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con Saigo, Nobu

15:00 Saigo:
 Pausa pranzo, fine turno. Per oggi ha concluso ed è per questo che in qualche modo ha finito per abbioccarsi in camera sua. Il messaggio di Nobu e la conseguente vibrazione sulla sua guancia l’hanno riscossa. A giudicare dallo schermo illuminato e sfuocato davanti ai suoi occhi si è addormentata mentre continuava a leggere le varie mail derivanti dalle innumerevoli mailing list a cui si è iscritta, varie newsletter di vari argomenti e differenti siti, alcuni più istituzionali, altri meno. La bocca è tutta impastata e non è+ da escludere che si sia sbavata addosso, anzi a giudicare dall’umidiccio sul copriletto giallo pare proprio che l’abbia fatto. No non era stesa per bene con la testa sul cuscino ma su quel matrimoniale era in diagonale, con i piedi scalzi verso la testiera. Insomma non è l’esempio della compostezza. Digita velocemente la risposta al compagno di casa e si stiracchia, tirandosi su alla bell’e meglio la felpa con la zip centrale, una semplice maxi felpona bella pesante e morbida grigia, disegnato un piccolo cagnolino motosega, qualcosa che va di moda ora tra i giovani potremmo dire. Controlla che pantaloni, anch’essi troppo maxi, non siano caduti ed è pronta a mostrarsi in quel suo completo da casa caldo e avvolgente, seppur da lei faccia sempre molto caldo per il bene del gattone ha dovuto abbassare un pochino il termostato che ora non è più impostato su “deserto” cosa che l’ha costretta a vestirsi un pochino di più. Il seno è coperto da una singola fascia elastica blu e arancione, i due colori si mescolano uno nell’altro come se fosse stata lavata male, altro dettaglio che non possiamo escludere con estrema sicurezza. Ondeggia, o meglio arranca, fino al salotto, condiviso, muovendosi più come uno zombie che un vero essere umano. I capelli sono completamente scompigliati, non prova nemmeno a nascondere la realtà dei fatti: era crollata e per fortuna è stata svegliata prima di venir scovata dai suoi demoni. La destra si porta verso i suoi occhietti a stropicciarli come per voler convincere il mondo ad andare a fuoco <stavo pensando che forse è ora che anche tu abbia una stanza> ormai ha scelto, in un certo senso. Non ha ancora lasciato andare completamente Fuji ma una parte di lei adesso è libera, ha capito cosa vuole o meglio chi merita di avere intorno a lei ed eccola qui, finalmente disposta a trasferirsi, per quanto sia una frase che butta lì con nonchalance non si tratta certo di un argomento tanto facile. Quella casa rappresenta il suo ultimo amico d’infanzia, rappresenta l’ultimo legame che ha con Manami, staccarsene vuol dire abbandonare ciò che era e crescere finalmente, provare almeno a superare i propri traumi. Sbatte le palpebre mentre la destra ricade lungo il fianco andando solo adesso ad infilare il cellulare in tasca <ci sono dei mochi?> domanda, ancora prima di cercare Nobu con lo sguardo e poi fissarlo, pronta ad ascoltarlo per davvero, infondo le vuole parlare meglio essere pronti. Il sonno che ancora non l’ha completamente abbandonata permette l’assenza momentanea del panico, troppo narcotizzata per iniziare a farsi venire mille dubbi in merito a quella richiesta, sta agendo senza pensare

15:20 Nobu:
 Non si aspettava di certo che Saigo fosse a casa a sonnecchiare quando le ha scritto quell’sms dicendo di incontrarsi per parlare con lei. Dopotutto vive in sala da ormai troppo tempo e in generale, a meno che non è Saigo stessa a chiederglielo, o se ha bisogno, non si insinua mai in camera dell’altra. La vede in pigiama, praticamente in top, al punto tale da costringerlo moralmente ad allungare le mani sulla propria schiena, snodando il fiocco del grembiule, quello con le paperelle che aveva comprato. Si avvia verso di lei, cercando di infilarglielo al collo per coprirla. < Gelato sono in freezer, dovrebbero essere rimasti quelli al cocco, macha e nocciola. Se invece li vuoi normali, dovresti avere ancora un paio di quelli ai fagioli azuki in credenza. > le risponde prima a quello per poi lasciarla ai suoi passi probabili che la porteranno a prendere quelli che più desidera. Se c’è una regola in quella casa è : bisogna avere dei mochi per forza. Torna ai fornelli, dov’era precedentemente. La sinistra si porta sul coperchio metallico di quel pentolone, alzandolo. Dal momento che lo fa lo scoppiettio di bolle d’aria invade la sala, insieme a un profumo di curry. Prende un mestolo di legno e inizia a girare la pietanza, premendo leggermente contro le carote per sentire se si stanno ammorbidendo all’interno del liquidi che, man mano che si restringe, diventa sempre più una crema. < Mi prendi per favore il concentrato di pomodoro? Dovrei averne uno in credenza > le chiede già che è lì, notando come quel curry sia ancora chiaro di colore. Non appena Saigo avrà messo a fuoco la vista, dopo essersi svegliata, potrà notare un particolare non da poco: Nobu ha tirato fuori una valigia e il trasportino di Poldo. Non parla per ora, ma di sicuro sono lì fuori e, con molta probabilità, le ha mandato un messaggio proprio per parlare di questo insieme a lei. Per il momento tuttavia le da le spalle, concentrato su quella cucina, vestito in realtà ancora con gli abiti del lavoro, quindi pantalone nero, con cintura e camicia bianca. Le maniche sono arrotolate mentre le scarpe sono state scambiate per delle pantofole da casa, dato che hanno messo un cesto per le pantofole loro e per gli ospiti all’ingresso di quell’appartamento in uno dei grattacieli di Kagegakure, dove entrambi abitano ormai da più di un anno, con quel divano che ormai l’ha sfondato a furia di dormirci su. Poldo non appena vede Saigo avvicinarsi alla credenza, da bravo ruffiano ciccione, si alza proprio da quel divano, avvicinandosi a lei e strusciandosi contro l’esterno della gamba destra, cercando attenzioni e probabilmente cibo.

15:35 Saigo:
 Non capisce bene il gesto con il grembiule, lo osserva poco convinta come a voler sottolineare che non ha nessuna intenzione di rischiare la sua perfetta pelle candida vicino ad un fornello. Insomma non è mica pazza. Lo guarda ancora qualche istante sbattendo le palpebre poco sul pezzo prima di cogliere l’unica, importante informazione <mochi> replica come uno zombie e per quanto quelli gelato la stiano invitando e richiamando con urla dal freezer la richiesta successiva del ragazzo la spinge direttamente verso la credenza. Pigra. Si sistema meglio la felpa senza però togliersi quel grembiule, ancora perplessa dal gesto. Nemmeno il tempo di alzare la mano destra verso l’anta che quel ciccione di Poldo subito le si avvicina, si struscia e fingendosi in cerca d’affetto le chiede del cibo. Abba su di lui lo sguardo facendo una smorfia di sfida, veloce cercherebbe di spostare il braccio verso il basso per poter toccare quella palla di pelo. Ora che è ind9ifeso, ora che è disposto anche alle coccole pur di avere da mangiare è il momento di approfittarne. Si è abituata a quella vita e non riflette nemmeno su quanto le risulti normale trovarsi Nobu ai fornelli e Poldo nelle vicinanze in cerca di briciole. Dopo aver dato una bella carezza al pelosone si limiterebbe a tornare verso gli scaffali con un sorriso tutto soddisfatto sul volto. Come prima cosa pescherebbe dal sacchettone di Mochi un paio di dolcetti prima di lanciarsene uno in bocca e mettere il secondo nella mano sinistra. Solo a questo punto andrebbe a cercare i grissini, ne prenderebbe un pezzettino per poi farlo cadere verso il terreno ed il gatto. Un occhiolino rivolto a lui, un cenno d’intesa. Oh lo sa che il miglior modo per arrivare al quel cuore è passare dallo stomaco. Solo a quel punto obbedirebbe alla richiesta altrui andando a recuperare, e successivamente estrarre, il concentrato di pomodoro. Inutile dire che prima di trovare il concentrato estrae un po’ di tutto e legge l’etichetta. I movimenti sono ancora un po’ assonnati mentre allunga il tubetto allo Hyuga e finisce di masticare il primo dolcetto <tieni> ed è solo allora che gettando uno sguardo sulla cada per godersi il momento nota le valigie. Si blocca, con quel maledetto tubetto ancora in mano <NO> praticamente lo urla nelle orecchie di Nobu, il tono è a metà tra l’incazzato e l’offeso <ti ho detto che ci spostiamo, cerchiamo qualcosa di più grande, dai non compro più così tanti mochi e pago di più io> parla a raffica, senza nemmeno riflettere. Quelle che per l’altro sono valige, ciò che era momentaneo per lei è diventata un’ancora e non è disposta a perderla, non è disposta a perdere anche questo legame <senti lo so che ti sei fatto male per colpa mia ma non serve davvero, cioè potevi anche farmi colpire non mi importa, poi magari divento più brava a schivare ma non te ne andare> guarda Poldo adesso, come a cercare del supporto anche da parte sua. Il panico sta chiaramente prendendo il sopravvento in quella discussione, la mente si affolla di dubbi, paure, domande e incertezze. Dove ha sbagliato? Può rimediare? Perché sbaglia sempre? Perché è così sbagliata?

15:54 Nobu:
 Volta lo sguardo a seguire le movenze di Saigo nel caso avesse bisogno di ulteriore aiuto con il concentrato di pomodoro, fino a vedere quel pezzo di grissino cadere. Poldo in tutto questo si fa accarezzare e accoglie quel pezzo di cibo come forma di baratto in cambio del suo affetto. In questo momento è più che vulnerabile, si farebbe fare di tutto mentre mangia, inizia pure a fare delle fusa leggere, alzando la coda e arricciandola su se stessa talmente è contento di mangiare. Vede la Manami avvicinarsi e porgergli quel tubetto che va a prendere, fino a sentirsi quel NO che per poco non gli spacca i timpani. Non si scompone troppo a riguardo, al punto che in realtà svita il tubetto e con il dorso del tappo buca lo strato di alluminio per far si che possa spremere quel concentrato, direttamente all’interno del curry, l’equivalente di due cucchiai. Posa da una parte il tubetto e torna a girare, vedendo come quella crema color caramello si trasforma in un marrone più scuro. Con la mano libera prende pure un cucchiaio pulito, bagnandone la punta con quella crema per poi assaggiarla per sapore, sapidità e acidità del pomodoro. La ascolta in quelli che sono quasi capricci e infine in quelle scuse, per essersi salvata grazie a lui. < Saigo, il problema non è che mi sono preso un colpo al posto tuo, non sono arrabbiato per questo ed è stata una decisione mia farlo, non devi sentirti in colpa a riguardo. > il tono è calmo, quasi piatto. Davvero non è arrabbiato con lei e dubita che se non l’avesse subito lui quel calcio, oggi sarebbero qui ad avere quella discussione tutti e due. Alza un attimo la testa prima a guardarla, per poi fare cenno verso una sedia. < Siediti un attimo e parliamo, per favore. > Aspetterebbe che si calmi un attimo la compagna di lavoro, casa e squadra, fino a sedersi. Lui invece tira fuori dalla tasca destra del pantalone una sigaretta con l’accendino. Si sposta, verso la porta di casa, aprendola e rimanendo sulla soglia, giusto per non fumare all’interno. Porta il filtro alle labbra e l’accendino all’estremità, accendendola e fumando il primo tiro. < Il problema non è neanche lo spazio, l’affitto o che compri troppi mochi. > che per la cronaca è diventato un rito: quando torna a casa, fermandosi ai vari 7/11 e kombini, prende gli ingredienti per cucinare che gli mancano e dei mochi dato che non possono mancare. < Ascolta Saigo, ti ricordi come ho finite la missione, dopo quel calcio di Noumu? Io no, sono andato in blackout per un momento, ma mi ricordo bene una cosa: vederti possibilmente morta per quel colpo, prenderlo e tutta la situazione mi ha fatto perdere il controllo. Per questo dobbiamo parlare. > cerca lui di mantenere la calma per tutti e due, nonostante non gli sia facile parlarne, non lo è mai, al punto tale che non lo ha mai fatto con lei, nonostante è stata la sua compagna per tanto tempo.

16:06 Saigo:
 No? Non è arrabbiato? Allora perché. Quasi le gira la testa per il quantitativo di domande che si affollano nella sua mente, tace e come una brava bambina obbedisce a ciò che le viene detto di fare andando quindi ad osservare il piano di lavoro, anche chiamato penisola. Libera lo spazio necessario e senza troppa fatica poi andrebbe ad issarsi su di esso, sedendosi bella composta, con tanto di gambe accavallate, proprio come una brava bambina. Certo è seduta sul tavolo a conti fatti ma non possiamo pretendere troppo. Annuisce. Va bene è disposta ad ascoltarlo e forse parlare ma per ora può iniziare con la prima fase. Cerca di non perdersi tra i suoi pensieri e i suoi dubbi le risulta abbastanza difficile ma cerca di non perdere il filo. Ignora gran parte dei suoi movimenti, ignora Poldo, non riesce in questo momento a comprendere e tener presente tutto il mondo attorno a lei. Annuisce a più riprese più per sé stessa che per lui, lo fa per ricordarsi di ascoltare con attenzione, di non seguire il filo dei suoi pensieri e non cedere alle sue paure, lo fa per restare lì in quella stanza <tu eri svenuto> replica semplicemente <quindi non sai com’è finita e non puoi sapere cos’ho fatto io> probabilmente hanno due modi ben differenti di perdere il controllo ma lei sa d’essere rimasta vigile solo perché aggrappata alla necessità di aiutarlo e non vederlo svanire davanti ai suoi occhi, lei sa d’aver agito senza essere in grado di riflettere sui suoi gesti, come un vero automa <tu non puoi sapere che anche io ho perso il controllo> il controllo della logica, del pensiero razionale, della capacità di previsione e tutto ciò che caratterizza il suo apparente modo d’agire, specialmente in missione. Aver arrancato, fatto le foto, chiamato la shinsengumi non sono stati gesti voluti, sono stati gesti inconsapevoli, addestrata ad agire in quella maniera ma non per questo presente, la sua perdita di controllo è stato un immediato senso di vuoto, l’assenza stessa di qualcosa da controllare <ma comunque non devi andartene> il punto per lei è solo quello <va bene hai perso il controllo, mi va bene a me va bene così> lo ripete non per convincersi ma per essere sicura che sia stato compreso, senza nemmeno ragionare davvero. Esattamente come quel giorno ecco che torna ad agire in maniera poco analitica, spinta dall’abitudine da ciò che ha imparato meccanicamente sui rapporti umani, ciò che il personaggio secondario fa sempre quando viene mollato, quello che dice la protagonista per non farsi lasciare, battute, copioni che trasporta nella realtà, non saprebbe esprimersi diversamente. Lei è disposta all’ascolto ma non all’abbandono

16:25 Nobu:
 Non si riferisce a quello, a giudicare da come si è ritrovato in ospedale non ha subito altri colpi da Noumu o Shimura dopo quel calcio, con l’unico ricordo che ha, SUO, è di aver detto a Shizuka dove colpire quella chimera. < Parlo di quando mi sono scagliato prima contro Noumu e poi contro Shimura, Saigo. Quella rabbia, quella violenza e il piacere che ne ho tratto da essa. Ho un ricordo vago, come se mi stessi vedendo in terza persona, eppure quello lì ero io, sono io. > Le spiega, allungando poi la mano sinistra verso il portafoglio nella tasca posteriore del pantalone, tirandolo sulla penisola in maniera che la Manami lo riceva. < Dietro al portamonete c’è una zip, aprila e prendi il contenuto. > se lo avesse fatto si ritroverebbe in mano una pallina di stagnola e, all’interno una pastiglia colorata: ecstasy. Prende un nuovo tiro di sigaretta, buttando fuori dalla porta il fumo in maniera che non le dia fastidio. La lascia alle sue reazioni, ai suoi dubbi mentre cerca di collezionare le parole migliori per parlargliene, per dirle che per tutto questo tempo le ha mentito, che non è la persona che lei conosce, a partire da come si fa chiamare. Colei che più gli è vicino eppure l’unica di quel quartetto, che un tempo erano amici, a non saperlo. Nene lo sapeva da lui, lasciandolo in balia di se stesso quando le chiese aiuti, tradendo la sua fiducia parlandone con Fuji. Ancora si ricorda quella sera dove è andato a confrontarsi con lui, in quell’appartamento accanto, con Aozora che lo guardava e il chikamatsu vestito da maid per chissà quale motivo. < Il fatto è proprio questo, Saigo. Non sono la persona che pensi di conoscere, quello che vedi non è il mio carattere e Nobu… > prende un attimo di tempo, fa sempre male ammetterlo tant’è che si morde il labbro inferiore e prende un respiro a pieni polmoni, cercando di calmare quel battito cardiaco che era aumentato, tanto da fargli male all’interno della cassa toracica. < … non è il mio nome.> la guarda negli occhi, intimorito dalla reazione che potrebbe avere. Le sta confessando di averle mentito tutto questo tempo, di non essere chi pensa che lui sia, eppure, non sa in realtà quanto Saigo sappia di lui. Di sicuro è tornato a casa distrutto qualche sera, scordandosi di lavarsi le mani piene di sangue da qualche barbone che ha picchiato per il gusto di farlo, drogato. O quanti dei suoi monologhi allo specchio in bagno può aver sentito. < Sono rimasto qui, beh lo sai perchè immagino. > perché aveva bisogno di una parvenza di normalità, di una persona alla quale appoggiarsi e che si appoggiasse a lui dopo aver perso tutto. Saigo lo ha accolto che era a frantumi, cocci per terra dopo quella notte in un hotel dell’oasi dove ne ha parlato a Nene e proprio quella ferita non si è mai cicatrizzata. L’ossessione per la Doku è passata e ciò che gli è rimasto è solo quel taglio ancora sanguinante di avere la propria fiducia infranta dalla persona che pensava conoscerlo meglio, con la quale non doveva nascondersi. < Il motivo che non ti ho detto è anche pr tenere d’occhio i miei genitori che vivono qui, all’oasi, per nascondermi da loro. Forse per proteggerli da me, o semplicemente per proteggermi dal loro giudizio. Stessa ragione per la quale non lo dico a nessuno. > Finisce per ora, lasciandole il tempo di assimilare la bomba che le ha appena lanciato addosso.

16:40 Saigo:
 Ancora una volta ascolta le parole altrui, osserva quel portafoglio venir lanciato vicino a lei e come un automa si limita a prenderlo tra le mani, obbedendo alle indicazioni si limiterebbe a ritrovarsi in mano quella pallina di stagnola. La apre, non avendo molti altre informazioni per leggere quella situazione e andrebbe ad osservare quella pastiglia. Intanto lui continua a parlare, perché finisce sempre così? Perché ad un certo punto della sua vita quando si fida di qualcuno quel qualcuno sente la necessità di allontanarla? Di ferirla? Aveva raccolto Fuji e cercato di aiutarlo quando gli antidolorifici avevano iniziato a comandare la sua vita, ha lottato per quel rapporto e lo ha perso, ora pare replicarsi tutto, solo la droga è diverso. Che poi davvero le interessa della droga? Osserva Nobu mentre parla, distante, lontano da lei. Sta in piedi, è cosciente. Poggia di lato sia la pasticca che il portafoglio, perché mai dovrebbe importarle ella droga. Ha visto il peggio del ragazzo in quell’anno, credeva almeno di averlo visto, eppure quelle parole sono per lei il peggio. Sentirsi buttata via, come se stesse raccontando tutto per farla arrabbiare, ferirla e concedergli così la buona uscita da quell’appartamento <quindi non sei tu che messaggi con me in piena notte quando mi svegliano gli incubi?> domanda semplicemente, il tono quasi assente, distaccato come se stesse cercando di capire. Il punto è sempre questo quando i sentimenti sono troppi le soluzioni sono due: essere razionale o stordirsi con l’alcool e visto che non ha una birra in mano può solo cercare di farsi strada tra le voci nella sua mente che le ricordano quanto poco valga e che, infondo, se lui le avesse sempre mentito lei se lo sarebbe pure meritato <non sei tu che cucini per me e che torni a casa ogni sera con dei Mochi?> continua ad esternare quei dubbi, quelle perplessità che si affollano nella sua mente <sei tu che era così spaventato dal colpo che stavo per subire da prenderlo in pieno?> è così lontana in questo momento, così fredda e nuovamente svuotata. Non è solo un modo di dire, i traumi passati, l’abbandono e la paura si affollano così prepotentemente nella sua mente da causarle una sorta di sospensione, lei è lì sull’orlo dell’abisso e si sta sgretolando tutto sotto ai suoi piedi e invece di salvarsi sta fissando il vuoto senza sentire nulla. Per autoconservazione ha rimosso la paura, la tristezza e qualsiasi altro sentimento che sia positivo o negativo. Non è la droga, non è la verità sul nome è l’aver sentito che lui le ha mentito ad averla portata a quel punto <CHI E’ QUELLA PERSONA?> alza la voce ora, s’impone e pretende una risposta al punto che solo la rabbia tiepidamente affiora su quella superficie <SEI TU O NON SEI TU?> deve saperlo, vuole saperlo e più semplicemente ha bisogno di saperlo

17:02 Nobu:
 Saigo gli pone domande dopo domande, all’apparenza banali ma che sono molto più complicate di quello che sembrano per rispondergli. Butta quella sigaretta, ormai agli sgoccioli e con tutta la calma del mondo si avvicina prima a Poldo, dandogli un paio di grattini sotto il mento e poi tra le orecchie. Poi torna alla cucina, girando il curry prima che si bruci. Quando Saigo alza la voce, Nobu rimane in silenzio, a riflettere su quello che dovrebbe rispondere. È lui o no? Chi è lui in realtà? Come si deve scrivere e firmare tra le due versioni di Nobu? Con il kanji speranza o con quello attuale di terreno e violenza? < Non so risponderti Saigo, non perché non voglia farlo. Più semplicemente perché neanche io so chi sono ormai. > Si allontana un attimo verso la credenza. Armeggia un attimo fino a tirare fuori una fetta di pane in cassetta che prontamente, viene coperta da una cucchiaiata di curry. La sinistra viene portata sotto come piattino, per evitare che cadano briciole o gocce, fino a che la destra non la porge alla compagna di appartamento. < Se dovessi risponderti allora è si, sono io che messaggio con te quando non riesci a dormire, sono io che ti rimbocco le coperte quando tremi di notte per gli incubi, sono io che cucino e ti vizio e si, sono sempre io che mi sono affezionato a te al punto da non vederci più al pensiero di vederti spirare davanti ai miei occhi, al punto tale da perdere il controllo e tornare a essere quello che sto combattendo, da anni. > le da la migliore risposta che può darle, quella che lui pensa sia la verità, andando a sedersi, aspettando una risposta sia sul curry che su quello che le ha appena detto. Le mani si appoggiano sulla penisola, con le dita che si incrociano mentre lo sguardo si abbassa. < non me ne sto andando … mi sto preparando per farlo se dovesse essere ciò che vuoi. > mormora a bassa voce tra se e se non alzando lo sguardo per guardarla, difatti la valigia è ancora vuota, i suoi vestiti in quei cassetti e ancora appesi nello stendino ad asciugare. Si è preso cura di Saigo tutto questo tempo perché in quegli incubi che ha di continuo si rivede, lui stesso ha demoni che lo mangiano ogni giorno, che ne intaccano la psiche fino a trasformarlo in quello che non è, o meglio che non vorrebbe essere. Si è reso conto di essersi ritrovato davanti a quel bivio dove non può tornare indietro e prima di lasciarsi cadere su una delle due strade, si sta rivolgendo alle persone che ha a lui vicino: Shizuka, che pensa di aver fregato con quel marchio distopico dopo averglielo detto e ora Saigo, la persona alla quale tiene di più probabilmente, quella che per quell’anno è stata per lui una fonte di luce per tornare a fare del bene. < Il mio nome non è Nobu, bensì Ryota. È un nome che ho abbandonato all’arrivo a Kagegakure in quanto non ne sono più degno, del significato che porta, di chi era quel ragazzo. > inizia a spiegarle, alzando lo sguardo verso di lei, uno sguardo inevitabilmente triste, con quelle parole che pesano come macigni. < Nobu nasce da Nora e Manabu, i miei genitori. Mi piaceva l’idea di prendere i loro nomi e scriverli come fede, nella speranza di tornare un giorno a essere chi ero. Il problema però è che ormai comportarmi come Ryota mi viene impossibile, fingo di farlo… sai come si dice no? Se ripeti tanto una bugia questa diventa verità. > l’idea era proprio quella, convincersi nel subconscio che comportandosi così sarebbe tornato a farlo in automatico, senza pensarci… e così è stato, solo con Saigo. < Ma le uniche volte in cui non lo faccio per finta, sono quando sono qui… a casa. > usa un termine pesante, perché ormai quelle mura, quel divano, quel gatto ciccione e quella ragazza manipolatrice, paurosa e fragile sono ciò che considera casa.

17:15 Saigo:
 Aspetta di sentirlo parlare, urla per avere quella risposta. Cerca di ottenerla e infine si alza. Senza dire altro si sposta da lì, ottenuta la risposta si alza senza mormorare, senza fare nulla e prende il trasportino di Poldo. Si piega in avanti così da arrivare al trasportino vuoto e la mano destra va a raccoglierlo, successivamente si muove in direzione della valigia, per fortuna vuota, di Nobu per raccogliere anche questa con la mano sinistra. Non parla e non sembra nemmeno intenzionata a fermarsi. Attraverserebbe poi tutta la limpida sala, con le luci che ormai svaniscono, e si limiterebbe ad aprire l’immensa vetrata, il vantaggio di essere all’ultimo piano è la vista panoramica. Senza aggiungere altro si limiterebbe a lanciare fuori prima la valigia vuota, poi il trasportino e tanti saluti anche alla pace di chiunque ci sia lì sotto o dei vari balconi. Fatto questo vorrebbe tornare da Nobu, ammesso e a prescindere dal suo dare di matto o meno proverebbe solo ad abbracciarlo. Se fosse riuscita in quel gesto, vista la differenza d’altezza si ritroverebbe a sprofondare nel suo petto, o nel pelo di Poldo <non provarci mai più> replica solo allora prima di ispirare profondamente e trattenere il fiume di emozioni, lasciando che svaniscano tutte grazie alla consapevolezza di non essere stata abbandonata questa volta, non le ha mentito, non l’ha presa in giro. Solo dopo qualche secondo si staccherebbe per tornare a fissarlo <trovati un terzo nome se vuoi perché io so perfettamente chi sei> lo fissa semplicemente <Nobu, Ryuzaki per me è indifferente non serve un nome per identificarti, sei tu> assurdo come una complicata come lei riesca a farla così semplice <ed è ridicolo che tu possa crede di non essere degno di qualcuno> ammette altrettanto semplicemente. Intanto non pensiamo alla valigia che sta cadendo, al trasportino che sbatacchiando ovunque sta turbando la quiete e il vivere pacifico del quartiere <il mio nome non era Saigo ma Manami l’ho cambiato quando sono arrivata a Kagegakure> spiega quasi dolcemente <sono io che ho deciso chi essere, non riconoscevo più ciò che ero e l’ho abbandonato> sorride appena <quindi accettati per ciò che sei luci ed ombre> non conosce i suoi traumi passati ed è incapace di vedere differenze tra Nobu e Ryuzaki, per lei sono la stessa identica persona che ha lì davanti

17:45 Nobu:
 La vede dare di matto, prendere trasportino e valigia, lanciandoli dalla finestra, anche se a conti fatti gli servono comunque per trasferirsi in una casa nuova e questo comunque non lo ferma dal comprarne un'altra per andarsene se solo fosse necessario per lui e per tenerla al sicuro. La vede tornare e corrergli praticamente incontro, ritrovandosela addosso, attaccata al suo petto. Sente quelle braccia come lo stringono, come a non farselo fuggire. Lo fa sorridere con quell’idea del terzo nome e di come Saigo stia cercando di semplificare il tutto, probabilmente per lo spavento che ha subito nel vederlo pronto ad andarsene di casa e lasciarla. La destra si alza, aperta, appoggiandosi sul capo della ragazza ad accarezzarlo. I due si danno due anni di differenza, anche se a vederli sembrano quasi di più. Quella mano passa su quei capelli biondo fragola, morbidi in un paio di carezze. Sente anche come lei abbia cambiato e invertito il suo nome e il suo cognome, per scelta. < Il problema non è mai stato con te, bensì con tutte le altre persone. Con te non devo fingere, con Shizuka invece si. In ospedale mi ha detto di non mettere più la maschera con lei… è finita che sul tetto l’ho strozzata, stordita e le ho cancellato i ricordi con il marchio. > glielo racconta, perché è giusto che sappia tutto, perché con lei riesce a essere ciò che vuole tornare a essere. Ne approfitta che sta accarezzando quel capo per abbassare il viso, sulla testa, spostando i capelli circa dove aveva visto quella traccia di chakra, per verificare che sia visibile e cosa sia la causa. < Dimmi, ti manca mai Manami?> le chiede, guardandola ora che si è staccata da lui. Deve capire, se è come lui, se in realtà quella è una decisione che non rimpiange, se è contenta di essere Saigo, perché lui non lo è. Era la sua missione per se stesso, era il motivo per la quale si allenava, diventava più forte: tornare a essere abbastanza per proteggere ciò che gli è caro, per non paralizzarsi come è successo in accademia con i suoi genitori, neanche dei ninja, che sono corsi a salvarlo. Per questo aveva scelto i loro nomi per il suo alter ego, se così possiamo chiamarlo. Gli serve anche a capire quanto le deve stare vicino, quanto deve essere quello scoglio, alla quale appoggiarsi, quel porto sicuro dove poter tornare. < In realtà è ben possibile non essere degno di qualcuno. Non sono più il ragazzino solare che i miei genitori hanno cresciuto, bensì sono una persona estremamente violenta, aggressiva, falsa. Come posso anche solo essere degno del nome che mi hanno dato? > le chiede guardandola con uno sguardo malinconico, triste, deglutendo rumorosamente. Si vede che è un argomento sensibile per il Ryuuzaki e questa è la prima volta che Saigo lo vede così vulnerabile, quasi se come quella statura si fosse rimpicciolita tutto d’un tratto. Ha ripreso almeno a mangiare, dopo quel tour in ospedale si era trascurato, non aveva fame, pensando solamente a questo, a parlarne con Saigo, al percorso che gli stava davanti, alla paura di diventare anche con lei Nobu.

18:01 Saigo:
 Tra i suoi capelli, solo se si sa dove cercare in effetti si potrà vedere un puntino nero, come un tatuaggio, talmente piccolo da sembrare un neo, l’errore di un tatuatore che l’ha usata come prova, è un cerchietto perfetto ma è esattamente il tipo di segno preciso che lascerebbe la punta di un ago, insomma ecco cosa può vedere lui che ha ancora un segreto, un segreto che la riguarda e di cui è inconsapevole. Si gode quella carezza quasi fosse diventata lei il gatto ora. Non ha idea di cosa stia cercando con lo sguardo o cos’abbia visto davvero <Non vale la pena mostrarsi con tutti e nessuno dovrebbe mai importi di togliere una maschera> le piace Shizuka ma non abbastanza da spalleggiare per lei e non per Nobu o Ryuzaki come deciderà di chiamarlo poi. Quella domanda la tocca abbastanza da farla arretrare di un passo per poterlo guardare meglio <Mi manca la sua vita> ammette semplicemente <mi mancano i suoi amici> la mano sinistra va istintivamente lì in prossimità delle ferite che si era autoinflitta sull’avambraccio destro e stringe un pochino. La sua classe le manca <mi manca la sua ingenuità e la sua felicità> tornerebbe indietro? Sarebbe ipocrita negarlo, potesse tornare a undici anni fa e cancellare tutto quello che è successo non esiterebbe un solo istante, poter tornare a dormire beata, potersi sentire piena d’amore, amata e non aver timore della perdita, non credere d’essere perseguitata, quante cose aveva che non sapeva nemmeno avrebbe rimpianto un tempo <ma non potevo più essere Manami così sono diventata l’unica cosa che potevo essere: l’ultima> Saigo. Lo puntualizza perché è questo ciò che è lei, l’ultima sopravvissuta, l’ultima ninja, l’ultima di una classe intera e ora che ha detto addio anche a Fuji, per quanto continui a farle del male, lo è in tutti i sensi, di lui infondo non era rimasta che l’ombra <Anche io indosso maschere con gli altri, lo faccio alla Shinsengumi, lo faccio in missione, lo faccio per strada perché è ciò che preferisco, se mi permettessi di avere degli amici> abbassa lo sguardo, infondo a lui ha permesso volente o nolente d’essere un amico, un fratello, una figura di riferimento quello che ormai è il fondamento del mondo che sta lottando per costruirsi attorno <allora potrei perderli ancora> la paura, il terrore <l’unico modo che ho per non perdere gli amici è essere potente ma la verità è che quel trono è solitario> scuote le spalle. La sua decisione l’ha presa tempo fa, quel cambio di nome non le è mai pesato perché ne ha sempre conosciuto il valore. Sarà sola, per sempre, e va bene così, solo la presenza dello Hyuga non era stata considerata ma non se ne pente, lui fa parte di quel progetto ormai. Lascia poi che l’altro prosegua, riveli quella sua consapevolezza che però alle sue orecchie suona più come una scusa <tu sei la persona che mi ha impedito di crollare, è grazie a te se ancora sono viva e> esita appena, abbassa lo sguardo <non solo per colpo in missione> senza di lui la sua sente l’avrebbe già distrutta. Non è forte ma può contare su quelle spalle che ora vorrebbe rialzare, tornare a dargli forza e sicurezza <per questo io sarò l’ancora che tu sei per me, posso portare parte del tuo peso> non teme la violenza, non teme di vedere

18:28 Nobu:
 Ha detto bene, nessuno può imporgli di levarsi la maschera, è stata proprio quella presunzione di Shizuka che lo ha fatto infuriare. Le ha mostrato ciò che nasconde e, guardandosi la mano, ancora se la può ricordare attorno al collo della chuunin Kokketsu, mentre la solleva dal collo sul baratro di quel grattacielo, pronto a buttarsi giù e buttarla giù. La verità è che quella missione ha lasciato parecchie cicatrici ai partecipanti e, per Nobu, quella più profonda è stata proprio nella psiche. < Per questo ero pronto a uccidere anche Shizuka. Non mi piacciono le persone che si intromettono nella mia vita, che parlano per luoghi comune. È una ragazzina troppo luminosa e tutto di lei mi da fastidio: quanto è ottimista, quanto voglia vedere sempre il bene nelle persone… eppure penso che mi sarebbe dispiaciuto perderla in missione. > riflette ad alta voce, coinvolgendo la Manami in quel discorso, anche per capire che cosa ne pensa la compagna dato che, da quello che sa, ha deciso di fare squadra con la Kokketsu e, almeno per quello che dice Shizuka, il loro rapporto sta migliorando. Annota mentalmente i commenti di quello che le manca della vecchia se stessa, di come era un tempo e inevitabilmente si immagina come sarebbe stato se l’avesse conosciuta in accademia, se fossero stati in classe insieme loro due. Forse oggi non sarebbe più l’ultima, forse lui stesso non sarebbe diventato quello che è oggi, forse il loro rapporto non sarebbe neanche quello che è oggi, magari si sarebbero odiati a vicenda o magari avrebbero sviluppato un altro tipo di intesa come quella che aveva con Fuji. Impossibile a dirlo, nonostante siano entrambi due ragazzi neanche ai vent’anni e, discutibilmente attraenti, i due sono come fratelli ormai e, almeno per Nobu, nella sua scacchiera Saigo è il RE: un qualcosa di estremamente importante e neanche sacrificabile, ne andrebbe di tutto ciò che gli rimane. Si ammutolisce invece quando lei stessa parla di come finge, da attrice, di quella paura di avvicinarsi alle persone per perderle, di quel trono solitario che ha scelto eppure, nella sua corte lui stesso è presente e quasi inamovibile. Rimane un attimo basito quando le riconosce dei meriti che non pensava di avere, al di fuori di quella missione. Viene definito un ancora, una figura stoica che fa in modo di non mandare la nave alla deriva, il che è abbastanza ironico dato che lui di fisso nella sua vita ha ben poco. < non pensavo… > di essere così importante e fondamentale, di essere quella figura che associa a Ryota. Gli sta dando più risposte di quello che pensa, non è riuscito a salvare Manami, ma Saigo si, facendolo ogni giorno, essendo al suo fianco. <Non sei sola comunque, forsei dovrei darti anche a te qualche colpo per farti capire che è un fardello troppo pesante per portarlo.> le dice in maniera quasi ironica come a ridimensionarla, a ricordarle che è ancora presto per lei per fare tutto questo, per escludere tutta la gioia che può avere. Lui di sicuro non è facile da abbattere e difficilmente uno come lui si può perdere, anche se è esattamente dove si trova adesso, in cerca di indicazioni su che strada prendere per il proprio futuro. Riflette infine su quel desiderio di Sagio, sul suo piano per scalare la Shinsengumi a differenza sua che era di avere via libera per essere violento, per fare ciò che voleva senza complicazioni come ha fatto fin ora. Tutto questo insieme ai dubbi su quella corporazione continuano a tormentarlo. < Se ci fosse un modo per tornare a undici anni fa e prevenire il tutto, la fine, la morte di Ryota e Manami. La fine di Suna e di tutto ciò che conoscevamo… cosa faresti se fosse possibile?>

18:43 Saigo:
 Shizuka le piace, in qualche modo ha imparato a fidarsi di lei e capire quanto possa essere utile e quando possa darle le spalle, ha abbassato la guardia nei suoi confronti ma non vale quanto Nobu, quindi ancora una volta non si scompone alle sue parole e no, nemmeno apprezza che si sia imposta con lui < è affidabile però> replica semplicemente a quelle parole< se fosse possibile vorrei avere sempre voi due con me in combattimento, so di potervi mostrare il mio lato debole perché lo coprireste> ammette semplicemente. Lei da quel caos ne è uscita forse meno sconvolta di altri, non vuole lasciar cadere la pista, teme sotto sotto d’essere stato uno di quegli esperimenti, vuole scoprire se è successo e a chi altri potrebbe aver fatto del male, quella sofferenza l’ha toccata al tal punto da farle provare sentimenti come la pena, deve mettere fine ai quei brutti sentimenti e scoprire, unire e comporre quel puzzle. Sorride poi, tiepida, a quelle parole, quasi amaramente <se mi toccassi mi faresti a pezzi temo> fa una battuta ma è ben consapevole della differenza di potere tra loro, lei non è un avversario facile ma è grata di averlo al suo fianco e di non dover pensare a come toglierlo di mezzo perché non sarebbe un compito semplice, anzi. Il discorso comunque prosegue e torna a rabbuiarsi un pochino a quella domanda, si prende tutto il tempo che ritiene necessario prima di rispondere, riflette sulle varie implicazioni, il desiderio di tornare indietro è innegabile ma vista l’importanza di quel poco che ha ora <ne approfitterei> replica quando finalmente ha finito di analizzare la situazione <ma solo se fosse possibile farlo mantenendo la consapevolezza di come è ora, sono sicura che tornassi solo a undici anni fa non saprei godermi le cose, non potrei apprezzare davvero ciò che ho perso perché lo darei per scontato> lo osserva adesso <capisci cosa voglio dire?> sarebbe ancora stupidamente innamorata di quel bel faccino di Fuji, il perfetto ninja, il prossimo portatore del demone e tutte quelle cagate lì, vorrebbe essere circondata da tante amicizie e forse non presterebbe nemmeno attenzione alla profondità della stesse e poi probabilmente non avrebbe tollerato l’idea del tradimento di suo padre, della sorellastra, il clan non li avrebbe mai scoperti, probabilmente nemmeno Haru. La malinconia l’attraversa quando ci pensa. Se non avesse perso tutto non avrebbe mai condiviso quella casa con lui e con Poldo, non avrebbe scoperto l’alcool, non si sarebbe sbronzata e tante altre esperienze che da sole non bastano certo a compensare ma che comunque non vorrebbe perdere

19:14 Nobu:
 Riflette, di nuovo, su quel team che si era composto, tutti e tre in effetti sono calzati a pennello l’uno con l’altra, meglio ancora di quando avevano fatto squadra con Nene al posto della Kokketsu. La doku era a conti fatti troppo caotica, troppo irruenta e forse proprio per questo era stata assegnata a una divisione diversa rispetto a Saigo e Nobu, più freddi e calcolatori. < È affidabile, quello si, ma temo che si faccia trasportare troppo dalle emozioni. Io però non mi fido ancora al punto tale da farle vedere il mio lato debole. Già mostrarle il Byakugan è stato fin troppo, ma appunto, non stavo pensando in quel momento, la priorità l’avevi te. > A conti fatti Shizuka è una ficcanaso, chiede in giro tanto, anche di cose che non dovrebbe sapere, inoltre ha un suo punto di vista ben chiaro, quasi fantastico e rosa che vorrebbe imporre agli altri e questo non gli piace. Quando gli ha chiesto di fare squadra non le ha risposto anche per questo motivo, oltre che per la paura di perdere di nuovo il controllo e lasciarsi andare. Saigo ci scherza sopra ma a conti fatti potrebbe davvero toccarla quando è sconnesso, quando si leva quella museruola. Se un anno fa questo non era un problema, accedendo alla Shinsengumi proprio per quel motivo, oggi lo è. La Manami ne approfitterebbe, a oggi lui invece darebbe qualsiasi cosa per tornare a quella che era la loro la realtà, senza dio, senza chimere a tenerli in quella gabbia che si sono costruiti per salvarsi. Ascolta le riflessioni che la compagna condivide con lui, perdere tutto quanto, la maturità sviluppata, le esperienze fatte in questi undici anni, tornare a un passato più roseo. Loro sono il frutto delle esperienze e dell’ambiente dove sono cresciuti, tutte le persone lo sono. Le scelte vengono prese in base ai mezzi a propria disposizione e certi pre-requisiti fanno in modo di non dare l’opzione di determinate scelte ai giovani che crescono. La loro realtà è questa, o meglio lo è diventata con i fatti che si sono susseguiti. < Anche se la Manami di quel futuro avesse fatto comunque le tue esperienze e non avrebbe conosciuto tutto questo dolore? > Discorsi utopici fine a se stessi. Si abbassa, prendendo Poldo in braccio e mettendoselo sulle cosce ora che si siede. Lo accarezza distrattamente, annuendo a quella domanda, capisce che cosa vuol dire, lo capisce molto bene dato che, come lui, anche lei è stata cambiata da quegli eventi. < come un gruppo di persone in una caverna che si liberano dalle catene…> mormora tra se e se per poi guardarla e prendere un respiro a pieni polmoni prima di spiegare che cosa intende. < Immagina un gruppo di persone, incatenate in una caverna al buio con un solo spiraglio di luce. Da questa luce vengono proiettate delle ombre. Tutto ciò che queste persone conoscono sono le ombre e la caverna, attribuendo loro dei significati. Quella è la loro realtà. Dal momento che si liberano, escono da questa caverna, scoprendo un mondo nuovo, capendo che le figure che vedano non erano nient’altro che delle ombre proiettate dal sole e la posizione di quegli oggetti. > concetto molto astratto, complicato da capire, eppure Nobu si sente in quella stessa posizione, incatenato in quella che adesso è la loro realtà, senza sapere cosa ci sia la fuori. Che altre persone abbiano fatto un esodo simile al loro? Che in questi undici anni qualcun altro abbia riguadagnato ciò che è andato perduto? < Tutti noi viviamo aggrappati alle nostre convinzioni e le conoscenze che abbiamo. Questo forma la nostra realtà. Tuttavia la nostra realtà potrebbe benissimo essere un illusione, come quegli uomini in quella caverna…> parole pesanti, piene di significato che tuttavia esprimono appieno la loro situazione. Vivono nella loro realtà che potrebbe benissimo essere solo l’illusione che si sono fatti, che il consiglio stesso gli ha imposto. < Mi chiedo come sarebbe anche solo vivere in quell’illusione che tutto non sia successo e se, in qualche modo, così come le menzogne che diventano realtà, riusciremo mai un giorno ad ampliare le nostre conoscenze fino a uscire da quella grotta… >

19:26 Saigo:
 Ascolta le parole del ragazzo, le riflessioni su Shizuka che in parte condivide, non ha mai mostrato completamente sé stessa alla Kokketsu, le è stato impossibile nasconderle la paura di perderlo, nasconderle parte della sua vulnerabilità ma non sa tutto e questo le va bene, che gli altri poi la vedano debole solo e soltanto entro il limite che lei stabilisce è una scelta di vita, lasciarsi sottovalutare, far sì che possa essere percepita come qualcosa da proteggere e non da cui proteggersi è un vantaggio di cui non riesce a far a meno <senza dolore non avrebbe avuto le mie esperienze> ammette. Lei volente o nolente è frutto di quel dolore, della sua mente perversa, incrinata e a tratti irrecuperabile, frutto di quella voce che ha sentito, della consapevolezza ormai d’essere perseguitata <ma sì se potessi mantenere la conoscenza di ciò che sarebbe successo allora tornerei indietro a fermare tutto> a tenersi la sua vita felice. Non importa come la si metta, lei vorrebbe tanto essere normale, più piatta forse ma come Shizuka avere una visione positiva e rosea della vita, il massimo problema sarebbe stato il rifiuto di un Fuji di cui si è innamorata per abitudine, perché tutti dicevano che stavano bene insieme, perché erano ugualmente carini e amici d’infanzia, sì vorrebbe poter vivere quella vita senza mai dimenticare però quanto quelle cose futili siano importanti per il suo sorriso. Il discorso prosegue e lei scuote semplicemente le spalle <anche se potessimo tornare indietro ed evitare che tutto accada saremmo comunque in una caverna, diversa ma comunque una caverna. Ciò a cui miro ora è la poter vedere oltre, la vera conoscenza è in cima alla catena sociale ed è per questo che mi rinchiudo in questa gabbia d’acciaio, seguo le regole, le faccio rispettare, contribuisco al rafforzamento della razionalizzazione sociale> sospira appena, mostrando davvero quanto pensi, rifletta e sappia invece di nascondersi dietro al faccino da adolescente stupida < non permetto nessuna smagliatura, tutto deve essere perfetto ed efficiente come anche il “margine d’errore” e lo farò finché non avrò accesso alla conoscenza, finché non sarà io ad ingabbiare e liberare a mia discrezione> scuote ancora le spalle, anche questa è una decisione presa tanto tempo fa, elaborata coscientemente solo crescendo ma che già era chiara dopo la distruzione di Suna

19:53 Nobu:
 Hanno punti di vista differenti nonostante le esperienze siano simili, ma va bene così in realtà, non tutte le persone sono uguali tra loro e loro due, nelle loro diversità, si trovano insieme. Anche lui lo farebbe, farebbe di tutto per tornare indietro, anche a costo di non ricordare nulla di tutto questo. Creare un alterazione nella storia, come lanciare un sasso in un lago piatto e vedere le increspature che danno vita ad altre forme. Probabilmente è questo che succederebbe, ci sarebbe un'altra versione di loro dove tutto ciò non è accaduto, quello che questa realtà e gli abitanti di essa sognano: ciò che non sono potuti essere. Lo dovrebbe a Ryota, a Manami e a tutte le altre persone che sono perite per farli arrivare dove sono ora. < Voglio scoprire cosa c’è la fuori. Cosa si è salvato, se siamo davvero l’ultimo baluardo dell’era dell’uomo oppure se, come dici te, siamo solo ingabbiati da qualcun altro e stiamo ballando su un palco scenico dipinto appositamente per noi e per i loro interessi. > e qui le pone il primo dilemma morale: per avere accesso a tutta la conoscenza, quelle mura non sono sufficienti. Se effettivamente il consiglio sa dell’esistenza di altri superstiti e non glielo stesse dicendo, anche arrivando in cima alla Shinsengumi o come membro del consiglio, può davvero considerarsi ‘tutta la conoscenza’? < ma questo è un discorso per un altro momento. Non siamo più stati addestrati a vivere fuori e la competenza che ci viene trasmessa è al massimo come orientarci nel bosco dei ciliegi…> sottolinea, come a voler cercare prove di un qualcosa che neanche lui sa se esista davvero o altro. Perché alcuni ninja del passato si sono congelati nel tempo durante quello scontro? Possibile che altri si siano salvati e abbiano dato vita ad altri insediamenti? Ricerche che saranno necessarie e probabilmente farà come Saigo: abuserà del suo potere per avere quelle informazioni necessarie. Dalla tasca destra del pantalone sente vibrare il telefono e, come per automatismo, la destra si allunga ad afferrarlo e guardare. Come spesso succede è un messaggio di Nora, sua madre, che gli chiede come sta, dimostrandosi preoccupata per i fatti che ha sentito alle notizie al telegiornale. Forse sarebbe fiera di lui nel sapere che una delle squadre di cui parlano, quella che ha contribuito maggiormente e portato a casa migliori risultati, era composta da suo figlio e altre due persone a lui care. Fa un sorriso amaro, leggendo solo l’anteprima senza dare la spunta blu. < Posso chiederti un favore, Saigo? > domanda, aspettando una risposta da parte sua. Se la luce di Shizuka lo ha spinto verso quel percorso sinistro e cupo, la sofferenza di Saigo invece lo sta tenendo ancorato a quel percorso che ha intrapreso fin ora e, proprio come nella forma allegorica che lui stesso ha detto, si sta aprendo un nuovo percorso nella crescita di Nobu: ne cane rabbioso, ne promessa shinobi di Suna, bensì se stesso, venire a patti con ciò che è diventato e con ciò che è riuscito a realizzare fin ora: salvare vite, di cui quella che per lui è più importante, quella della Manami. < Tra qualche giorno sarà il mio compleanno...> quattro giorni per l’esattezza da oggi. < Posso chiederti di accompagnarmi dai miei genitori? Sei la persona che mi conosce meglio, più di me stesso. Da solo penso di non averne la capacità o il coraggio di incontrarli, e il solo pensiero di un loro rifiuto continua a terrorizzarmi. > parla a bassa voce, vergognandosi di quell oche sta dicendo a conti fatti, ma se vuole effettivamente proseguire in quel percorso che Saigo gli sta mostrando, allora ha bisogno anche lui della sua boa di salvataggio.

13:42 Saigo:
 Lo ascolta e ne comprende il significato, il suo discorso ha senso, è ragionevole anche corretto sotto molti punti di vista ma non le importa quanto tutto ciò che sta dicendo sia sensato lei non ha intenzione di uscire da quelle mura finché le sarà possibile. Nella realtà dei fatti quelle quattro mura sono la gabbia in cui ha deciso di chiudersi illudendosi di poter essere al sicuro, almeno lì. Illudendosi di potersi proteggere dalle bestie, di non doversi guardare le spalle ed è un’illusione che si sforza di tener ben presente nella sua mente, lei che è, col tempo, diventata esperta nei genjutsu forse solo per la necessità di sottoporsi lei stessa a quelle tecniche, creando un mondo il quanto più sicuro, lontano da qualsiasi cosa potrebbe portarla a soffrire. Un cuore d’oro che è ancora in lei e ancora batte con forza ma ora è circondato da una spessa muraglia difensiva che non ha alcuna intenzione di abbattere <il vero problema è capire quanto di là fuori si sta infiltrando qui dentro> e allarga semplicemente le braccia come a voler intendere l’intero villaggio. Le viene difficile credere che i cani del governo non sappiano cos’è successo a Kiri, che non abbiano scoperto qualcosa riguardo a quei rapimenti, al giornale si parlava al plurale, di gruppi e non gruppo <ma hai ragione ora è presto per preoccuparsene, anche se potessimo farlo non potremmo sopravvivere> che la minaccia sia ormai entrata o sia rimasta lì fuori, non le importa davvero capire quanto le stiano nascondendo, per quanto sia curiosa non è sua intenzione svegliare il can che dorme, continuerà a comportarsi come una brava pedina mentre silenziosamente svolgerà le sue indagini. Il discorso prosegue, tra pause di riflessioni e tentativi di interiorizzare tutte le informazioni ricevute, scorre così velocemente però da non darle davvero il tempo per soffermarsi sul fatto che c’è della droga da provare in casa sua <fanculo> andrebbe solo a sbottare poco dopo tornando verso la cucina e più precisamente il frigo, una volta aperto estrae una prima birra che viene lanciata verso Nobu e poi una seconda che va a stappare con quel comodo apribottiglie da muro appeso al lato di quell’elettrodomestico <ci serve dell’alcool per continuare> ammette semplicemente. Sorride dopo essersi presa il primo sorso <ti accompagno e ti accetteranno> dovesse essere costretta ad usare su di loro le sue abilità, dovesse essere costretta a mostrare una persona diversa, creare una finzione, minacciarli o qualsiasi altro mezzo potrebbe essere necessario a far accettare loro figlio, quella base stabile e fondamentale che convive con lei, dovesse mostrare loro Nobu attraverso i suoi occhi lo farà, non c’è un vero limite morale o legale che si impone in merito

14:05 Nobu:
 Capisce benissimo quello che vuole dire. Nonostante siano degli ufficiali, titolo altisonante che riempie la bocca, sono gli ultimi stronzi di quella corporazione in cui militano, forse la corporazione più nociva di Kagegakure stessa, nonostante la percezione di essa sia l’esatto opposto, sapendo bene i mezzi alla quale ricorrono. < Non parliamo della Shinsengumi che è meglio, più faccio servizio e indagini più mi rendo conto dello schifo di questo villaggio. > borbotta tra se e se, abbastanza indispettito e sfiduciato in quelli che sono i cani del governo, motivo anche per il quale è a bordo della nave Saigo per farla salire al potere. Inclina il capo quando la sente mandare a quel paese il discorso, alzandosi per poi seguirla in quelle movenze, quella porta del frigorifero aperta e quella birra che vola verso di lui che viene afferrata con la destra. La appoggia sulla penisola e, dato che lui non ha un apri bottiglie con se, tira fuori l’accendino, facendo saltare il tappo metallico con il fondo del primo. Ne prende un sorso, tornando a guardarla riavvicinarsi. < Penso che in realtà io possa già iniziare a fare un po' di ricognizione in realtà. Il governo mi ha dato questi occhi, o almeno così credevo, per un motivo. Penso di poter essere cauto e sicuro senza dovermi far vedere dalle chimere, e se anche fosse avrei parecchi metri di vantaggio per scappare. > le spiega, spiegandole la sua tattica e quel dono che, a conti fatti, lo rende l’esploratore migliore che ci possa essere a Kagegakure. Prende un sorso di birra per poi alzarsi in piedi. <Non voglio fare l’eroe o il martire, ma voglio rendere sicuro questo posto, per la mia famiglia, te inclusa. > riceve infine quella risposta, la prima in realtà positiva a una sua richiesta di aiuto. La paura che gli teneva il cuore in una stretta, quel rifiuto che aveva ricevuto e come una corona di spire gli attanagliava il motore del corpo, comincia a farsi più leggera. Quegli occhi si illuminano genuinamente, inumidendosi appena e, l’unica reazione che gli esce fuori spontanea, senza sapere come comportarsi in queste situazioni, è azzerare le distanze che dividono i due compagni. Le braccia verrebbero aperte, cercando di chiuderle attorno al corpo più piccolo di Saigo in un abbraccio. Il capo sarebbe all’altezza del suo dato che si sta abbassando, con la propria fronte a contatto con il collo, dal lato mancino, della Manami. < Grazie … > riesce solo a bisbigliare questo, quasi singhiozzando per l’overdose di emozioni che sta avendo. Non è niente di che se ci si pensa, eppure quella che per altri può essere interpretata come una cagata, ad oggi, è uno dei gesti migliori che potesse ricevere. Ignora i pensieri più scuri della bionda che dovrebbe avere tra le sue braccia: il byakugan permette di vedere attraverso oggetti, non nella mente delle persone.

14:18 Saigo:
 La birra nella sua mano è gelida rispetto al calore che tanto ama eppure non la infastidisce più di tanto il pizzicore che sente sui polpastrelli, è un calmante più o meno naturale, qualcosa in grado di diradare il fiume di pensieri, timori e incubi che rischia sempre di sovrastarla, quell’onda composta da oscure ansie che vorrebbe affogarla, lasciala a riva agonizzante e ormai senza più forze, per quanto non sia un metodo raccomandato però l’alcool l’aiuta e sì siamo tutti consapevoli che questo è l’incipit di una bruttissima dipendenza ma chissene, non sta forse instaurando una dipendenza affettiva pure con Nobu? Di tratti tossici ne ha abbastanza da non doversi preoccupare troppo dell’alcolismo <già> replica alle parole altrui, per quanto lei in quella merda ci sguazzi più che felice, consapevole di conoscere il peggio così da essere preparata, fintanto che quello schifo sarà un’arma nelle sue mani allora rappresenterà sempre qualcosa di estremamente positivo ai suoi occhi. Si cala, sì è il termine giusto, un bel sorsone dal collo di quella bottiglia prima di rispondere all’altrui dichiarazione d’intenti, cercando di calmarsi e recuperare un minimo di lucidità prima di rispondere, non è semplicemente poca fiducia nella abilità altrui, lei è profondamente convinta che nessuno possa sopravvivere alle bestie, nessuno è abbastanza forte da poter tentare la fortuna da solo, potrebbe semplicemente offrirsi d’aiutarlo ma il solo pensiero la spinge a volersi scolare tutta la birra di kagegakure e poi evacuare pesantemente in bagno, insomma non è così facile <forse dovremmo iniziare da Kiri> la butta lì, cerca di distrarlo, allontanarlo dall’obiettivo principale <sono convinta d’aver incontrato una bestia nel quartiere povero> una bestia che potrebbe essersi immaginata se solo Shizuka non avesse avuto un’esperienza simile alla sua lo stesso identico giorno, insomma se non fosse per il frontalino, il simbolo e quegli occhi rossi, o forse gialli, che la tormentano ancora di notte, se non fosse per il ricordo dell’odore del sangue e il fiato di quell’essere potrebbe dubitare delle sue stesse parole. Meglio dirglielo, ricordarglielo e orientare le loro ricerche dentro alle mura, sempre in pericolo certo ma più vicini alla salvezza, più lontani dal ricordo di undici anni fa. Quell’abbraccio poi la stupisce, strabuzza gli occhi e ci mette qualche istante prima di ricambiarlo, cingere le sue mani su quel corpo e sorridere, apprezzando il momento e senza replicare alle sue parole, sarebbe tutto superfluo, lo capisce e per una volta lascia che siano i corpi a parlare. Incredibile quanto in quell’anno i suoi ormoni abbiano semplicemente smesso di reagire al corpo di Nobu e ora possa godersi un abbraccio senza finire in vergognosi pensieri impuri come invece avrebbe fatto un tempo

14:35 Nobu:
 Slega poco dopo i due corpi dall’abbraccio, spostandosi su quel divano che, a conti fatti, è il suo letto da ormai un anno. Si siede sopra, calciando via le pantofole in maniera da poter appoggiare pure i piedi sopra con la schiena contro il muro. Le gambe sono comunque aperte, con i piedi puntati contro le lenzuola, in maniera da avere le ginocchia sollevate, usando proprio quello destro come ripiano d’appoggio per l’avambraccio, con la mano che sta reggendo quella birra fredda. Saigo gli ricorda di Kiri, di quella bestia che è stat avvistata e segnalata ai tempi. < Non è già stata condotta un indagine a riguardo? Possiamo iniziare da là ma se è una pista morta o fredda, non penso di poterci cavare qualche ragno da quel buco. > le spiega, convintissimo che in realtà fosse stata già aperto e chiuso il cavo essendo un argomento di massima priorità, con una chimera che si è fatta breccia nelle mura da qualche parte. Da quando sta accarezzando l’idea di indagare fuori nel circondario, un paio di idee gli frullano nella testa. Il problema principale però è uno: non ha le conoscenze necessarie per attuarle, sia a livello di giocata in solitario dove sarà lui a fare tutto, sia a livello di persone: non conosce persone in grado di fare quello che gli sta passando in mente e, parlare con la Shinsengumi non è sempre un ottima idea sui progetti all’esterno. < Sai se abbiamo un perimetro al di fuori delle mura videosorvegliato? Non so con videocamere, sensori di movimento, una squadra adibita alla pattuglia? O in generale sai se gli attacchi alle mura da parte delle chimere, respinti con successo, sono documentati da qualche parte? > le domanda dato che quella più informata tra i due è sicuramente lei. Parla ad alta voce per farsi sentire ma sono più congetture che sta vomitando sul come muoversi nella sicurezza più totale, senza dover rischiare di incontrare faccia a faccia una chimera. Eppure si erano già allontanati da quelle mura, una volta, e non avevano trovato nessuna chimera. Non sminuisce la pericolosità delle chimere, ha ancora vividi i ricordi dell’esodo, tuttavia vorrebbe valutarne l’urgenza. < Piuttosto Saigo, se non è troppo, posso chiederti di raccontarmi di te, di Manami, di Saigo prima che ci conoscessimo? > le chiede un attimo titubante, conscio della domanda che le ha appena posto ma allo stesso tempo, ha capito che quei due ragazzi che sono ormai parte di una famiglia, hanno vissuto insieme non sapendo neanche chi fosse l’altro in realtà, che cosa avesse passato. Inoltre gli serve capire come mai ogni notte trema nei sogni e si calma solo al suo tocco o quando la rassicura messaggiandola. Vuole capire anche che cosa sia quel punto nero simile a un neo con una traccia di chakra attiva diversa dalla sua, se sia quella la causa dato la vicinanza al cervello o cosa. Non gliene parla ancora, prima dovrà consultarsi con qualche esperto in materia per trarne conclusioni, non vuole allarmarla più del dovuto infondo!

14:48 Saigo:
 Quel momento spontaneo come è arrivato così passa ed eccola scuotere il capo lievemente alla sola idea che lui possa come prima cosa decidere di uscire, lì non sa se riuscirebbe a seguirlo <io non ho mai parlato a nessuno della bestia e sono l’unica ad averla vista che io sappia> il punto è proprio quello, i sospetti, tutto alla fine può essere semplicemente archiviato come attività di qualche psicopatico senza la sua poco credibile testimonianza, non sa di altri che hanno visto la stessa creatura e lei fifona com’è ha visto bene di starsene zitta e non spargere la voce in giro, non perché tema di scatenare il panico o boiate simili ma perché teme di essere considerata pazza ed una simile onta associata al suo nome finirebbe per precluderle il futuro che ha deciso di avere. La domanda successiva la porta a seguirlo anche se come suo solito sceglie la poltrona, le ginocchia vanno ad appollaiarsi ad un bracciolo e la schiena invece si poggia al gemello, il fianco sinistro è sullo schienale, una posizione apparentemente scomposta che non potrebbe essere di alcuna comodità eppure a lei piace davvero tanto <non saprei, avevo un contatto tra gli anbu posso darti il nome, dopo che ho denunciato l’ennesimo cretino temo che con me non parlerebbe molto di quello che sa> ammette semplicemente <per il resto invece posso indagare, tra le scartoffie ci sarà qualcosa sulla sorveglianza esterna, lascia fare a me> replica semplicemente, non può accompagnarlo fuori ma può aiutarlo fintanto che starà dentro, trovare delle prove, assicurarsi che lo faccia nel modo più sicuro possibile e poi starsene sulle mura ad aspettare che rientri o ancora può rallentarlo, tenerlo lì finché non potrà uscire, qualcosa farà ma prendere tempo ora è la parola chiave. Nemmeno il tempo di farsi un sorso rilassata che eccola la domanda scomoda del ragazzo, quella richiesta a cui non si sente di dire di no ma nemmeno potrebbe mai rispondere semplicemente sì. Lo osserva riflessiva, vuole condividere ma non riesce a parlarne <posso mostrartelo?> ed è solo a questo punto che andrebbe a cercare di richiamare a sé le sue energie fisiche, andando semplicemente a farle confluire e concentrarle nel basso ventre, se fosse riuscita proverebbe a concentrarsi cercando ora quelle mentali, che questa volta verrebbero radunate dietro alla sua fronte. Se questo passaggio fosse riuscita allora cercando di controllare la velocitò di rotazione dei due vortici proverebbe a farle confluire avvicinandole circa a metà strada, ovvero all’altezza della bocca dello stomaco, qui vorrebbe semplicemente unirle andando così a risvegliare il chakra che a questo punto dovrebbe semplicemente scorrere nel suo corpo donandole nuovo vigore e la forza di mostrare il suo passato [richiamo chk]

15:16 Nobu:
 Ci rimane un attimo di stucco quando gli afferma di non averlo condiviso con qualcuno. Pensava che in realtà Saigo avesse usufruito di tutti i mezzi disponibili a sua disposizione, ed effettivamente vedere una chimera all’interno delle mura è un qualcosa di positivo per fare carriera, ammesso che sia vero. < Immagino che quindi non hai neanche seguito la pista. Spero solo che non sia un vicolo cieco. > risponde onestamente a quel consiglio per le chimere e indagare all’interno comunque non gli preclude di seguire più piste e di allargare il suo raggio d’azione. Capisce la paura che la popolazione e lui stresso hanno di quelle belve, tuttavia l’idea di essere attaccati da uno squadrone di chimere senza che loro lo sappiano, lo spaventa ancora di più del sapere dove sono: almeno così avrebbero il tempo di prepararsi per evitare una caduta dei villaggi come accaduto undici anni fa. La osserva che si muove, come si mette scomoda eppure non è neanche sorpreso dal vederla così, basti pensare come dorme o il fatto che spesso si sbrodola dormendo con la bocca aperta. < Va bene, mandami poi il contatto tramite telefono che ci penso io. Per le scartoffie mi faresti un piacere, odio gli archivi! > alza pure le spallucce, non gli piace immergersi in quegli scaffali umidi, a malapena tollera la biblioteca, anche se la maggior parte delle ricerche le svolge esattamente dal telefono. Si rende conto di quello che le ha chiesto, di parlare di ferite ancora aperte, tuttavia la risposta che riceve lo spiazza. Conosce il corpo di Saigo, al di fuori delle parti intime ovviamente, ormai abbastanza bene avendo vissuto insieme per un anno. Non si è mai accorto di cicatrici o segni sul corpo così evidenti da poter ricollegare alle chimere. Ripensando al corpo di Saigo tra l’altro anche lui è abbastanza fermo a livello emotivo, come lo è sempre stato infondo. Era uscito da una ‘relazione’, se così si può chiamare, tradito come l’altra ragazza e abbandonato. Fosse stato in un mindset diverso forse si sarebbe attaccato a lei anche in maniera carnale anche se è meglio così, considerando Nobu e la tua tossicità nelle relazioni, questa è la migliore che potesse ottenere! Annuisce in risposta alla compagna, non capendo cosa voglia dire, neanche quando questa inizia a impastare il chakra che, per chi è al loro livello, non sono necessari neanche sigilli. Non ha il byakugan attivo e non può di certo pensare che le intenzioni dell’altra siano di natura illusoria probabilmente, facendogli rivivere quello che ha vissuto lei stessa. Non chiede comunque quali siano le sue intenzioni, anche perché potrebbe benissimo alzarsi in questo momento Saigo, prendere un album con le foto, e fargliele vedere, è all’oblio di tutte le intenzioni che questa possa avere, nonostante ciò ripone la sua fiducia in lei, come ha fatto ormai da tempo, appoggiandosi a lei così come lei si appoggia a lui.

15:31 Saigo:
 Annuisce ad entrambe le affermazioni del ragazzo, ha fatto raffreddare la pista e sì gli manderà il contatto, non aggiunge molto altro, non vuole spiegargli le reali motivazioni, anche lui poi potrebbe pensare che è pazza. Non le resta quindi che procedere, mostrare ciò che sa e sperare che non scappi dandole della psicopatica. Il metodo è sempre il solito, inviare un’ondata di chakra verso chi vuole colpire ed il gioco è fatto. Questa è la parte più facile è la ricostruzione il problema. Così ecco che il mondo davanti agli occhi di Nobu dovrebbe cambiare, all’improvviso si ritrova per le strade di Kagegakure è sera e le luci sono accese, i locali aperte e l’aria è abbastanza calda, intorno ci sono le bancarelle, gente che festeggia, il rumore, la sfilata lui c’era quindi potrà capire che è tornata ai tempi della festa per i dieci anni. Inizia prima dalla cosa più facile. Così Nobu si vedrà nel suo corpo, camminare ed avvicinarsi ad una strana bancarella capace di rivelare i propri sogni e cose simile, accetta, parla velocemente con il venditore e poi eccolo apparire, la chiara e netta figura del Dio, viva come non mai davanti ai suoi occhi, le parole sono confuse, perché ormai lo sono i suoi ricordi, ma quel dio la provoca, ride di lei. Sente le mani muoversi, formulando dei sigilli e poi la destra puntare verso il suo collo salvo poi all’ultimo abbassarsi verso la spalla destra, sentirà anche il taglio che quel giorno si è autoinflitta cercando di morire piuttosto che vivere ancora quell’incubo. Le uniche parole che Nobu sentirà nitide arrivano sempre dal Dio che davanti a quel gesto ride di lei “Con te non ho ancora finito”. Cambio drastico. Ora all’improvviso viene proiettato in quello che è il deserto intorno a Suna, potrà riconoscerlo perché è ancora nitido nei suoi ricordi, non c’è dettaglio lasciato al caso, le mura che si ergono alla sua destra, segno quindi che è fuori dal villaggio ma lì vicino. Intorno le risate dei bambini, sono circa una decina intorno a lei e stanno parlando, ridendo e scherzando, il senesi li riprende ed è tutto così normale. Tra le figure intorno che vengono mostrare potrà riconoscere una piccola Aozora umana. Ci sono delle battutine su quanto sia bello un genin che fa loro da scorta, quello stesso genin si rivolge a loro, guarda Nobu, che tutto osserva dal suo punto di vista, lui è Fuji undici anni fa. Cammina senza alcun problema e ha il copri fronte tra i lunghi capelli, non sorride molto ma suscita un’ondata di ammirazione e sorrisini amorevoli nei suoi confronti, lui era la sua cotta. All’improvviso si sente un urlo, qualcuno è spaventato, terrorizzato a morte, il tempo di voltarsi e ci sarà un’enorme zampa al posto del ragazzino di cui lei era innamorata. Da lì le immagini si fanno più confuse, ci sono grida, rantoli, ringhi e le mura che cadono, l’unica cosa sicura è il sangue che ha coperto il caldo dorato della sabbia e Fuji riverso a terra. Corre ora Nobu, sente il cuore nel petto pompare con forza, le gambe bruciare e la gola secca, sente le lacrime disperata di un urlo che non sovrasta il resto del rumore mentre corre da quel genin che teme morto. Solo dopo essere arrivato lì capirà che è+ vivo, il tempo di voltarsi nuovamente ed eccole le bestie avvicinarsi, i corpi squartati dei suoi compagni e amici, il sangue del sensei e di tutti i ninja accorsi per proteggerli, questa è l’ultima cosa che vedrà prima di un mondo fatto interamente di terra, come se fosse in cima ad una montagna, le nuvole così vicine da minacciarli ma almeno adesso c’è silenzio. Il mondo davanti agli occhi di Nobu è del tutto identico a quello che ha visto in missione, ad eccezione solo per le componenti di suiton, un tempo non sapeva integrarle. Lì in quel mondo c’è solo Fuji e il corpo attraverso cui lo Hyuga sta vendendo tutto, un corpo assurdamente illeso ma sporco di sangue, terra lacrime e forse vomito. Qui si interrompe la visione, qui lei rilascia la sua tecnica prima di alzarsi <forse un altro giorno ti mostrerò il resto> la sua voce è rotta e sta piangendo, trema in realtà. Per quanto le sia più facile mostrarlo che raccontarlo rivivere quei ricordi la distrugge sempre, ha bisogno di ricomporsi ed è per questo che si alza e va semplicemente in camera, sotto le coperte, nascosta dal mondo e dai suoi demoni [illusione di 3 sensi:vista udito e tatto][end?]

16:02 Nobu:
 LA peggiore delle ipotesi avviene ed eccolo qui, Nobu colpito in pieno da quel Genjutsu che forse avrebbe dovuto aspettarsi ma che lo coglie abbastanza alla sprovvista. Grazie al cielo Saigo inizia leggermente, niente di grave, solo quella scena a Kiri, il metodo più veloce e preciso per condividere la scena di quello che è accaduto con lui. Ne segue i movimenti, impersonificandola in quella illusione sensoriale. Sente i canti di quella festa dei dieci anni, i profumi, il terreno sotto i propri piedi. Infine quello stand del futuro. Come è possibile che abbia visto il dio?! Non è forse morto? E che vuol dire “Con te non ho ancora finito”? Che rapporto stretto ha Saigo con il dio? Valanghe di domande che si riversano all’interno della psiche del Ryuuzaki fino a quando non è quel dolore alla spalla che lo trafigge, ridestandolo alla realtà che non è lui Saigo, sta rivivendo quei ricordi anche se quella pugnalata sembra come se l’avesse ricevuta lui stesso. Tuttavia non vede nessuna chimera alla festa dei dieci anni a Kiri, solo l’immagine del dio causata da quel venditore. Cerca quindi di ricordarsi le fattezze, per quanto queste possano essere chiare nei ricordi di Saigo, probabilmente sconvolti dalla visione ricevuta e da quel taglio. Questa era la parte facile infatti, quella difficile invece è un'altra. Si ritrova in un ambiente a lui familiare, nostalgico, triste … Suna. Solo rivedere quelle mura e quello scenario veramente brutto ma per loro così intimo, gli causa un malessere, una stretta al cuore. Riconosce Fuji ma quello che lo sorprende di più è un'altra visione… < A-Aozora?!> la consapevolezza di sapere che quella marionetta un tempo era una persona lo scombussola totalmente. Ha sempre pensato che Fuji fosse malato, a prescindere da quel handicap che si porta dovuto alle gambe. Non è mai stato una persona a lui particolarmente piacevole e anzi, il rapporto che si era instaurato era uno parassitario, dove i due si nutrivano della sofferenza dell’altro. Rivive poi uno spettacolo a lui fin troppo familiare, quell’esercito di bestie, gente mutilata, Fuji stesso distrutto, fatto a pezzi e Saigo che corre verso quel ragazzino per la quale aveva una cotta. Cronologicamente parlando loro hanno ricevuto quell’attacco dai trenta minuti ai sessanta prima che quell’esercito di bestie arrivasse all’accademia dove stava studiando Nobu stesso, la promessa di quella classe. Emozioni terrificanti di Saigo che si uniscono ai ricordi di Nobu, ampliando quello spettro emotivo, causandogli quell’espressione distorta tra paura e dolore in volto, con lacrime che scendono a bagnarne le gote. Per fortuna Saigo non ha incluso l’olfatto perché quello scenario e la puzza di vomito lo avrebbero spinto oltre il limite a lui stesso. Si sente anche lui di correre, come se quell’illusione unita ai suoi ricordi e al rapporto della persona che anche lui conosce, lo stessero muovendo a salvare Fuji a sua volta, ironico, proprio lui che è rimasto pietrificato mentre le bestie distruggevano l’accademia, salvatosi solo perché qualche maceria lo aveva nascosto, con i suoi genitori, neanche dei ninja, che l’hanno tratto in salvo, con la forza della disperazione. Quel mondo viene stravolto un ultima volta, non è un altro scenario mostrato dal genjutsu bensì uno che lui stesso ha vissuto in missione con lei, quel potere strano che le permette di cambiare la realtà stessa in una solida, non solo illusoria o di apparenza. Certo, manca l’acqua ma lo scenario è quello. Lì finisce la prima parte di quel viaggio all’interno dei ricordi di Manami che scoglie la tecnica su Nobu, per poi allontanarsi. < Quando sarai pronta. > trova la forza di dire questo mentre il volto del Ryuuzaki è uno schifo tra lacrime e naso bagnato. Le mani tremano, così come la pelle visibile sulle braccia è chiaramente sconvolta, con i bulbi piliferi eretti dalla paura. Ha bisogno anche lui di tempo, un paio di minuti per ricomporsi e ricordarsi che tutto ciò non è la sua realtà, che è già accaduto e che ora, LEI ha bisogno di lui. Si alza in piedi, muovendosi prima verso la cucina per spegnere il curry e spostarlo dal fornello caldo, poi si soffia il naso e si pulisce il volto. Resosi presentabile infine, raccoglie Poldo con se e si muove verso la camera di Saigo. Le appoggia quel gatto grasso davanti in maniera che potesse abbracciarlo, mentre lui si sdraia accanto a lei, stringendola da dietro per poi dirle solo < Ci sono qua io > a proteggerti, a condividere il dolore, a essere la tua roccia e la tua spalla, a capirti. [End]

Io non ci riesco.
Banalizzandola: i due si ritrovano a casa e parlano di cose molto importanti.

In realtà si aprono, si mostrano, delle valigie vengono lanciate per strada, confrontano i loro traumi, il loro passato e il loro futuro, io sto piangendo sul serio.