Quasi Amici
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Giocata del 02/12/2022 dalle 20:56 alle 23:26 nella chat "Quartiere Notturno"
[Sala da gioco] La sorte riserba proprio una serata cupa e uggiosa a uno dei quartieri più popolati della città. Soltanto le vispe luci a neon osano sfidare i roridi raggi di luna in quella coreografia di bagliori colorati. Il nostro giovanotto s'è preparato a trascorrere la nottata fuori casa, non ha la divisa da lavoro, le sue mani sono pulite e pare aver messo anche del profumo. I capelli pettinati sono durati ben poco, a causa della pioggia, fortuna che il suo taglio naturale non sia tanto diverso da quello ben impostato, in entrambi i casi è solito spostare il ciuffo di lato. Indossa una felpa larga di almeno una misura in più rispetto a quella abituale, che presente diverse strisce ricamate di color verde fluo. Pare proprio che si fosse vestito per attirare l'altrui attenzione e infatti, più in basso, i jeans neri a contrasto non fanno altro che dare più spazio al bianco soprastante. Le scarpe sono moderne e sportive, come delle sneakers, ma è evidente che non siano di marca, a dimostrazione di quanti pochi soldi realmente possiede. Ciononostante, il luogo in cui ha deciso di trascorrere la serata fa pensare che abbia denaro da buttare. Una sala da gioco, questo è il nome formale tipicamente utilizzato per presentarla meglio di ciò che è. Lì si beve, si gioca d'azzardo, si scommette ed è il luogo ideale per chi crede di essere più furbo di tutti con le carte da Poker. È seduto al bar, con la mano sinistra avvinghiata attorno al suo drink, e il suo viso, così come il resto della sua figura, viene travolto dalla luce violetta del locale, quasi arrivando a contaminare l'abbinamento di colori che s'era scelto prima di uscire. Ha gli occhi puntati su un piccolo schermo appeso in alto a destra, ove si trova una televisione che mostra diversi cavalli trottare intorno un ippodromo. Chi frequente sale da gioco abitualmente sa che quella è una delle attività preferite per giocare d'azzardo: scommettere su un cavallo e sperare nella fortuna. Per giustificarsi, i più spendaccioni aggiungerebbero che non è solo buona sorte, ma i cavalli suono quotati in base alle loro performance precedenti. Anche questo è vero. Il barman, in disparte, inganna il tempo come solo lui può fare, lucidando i bicchieri e riordinando la fila di superalcolici posta sopra al banco. Il luogo non è affollato perché ad avere il coraggio di entrare in una sala da giochi sono in pochi, tuttavia questa struttura presenta una caratteristica che la rende unica a tutte le altre. Edifici come quelli sono pensati per ospitare un vero e proprio paese dei balocchi, spesso sono tutti neri, all'esterno, e propongono atmosfere alternative e accoglienti rispetto al tipico bar. Sono studiati per fare entrare i giocatori d'azzardo ma non farli uscire, o quantomeno per tenerli impegnati al più lungo possibile. Lì, invece, a lato dell'insegna, vi sono due vetrine. Una sala da gioco alternativa, dunque, che non sembra aver paura di mostrarsi per quello che è. Chissà se saranno proprio quelle vetrate a rendere invitante l'entrata dei clienti meno abituali. Anche oggi piove, anche oggi si è persa più o meno per scelta. Da qualche tempo fa fatica a restare nella sede del suo clan, ogni volta che incontra qualche membro parte un viaggione che finisce per confonderla mica male, a riportarla alla realtà è solo l’illegalità del fumo, uno capo saldo per farle comprendere quale delle due realtà è quella in cui vive davvero. Non che le piaccia l’idea di dover nascondere il suo clan e perdere anche il fratello ma potersi procurare da fumare con semplicità e magari a basto costo non è proprio un lato negativo, diciamo che un pensierino se lo è fatto, soprattutto ora che rischia di rimanere senza medico che gliela prescrive. Ci mette un bel po’ prima di rendersi conto d’essere finita nel quartiere notturno e con i capelli che vengono mossi dal tempo mentre l’ombrello nero poggiato sulla spalla destra e tenuto nel gomito piegato s’aggira alla ricerca di quel maledetto che le ha venduto il pessimo fumo per cui ora ha quelle assurde visioni, va bene farsi qualche viaggetto ogni tanto ma adesso inizia a diventare fastidioso, non riesce nemmeno a giocare in pace. I piedi completamente nascosti dal tessuto di quel pesante kimono grigio, dotato di fiori ricamati sul tono del bianco e dell’azzurro, avanzano in mezzo alla pioggia, lasciando che l’orlo del tessuto si impregni sempre di più e si scurisca. In vita un obi azzurro come la gran parte del filo usato sui fiori, se qualcuno se lo stesse chiedendo la trama riporta tantissimi crisantemi in ordine sparso. Avanzando con calma e tranquillità raggiunge quello che è un ingresso di un bar, sala da gioco, bisca clandestina poco le cambia. Persino lei che arriva da Ame sembra aver raggiunto il massimo di sopportazione quindi semplicemente la mano sinistra aiuterebbe la gemella nel chiudere l’ombrello mentre tra le labbra reggerebbe la lunga pipa in osso scuro. Senza esitazione, seppur si muova dotata di una disarmante ed esasperante calma, andrebbe ad usare il suo peso corporeo per aprire la porta mentre le braccia andrebbero ad infirarle l’ombrello nel portombrelli più vicino. La pipa tra le labbra continua ad emanare un lieve rigagnolo di fumo dall’odore acre e dolce al tempo stesso. Ispira profondamente mentre indice e medio della destra andrebbero a reggere il suo oggetto del desiderio avanzando poi verso il bancone. Trattiene il fumo durante quei passi, sul volto un sorriso sornione. Proprio il tanto adorato caso di Majima la spinge ad avvicinarsi allo sgabello a lui più vicino, in sua direzione espira rilasciando una nuvoletta bianca e dall’odore inconfondibile in certi ambienti. Il solito sorriso pacato e rilassato sul volto <Kombawa!> così si annuncia, le palpebre appena abbandonate a coprire in parte le iridi di colore diverso, l’una dorata e l’altra azzurra. Gli abiti ed i capelli abbandonati scompigliati lungo la sua schiena contribuiscono a mascherare le due ingombranti presente che potrebbero farla passare per gobba. Sul volto una lunga cicatrice a forma di croce che le passa persino sul naso, sul collo corre similmente quello che sembra cucitura esattamente come quella che circonda il polso destro, unico che spunta visto che regge la pipa [Sala da gioco] Il pino, odora proprio di pino. Non si spiega perché abbia scelto di spruzzarsi quel profumo in antecedenza, ancora più arduo è decifrare se dietro a quell'atto vi sia una qualche reale e sensata spiegazione. In verità non ha mai capito perché i rubacuori, in cui lui non si identifica, scelgono di mascherare i loro odori naturali con quei prodotti artificiali che spesso sono fin troppo intensi per essere apprezzati. È impressionante come quelle scatole nere, nome alternativo alle sale di gioco, riescano talvolta a creare delle atmosfere così oniriche. Le luci fucsia, il rumore dei gettoni e le esultazioni di chi riesce a vincere qualcosa, rare da udire ma al tempo stesso avvincenti in quelle poche volte dove i casinò, quasi per formula matematica, restituiscono una piccola parte dei soldi, quasi a voler rinforzare la più distruttiva delle dipendenze. I suoi occhiali continuano a riflettere l'immagine generata dalla televisione, indice di dove ha lo sguardo puntato. Mentre la sinistra lo aiuta a sorseggiare quel drink amaro che si è ritrovato a bere che, per inciso, evidenzia la scarsa dimestichezza in ambito alcolici, ma la destra non è rilassata. Essa è impegnata nel gioco ripetuto di appallottolare e scartare lo scontrino, cui, avente la carta usurata e l'inchiostro sbiadito sembra quasi chiedere con pietà di essere gettato nel cestino. Averte l'arrivo di nuove figure, come è normale in un bar, ma ancora non distoglie lo sguardo dalla televisione. < Konbanwa. > Replica in quella che è interpretabile come la più banale forma di cortesia, infatti poi aggiunge: < Genki desu ka? > È forse la più inutile e banale domanda che un giocatore d'azzardo può fare a un altro, perché è quello che si aspetta. Di rado le scatole nere sono luoghi visitati dal cittadino medio, lì gli archetipi di clientela sono sempre uguali. Dal riccone, al figlio di papà, al puntuale diplomato che crede bene di festeggiare il risultato conquistato spendendo tutto in escort, alcolici e black jack. È forse per questo che Majima non sente di aver timore nel conoscere qualcuno lì, già si aspetta di trovare qualcuno che condivide lo stesso hobby del gioco. È confortevole, così, e la sensazione di ospitalità si ha proprio perché non viene concesso spazio a imprevedibilità. Il mondo reale, in confronto, è fin troppo crudele. Interagire con persone senza avere la garanzia di essere capiti, tanto da passeggiare al loro fianco senza nemmeno salutarsi. Quante volte è capitato di incrociare gli occhi di qualcuno sul marciapiede? Ci si guarda, si continua a camminare, talvolta si distoglie lo sguardo in un disperato sforzo di ignorare qualsiasi cosa possa accadere. Altri adottano la furba tattica di guardarsi i piedi: congratulazioni, avete appena eliminato il rischio di pestare una merda, peccato che siate diventati completamente ottusi all'ambiente circostante. È piacevole, in conclusione, poter parlare al bar, in totale casualità e disinibizione, sapendo di non essere giudicati, di non dover sforzarsi a impressionare qualcuno. Caspita, addirittura si riesce anche a parlare senza guardarsi perché, bene o male, se l'interlocutore non pretende attenzione è sufficiente guardare il proprio drink, la televisione, o il costante moto rotatorio dello straccetto attorno al bicchiere di cristallo mentre viene lucidato alla perfezione dal barman. Lui sì che meriterebbe una mancia. Prima però, è importante assicurarsi che il cavallo scelto vinca alla gara. Benché ai più possa sembrare che lui, nel guardare la televisione, si fosse incantato senza realmente concentrarsi, a dire il vero ha gli occhi puntati su quello più quotato. < Hachi. > Afferma per indicare il numero del cavallo selezionato, come se si aspettasse che, di rimando, anche la nuova figura avrebbe dichiarato il suo. Non si riesce ad intravedere bene quello strano tatuaggio che ha da poco sul collo, lato destro, non ha la minima idea di come se lo sia procurato ma c’è da scommetterci che ha a che fare il primo viaggio pesante degli ultimi tempi ed il negozio di tatuaggi, chissà che le han fatto. C’era Katai no? Un piccolo appunto mentale che vien messo subito di lato, prima o poi dovrà farsi venire la voglia di cercarlo, se non altro per accertarsi che nessuno lo abbia toccato con un ago prima di lei. Il suo generico saluto viene corrisposto da qualcuno. Le sue labbra si aprono appena mentre lo sguardo cerca intorno a lei, ancora non si è seduta cosa che di fatto togliere dal suo campo visivo Majima. Un giro lentissimo su sé stessa mentre il bocchino torna trai suoi petali di rosa, si chiudono su di esso con avarizia e poi eccola inalare a pieni polmoni lasciando che quel tiro risulti lento e costante, non ha fretta quando fuma, in generale non sembra qualcuno in grado di farsi muovere da agenti esterni. Scuote appena le spalle non trovando nessuno che la fissi abbastanza a lungo da poterle aver risposto al saluto e dunque si accomoda. Solo ora la pipa viene staccata dalla sua bocca. Solo ora qualcuno continua a parlarle. Nuovamente gli occhi vagano per quella sala e solo ora si accorge di chi ha accanto. Lo osserva appena con i suoi occhi, posandoli su di lei senza esprimere alcuna emozione, solo quel sorriso sornione sul volto <molto bene> replica trattenendo il fumo nei suoi polmoni <tu?> troppo piccolo per bere? Difficile da dire ma quel visino così pulito, per quel che intravede lei, le suggerisce sia proprio così. Solo ora butta fuori il fumo, ancora impegnata ad osservarlo ben presto lui si ritroverà all’interno della sua nuvola. Se anche ci fosse un cartello di divieto davanti al suo naso lei continuerebbe ad ignorarlo <Ni> replica infine, senza lasciarsi cogliere impreparata. A quanto pare hanno deciso di giocare ed ognuno di loro deve dire il numero più basso, perde chi dice uno. Lo sanno tutti, quel gioco lo fa sempre con i suoi amici, di solito chi perde si becca tutto il vero divertimento. [Sala da gioco] Eccoli che partono, il quattro si posiziona subito in testa, seguito dal numero otto, numero sei e numero due. Il fantino dell'otto, avente il colore viola, sembra teso ma determinato ad arrivare primo. Di lì a poco avrebbe tagliato il traguardo, facendo vincere ed esultare il ragazzo dal verde pelo. < Sih! > Esclama, tutto esaltato e faticando a restare seduto sullo sgabello. Segue con un cenno al barman che, quasi a leggergli nella mente, reagisce subito rimpiazzando il suo bicchiere vuoto con un altro drink, lo stesso di prima. Ne beve un sorso, in volto accenna una piccola smorfia e torna a guardare i cavalli. È un rapporto di amore e odio quello che si sta formando con la bevanda, la trova disgustosa eppure non riesce a fare a meno di berla. D'altronde, non avendo avuto un reale insegnamento su come divertirsi da quelle che, per molto tempo, si sono spacciate come figure genitoriali competenti, è portato a credere che l'unico modo per far serata sia tramite l'abuso di alcol. Cavolo se è ancora troppo piccolo e inesperto per tali avventure, agisce da irresponsabile a riguardo e non può fare altrimenti. Imparerà forse con l'esperienza o con un mentore, ecco, di questo avrebbe bisogno. Un sensei degli alcolici che lo prenda sotto la sua ala e gli dimostri come bere e divertirsi senza esagerare. Si sarebbe distratto, tra un sorso e l'altro, facendo cadere per un attimo lo sguardo a lato. Capelli e cicatrici non sfuggono, i restanti tratti somatici vengono camuffati in automatico dall'illuminazione violetta. Anche questo è uno dei punti a favore delle scatole nere, nessuno sente il bisogno di conoscere l'identità degli altri. È una forma di rispetto reciproco, proprio perché talvolta chi si trova lì cerca una via di fuga dalla famiglia, dagli impegni e addirittura dalla vita. Ecco perché vengono dipinte di nero e fanno di tutto pur di generare un paese dei balocchi in cui non c'è spazio per preoccupazioni e pensieri profondo. Facilitano un'estraniazione da tutto ciò che tormenta gli esseri umani nel quotidiano. Come biasimarlo, ordunque, se si sente così dannatamente a suo agio. Se ancora non ha lanciato una monetina, forse, è proprio perché quella specifica atmosfera lo fa sentire a casa. In luoghi come quelli ha trascorso la maggior parte della sua infanzia, pur stando in disparte, lontano dalle slot, a osservare mentre suo nonno si giocava la pensione. Lì ci è cresciuto, ricorda i vividi momenti in cui per qualche minuto usciva dal casinò e andava al mini market di fronte per comprare un succo d'arancia. Quel mondo lì, all'esterno, l'ha sempre visto per i suoi aspetti più complicati, si è sempre trovato in difficoltà a collocarsi, a trovare il suo ruolo in quella società. La scatola nera non pretende niente di tutto ciò. Vai lì, bevi, ti diverti, scommetti e fai quello che vuoi. È proprio la sua dimora. Non sa bene se essere contento di trovare Tsumi in quella che percepisce come casa sua. Lì il ramen pregno di piscio non viene venduto, perciò perché il ragazzo con le cicatrici si è palesato? Rammentando di averlo sentito parlare di morte e uccisioni, poi, ha ancora più motivazioni per scoprire di più sulle sue intenzioni. < Tsumi-san. > Il tono di voce è basso, quasi come se l'avesse modulato apposta perché solo lui e Ahmya lo potessero sentire. < Che cosa ci fai tu qui? > E torna a bere, quasi a non voler dare nell'occhio. Teme, ponendo quesiti così specifici, di rovinare quella stessa aria disinvolta che lui ama. Non vuole rischiare di essere cacciato da casa sua. La sua domanda viene completamente ignorata, non che poi le importi molto. Si limita ad accavallare le gambe e sistemarsi meglio su quello sgabello, finalmente mostra quelle calzature tipiche in legno, delle calze molto pesanti nere che risalgono sicuramente fin sopra al polpaccio, il resto è coperto da quel Kimono molto strano. Osserva il barista quindi decidendo di dimenticarsi per un istante chi le sta intorno. Sente degli sguardi su di sé e non si lascia scomporre, le piace che tutti ammarino la sua sublime bellezza, lei per prima la riconosce e con naturalezza scambia le occhiate altrui per ammirazione. DI solito la realtà è ben diversa ma non è portata a pensarlo e potrebbe addirittura non crederci. Non osserva il televisore solo le bottiglie di alcolici lì dietro, non è abituata a bere, per lei alcool è solo disinfettante, fuoco al massimo. Scuote quindi le spalle e poi ordina un the caldo. Il sorriso resta sempre su quel volto persino quando il barista sembra non essere troppo convinto della sua richiesta. La pipa torna semplicemente tra le labbra mentre qualcuno la chiama, o meglio chiama suo fratello. Nel frangente necessario a voltarsi verso Majima, con quella pipa tra le mani, le visioni riprendono. Ed eccola lì’ in quel distopico mondo dominato dal clan Nara, fumo libero. Nemmeno il tempo di abituarsi all’idea che rieccola lì con lo sguardo trasognante puntato su uno sconosciuto. Una risata sottile finalmente le sfugge mentre il fumo vien fatto sparire nei suoi polmoni e la pipa lunga si stacca dalla sua bocca. Gli occhi sempre semichiusi, non le ci vuole molto per comprendere. La risata naturalmente scema, la solita calma che la caratterizza si mostra su quel volto <credo tu mi abbia scambiata per mio fratello> replica lei senza preoccuparsi troppo. Lo osserva davvero ora, finalmente interessata a quello strano ragazzino di cui non sa nulla ma che probabilmente è una preda di Tsumi <sei suo amico?> domanda poi con lo stesso tono, pacato e al contempo distante, lontano. Mai svanisce il sorriso dal suo volto. Non c’è movimento nel suo corpo se non quel lento braccio che va a distendersi, il braciere ancora acceso continua ad emanare il rigagnolo. Apre infine le labbra e lascia che il fumo esca dalla sua bocca, lo soffia fuori con naturalezza, come se non stesse facendo altro che respirare. Per la terza volta consecutiva la nuvola formata da lei da quell’odore acre e dolciastro si schianta sulla figura di Majima, perché per la terza volta espira mentre lo sta guardando [Sala da gioco] A questo punto della serata il pino è stato completamente corrotto dal bitume, dai suoi rami cola una massa disgustosa di catarro mentre viene inondato da un miasma. Gli sbuffi di lei contaminano interamente il suo apparato olfattivo, non lasciando spazzi ad altri odori, nemmeno i profumi della scorsa di limone strizzata sul suo drink, come usano fare i baristi, è in grado di penetrare quella nuvola. Tutt'altro che piacevole, mentre è costretto a inalarlo passivamente si accorge di non aver mai trovato reale interesse a fumare. Assente in lui la tipica necessità di demolire lo stress con la sigaretta e non sembra avere intenzione di iniziare. Eppure, tutti hanno un vizio, può assumere altre forme ma le persone, a un certo punto, sentono il bisogno di affidarsi a qualche sostanza, a un mezzo nel disperato tentativo di espiare i loro pensieri. Per lui è il gioco, o meglio, giocare alla fortuna. A dirla tutta, la sorte controlla la vita di Majima più di quanto la pipa possa controllare quella di Ahmya. Perché se da un lato ella mantiene un certo arbitrio e, forse, è cosciente delle decisioni che prende, d'altra parte il ragazzo è totalmente allergico a diventare agente di quel che gli capita. In qualche modo, riesce sempre a deresponsabilizzarsi affidandosi a un dado, un numero o, ancora meglio, una singola monetina. Guarda caso, è proprio quel Ryo che l'ha portato a conoscere la persone di cui si sta parlando. Lui l'aveva detto, mentre parlava con Katai al chiosco, di avere una sorella. Perciò, nel momento in cui lei menziona il suo gemello, viene naturale fare un collegamento tra i due. L'avrebbe sorpresa, adesso, comportandosi come se la conoscesse già. Non perché crede di sapere tutto di lei, piuttosto l'essere venuto a conoscenza del suo nome, ancor prima che ella si presentasse a lui formalmente, lo colloca in una posizione agiata. È in possesso di informazioni sensate che giustificano l'errore di averla scambiata per il fratello, già questo è sufficiente. Tira un sospiro di sollievo che tenta con rapidità di mascherare tramite un sorriso abbozzato, anche questo insincero. < Ahmya, giusto? > Può ricordare il nome di lei con precisione solo perché non è passato molto tempo dall'incontro con Tsumi, in cui è avvenuto l'opposto. È naturale, di conseguenza, che la domanda di lei lo metta un minimo in difficoltà. L'ha incontrato appena una volta, eppure gli viene già chiesto di dichiarare un'eventuale amicizia. Prende un respiro profondo, posando lo sguardo sul ghiaccio sciolto del suo bicchiere, trovando in esso una fuga dagli occhi magnetici di lei. < Non credo. > Conclude lasciando trasparire incertezza nel tono. Notare come, anche qui, non si prenda la libertà di decidere qualcosa. Quella, ad esempio, non è una reale negazione, pecca di convinzione e certezze. Si crogiola in quel limbo, in attesa che le scelte vengano compiute per lui, anche qui rifiutando di controllare la sua stessa vita. < Piacere, io sono Majima. > Tono bassissimo, se qualcun'altro dei presenti avesse parlato nello stesso momento, con buona probabilità, avrebbe ostacolato la sua presentazione. Pur non usando le formalità richieste dal galateo, vede in una presentazione reciproca il minimo richiesto dal rispetto. L'occhio sfugge al suo controllo, in questo momento, e cercherebbe di incrociare lo sguardo di lei. Se ella guarda altrove, avrebbe provato a basarsi sulla traiettoria delle pupille per capire cosa stesse guardando. Ritorna forzatamente a osservare il fondo del suo drink, sentendosi impotente di fronte a quella peculiarità che emerge nonostante la bassa illuminazione. In un sincero tentativo di sfamare la sua curiosità, solo adesso prenderebbe il giusto coraggio per intavolare l'argomento. < I tuoi occhi sono diversi. > Tra di loro, intende, per quanto possa funzionare anche in senso dispregiativo. < Sono particolari, lo sai? > Aggiunge solo per riempire l'eventuale silenzio successivo all'affermazione di prima. Il suo può essere interpretato come un complimento, ma non sembra averne avuto l'intento. In realtà, sta facendo così fatica a dire altrimenti perché non è in grado di ammettere o giustificare la sua impotenza di fronte allo sguardo di lei. L'atmosfera onirica è complice, giacché nell'antecedente incontro con Tsumi non si soffermò su questa caratteristica a causa di distrazioni continue, in parte indotte da sé stesso.
Giocata del 06/12/2022 dalle 15:26 alle 16:57 nella chat "Quartiere Notturno"
La sua richiesta di the suona quantomai strana a colui che assiste alle varie avventure dei clienti da dietro al bancone. Che intendesse il famossimo ice tea dell'isola? Insomma dopo aver pensato un po' alla opportunità non gli resta che iniziare a preparare quel cocktail mentre la sua cliente sembra decisamente distratta. Osserva quel ragazzino limitandosi a sorridere sorniona senza mai aggiungere qualcosa alla sua espressione, non ci suono nuovi dettagli mentre le luci colorate del bar permettono persino ai suoi occhi socchiusi di apparire uguali, identici nelle sfumature impedendo a moltoi di scorgere l'azzurro o il dorato, sono così chiari da riflettere le luci a led ma oltre questo che rimane? Assiste alla scena proiettata senza nemmeno osservarla davvero, l'attenzione va sui cavalli ed i fantini solo quando nota che l'interlocutore ne è attratto e quasi morbosamente anche il suo interesse si sposta. Annuisce poi alle parole altrui <sono io> conferma anche vocalmente a quel punto mentre per l'ennesima volta le labbra lievemente si discostano per far spazio a quella pipa che lì viene posizionata, solo la mano stra si muove. Aspira con lentezza, trasciando il fiato così che tutto il fumo possa semplicemente discendere fino ai suoi polmoni, mischiarsi all'ossigeno nel sangue e poi ondeggiare, traghettato, lungo tutto il suo corpo, quel tanto che le basta per lasciare che la mente ne venga pervasa, calmata e sedata nei suoi istinti meno socialmente apprezzati <visto che non sei suo amico> inizia pacatemente il discorso trattenendo ancora il fumo nel suo sterno <vuoi diventare mio amico?> si ripete senza nemmeno rendersene conto e poi, finalmente, butta semplicemente fuori tutto, sbuffando in sua dizione. Inspira, trattiene ed espira come se da ciò ne dipendesse la stabilità del mondo interno ed in effetti non è poi così diversa la realtà. Tutto il precedente discorso riguardante gli occhi viene meno con il suo interlocutore, che essendo seduto nello sgabello accanto al suo può a tutti gli effetti notare quelle differenza. Piega il collo verso destra, assume quasi un'epsressione perplessa <non è vero> replica subito <sono uguali ai suoi> puntualizza e per quanto sia stato l'aggettivo di tempo nella realt le sue reazioni sono sempre livemente fuori sincro, dilazionate in un tempo che con lei pare allungarsi, tirarsi e dilatarsi fin oltre quello che si riterrebbe possibile, la calma che la domina lo fa anche tramite il suo modo di porsi e di parlare come a voler contagiare chiunque la circondi <grazie per il complimento> aggiunge solamente dopo <so di possedere una bellezza unica> non c'è vanto in quelle parole, non si sta atteggiando a stra figa lei semplicemente ha la profonda consapevolezza d'esserlo e come tale lo esprime come se stesse semplicemente ed oggettivamente descrivendo un oggetto. Lei donna bellissima. [Sala da gioco > Corridoio del bagno] Solo ghiaccio è rimasto nel fondo del secondo bicchiere, dopo che il ragazzo l'ha scolato tutto d'un fiato e una smorfia gli si è dipinta in volto. Quello è il minimo per festeggiare la vittoria della precedente scommessa, il giorno dopo sarebbe tornato all'ippodromo proprio per collezionare i ryo che gli spettano. Non perde tempo e decide di ordinare ancora altro da bere per abbattere quel retrogusto amaro che gli è rimasto. Alza il dito indice e fissa il barman con lo sguardo, in attesa di essere notato, subito dopo sfoglia l'elenco dei drink, senza realmente capire cosa fossero tutti quei nomi. Opta, infine, per lasciare a egli la libertà di preparargli quello che vuole, purché non sia amaro. < Qualcosa di dolce per favore. > Torna, nel mentre, ad ascoltare la voce di lei, che conferma di essere la persona menzionata da Tsumi. La successiva proposta, tuttavia, non può che lasciarlo di stucco. Non gli è mai capitato che qualcuno gli chiedesse con una tale franchezza di diventare suo amico. È abituato a tentativi più maldestri e goffi, a dire il vero è perfino inusuale usare quella parola direttamente, di solito le persone diventano amiche e basta, senza precisarlo. Però, non può che apprezzare quell'invito così innocuo e genuino, tanto da facilitare l'inizio di un rapporto e la rottura del ghiaccio. < Va-va bene! > Il suo sorriso imbarazzato la dice lunga, d'altro canto, sui suoi modi giullareschi di gestire queste situazioni. Quando riceve il suo drink, lo afferra in fretta e furia e ne finisce appena metà, quasi come se cercasse riparo nella dolcezza di quella miscela. Gli viene spontaneo, solo ora, dire la cosa che dice un po' a tutti, senza fare distinzione tra amici o conoscenti. < Puoi chiamarmi Lucky Maji, sai? > Tutto imbaldanzito, afferra lo stuzzicadenti e inizia a mordicchiare l'oliva infilata mentre subisce, per l'ennesima volta, gli effetti di un'invadente nuvola di fumo. Anche stavolta, i suoi sensi vengono completamente contaminati dalle sostanze evaporate da quella pipa. < Vieni spesso qui? > Domanda di circostanza, per stemperare. Realizza solo in quell'istante di avvertire i primi sintomi dell'alcol. Ha controllo di sé stesso ma i suoi sensi sono appena inibiti, non si rende conto di aver la gola secca né pensa di bere dell'acqua. Un piatto di patatine gli farebbe bene, ora, ma stanno dall'altro lato del banco e fuori dalla sua portata. Quando si rende conto di essere brillo, per quanto questa si presenti a lui come una sensazione totalmente nuova, compie l'errore di alzarsi. In quell'esatto secondo, vede la stanza girare e realizza di non essere nel pieno delle sue facoltà. < Scusami, torno subito. > Rivolge queste ultime parole, unite a un finto sorriso, mentre toglie il disturbo e si dirige a una porta nera con due simboli, uno blu e uno rosa, inequivocabili. È un filino barcollante, ma non troppo. Compiuti quei tre o quattro metri che separano il banco dalla porta del bagno, vi ci entra e l'atmosfera cambia. Il corridoio del bagno ha solo dei faretti ad altezza piedi, che illuminano poco e rendono l'ambiente simile a quello di un cinema multisala con le luci spente. Piccole luci azzurre illuminano la moquette del corridoio, senza però fornire chiarezza sul resto della stanza. Vede la sagoma di due porte, nel lato sinistro, mentre si appoggia un attimo al lato destro. È praticamente al buio e deve capire quale sia il bagno degli uomini. Nel frattempo il barista riesce a finire quel coktail di cui lei non sa minimamete il nome e glielo piazza davanti, solo a quel punto può dedicarsi agli altri clienti. Si ritrova quindi seduta davanti ad un alto bicchiere, stretto dal colore quasi ambrato, pieno di ghiaccio. Si avvicina appena al bordo del vetro e lascia che il suo naso inspiri un paio di volte poco convinta, l'odore risulta essere decisamente dolciatro, ricorda vagamente il the anche se sente delle note più forti, non riesce comunque a dire che potrebbe essere. Nel bel bicchiere c'è una cannuccia in plastica rosa quindi, sempre senza l'auslio di mani, allunga la bocca verso di lei e semplicemente si metterebbe a sorseggiare il suo the che non è caldo e a dirla tutta non sa nemmeno di the. Lo sguardo poco convinto va sul barista. Majima però la rende momentaneamente la persona più felice del mondo quindi annuisce e si distrae tornando ad osservare lui <ora che sei mio amico vuoi venire da me, Lucky Maji?> domanda appena lei che comunque procede spedita con il suo modus operandi, è la prima volta che qualcuno le da subito una risposta positiva senza girare troppo intorno alla questione . Usa subito il nome che le viene suggerito azzerando idealmente le loro distanze sociali, come se poi le avesse mai rispettate. Scuote il capo dedicendo di tornare ad avvicinare la sua lunga pipa verso le labbra <in realtà è la prima volta, tu? Ci vieni spesso?> è la prima volta perchè si è chiaramente persa mentre andava in cerca dello spacciatore maledetto che vende cose tagliate palesemente con acidi, unica spiegazione alle sue visioni. Per fortuna la sua mente leggera contribuisce a non evidenziare i collegamenti che potrebbero portarla ad essere colpita da quei viaggi improvvisi e non richiesti. Quando le viene nominato Tsumi non pensa al clan ma solo al fatto che è il suo gemello, similmente quando aprla di andare da lei sta indendendo una stanza nello specifico non la magione del clan e quindi la mente non la fa cadere in errore. La pipa solo adesso viene posizionata tra le labbra e l'ennesimo tiro lento viene effettuato, sembra godersi ogni istante di quello che pare proprio un rituale per lei, aspira con estrema calma senza mai perdere quell'espressione sorniona, beata e rilassata che la caratterizza. Annuisce a quella dichiarazione e lo osserva allontanarsi verso i bagni. Non che gli permetta davvero di andarsene in giro barcollante e da solo, infondo è un amico in pericolo. S'alzerebbe anche lei staccando solo ora la pipa dalle sue labbra e avanzerebbe tranquilla nella stessa direzione. Lenta e senza alcuna fretta si muove, non barcolla me ondeggia per la sala infastidita appena da quelle luci, non abbastanza però da notare davvero come i suoi movimenti risulti essere più a scatti del solito. La mano siniostra sospingerebbe la porta che a questo punto dovrebbe farle raggiungere il corridoio e solo lì si fermerebbe sia per abituarsi a quel cambio di luminosità sia er osservare il suo nuovo amico <di qui> e dicendolo si limiterebbe ad aprire la porta del bagno degli uomini, un puro caso visto che non osserva minimante i simbolini. Il tono è quasi rassicurante, amichevole sicuramente e lei è chiaramente corsa in sua aiuto [Corridoio del bagno > Bagno] La sala da gioco è davvero più ospitale di casa sua, l'ha imparato nel tempo ma non può ignorare di sentirsi a estremo agio ogni volta che vi mette piede. Ha sempre trovato persone oneste lì, mai nessuno che abbia provato a fargli del male, persino i dealer di poker sanno rivelarsi carismatici e comprensivi. Ignora in toto il fatto che se sono così gentili con lui è perché con buona probabilità puntano ai suoi soldi ma c'è anche da dire che Majima non ha speso così tanti soldi lì. Prima di eleggere quel posto a suo preferito ne ha passati tanti prima, tante scatole nere che hanno saputo offrire più prostitute che ore di divertimento e una serata di sesso non è quello che lui cerca, al momento. Inarca un sopracciglio e sorride quando ode la proposta di lei, gli sembra strana. Ricorda di aver sentito la stessa frase in accademia quando, tra i banchi di scuola, si trova un amichetto e lo si invita a giocare a casa propria. < Adesso!? > Replica con evidente incertezza, più che altro si trova bene a stare lì, in quel casinò, e l'alcol in corpo, per quanto non l'abbia ancora fatto arrivare al punto di non ritorno, lo sta iniziando a mettere a disagio. Data l'inesperienza, non gli è familiare percepire mancanza di equilibrio e gli è altrettanto nuovo vedere i muri della stanza girare. < Hai. Mi trovo bene qui. > Aggiunge, guardandosi intorno alla ricerca di quelle figure a cui è abituato. Vecchi padri in cerca di svago, dipendenti da gioco, barman, dealer: una famiglia eterogenea ma equilibrata. < Sta diventando come la mia seconda casa. > Sorride in un momento carico di felicità e commozione, realizza la cosa soltanto mentre la dice. È davvero la sua seconda casa, si trova davvero meglio lì che dai suoi genitori. Peccato, solo, che non possa andarci quando vuole giacché tipicamente, negli orari diurni, la sala da gioco chiude per manutenzione e pulizia. Il successivo assist nel corridoio serve a sbloccarlo e farlo entrare nel bagno senza dubitare di aver sbagliato, eppure la cosa non è un filino strana? Gli ha appena detto che sarebbe tornato subito, perché anch'ella l'ha raggiunto lì? Possibile che anche lei sia una cliente abituale? In tal caso, farebbe parte della famiglia e spiegherebbe anche la facilità con cui riconosce il bagno corretto. < Arigatou! > Varca la soglia e viene catapultato nel lusso. Una serie di luci fredde, poste sul soffitto, si accendono con effetto a diffusione, illuminando i due lavandini di marmo scolpito. Uno specchio gigantesco, posto a lato della parete, mostra il lato dei gabinetti, ciascuno avente due muri rialzati e una porta richiudibile. Sulla falsa riga di un bagno pubblico, si dimostra ben più elegante, con dispenser di sapone, asciugatrici automatiche e sensori di movimento sotto al lavandino. Dall'altro lato, sulla parete rimasta, fa capolino una schiera di orinatoi, forse l'elemento più grezzo di tutta la stanza ma pur sempre funzionale. Sarebbe entrato, ammaliato dalla qualità dell'arredo e soprattutto dal profumo e dalla pulizia. I gestori del casinò sono furbi: trattano i clienti da re sapendo che, in questo modo, sono più propensi a restare lì a lungo e spendere di più. Si avvicinerebbe alla prima toilette, vedendo la porta aperta e vi entrerebbe, azionando la chiusura di quest'ultima tramite la semplice pressione su un bottone che attiva un meccanismo a lucchetto. Abbassa la cerniera dei pantaloni e finalmente si libera. Cinque minuti e quaranta secondi precisi di urina bollente fuoriesce dal suo corpo e si riversa nel water. Un atto liberatorio per l'inesperto Maji, che ha ingerito fin troppo alcol rispetto a quanto ne tollera. Il suo fegato ha disperato bisogno di acqua ma lui non lo sa. Per ora si limita solo a liberarsi la vescica. < Aaaaaaaah! > La conosciamo tutti quella sensazione.
Giocata del 15/12/2022 dalle 18:49 alle 20:25 nella chat "Quartiere Notturno"
Ormai la sua pipa si sta non troppo lentamente, presto o tardi avrà semplicemente consumato il braciere al suo interno, non rimarrà che cenere decisamente infumabile, non che non ci abbia già provato ai tempi. Forse nella speranza vana di ritardare lo sbatti di svuotarla e pulirla ora inizia a rallentare il ritmo delle sue tirate. Scuote però la testa a quella domanda <un giorno> replica. Il modo d’agire è sempre lo stesso, estremamente rilassato, che sia oggi, domani, una settimana, tra un anno poco le importa, anzi forse è meglio centellinare quei momenti fino a quando non potrà metterci le mani sopra, fino al giorno in cui non sarà abbastanza corrotto, infondo le sembra d’aver trovato una perla di purezza in quel posto, il gioco d’azzardo non è una vera e propria perversione ai suoi occhi, invece un ragazzo che si ubriaca senza nemmeno rendersene conto è proprio ciò che cerca, poi certo bisogna ammettere che sapere che l’ha puntato il fratello aiuta a farlo risultare più interessante ai suoi occhi. Lo osserva con quel sorriso sornione e come già detto lo segue durante il tragitto, pedinandolo come un cane farebbe con il padrone, peccato che lei sia un cane randagio. Non si limita certo ad aspettare fuori dalla porta del bagno, lei che entra in quello degli uomini senza farsi troppi problemi e sull’uscio si piazza. Finalmente la pipa torna tra le sue labbra e lei inspira lentamente chiudendo l’ingresso a chiunque voglia usare il bagno o ne voglia uscire. Nonc he una donna lì dentro non causi già abbastanza problemi. Lo sguardo al momento è rivolto verso il soffitto, non per lasciare della privacy a Majima sia chiaro ma solo perché le sembra più interessanti di tutto il resto dell’arredamento. Il fumo scivola lungo la sua gola, sulla sua lingua fino a raggiungere i polmoni e finalmente la pipa viene allontanata dalla sua bocca. Butta tutto fuori esattamente come poi gira il braciere verso terra. Evidentemente l’ultimo tiro le ha spiegato che era ora. Lascia che la cenere cada sul pavimento e da sola si spegna, la mano sinistra si allunga così che lei possa sbattere la pipa sul polso in modo da aiutarsi a far cadere tutto a terra. Tutto questo con il non troppo piacevole sottofondo musicale della pipì del nuovo amico <credo tu sia un po’ ubriaco> commenta quando i minuti passano susseguiti solo dallo scrocio <vuoi che ti accompagni da qualche parte per riprenderti?> solo adesso si muove verso i lavandini, cerca della carta semplicemente per permettersi di pulire come si deve il braciere, senza alcun riguardo per ciò che ha appena sporcato con il suo gesto. Le palpebre sono socchiuse mentre si muove lentamente, non esiste fretta per lei [Bagno] Una di quelle esperienze che mai aveva vissuto prima di allora, a esplicitarlo v'è il suo essere alticcio dopo solo un paio di drink. Bizzarro considerando che, durante la sua adolescenza, di compagnie amichevoli con cui passare i sabati sera ne aveva. Poveri loro, d'altronde, che dopo l'ennesima richiesta di uscire hanno dovuto gettare la spugna, incapaci di giustificare tutte quelle negazioni da parte di Majima. In più, i nonni si sono sempre proposti come efficienti dispensatori di paghette. La ragione va ricercata nell'innata innocenza della sua mente, scevra di tentazioni e dipendenze, se escludiamo il gioco d'azzardo che però è emerso da appena un anno. Perciò niente uscite con gli amici, niente birra-pong, niente triplette di shottini pagati a 10 Ryo e anche niente fidanzatina, che nella sua mente si posiziona come diretta conseguenza delle mancate uscite. C'è da dire, senza entrare troppo in sua difesa, che in quest'ultimo periodo si sta mettendo molto più in gioco. Può essere che, realizzando di avere diciotto anni, si stia rendendo conto di dover recuperare tutte quelle esperienze mancate. Una persona di buon senso storcerebbe il naso di fronte a un simile cammino di redenzione, ubriacarsi per vezzo a cosa può portare di buon? A una gradevole pisciata, questo possiamo dire. Si pulisce, chiude la patta dei pantaloni, tira l'acqua ed esce, non aspettandosi di trovare la nuova conoscenza nel bagno assieme a lui. Un sussulto, una scheggia di dubbio si materializza nella sua mente, riacquistando per un attimo quel briciolo di coscienza rimasto, impegnata in un letale combattimento con l'alcol. < Sono entrato nel bagno sbagliato!? > Chiede a lei, con voce tremolante. La preoccupazione non è sufficiente a distrarlo dal mantenimento di una corretta igiene, pertanto si avvicinerebbe con frenesia al lavandino, dotato di un sofisticato sensore di movimento, in cui laverebbe le mani. < NO! > Esclama in sua risposta, dimostrando di non riuscire più ad adattare il tono di voce al contesto. Sfrega i due palmi sotto l'acqua, si precipita alla destra dello specchio e infilata entrambe le mani in un asciugatore automatico. Quell'affare produce un chiasso assordante, coprendo qualsiasi verbo pronunciato in quel frangente, possibile che non abbiano ancora inventato un modello silenzioso? Infine, con le mani asciutte, a parte qualche gocciolina rimasta sul dorso del polso, si volta in direzione di lei. Coadiuvato dall'illuminazione del bagno, funzionale all'utilizzo dello specchio per chi deve sistemarsi un po' i capelli o correggere le sbavature del trucco, riesce a vedere meglio il profilo di Ahmya. La bocca si apre di poco, in segno di stupore, come quella di un fanciullo dinnanzi a un colorato orsacchiotto di taglia extra large. < Vi assomigliate proprio, tu e tuo fratello. > Adesso non si riferisce più agli occhi o ai capelli, ma si sofferma su quel dettaglio che è stato fin troppo facile ignorare per tutta la serata. Eppure, suscita gran curiosità in lui, rendendo la situazione più ambigua di quanto vorrebbe. E dire che, all'inizio, a stento la guardava, adesso sembra quasi che l'interesse di lei per lui sia speculare in quest'ultimo. < Quelle cicatrici devono avere una lunga storia. > Distende il braccio in avanti, puntandole con l'indice, che avrebbe ripercorso a mezz'aria il solco verticale sulla sua gote. < Me la racconti? > Il tono ora appare quasi fanciullesco, tipico di un bambino che pretende la storia della buona notte prima di andare a dormire. Peccato che, pur avendo il lavandino accanto, non gli venga in mente di bere un sorso d'acqua. Sta mantenendo il controllo sui sensi principali, quali vista e udito, ma il resto del suo corpo sta sottraendo sempre di più il controllo al suo padrone. Tutta impegnata a sistemare la sua pipa nemmeno lo osserva quando finalmente esce dal bagno per poi, in effetti, raggiungerla ai lavandini. Scuote semplicemente il capo a quella domanda. Non è nel bagno sbagliato, il che rende la sua calma nel spiegare la situazione ancora più assurda dato che è lei nel bagno sbagliato. Non prosegue comunque limitandosi a pulire con la massima concentrazione l’unico oggetto per cui sarebbe discussa a sacrificare anche Tsumi, che nessuno si metta mai tra lei e la sua droga. Quell’ulro la coglie decisamente di sorpresa, ormai si è persa nel filo stesso del discorso limitandosi a fissarlo mentre le mani si bloccano. Che è che deve fare? Aspè. Torna a guardare la pipa e si muove tra i bagni alla ricerca di carta igienica per aiutarsi nell’operazione di pulizia <siamo gemelli è normale> replica semplicemente a quella prima considerazione, ancora una volta senza osservarlo. Esce così da uno dei bagni portandosi dietro almeno mezzo rotolo. Inizia così con cura ad asciugare limitandosi a guardarlo di tanto in tanto, lasciando che quell’operazione catalizzi la sua decisamente poco stabile attenzione. Intenta in quell’operazione delicatissima torna verso la porta <ti spiegherò anche la poesia dietro ad esse> eccola riferirsi alle sue poesia <e quando vorrai te la mostrerò> che le sue parole possano in qualche modo risultare e suonare come innocenti potremmo capirlo, diverso è il significato implicito che lei, mentre sorride sorniona, da alle sue frasi. Con queste parole comunque andrebbe verso l’uscita del bagno prima e del locale poi, abbandonando la carta igienica bagnata lungo la strada e senza pagare il conto, senza nemmeno consumare altro, distratta, sicuramente, ma più che altro ricordando l’obiettivo che l’aveva fatta arrivare al quartiere notturno [end] [Bagno] Il problema è uno soltanto: a Lucky Maji non piace aspettare. In fin dei conti, affidarsi alla sorte per prendere le decisioni previene proprio l'eccessiva ponderazione su queste. La sua è una particolare forma d'impulsività legata alla deresponsabilizzazione, fa il possibile per liberarsene nell'immediato. Ecco perché, quando ella fa per uscire dal bagno, proverebbe quasi a inseguirla, restando aggrappato a quella mancata risposta dapprima ricercata. Perché non glielo vuole dire subito? Se sono amici dovrebbe essere tranquilla nel condividere simili informazioni, anche se personali. Subentra lì lo spinoso dubbio, che ne sa lui di come si comportano gli amici? Non perde tempo a chiedersi se ha fatto qualcosa che l'abbia potuta offendere, l'inibizione dell'alcol impedisce al cervello anche solo di elaborare interrogativi così profondi. < Aspetta- > Pronuncerebbe all'ultimo minuto, quando ormai ella avrà già abbandonato il corridoio del bagno. Questo ragazzetto brillo non ha pensato di scambiare il numero, come sono soliti fare gli amici, così da rimanere in contatto. Allora come farà a ottenere una risposta? Solo ora ripensa al fatidico momento in cui s'è giocato qualsiasi possibilità di scoprire di più: ha rifiutato la proposta di andare da lei. Forse ha fatto bene a non andarci, ma questo non lo può sapere, giacché non ha motivo né coscienza sufficiente a fargli sospettare di qualcosa. Ripenserà a quella come una piacevole serata di nuove esperienze, nuovi drink più o meno buoni, vincite di successo e, infine, l'acquisizione di una nuova amica. Che ha già perso, praticamente, non avendo un suo contatto. Gli toccherà, il giorno dopo, cercare quel nome su Ninjagram o nelle pagine gialle, sperando di beccare la stessa Ahmya che ha incontrato e non un'omonima. Prima di ciò, tuttavia, deve andare a collezionare il malloppo vinto di quella sera. Chissà se anche ella avesse puntato per davvero su un cavallo, con conseguente vincita, l'avrebbe rincontrata lì. [END]