E' colpa degli Uchiha
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Giocata del 10/09/2022 dalle 15:16 alle 17:13 nella chat "Piazza Centrale [Oto]"
L'astro infuocato è alto nel cielo sopra Kagegakure. Le ombre si rifugiano sotto le tettoie dei negozi, dietro i bordi delle case, oltre gli spigoli dei muri. Tutto il resto è luce e suoni e odori. Una cacofonia di sottofondo, un vociare confuso e continuo che sottende ogni parola detta, ogni pensiero creato. Il piccolo Deshi è avvolto dai fumi di un pranzo appena consumato, in un chiosco anonimo dei tanti presenti. Volge le spalle alla strada, almeno per ora, curvo sul proprio piatto, intento a consumare fino alla fine la pietanza prelibata. Un colata di ciuffi corvini incornicia il volto dai tratti obliqui e la carnagione chiara. Addosso, contro il corpo esile,ma longilineo e slanciato ; indossa una maglia dal collo alto, circolare, priva di qualsivoglia decoro e ornamento. Le natiche, invece, sgualciscono sulla seduta un paio di pantaloncini bianchi, o almeno lo erano una volta, mentre ora si presentano sporchi di alcune macchie scure, rapprese, forse fango forse sangue. Delle bende fasciano la metà dei polpacci fino alle caviglie, dove calzari ninja si arrampicano sui malleoli, lasciando libere solamente le dita dei piedi. Gli stessi bendaggi si trovano sulle braccia, fino alle nocche delle dita delle mani, stropicciati e macchiati anch'essi, di cosa, tuttavia, non è possibile saperlo. Non mero vezzo d'abbigliamento, ma reale funzionalità ad un allenamento che pare non aver mai abbandonato - d'altronde, meglio prendere a pugni un nemico di legno, immaginario, coperti da uno strato di bende, piuttosto che a mano libera, soprattutto se lo si fa quotidianamente. Che sia lì per svago è assai improbabile , mantiene il silenzio, però, con la bocca piena e gli occhi fissi sul piatto. [Piazza] Il passo lento porta il genin a muoversi nel territorio del proprio popolo, quel di Oto si presenta illuminata dal sole il quale splende alto nel cielo in quegli ultimi giorni d'estate. Cammina in maniera lenta con lo sguardo rivolto avanti a se, il pensiero è fisso, rivolto alla Kokketsu ed all'imminente scontro con essa per dimostrarle di starlo sottovalutando. Non possiede la minima idea sulle di lei abilità, non sa come comportarsi ne quali strategie adottare eppure mai prima di quel giorno si è sentito così eccitato ed emozionato all'idea di affrontare un membro di un clan capace di fare la storia come il sangue nero. Il suo outfit rasenta il minimo indispensabile per non dar nell'occhio con una t-shirt bianca a maniche corte a ricoprire il busto lasciando intravedere un petto ustionato con carne viva esposta insieme alla totalità del collo, pantalone in pelle nera con cinta intorno alla vita ricolma di borchie sulla fibbia e scarponcini neri lucidati a dovere; a ridosso di tutto un cappotto leggero dal nero colore con maniche lunghe ricoprendo l'ennesima ustione, esso discende lungo tutta la figura del mostro fino a metà polpaccio. Il viso, ne vogliamo parlare? Tutta la mascella è ustionata, così come il contorno degli occhi mentre i capelli risultano corti, brizzolati e spettinati, questa volta alla luce del sole, si, non ce l'ha nascosto dal cappuccio bensì il viso è liberamente visibile alla qualunque. Una fascia percorre il busto a cui vi è attaccato un fodero al cui interno è presente una katana la quale si erge sulla schiena in maniera obliqua con l'elsa sulla destra in alto mentre la punta del fodero sulla sinistra ma in basso. Il suo avanzare lo porta a passare dinanzi ad un chiosco, il medesimo in cui Katai ha appena consumato il suo pranzo, non fa nulla per nascondersi e, allo stesso tempo, non fa nulla per farsi vedere dalla gente. Meglio evitare chiunque il più possibile, il mondo resta pur sempre crudele. [Katana] Le bacchette affondano nella brodaglia, oramai agli sgoccioli, ma pur sempre ricca di noodles da ingurgitare. La pasta si raccoglie attorno alle stecche lignee, prima di finire dritta tra le fauci del giovane Deshi. Siede su di uno sgabello di legno, in quel chiosco che si apre e affaccia sulla strada antistante, caratteristico di uno stile d'arredamento più spartano e vintage rispetto al resto dei locali che affollano la piazza. Nessun insegna luminosa al neon, ma solo tendine pubblicitarie dove i kanji del proprietario sono impressi a caratteri cubitali, attirando i passanti - come se l'odore di un buon piatto non bastasse già. Inspira, finalmente, dopo aver ingurgitato l'ennesimo boccone.Che sia affamato è fuori discussione. Curvo come un piccolo rapace sulla propria preda. Terminato il pasto, dopo pochi minuti, ravana nella tasca dei pantaloncini, estraendo poi dei ryo che va lasciando sul bancone del proprietario. < Arigatou.> Esordisce, senza sorriso, ma in tono cordiale - d'altronde, il lavoro al pubblico lo ha aiutato nell'apprendere l'importanza di una buona interazione sociale, ma i suoi limiti sono evidenti. < Un altro bicchiere di thè verde, per favore. > Annuncia, diretto al cameriere, prima di voltarsi sul proprio sgabello, lasciando penzolare le leve inferiori e rivolgendo l'attenzione alla piazza antistante, sbirciando oltre le tendine, laddove Akainu si trova a passare. Le iridi color pece dilagano su quell'individuo sfregiato e sulla katana che penzola dal suo fianco. E' una curiosità sana quella che lo anima, ma può risultare, a volte, indiscreta. [Piazza] Il proprio aspetto è da sempre una maledizione per il genin, ovunque vada chiunque non può fare a meno di guardarlo, giudicarlo, chiedergli cosa sia successo e, nella maggior parte dei casi, denigrarlo per le ustioni su quasi tutto il corpo. Per anni quella condizione l'ha profondamente segnato eppure, nelle ultime settimane, questo è cambiato; più fiero di se e sicuro, cammina a testa alta non nascondendosi più ritrovando un apprezzamento maggiore della vita. Il tutto grazie alla presenza di Kore nella di lui e, successivamente, di Shizuka; le due ragazze sono riuscite a scuoterlo profondamente, donandogli maggiore consapevolezza, permettendogli di superare quei limiti autoimposti e progredire ad un nuovo livello. Deglutisce inghiottendo grumi interi di saliva in quel passaggio dinanzi al chiosco da cui delle parole ben precise; qualcuno sta continuando ad ordinare eppure, arresta il passo all'istante, le proprie sensazioni lo mettono in guardia, una specie di sesto senso verso coloro che l'osservano più del previsto. Si, si sente osservato, guardato e scrutato più tempo del normale; infastidito ed irritato da ciò, odia quando accade ma se in passato avrebbe fatto di tutto per allontanarsi, nascondersi e dare meno nell'occhio, adesso è in esso vi è decisione nell'affrontare tutti coloro che posano gli occhi un secondo di più. Lento il muoversi del viso, lo volta in direzione di Katai puntando le verdi iridi sull'altrui viso, ricerca lo sguardo del ragazzo inspirando ed espirando. L'aria entra ed esce dai polmoni continuamente mentre un lungo silenzio si frappone fra loro due; prende tutto il tempo necessario per inquadrarlo, comprendere chi egli sia. Ne osserva il vestiario da dietro le tendine del chiosco, la conformazione del viso in caso l'abbia già visto in passato o da qualche altra parte <Problemi?> solo allora esordisce con un semplice quesito. Tutti quanti non avrebbero esitato un solo attimo per attaccarlo, renderlo inerme ma, per una volta, dev'essere lui ad attaccare, prendere la palla al balzo impedendo un approfittarsi immediato. [Katana] Quel tizio sfregiato è soltanto uno dei passanti, certo, ma la sua katana è un'arma insolita da veder appesa al fianco, almeno per il giovane Deshi, che , di armi, non ne ha mai maneggiate davvero, proibito e scoraggiato dal nonno, almeno fin quando ha vissuto con lui sotto lo stesso tetto. Ora, invece, non possiede poi chissà quali ricchezze sufficienti a spendere ryo per ami che neanche riesce ad adoperare con perizia. Tutto ciò che possiede realmente sono i suoi pugni e una dose d'immaginazione necessari e tale da trasformare qualche albero del Bosco Oscuro in un nemico immaginario, pestato fin quando le nocche non iniziano a sanguinare e forse ecco svelate quelle macchie scure proprio in prossimità delle prime falangi. Distratto, ora, solo dal richiamo del cameriere, che posa, proprio dietro di lui - sul bancone- quella tazza di thè verde fumante. L'aspirante shinobi della Nota Nera torce il busto verso destra, fin dove necessario affinché il braccio sinistro possa allungarsi e permettere alla mano di afferrare il bicchiere, portandolo poi verso le labbra, abbassando il mento e gonfiando i polmoni, prima di soffiare delicatamente sulla superficie del liquido, nel tentativo di raffreddarlo. Gli occhi, però, rimangono all'insù, appiccicati a quella figura senza nome,che ora si volta, proprio verso di lui, squadrandolo a lungo e , per qualche attimo, gli occhi di entrambi si incatenano, verdi e neri, bui e luminosi. < Oh, no, scusa. > Bofonchia, abbassando il bicchiere del thè, di botto, gettandone un po' sui pantaloncini - tale è l'irruenza del gesto. < ...k'so. > Sibila, a denti stretti , scottato dal thè che ora lambisce le carni. Abbassa gli occhi sui pantaloncini, lesto, prima di riportarli sullo sconosciuto. < Non volevo disturbare. > Ammette, in un maldestro tentativo di scuse. La voce poco più alta della confusione che li circonda. [Piazza] La scena che si presenta è abbastanza esilarante sotto certi aspetti, attaccando per la prima volta coglie qualcuno impreparato ottenendo fin da subito delle scuse; chiaro come non sia uno di quelli con il sangue alla testa altrimenti la reazione sarebbe stata decisamente più interessante eppure non lo perde di vista osservando l'andazzo delle cose. L'arrivo del thè ed il suo versarsi sui pantaloni con probabile imprecazione al seguito; impacciato e privo di eleganza in quei gesti, in parole semplici, un piccolo imbranato possiamo dire eppure non gli sembra altro che un ragazzino ai propri occhi, niente di eccezionale, anzi, l'inesperienza è peggiore in tal ragazzino rispetto al genin. Inghiotte grumi interi di saliva sospirando alla di lui ultima frase; in qualche modo gli sembra di essere davanti ad un neo shiroichi, qualcuno che parla senza neanche sapere cosa sta dicendo ne come il proprio comportamento posso influire su qualcuno <Allora perchè guardavi? Cos'hai da guardare tanto se non per disturbare?> nel dire ciò, il busto si gira insieme alle gambe portando se stesso frontale all'altro così da portarlo avere difronte e affrontare al meglio. Il cammino ricomincia cercando di accorciare le distanze da esso, lasciando che essa divenga irrisoria fino a poco meno di un metro mentre ne sorregge lo sguardo o, quanto meno, lo ricerca con una certa insistenza per essere sostenuto <E' tua abitudine fissare gli altri come un cane oppure è la prima volta?> breve pausa chinando le verdi iridi sul pantalone fradicio per via del thè <Non devono averti mai scoperto se questa è la reazione, l'hai sempre passata liscia> le labbra si estendono in un breve e piccolo sorriso, stranamente divertito, preso da quanto sta dicendo, sentendosi in vantaggio rispetto al passato come se niente potesse ferirle o attaccarlo <Allora?> l'incalza a rispondere senza indugiare ulteriormente. Il tempo passato è già troppo per i di lui gusti. [Katana] Il thè bollente sui pantaloncini passa in secondo piano- scotta ancora, certo, ma non più delle parole dello sfregiato. Inspira, cercando di scacciare il peso sullo stomaco che ora si attorciglia, si aggroviglia e stringe le budella in una morsa. Le sue scuse non paiono bastare all'altro, così sbatte le palpebre, almeno un paio di volte, proprio dinanzi alla domanda altrui. Non fa caso ai passanti che si voltano, né alle occhiate che vengono rivolte, poiché fronteggia il Genin con il mento sulla linea dell'orizzonte - permesso concesso dalla distanza che li separa, altrimenti dovrebbe colmare il divario d'altezze. < Credevo fossi un samurai.> Commenta, lasciando che il braccio libero si allunghi nell'aria, ammiccando verso la katana che penzola dal fianco dell'uomo senza nome. Evita così le sue ulteriori domande, finendo per andare dritto al punto. < ..o uno shinobi. > Già, ma dov'è il suo coprifronte ? Non indaga oltre, almeno visivamente, ma non scende dallo sgabello - forte di quella posizione sopraelevata, almeno di qualche centimetro. Il dito indice, adunco e sottile, mira dritto all'arma , mentre l'altro , il gemello della mano opposta, si stringe sul bicchiere che ora va abbassando d'un lato, proprio vicino al fianco, quasi non fosse più necessario bere ulteriormente. Le sue parole paiono veritiere, almeno nel tono e nella voce ferma, che non si ritrae dinanzi all'incalzante determinazione dell'altro. Ora stringe le labbra, storcendo appena la bocca d'un lato, in una smorfia che non mima alcun sorriso, ma denota una perplessità crescente. [Piazza] La miriade di domande fatte non ottengono mezza risposta, totalmente ignorate come se tali parole avessero colpito più a fondo del previsto, tutto ciò non è altro che un bene dopotutto, vuol dire che ha iniziato a capire come comportarsi con lo guarda più del dovuto. Deve memorizzare quest'incontro per poterlo replicare in un prossimo futuro in caso capiti per l'ennesima volta una situazione del genere. Una sola risposta viene fornita con tanto di indicazione alla volta della Katana; le verdi iridi si smuovono dalla loro posizione guardando di sbieco l'arma dietro di se, qualche attimo, qualche secondo per poter mettere insieme i pensieri <Non credo esistano più i samurai, non ne ho mai visto uno a Kagegakure ne sentiti nominare> ovviamente tali parole vanno prese con le pinze, dopotutto, non ha visto moltissime cose, potrebbe benissimo sbagliarsi ed apprendere dell'esistenza dei Samurai anche in quel nuovo villaggio oppure al di fuori delle mura, nascosti chissà dove, intenti a sopravvivere dagli attacchi delle chimere o ad affrontarle per liberare il territorio. Inarca il destro sopracciglio alla parola shinobi, una seconda opzione, segno di come l'houjutsu sia un'arte oramai in via d'estinzione se nessuno pensa ai ninja come prima cosa. Ha scelto bene, ha intrapreso la via delle armi così da poter primeggiare anche in essa divenendo il migliore nel suo stile <Sono uno Shinobi del distretto di Otogakure> confermando, dunque, quel sospetto altrui. Denota l'indice ancor sollevato ed il bicchiere in procinto di essere abbassato, non più desiderato come prima <Dall'osservazione mi pare di capire che tu, invece, non lo sia, o sbaglio? Ambisci a diventarlo?> capo inclinato sulla sinistra guardando di lato, una domanda che incuriosisce lo stesso Uchiha ma ancora non ha posto il quesito fondamentale, il più importante di tutti <Chi sei?> sta parlando con un completo sconosciuto, quanto meno desidera apprenderne il nome. In tutto ciò non ha mai abbassato il capo o lo sguardo, esso è mantenuto fisso sul di lui volto incrociandone gli occhi di tanto in tanto. [Katana] Le sue cicatrici non sembrano infastidirlo. Gli occhi, infatti, mantengono il contatto con l'altro, diretti verso il suo viso, dove la metà della mascella appare totalmente sfregiata. Sbatte le ciglia, il quattordicenne, quasi a voler focalizzare ancor più la propria attenzione sull'altro. La risposta che ottiene , la prima di tutte, pare quasi rammaricarlo. < Oh. > Mugugna, appena, ammesso che l'altro l'abbia udito, da quella distanza, in mezzo alla folla. < Ho sempre voluto incontrarne uno.> Ammette, quasi fosse la confessione più banale del mondo, perché lo stia facendo, però, rimane un mistero per l'altro, poiché non aggiunge molto a quella frase, almeno in principio. E' in un secondo momento, dopo un attimo di pausa, dove il silenzio torna ad albergare tra loro, interrotto solamente dal vociare confuso della Piazza. < !! > Ambedue le sopracciglia si sollevano, poi, in un paio di linee scure che solcano la fronte limpida e chiara, sotto quella chioma corvina, ribelle e indomita. < Anche io diventerò uno shinobi di Otogakure, un giorno. > Tradisce le sue volontà e le sue aspirazioni, in una sola frase. Pare aver piantato le basi per potersi fidare dell'altro, salvo rimanere sulle sue nei modi e negli atteggiamenti, infatti l'entusiasmo non traspare dal volto, che tuttavia sembra più rilassato, ora, così come il nodo alle budella che va sciogliendosi, pian piano. Riesce ad inspirare, ora, gonfiando i polmoni ed il petto, sollevando le spalle sotto quella maglia scura, dal collo alto e circolare - abbigliamento caratteristico del giovane Deshi. Forse gli unici indumenti che possiede. < Mi chiamo Katai. > Rivela, infine, lasciando il bicchiere di thè da un lato, a freddarsi. Le iridi di pece che dilagano sull'interlocutore, sostenendone lo sguardo. < Katai Shan. > Aggiunge, a completezza della propria presentazione, senza chiedere, a sua volta, il nome altrui, quasi bastasse il suo titolo, ma poi, la sua natura più diffidente emerge con prepotenza, mentre si ritrae quel che basta per indagare oltre < Dov'è il tuo coprifronte ? > Domanda, diretto, come se avesse sempre parlato con lui.
Giocata del 15/09/2022 dalle 15:51 alle 18:17 nella chat "Piazza Centrale [Oto]"
[Chiosco] Mantiene quella flebile distanza dall'altro mentre apprende i desideri del ragazzino, alcuni insoliti, forse quelli di un sognatore. Il primo approccio non si è rivelato adatto, non per la situazione in cui versa il genin e seppur non abbia cambiato idea, l'otino instilla in lui una minuscola curiosità <Magari qualche vecchio ninja di Kagegakure è stato un samurai in passato> non esclude una simile possibilità, d'altronde li si trovano ninja di tutti i tipi, persino delle reminiscenze del passato. Nessuno di loro è a conoscenza dei segreti di quel villaggio, cosa esso nasconda, quali refusi di storia albergano in esso, tenuti segreti o dimenticati per impedire al passato di tornare a visitarli. Sopracciglio destro sollevato nell'ascoltarlo, anch'egli fa parte del distretto del suono; in quelle poche volte in cui è uscito di casa non l'ha mai avveduto prima, nonostante ciò, non basta per giustificarsi, se non l'hai mai visto, probabilmente la colpa è tutta del deturpato <Quanto ti manca in accademia? Non è così difficile da superare quello scoglio> ricorda i giorni passati in quel posto, terribili, ardui eppure, con il senno di poi, facili da estirpare dalla vita permettendogli di ricevere il grado di genin, il primo passo di una lunga carriera. Inclina leggermente il capo nell'udirne il nome, non è riconducibile a nessun clan esistente in quel di Oto, forse appartiene ad una discendenza degli altri distretti o forse è semplicemente un nessuno il cui obiettivo è divenire shinobi per chissà quale fine <Shan...mai sentito> schiarisce la voce inghiottendo grumi interi di saliva <Akainu Uchiha> presentandosi a sua volta con nome completo, attestando di essere un vero discendente del suono e non solo, appartenente anche al più antico di tutti i clan del villaggio ma poi sopraggiunge una domanda improvvisa, un quesito che nessuno gli ha mai posto <A casa> cos'altro potrebbe rispondere dopotutto? Non lo porta mai, un oggetto inutile ai giorni d'oggi dove è Kagegakure a comandare e non il villaggio singolo. [Katana] [Chiosco] Rimane appollaiato sul suo sgabello, come un piccolo rapace sulla cima del proprio trespolo. Un rapace dal piumaggio scuro, che sorvola l'oggetto della sua curiosità. Sol ora si concede il permesso di afferrare nuovamente il bicchiere di thè verde che fuma ancora, lì di fianco, sul bancone. Le dita della mano destra si chiudono sul recipiente, avvertendone il tepore attraverso la ceramica lavorata. L'altro braccio è puntellato sul mobile alle sue spalle, quello dove, fin a poco prima, stava consumando il suo pasto serale. Ingurgitato quest'ultimo, ora si rivolge al resto della piazza, con lo sterno rivolto all'interlocutore e l'attenzione che gravita su quest'ultimo. Lo ascolta, dal principio, non lasciando che la prima impressione mini la sua curiosità. < Mio nonno diceva sempre che i samurai sono più nobili dei ninja, più antichi.. > E detto da chi ninja non ha mai voluto diventarlo, è tutto un dire. Si stringe nelle spalle, quasi a voler scrollare di dosso quell'argomento, avanzando in quello successivo. < Non lo so. Non me lo lasciano capire. > Ammette, sbuffando dalle narici, tenendo strette le labbra, almeno fin quando non decide di portare un nuovo sorso al bicchiere. Così farebbe, se non fosse per la presentazione dell'altro. Uchiha. Capelli neri e occhi..verdi. La Sabaku si è sbagliata, allora. Uchiha significa che non può fidarsi, significa che deve stare estremamente attento a lui. < ...oh...> Borbotta, soffermandosi, ritraendosi con il busto all'indietro e prendendo un profondo respiro,nel mentre il braccio destro si blocca a mezz'aria, per il frangente d'un momento, ma ben visibile ed eloquente, soprattutto se coadiuvato dal tono della voce e l'espressione seriosa del viso. < Uchiha. > Ripete, a sua volte, scadendo la parola con lentezza. Gli occhi si abbassano, riflessivi, proprio su una crepa del selciato. Il coprifronte passa in secondo piano, come anche la curiosità che albergava in lui. D'improvviso pare ammutolirsi. < .... > [Chiosco] Come al solito, le conoscenze del deturpato sono infinitesimali, ha appreso molto poco in quegli anni, si è informato ancor meno sul resto del mondo passato portando tutta la concentrazione sull'allenamento quotidiano. Come conseguenza di ciò, si ritrova ad essere ignorante su quasi tutto, compresi i samurai di cui non sa praticamente nulla, al pari con le arti magiche in pratica <Cosa decreta la nobiltà di qualcosa o qualcuno?> di getto emerge quel quesito mentre lo vede prendere il bicchiere di tè, lo vede rilassarsi una volta passato il momento di estrema tensione <Tuo nonno era segretamente uno di loro? O solo un sedentario sostenitore?> tutto può essere possibile giunti a questo momento. Lentamente sta imparando come quel mondo sia, a conti fatti, strano e pieno di sorprese, forse anche troppe per i suoi gusti. Inspira ed espira, prende e rigetta all'esterno tutta l'aria in eccesso <Chiedi, apertamente> unica soluzione per comprendere effettivamente qualcosa senza rimanere costantemente ancorati nel dubbio. Deglutisce dopo essersi presentato e li qualcosa effettivamente accade. Non vede reazioni strane da una vita eppure nel pronunciare il proprio nome, Katai cambia totalmente, il suo tono muore, lo sguardo viene abbassato non riuscendo a comprendere se si tratti di sorpresa o qualcosa di più. Ciononostante in esso qualcosa è cambiato tanto da non chiedere più nulla sul copri fronte ed il genin stesso non intende aprire quell'argomento, poco gli importa bensì desidera capire cosa il nome del clan abbia scatenato in lui. Il capo si piega di lato, sulla destra mentre l'osserva con aria incuriosita <Dimmi Katai Shan> nome completo non pronunziato a caso <Hai qualche problema con gli Uchiha per caso? O la tua è solo paura?> nel secondo caso proverebbe una certa soddisfazione ma è difficile provare paura verso un clan divenuto oramai l'ombra di se stesso non rispettando più i fasti di un tempo. Dev'essere il primo caso, molto più appetibile ed interessante <Se bastava così poco per intimidirti> non avrebbe perso altro tempo nel parlargli ma ora la situazione è leggermente diversa. [Katana] [Chiosco] Le domande sono molte e sarebbero ancor di più di quelle pronunciate a voce alta dall'interlocutore, se non fosse che il giovane Deshi non pare aver risposta per nessuna di loro. A costo di sembrare scortese e maleducato, mantiene un mutismo ostinato < ... > Almeno in principio, fin quando uno di quei quesiti, forse l'ultimo, non giunge alle sue orecchie. < Nh ?!? > Mugugna, a labbra chiuse e denti stretti, finendo per stritolare il bicchiere nella sua mano destra, ma accostandolo alla bocca come banale ed inutile riparo per l'espressione del viso, quantomai seria, dura, scolpita entro lineamenti rigidi che scendono obliqui fino al mento aguzzo. La giovinezza dei suoi tratti sembra quasi sparita, proprio dietro un'ombra che vela lo sguardo. Quest'ultimo si solleva nuovamente sull'altro, ma il mento rimane basso dov'è. Solo le iridi si alzano. < Non ho paura io. > Mente, alzando la voce, facendo girare, forse, più di un orecchio là attorno. Serra i denti e lascia il bicchiere sul bancone o almeno così crede, perché il recipiente finisce per cadere a terra, in un sordo rintocco che non pare distrarlo. E' teso in avanti, come una fiera infastidita e minacciata, lo sguardo stretto entro la linea delle sopracciglia e degli zigomi. Le due iridi, affilate come schegge di ossidiana, sono piantate nel volto dell'altro. La mano sinistra, invece, è chiusa in un pugno, sbiancando le nocche e piantando le unghie nel medesimo palmo, causando un debole dolore che lo tiene ancorato alla realtà, mentre appare pronto a scattare contro l'altro, teso come una serpe. [Chiosco] Quell'incontro prende una piega del tutto imprevista cogliendolo di sorpresa. Quel ragazzo cambia completamente d'atteggiamento, da chiacchierone pieno di scuse a riservato facendosi beffa di un mutismo senza precedenti. Resta silente a propria volta guardandone la figura senza proferire parola alcuna, analizzando ogni suo movimento od espressione; cerca banalmente di capire cosa gli stia accadendo, palese come abbia qualcosa contro il proprio clan ma cosa? Non può saperlo, la domanda non ottiene neanche una minima risposta ma in lui vede rabbia, paura, tensione, emozioni diverse ma allo stesso tempo accomunate da una crecente sensazione di disagio. Corruccia appena la fronte nel vederlo abbassare lo sguardo come a voler evitare un possibile incrocio, il bicchiere cade rovinosamente a terra con noncuranza ma è l'alzarsi della voce ad attirare l'attenzione dei presenti e dello stesso deturpato. Non risponde, non subito almeno ma si prende il giusto tempo per continuare ad osservarlo così da notare la mano stretta a pugno, le nocche sbiancate riuscendo, bene o male, a creare un piccolo filo logico, trovando conferma del proprio pensiero <A me sembra che tu abbia molta paura e provi molta rabbia. Vuoi picchiarmi per la mia discendenza? Accomodati pure> nel dire ciò fa qualche passo indietro mettendo una piccola distanza di appena tre metri dal ragazzo. Le ustionate braccia compiono un singolo movimento avvicinandosi al petto, sigillo della capra, le due sfere energetiche di mente e corpo son visualizzate nei rispettivi lochi, fronte e sotto la bocca dello stomaco, verde una e gialla l'altra. Ruotano se stesse, ruotano velocemente dando vita ad un movimento dolce e lineare, elegante come l'acqua che percorre il corpo del genin. La prima discende, la seconda ascende, entrambe alla bocca dello stomaco tentando di fondersi al suo interno, intrecciarsi, cercando un contatto per dar vita ad una fusione e provare a creare l'energia bluastra denominata chakra. Potente ed irrequieto, instabile scorre nell'essenza di lui, pieno di domande e di insicurezze ma lo controlla il giusto, quanto basta da smuoverlo nel momento esatto in cui nasce, rinvigorire l'intero corpo. La potenza nel palmo della sua mano. I preparativi sono pronti <Coraggio> l'unico modo per farlo parlare è quello li. [Se Chk On][Katana] [Chiosco] Un incontro fortuito , che di fortunato , invece, non ha nulla. Una conoscenza casuale o forse dettata dai Kami, ma indubbiamente motivo di frizione ed attrito. E' palese. Il piccolo Deshi rimane teso in avanti, forte dei suoi allenamenti quotidiani - di cui reca le tracce sulle bende che lo fasciano su braccia e gambe - appare come un unico nervo teso, un fascio di piccoli muscoli determinati a contrarsi all'unisono, in un unico impulso. I denti stretti, ma lo sguardo alto, che ora si solleva ancor più, accompagnato dall'estensione del capo e la risalita del mento. < ... > Sostiene lo sguardo altrui, come farebbe con qualsiasi bersaglio immaginario - di quelli che è abituato a prendere a calci e pugni al limitare della boscaglia. < Certo, per voi Uchiha l'unica soluzione è la lotta. > Come se, per lui, invece, indottrinato da anni di melliflue parole del nonno, non fosse un'opzione percorribile. < Ecco come avete distrutto Oto e i suoi abitanti. > Gracchia, come un corvo ferito. < E' proprio vero ciò che diceva mio nonno. > Annuisce appena, quasi tra sé e sé < ..non ci si può fidare di voi. > Sentenzia, lapidario e diretto. < Ma non ho intenzione di lottare. Uno shinobi deve proteggere il villaggio non distruggerlo dall'interno. > Commenta, aspramente, dimostrando una saggezza che esula la sua giovane età. QUasi mal si addice. < Non sarei migliore di voi se ora cercassi lo scontro. > Scrolla il capo, insieme a quella chioma corvina che discende sulla fronte e ai lati del volo, in un paio di ciocche più lunghe, ispida e ribelle, quanto mai indomita. [Chiosco] Strizza gli occhi nell'osservarlo da capo a piedi mentre il chakra scorre nel corpo, forte e potente donandogli una forza maggiore, un potere più grande di quanto non sia senza di esso. Sente le proprie capacità aumentare, pronto per qualsiasi evenienza, pronto per la lotta in ogni istante di quella conversazione; non ha veramente intenzione di combattere contro qualcuno che non ha ancora finito l'accademia, non sarebbe uno scontro alla pari e la vittoria invece di essere meritata risulterebbe solamente un insulto al proprio percorso. Quella rabbia la percepisce come sua, la sente fluire nelle vene del proprio sangue, così forte da passare oltre le ere giungendo in quel tempo apocalittico. Deglutisce in quel silenzio prima che sia il ragazzo ad interromperlo; una frase dettata totalmente a caso, senza un contesto; evita di rispondere, di proferire parola ma è il dire successivo a donargli quanto cercato. Continua a restare in quel tacito ascolto quando tira in ballo il nonno, segno di un indottrinamento con i fiocchi, tutto a sfavore degli Uchiha e di quanto hanno fatto nell'arco di molti, moltissimi anni a questa parte. Le verdi iridi non vengono distolte neanche per un singolo istante, sostiene il rabbioso sguardo proveniente dal ragazzo <Tuo nonno era un'imbecille, esattamente come te che gli dai retta> diretto, senza peli sulla lingua, sta attaccando la propria eredità, non può transigere su questo <Quando parli di noi impara a sciacquarti la bocca con il sapone perchè non sai neanche quello che dici> già, dare la colpa agli Uchiha per quanto accaduto non è giusto, loro non hanno colpe <Senza la nostra presenza, senza la nostra forza, questo villaggio e queste persone non sarebbero altro che polvere. Oto non sarebbe sopravvissuta un giorno se Sasuke Uchiha non avesse deciso di prendere in mano le redini del villaggio decenni orsono. Sono stati gli Uchiha a rendere Oto grande. Sono Stati gli Uchiha a donare a questo villaggio la forza e sotto il nostro dominio ha prosperato> crede veramente in quello che dice, sicuro di ogni singola parola <Tu non sei migliore di nessuno visto che ti affidi ancora alle parole di un vecchio pazzo e non guardi il mondo con i tuoi occhi> mantiene quella distanza, quei 3 metri atti a separarli in attesa di una qualunque reazione. [Chk On][Katana] [Chiosco] L'aria fuoriesce dalle narici con forza, in un unico moto, asincrono rispetto al respiro. E' il preludio della sua reazione quando ode l'altro insultare suo nonno. < Non insultare mio nonno davanti a me. > Ammonisce, balzando giù dallo sgabello, trascinandolo con sè in quella brusca discesa. L'ennesimo tonfo sordo, l'ennesima avvisaglia di un disordine crescente. Il sangue ribolle nelle vene, una rabbia pulsante che non affiora alla tempia, ma langue nello stomaco come un fuoco che divampa dal profondo e riscalda le membra, illuminando lo sguardo nero. < E quando il clan Uchiha con la Yugure ha dichiarato guerra al Mondo NInja ?! > Domanda, quasi retorico, come se non attendesse una reale risposta. < Eh ?! > Incalza, avanzando di un paio di passi, diminuendo la distanza con l'altro, che ha precedentemente indietreggiato di qualche metro. L'indice destro, adunco e sottile, si punta contro l'altro, sventolato nell'aria buia della notte. E' un indice accusatorio, che minaccia quanto verbalmente riferito. < Mio nonno conosceva la vostra storia. Molto bene. > GIà e come avrebbe fatto ? E soprattutto, perchè ? Domande che il giovane Deshi non pare essersi mai posto, né aver mai posto alla figura paterna - seppur surrogata. La chioma corvina dondola contro i sospiri del vento, come un nido di serpi irretite e scure, che si drizzano sul capo. "Il mondo con i tuoi occhi". Una frase molto simile a quella lasciatagli in eredità dal nonno, in un diario sgualcito che , tuttavia, tiene in grande conto e piuttosto al sicuro, nella sua camera da letto. < Mpf ! > Sbotta, infine, prima di inspirare a fondo. < RIconsidera le tue parole e potremo parlare di nuovo..> Ammette, in tono più basso, più fermo. Non un saluto, né un cenno di commiato, prima di superarlo , aggirandolo, diretto altrove, scomparendo tra la folla ( E N D) [Chiosco] Il suo alzarsi non l'intimidisce, anzi, non si smuove dalla propria posizione, non ha un sussulto o altro, semplicemente, dinanzi ai propri occhi, vede l'ennesimo ragazzino in preda all'emozioni incapace di controllare le parole, incapace di contenersi e pensare con la propria testa <E' l'unico modo per definire un beota come tuo nonno e dovresti essere contento, non l'insulto alle tue spalle> non è una questione di onore ma una banale presa in giro ai danni del ragazzo e del suo modo di fare. La reazione ottenuta gli ricorda immensamente quella di Shiroichi durante la missione, incredibile come sia stato capace di incontrare due frignoni del genere perchè si, quella rabbia dimostrata non è altro che una frignata colossale. Il sopracciglio destro si solleva nel sentir nominare la Yugure <Kioshi Uchiha ha riportato gloria al Suono> ecco cosa pensa, il tutto proferito mantenendo una calma quasi innaturale <Lui ha sfruttato la Yugure per liberare il villaggio da un Kage debole che si è sottomesso ad una barzelletta di alleanza. Un Kage che non ha fatto altro che renderci deboli portando Oto a divenire l'ombra di se stessa mentre noi, per l'ennesima volta, le abbiamo restituito forza. Gli Uchiha sono i veri padroni di Oto e solo un'Uchiha ha e deve avere il diritto di guidare questo villaggio> patriottico nei confronti di Oto, nei confronti del clan seppur desidera sottometterli per dare prova della propria forza. Assottiglia lo sguardo, ancora una volta il nonno viene messo in mezzo ma questa volta rendendo noto come egli sappia la storia di quel clan. Impossibile, non tutto è noto ed i segreti del clan restano tali <Tuo nonno non conosce nulla. Solo un Uchiha di sangue e nascita può conoscere alla perfezione la nostra storia. Coloro che non ne fanno parte conoscono la storia comune, niente di più e ciò rende tuo nonno solo un vile ciarlatano> infierendo ancor di più, accoltellando il ragazzino parola dopo parola. Il disprezzo non esiste sul volto del deturpato eppure non vi è emozione alcuna, non sta provando nulla in questo istante, solo fierezza per quanto compiuto dal clan in passato, fierezza per il potere che è riuscito a risvegliare e che, un giorno, avrebbe reso nuovamente grande <Vivo anche senza parlarti, ragazzino. Siete tutti quanti stupidi> nel venire superato, egli stesso si porta verso sinistra per riprendere la strada interrotta e tornare finalmente a casa. [END]