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Odi et Amo

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con Saigo, Nobu, Tenjiro

21:20 Nobu:
 Non deve fare molta strada in realtà, giusto attraversare quella piazza in quell’appartamento che ha tenuto sott’occhio troppo tempo in realtà, da quando era andato a vivere con Saigo. Già una volta c’era andato vicino a incontrarli, in quella missione con Rasetsu nella quale si è trasformato in Nene per non farsi riconoscere da sua madre, effetto non riuscito su Momo in realtà, quello shiba inu che è popolarissimo su ninjagram a quanto pare. Aveva il trovato il coraggio di chiederglielo a Saigo, la sua amica più fidata, forse l’unica amica che ha a conti fatti considerando che è l’unica a conoscenza della verità di quei fatti. Fidarsi per Nobu è sempre stato difficile, a maggior ragione dopo quel tradimento, in cui ha visto quei sentimenti presi e rimescolati a piacimento dalla Doku, cambiandoli in mille origami diversi per poi accartocciarli in una pallina e lanciarla lontani. Sfiducia nel prossimo che si è aggiunta alla innumerevole lista di ptsd con la quale convive da quando è arrivato in quel villaggio. È arrivato dunque quel giorno, l’8 Novembre, il suo compleanno. Non si è riservato niente di particolare per quella data, nessun regalo materiale, nessuna festa, nessun vestito nuovo da indossare, solo quel messaggio ai genitori dove avvisava che sarebbe andato a trovarli per quell’evento. Di un evento si tratta esattamente dato che Nobu non ha mai risposto ai messaggi da parte della madre per gli ultimi due anni ormai, visualizzando e basta una tantum, esattamente da poco prima di entrare in Shinsengumi quando già quegli effetti collaterali delle droghe che assume e di quei demoni in testa lo stavano cambiando. Non ha niente di particolare con se: un paio di sneakers bianche con dettagli neri e rossi, un jeans anch’esso nero, strappato sul ginocchio e a coprirne il busto una felpa color rosso cardinale con tanto di cappuccio alzato e mani nella tascona frontale. Per lui non è un evento andare a casa, cosa che non si può dire di Saigo tuttavia. Chissà cosa penseranno nel vederlo tornare a casa dopo due anni insieme a una ragazza, soprattutto suo padre Manabu, molto più austero e all’antica. Cammina sotto a un grosso ombrello che sorregge per tutti e due, coprendo per lo più la Manami che se stesso dato che in realtà a lui la pioggia piace. Arrivano di fronte a un grattacielo identico e speculare a quello in cui i due hanno vissuto fin ora per poi fermarsi all’ingresso. Nobu si volta verso Saigo a lasciarle quell’ombrello in protezione, spostandosi verso il citofono, passando il dito sulla lista di quei cognomi fino a individuare “M.N. Ryuuzaki”. Indice della destra che si estende, tremante, non esattamente sicuro se sia la mossa giusta da fare in quella situazione o se scappare, continuare a vivere così come ha fatto ora e lasciare che il destino faccia il so decorso naturale con lo sciogliersi della matassa che le moire stanno utilizzando per intelaiare quella drappo che vede la storia di Ryota e ora di Nobu. Al di fuori del telefono, portafoglio e chiami di casa non ha niente con se in tasca. Prende un lungo respiro fino a schiacciare quel pulsante. [chk on]

21:25 Saigo:
 Serata importante quella di oggi e per questo ha cercato quantomeno di rendersi il più presentabile possibile, non deve sembrare una minaccia ma al cont3empo nemmeno una stupida ragazzina, deve essere pronta a fare ciò che serve per il bene di Nobu. Quindi eccola seguirlo, i passi annunciati dal rumore della suola di quei mocassini con effetto vernice lucida nera, un lieve platform per non farla apparire troppo tappa al fianco del coinquilino e amico. Un paio di pantaloni a palazzo a coprirle le gambe, il tessuto è lana pesante, elegante il taglio e grigio il colore. Si distinguono quindi dalla scuola scura delle scarpe grazie alla quale non toccano terra ma si limitano a sfiorarla. La vita alta dei calzoni è stretta da una cintura in pelle nera a richiamare i mocassini, all’interno di essa c’è infilato anche un maglioncino bordeaux aderente da un lieve e appena pronunciato scollo quadrato, la pelle candida che dovrebbe venir mostrata è coperta invece da una enorme sciarpa/scialle sempre nera. I capelli sono stati pettinati per bene ma lasciati lisci, incastrati nella lana scura si muovono appena ad ogni suo movimento. Un velo di trucco sul volto, labbra appena illuminate e ciglia rese più lunghe e folte dal mascara, un tocco di blush sulle guance per farla sembrare più viva e meno bambola di porcellana. Non ci sono accessori superflui su quel corpo, lasciato il più possibile libero da inutili ninnoli così da provare a darle un’aria da adulta certo ma anche acqua e sapone. Si lascia ospitare sotto quell’ombrello fino all’arrivo davanti a quel palazzo, lei è molto silenziosa ma soprattutto agitata, non sa cosa potrebbe succedere e ha così tanta paura che potrebbe perderlo che è già miracoloso che non si sia data alla fuga, anche per quello ha deciso di vestirsi bene, curare il suo aspetto esteriore le fa da sempre da calmante. Appena lui le molla l’ombrello per suonare lei si limita a reggerne il peso con la destra, lo tende verso di lui così da poter evitare che si bagni troppo e mettendosi un bel sorrisone in faccia la mano sinistra si mostra con il pollicione sollevato e le altre dita richiuse. Un semplice gesto di incoraggiamento, molto infantile forse ma in quel momento è il suo massimo, la bambina che non è mai potuta crescere come si deve si mostra. Forza. In silenzio glielo urla, come se potesse davvero arrivare alla sua mente. Il chakra è stato ovviamente richiamato per tempo, durante la sua vestizione, non si sa mai potrebbe essere costretta a fare qualcosa di spiacevole [chk on]

Piove a dirotto. La volta celeste, soffocata da una coltre di nere nubi cariche di risentimento, riversa il proprio dispiacere sul creato sotto forma di infinite ed insistenti goccioline d'acqua. Un sipario impietoso per il nostro caro Nobu, che nel giorno del suo compleanno ha deciso di prendere le redini della propria vita e dargli un poderoso strattone. Poderoso come i fulmini che [WROOOOHM!] ad intervalli irregolari squarciano il cielo e illuminano il circondario a giorno. L'ufficiale della Shinsengumi, tuttavia, non è solo questa sera. Ha portato con se ciò che più si avvicina alla sua altra metà... colei che si è fatta custode di un segreto troppo pesante da poter essere trasportato oltre sulle spalle. Ebbene, il triste sipario si apre proprio alle porte della grande palazzina in cui i Ryuuzaki si sono ricostruiti una vita. Nobu solleva la mano e, tremante, pigia quel pulsante. Il cicalino del citofono, per lui, risuona più assordante di quanto dovrebbe. Probabilmente è condizionato a tal punto da essere super sensibile agli stimoli che giungono dall'esterno. Persino un cicalino, invero, pare essere più straziante di un tuono. Subito dopo torna il silenzio. Pochi attimi di attesa, che tuttavia sembrano durare troppo... e che si trasformano in attimi di angoscia nel momento in cui, da quell'altoparlante, arriva il rumore statico che solitamente indica l'alzarsi della cornetta dall'altra parte del citofono. Ci si aspetterebbe una qualche formalità, no? Un "chi è"... e invece no. Quel silenzio perdura, nella consapevolezza generale. Persino le gocce d'acqua, in quell'istante, sembrano quasi fermarsi a mezz'aria... almeno fino a quando l'apertura della serratura elettronica del cancello spezza il suddetto silenzio. Il cancello si apre appena, quasi cigolante, e permettendo ai due di avere accesso alla tromba delle scale del condominio. Saranno liberi di raggiungere quell'appartamento che Nobu conosce anche fin troppo bene e una volta sul pianerottolo, ad attenderli ci sarà l'ennesima porta socchiusa. L'ultima barriera che lo separa dalla sfida più difficile che la vita gli abbia riservato fino ad ora. Potranno decidere di entrare, o di tornare indietro. Non c'è vergogna nel non essere pronti. Da quello spiraglio di dieci centimetri circa, filtrano la calda luce dell'appartamento e il profumo di un lauto pasto. Buono abbastanza da superare persino i piatti che Nobu sa cucinare. Eppure... queste percezioni, che per la maggior parte di noi richiamano bei ricordi e sicurezza, per qualcuno potrebbero essere degne del più buio e più profondo degli abissi. Face your Fears.

22:05 Nobu:
 Probabilmente c’è una telecamera a circuito chiuso che riprende il citofono quando viene azionato uno dei pulsanti relativi ai cognomi dei condomini, o forse più semplicemente aspettavano loro figlio e non c’era neanche bisogno di chiedere ulteriore conferma su chi potesse essere. Sente la porta aprirsi donando loro l’accesso a quell’androne delle scale. < Da questa parte. > direbbe a Saigo con un tono che è strano sentire da quelle labbra, non abituato a quel turbine di emozione e soprattutto ad affrontarle a testa alta. Se per Saigo il suo incubo è rivedere il dio, che ci sia o meno, il suo è reale, è quel momento che sta vivendo in questo momento. Cammina con il capo abbassato, non c’è gloria in quei passi e in quei movimenti che dovrebbero preannunciare il ritorno del figliol prodigo quando in realtà potrebbe essere benissimo qualsiasi altra bestia al posto di quella loro prole che non vedono da ormai troppo tempo, cambiata sia in aspetto fisico ma soprattutto a livello caratteriale. Ci piacerebbe dire che Nobu è diventato un uomo, una persona rispettabile, un qualcuno che li rende degni nel solo guardarlo, facendogli riempire la bocca del suo nome, quello vero che gli hanno dato al battesimo, da lui rinnegato in quanto non più degno. Saigo lo dovrebbe seguire poco più dietro e quelle poche rampe di scale, dato che sono situati al primo piano, sembrano interminabili. La mano sinistra segue tutto quel corrimano, con quel metallo che è talmente freddo da raggelargli anche l’anima all’interno del corpo. Ha il fiatone, è già stanco, lui che della sua resistenza ne fa un vanto e una delle sue armi che lo rendono uno dei ninja migliori del villaggio. Se questo è un genjutsu è stato orchestrato alla perfezione oppure, chissà, magari tutto ciò che sta vivendo è solo quello che il signor Shimura gli vuole far vedere ed è ancora lì in quello scantinato, lasciando da sole Saigo e shizuka ad affrontare lui, i bambini chimera e noumu. Arriva sul pianerottolo relativo a quell’appartamento, seguendo il muro, passando davanti a una finestra che li illumina con quel fulmine che squarcia il cielo. Che forma ha la sua ombra Saigo? È ancora umano? È ancora lo stesso Nobu che ti è stato accanto per tutto questo anno? Si rispecchia in quell’immagine che il vetro della finestra gli dona, o meglio con la quale lo maledice, vedendo solo se stesso con quegli occhi speciali che ha attivo, insanguinato in volto di sangue non suo, con lo stesso sorriso macabro e sadico che ha sfoggiato in quella serie di gomitate con la quale ha aiutato a decapitare Noumu. Vede Nobu la bestia nera, quello per la quale la Shinsengumi lo ha accolto tra le sue fila, ottima pedina da usare, combattente elitario, stratega superiore, ma soprattutto mente estremamente fragile, plasmabile come il pongo in mano a dei bambini. Chiude la mano destra in un pugno, scaraventandolo lateralmente contro quel vetro, anche a costo di romperlo per non vedersi così, non in questo momento, non davanti a loro due. Quel profumo di leccornie, le sue preferite arrivano a invitarlo ad entrare, tentatrici, eppure Nobu si paralizza a due metri da quella porta. Si deve reggere con entrambe le mani al muro. Le gambe sembrano essere private di qualsiasi tipo di forza residua così come quel volto che si gira in direzione di Saigo, perso, disperato, spento. < Non ce la faccio. > in un bisbiglio mozzato dai singhiozzi secchi, come se pure l’aria stesse abbandonando i polmoni. Ansima, pericolosamente anche. Il cuore si stringe in un attanagliarsi doloroso, aumentando quei battiti in maniera vertiginosa, critica, pericolosa per la sua salute. Smette di respirare a tratti, inalando come può dietro a quell’attacco di panico, il più forte che abbia ai avuto, con l’asma che ora si prende pure l’aria che cercherebbe di ottenere. [chk on]

22:15 Saigo:
 A quanto pare è ora di entrare, non se lo aspettava così ma forse è meglio, almeno non le è stata data l’opportunità di fuggire. In ansia nel vederlo così e soprattutto in ansia all’idea dell’ignoto che li attende oltre quelle porte. Fa un paio di passi e si limiterebbe a girarsi di schiena così da appoggiare le sacre natiche alla porta e tenerla aperta quel tanto che le basta per inclinare in avanti l’ombrello e richiuderlo, lo sbatte un paio di volte, premura che sottolinea quanto sia in ansia, non vuole nemmeno sgocciolare all’interno di quel palazzo, sia mai che poi finiscano per biasimare Nobu. Appena quell’operazione si conclude allunga il passo, accennando una piccola corsetta per raggiungere quanto più di simile ci sia ad un compagno. La destra ora vorrebbe tendersi verso il centro della sua schiena e premere un pochino in avanti, non per spingerlo <dritto io so quanto vali> lo mormora, lo sussurra a malapena udibile timorosa quasi di urtarlo, di ferirlo con quelle semplici partole, lei è nel panico e per quanto cerchi di far in modo che non si veda i suoi gesti si sono fatti più insicuri, quella è una bambina alle prese con le prime cose da adulto, combattere è facile basta spegnere i sentimenti ma ora li deve usare e non ha la minima idea di come si faccia. Non c’è una birra qui vicino? Si guarda distrattamente attorno. Lo segue e quando intravede quel pugno vorrebbe solo andare a fermarlo da qualsiasi cosa voglia colpire, stringere la sua mano con tutte e due le sue, sbatacchiando l’ombrello bagnato sui suoi pantaloni. Cercherebbe solo di stringerlo come per rassicurarlo, lasciare che le sue dita fredde e forse un pochino sudaticce per l’ansia che la pervade possano in qualche modo tranquillizzarlo <puoi fare quello che vuoi> replica mettendosi sulla faccia un caldo e rassicurante sorriso. Quanto ringrazia le sue lezioni di recitazione ed improvvisazione in questo momento <ma se non vuoi farlo oggi ti sosterrò> aggiunge poco dopo. Non lo costringerà ad affrontare i genitori se non si sente pronto ma al tempo stesso cerca di farglielo capire, la fiducia che nutre in lui la spinge a considerarlo preparato, nulla potrebbe abbatterlo seppur ora, solo adesso, riesca a vedere la sua debolezza, ne è in parte spaventata, non potrebbe farcela se andasse in pezzi ma al tempo stesso è sollevata di sapersi utile a qualcuno, seppur nella maniera più sbagliata possibile. Se avesse preso quella mano ora la sospingerebbe in avanti, verso la porta per poi aspettare alle sue spalle. Da lì non si scappa e per quanto le sue gambe urlino che sia meglio darsela a gambe lei resta immobile, in attesa e di supporto come si era ripromessa[chk on]

Le gocce d'acqua rintoccano sulle vetrate del grattacielo, enfatizzando la percezione dell'ansia. I fulmini scuotono gli animi come scosse di terremoto e quella luce... quella dannata luce spezza le forze della Fortezza della Shinsengumi. Perchè è così che possiamo considerare Nobu, no? Il baluardo inamovibile e indistruttibile. Un castello che, però, or ora sembra fatto di sabbia e che si sta disfacendo sotto la pioggia e le lacrime. La sicurezza lo abbandona. La luce nelle scale si spegne per la troppa attesa e l'oscurità lo fagocita. Dentro e fuori. La giovane Manami cerca di fare da supporto, ma diventa difficile reggere qualcuno in piedi, quando entrambi affondano nella stessa sabbia mobile. Nobu deve trovare la forza di non affogare nel timore. Affogare adesso significa trascinare Saigo a fondo con se, ma con tutta probabilità è troppo paralizzato per rendersene conto. Tuttavia, proprio da quello spiraglio tanto familiare quanto spaventoso, un rumore attirerà l'attenzione di entrambi. [WOOOF!!] Si tratta di Momo! Lo Shiba-inu più famoso di Kagegakure. Scruta il duo dalla fessura, cercando di infilarci il muso a più riprese. Ci prova e ci riprova, fino a quando riesce a far uscire la testa dalla porta. [WOOOF!] Un piccolo spiraglio di tenerezza, in un oceano di sconforto. Nobu doveva aspettarselo... Momo lo ha già riconosciuto una volta, quindi era scontato che lo avrebbe aspettato dietro la porta, scodinzolante. L'emozione nel rivedere il proprio padrone si trattiene appena. Il cagnolino si agita, cercando di passare oltre la porta, ma bloccandovisi per metà. Lo sgambettare contro il parquet finisce per attirare l'attenzione di qualcuno... un qualcuno che, per fortuna, ha il buon cuore di annunciarsi a voce prima di apparire dal nulla. <Momo... quante volte ti ho detto di non uscire dalla porta?!> Quella voce è inconfondibile. Nora si fa sempre più vicina e seppur non possa vederla, Nobu lo sa. Ormai è questione di attimi. La tensione è così alta che riuscirebbe a contare ogni singola goccia che impatta contro quei vetri. E ogni istante che passa lo vede piantato sempre innanzi allo stesso maledetto bivio: andare o restare? andare o restare? andare o restare? Purtroppo, questa volta dovrà prendere la decisione innanzi ad un giudice. Un giudice che ormai è giunto alla porta. <Torna dentro, Mo...> Fiato sospeso. Contatto visivo e... booooom. L'aria muore in gola come se l'ossigeno fosse stato improvvisamente sottratto all'umanità. <...> Per l'ennesima volta, piccoli attimi si fanno abissali. Una serata di silenzi ed eterne attese, questa, poichè non esistono parole che sarebbero in grado di colmarle. Nora, ormai provata dagli anni, fissa Nobu con il fiato sospeso. <...> I suoi occhi incontrano quelli del figlio e in essi si rispecchia, come se stesse guardando direttamente nello specchio della sua anima. Non lo vede da una vita, ma lo riconoscerebbe comunque tra milioni di uomini. E' solo questione di tempo prima che quegli occhi, tanto amati e tanto mancati, si allaghino più delle strade di Kagegakure. <...> Nessuno spreca una parola. Nessuno muove un passo. Ed eccoci finalmente ad un nuovo bivio: Nobu o Ryota? Fuggire o fare il primo passo? Fuori dal grattacielo tuona e imperversa la pioggia... ma la vera tempesta è negli animi dei nostri protagonisti. Dentro e fuori, piove...

23:04 Nobu:
 Sente quella mano umidiccia toccarlo, cercando di dargli forza eppure, proprio in quell’umidità del sudore quello che percepisce è ansia, la stessa ansia che ha lui e che sta passando a Saigo. È colei le più lo conosce e lo comprende, e proprio per il suddetto motivo riesce a capire quanto sia difficile per Nobu il momento. Quelle parole successive giungono ovattate, come se nei timpani ci fosse della bambagia a intorpidirne il senso dell’udito. È li di fianco, a contatto, corpo a corpo eppure sembra lontana anni luce. Quando va a prendergli quella mano dopo che ha impattato contro il vetro, la sente pesante, abbandonata a se stessa e a peso morto. Gliela sposta, facendo ciò che non vorrebbe ma quello che un vero amico farebbe: aiutarlo per davvero. Quel peso morto fa in modo che la porta si sposti appena, il necessario affinché Momo lo noti e senta il suo odore, cominciando ad abbaiare a più riprese fino a farsi largo in quello spiraglio della porta, prima con la testa e poi con metà del busto, rimanendo incastrato. Si vede che stava mangiando bene anche perché l’ultima volta era un filo più snello. Scuole il capo a vederlo, soprattutto ora che sente la voce di sua madre, Nora, provenire da dentro casa e chiamarlo, farsi sempre più vicino fino a quando sente la maniglia sfilargli da sotto la mano, dato che non ha forze in corpo. Scappiamo Saigo, andiamo via da qui. Non ha le forze neanche di dirglielo, di supplicarla, di deluderla in quel comportamento estremamente umano e patetico, come se quella montagna sulla quale tutti hanno fatto affidamento sia stata logorata dalle piogge e ora anche solo una minima goccia nel punto giusto possa causare una frana. Quando quella porta si apre e la intravede lì, lascia cadere il braccio lungo il fianco, come se fosse un manichino. Gli occhi si perdono in quelli identici di sua madre, con quello sguardo compassionevole e profondo che ha sempre avuto. Li vede lucidarsi, dipingersi di quel mare che presto sgorgherà sulle gote. Guarda Nobu, è disgustata di ciò che sei diventato. Come ti sei anche solo immaginato che sarebbe andata quando avrebbe visto che non è il suo Ryota alla porta ma un altro uomo? Le gambe tremano e infine, le ginocchia cedono, cadendo sulle tibie, con quel busto ancora eretto. Non riesce a muovere le braccia, non ne ha la forza. Il viso è spento, privo di ogni emozione, come se la sua coscienza lo avesse abbandonato. Si vergogna, si fa schifo da solo. È diverso da come lo avevano lasciato: si è tatuato, tinto i capelli, bucato le orecchie, per non parlare di tutti gli atti ignobili che ha compiuto fino ad oggi.Dentro o fuori? Nessuna delle due, impotente al punto tale da non avere il libero arbitrio di quella scelta, non è mai stata nelle sue mani, bensì in quella di quel nucleo familiare che lo stava aspettando dentro casa. Non può sporcarla con quell’essere oscuro che è diventato e così aspetta, davanti a quella giuria. Gli occhi che si bagnano per primi sono i suoi. Serra le labbra che tremano, deglutisce amaramente un rospo grande quanto un evocazione e, con una voce rotta dice solo < Mamma… > chiamandola [chk on]

23:10 Saigo:
 Tutto viene interrotto dal semplice apparire di quel cane, i suoi occhi si fissano su quel musetto che appena s’intravede dalla porta, quel nasino che cerca di uscire e poi eccolo il nome. Di scatto il volto si rivolge a Nobu, poi al cane, nuovamente a Nobu. Lo fissa esterrefatta e poi abbassa lo sguardo sui suoi pantaloni tutti bagnati, Solo ora si pente amaramente del gesto. Cerca un porta ombrelli in cui inserire il suo e poi di pulirsi. Si distrae malamente da quello che invece sta accadendo, del silenzio se ne accorge dopo un po’, giusto quando si chiede perché il cane più famoso di ninjagram abbia smesso di abbaiare. Giusto il tempo di rialzare lo sguardo e la sua bocca si apre. Quanto sarebbe scortese chiedere semplicemente un autografo, una zampatina? Tanto? La bocca resta aperta forse un po’ troppo a lungo dato che deve ricordarsi ancora una volta di chiuderla. Mannaggia. Si fa lievemente rossa in viso e cerca di asciugarsi le mani sudate sui pantaloni, strofinandole sui fianchi. Non può mica allungarla così. La destra quindi si allunga verso la donna fin troppo conosciuta per il magico mondo dell’internet <Signora è un onore conoscerla> e così facendo cercherebbe di regalarle la sua miglior stretta, non troppo stretta da far male ma abbastanza salda da trasmettere sicurezza e forza <sono una sua grande fan> forse questo non doveva dirlo così. Solo a questo punto sembra ricordarsi di Nobu che invece dal canto suo crolla. Si maledice, non doveva distrarsi, non doveva permettere alla sua mente di appigliarsi alla prima via di fuga trovata. Subito la sua espressione muta, sembra farsi preoccupata, teneramente interessata a ciò che succede accanto a lei tanto da abbassarsi anche lei, cercare di raggiungerlo accovacciandosi mostrando uno slav squat di tutto rispetto. I glutei che appoggiano sui suoi talloni, un equilibrio che non è ben chiaro da dove arrivi e la sua mano destra che torna al centro della schiena di Nobu. La poggia su di lui cercando di confortarlo <è tutto ok> mormora semplicemente verso il suo orecchio, si appoggia quel poco che basta per fargli sentire la sua presenza, fisicamente anche a supporto, facendosi quasi piccola sotto alla sua spalla, pronta a rialzarlo, pronta a sorreggerlo con la sola forza di volontà visto che avrà anche dimostrato grande agilità ma qui si fermano le sue abilità fisiche. Lo sguardo quasi implorante verso la madre di Nobu, le labbra si muovono in un mormorio silenzioso che non trova voce, come un mantra le chiede di amarlo, di sostenerlo e di accoglierlo, lo ripete consapevole che solo quella famiglia ha il potere di rimetterlo in piedi [chk on]

Bastano poche lettere a scatenare il più violento dei diluvi. Cinque, per la precisione... e sarà proprio Nobu a dare il via libera alla tempesta. Le sue gambe non reggono. La pressione è troppa perchè possa reggerla e le forze non gli bastano. La stessa Saigo non riesce a tenerlo su, ma la verità è che... come mai avrebbe potuto? Si tratta di una ragazza che mai nella vita ha dovuto affrontare questioni così emotivamente stressanti. L'essersi distratta per badare ad un cagnolino famoso e alla sua padrona, per quanto ne sa, potrebbe esser stato addirittura un meccanismo di autodifesa. La sua mente che si rifiuta di affrontare qualcosa di così tanto pesante e stressante. Le basta un attimo. Quello necessario per cercare la mano della signora Nora, per sentire la presenza del compagno al proprio fianco venir meno. La stessa mano della signora le sembrerà priva di vita. Non v'è forza nella presa, ne volontà di concretizzare quella stretta. Tanto che, una volta lasciata andare, la mano cascherà verso il basso a peso morto. In quel frangente Saigo capirà che, dopo tutto quel tempo, non c'è fan che tenga a confronto del ritrovato figliolo. Per fortuna ci sarà Momo ad alleviare il peso sulle spalle della ragazza, forse troppo pesante perchè potesse realmente farsene carico. Il cagnolino, infatti, a dispetto della situazione straziante scodinzola più felice che mai. Gira qualche volta attorno al povero Nobu, salvo poi raggiungere Saigo e provare a poggiarsi con le zampe anteriori sulle sue cosce. Lei è abbassata e cerca di dar sostegno al povero compagno, ma dovrà prima fare i conti con uno Shiba-inu che cerca di leccarle la faccia. Dolcezza e Dolore sono due lati della stessa medaglia. Spesso camminano a braccetto e in questo momento più che mai, sono in netto contrasto tra di loro. Finalmente quella parola riecheggia nella tromba delle scale. La voce è quella spezzata di un uomo che non sa più in cosa credere o cosa essere. Anni di vita ridotti in un cumulo di polvere e nella consapevolezza che, forse, qualcosa è andato storto. Se era veramente la cosa giusta da fare, allora perchè fa così male? Lo sguardo della madre pesa su di lui come un macigno sull'anima. Come una palla d'acciaio legata alla caviglia, che lo trascina sul fondale di un abisso che ha scavato con le sue stesse mani. Quei rivoli salati solcano entrambi i visi, prima che Nora muova qualche passo verso la sua progenie. Le mani, delicate, volano verso le gote di lui. Cingono il suo viso e, con altrettanta dolcezza, cercano di inclinarlo in maniera tale che possano guardarsi nuovamente negli occhi. In maniera tale che possa osservare come il tempo ha cambiato ciò che lei un tempo plasmò. <Sei venuto sul serio...> La voce è strozzata. Vibra, ma di emozioni positive. Non esiste al mondo madre che possa rinnegare il proprio figlio. Non dopo averlo aspettato così a lungo. Torreggia sopra di lui da quella posizione rialzata. Alcune lacrime si staccano dal suo volto e, come la pioggia fuori, raggiungono le guance di lui e si mischiano alle sue. <...> Ancora qualche singhiozzo soffocato ed infine porta quel volto vicino a se. Ad altezza del petto. <Mi sei mancato...> Poche parole, ma dal significato profondissimo. Lui dovrebbe saperlo. L'ha aspettato per tanto tanto tempo. Ha sempre sperato che andasse a trovarli. Ha sempre cucinato una porzione di troppo, perchè "non si sa mai". Eppure di quel figlio non c'era più traccia. Ora, tra le lacrime e il rimorso, Nobu potrà percepire il calore dell'abbraccio della madre. Un calore che forse aveva dimenticato. Un calore che mai nessun'altra donna sarà in grado di donargli. La verità è che ci accorgiamo troppo tardi di quanto fosse importante ciò che ormai abbiamo perso. Nobu starà iniziando a realizzare che un sacrificio così grande non conosce ricompensa che lo eguagli? Chi lo sa... sta di fatto che, alle spalle della madre, la luce proveniente dall'interno dell'appartamento si fa più intensa. La porta è ormai spalancata e una figura imponente sosta sulla soglia. <...> Tace, Manabu, austero esattamente come lo ricordava. Gli occhi di lui sono puntati sul duo legato nel caldo abbraccio, ma non spiccica una parola... ne una lacrima. Se c'è uno sguardo che peserà sull'animo di Nobu, è proprio quello del padre. Severo. Intransigente. E' il momento di fare i conti con le proprie scelte.

00:12 Nobu:
 Deve ringraziare Momo, perché non vuole fare sentire inutile Saigo in quel suo tentativo di rialzarlo, di supportarlo e, per quanto questo sia andata come è andata, sono li solo grazie alla Manami, anzi A Manami. Guarda Momo corrergli incontro per poi vederlo sparire e riapparire in quella visione periferica che ha, anche senza Byakugan attivo, ovviamente ridotto fino a quando quel campo visivo non viene bloccato dalla figura materna che lo cinge a se in quell’abbraccio caldo, dello stesso torpore che il sole all’alba dona, sciogliendo la brina invernale che la notte ha portato con se. Singhiozza in quell’abbraccio intimo, annuendo quando gli dice che è venuto sul serio. Già, venuto, non tornato. Differenza abissale tra quelle due parole che sono spesso intercambiabili; eppure, che indicano una condizione pregressa ben differente. Anche lei gli era mancata, terribilmente, come ogni volta che la spiava per vedere come stesse quando visualizzava quei messaggi, dandole così l’informazione chiave: suo figlio è ancora vivo e da qualche parte a Kagegakure. Sente quelle lacrime altrui cadere su quel crine argentato, tinto, a identificare una nuova persona che non è più il loro Ryota. Quel momento era il suo ostacolo finale, la resa dei conti, l’incontro fatidico che decreterà se Ryota tornerà a rinascere dalle ceneri, oppure Nobu brucerà fino alle fondamenta Kagegakure stessa, portandola con se in quello spirale di violenza che lo circonda, facendo carriera, diventando sempre più potente fino ad arrivare a essere fuori controllo. Già ora sarebbe difficile fermarlo, seppur non fisicamente imponente, è comunque una forza della natura, un colosso in grado di prendere in bocca colpi su colpi senza batter ciglio per poi polverizzarti il sistema nervoso con le sue tecniche, renderti un umano qualsiasi bloccandoti il chakra e infine, solo allora quando non si è nient’altro che un verme al cospetto di quella violenza, la fine. Già mamma, sono venuto perché te l’ho detto che l’avrei fatto, in quell’unico messaggio che ti ho mandato in questi anni. Sente quei passi, li riconosce fin troppo bene e quel viso severo che lo guarda. Manabu è la copia di Nobu se non più anziano e con gli occhi diversi rispetto ai suoi, avendo ereditato quelli gentili di sua madre.Ritrova in se il motivo per la quale era stato lì, quella dolcezza, quel momento gioviale dovrà aspettare, non se l’è meritato e non è giusto che dia a sua madre false speranze. La mano sinistra si alzerebbe, a toccare la spalla della donna che l’ha messo al mondo, come a chiederle di allentare la presa, per rialzarsi in piedi, da solo, ricordandosi non chi è, ma di chi è diventato: la roccia di Kagegakure, lo scoglio di salvataggio di Shizuka, la spalla e braccio destro di Saigo. Punterebbe il piede destro per terra per poi spingersi in piedi. Molto più alto di quanto se lo ricordavano i propri genitori. Inspira appieno con quei polmoni che tornano a funzionare come dovevano. La paura ancora lo attanaglia, niente è cambiato. Ha avuto un momento di debolezza, per un attimo al pensiero di rivedere sua madre e suo padre è tornato Ryota, quello stesso Ryota rimasto paralizzato dalla paura nell’accademia ninja con le chimere che distruggevano Suna e con i suoi due eroi che lo portavano in salvo. Volta lo sguardo, verso Saigo. Un espressione gentile, grata, sincera come poche. < Grazie amica mia. > e finito quello ecco che quell’espressione tornerebbe a quella che conosce, quella che vede sempre in Shinsengumi, quella dell’uomo che è diventato con le cicatrici emotive che lo hanno segnato. < Papà… > lo saluta così, guardandolo in faccia, abbassando lo sguardo ora che l’ha superato in quei centimetri. < Dobbiamo parlare. > [chk on]

00:17 Saigo:
 Non che il panico prenda possesso di lei ma comprende di essere quasi di troppo. Si scosta appena lasciandosi cadere sul pianerottolo così da far spazio a quell’abbraccio e sorride, quasi sollevata, mentre lo sguardo va verso il cane. Può dedicarsi a lui per ora. Mentre la famiglia si riunisce lei allunga appena il palmo verso il cane, su ninjagram dicono di fare così. Lascia che lui l’annusa e solo dopo lo accontenterà donandogli qualche carezza. Abituata a Poldo si rapporta a lui in maniera molto simile, rispondendo alla richiesta ma senza mai osare troppo. Qualche grattino sotto al mento, una lotta per evitare d’essere leccata in piena faccia ma nulla di più, non prende l’iniziativa nei suoi confronti. Davanti però a quel momento persino lei riesce a non distrarsi, sta toccando una star ma ci penserà dopo, qualcuno le deve qualche spiegazione, ma è superficiale rispetto a quello che accade intorno a lei. Lo sguardo segue quello di Nobu, attenta che non vada in pezzi, interessata in effetti solamente a questo dettaglio. Solo per via di quel controllo riesce ad accorgersi che qualcosa sta succedendo, qualcosa attira l’attenzione dello Hyuga ed eccola tornare verso la porta, osserva quella figura silenziosa ed austera. Resta silente ma pronta, come in battaglia. Ha sperato potesse andare tutto bene e non conosce quell’uomo ma teme che qualcosa vada storto, ne è quasi convinta ora. Forse è solo la sua ansia a parlare, forse è la profonda consapevolezza che nella vita nulla può andare semplicemente bene, forse si chiama solo paura ed affetto per quel ragazzo mai visto così fragile e di cui ha dannatamente bisogno per potersi reggere in piedi lei stessa. Quelle parole le giungono inaspettate mentre lo vede rialzarsi e non può replicare con un sorriso, sollevata e sinceramente grata di rivedere quegli occhi. Esita ancora qualche istante ascoltando semplicemente le parole di Nobu e osservandolo riprendersi pian piano la sua vita. Tace però limitandosi ad alzarsi in piedi, pronta ad attendere fuori dalla porta se necessario, quel momento è così intimo che non vorrebbe certo rovinarlo con le sue mani ansiose e nuovamente sudaticce [chk on]

Nella tromba delle scale riecheggia qualche singhiozzo e le parole dolci di una madre rincuorata. Pochi attimi in cui amore, paura, vergogna e risentimento si mescolano in un turbinio di emozioni incontrollabile. La può sentire vicina a se. Può assaporare il suo calore e il suo odore, che dopo tanti anni non è cambiato. Eppure... non si è ancora riguadagnato il suo spazio tra quelle braccia. In cuor suo sa di non meritarlo... e la conferma di ciò arriva quando il gelo dello sguardo paterno si posa su di loro. Nobu abbandona la madre, allontanandola appena da se e raccogliendo le forze residue per provare a mostrarsi, se non degno, quanto meno uomo. Questo non potranno negarglielo: è cresciuto molto. Non importa come, ma è cresciuto. Ed è nel momento in cui si riferisce a quell'uomo con l'appellativo che dovrebbe essere suo e suo soltanto, che riceve l'ennesimo sguardo stizzito e un commento acido alla propria volta. <Hai una bella faccia tosta...> Borbotta, seppur senza specificare a cosa si stia riferendo. All'averlo chiamato Papà senza il suo permesso? Ad essersi ripresentato in quella casa dopo così tanto tempo? Ad aver avuto il coraggio persino di annunciarsi prima di ripiombare nelle loro vite come se nulla sia accaduto? Chi lo sa... probabilmente tutte e tre. <...> Lo guarda ancora per qualche istante. Occhi negli occhi, che seppur diversi, nascondono la stessa fiamma, la stessa determinazione e la stessa cocciutaggine. Infine quel contatto visivo si interrompe, Manabu si volta e torna dentro casa, lasciando quindi l'uscio libero e la porta aperta. Qualcuno avrebbe potuto interpretare questo gesto come un diniego, ma Nobu conosce bene suo padre... e sa che se avesse voluto chiudere lì la faccenda, lo avrebbe fatto sbattendogli la porta in faccia. Invece l'interno di quella casa diviene di dominio pubblico, così come il suo calore e il suo profumo. <...> Anche Nora riprende a respirare, come se durante lo scambio di sguardi tra il figlio e il marito avesse trattenuto il fiato. Abbozza un nuovo sorriso e con una mano raggiunge la spalla del figlio. <Su, entra... qui per le scale fa freddo.> E che non passi per la testa alla buona Manami di sgattaiolare via! Ha comprato un biglietto speciale per lo show di casa Ryuzaki. Non si torna indietro! Nora si avvicina anche a lei e dopo averla aiutata a mettersi in piedi e liberarsi del cane, la esorterà ad accompagnare Nobu. <Fermati con noi, cara! Come hai detto che ti chiami?> Ce la sta mettendo tutta per smorzare la tensione e far andare tutto come dovrebbe andare. Eppure è innegabile che ci sia un elefante dentro la stanza. Quell'elefante si chiama Manabu. Se accetteranno l'invito, si ritroveranno in un classico appartamento dei giorni nostri, dotato di un ingresso su cui si affacciano un salotto e una cucina, e un corridoio da cui si dirama la casa in camere da letto e servizi. Appena entrati, sulla destra, potranno notare il salotto già arredato per ospitare un lauto pasto. Il cibo non è ancora in tavola, ma tutto è stato preparato per ospitare quattro persone. Saigo non era prevista, invero! A tal proposito Nora rimedierà immediatamente. <Mettetevi comodi... la cena è quasi pronta. Devo giusto... sistemare un paio di cosette!> Peccato che qualsiasi tentativo per Nobu di accomodarsi sia inficiato da quel macigno sullo stomaco che rappresenta il nodo non sciolto con il padre. Oltre quel tavolo addobbato, infatti, una porta-finestra socchiusa mostra Manabu di schiena e in balcone. Ha entrambi gli avambracci posati contro la balaustra, mentre tra le dita della mano destra una sigaretta viene consumata dal vento. Lo raggiungerà? Lo aspetterà al tavolo? Ci parlerà da solo o aspetterà il prevedibile sostegno della madre? Intanto Saigo continua ad esser bersagliata dalla star di Ninjagram, che sembra essere alla ricerca smodata di coccole e considerazione.

20:44 Nobu:
 Si mostra risoluto, si ricorda chi è lui, o meglio, chi è diventato e lo deve solo grazie a Saigo che era lì con lui. La Manami lo conosce, sa cosa vuol dire quello sguardo con la quale Nobu sta guardando Manabu, sa che è a tanto così da prendere e sparargli una tecnica raiton per farsi dare il rispetto che si merita eppure, non lo fa. Non è tramite la violenza che si ottiene il rispetto, bensì quella porta solo alla paura. Fosse ancora quel ragazzo con la testa piena di demoni non ci avrebbe pensato un attimo nel farlo, soprattutto lui che è un ninja e non un signor qualsiasi come suo padre. La faccia tosta ce l’ha, esattamente come lui, come se non lo avesse spiato interessarsi quando Nora gli scriveva o gioire quando ha iniziato a concederle almeno le doppie spunte blu. Non è una facciata quella, è davvero così ed essere felice che suo figlio sia vivo e rivederlo non è la stessa cosa. È anche questo uno dei motivi per la quale se ne è andato da quella casa, per non stare sotto la pressione di quell’uomo, troppo piccolo per capire che il mondo non è solo come lo vede lui. Lascia la porta aperta, quello è il suo benvenuto. Rilassa lo sguardo che era affilato, come quello di una bestia eppure, non ha morso ne ringhiato, segno di quanto sia cresciuto anche grazie alle proprie compagne e che ogni tassello della sua vita fin ora, a partire dal tradimento di Nene, sia stato un mattone per quella crescita personale. < Mamma… > la chiamerebbe l’attenzione della Hyuuga, inclinando il capo verso Saigo, come a farla partecipe di quello che sta accadendo, a renderla parte integrante di tutto quel drama Ryuuzaki che, se oggi può andare in onda sul palco, è solo grazie a lei che dietro le quinte ha preparato l’attore principale, la sceneggiatura e che ora si è messa all’occhio di bue. Non vuole questo, Manami per lui è molto altro che una semplice sceneggiatrice e, come lui è la sua roccia, lei è elevata allo stesso grado, almeno per quella mente fragile che si è sempre nascosta da lei e che solo oggi ha avuto modo di vedere e toccare con i suoi occhi. Chissà quante volte è già successa quella scena, in silenzio, di notte su quel divano dove lo ha ospitato per più di un anno. Entra dentro, facendo gli onori di casa, non dimostrandosi neanche sconvolto dei cambiamenti all’arredo perché lui sa, li ha sempre spiati da un anno a questa parte, con la sua dimora direttamente in fronte alla sua vecchia. < Arrivo. > direbbe alle due donne, chinandosi per dare un buffetto in capo a Momo, proprio in mezzo alle orecchie, per poi uscire su quella terrazza, dove sa che c’è il vero riscontro con quei suoi demoni interiori. Non dice niente, appoggiandosi anche lui alla balaustra con gli avambracci, tirando fuori a sua volta una sigaretta che si accende con l’accendino. Prende una boccata ed esala. A parte la differenza di altezza e ora i capelli, vedendoli da dietro Nobu e Manabu sono uguali. < Hai ragione, ma non mi aspetto che tu mi possa capire papà. > prende un alta boccata, riempiendosi quei polmoni di quel veleno e, con quelle poche parole, neanche lo guarda, voltandosi nella stessa direzione in cui lui stesso sta guardando. Deve capire che suo figlio, per quanto sia cambiato, non è più un bambino. [chk on]

20:46 Saigo:
 Difficile dire o capire come ci si sente ad essere Nobu ma la realtà è che anche difficile capire i propri sentimenti. Lei è di troppo e lo lascerebbe volentieri alla riunione familiare se non fossero le parole del padre a trattenerla, sa che lui ha ancora bisogno ma soprattutto ora si sente così immotivatamente arrabbiata. I suoi occhi sono già rossi ma l’ira in essi cerca d’essere mascherata solo grazie ad anni di studio come attrice, deve far finte, lascia correre convincere la platea che quelle parole non le abbiano fatto venire voglia di costringerlo al dialogo con la forza. Infondo è solo questo il motivo che l’ha fatta arrivare fin lì con il chakra attivo. Non conosce quell’uomo e non può comprenderlo quando volta le spalle. Lo osserva, si morde le labbra e cerca di tacere. Non adesso. Non ancora. Non è suo il diritto di urlare, scagliare sedie o qualsiasi cosa, non è lei che deve imporsi ma Nobu. Lo sguardo lo cerca come a ricordarsi che non ha alcun diritto di provare quei sentimenti, e ricambia così quel cenno con una preoccupazione che sul volto ora si legge con fin troppa facilità. Se si trattasse di un calcio ci si metterebbe davanti a pararlo è vero ma è qualcosa di diverso e per sua sfortuna non può far altro che sorridere con l’espressione più incoraggiante che conosca. Allunga poi la mano quando la madre del ragazzo l’aiuta, le rivolge la parola e quasi comprendendone in parte il sentimento si schiarisce la voce <Manami Saigo> una collega? La coinquilina? Cosa dire per evitare che tutto peggiori? Deve fare buona impressione <un’amica> conclude infine. Non ci sono dubbi sul fatto che sia letteralmente la prima volta che esprime quel concetto a voce alta, sono pochi coloro che ha chiamato così e quasi tutti ora sono svaniti dalla sua vita ed è forse quella sensazione di incertezza che l’ha spinta a riconoscerlo come tale, una corda che lancia al suo collo nel tentativo di non vederlo svanire. Li segue dunque all’ingresso, osserva la tavola <scusate> mormora quasi timidamente verso la madre in allontanamento. Osserva la casa, la situazione a allunga distratta la mano verso la star di ninjagram così da continuare a guadagnarsene i favori ma senza mai smettere di riflettere. Non riesce a concepire il tepore familiare ed in questo momento è felice di aver chiuso la porta alla sua famiglia, non ha idea di cosa voglia dire voler ancora bene ai propri genitori ma se potesse farlo sa che non sopporterebbe la vista di quel padre astioso, rancoroso e lontano. Tra lui e Nobu alterna lo sguardo <credo dovresti andare> mormora in sua direzione, quasi trema la voce per via dell’imbarazzo ma soprattutto dell’indecisione, è davvero la scelta giusta? Infondo non sono lì per quello? Dubbi e domande che la tormentano e che non trovano risposte, fa male essere consapevole di quanto sia, ancora una volta, impotente. Siede quindi come richiesto e lascia che il cane riceva tutte le coccole che vuole, lo sguardo però sempre puntato sui due che ora sono lì fuori, non ha intenzione di seguirlo ma continuerà a cercare di comprendere come sta andando fissandoli, sperando in cuor suo per il meglio[chk on]

Inizia così il secondo atto di questa riunione di famiglia. Saigo e Nobu prendono posto sul palcoscenico, separandosi e ritagliandosi uno spazio privato in cui sfogarsi e riflettere. La ragazza decide di non invadere il balcone, piuttosto sedendosi a tavola e aspettando che Nora faccia gli onori di casa. Non ci vuol molto, infatti, prima che torni dalla cucina con piatti e vettovaglie varie, per integrare la tavola con ciò che manca. Dolcemente sistema tutto innanzi a Saigo, mentre i suoi occhi a tratti ancora umidicci scrutano con discrezione l'espressione di lei. Saigo è bravissima a recitare. Saprebbe nascondere i propri sentimenti a chiunque, ma in quel momento qualcosa la tradisce. Forse la sua preoccupazione per Nobu è talmente forte e sentita da non poter essere nascosta da una maschera. O forse è Nora ad immaginare cosa stia provando... Una madre spesso è in possesso di poteri che nessun altro ha. Per questo motivo, mentre posa il piatto avanti a lei, le sue labbra si schiuderanno per lasciar fuoriuscire poche e rincuoranti parole. <Non temere...> La sua voce non vibra di paura. L'unica emozione che macchia l'animo di Nora è l'Amore. <Conosco Manabu da sempre. Se non avesse voluto parlargli, non lo avrebbe fatto entrare...> E lei avrebbe assecondato quel desiderio, poiché il loro legame è più forte di qualsiasi altra cosa. Eccola, quindi, che posa bicchiere e posate, continuando il proprio monologo. <Quindi è te che devo ringraziare per essergli stata accanto tutto questo tempo?> Una domanda di rito, posta proprio mentre lo sguardo si sposta su quel duo oltre la finestra. Di spalle, non sono poi così diversi. E anche caratterialmente potrebbero condividere una cosina o due! Nobu si accende una sigaretta, dopo aver preso posto vicino al padre, e spezza il silenzio con parole controverse. <Almeno ne sei consapevole.> Di avere la faccia tosta s'intende. Il tono è duro, ma non quanto ci si aspetterebbe. Porta la sigaretta alla bocca e tira una poderosa boccata, per poi rilasciarla sotto forma di nuvoletta di fumo, il quale unico destino è quello di esser crivellata dalla pioggia e dissiparsi nel nulla. <Cosa dovrei capire esattamente?> Domanda retorico. Non ha realmente bisogno di una risposta. Non la vuole. <Sai perchè non potrei capire?> Non è agitato. E' deluso. Dal suo burbero tono trasuda la violenta e pugnalante delusione di un genitore affranto. <Perchè non esisterà mai un motivo per cui potrò giustificare tutta la sofferenza che ha dovuto patire tua madre.> Si fa da parte. Di se non parla, perchè è fatto così. Esattamente come il figlio, Manabu è uno scoglio. E' stato l'ancora di salvezza di Nora quando tutto stava cadendo a pezzi, e seppur non sia dotato delle disumane capacità del figlio, è pur sempre una presenza rassicurante e fonte di stabilità. <Si è trattato sempre e solo di te, vero?> Sbuffa, prima di tirare l'ennesima boccata alla sigaretta. E' l'unica giustificazione che riesce a darsi. L'unico motivo per cui non si è mai fatto vivo per alleviare le pene di sua madre. No. Dei suoi genitori. <Quindi mi chiedo perchè ora.> Questa è una cosa che vorrebbe seriamente comprendere. Probabilmente non si guarderanno per tutta la durata del discorso. Si limiteranno a fissare l'orizzonte, a tratti macchiato dal fumo e dal vapore.

21:38 Nobu:
 Le lascia a se, discorsi tra donne, sicuro che sua madre la sappia far sentire accolta in quella casa, non tanto perché Nora conosca Saigo ma perché è sua madre e ha capito quanto quella persona sia importante, probabilmente dal primo momento in cui l’ha vista al suo fianco: suo figlio non avrebbe mai portato un estranea a casa in quella situazione. La lascia quindi, tranquillo per il fronte domestico, interno, come se quella porta finestra sia l’equatore o l’ingresso su un altro mondo. Sa che ha torto, eppure non lo vuole ammettere, perché lui sa il reato che ha compiuto e sa perché l’ha fatto, ma non accetta prediche e ramanzine da chi non sa niente, da chi, in questo momento, sta parlando solo perché amareggiato. Non cerca il riappacificamento con Manabu, non è più Ryota il loro figlio, è Nobu adesso. Lo lascia finire, sente come gli vomita addosso la sua sofferenza, quella di sua madre. Sa che ha sofferto, anche lui, li ha sempre visti e quindi l’unico regalo che ora gli fa è lasciarlo finire. < Ma che ne sai… ? > scuote il capo, prendendo un ultimo tiro di sigaretta, spostandola poi dalle labbra, esalando quel fumo. < Guardami. > un'unica frase, quasi imperativa nel dirlo. Si volterebbe verso di lui e alzerebbe la mano sinistra a formare il mezzo sigillo della tigre. Chiude gli occhi, concentrandosi, davvero a fondo dato che il suo stato mentale in questo momento non gli consente di essere lucido, come potrebbe? Con molta fatica cercherebbe di spostare quel chakra dal bacino che in questo momento stava scorrendo violento all’interno del corpo, come un fiume in piena che abbatte le chiuse e rovina i campi, verso gli occhi. Quei nervi che verrebbero irrorati di quell’energia che nessuno dei due ha ma che, se ha capito qualcosa, entrambi sanno che cosa sta per fare loro figlio. Chakra che dovrebbe entrare in contatto con il gene che sua madre gli ha trasmesso, fino a gonfiare quelle nervature ai lati degli occhi ed aprirli. Iridi di ghiaccio che davanti ai suoi occhi dovrebbero diventare bianche perlacee, con la pupilla che si delinea fino a quasi sparire. < Penso tu sappia che cosa sia questo, non è vero? > Certo che lo sa, un segreto che gli hanno tenuto nascosto, il cognome di sua madre che è stato cambiato non appena si sono spostati, l’origine di quella donna, al secolo, nata a Konohagakure come Nora Hyuuga. Non sa i dettagli di come si sono conosciuti ma di sicuro quegli occhi non dovrebbe essere la prima volta che li ha visti Manabu. < Non sono mai stato lontano, ho vissuto sempre nel palazzo di fronte a voi. Non sai quante volte vi ho visti, così come ora, sul balcone a guardare la stessa luna che stavo guardando io. > gli parla, come a dire che per quanto sia sparito da anni, non si è mai dimenticato di loro e anzi, da quella volta a suna dove Momo lo ha riconosciuto, anche da trasformato, in qualche modo ha cercato di riavvicinarsi, almeno logisticamente parlando. Sbuffa, disattivando il byakugan che dovrebbe aver attivato in precedenza, tornando normale. Riapre gli occhi, ancora segnati dalle lacrime di prima, uno sguardo stanco che ora, comunque per vergogna, si abbassa, voltandosi tornando a guardare all’esterno. < Si papà, si è sempre trattato di me, volevo proteggervi da ME, da quello che sono diventato. Non sono più il tuo Ryota, ci ho provato ma … > scuote il capo, sicuro di quello che sta dicendolo, ammettendolo per la prima volta ad alta voce, forse anche a se stesso. Quella realizzazione che Saigo gli ha fatto entrare in testa, di sapersi accettare per ciò che è diventato, che continuando a fare ciò che stava facendo, in realtà si stava infilando in uno spirale senza fondo, oscuro, violento, tossico, omidicda. Lui stesso ha ammazzato Ryota, dentro di se, nascondendo il corpo e continuando a inseguirlo per tutto questo tempo, peccato che quel ragazzo non c’è più da molto tempo, è morto con la sua debolezza all’accademia di Suna. < Andiamo dentro a mangiare prima che si freddi… e, chiamami NoBu > glielo pronuncia, come a fargli capire che quel suo nuovo alias sia un nome che si è costruito con le sillabe dei suoi genitori, appunto NOra e manaBU, altro simbolo che non li ha mai scordati, come quel drago, ryuuzaki, che ha impresso a inchiostro sulla schiena. Già, vostro figlio è cambiato, lui si sta accettando, riuscirete a farlo anche voi? [byakugan II][chk on]a

21:42 Saigo:
 Le parole della donna la riscuotono come un fulmine a ciel sereno e la portano a voltarsi, lasciare le spalle dei due, per qualche istante, così da fissarla. Forse più lucida, forse più libera ora si permette di studiare più a fondo, il tono della voce, lo sguardo e le parole che pronuncia prova a leggere oltre per capirne i sentimenti per capire quanto pure siano le sue intenzioni in quel momento, perché in fondo non è andata lì solo per fare da supporto, sa di essere pronta a tutto perché Nobu abbia il lieto fine che spera, sa che potrebbe persino inscenarlo, anche se non si tratterebbe della decisione più corretta nei confronti di colui che ha appena definito sui amico. Scuote appena il capo alle sue parole. Vorrebbe prendersi il merito, vorrebbe poter dire che sì ha vegliato tutto questo tempo su suo figlio <a dir la verità è stato il contrario> ammette semplicemente. Non sente il bisogno di nascondere quel particolare, forse proprio perché vuole che quella donna possa vedere Nobu come lei <è stato lui a vegliare su di me> anche fisicamente, anche finendo per spaccarsi le ossa, rischiare la propria vita pur di salvare la sua ed il minimo che può fare lei ora è tornare ad osservare la sua schiena mentre parla con il padre e sperare, per una volta in vita sua, che esista il lieto fine, sperare addirittura che un vero Dio esista per poter permettere a lui di recuperare quel rapporto a cui tiene <io non sapevo nulla> ammette ancora, senza più guardare la donna ma solo quella coppia lì fuori <non sono molto brava ad aiutare> sorride, amara quasi mentre si ostina a non osservare la madre. Non è restia a guardarla semplicemente è come irrimediabilmente attratta da quel che sta succedendo lì fuori, incapace di distogliere la sua attenzione dalle spalle di Nobu e sempre all’erta, proprio come se fossero in missione. Il suo compito è da sempre quello: dare un vantaggio, controllare la situazione e manipolare gli eventi affinché i suoi compagni possano trionfare, lo accetta pienamente solo adesso che anche nella vita si ritrova a vestire gli stessi identici panni. Non può vederlo richiamare la sua innata, per fortuna visto che altrimenti si sarebbe già lanciata fuori, artigli belli in vista per combattere, invece resta lì a lottare con il suo animo speranzoso e la mente preoccupata[chk on]

La giovane Saigo si confronta ora su colei che, più di tutti in quella stanza, porta cicatrici sul cuore e sull'animo. Si sminuisce, ma la donna nega con il capo. I capelli ondeggiano appena, rilasciando il profumo del suo balsamo, mentre su quel volto quasi sereno sbuca un sorrisino dal tepore materno. <Non sminuirti... Sono convinta che se ha deciso di portarti con se, è perchè ne aveva veramente bisogno.> Ne è sicura. Ormai la cena è quasi pronta ed è il momento di portare un po' di piatti a tavola. Tuttavia, prima si lascerà andare ad un ultimo commento nei suoi confronti. <Non sminuirti.> glielo ribadisce con più fermezza. L'ha vista chinarsi su di lui, quando le sue forze non erano più sufficienti. L'ha vista fargli da sostegno quando era necessario ritirarsi su. L'ha vista essere la sua ombra quando non era più il caso di rimanere sotto i riflettori. Saigo è più importante di quanto lei stessa creda. <Cielo! I fornelli!> Non può mica rischiare di bruciare tutto proprio la sera in cui suo figlio è tornato a casa! Eccola quindi sparire nella cucina per evitare che tutto vada in malora, mentre l'unico ad essere veramente felice in quella casa è il buon Momo. Il cane torna da Saigo con una palla colorata in bocca. Forse vuole giocare... o forse gli piacciono le signorine. Chi lo sa. Fuori dalla finestra, intanto, la discussione prende una piega decisamente più accesa e importante. Nobu si gira verso il padre e richiede attenzione. Manabu gli dona la cortesia di squadrarlo con la coda dell'occhio e quando il Byakugan si palesa, le sue palpebre si chiudono per qualche istante. [Fiuuuuu!] Una folata di fumo viene soffiata via. Sapeva che sarebbe successo, in un modo o nell'altro. Era solo questione di tempo. <Si, so cos'è.> Ma non sembra desideroso di volergli spiegare altro a riguardo. Non è quello il fulcro della loro discussione. <Saperlo avrebbe cambiato qualcosa?> borbotta prima di portare ancora alla bocca la sigaretta e tirare la boccata più ampia che gli riesce, praticamente consumando tutto il tabacco presente. <Pensi veramente che vivere dall'altro lato della strada e guardare la mia stessa luna...> usa i suoi stessi termini, per incalzarlo. <... sia sufficiente come attenuante per quello che hai fatto?> Il tono del padre si fa leggermente più acceso, ma non di cattiveria. <Nessuno ti ha chiesto di proteggermi da mio figlio.> Severo e orgoglioso, su questo sembra essere intransigente. <Come fai a pensare anche solo lontanamente che la tua sparizione possa esser stata la soluzione migliore, piuttosto che parlarmi? Mi hai impedito di svolgere il mio dovere di Padre. Hai inflitto a tua madre l'unica ferita che non potevo incassare per lei, o che non potevo curare!> Praticamente lo ha spogliato nello stesso momento sia del suo ruolo di padre, sia di quello di capofamiglia. <Ci hai provato, ma -cosa-?> Vuole più dettagli. Più spiegazioni. <Da cos'è che ci avresti difeso esattamente? A tal punto da ripudiare persino il nome che abbiamo scelto per te.> Non l'ha ancora chiamato per nome. Non ha usato nessuno dei due. <Dimmi una cosa... Nobu... Perchè sei venuto qui questa sera?> Cosa è cambiato? Perchè prima voleva proteggerli e ora no? Li sta mettendo in pericolo? O Lui non è più un pericolo? Cosa lo spinge verso il passato? La cena può aspettare ancora un po'.

22:46 Nobu:
 Non capisce, esattamente come gli ha detto che non avrebbe fatto, troppo ottuso, ignorante e chiuso nel suo pensiero che lui, mero uomo, possa proteggere tutti da tutto quando in questo momento non può nemmeno proteggersi da Nobu. < Ah, ecco perché sei arrabbiato… perché ti ho privato del ruolo di padre.> si ferma, in quell’incedere. La mano destra tuttavia si posa sulla porta finestra, andando a chiuderla, chiudendosi all’esterno con lui. Lo fa, probabilmente catturando l’attenzione delle due figure all’interno e l’unica che può capire in questo momento, è Saigo. Riconosce quello sguardo, uno di collera, assetato, violento.. cattivo. Pessime notizie per Saigo, soprattutto ora che sembrava quasi ambientarsi in quelle mura domestiche. Il problema è che l’elefante non è stato possibile ignorarlo oltre, non quando sbatte le zampe ovunque distruggendo l’arredamento e Nobu, proprio, non ce la fa. < Chiaramente ho sbagliato a venire qui … Manabu. > Incanala quel chakra in tutto il corpo, tutta l’ansia precedente sparita, dissolta in quella nube di collera e freddezza di quando è in missione. Loro erano la loro debolezza, lo sono sempre stati. È andato in televisione, si è esposto come personaggio pubblico e la Shinsengumi stessa potrebbe tenerli in pugno come e quando vogliono per assicurarsi che Nobu rimanga fedele a quella corporazione, più comodo rispetto a ucciderlo. Troppi i ricordi da trascrivere con quel marchio distopico. Muscoli che rispondono, unici veri fedeli allo Hyuuga, potenziali da quel chakra, un overkill rispetto a quanto necessario davvero di fronte a una persona comune, banale, un essere come altri che proteggono dall’esterno. Si volterebbe di scatto, rapido come sa essere lui, cercando di afferrarlo dal colletto per spingerlo contro il muro alla sua destra. La destra si serra in un pugno, unghie che premono contro il palmo della mano quasi a farsi sangue, per poi alzare proprio quell’arto, di fianco alla propria testa, con omero e combinazione di ulna e radio a novanta gradi. Esplode quei muscoli, distendendo il braccio in quel pugno che però non si scaglia contro Manabu, bensì contro il muro alla sinistra del suo capo. Sono quattro i colpi che si susseguono a una velocità tale da essere difficilmente percepibili pure da Saigo che anche lei è allenata. Nocche che si dovrebbero spalmare contro quel cemento rinforzato, crepandolo e probabilmente incassandolo alla fine di quella serie di colpi. Lo guarda in faccia, negli occhi, freddo, impassibile, come guarda un nemico in missione. < Nessuno? E dimmi, ti saresti saputo difendere da solo? Non pensare di conoscermi, non più, non sai che cosa ho passato e perché non sono venuto prima, quindi evitati la paternale, sei in ritardo di anni per quella. > ritrae la mano sinistra e anche la destra, probabilmente insanguinata dato il materiale duro che dovrebbe aver colpito. Si volta, disinteressato, totalmente primo di ulteriori emozioni nei confronti di quella figura che l’ha salvato e condannato allo stesso tempo, ed è esattamente cosa gli dice ora, probabilmente le ultime parole che gli rivolgerà. < Perché vostro figlio è morto all’accademia di Suna quando lo avete tirato via dalle macerie, non è mai arrivato a Kagegakure, o meglio, la sua mente non è mai arrivata. Ci ho provato ad essere Ryota, di nuovo, se non lo vuoi capire e non mi vuoi ascoltare, continua a crogiolarti nella tua impotenza. > Riaprirebbe dunque la porta, se non fermato da Manabu, per riversarsi all’interno diretto verso Saigo che probabilmente si sarà già rialzata vedendo tutta quella scena e reagendo preventivamente. < Andiamocene, non ha senso rimanere oltre. È stato solo un enorme sbaglio pensare di poter tornare qui. > [stile pugno di bronzo][chk on]

22:54 Saigo:
 Ascolta e non replica, lascia che la donna torni ai fornelli e continua a guardare oltre a quella finestra, non ha idea di cosa stia accadendo. Una pallina attira la sua attenzione ed osserva il cane, sorride. Espressioni vuote, occhi assenti di una mente distratta dal reale compito, essere il supporto che Nobu merita, qualsiasi cosa decida di fare ovviamente. La pallina viene raccolta e poi dolcemente lanciata poco più in là così che quel cane abbia tutte le attenzioni che vuole, già che questo le rimane da fare, in attesa. Nobu non traballa, non cede ed è lì in piedi, non ha bisogno che si intrometta, non sarebbe in alcun modo d’aiuto quindi tanto vale restare lì a giocare. Nonostante ora sia a quell’animale a quattro zampe che dona la sua attenzione uno sguardo attento viene più volte lanciato nella direzione del balcone, non vero la tanto declamata luna ma verso i due, verso il più giovane per controllare, per assicurarsi sempre che possa e sappia stare in piedi. Non può notare i pugni ma non le sfugge la chiusura della finestra, soprattutto non le sfugge lo sguardo. Lei non sa eppure cerca di prevenire. S’alza quindi alla ricerca della cucina, della madre di Nobu e se solo potesse vederla allora andrebbe a cercare di rilasciare un’onda di chakra in sua direzione, non parla solo le sorride gentile. Tenterebbe di correre ai ripari cercando di coprire qualsiasi cosa stia succedendo fuori. Velocemente cercherebbe di ricreare quella stanza, usando tutti i dettagli che il suo sguardo può cogliere, le uniche differenza sono la sua stessa figura, ora in piedi vicino alla cucina che le sorride offrendole aiuto. Il resto non è che il continuo dell’immagine vista fino a poco prima, due figure solide, imponenti seppur in modo diverso che sono sul balcone, danno le spalle all’interno e parlano dietro ad una finestra chiusa, ovattata, voci lontane e quasi incomprensibili in ciò che si dicono. Nulla è cambiato se non la segretezza fornita dal vetro. Tenterebbe così una semplice illusione che andrebbe a modificare solo quel poco che serve per prevenire, non sa cosa sta per fare Nobu ma vuole evitare che le cose possano peggiorare. Scatterebbe appunto appena lo vede avvicinarsi troppo e troppo violentemente al padre, nasconde inconsapevole quei pugni che nemmeno sta osservando così come vorrebbe nascondere anche la di lui figura che rientra, le parole che le rivolge, un gioco nella mente altrui, uno specchietto per allodole <posso rimuovere i ricordi se vuoi ricominciare da capo> replica seriamente verso il ragazzo. Tenendo come sospesa la madre che non dovrebbe poter vedere o cogliere la realtà [illusione 2 sensi: vista e udito][chk 73/70]

Quando Nobu travisa le parole del padre, questi assottiglia le palpebre e lo scruta con intensità. Peccato che la situazione sia destinata a degenerare in un battibaleno, per via della collera crescente del ragazzo. La finestra viene chiusa e Manabu sbattuto contro il muro non poco distante. Non è fisicamente abbastanza forte per ribellarsi a quella presa, ma il suo animo è saldo. Anche troppo, vista la situazione. I pugni di Nobu saettano in aria come delle pallottole e si piantano a più riprese del cemento, che di rimando ricambia il favore e lascia piccole incisioni con i propri frammenti su quelle nocche. Eppure... Manabu non fa una piega. Quello sguardo severo, identico a come Nobu lo ricordava, resta puntato su di lui. <Sei veramente uno sciocco.> Si limita a commentare, noncurante del fatto che il prossimo pugno potrebbe essere diretto a lui. E' pur sempre suo figlio. Qualcuno da cui sarebbe disposto a farsi picchiare. Forse è questo quello che Nobu non ha capito di lui... non ha capito che Manabu si sentiva forte abbastanza, non da batterlo, ma da sopportare tutto ciò che c'era da sopportare. <Se mi avessi permesso di aiutarti, probabilmente non ti sarebbe mai saltato in mente di sbattere tuo padre contro un muro e minacciarlo. Non so cosa hai passato perchè -tu- me lo hai tenuto nascosto. Quindi non comportarti da vittima per un destino che tu stesso hai scelto. Non sono io quello in ritardo di anni. Io sono sempre stato qui...> E' lui quello in ritardo di anni alla sua festa di compleanno. In ritardo alle cene preparate dalla madre. In ritardo per essere aiutato e supportato da una famiglia, come ogni ragazzo vorrebbe. <Hai deliberatamente deciso che io e tua madre non eravamo all'altezza. E nel tentativo di proteggerla...> getta la coda dell'occhio alla moglie ormai oltre la sala da pranzo. <... le hai inferto il dolore più grande che potesse provare.> E' questo che probabilmente Nobu non capisce. Certe volte un genitore preferirebbe morire per mano del figlio, piuttosto che vivere una vita senza o ripudiato da lui. <Quello è il tuo più grande fallimento. Un fallimento che ripeterai una seconda volta e che rimpiangerai, prima della fine.> Glielo dice mentre si allontana e annuncia a Saigo di abbandonare la stanza. Prima della fine di chi o cosa? Di Nobu? Della vita dei genitori? Chi lo sa... <Noi ti avremmo accettato a qualsiasi costo.> Nobu ormai è nella sala da pranzo, mentre Manabu è ancora vicino a quel muro. <Quello che non si è mai accettato, sei tu.> Non cercherà di fermarlo. Quelle sono le sue ultime parole. Troppo duro e severo come padre, per poter rincorrere il figlio e supplicarlo di restare. Se neanche l'idea del dolore della madre riesce a fermarlo, allora non ci sarà argomentazione che tenga. <Sciocco egoista...> borbotta tra se e se, osservando la situazione da lontano. La dolce Nora, invece, di tutto questo è all'oscuro. Saigo ha interpretato al volo lo sguardo di Nobu e con abilità invidiabile ha tirato su un perfetto palcoscenico illusorio per la donna di casa. Per lei nulla è successo. Manabu e Nobu non hanno mai lasciato quel cornicione e stanno continuando a parlarsi. Il tintinnio dei piatti è il segno inconfondibile che manca poco prima che torni nella sala da pranzo. Probabilmente starà impiattando la cena e molto presto sarà lì. Cosa decideranno di fare i ragazzi? Cambieranno i ricordi dei genitori di Nobu? Andranno via prima che la madre possa vedere il figlio e scoppiare in lacrime per la scelta presa? O magari Nobu prenderà in considerazione le parole del padre per fare una riflessione personale e rielaborare il proprio "io". Chi lo sa... alla fine, basta chiedere no? E la sua genjutser di fiducia plasmerà la realtà che egli desidera.

23:47 Nobu:
 Viene accolto da quella richiesta di Saigo, scuotendo il capo in risposta. < Che senso ha? Non viviamo in una illusione e sapere che il mio rapporto con loro è frutto di essa mi lascerebbe più rotto di prima. > le risponde con un tono amareggiato, triste, rassegnato all’idea che quella per lui è la fine di quel rapporto. Ha avuto la risposta che cercava, ha avuto conferma che Nora, sua madre, in realtà è della discendenza degli Hyuuga, non sa quanto stretta ma di sicuro sa che ora quegli occhi sono suo e non in prestito da qualcuno, che il governo non glieli ha mai trapiantati in realtà e questo cambia tutto. La sua fedeltà ora è solo verso se stesso, verso Saigo e verso Shizuka, nient’altro. Un cane sciolto, rabbioso, che morde la mano del padrone. Si china solo a salutare Momo, un ultima volta, dopo che suo padre riprende a parlare, da fuori quel balcone. Porge la sinistra a momo, la destra è insanguinata, non è giusto che lui tocchi quella mano di violenza, non ne ha colpe in quell’animo animale puro e immacolato. Quelle parole arrivano come stilettate per due motivi, il primo è che parla senza sapere, non può capire, non può entrare a conoscenza di dettagli governativi e quindi tra di loro non ci sarà mai un rapporto trasparente. Il secondo motivo è perché ha ragione, sa che ha ragione e che lui per primo non si è mai accettato. < Scusami Saigo, non volevo immischiarti in questo casino che ho combinato. Grazie. > Nota come è sull’attenti, pronta a scattare, a rimuovere e riscrivere i ricordi come se nulla fosse, una via di fuga facile ma che sarebbe solo una menzogna, un effetto placebo per loro e non per lui a conti fatti. Si rialza, prendendo un respiro, il più profondo che riesce a fare, attingendo a tutta la calma che ha a disposizione. Chiude gli occhi, ora in piedi, dando le spalle al padre e il viso a Saigo. Rimane un dieci secondi così e in quella mente che è stata riportata all’analitico e freddo, corre delle simulazioni su come andrà la sua vita così. Sa già che non sarà in grado di essere al fianco della Manami e di Shizuka così com’è, una bomba a orologeria pronta a esplodere in qualsiasi momento, così come ha fatto in missione e con Shizuka su quel tetto quando le ha raccontato tutto. Non lo fa per se, lo fa per loro. Si volta ma ora verso una sedia, afferrandola dalla parte alta per spostarla e sedervisi sopra. < Papà… devi capire che io non posso dirti cosa faccio e che cosa ho passato, per nessuna ragione al mondo. Sono fardelli che non POSSO condividere, non con VOI. > segreti governativi, assassini, omicidi, insabbiamento delle prove, come mai potrebbe farlo? Prima ancora di questo Nobu era sulla cattiva strada, droga, violenza e chi più ne ha più ne metta. < Così come il tuo fallimento sarà vedermi attraversare quella porta, sapere che sono ancora vivo e per colpa tua non riavere un rapporto. TU darai il dolore più grande a Nora, non io…e già, sono io il primo a non essermi mai accettato, ci sto lavorando sopra, grazie a questa ragazza qua alla quale non hai neanche rivolto un saluto, un cenno, nulla. Se sono qui lo dovete a lei. > sposta l’attenzione su Saigo, su quell’idea che gli ha dato di iniziare ad accettarsi per quello che è, lati bui come lati di luce, di smetterla di inseguire Ryota e cominciare ad accettare che è diventato qualcosa di diverso, qualcun altro. Si volta verso sua madre, vedendo come si stia muovendo nel nulla < Per favore Saigo, liberala. > una richiesta, un favore che le chiede, mentre la mano sinistra si posa sopra quelle nocche insanguinate. Un inizio, un’apertura, seppur minuscola, la più grande che può dare. Lui, come suo padre, uomo di tutto un pezzo, quadrato. Due caratteri forti che sono destinati a collidere, soprattutto se lui non accetterà il fatto che ora non ha più bisogno di questo, quello di cui aveva bisogno ora era accettarsi e trovare un posto dove poter tornare, non come Ryota, ma come Nobu [chk on]

23:58 Saigo:
 L’illusione resta in attesa che sia Nobu a prendere una decisione. Tace e semplicemente ascolta, annuendo alle sue parole. Lei sarebbe ricorda ad un simile sotterfugio? Ricominciare finchè non riesce dove vorrebbe? Sì, non può comprenderlo perché per lei la vita stessa è manipolazione e a parlare ed agire ora è stata la parte più reale e viva di lei, quella che non nutre speranze e che non prega, la parte analitica attenta e appunto manipolatrice, ciò che si vede in missione e a lavoro. Scuote poi il capo <sono qui perché volevo> essere per una volta il bastone a cui appoggiarsi, ricambiare il favore. Quante volte si è addormentata sulla poltrona vicino a Nobu solo perché aveva paura di stare sola con sé stessa? Quante volte lo ha chiamato con i suoi messaggi nel bel mezzo della notte, svegliandolo magari, solo perché all’improvviso il buio e i suoi demoni nascosti erano insopportabili? Quante volte ancora si è nascosta dietro di lui attraversando il corridoio e passando davanti alla casa di Fuji, per una sola volta voleva essere lei il pilatro. Lo lascia parlare con il padre manipolando sola la mente della madre, la finestra si apre, ilr umore dello scorrimento e quei due entrano, lo sguardo duro, arrabbiato, imbronciato proprio come quello che adesso può scorgere sui loro volti, infine alla richiesta del ragazzo lascia che il suo chakra si diradi, perde il controllo di quell’illusione mettendone di fatto fine. Che anche la madre possa guardare la realtà. Si avvicina però all’amico, al coinquilino, alla sua roccia. La mano destra cercherebbe la sua per stringerla, passare un po’ di quella forza che forse non ha ma che certo può fingere di possedere, solo per lui <come vuoi> mormora mentre rilascia e seda nuovamente il suo chakra. Che tutti possano scorgere, vedere, l’unico atto di pietà è stato rendere il loro ingresso e ciò che seguirà coerente con quanto vissuto nel genjutsu, una pietà che non mostra alla made ma a Nobu, un sentimento che detesta provare ma che in questo momento sembra così giusto. Ricaccia però indietro la nausea infondo allo stomaco che ormai ha associato a quel particolare sentimento [illusione 2 sensi: vista e udito][chk 72/70]

La situazione non degenera oltre. Come potrebbe? Anche se non si è arrivati direttamente alle mani, questa sera si è incrinato qualcosa che difficilmente è riparabile. Nobu è ormai al centro del salotto e Manabu ha raggiunto la soglia della porta-finestra. Tiene i pugni serrati e lo sguardo severo, mentre osserva il figlio esternare i propri pensieri con la ragazza. Non batte ciglio. Non cerca di fermarlo. Tutto ciò che ha detto lo pensa veramente e andrebbe contro ciò che ha sempre cercato di insegnargli, assecondarlo nei suoi incomprensibili capricci solo per l'egoistico desiderio di riaverlo a casa. No. Lui non è in ritardo nel suo compito di insegnargli come funziona la vita. Nora lo considererà ancora come il bambino lasciato a Suna anni prima, ma Manabu no. Manabu vede di fronte a se un uomo, ormai. Un uomo così simile a lui e altrettanto diverso. Un uomo che ha fatto le sue scelte e che, adesso, deve affrontarne le conseguenze. <Tsk.> Sbotta incrociando le braccia al petto, quando l'altro gli dice che non potrà mai aprirsi veramente con loro. Mai. Il sopracciglio di Manabu si alza, dando vita ad un'espressione stizzita. Le parole che il figlio gli rivolge sono l'ennesima stoccata all'orgoglio. Un orgoglio inossidabile e che non risente dello scorrere del tempo... e che, pertanto, è incrollabile. <Mio fallimento?> Quasi gli scappa una risatina ironica. <Quale? Non assecondare i vaneggi di mio figlio? Va bene così. Se lo ritieni tale, a me sta bene.> Non ha paura di quella considerazione da parte del figlio. Anzi... rincara la dose. <Non è quello che un padre farebbe e non è quello che tua madre vorrebbe. Te lo assicuro. Non è ciò che abbiamo cercato di insegnarti.> Ed effettivamente è così. Nobu non è per nulla il risultato dei loro insegnamenti. Nobu è il risultato di un esperimento sociale fatto su un giovane ragazzo fin troppo plasmabile e influenzabile. Un esperimento che ha messo nello stesso calderone questo inestimabile ingrediente assieme a tutte le devianze e le problematiche che la comunità ha da offrire. Il risultato è che padre e figlio sono inevitabilmente incompatibili. Di simili hanno solo gli spigoli. <Vai. Quella è la porta, la conosci bene a quanto dici.> Secco e imperioso. Non sarà forte quanto Nobu, ma è pur sempre il padrone di casa. <Non preoccuparti per n-...> vorrebbe dire noi, ma rinsavisce e si auto esclude dall'equazione. Per lui ormai è palese l'essere il terzo incomodo tra madre e figlio. <... per tua madre. Mi sono preso cura di lei una volta. Posso farlo di nuovo.> E così lo liquida, lasciando definitivamente che siano l'orgoglio e gli ideali a parlare per lui. L'amore per il figlio passa in secondo piano, rispetto al desiderio di farlo crescere e maturare. Eppure, forse è il modo peggiore per ottenere quel risultato. Infine gli occhi di Manabu si posano su Saigo. Una stilettata lo pugnala all'anima, consapevole di aver effettivamente sbagliato con lei. E' stato un padre rude e severo, ma mai ha insegnato a suo figlio la maleducazione. Peccato di cui il suo orgoglio si macchia oggi. E nel contatto visivo con lei, questa macchia si allarga a dismisura... poichè il conflitto con l'orgoglio gli impedisce di ammettere pubblicamente il suo errore. Semplicemente incrocia le bracca, consapevole che chiedere scusa adesso sarebbe inefficace e controproducente per la propria aura paterna. <Il mio fallimento è stato non riuscire a salvare Ryota da quelle macerie. Ora so che qualcosa me lo ricorderà ogni giorni per il resto della mia vita. Grazie.> Parole dure. Durissime. Intanto nessuno si è accorto che Nora si è fermata a metà strada con due piatti in mano e con le mani tremanti. Tace, ma è evidente che sia turbata oltre ogni misura. Quegli occhi non versano lacrime, seppur vorrebbero... e il silenzio cala ancora una volta sulla stanza. Assordante. Non controbatterà alle parole del marito. Ne muoverà un passo verso Nobu. Semplicemente, attende la sentenza. E' impotente. Lo è sempre stata.

20:23 Nobu:
 Nora sente tutto, sente suo padre accecato dal suo orgoglio parlare di fallimenti, di come non siano quelli gli insegnamenti che voleva dargli e come gli indica la porta. Non se lo fa ripetere dunque, tanto è sempre stato così con lui e probabilmente sempre lo sarà. Non si aspetta che una creatura piccola come lui arrivi a capire che non è solo un bambino e che ha dei doveri prima verso il villaggio che verso di loro. Non ha voluto neanche ascoltare, figurarci capire cosa ha passato Nobu, quindi, perché sprecare parole al vento dunque? < Il tuo fallimento sarà di fronte a te ogni giorno, la mattina, quando ti guarderai allo specchio e per colpa della tua arroganza sapere che hai mandato in fumo l’opportunità che ho raccolto di riconciliare il rapporto con voi. > inizia, correggendolo perché non è colpa sua se Ryota è morto a Suna, bensì del sistema che è Kagegakure, delle bestie, degli stermini che ha visto davanti ai suoi occhi, come parte di quelle carovane abbandonate con le chimere che banchettavano con i corpi di quelli che lui considerava suoi amici, suoi familiari, il tutto in giovane età. < Hai ragione, io ho procurato del dolore a mamma > non specifica anche a lui, solo a lei < nel mio tentativo di proteggervi da quello che sono diventato e ciò che sono stato costretto a fare. Ma tu… o tu oggi l’hai appena condannata a non rivederci mai più insieme come una famiglia. QUESTO è il tuo più grande fallimento. > glielo sottolinea, in maniera che in quella testa dura come i materiali edili che utilizzi gli entri. Lo sa come è fatto, ora probabilmente si rifiuterà di capirlo, sbraiterà forse e si chiuderà in quel guscio di orgoglio che ha, ma appena andrà a letto, si renderà conto che le parole di suo figlio sono vere. Può definirsi duro come una roccia, un metallo eppure anche questi solidi possono essere corrotti dall’interno, divorati. Non ha altre parole da dedicargli, altro tempo, neanche le sue attenzioni soprattutto ora che non si è neanche scusato con Saigo per avergli almeno fatto rivedere loro figlio. Si alza in piedi, spostandosi verso la madre, immobile con quei piatti in mano che ora lui stesso cercherebbe di prendere e appoggiare a tavola nei posti dei genitori, per poi tornare verso di lei, annullare le distanze e aprire quelle braccia, cingendola con esse nel più caloroso e sincero degli abbracci che sappia dare. Abbassa la testa, lui che è alto, nascondendola in quel collo di sua madre, anche se non lo dovesse abbracciare. < Mi spiace mamma, non sono venuto per stare qui senza espiare i miei errori. Mi spiace che ti ho fatto soffrire e mi spiace ancora di più non trovare il modo per poter risolvere la situazione. > Alza dunque lo sguardo sciogliendo quell’abbraccio, guardandola negli occhi. < Puoi farci due porzioni da asporto? Non voglio che butti la mia cena di compleanno, anche se non la posso mangiare qui con voi. > La lascerebbe fare, sicuro che non gli direbbe di no, aspettando quel cibo da asporto per poi afferrarlo e allungare la mano destra verso il suo volto, con il pollice che cercherebbe di accarezzarle le guance < Ti scrivo. È una promessa. >

20:41 Saigo:
 Lei non può che assistere inerme a quella scena. Osserva il cane quasi a volersi sincerare che almeno lui possa uscirne indenne, continuando a creder3e, sperare e gioire ogni volta che rivedrà Nobu. Perché poi si affida ancora alla speranza? Non le è rimasta alcuna motivazione, nel profondo però lo sente come se quella ferita nel cuore di Nobu si stesse allargando ed infettando davanti ai suoi stessi occhi, non serve possedere quell’innata oculare per intuirlo e quindi per quanto si sia chiusa alla preghiera si trova solo a riporre l’ultimo briciolo di positività nel cane, non che quell’essere possa davvero far qualcosa. Ricambia lo sguardo del padre, come a volergli leggere dentro, lo odia, non lo vuole dare a vedere ora ma la sto odiando, tutta colpa sua, doveva solo fingere, anche se fosse stato ancora arrabbiatosi, se anche non lo avesse voluto mai più rivedere avrebbe dovuto solo fingere per una serata, il giorno del suo compleanno. Cosa poteva mai esserci di così difficile? Non può comprenderlo e nemmeno compatirlo, lei si limita ora a sorreggere Nobu con la sua prossimità, con quelle spalle belle ritti quasi a voler urlare una forza che non possiede. La madre? No lei non la guarda più, si rifiuta di provare nuovamente quella nausea che sale sin dal suo profondo, che la corrode fino a farle davvero desiderare di rimettere tutto, a lei non piace compatire le persone, provare pena è qualcosa che odia, persino l’empatia viene concessa a pochi e a piccole dosi, non le piacciono i panni altrui specialmente quando quegli abiti sanno di dolore e tristezza. Si ritira in parte nel suo guscio, concedendo solo al suo amico il lusso di averla accanto. Prima di uscire, prima eventualmente di seguirlo però esiterà un singolo istante sull’uscio <ci penso io> un mormorio che a fatica esce dalla sua bocca, parole semplici ma che racchiudono il mondo, quella casa che non ha compreso ma che continua a voler aiutare [chk on]

Manabu resta lì ancora per qualche istante, con le braccia incrociate e lo sguardo puntato sul figlio. Ne accoglie la condanna, ma non vacilla neanche per un attimo. Probabilmente l'altro ha ragione... farà i conti con il senno di poi nel letto, ma in questo momento no. Nobu è una forza irrefrenabile, mentre Manabu è un ostacolo inamovibile. Le parole del figlio non lo scalfiscono, anzi... probabilmente lo induriscono ancora di più. A tal punto da non essere neanche in grado di strappargli un ulteriore risposta. Il silenzio del padre potrebbe essere persino percepito da Nobu come una vittoria, ma in questo momento non ricevere una sua risposta corrisponde quasi ad una vera e propria cancellazione. E' come se lo avesse definitivamente abbassato ad un livello a cui non vuole portarsi, per parlarci. Per questo motivo, la farsa dura ancora poco. Scuote la testa emulando un -no- di disappunto, tornando in prossimità della balaustra e posandovisi daccapo con gli avambracci. Una nuova sigaretta occupa lo spazio tra indice e medio destri. Un nuovo barlume ne segna l'accensione... e una nuova boccata di fumo e nicotina anestetizza quella profonda sensazione di disagio. Per lui quella serata finisce lì. Nora invece combatte con l'imminente crisi che inesorabile sopraggiunge. Potrebbe crollare sulle gambe da un momento all'altro e il silenzio è l'unica cosa che ha da offrire al suo pubblico. I suoi occhi rimbalzano tra i presenti. Cerca di capire cosa stia effettivamente succedendo e se si tratti di uno stupido scherzo, ma presto realizza che non è così. Padre e Figlio non sono stati in grado di appianare le proprie divergenze ed il risultato è stato disastroso. Che sia il caso di intromettersi? Di provare a rimediare? Purtroppo non ne è in grado. Non avrebbe nulla da aggiungere alla discussione, se non esporre i sentimenti che prova... peccato che i sentimenti servono relativamente poco in discussioni come questa. Non riuscirebbe a sciogliere il gigantesco nodo che i due Ryuzaki hanno creato. Quindi, sospesa a metà tra il rendere infelice il figlio o contraddire il marito, Nora tace. Si accontenta di quel risultato finale... di quella promessa che sa di felicità, ma con un retrogusto amarognolo. <...> Getta uno sguardo veloce al marito, ma che non viene ricambiato. Tuttavia non sopraggiungono neanche proibizioni a riguardo. Lei sa cosa significa. Significa che potrà effettivamente incontrarlo e scambiarsi lettere con lui. Significa che potrà preparare quei fagotti che il figlio le ha richiesto. <...> Vorrebbe rispondere alle sue parole e a quelle scuse. Lo vorrebbe dal profondo del cuore, ma il silenzio è fondamentale per evitare di crollare ancora una volta. Si limiterà a sorridergli, mentre una lacrimuccia le solca le guance, per poi dirigersi verso la cucina ancora una volta e preparare le pietanze da asporto. Sempre da quella cucina risbucherà dopo poco, con quel fagotto che tanto sa di casa e amore... e dopo averlo affettuosamente consegnato nelle mani di Saigo, si limiterà a commentare <Abbiate cura di voi...> E poi verso il figlio. <... Ti voglio bene Ryota...> Lei non ha presenziato alla discussione. Non è a conoscenza del suo rifiuto nei confronti di quel nome, ma probabilmente lo apprenderà in un secondo momento da Manabu. Per ora i riflettori si spengono e il sipario si chiude. Nobu e Saigo abbandoneranno l'edificio, mentre il singhiozzo sempre più incontenibile della madre farà da sottofondo al loro allontanamento dal palazzo. A quanto pare, a volte "vissero per sempre felici e contenti" non è altro che una tragica bugia.[The End]

Nobu, sostenuto da Saigo, decide finalmente di fare i conti con il proprio passato. Dopo aver avvisato i genitori della sua venuta, si presenta a casa Ryuzaki nella sera del proprio compleanno. Il ricongiungimento con la madre, seppur condito di lacrime e singhiozzi, procede senza intoppi... ma Nobu sa bene che il vero scoglio da superare è suo padre Manabu.
Scoglio su cui, purtroppo, la barca del giovane Hyuga si schianta con una violenza inaudita e naufraga. Tutti i buoni intenti della serata vanno in fumo per via della loro incompatibilità caratteriale. I fermi ideali di Manabu gli impediscono di assecondare Nobu in quelli che ritiene dei veri e propri capricci infantili, mentre dall'altro lato il ragazzo mantiene una visione puramente egoistica della faccenda e si rifiuta di calarsi nei panni di coloro che, a detta di Manabu, hanno subito una pena peggiore della morte.
Questa incompatibilità porta Nobu a realizzare che non v'è una reale possibilità di riportare quel rapporto alla "normalità"... pertanto abbandona il nido familiare ancora una volta, con la promessa di farsi sentire dalla madre per non lasciarla più sola.
A quanto pare, "Vissero per sempre felici e contenti" non è un epilogo alla portata di tutti.

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Che dire... penso che non ci siano parole per descrivere a dovere questa quest. L'unico modo per comprendere è viverla/leggerla...
Spero che vi abbia trasmesso almeno la metà delle emozioni che ha trasmesso a me, e di aver interpretato i due png in linea con quanto ci si aspettava :)
Mi auguro che questo sia un nuovo trampolino di lancio per la crescita di Nobu e, perchè no, anche di Saigo!
GG