bisogno di una lama. Conosci qualcuno capace di forgiarne una? > Facile immaginare le sue intenzioni da quelle parole, per quanto in realtà non stia realmente pensando di voler uccidere quella ragazzina. Ancora non è del tutto convinto in merito al suo ruolo, sospetta che ella sia portatrice di mala sorte e spetti a lui, in quanto vassallo di buona sorta, portare a termine la sua esecuzione. < La realtà cambia, quando c'è lei. > Inizia a gesticolare, in un disperato tentativo di rendere più chiara la spiegazione. Data l'inesperienza, ancora non sospetta di essere stato vittima, più volte, di arti illusorie. < Vedo cose che un attimo prima non c'erano... e sono reali, riesco perfino a sentirle. > Con buona probabilità non è stato attento quando in accademia hanno spiegato i fondamenti delle Genjutsu. Infila entrambe le mani nelle tasche frontali dei pantaloni, alla ricerca di un riparto da tutta quella pioggia. Ignora, per il momento, l'ammasso di goccioline depositatesi sui suoi occhiali, sperando che vadano via da sole tra un passo e l'altro. Arresterebbe il movimento, all'improvviso, cercando lo sguardo di Katai. < Ero a un passo... un singolo passo, dal colpirli. Ma sono spariti dalla mia vista. > Avvicina l'indice al pollice, creando una piccola fessura per indicare la distanza tra lui e la coppia di malintenzionati. < Avevo perfino impastato il chakra però... sono forti, l'uomo ha bloccato i miei pugni. > Da qui si spiegano i lividi, sempre più apparenti, attorno ai suoi polsi. Inavvertitamente ha rivelato di essere uno shinobi, ma non vi attribuisce troppo peso giacché a contare veramente, nella sua mentale scala gerarchica, v'è il suo ruolo di kendoka. < Prima di sparire, la ragazzina tutta bianca mi ha detto che la diverto. > È questa, dunque, la giustificazione per una tale tortura? Il sangue ribolle, in lui, quando è costretto a ripetere questa frase e dalle tasche dei pantaloni appaiono evidenti le sagome delle sue mani chiuse a pugno.

17:44 Katai:
 Lentamente scema la pioggia. Inesorabilmente le nubi si diradano, a poco a poco, così le gocce, sempre meno fitte. Ed il rumore, poi, cessa progressivamente. Un alito di vento gelido accompagna ancora la dipartita del temporale, soffiandolo lontano, così come i capelli del giovane Uchiha, che si dibattono sulla fronte e sul capo. < ... > In silenzio ascolta la versione del postino, che si frammenta in più parti, divenendo complicata da seguire, almeno quanto lo sia da capire. Forse neanche lui è pienamente cosciente di ciò che è accaduto, dal momento che trova estremamente difficile ricollegare i pezzi di quella vicenda. < Mh > Mugugna, in un sordido e gutturale suono che proviene dalla gola e si stampa contro le labbra giunte, unite, strette in una linea sottile e rosea, che solca il viso, poco al di sopra del mento aguzzo. I suoi lineamenti obliqui e ripidi, in tutto ciò, permangono tesi, vagamente rigidi, soprattutto nella linea della mascella e degli zigomi. Quella è la sua unica reazione - ed azione - al racconto di cui s'impregna, come la tela d'un quadro sulla quale viene gettato l'inchiostro. < Una lama ? > RIpete, retorico, sollevando ambedue le sopracciglia e spintonando le orbite. Armare un postino non è la sua priorità, al momento, ma questo non toglie che l'idea vi si sofferma, più di una volta, proprio durante il proseguo di quel discorso. < Perché non armarti di parole, invece ? > Perché tutti pensano di causare Dolore nel Dolore ? Perché non limitarsi a capire le motivazioni dell'altro e , magari, trovarvi un punto di svolta ? Il MOndo degli Shinobi sta realmente implodendo ? O sono solo quelle mura asfissianti ad aver reso Kagegakure un posto peggiore ? Domande senza risposta, che tuttavia albergano nella mente del giovane Uchiha e si rincorrono come rapaci in una gabbia troppo stretta. Non lo squadra da cima a piedi, motivo per cui non riesce a cogliere i lividi su i suoi polsi, se non quando solleva una mano per mimare la distanza che lo ha separato dai suoi aguzzini. < Hai combattuto ? > DOmanda, in tono investigativo, inquisitorio. < Dovresti denunciare la cosa a gli Anbu. > O chi per loro, insomma. ( Attualità Lv.1). Sono la cosa più simile ad una forza di polizia che abbia imparato a conoscere. < O alla Shinsengumi. > Continua, forte di quel ricordo di un salvatore oramai quasi dimenticato, ma vivido nella sua mente. < Sei uno shinobi ? > Conclude, arrestando anch'egli il passo, alzando lo sguardo per incatenarlo a gli occhi altrui.

18:13 Majima:
  [Sentiero] Non gli dispiace più, ora che ha provato, l'idea di aprirsi con qualcuno. Lungi dall'essere alla totale ricerca di comprensione, poiché i dettagli precisi dell'episodio sono oscuri perfino a lui che l'ha vissuto, ma parlarne con qualcuno sta già avendo effetto. Certo, questo non è sufficiente a esiliare il desiderio di rivalsa sulla molestatrice, ma quantomeno sta permettendo a Majima di esplorare nuove opzioni. Scuote il capo incessantemente alla prima proposta di lui, finendo anche per chiudere gli occhi, segno di scarso apprezzamento. Avvicina l'indice destro alla bocca, che per un primo momento rimane serrata, e subito dopo spiega il motivo della sua negazione. < Ci ho già provato, non ha funzionato. > Anche quando le ha chiesto direttamente quale fossero le sue intenzioni ella non ha saputo fornire una motivazione sensata. In verità, non è proprio da lui alzare le mani senza motivo, se arriva a usare i pugni, o ancora peggio la sua spada, significa che è stato provocato. Prima di attaccare qualcuno, a prescindere dal movente, delega quella decisione a uno dei sette kami della fortuna. Presumibilmente, quest'ultimo gli parla e comunica l'esito direttamente al postino, che agirà di conseguenza. Non ucciderebbe se non per volontà divina, tantomeno si azzarderebbe a prendere decisioni così importanti senza il benestare della dea bendata. < Se non posso girarmene per Kagegakure senza il rischio di essere preso di mira... > Proferisce, in un momento di ardua accettazione della realtà. < Significa che devo starmene a casa, chiuso in camera, per sempre. > Una terribile prospettiva di vita, lo sguardo perso nel vuoto unito al tenute tono di voce fa quasi sospettare che la stia sul serio considerando come una possibilità. < Altrimenti, posso girare con una katana. > L'arma prediletta da qualsiasi kendoka, si pensa che oltre a un potente e letale strumento sia anche simboleggiante dello status sociale di una persona. Purtroppo, a causa della profonda ignoranza che il postino ha in merito alla gestione della sicurezza in quel di Kusagakure, l'idea di esporre denuncia entra ed esce dalle sue orecchie nello stesso istante. < Hai. > Ammette poi, senza vergogna, non conoscendo la scarsa reputazione attribuita ai ninja dallo stesso governo. < Tutte le settimane vado ad allenarmi in un dojo di Oto, ho iniziato il mio percorso come kendoka. > Cioè il praticante di Kendo, quest'informazione basterà a spiegare la richiesta iniziale di indicargli qualcuno che sappia forgiare una lama. Tipicamente, chi è del settore, vuole proprio farsi realizzare una katana su richiesta, con le specifiche dipendenti da preferenze dell'utilizzatore, cangianti in base alla sua altezza, destrezza e abilità a impugnare l'arma. Ricorda solo in quell'istante, dopo aver parlato in eccesso, di aver posto una domanda che non ha ricevuto risposta. Tenterebbe, quindi, di spostare l'argomento della discussione su altro, levando quei temporanei riflettori sul suo problema che, per quanto importante, rischia di trasformarsi in un eterno ciclo di quesiti e problemi a cui non poter fornire soluzioni. < Non mi hai ancora detto che ci fai qui. > Si rifiuta di pensare che qualcuno sia uscito a passeggiare consapevole dell'imminente temporale. Può anche essere che Katai, come i dirigenti della Hatu, non abbia consultato il meteo.

18:21 Katai:
 Gli ultimi fiochi raggi di Sole filtrano tra le nubi, facendosi largo nel cielo grigio, che si va schiarendo, lentamente, fino a tingersi dei colori del tramonto. Viola e rosso e arancio dipingono la volta sopra le loro teste, sopra le teste di tutta Kagegakure. L'odore dell'erba bagnata ancora impregna le narici, ma quel titillare continuo di pioggia battente si è oramai scosso, lasciando spazio ad un più ampio colpo d'occhio. La landa del Bosco di Ciliegi si fa più scura e tetra, spoglia del suo consueto fiorire. Sono lontani dal periodo della fioritura e per questo , quelle piante, ora non sono altro che nodosi rami ritorti e intrecciati, un dedalo di legno e piccole foglie. Ognuna di esse potrebbe rappresentare la speranza di una nuova vita, di un nuovo bocciolo, ma ora, sotto lo sguardo del tramonto, che si staglia all'orizzonte, verso occidente ; non c'è molto spazio per l'immaginazione, se non quella di Majima stesso. < ... > Lo ascolta, volutamente in silenzio, lasciando che possa snocciolare quanto più gli aggrada, quanto più gli è possibile. < Cos'hai provato a fare ? > Incalza, tenendo ancora l'ombrello sul capo, nonostante non avverta più la vibrazione della frana d'acqua su di esso. Tantomeno il rumore. E' come se si fosse dimenticato di essere lì, in quel preciso momento, in quel determinato istante ed ora risulti esule, in patria, rispetto a tutto e tutti. < Non è facendoti giustizia da solo che risolverai la cosa. > Ora, la questione, si fa anche personale, molto più personale. < La giustizia sommaria non ha arbitri, né kami. > E' la verità, sputata dalla bocca di un - quasi - quindicenne. < Rivolgiti alle autorità e loro sapranno cosa fare. > Quindi raccoglie , a stento, quel cambio di discorso, in ultima istanza. < Stavo solo passeggiando. > Rivela, nel pi lampante e chiaro dei significati, letterali oltretutto. Ma è palese come sia una mera constatazione dei fatti, non la realtà.

18:48 Majima:
  [Sentiero] Appare ancora più evidente, quando egli pone enfasi sulla proposta di rivolgersi alle autorità preposte dal governo per esercitare giustizia, che vi sia un profondo coinvolgimento emotivo da parte di Majima. S'abbandona a un profondo sospiro, quando sente quelle parole, perché riconosce in queste un fondo di verità, ma al tempo stesso non sembra soddisfatto. < Ho provato a parlarci, come hai detto tu, ma hanno continuato a importunarmi. > Pensa solo adesso di fornire chiarezza, ma nel dirlo sente il bisogno di riprendere a camminare, come se passare sotto alle foglie del ciliegio lo espiasse in qualche modo dai suoi pensieri più ostili. < Forse hai ragione. > Eppure, dopo averlo detto, inizia a mordicchiarsi il dorso del dito indice, come se avesse un qualche tic nervoso o sentisse bisogno di sfogare la tensione. Ma non sembra convinto, i suoi occhi dardeggiano tra le verdi colline ai lati del parco, alla ricerca di una risposta, che mai troverà, in quel verde rassicurante, lo stesso che porta sopra al capo. < Ma non sarei soddisfatto... anche se venissero sbattuti in galera. > È forse quello l'esordio di un sopito sintomo di vendetta, vuole davvero ripagare i due con la stessa moneta? Non ne è certo nemmeno lui, però è lo scopo superiore a creargli questo dubbio. Quest'aspetto della sua vita è difficile da spiegare all'Uchiha, in verità non sa nemmeno da dove iniziare. Però può provarci, può partire da ciò che accomuna tutti gli shinobi, in un modo o nell'altro. < Penso che anche tu abbia un qualche scopo, Katai-San. > Si riferisce a un nindo, un obbiettivo, l'origine che motiva ciascuna persona ad alzarsi dal letto presto e a dormire tardi dopo ore di fatica, lavoro o allenamento. < Io, beh... ecco, io veglio sulle persone fortunate e meno fortunate. > Parla con solennità, riferendosi a concetti che con buona probabilità sono chiari solo nella sua mente. < Ho come il presentimento che quella ragazzina bianca sia una portatrice di sfortuna. > Per il cittadino medio di Kagegakure quelle non sono altro che baggianate, ormai in pochi credono al concetto di fato e in pochissimi attribuiscono questo ruolo alle sette divinità della fortuna, ancor meno all'idea di 'ruota della fortuna'. < L'idea che lei vada in giro e faccia le stesse cose che ha fatto a me ad altri... mi fa incazzare. > Chiude i pugni, tornando a guardare Katai, spera di trovare comprensione mentre proferisce queste parole, per quanto non possa sempre aspettarsi totale empatia nel prossimo. < Se ci penso, mi fa male lo stomaco, sento come un groviglio. > Afferra il tessuto della camicia, assieme all'impermeabile che ancora indossa nonostante l'inaspettata apparizione del tramonto. < Sento di dover fare qualcosa io. > Lo stesso sentimento che ha percepito quella sera, dopo aver combattuto con i due. Voglia di agire e reagire affinché non accada più quello che ha vissuto, né a sé stesso né a nessun altro. In un momento di genuina curiosità, proverebbe a coinvolgere anche Katai, pur avendo già scoperto la sua visione a riguardo. < Se succedesse anche a te qualcosa del genere, riusciresti a non fare nulla? > Sarebbe in grado di sopprimere le sue emozioni per lasciare che sia la giustizia a sedare il problema? Ma soprattutto: esiste la garanzia che non ricapiti più? Ecco perché vuole una katana. La ragazzina bianca non sarà la prima né l'ultima, potrebbe ricapitargli e vuole avere un'arma di difesa per prevenire quel rischio o, in caso di necessità, reagire estraendo la lama.

19:03 Katai:
 Cammina con lui, seguendolo pari passo, o quasi. Le pozze d'acqua si asciugano, pian piano e scorrono via, verso il declivio delle collinette verdeggianti, le stesse che, sotto il sole del tramonto, si tingono di sangue - e arancio. Proprio l'arancio dei capelli di una vittima recente, vittima del sistema del Mondo degli Shinobi, forse o forse di una soluzione troppo affrettata. < ... > Inspira, a fondo, gonfiando il petto e sollevando le spalle, come conseguenze della cassa toracica che s'espande. Inala ossigeno, umidità, dubbi e paure. Quando l'aria rotola giù dalle narici, invece, lo fa trascinando con sé anidride carbonica e ansie. < Perché ? > Sbotta, d'improvviso, adirato solamente in quel repentino sollevarsi della voce, che non gli lascia spazio ad altre parole, anzi s'intromette con forza nel discorso intrapreso. < Perché non ti basta la giustizia del villaggio ? > In fondo, è l'unica giustizia a cui appellarsi, la unica e sola. L'altra, invece, si chiama vendetta. < !! > Lo scopo. Lo scopo di un ninja. Quel sentiero che dovrebbe guidarlo verso la realizzazione del proprio dovere, del proprio nindo. < Io..> Si sofferma, esita, non ha idea del perché stia soffermandosi a discutere con quel postino, di cui conosce a malapena il nome - e qualche disavventura. < Io voglio estirpare la Guerra. > Ed ogni conflitto, si direbbe. Ma questo pare contrastare con ogni cosa che ha scelto di fare, con ogni passo che ha deciso di intraprendere. Con ogni persona che ha deciso d'incontrare. < Non permettere alla vendetta di macchiarti. > Scuote il capo, socchiude gli occhi, un istante di più del solito ed il mento cala verso il basso, riflessivo. < So cosa vuol dire vendicarsi. > Lui che, dall'unico parente che gli era rimasto, ha ereditato la vendetta verso la propria stirpe. Una missione sanguinosa , oltre che un paio di occhi maledetti. < Ti aiuterò a difenderti, se necessario. > Si propone, infine, quasi volesse spezzare quel circolo d'odio creatosi nel Lucky Maji < Ma non come pensi. > Corregge, di fatto, il proprio tiro. E schiude nuovamente gli occhi, alzando le iridi su di lui, il mento no. < Conosco un detective, che potrebbe aiutarti consegnare alle forze dell'ordine questa ragazza.> Nonché a trovare le prove della sua colpevolezza. Questo, però, lo omette, volutamente. < Eh ?! > Sbatte le ciglia, a quell'ultima domanda, che giunge come un pugno - il secondo - allo stomaco. < Un ninja non può sostituirsi alla legge del villaggio. > Ripete, pari passo, le righe del suo libro preferito 'La Via del Ninja - Trova il tuo bushido'.

19:37 Majima:
  [Sentiero] Tocca anche a lui, adesso, compiere una scelta per proseguire da quel bivio in cui si trova. Affidarsi alla mano della giustizia o esercitare il proprio diritto di rivalsa, scegliendo come e quando punire la perpetratrice. In tutta onestà, non sa come comportarsi. Per quanto rivelatoria e catartica, questa conversazione, l'ha comunque messo di fronte a un arbitrio che non può evitare. Se fosse per lui, lascerebbe decidere il tutto a una monetina. Testa per la giustizia, croce per la rivalsa, con un lancio troverebbe la risposta definitiva e nemmeno si pentirebbe di quella scelta, se nata dal caso. Sente di essere troppo coinvolto emotivamente per abbandonare la questione a madama sorte, per quanto comodo. < Non lo so. > Replica alle prima domande, riprendendo a mordicchiare la morbida pelle delle sue dita nel tentativo di diluire quella tensione. < Buona fortuna nel tuo obiettivo, Katai-san! > Un simile augurio, da uno legato cotanto al caso come lui, è il migliore che si può ricevere. Sorride quando avverte la sua determinazione, non può che sperare di vedere il suo sogno realizzarsi. Sussulta quando sente parlare di vendetta, non sentendosi ancora pronto ad attribuirgli quel nome. Infatti, in un attimo di panico unito ad ansia, agiterebbe entrambe le mani di fronte a sé, in un disperato tentativo di scoraggiarlo dal pensare che si tratti di redenzione personale. < N-non credo di volerla uccidere! > Da notare le parole scelte, non crede, ergo pecca di convinzione. < Katai-san, davvero, non ho bisogno del tuo aiuto. > Lo afferma, simulando una falsa convinzione. Il fatto è che non sarà mai in grado di accettare che, per risolvere un problema come quello, si è fatto aiutare da qualcuno. Proprio perché nel profondo crede che la questione riguardi solo la sua vocazione, e sia in realtà una diatriba tra vassalli di buona e mala sorte, si sente l'unico in grado di poterla affrontare. < Onestamente... non so cosa fare, ho bisogno di pensare. > Conclude, in sincerità, senza però rifiutare l'ultima proposta. Un detective gli farebbe comodo anche solo per individuare l'ubicazione della ragazza, da lì in poi potrebbe sfruttare quell'informazione per farsi giustizia da solo. < Però passami il suo numero, se ce l'hai. > Non ricorda quanto fosse afferrato in termini informatici, perciò si aspetta anche solo un'indicazione di dove poterlo trovare. Ricorda, dal loro ultimo incontro, di averlo intimato a registrarsi su Ninjagram così che potessero seguirci a vicenda. Coglierebbe solo questo ultimo momento, di presunta pausa della conversazione, per estrarre il mazzo dalla tasca dei pantaloni e mostrare all'Uchiha solo una carta. < Sono tarocchi, sto facendo pratica. > Essi si propongono come ulteriore aggiunta al suo parco di mezzi utili a decifrare la sorte. < Questa carta qui, per esempio, si chiama giustizia. > L'illustrazione mostra una spada avente l'ago di una bilancia come elsa. < Quando la carta esce dritta indica chiarezza, verità, causa ed effetto... > Non ha nemmeno pensato di spiegargli come funziona l'estrazione dei tarocchi, confida nel fatto che non sia necessaria a capire il concetto che sta esprimendo a parole sue. < Però ho imparato che quando esce storta può significare disonestà, aspettative disattese e slealtà. > È questo, quindi, che lo fa desistere dall'affidarsi alle autorità? L'idea che ci sia un lato positivo e negativo in ogni cosa? Non per forza, quella è una lettura che, in fin dei conti, non lo aiuta a districarsi dall'incertezza. Però, non avendo mai avuto rapporti positivi né negativi con le autorità, rappresenta un inconfutabile punto di partenza.

19:50 Katai:
 Solo ora, finalmente, abbassa l'ombrello. Ma il peso che grava sulle spalle non pare distendersi affatto. Il capo si solleva, assieme al resto della schiena, che si drizza, certo, ma la linea del cingolo scapolare si mantiene leggermente anteposta, flessa. Gesti lenti, flemmatici, che lo vedono armeggiare con il manico dell'ombrello prima di richiuderlo. Uno sguardo viene rivolto al cielo, sempre più nero, mentre le sagome si diluiscono tra le ombre del crepuscolo. I bordi sfumano, i contorni sbiadiscono e , qua e là, qualche luce inizia già ad accendersi. Lui, fermo sul posto, dinanzi al postino, non ha di che preoccuparsi e lo dimostra in quell'equa distribuzione del peso, su ambedue le leve inferiori, piantando bene le suole sul terreno e bilanciando il baricentro nel mezzo dei malleoli, lì dove cade. La postura è slanciata, la fisionomia longilinea. Batte le ciglia, dinanzi ai gesti convulsi che le mani altrui si dibattono a compiere. < Bene. Se non è la sua morte, quella che cerchi, è già un buon punto di partenza. > Annuisce, quasi rinfrancato, come a voler sottolineare il suo punto di vista e la sua visione, ammesso che non siano già abbastanza chiari all'interlocutore. < Ecco a te. > La mano libera, la sinistra, finisce dentro la tasca dei pantaloni, estraendone un ninjaphone che , quando acceso, illumina i bordi inferiori del volto dell'Uchiha, costringendolo a socchiudere appena gli occhi, prima di abituarsi a quel display luminoso. Digita qualche tasto, componendo il numero di Shiroichi, prima di schiaffarlo in faccia all'altro. Le sue conoscenze, infatti, arrivano fin lì. ( Informatica Lv.0) e non riescono a proseguire oltre. Lascia all'altro l'opzione di registrarlo o inviarlo da sè: < Digli che ti mando io. > Lo rassicura. < Nh ? > Mugugna, pensieroso, quando i tarocchi vengono spiegati ed esposti. < Non credo nel destino. > Lui che, di fatto, ha intrapreso una crociata contro il proprio. < Credo che si possa scrivere da sé il proprio futuro. > Rincara la dose, volutamente, anche se questo, per l'altro, potrebbe voler dire un chiaro affronto alla sua ideologia.

20:13 Majima:
  [Sentiero] Investigatore, tra parentesi Katai: lo segna così nel cellulare da poco estratto, per poi riporlo subito in una delle due tasche libere. Ormai, tra telefono, monete e tarocchi sente di aver bisogno di più tasche, un ulteriore incentivo a trovare un negozio di oggetti ninja che risponda alle sue richieste. < Arigatou. > Aggiunge, secco, dopo aver registrato sia il numero che l'indicazione aggiuntiva sul mittente da fare all'investigatore. Ancora non è sicuro del se e quando lo contatterà, però ci penserà a fondo nei giorni successivi. Gli interesserebbe parlarci anche solo per avere un secondo punto di vista esterno sulla vicenda, per quanto non risolutivo sarebbe sufficiente a farlo sentire meno impotente. < Oh. > Reagisce aprendo di poco la bocca, in segno di stupore, all'idea di lui sul fato. Non che sia tanto diverso dal pensiero comune a cui è abituato, d'altronde non può aspettarsi che tutti comprendano il ruolo della fortuna in un mondo così tanto dominato dalla tecnologia, dalla scienza e da tutto ciò che è concreto e percettibile vivamente. < Neanche io ci credo, a /quel/ destino. > Si riferisce all'idea popolare del destino già scritto e immutabile, che nemmeno lui gradisce in quanto causa di immobilità e impotenza per i più. Estrae un'ultima carta, questa volta riponendo il mazzo una volta per tutte, con una ruota di legno raffigurata al centro, assieme a un angelo, un'aquila un leone e un toro, uno per ciascuno dei quattro angoli. < Io credo in lei, la ruota della fortuna. > L'illustrazione ne recita il nome, ma questa volta Lucky Maji non perde tempo a spiegarne il significato, lasciando che sia la mente di lui a interrogarsi su cosa voglia dire quella carta. Anche perché, come tutte le altre, può uscire sia dritte che storta. Arresta il cammino, alla fine di quel discorso, per guardare l'ora e indicare al ragazzo di dover fare dietro fronte. < Mi ha fatto piacere parlarti, ti auguro ancora buona fortuna. > Il pollice della mano destra, mentre indica la parte del sentiero da cui sono venuti, evidenzia la sua prossima direzione. < Vado a vedere se i miei capi vogliono ancora fare la foto, dewa mata neee! > Può dire con sicurezza che quella conversazione con l'Uchiha abbia un minimo rallentato il crescente desiderio di vendetta, perciò è stata a dir poco vitale. Farebbe dietrofront, dunque, tornando all'inizio del bosco, senza fornire ulteriori spiegazioni circa quello shooting fotografico per cui si era preparato. [END]

20:33 Katai:
 Lui ripone l'ombrello sul fianco, saldamente tenuto nella mano dritta. Annuisce, una volta solamente, al ringraziamento altrui, volendo rafforzare quell'idea di reciproco aiuto che l'altro pare aver percepito, in qualche modo. O almeno così sembra. Ripone il ninjaphone, quindi, assieme al braccio. Ritrae quest'ultimo e infila la mano nella tasca dei pantaloni, ficcandovi dentro anche il cellulare. < Se dovessi far girare la ruota della fortuna per qualcuno , allora vieni a Kiri, nel Quartiere Povero..> Afferma, invitandolo, di fatto, a percorrere quelle strade diroccate, quelle rovine morenti, dove decadimento e disagio si alternano in ogni vicolo, sino a mescolarsi profondamente. < ..lì, quella ruota, non ha girato per nessuno > Aggiunge, duro nelle parole, ma non nel tono della voce che viene utilizzato. < ..non nel verso giusto, almeno. > Commenta, amaramente, finendo , di fatto, per prendere di nuovo un bel respiro, quasi volesse districare quel nodo allo stomaco che si è andato allacciando , progressivamente, all'altezza dello sterno. Alza una mano, infine, in segno di saluto. < Ciao Lucky Maji > Sottolinea verbalmente il suo congedo, trovandosi , poi, su un sentiero nettamente contrapposto a quello intrapreso dall'altro. Tra le ombre - e le prime luci che si vanno accendendo - si muove sino all'uscita dal Bosco, diretto verso casa. Trascina con sé quel peso di cui non ha potuto parlare, per ora, con nessuno, tantomeno con un estraneo a gli eventi che l'hanno condotto sin lì, oggi, tra la pioggia battente ed il silenzio sociale. ( E N D)

In un pomeriggio piovoso, nel Bosco dei Ciliegi, si incontrano Majima e Katai.
Il postino racconta delle sue disavventure recenti, tradendo una certa voglia di rivalsa contro chi l'ha vessato, che trova, però, un Katai contrariato e in disappunto.
L'Uchiha lascia a Majima una strada da percorrere per non farsi giustizia da solo, bensì rivolgersi alle forze ufficiali del villaggio.