Gli Uchiha
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Giocata dal 20/09/2022 21:37 al 21/09/2022 01:29 nella chat "Ospedale [Kusa]"
[Esterno | Panchina] Fuori dall'ospedale dovrà pur esserci una panchina, da qualche parte e se anche non ci fosse, è pronto a sedersi per terra, dovunque capiti, pur di vegliare su quell'uomo ricoverato in qualche reparto, dentro quell'enorme edificio di cinque piani e miriadi di luci giallognole che scivolano fuori dalle finestre. Un tripudio di luci, che illuminano l'esterno della struttura , animata da un via vai di persone d'indefinita origine e provenienza che si accalcano verso il pronto soccorso o l'ingresso visitatori. E' proprio dall'entrata d'emergenza che è stato accettato il nonno e poi, dopo quello, nessuna notizia ulteriore, niente di niente. Lì fuori, sì, su una panchina di fronte all'entrata dell'edificio, siede un piccolo Genin, vestito di abiti comuni: una maglia a maniche corte scura, dal collo alto e circolare, un paio di pantaloncini bianchi, che sfiorano le ginocchia divaricate e dei calzari ninja ai piedi, che lasciano libere soltanto le dita ed il calcagno. Braccia e gambe sono fasciate da bende logore e sgualcite: mera protezione dalle offese del legno contro cui è solito allenarsi individualmente, al limitare del Bosco. < ... > In silenzio rimane, con le dita giunte tra loro , i gomiti poggiati sulle ginocchia e uno stecco di gelato che penzola dalle mani, intero, gocciolante, segno evidente che è fermo lì da un po'; forse comprato e mai realmente mangiato. Il tempo passa scandito proprio da quel gocciolare, mentre gli occhi neri del giovane Uchiha rimangono fissi a terra. Se il MOndo fosse caduto, avrebbe fatto meno rumore di quanto lo abbiano fatto gli eventi della sera precedente. Un turbinio di ricordi e immagini e suoni si rincorrono nella sua mente, rendendo vitreo quello sguardo perso, quasi distante. Ha con sè tutto ciò che ha portato da casa durante il forsennato tragitto a piedi: una sacca portaoggetti legata alla cintola, con dentro due kunai ed un tonico curativo. [Equip: come descritto ] [Ospedale - Sala ristoro -> Esterno] Turno di notte speso in un reparto completamente diverso dal solito che pare eccessivamente tranquillo per essere una nursery, forse anche perchè è affiancata da una dottoressa decisamente più esperta. La nascita di Kurona le ha consentito di affacciarsi a un nuovo ambito della propria professione, nel quale effettivamente più che curare ferite si stimola la crescita dei piccoli pazienti venuti alla luce troppo presto. Inutile dire che le sue attenzioni per la piccola figlia di Rasetsu siano maniacali, il sangue è nero e quindi non si può fare altro se non proteggere la famiglia. Però al momento i suoi passi la stanno conducendo verso una delle varie salette d'attesa, questo perchè vuole farsi un thè e riscaldarsi un minimo. I capelli rossi lunghi fin sotto le spalle ormai sono acconciati in due trecce, una per lato, chiuse da quei fiocchetti che ricordano vagamente le ali di una farfalla. In questo modo, i veri orecchini posti due per ogni lobo e un anellino dorato in cima a quello sinistro, sono visibilissimi. Indossa una camicetta bianca, con i primi bottoni lasciati aperti, per forza di cose dato che quel seno ingombrante richiede parecchio spazio, le gambe sono fasciate da dei pantaloni neri aderenti, ai piedi delle semplici ballerina con un fiocchettino piccolo frontale. Sopra al tutto c'è un camice bianco che le arriva sotto le ginocchia, nel cui taschino superiore stanno qualche penna, dei pennarelli e un paio di forbici, inoltre li appeso si può notare un cartellino di riconoscimento recante il nome e la professione: "Shizuka Kokketsu - Praticante Medico". Ha la testa tra le nuvole, il pensiero principalmente verso la nuova giunta in famiglia e la piccola operazione che dovrà subire a causa di quella malformazione alla nascita, ma non è preoccupante, quello è fattibilissimo senza pericoli per lei. Raggiunge la saletta, recupera un bel thè caldo e decide di prendere un poco di aria fresca, uscendo da una delle porte di servizio dell'ospedale, poco distante dal punto in cui il Genin lascia sciogliere il gelato che ha comprato. E' troppo persa nei suoi pensieri per avvedersi della figura altrui, però non appena fuori farebbe un bel respiro profondo e si stiracchierebbe un poco, emettendo qualche leggero suono di soddisfazione. In fondo la notte è ancora lunga. [Chakra ON] [Esterno | Panchina] Dopo un'intera giornata spesa ad attendere là fuori qualche notizia, oramai ha a malapena la forza di alzare lo sguardo. E', però, un segno dei kami, quello che vorrebbe che lui sollevasse gli occhi da terra proprio nel momento in cui Shizuka emerge dalle fauci di cemento dell'ospedale, vestita di un camice bianco. Sì, un camice, esatto: può voler dire informazioni, può voler dire domande e magari risposte, persino. Ecco che il giovane Uchiha, quindi, forte di una rinnovata speranza, stringe le labbra, scioglie le mani tra loro - il ghiacciolo finisce per essere stretto dalla destra, ma pur sempre ignorato come prima - e spinge con i piedi per terra. Un colpo di reni e si drizza in piedi, in tutta la giovinezza dei suoi quattordici anni, in tutta la longilinea e slanciata forma del suo metro e sessanta. La maglia scura si allunga sul corpo, mentre i pantaloncini solleticano le ginocchia ad ogni falcata. E' diretto, a passi precisi, ma trascinati, verso il medico, proprio quel medico che forse vorrebbe tutto tranne che altre storie da ascoltare, altre lamentele da udire e informazioni da dispensare. Lui, però, tenace e testardo, sembra mettere da parte la discrezione - ma non l'educazione - per un attimo o forse più, giungendo nei pressi della kunoichi e, qualora vi riuscisse indenne, senza ostacoli di sorta, andrebbe a richiamare la sua attenzione. < Mi scusi, dottoressa. > Esordirebbe, in tono vagamente rauco - segno di un silenzio protratto e prolungato per diverso tempo. < Posso avere delle informazioni ? > Domanda, incalzante. [Ospedale - Esterno] In quel momento concessole di tranquillità evidentemente il destino ha voluto che dovesse condividerla con qualcun altro che apparentemente l'ha persa da un poco. Era troppo pensierosa per avvedersi del ragazzo, che strano ma vero non è enormemente più alto di lei, cosa che nota immediatamente. Quando la voce altrui la raggiunge si volta in maniera automatica, leiridi blu alla ricerca di quel suono e quel viso. Sembra giovane, un poco come lei, forse più vicino all'età di Shiroichi. Non le da modo di rispondere a quel saluto vago, a quelle scuse abbozzate. Incalza subito con un'altra domanda che evidentemente gli preme rivolgerle. Un sorriso infinitamente cortese le si stampa sul viso, per quanto si possa essere stanchi chiunque chieda qualcosa in ambito lavorativo deve essere trattata nel massimo rispetto. << Buonasera a lei. Non sono sicura di poterle dare le informazioni che cerca ma può provare a chiedere. >> Lo sguardo blu si fionda sul corpo di colui che ha innanzi, cerca di comprendere se sia ferito, se abbia lui stesso bisogno di aiuto, intravede il bastoncino tenuto in mano ma non commenta oltre. << Mi chiamo Shizuka Kokketsu comunque. >> Si presenta, sempre con quel tono forse quasi eccessivamente accomodante, che sfrutta sovente quando deve interagire con i pazienti, questo perchè denota interessamento e dolcezza. Attenderebbe pacatamente che lui proseguo con la sua richiesta, non lo conosce e non sa cosa possa volere da lei e se soprattutto lei possa aiutarlo. [Chakra ON] [Esterno | Panchina] Ora che le distanze si sono accorciate, che la luce al neon degli interni si getta oltre le porte d'ingresso e investe il viso del giovane Uchiha ; solo ora il medico potrà notare come un paio di occhiaie violacee si annidino sotto le orbite dell'interlocutore, il viso pallido e lo sguardo vitreo. I capelli, neanche a dirlo, sono spettinati e ribelli, mai veramente domi, dritti sul capo come un nido di serpi irretite. Eppure i segni della notte passata insonne sono evidenti. Le vesti, per quanto umili, sono macchiate qua e là da chiazze scure - probabilmente sangue rappreso - che tinteggiano il candore dei pantaloncini o quello delle fasciature su arti superiori e inferiori. A chi appartenga quel sangue, tuttavia, non è dato saperlo, ma non sembra il suo, almeno questo - un occhio clinico, attento - potrà constatarlo. La postura , poi, è leggermente flessa, rannicchiata sul torace, quasi portasse un peso grave sulle spalle, quest'ultime anteposte rispetto al cingolo scapolare, come ali di un nero rapace che si chiudono su se stesse. Non è costretto ad alzare il mento per cercare lo sguardo ed il volto della dottoressa, data la loro reciproca altezza, anzi, pare quasi superarla, nonostante l'età. < Sto cercando mio nonno > Rivela, tutto d'un fiato, piantando gli occhi di pece nell'azzurro dell'altra. < E' stato accettato dal pronto soccorso ieri notte. > Aggiunge dettagli, sperando in un esito positivo. La voce vagamente smorta, il tono accorato. < E' il signor Shan..> Esplicita, sperando che possa ridurre il campo ad un solo individuo. <...o forse..> Deglutisce, sonoramente e l'altra potrà notare come si interrompa un attimo, gettando la vergogna degli occhi a terra, da un lato. < ..o forse il signor ..> una pausa, quasi faticasse persino a parlare. <..Uchiha> [Ospedale - Esterno -> Ambulatorio (?)] Quel ragazzino si rivela essere abbastanza turbato, o quanto meno pare dagli atteggiamenti, dai modi e dal tono di voce. Inoltre pare essere assonnato, forse proprio non aver dormito date le profonde occhiaie. Tuttavia non sembra male intenzionato ne ferito, quando meno fisicamente. Quando la rossa si dimostra comprensiva e attenta nei suoi confronti coglie l'occasione per rivelare quello che sta cercando. O meglio dire chi. A quanto pare il nonno è stato ricoverato la notte precedente in pronto soccorso, se non avesse chiesto il trasferimento probabilmente sarebbe diventato un suo paziente, ma ormai si è fatta spostare fra i bambinetti per il bene della nipotina acquisita. << Mi dispiace ma non ero in turno la scorsa notte. >> Però lui continua a spiegarsi, pronuncia il cognome per poi cambiare versione, utilizzando quello di un clan decisamente famoso all'interno del villaggio e del mondo ninja. Ma questo cambia ben poco per lei, è più l'atteggiamento a spingerla a voler aiutare l'altro in qualche modo. << Se vuole posso provare a fare una ricerca rapida su un computer. Se vuole seguirmi un attimo all'interno possiamo cercare qualche informazione in più. >> In fondo lei ha la possibilità di accedere al database interno, recuperare informazioni su un paziente non dovrebbe essere un problema. << Però mi serviranno la data di nascita del Signor Shan Uchiha e la sua attuale residenza. Lei è il nipote giusto? Ci sono altri parenti? >> La domanda è indelicata, ma per ragioni professionali è tenuta a farla, putroppo non potrebbe rivelare troppe informazioni riguardanti un paziente a un parente troppo lontano. In caso di risposta affermativa da parte del ragazzino andrebbe a muovere i propri passi per rientrare dalla porta dalla quale era uscita, assicurandosi che lui la segua senza cambiare strada per qualche ragione, portandolo poi in un piccolo ambulatorio. Se fossero entrati egli avrebbe potuto osservare un lettino per le visite e una scrivania con un computer e qualche sedia. [Chakra ON] [Esterno | Panchina] < Mi chiamo Katai. > Rivela, più di fretta che realmente interessato alla presentazione. Nessun cognome. Nessun suffisso. Niente di niente da aggiungere a quella figura dalle spalle larghe, ma esili, così come le braccia lunghe e sottili, forgiate dall'allenamento quotidiano, ma non così nerborute da prendere nota. I capelli corvini oscillano contro le carezze del vento, mentre quest'ultimo soffia sul piazzale antistante l'ingresso dell'ospedale. < ... > Un silenzio tombale cala sulla sua figura, dinanzi alla prima risposta del medico. Ammutolisce, andando a stringere le labbra in una linea sottile e rosea, che solca il viso poco al di sopra del mento aguzzo - crocevia di quei lineamenti obliqui e scoscesi. Non batte ciglio, almeno in principio, almeno fin quando la Kokketsu non si offre di aiutarlo, nonostante la sua estraneità al caso. < Oh. > Biascica, in un'onomatopea che si spiattella contro la mancanza di parole - almeno da parte sua. < Grazie dottoressa Kokketsu > Replica, forte di una rinnovata speranza, alzando nuovamente lo sguardo su di lei, gettandole addosso quel paio di oceani d'inchiostro che ristagnano entro le orbite e si appiccicano, insistenti, su ogni dettaglio. < Mio nonno ha settantasette anni. > Esordisce, in tono più cordiale e pacato. < Sì , sono l'unico nipote che ha. > spiega, soffermandosi poi un istante. < Non so dove risieda tutt'ora..> silenzio. Pausa, voluta e cercata. < ..ha lasciato Kagegakure tempo fa, forse per far ritorno ad Oto. > Ipotizza, vista la testardaggine dell'uomo e l'attaccamento alle sue risaie. Così, qualora la kunoichi fosse soddisfatta delle risposte, lui l'avrebbe seguita sino all'ambulatorio interno, lasciandosi guidare. [Ospedale - Ambulatorio (?)] Ottiene un nome dal ragazzino e uno sguardo stupito, quel nero così profondo che si scontra con il suo mare blu inevitabilmente le procura un poco di nostalgia, soprattutto dopo aver sentito pronunciare i due cognomi. Riceve risposte alle domande pronunciate anche se non esattamente quelle che si aspettava. Deve fare i conti per recuperare l'anno di nascita del vecchietto, inoltre non ha un giorno o un mese di riferimento. Lui pare essere l'unico nipote ma non fa menzione a dei genitori e questo dettaglio le manca, dovrà necessariamente chiedere all'altro nuovamente. Però per il momento ascolta e conduce i passi all'interno della struttura, seguita a ruota dall'altro che come immaginato è solo molto in apprensione per il proprio parente e non vuole certo rubare qualche farmaco. Arriverebbero all'ambulatorio in breve, lei andrebbe ad accendere il computer prendendo posto da un lato della scrivania. << Può sedersi signor Shan Uchiha. >> Si rivolge a lui con il solo cognome, non consapevole che la cosa possa urtarlo in maniera particolare. << Vuole del thè? >> Già perchè lei quella bevanda ancora non l'ha toccata e se l'è portata appresso fino ad ora, è ancora tiepida fortunatamente. A risposta positiva allungherebbe la mano verso di lui porgendogli quel bicchierino, lei avrebbe potuto prenderne altro più tardi. << Le chiedo scusa ma dovrei sapere proprio il giorno e il mese di nascita di suo nonno, inoltre l'ultima residenza nota a Kagegakure dovrebbe bastare. >> Insomma se il vecchietto arzillo ha deciso di tornarsene nella sua vecchia casa spera vivamente che sia tornato con le proprie gambe al villaggio, e non con qualche ferita provocata dalle chimere. << Lei è l'unico parente del Signor Shan Uchiha? >> Non vuole usare termini come vita o morte, ma deve sapere se sia l'unico a cui poter fare riferimento. Non può rivelare informazioni specifiche a chiunque. Nel frattempo andrebbe ad accedere al computer e al programma per visionare i pazienti, cercando negli accessi della sera precedente per cognome. << Suo nonno ha anche un nome proprio? >> Che domanda stupida, soprattutto posta in quel modo, però già avere due cognomi non aiuta, figurarsi senza il nome. [Chakra ON] [Esterno | Panchina] Le luci dell'interno sono accecanti, almeno per chi ha atteso nella penombra per molto tempo. Le sopracciglia scivolano verso le orbite e schiacciano lo sguardo su gli zigomi sporgenti, ma addolciti dall'età. I passi rintoccano precisi, seguitando quelli del medico, mentre lo sguardo spazia in lungo ed in largo, quasi stesse cercando lui stesso il nonno ricoverato. <...> Mantiene un religioso silenzio al capezzale della kunoichi, se non fosse per il tintinnio metallico dei kunai nella sacca portaoggetti, che cozzano fra loro e producono quel suono caratteristico, che scandisce tanto il tempo quanto il movimento. L'interno dell'ambulatorio è spartano e luminoso, almeno quanto il corridoio e la sala d'aspetto, ma l'odore del disinfettate punge le narici e ne allerta i sensi. Non gli è capitato di finire in ospedale molto spesso, ma si muove con disinvoltura, se non fosse per quelle budella annodate che si trascina dietro come un peso sulla schiena. < Grazie > Ripete, come fatto dapprima, dinanzi all'invito di sedersi. E , solo ora, si accorge che si è tirato appresso lo stecco del ghiacciolo - oramai quasi sciolto - insozzando il percorso compiuto sin lì e , adesso, anche il pavimento della stanza. < Oh. > Borbotta, non sapendo dove andare a poggiare il ghiacciolo, distratto poi dalle parole della donna. Un groppo alla gola si forma, andando ad annodarsi , soffocando il respiro, che si fa più veloce, più bisognoso d'ossigeno < ..Shan solamente andrà bene. > Corregge l'altra, non volendo pronunciare ulteriormente il cognome reale con il quale, solo la sera prima, ha dovuto fare i conti, in tutto e per tutto. < Sì, volentieri. > Accetta il thè, allungandosi per agguantarlo con l'unica mano libera - la sinistra - stringendolo saldamente , prima di portarlo vicino alla bocca. < Mio nonno è nato il sette Maggio. > si sofferma un istante, dandole il tempo di digitare al computer < ed era residente nel Quartiere residenziale di Oto > Aggiunge, poco dopo. < Mia nonna. > Commenta, all'ennesima domanda. < ..non so dove sia. > Afferma, in tono basso, cupo, grave. < Akio. Mio nonno si chiama Akio. > Conclude, andando a fornire quante più informazioni possibili [Ospedale - Ambulatorio] Nemmeno si è accorta del ghiacciolo ma in un angolino c'è un piccolo cestino che nel caso potrà tornare utile al ragazzo per sbarazzarsi di quello stecco e del bicchierino quando avrà terminato di bere quella bevanda. Sembra molto scosso, continua a ringraziare e risponde alle domande poste in maniera molto meccanica. Però questo la aiuta a identificare il paziente. In fondo non è stato complicato trovarlo, la cartella clinica viene aperta, controlla gli esami eseguiti, i referti dei medici che se ne sono occupati. Ha avuto un malore, è svenuto, è quanto trovato non lascia prospettive rosee. << Lei ha un posto dove stare? >> Lo sguardo blu torna alla ricerca di quello nero, scivolando in quelle pozze profonde e probabilmente perse. Attenderebbe pacatamente risposta prima di continuare con il suo discorso. << Suo nonno si trova al momento ricoverato in questo ospedale. Non è in imminente pericolo di vita. >> Non sta mentendo ma omette, lascia che quelle siano le prime informazioni utili al ragazzino, utili per rinfrancare uno spirito afflitto. << Per il segreto professionale non farò menzione a nessuno del fatto che lei appartenga al Clan Uchiha. Però essendo lei uno shinobi non credo che potrà nascondere questa informazione a lungo. >> Insomma alla fine se in missione dovesse usare quegli occhi, verrebbe comunque fuori il tutto, e privarsi di un tale potere è da sconsiderati. << Non la conosco e indubbiamente avrà le sue buone ragioni per celare la cosa. Però tenga ben presente che le sue origini non definiscono chi lei sia e questo glielo posso assicurare. >> Il discorso è molto più personale di quanto possa sembrare, in fondo quella nanerottola dai capelli rossi sa bene cosa significhi essere discriminati per il proprio sangue, oltre ad avere iniziato una crociata per cambiare l'opinione pubblica riguardo al di lei Clan. << Non posso sapere se sia possibile fare delle visite al momento, però se può farle piacere possiamo tenerci in contatto e posso informarmi dai colleghi domani. >> Insomma, a suo modo sta cercando di aiutarlo il più possibile, nel limite delle proprie possibilità attuali. [Chakra ON] [Interno | Ambulatorio] La bevanda che gli viene offerta è un tonico per le membra del giovane Uchiha, un balsamo per la mente e lo spirito. Accosta il bicchierino alle labbra, tirando un sorso profondo e prolungato - tipico di chi appare disidratato. Forse ha atteso su quella panchina veramente a lungo, ma chissà che non stesse decidendo qualcosa, forse se entrare a chiedere o attendere il destino voluto dai kami. Questo, ai più, non è dato saperlo. Di fatto eccolo all'interno di quell'ambulatorio, a rispondere alle domande di un medico che non conosce - eccezion fatta per il nome - in preda alla fame e alla sete, che tuttavia ignora, entrambe, come uno stoico devoto al capezzale del suo padrone. < Sì..sì..> Biascica, dinanzi alla prima domanda della donna < Abito da solo, non vivo più con lui. > Rivela, a mezza bocca, quasi quel distacco fosse stato burrascoso. < E' una grande notizia ! > Esclama, di getto, istintivo, drizzando la schiena sulla sedia che è andato ad occupare oramai da qualche minuto. < Oh, grazie dottoressa. > Ripete, ancora una volta, dimostrando un'encomiabile educazione - frutto dei suoi trascorsi come garzone di bottega probabilmente. Il tono, però, è più cupo e basso, grave, come se qualcosa lo opprimesse, ne consumasse l'ossigeno nei polmoni, fino a stritolarne lo spirito. < .... > Le parole che seguono sono ben più di quanto si aspettasse e colgono nel segno di quell'anima turbolenta, che si affligge e strugge per un destino assai amaro. Non c'è risposta, però, a quelle parole, almeno non in principio, poiché abbassa il mento ed il capo, di conseguenza, andando a socchiudere gli occhi un istante di troppo. Un respiro profondo anima il petto, solleva le spalle ed espande la cassa toracica. < Lo terrò a mente dottoressa Kokketsu > Sincero: quelle sono le prime parole di conforto dopo una notte quantomai turbolenta. < Gliene sarei grato se potesse farmi sapere, certo. > Rinnova, speranzoso, alzando gli occhi su di lei e facendo per drizzarsi in piedi. [Ospedale - Ambulatorio] Sostanzialmente fra quei silenzi e quelle risposte si sono detti tanto. Lui ha solo i nonni, uno dei quali risulta disperso e l'altro malato di cancro. Abita da solo, quindi se la sta già cavando autonomamente e questo non può essere che un sollievo per lei, perchè non dovrà preoccuparsi eccessivamente di dover aprire una chiamata per aiuti a minore. Fortunatamente quelle poche parole riguardanti il parente sono sufficienti per rinfrancare lo spirito del giovane, che si accontenta del fatto che non sia in pericolo di vita, senza domandare altro sulle di lui condizioni. Meglio così, non è il caso di dargli brutte notizie proprio ora, sembra già fin troppo abbattuto. Sembra un tipo decisamente educato, felice che lei nasconda quel dettaglio alle moltitudini, anche se in qualche modo, nuovamente quella piccola peste rossa è riuscita a toccare le corde di qualcosa di più profondo, solamente parlando di se stessa. Il silenzio che cala dopo la di lei affermazione è seguito da un'accettazione a bassa voce, sintomo che i cricetini nella testa altrui stanno rimuginando su qualcosa di spiacevole. Andrebbe ad aprire un cassettino della scrivania alla ricerca di un foglietto sul quale scrivere il proprio numero di telefono seguito dal nome e il cognome. La mano destra verrebbe allungata verso il Genin, porgendogli quel pezzettino di carta con un sorriso. << Per qualsiasi cosa mi contatti, così avrò anche io il suo numero e potrò tenerla aggiornata signor Shan. >> Si interrompe brevemente prima di portare indietro la mano: << Ora torni a casa e cerchi di riposarsi. Avrà bisogno di tutte le energie possibili per prendersi cura di suo nonno! >> Lo dice con un tono propositivo, senza lasciar intendere nulla di particolare, solo una convalescenza ovviamente dopo il ricovero improvviso. Andrebbe ad alzarsi lei dalla sedia, dopo aver spento il computer. << Sono cresciuta insieme a un Uchiha dall'età di sei anni. Le posso assicurare che è una bravissima persona e che non mi ha mai torto un capello. >> Tralasciamo il come le abbia spezzato il cuore, quello è un discorso che al quattordicenne non interessa e che non lo porterà sicuramente ad apprezzarsi di più. << Spero che questa notte vada meglio per lei. >> Un modo per congedarlo, anche se non si sposterebbe dalla propria posizione se non quando lui si allontanerà dall'ambulatorio. Solo allora anche lei seguirà il suo esempio, tornando ad occuparsi di Kurona, che dovrà essere fierissima di avere quel sangue nero nello vene. [Chakra ON][//Se END] [Interno | Ambulatorio] Fuori la pioggia inizia a tamburellare contro il vetro, picchiettando insistentemente e scandendo il ritmo di quei silenzi che albergano all'interno dell'ambulatorio, tra quelle quattro pareti spartane ed asettiche. Il giovane Uchiha, ora in piedi, si sporge verso la donna per poter afferrare il bigliettino sul quale capeggia il suo numero, nome e cognome; non prima di aver poggiato il bicchierino di thè sulla scrivania. Ricorderà quel viso, quanto le sue parole, dal momento che sono state le prime a lenire il Dolore senza neanche saperlo. E rimarrà tale quella conoscenza, almeno fin quando il viso del giovane Genin non incrinerà la maschera pallida di un'espressione grigia, atona. < Lo farò certamente. > Ammette, profetizzando. < Certo, lo farò. > Rivela, sincero, annuendo appena con il capo, in un gesto del mento , su e giù , profondo e sentito, quasi a sottolineare le parole e l'impegno preso. Non lo lascerà certo dipartire senza avergli parlato ancora, non lascerà che finisca così quella storia lunga quattordici anni , che ha raggiunto un punto di svolta solamente la notte precedente.< ... > Non replica alla sua ultima frase, ma alza lo sguardo su di lei, sondando quegli occhi azzurri, insozzandoli con la pece liquida dei propri. Uno sguardo prolungato, in un silenzio voluto e cercato, raggiunto. < Vorrei potermi fidare come si fida lei. > Commenta, in un filo di voce, prima di accennare un saluto con la mano libera, dopo aver infilato il bigliettino in tasca e averle voltato le spalle, diretto fuori, altrove, sotto la pioggia ( E N D)