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Il dinamitardo

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con Katai, Atsushi

21:54 Atsushi:
 Continua il suo vagabondare per l'immenso posto che è quel nuovo mondo, almeno per lui, completamente nuovo. Pian piano si sta addentrando attraverso nuovi posti e lungo nuove strade, ognuna delle quali potrebbe essere un punto di svolta, sebbene fino ad ora sono state solo un accumulo di eventi non del tutto interessanti. La noia è il principale elemento che segue la sua ombra, mentre avanza senza una meta da raggiungere. Cammina per strada, ma ogni tanto salta in giro su delle panchine e poi verso gli alberi. Proprio come farebbe un elemento poco sano, oppure un bambino di quattro anni, eppure anche il solo compiere azioni frivole lo fa sentire completamente libero. Il suo animo si carica di un'energia differente. < AhAh.> Se la ride proprio come farebbe un pazzo ma l'esplosione della gioia è quasi fanciullesca ed è semplicemente il risvolto di quelle emozioni strane per lui. L'utilizzo del chakra è una cosa che gli è stata insegnata per qualche assurdo motivo, tuttavia sono capacità che ha sviluppato quasi per intuizione, come se anche quelle gli venissero quasi naturali. Sebbene non lo utilizzi per alcuno scopo se non quello di tenersi aggrappato alle diverse superfici che incontra. Fino a quando non si ferma a testa in giù lungo il ramo di un albero, nemmeno fosse un pipistrello. < Perché ci sono tutte queste cose?> Le braccia si avvinghiano al petto mentre per qualche minuto si ferma pensieroso a riflettere sulle questioni del mondo e del creato, senza che qualcosa lo abbia condotto verso quei pensieri, ma intanto gli sono sgorgati per la mente senza freni. I Capelli corvini cadono per forza della gravità verso il suolo lasciando coperto il collo, mentre i suoi occhi si soffermano sulla strada sottostante prima di spostarsi verso l'alto palazzo che si può intravedere dal parco. Sono tutte cose nuove per lui e qualcosa lo incuriosisce, più di quei strani posti che ha frequentato fino ad ora. < Prima ci andavano un sacco di persone...> Rimugina ricordando alcuni avvenimenti del giorno. Proprio perché ha passato un'intera giornata in quel punto senza alcuno scopo, tanto da poter vedere la differenza tra la folla di gente rumorosa e il quasi silenzio della notte che avvolge il bosco. La sua mantella nera avvolge il corpo tenendo la schiena coperta e i suoi vestiti sono normali e monotoni. Qualsiasi dettaglio che possa essere utile non è visibile, tutto il resto della sua persona è fatto per renderlo invisibile agli occhi degli altri se non fosse appesa ad un ramo a testa in giù si direbbe tutto nella norma.

21:59 Katai:
 La notte è piena di stelle. Un firmamento fulgido risplende lontano e freddo, lassù, oltre timidi nembi che sfilano come fili di pece, da un lato all'altro dell'orizzonte. Lo sguardo di un giovane Genin è rivolto alla Luna, seppur questa si nasconda dietro un profilo scuro, falciforme. Siede su di una panchina qualunque, lungo il sentiero che conduce dall'entrata sino al laghetto interno. Indossa una maglia dal colletto alto e circolare, che sfiora il mento. Le maniche della maglia sono lunghe, almeno sino ai polsi, coperti dal tessuto scuro. Lo stesso colore dei pantaloni ampi e comodi che rivestono le leve inferiori, accavallate le une sulle altre, in una posa plastica e immobile. Attorno alle caviglie, dei giri di bende stringono l'indumento alla carne, suggellando il passo - seppur assente - con il corpo. I piedi, invece, sono stretti entro calzari ninja di una tonalità scura del blu. La punta di un piede cozza contro il tallone dell'altro, formando una piccola torre di carne, ossa, sangue e stoffa. Dietro la cintola, all'altezza della natica destra, è legata una sacca portaoggetti, contenente tutto il suo scarno armamentario: un tonico curativo, due tonici per il recupero del chakra, un kunai e due fuuda , nei quali sono sigillati, rispettivamente, due tronchetti per la tecnica della sostizuione. Nessun fronzolo, nessun monile, solamente un ventaglio, rosso e bianco, stilizzato dietro la schiena, nella porzione tra le due scapole ; abbastanza grande da poter essere visto da chiunque, abbastanza schiacciato contro lo schienale della panchina, da non poter essere visto da nessuno - almeno al momento. Non sembra avvedersi di Atsushi, non ancora almeno, poiché del tutto concentrato sulla distanza del firmamento e di quel satellite argenteo , nascosto per metà. [Equip: kunai x1|tonico chakra x2|tonico pf x1|fuuda con tronchetto x2]

22:12 Atsushi:
 Il suo flusso di pensieri viene interrotto solo dalla visione di un'altra figura che è rimasta silente per molto tempo, proprio per questo il luogo gli è parso deserto, almeno fino ad ora. <MH.> Per un istante lo osserva da quel suo strano punto, inclinando appena il capo di lato quasi a volersi rendere conto della sua esistenza o meno. Gli appare come uno strano tipo di essere umano, visto che sta osservando qualcosa che al momento si trova sotto i suoi piedi, per assurdo che sia, chi guarda la terra non può vedere il cielo. TAC. Il rumore sordo accompagna il peso del suo corpo che torna a toccare il suolo, dopo aver compiuto una semplice acrobazia per non finire propriamente schiantato di testa a terra. La sua agilità non è straordinaria, anzi, l'assenza di allenamento si vede proprio nella poco fluidità di quelle manovre. Si sarebbe avvicinato verso la medesima panchina di KATAI, rilassando la sua figura in modo evidente: le braccia tornano a pendolare lungo il corpo seguendo l'incedere lento dei suoi passi. Sono solo pochi metri quindì lo raggiungerà senza troppa fatica, molto probabilmente fino ad infastidire la luce che gli sta attorno e coprirlo con la sua ombra allungata a causa di quegli effetti di luce. < ...> Chissà cosa sta guardando nel nulla cosmico, così senza alcun motivo si getta anche lui sulla panchina proprio nel punto che resta libero dal corpo dell'altro e d'un tratto si mette nella stessa posizione. Quasi come un mimo che gioca con le figure degli altri. Si mette anche lui in quella posizione a torre giusto perché far incazzare qualcuno in modo inconsapevole può essere un suo talento naturale. Porta la schiena contro il supporto di legno e solleva lo sguardo dopo aver reclinato il capo indietro. Adesso quello che prima stava sotto i suoi piedi si trova sopra la sua testa, quasi che il mondo si fosse capovolto. < Non capisco cosa ci sia di interessante lì in alto.> Subito attacca senza motivo. Per lui le stelline e i gli altri elementi astrologici sono poco interessanti, chissà cosa ci vede l'altro. Non è un suo compito comprendere le prospettive. < Mah.> Si riporta verso il concreto e la terra, abbandonando la posizione assunta in pochi secondi. < Senti, ma tu sai qualcosa di questo posto?> Inarca appena la schiena mentre volge il suo sguardo vitreo verso l'altro mentre un debole sorriso completamente privo di vita assume forma sul viso pallido. E' una domanda semplice, ma detto da una persona così sembra quasi il piano segreto di un terrorista.

22:26 Katai:
 Il naso rivolto all'insù, così che la chioma corvina scivoli oltre la fronte, ma alcune ciocche vi si appendono come nere propaggini di una marea scura, oceanica, indomita. Lo sciabordio dell'acqua, lì in lontananza, non riesce a coprire il rumore dei passi di Atsushi, che si fanno via via più vicini, tanto da incombere su di lui in men che non si dica. < Nh ? > Un mugugno si solleva dalle labbra, andando a schiantarsi contro quest'ultime, dopo essere nato in un singhiozzo vocale della gola. E' la sua unica reazione a quell'ombra che s'intrufola nel suo campo visivo, finendo per obliare i suoi pensieri, a tal punto da indurlo a ruotare il capo, proprio in direzione dell'altro. < EH ? > Blatera, sollevando ambedue le sopracciglia, proprio in funzione di quel brivido di sorpresa che scivola sotto la pelle, da un lato all'altro del viso, come un verme fugace che striscia sotto quella nivea epidermide per poi fuggire via, tanto lesto quanto inconfondibile. Ma tutto ciò dura meno di un attimo, dando poco tempo all'altro per poter studiare la sua reazione, ancor meno tempo per poterla decifrare. Non sobbalza quando l'altro lo affianca, ma si fa più indietro, muovendosi di una spanna , lateralmente. < E' un bosco. > Replica, pacato, ma con una vena d'interesse che inclina la voce e tradisce la sua naturale curiosità. < Cosa c'è da sapere ? > Domanda, retorico, poiché non attende una reale risposta, ma si concede il lusso di studiare il volto altrui, piantandovi addosso i suoi occhi neri, abbacinanti e indiscreti.

22:38 Atsushi:
 Trova una sponda nell'altro che almeno gli risponde, tuttavia senza cogliere il suo riferimento indiretto e molto celato dietro le righe. In realtà chiunque avrebbe potuto non rispondere a ciò che desidera sapere in quel momento, anche giustamente. Non è colpa degli altri se lui non si lascia capire in modo diretto. Eppure quelle parole gli fanno crollare il mondo dentro, tanto che il suo volto pallido e fintamente amichevole - talmente finto da sembrare tutt'altro che amichevole - si spezza. La sua espressione diventa vuota e priva di alcun dettaglio rilevate. mentre la fronte si corruga quasi il suo cervello gli premesse in modo fastidioso contro il cranio. La mano si chiude in un gesto di nervosismo mentre l'altra picchietta contro la parte superiore della gamba. < Non è il bosco!> Borbotta rivolgendosi verso la strada. Si chiaramente la sua persona si rivolge a se stesso per rispondere ad un altro, come se ogni pensiero che debba restare chiuso in cassetto venga espresso senza alcuna sicurezza. < Non è chiaramente il bosco interessante. No!.> Esplica in modo netto e serio, senza però coinvolgere Katai in quelle discussioni. < EheH.> Sospira, ridendo appena. Tutto gli scorre addosso, mentre rialza appena la schiena per ritrovare una posizione migliore su quella panchina e riportare il suo sguardo verso il corpo dell'altro. Pian piano i suoi muscoli si rilassano nuovamente rendendolo più confortevole e meno pericoloso anche alla vista, anche se non è una minaccia potrebbe apparire instabile e poco rassicurante per chiunque. < Qui vengono molte persone di giorno. Tutti da quel posto alto...> Un gesto molto lento porta la mano appena sopra la sua spalla per andare ad indicare quella torre che si intravede in lontananza da quel punto. Adesso crede di aver reso molto più chiaro il suo discorso e forse le sue domande, eppure non chiede nient'altro semplicemente si sofferma sul quel dettaglio. Poi lascia che ogni cosa torni alla normalità andando nuovamente a toccare lo schienale e riportando la sua attenzione verso il mondo circostante, lasciando che l'altro possa avere il tempo di accontentare il suo desiderio. Sembra venire da un mondo diverso ed in qualche modo è un po' la sua storia ad essere fuori da quel mondo.

22:52 Katai:
 Rimane in disparte, almeno fisicamente, da quella conversazione. Sì, infatti è distante qualche centimetro dal suo interlocutore e , tale distanza, si fa via via maggiore, mentre l'altro continua a parlare. Non sarebbe la prima volta che incontra una persona ubriaca in un bosco di Kagegakure. QUesta volta, però, niente coprifronte, niente ninnoli o decori che possano ricondurlo a questo o quel gruppo organizzato, che sia famigliare o meno. < Oh. > Biascica, mentre coglie e segue la direzione del gesto altrui, rivolto verso la Torre del Consiglio, che , dall'alto, si mostra in tutta la sua imponenza. < Quella..> non accenna alcune gesto in direzione dell'edificio senza fine che torreggia su di loro. Atsushi ha già chiarito il soggetto della discussione e lui, come a voler assecondare un pazzo, si adegua. < ..è una torre del governo centrale. > (Attualità Lv.1) si sofferma < ..o almeno credo. > Si concede il beneficio del dubbio, la possibilità dell'errore, così da mettersi al riparo da potenziali ripercussioni, di ogni sorta s'intende. Trova , infine, il proprio giaciglio, proprio sul limitare della panchina, sul confine di quest'ultima, ovviamente dal lato opposto rispetto a quello dell'interlocutore. E rivolge a quest'ultimo il busto, di tre quarti, avendo ruotato la spalla destra in direzione oraria, di almeno quarantacinque gradi. L'altra, invece, la gemella, se ne sta immobile e fissa nella sua torsione, accompagnando la postura e rendendola più coerente e consona all'occasione. Infatti, si può ben vedere come, in allerta, le spalle risultino sollevate, più vicine alle orecchie, così le dita, distese e pronte. Che si aspetti un attacco da quel figuro ? Semmai fosse, non sembra darlo a vedere - non ad un occhio poco attento, comunque.

23:06 Atsushi:
 Ottiene un'informazione come se fosse uno stillicidio. Cioè ottiene proprio UNA informazione, niente di più e niente di meno. Tuttavia, il suo desiderio viene appagato proprio come se fosse un pegno o un dazio che era stato chiesto, lasciando in lui una forte sensazione. Sebbene non ci avrebbe concluso proprio niente rispetto al suo stato precedente, comunque si sente pieno di energia. E' difficile esplicare in modo coerente i suoi meccanismi psichici ma in quel momento sprigiona tutto il suo vigore riportandosi verso la terra e alzandosi da quella panchina con una semplice spinta. < Una Torre del governo!.> Ripete alzando il tono della voce così che possa essere udito bene da chiunque sia nei paraggi. Le mani raggiungono le tasche dei suoi pantaloni neri e privi di ogni valore. < Ecco!.> Alza la gamba destra fino ad tirare letteralmente un calcio sul punto che prima occupava la sua schiena, finendo per piegarsi in avanti con il peso del corpo lasciando che il rumore secco accompagni il silenzio delle sue parole. Poi si rende conto di qualche altro particolare, come l'altro che si è spostato più lontano mostrandosi teso come una corda di violino pronta a staccarsi dai suoi giunti. < Eh!.> Gli rivolge uno sguardo strano ed interlocutorio, senza mostrarsi comunque ostile oppure minaccioso, tuttalpiù poco sano di mente, ma non sarebbe servito molto altro per definirlo instabile. < Che fai, scappi via?> Gli domanda quasi a coglierlo sul fatto sebbene sia una reazione consona ad una situazione del genere, ma non per lui che ne vede solo un lato distorto. Si diverte in qualche modo a creare situazioni disagianti rendendo tutto molto più vivo e colorato invece che morto e serio come accade essere spesso il mondo delle persone normali. < Quindì la gente si raduna in quella gabbia tutto il tempo! Che vita di merda.> Commenta, ripensando a tutte quelle persone che ha potuto osservare di giorno venire e tornare dalla torre. Sarà forse importante? < Immagina se facesse...> In quel momento lascia tornare indietro la sua gamba per ritrovare una posizione eretta sulla strada mentre le braccia si allargano a mimare una sorta di grande cerchio. < BOOM!> Invece assume solo l'espressione di un'esplosione. Così senza un motivo, ma era lo scenario più divertente che gli potesse passare per la mente e ha dovuto rendere l'altro partecipe di quella sua strana ispirazione.

23:24 Katai:
 In effetti è un po' parvo d'informazioni. A conti fatti, è un po' povero anche di parole. Non è un gran chiacchierone lui. E si nota sin dalla prima impressione, forse. D'altronde, non sono molte le persone che si avventurano sin lì, in quel Bosco illuminato dai sentieri di luci artificiali che costellano le stradine. < ... > Non replica , non in principio, quando l'altro finisce per schizzare oltre la panchina, su, dritto, proprio com'era giunto. E, di conseguenza, il giovane Uchiha pare rilassarsi, almeno nel volto, se non nella postura. I lineamenti, infatti, si distendono, la linea della mascella si fa meno marcata e dura, persino la fronte si appiattisce, laddove le sopracciglia scivolano verso il basso, nuovamente, così da allungare il taglio degli occhi - meno costipato, meno striminzito. Una mano, aperta in cinque dita adunche e sottili, s'intrufola tra i capelli, setacciandone l'interezza, scompigliandoli ancor più, qualora fosse mai possibile. E' il suo unico gesto , da qualche minuto, che denota una certa qual confidenza, ora, nel poter adoperare il corpo a proprio piacimento, senza dover per forza sottostare all'incombenza altrui. < Non si sa mai chi si può incontrare oggigiorno. > Rivela, di fatto, le sue perplessità in merito alle smanie altrui. < ?! > L'espressione, però, ben presto si colora di nuova sorpresa, ma condita da uno spiccato accento di titubanza ed esitazione. Indugia, infatti, sul gesto motorio dell'interlocutore, salvo poi ritrarsi appena, irrigidendosi, quando Atsushi si esibisce in una rocambolesca calciata verso l'innocente panchina. < Cos-?! > Gracchia, infine, spalancando le orbite e tirando le sopracciglia verso l'alto, verso l'attaccatura dei capelli e la fronte si corruga..< Come ti viene in mente ? > Già, una domanda speciale, per una persona speciale. E chissà come potrebbe essere interpretato tutto il resto. Il suo primo accenno è di sgomento, ma qualcosa poi si dissolve, lasciando spazio all'occhiata inquisitoria che gli rivolge.

18:37 Atsushi:
 La frenesia di quel momento gioco appena passato per la sua mente, viene spazzato via da una semplice domanda. Spesso si rincorre il motivo che sta dietro un'azione come a voler cercare la ragion d'essere di ogni momento, eppure, per lui, non è proprio la stessa cosa. Semplicemente si lascio percorrere dalle sensazioni così come da ogni pensiero e poi lo sputa fuori senza remore. < Eh.> Sospira reclinando di lato il capo quasi sconsolato in quelle movenze lente, mentre con lo sguardo riprende la figura dell'Uchiha di sbilenco. < Perché è noioso stare in gabbia. Non è meglio essere liberi? Invece di andare e venire da quel posto...> Il tono sottile e freddo mostra un lato diretto e semplice che potrebbe lasciare sconvolti per quanto risulti essere credibile, ma da quell'aspetto di poco conto e senza nessun segno di alcuna capacità di compiere gesti tanto epocali quanto pericolosi, sicuramente non potrà apparire come una vera minaccia, semplicemente come uno squilibrato. < Bisogna lasciarsi andare e divertirsi un po'...> Sogghigna appena socchiudendo gli occhi in quel volto pallido e spento. La sua presenza non è malvagia od ostile, tuttalpiù si direbbe disturbante per il suo essere aschematica. < Questa vita è noiosa altrimenti.> Conclude sollevando infine il capo per ritrovare una posizione composta, ora che è tornato a fissare quel bosco deserto. Le mani tornano verso le tasche dei pantaloni lasciando che la figura s'incurvi un pochino, mentre il passo si muove in tondo dandogli l'aria di uno che sta pensando a qualcosa, ma chissà a che cosa. < Ci sono ancora molti luoghi da vedere. Chissà quante gabbie e quanti esseri umani ci sono in questo mondo. Mi chiedo se non stiano aspettando solo qualcuno che apri loro la porta.> Parlotta in quel suo incessante gironzolare formando un cerchio sulla strada appena ad un passo dalla panchina su cui sedeva prima. Non si rivolge direttamente a Katai, ma semplicemente lascia fluire la sua coscienza a voce alta ma l'altro potrà sentire chiaramente ogni cosa senza doversi sforzare più di tanto.

18:48 Katai:
 Ora la posizione si fa meno rilassata, più guardinga, sicuramente più accorta. E lo sguardo, quegli occhi neri e bui, trapelano ogni sensazione, seppur il volto, invece, rimanga ancorata in una fissa immobilità, tanto imperscrutabile quanto asettica. < Tu che ne sai di queste 'gabbie' ? > Domanda, calcando l'accento su quella parola che l'altro pare usare con cotanto disprezzo, ma che, indubbiamente, è metafora per qualcosa di molto più ostile, almeno per lui. Assesta la posizione sulla panchina, drizzando la schiena, lasciando che le braccia scivolino ai lati dei rispettivi fianchi, come morte, ma, invero, pronte a raccogliere la sfida che i sensi gli offrono. Tuttavia, decide per optare per quel pacifico approccio alla follia, che si è dovuto trovare a combattere già una volta, proprio durante una missione. < Perché non ti calmi e parliamo di questa porta che vorresti aprire ? > La voce è pacata, non è un invito vero e proprio, non nel tono , almeno. < Siediti.> Una mera constatazione. In fondo, la mente del criminale è così complessa che lui, quasi quindicenne, potrebbe faticare a comprenderla, ma , prima di tutto, deve comprendere chi realmente sia quel tizio. < Io mi chiamo Katai. > Mette una mano sul petto, quasi a voler sottolineare la propria presentazione. < Katai Uchiha. > Rimbrotta, come a volersi correggere, ma, in realtà, finisce solo per completare il suo essere, il suo costante divenire, che è cambiato nel tempo, da quando il nonno ha deciso di tornare ad Oto e poi ricomparire, insieme ad un fardello più grande di quello che avrebbe mai potuto sostenere - sicuramente non da da solo. Alza gli occhi su di lui, così il mento, lasciando che la chioma ciondoli a destra e manca, ribelle e indomita, mentre gli occhi neri fissano Atsushi, in una silenziosa supplica, ma attenta ad ogni sua reazione - ed azione.

19:06 Atsushi:
 Girovaga e continua senza sosta proprio come se fosse guidato da qualche moto interiore. Si tratta solo dei pensieri che lo tormentano, ma il suo passo s'interrompe nuovamente quando l'altro lo appunta nuovamente, cercando di indicargli un punto in cui placare ogni malanno. Proprio quella panchina dove poco prima sedeva, eppure le costrizioni lo fanno sentire tremendamente limitato. < MH.> Comprende il gesto distensivo eppure sembra essere in disappunto per aver ricevuto una richiesta simile, sebbene innocua, quasi normale per altre persone. < Katai.> Ripete il suo nome mentre la figura si trasla dalla strada verso la panchina con un movimento fluido e molto semplice andando a ruotare il busto quanto basta, facendo perno su di un piede. Nuovamente raggiunge lo schienale, questa volta senza che sia completamente rivolto verso il bosco attorno, ma appoggiando sul fianco destro restando a 180° rispetto alla figura precedente. Il Gomito poggia sulla parte alta, mentre la mano tiene fermo il capo perdendosi tra i capelli corvini. < Katai.> Ripete ancora una volta il suo nome come se fosse un mantra, forse alla terza volta potrà apparire qualche strana figura dentro uno specchio. < Dimentico.> Solleva lo sguardo mostrandosi un po' confuso da quelle presentazioni. < Solitamente ci diciamo i nostri nomi quando incontriamo qualcuno. EhEh.> Una risata spezzata dopo mezzo secondo chiude quella frase strana, che mostra la sua inesperienza nei rapporti sociali. D'altronde non se li è potuti permettere mai nella sua vita. < Mi chiamano Atsu. Quelli che sanno chi sono, se vuoi puoi usare questo. Forse dovrei scegliere io, il mio nome, no?> Torna con le Grigie pupille verso il ragazzino, cercando una sponda per quella semplice verità. Perché devono usare qualcosa che gli è stato forzatamente dato senza il loro volere? < Sei mai stato in Gabbia? Non tutte le gabbie hanno delle porte da aprire. Alcune persone si chiudono in gabbia da sole ahaha.> Non risponde alla domanda dell'altro perché non è concreto il suo discorso, anche se parte dalla sua vita passata. Ogni tanto si solleva la fronte quando mostra uno strano sorriso che nasce e muore tra le sue semplici battute. La mano libera si sposta verso il suoi viso, iniziando a passare due dita lungo la guancia, mentre sfiora le labbra mostrando un'espressione buffa e strana mentre si deforma per brevi momenti.< Non vorresti vivere facendo solo quello che vuoi?> Mangiandosi un po' le parole mentre si ricompone osservando le due dita che hanno appena toccato le sue labbra. Aspettando che l'altro risponda, ignorandolo. Potrebbe aver detto qualcosa di compromettente se fosse davanti ad un esponente della sicurezza del villaggio, probabilmente lo avrebbero arrestato per pubblico pericolo.

19:24 Katai:
 Lui, un Ombra tra le ombre del bosco, confuso nella trama monocromatica della notte, che siede , vestito di abiti scuri, sui quali spicca solamente il ventaglio rosso e bianco. Un ventaglio Uchiha. La chioma corvina dondola sulla testa, mentre questa ruota in favore di Atsushi stesso, seguendone le movenze e le reazioni, soprattutto alle sue prime parole. Emula la posizione altrui, ponendosi perpendicolare allo schienale, contro il quale ora poggia solamente il fianco ed il braccio, invece, finisce al di sopra di esso. La mano penzola tra di loro, come un muro di carne, ossa, sangue e pallida epidermide, che si frappone fra i due, senza bellicose intenzioni, ma , a dispetto di tutto, non così flebile e morta come sembrerebbe. < Atsu. > La sua insicurezza sociale, invece, lo rende più laconico e conciso nel rapportarsi a quella figura di cui, ora, conosce persino il nome. Ma non sdegna la conversazione, intenzionato a comprendere la follia dietro quella mente che lo fronteggia. Lo sguardo, infatti, è fisso ne gli occhi altrui, cercando di estrapolarne la verità e l'anima, ancor prima che possano rivelarsi entrambe alle sue orecchie. < Potresti farlo. > Acconsente, senza annuire, per quanto trovi stramba quell'idea, non può che parteciparvi, a suo modo. Lo asseconda, ecco, cercando di seguire il flusso dei suoi pensieri, come farebbe un investigatore qualunque. Come farebbe Shiroichi, forse. < Non saprei..> Inizia, facendosi largo nella matassa di quel discorso. < Se mi spiegassi meglio , potresti aiutarmi a capire. > Semplice e diretto nei modi, quanto più chiaro possibile per evitare che possa anche solo fraintenderlo. < Faccio già ciò che voglio. > Replica, stringendo le labbra subito dopo. < Sono un ninja. Ciò che voglio io è ciò che vuole il villaggio. > O così dovrebbe essere, sebbene non letteralmente. Frasi prese direttamente dal suo libro preferito, quello che oramai ha imparato a leggere e rileggere , forse solo per trovare consiglio o risposte. < E a te cosa lo impedisce ? > Domanda,volendosi insinuare nella coscienza altrui.

19:43 Atsushi:
 E' strano sentire ancora qualcuno che pronuncia il suo nome, seppure sia solo una parte di esso perché per puro divertimento non ha voluto rivelare completamente la sua identità ma solo metà di essa. Un po' come la sa anima sembra divisa in due parti un po' belligeranti tra di essere che non lo rendono mai troppo stabile. < MH.> S'irrigidisce non appena l'altro pronuncia delle parole poco piacevoli per le sue orecchie. Ha proprio incontrato qualche altro uomo ingabbiato dentro le peggiori prigioni di quel mondo. < Ninja...> Appunta con una sorta di sgradevole disprezzo, senza farlo pesare più di tanto. Intanto le dita che stava fissando si portano dietro la schiena nascondendosi sotto il mantello che lo avvolge. Poco dopo avrebbe estratto uno di quegli aggeggi che hanno proprio tutti i ninja. < Quindì anche tu hai uno di questi?!> Lo rivolge proprio a penzoloni davanti alla faccia dell'altro proprio a spezzare il legame visivo tra i due e facendolo ciondolare come un pendolo. < Ti hanno messo una gabbia in testa e nemmeno la vedi. Pufffff.> Sbuffa imitando per un momento palloncino che scoppia di colpo e rilascia tutta la sua aria. Immagina proprio che sia la testa di Katai che viene fatta esplodere con dei grandi racconti. Ormai è già uno di quegli esseri perduti che farebbero tutto per il nome di qualcun altro. < Peccato mi sembravi uno simpatico. Uffa.> Appare contrariato proprio come un bambino che ha appena perso interesse per il suo giocattolo preferito. Intanto ritrae indietro il simbolo di Ame che l'altro può aver visto senza problemi se solo avesse prestato attenzione al suo coprifronte. Torna a nasconderlo sotto il mantello, legandolo alla parte posteriore del pantalone. Anche quel simbolo è nascosto come ogni altro elemento della sua vita. Gli ha concesso di guardare un po' nella finestra della sua stanza, ma solo per un breve istante. < Io faccio quello che voglio, infatti me ne vado via.> Gli fa una linguaccia prima di scattare via dalla panchina, verso la strada, iniziando a saltellare in giro per il parco, proprio come aveva fatto in precedenza, andando verso quel pontile che si trova sul lago al centro dello stesso. Andando a percorrere le balaustre in perfetto equilibrio. Prima di fermarsi un momento sul bordo e incrociando le braccia. Per un momento lancia un'altra occhiata verso Katai, poi si sarebbe messo a correre nuovamente tra i pochi alberi di ciliegio andando così a perdersi in quella strana notte. < Alcune persone non si rendono conto di vivere in una gabbia.> (End)

20:05 Katai:
 < Nh ? > Mugugna, stampando quel singhiozzo vocale contro le labbra giunte, unite, strette oltre la linea dei denti. E' un singolo vocalizzare che si fa , però, evidente, quando dimostra la perplessità che serpeggia sotto la sua pelle. E' confuso, ma allo stesso tempo incuriosito, proprio come sarebbe uno psicologo di un maniaco originale. Ha incontrato la follia nel Quartiere POvero di Kiri, ma mai ha potuto toccare con mano una persona affetta dalla stessa. Per quanto appaia difficile comprenderlo, l'altro è evidentemente contrariato, in netto disappunto su quanto viene detto. O anche solo percepito. Sbatte le ciglia, una volta solamente e non trova alcun conforto nel tentativo di sviscerare quella mente a lui avversa e , in qualche modo, ostile. < ... > Rimane in silenzio, di fronte alla sua affermazione, lasciando che possa svilupparsi come meglio crede, così da dar sfogo alla sua pazzia. O una semplice visione del mondo, del Mondo degli SHinobi, magari. Quando il coprifronte di Ame viene estratto e sventolato di fronte al viso, sgrana gli occhi. < !! > Le sopracciglia si sollevano e le orbite vengono spintonate in fuori. < Sei un ninja..> Eppure sembrava chiaro il disprezzo palesato nel nominare quella figura di cui, entrambi, a quanto pare, fanno parte. < Io ho il mio coprifronte, ma preferisco far parte di questo Villaggio. > Ammicca, in direzione dell'ingresso del Bosco, che , dalla distanza, in quell'ora tarda, si nota appena. < E tu...> S'interrompe, quando l'altro decide di alzarsi ed andarsene, lasciando la frase a metà. Rimane con la bocca mezza aperta, ad inalare ossigeno - e dubbi. Dovrà ricordarsi di quel nome, nonché del suo volto. Lo osserva allontanarsi, quindi, senza particolare meta. Che sia un pericolo o un dinamitardo, non è possibile saperlo, non ancora almeno ( E N D)

Atsushi e Katai si incontrano nel Bosco dei Ciliegi , casualmente.
I due iniziano una conversazione che porta il secondo a sospettare del primo e , man mano che le parole scorrono, l'ideologia di Atsushi diviene sempre meno comprensibile per Katai.
La conversazione si chiude senza un finale preciso, lasciando aperto il potenziale proseguo .