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Incubo di una notte di metà inverno.

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con Shinsei

03:23 Shinsei:
  [Casa di Sango - Camera da letto] È notte. Le alte mura del villaggio proteggono i cittadini dalle nebbie della notte e dalle tremende creature che vi si nascondono. Allo stesso modo, la presenza della rossa al suo fianco, protegge Shinsei dalle nebbie della sua mente spezzata e dagli orrori che vi si annidano. Ma la notte è infida consigliera per la mente stanca del biondo. Troppe le ore di sonno, troppi gli affanni a cui dedicarsi, così la razionalità cede il passo, concedendo all’abbraccio del sonno di condurre il taijutser lungo i tortuosi sentieri d’un sonno agitato. Eppure dall’esterno nulla sarà percepibile di quell’inquietudine, se non per i movimenti degli occhi sotto le palpebre chiuse, per il calore della pelle che progressivamente aumenta fino a renderne lucida la superficie, e per impercettibili movimenti delle dita delle mani e del capo. Ma quello che ci interessa questa sera è invisibile agli occhi. Quel sonno agitato nel quale cade il giovane uomo sopisce la coscienza, e con essa l’indomita forza di volontà che costantemente arde e lo muove, consentendo un controllo di se sempre maggiore. Senza vincoli dunque, resta l’inconscio, senza difese, alle prese con le nebbie putride e marcescenti che la mente spezzata e instabile produce, il flusso dei ricordi ormai è diventato costante, grazie all’aiuto del rosso Rasetsu e delle sue illusioni. Il passato inizia ad emergere dal denso fumo dell’oblio lasciando che gli orrori che custodisce emergano ormai costantemente, fiaccando lo spirito e stancando il corpo. Questa notte, dita oscure avvolgeranno la mente del ragazzo, portandolo dove? Indietro. Le prime ad emergere sono le sensazioni. Un fortissimo bruciore all’altezza delle tempie, un dolore persistente che coinvolte ambedue i fianchi del cranio. Lentamente Shinsei inizierà a percepire l’interezza del proprio corpo, e quindi la tensione dei muscoli, di tutti i muscoli, nel tentativo di resistere a quel dolore. Dopo le sensazioni, inizierà a riacquistare i sensi, e con essi, lo scenario intorno a lui potrà prendere corpo. Il tatto gli consente di percepirsi steso di schiena su una superficie dura e fredda. Sente i vestiti appiccicarsi alla pelle sudata. Sulle porzioni di pelle scoperte, sulle mani, sul volto, sul collo percepisce l’aria ferma e stantia che lo circonda. Sente il capo rivolto interamente verso sinistra, al punto da poggiare la guancia sinistra sulla superfice piana. Soprattutto percepisce qualcosa di appuntito martellare sulla tempia destra, rivolta quindi verso l’alto. Può sentire il bruciore sotto la pelle, il dolore che ne deriva, l’ondata di calore e il piacere quasi estatico che ne deriva. Potrà percepirsi abituato a provare piacere dal dolore. Il fiuto porta alle sue narici l’odore di chiuso e di disinfettante dell’ambiente, l’odore ferroso del sangue, un vago sentore di inchiostro e un odore più dolciastro, denso, pesante, tanto da offuscare i sensi. Il gusto gli consegna la consapevolezza di avere la gola secca. L’udito completa quel quadro raccapricciante, fornendo a Shinsei i suoni, il suono, quello di una voce limpida come l’acqua delle sorgenti sui monti più alti, in grado di imprimere alle parole un tono tanto freddo e appuntito come un pugnale, ma ammantato da una malsana dolcezza “Non ti è concesso muoverti, Shinsei, non muovere i muscoli del capo”. Sente quella voce penetrare dentro di se, dritto in fondo al cervello, <Si, Ona> Mormora il biondo di rimando con tono piatto, attento a non muoversi e, solo ora, aprendo gli occhi per consentire alla vista di incorniciare quel quadro orrorifico.

03:24 Shinsei:
  [Casa di Sango - Camera da letto] Olfatto, udito, tatto, hanno composto un quadro quasi completo, ma quando le palpebre si aprono, tutto prende vita. Si disegnano davanti a lui i contorni asettici e freddi di uno studio chirurgico. Non c’è arredo ne decorazione, solo freddo mobilio, scaffali di archivi chiusi da una lamina d’acciaio, pareti bianche e asettiche, fredde come fredda è la superficie sulla quale lui sta poggiando la schiena e la guancia sinistra. Lui è costretto a guardare da quel lato, e sente ogni parte di se stesso intenta a non muoversi, come gli è stato ordinato. Non ha modo di vedere quando pallide e vuote siano le sue iridi in questo momento, di un grigio piombo slavato, ben lontane da quel nero vivo e funesto che le caratterizza normalmente. Improvvisamente, quel martellare costante cessa, riportando il silenzio nella stanza. Con esso cessa anche il dolore lancinante alla tempia. Sentirà un pezzo di carta strofinato li dove qualcosa premeva e feriva la pelle, senza delicatezza, costringendolo a serrare la mascella dal dolore. Un dolore che, questo potrà riconoscerlo, ha già un sapore molto diverso rispetto a ciò che il dolore dovrebbe far provare. Sente quell’ondata di calore continua propagarsi dalla tempia e in essa, piacevolmente, si scalda, accogliendola di buon grado, come una vecchia amica, l’unica amica. Ma quel piacere nel provar dolore, è qualcosa che ha imparato a tener per se, dritto nel profondo dell’anima. “Ho finito, ora puoi alzarti” Shinsei sentirà di nuovo quella voce limpida e proverà forte il bisogno di alzarsi a sedere, istintivamente piegherà il capo portando l’orecchio sinistro verso la spalla sinistra, fino a far sentire un sonoro “CRACK” segno che le vertebre del collo sono state ferme troppo a lungo. Quindi, lascerà correre lo spazio sulla stanza. Effettivamente è steso su un pianale d’acciaio, illuminato dalla lampada circolare che serve per le operazioni chirurgiche. Tutto il resto della stanza è nell’oscurità, eccetto se stesso e il tavolo sul quale si trova. Ma potrà presto scorgere un’altra presenza. Un camice bianco, lentamente, con movimenti eleganti e calcolati, guadagnerà la frontalità con lui. Sotto di esso un chimono nero dai bordi bianchi, con cucito sul petto, all’altezza del cuore, il ventaglio cremisi degli Uchiha. Non avrà modo di vedere più in alto, poiché le spalle, il collo e il capo del proprietario di quel chimono sono nell’ombra, e di queste lui potrà solamente distinguere la silhouette e… Due tondi perfetti, luminescenti di luce propria, di un color rosso vivo, due Sharingan ingranditi dal vetro degli occhiali. Tre tomoe ben nitide in un mare di sangue rosso, e poi le labbra che si stendono in un sorriso che a Shinsei sembra enorme, affilato, gelido. “Guardati, ora hai il marchio del serpente” In quella voce così limpida, diventa ora chiara una nota di sordida eccitazione, mentre da dietro la schiena Ona paleserà uno specchio rotondo, che rifletterà l’immagine di Shinsei che finalmente potrà guardare se stesso. È di diversi anni più giovane, è poco più che un ragazzo, i capelli sono ancora una cresta sbarazzina, ma i fianchi del cranio sono già stati accuratamente rasati e su quella pelle, per la prima volta, compaiono quei serpenti neri che decorano le tempie. Pelle arrossata, ferita e in molti punti grondante sangue, ma il disegno è inconfondibile <Cos’è?> Chiederà Shinsei al suo aguzzino, senza verve, con placida accettazione “Come cos’è?!” La voce di Ona si alzerà d’un tono, squillante e colma di quella che chiunque tranne Shinsei riconoscerebbe come follia, mentre una mano sottile e curata s’alzerà, per infrangersi sulla guancia di Shinsei “è il marchio del serpente, no?!” Continuerà, come se fosse scontato. “Alzati, non abbiamo finito.” Un ordine, mentre di colpo lui si volterà, lasciando svolazzare il bianco camice aperto.

03:24 Shinsei:
  [Casa di Sango - Camera da letto] Una folata di profumo dolce e malsano lo investirà quando quel camice svolazza a pochi centimetri dal suo naso, ma per lui quell’odore è qualcosa di buono. Perfino quello schiaffo, l’ondata di caldo piacere che si propaga dallo zigomo colpito, lo proietta in una bolla di rassicurante calore dalla quale fatica a uscire. Le labbra gli si piegano in un sorriso, quasi grato per aver ricevuto quella percossa mentre, silente, scende dal tavolo con un agile balzello e segue il suo aguzzino. Si muove quasi meccanicamente, petto in fuori, spalle dritte, dietro quel camice bianco. Il corridoio che percorrono è illuminato da fredde luci al neon, qualcuna emette quel sonoro “BZZZZ”, segno di qualcosa che non funziona, e infatti la luce saltella. Il soffitto del corridoio è invisibile, le luci sembrano sospese nel buio. Le pareti del corridoio invece sono completamente specchiate. Si guarda, Shinsei, alto forse ad arrivare nemmeno al busto di Ona che cammina davanti a lui, robusto di corporatura, e ora con quelle tempie colorate, arrossate e sanguinanti. Indossa una divisa. Pantaloni di tessuto pesante, color grigio piombo, anfibi ai piedi, sopra una giacca a maniche lunghe, sportiva, dello stesso tessuto dei pantaloni. Sulla manica spicca il ventaglio cremisi degli Uchiha. Lo sguardo si porta davanti a lui, a quel camice che svolazza, aperto sul petto di chi lo porta, e sopra di esso un oscuro fluire di capelli lisci come la seta, neri come il petrolio. “Oggi è un giorno importante, Shinsei, per la prima volta da quando abbiamo cominciato tutto questo, in questo laboratorio è entrato qualcun altro a parte noi due”. Dirà Ona, senza voltarsi <Mh.> Mormorerà soltanto Shinsei <Chi?> Chiederà subito dopo “Oh lo vedrai, ha bussato lei, pensa, cercava aiuto…CHISHISHISHI” è una risata subdola, viscida, per niente piacevole, che proietta sul povero Shinsei un brivido lungo tutta la schiena, irrigidendo anche la mascella, che si stringe. Camminando, potrà leggere le indicazioni che li condurranno presto al campo d’addestramento. Un’arena sotterranea che però non vedranno, poiché passeranno dagli spogliatoi. Una zona che da anni non viene utilizzata. Ha qualche ricordo di come Ona lo ha allenato in passato. Tempi ormai dimenticati, come dimenticata ormai è quell’area del laboratorio. Entrato nelle stanze degli spogliatoi, Ona dovrà issare la leva del contatore che regola l’elettricità di quelle zone, e quando lo farà, numerose lampade al neon esploderanno, incapaci ormai di sostenere la tensione elettrica. Si disegnerà così uno scenario quasi tetro, con le file di armadietti che s’interrompono bruscamente nell’oscurità, illuminata solo da riflessi di riflessi che generano nient’altro che aloni e silhouette degli oggetti nell’oscurità. E qui, Ona proseguirà per la lunghezza della stanza, finché l’oscurità non gli avrà raggiunto il petto, per poi voltarsi verso la sua bambola di carne, Shinsei. Il biondo potrà vedere, di nuovo, quegli occhi rosso cremisi, illuminati di luce propria dietro gli occhiali rotondi “Ora, Shinsei, tu conoscerai uno dei miei più preziosi alleati. Lui ti aiuterà a capire fino in fondo cosa sei” Già, non chi sei, ma cosa sei, oggetto, strumento. Donerà a Shinsei un altro dei suoi affilatissimi sorrisi, “ora china il capo, e sollevalo quando te lo dico io” Orina Ona con quella voce limpida <Si, Ona> Risponde Shinsei chinando il capo fino a fissare le fughe nere tra le mattonelle che un tempo erano bianche, e che ora sono sporche di polvere. Ma di colpo, potrà notare un caleidoscopio di riflessi formarsi sulle mattonelle, di tutti i colori del blu e del viola, parzialmente illuminati dalle luci intermittenti dell’ambiente. Potrà inoltre sentire qualcosa di pesante e liscio strisciare su quel pavimento. Un sibilo costante che gli entra nelle ossa, gelido, eppure una forza sovraumana gli impedisce di alzare il collo e guardare. Il volere di Ona è incontrastabile “ORA”

03:24 Shinsei:
  [Casa di Sango - Camera da letto] Di colpo Shinsei sentirà la forza vincolante a stringergli i muscoli venire meno. Se potesse guardare i propri occhi allo specchio, potrebbe vederli riacquisire vigore e oscurità, s’alzerà di scatto ma… per finire dalla padella nella brace. Avrà appena il tempo di vederli, due occhi serpenteschi, con la pupilla verticale, nera come la pece e affilata come uno spillo. Lo sguardo si sgrana, nel notare anche la sagoma affusolata alla quale appartengono, screziata da riflessi blu-violacei. È uno sguardo di paura, quello, no. è uno sguardo di terrore puro. Improvvisamente Shinsei sentirà il cuore accelerare il proprio battito fino a diventare inarrestabile. Le fauci si schiudono <…> alla ricerca d’aria, o della possibilità di urlare, ma niente di tutto questo potrà fare, le orecchie ora si riempiono del battito del suo cuore, ma un veleno urticante e distruttivo si è già infilato nel suo nervo ottico, andando ad avvolgere completamente la sua mente già lacerata e marcita. Improvvisamente le luci si spengono. E qualsiasi cosa ci fosse davanti a lui sparisce. È solo oscurità, ma non solo fuori da lui. è oscurità dentro di lui. Sentirà improvvisamente i muscoli contrarsi, dolorosamente, fino a costringerlo a piombare in ginocchio sulle mattonelle, le mani istintivamente si portano alle tempie, afferrando la pelle già marchiata e ferita <GGRRRRRRRRAAAAHHHHH!> Un ringhio profondo e un urlo con a pieni polmoni che si fondono in un unico, animalesco lamento. La mente improvvisamente si chiude ad ogni stimolo esterno, troppo concentrata a cogliere ciò che quel veleno sta chiedendo. Improvvisamente. Però, Shinsei potrà sentire la pesante cancellata dell’arena aprirsi, una luce violenta irrompere negli spogliatoi. Una luce strana però, che per lui, per i suoi occhi, avrà una colorazione sul rosso, dal tenue al violento. <GRRRRRRRHHH> Un ringhio affamato mentre da li, piegato sul pavimento, tenterà semplicemente di poggiare anche le mani sul gress bianco per fornirsi una spinta con tutti e quattro gli arti ed iniziare una corsa violenta verso quel portone. Correrà a perdifiato, con tutta la velocità che possiede in quelle leve comunque ben allenate, corre finché non sentirà sotto gli anfibi la sabbia dell’arena, e dietro di se il portellone chiudersi Lo sguardo a quel nuovo contesto. Resta per un istante fermo, ansimante. Pugni tanto chiusi da far emergere sugli avambracci le vene, come serpenti di sangue spinti a scorrere in superfice dai muscoli tesi come cavi d’acciaio. La sabbia è rossa, la luce è rossa, le pareti sono rosse. Tutto è rosso, ma al centro dell’arena ci sono due persone. Sono un ragazzo e una ragazza. La ragazza si nasconde dietro al ragazzo, ben più imponente di lei. Sono vestiti di stracci, eppure i colori di quelle vesti logore sono di Oto. L’espressione del ragazzo è guardinga, per nulla intenzionato a fidarsi di ciò che vede. Sul dolce visino della ragazza invece c’è una nota di speranza in più, quasi di curiosità “Noi…vogliamo solo… un po' di cibo, se ne avete, o che ci lascia…” Non sarà consentito loro di proseguire. Faticosamente e con un fastidioso “FIIIII” che assorda tutti i presenti, gli altoparlanti della piccola arena si attiveranno “Shinsei, ecco a te i nostri ospiti. Dai loro l’accoglienza che meritano”. La voce dolce e melliflua di Ona si farà presente, tuttavia non è in grado di raggiungere la mente di Shinsei, ora occlusa dal suono del suo cuore mostruosamente accelerato. Lo sguardo si pianta sul ragazzo. <GRRRRHH> un ringhio feroce, cattivo.

03:25 Shinsei:
  [Casa di Sango - Camera da letto] No, non è in grado di vedere il volto di un ragazzo forse poco più grande di lui, non ha modo di vedere che è un civile del suo stesso villaggio, ne che non ha intenzioni bellicose, non ha modo di capire perché quelle vesti strappate. Altrimenti avrebbe saputo con largo anticipo che li fuori, nel mondo reale, è arrivato un Dio che ha distrutto tutto. No, cosa vede lui? Una preda? Sente feroce il richiamo della terra. Flette le gambe, sbloccando le articolazioni del bacino, del ginocchio e della caviglia. Tre articolazioni che dovrebbero consentire alle leve inferiori di flettersi come molle. Le mani ancora chiuse in pugni, tanto stretti da far scricchiolare la pelle, il busto che si inclina leggermente verso il ragazzo. <GGRRRRRAAAAH!> Un ruggito che scuote l’aria “merd…” Tenterà di rispondere il ragazzo, che però non avrà modo di terminare la frase. Shinsei si sarà lanciato in una corsa forsennata contro di lui e, arrivato a distanza di ingaggio, avrà piantato il suo piede d’appoggio, flettendolo di nuovo per poter avere più potenza ancora nel lanciarsi contro di lui. Non un attacco ponderato, agile, calcolato nei movimenti. Qualcosa di rabbioso. Braccia aperte a cingere il torso dell’altro quando lui era intento a proteggersi il volto. Un placcaggio in piena regola, che dovrebbe quindi far perdere alla sua preda il contatto col suolo, consentendo quindi di poterlo scaraventare a terra di schiena. Un colpo terribile, per quanto attutito dalla sabbia, che gli arriva sul retro della cassa toracica, spezzandogli il fiato e, di conseguenza, anche la guardia. Mentre lo sguardo si sgrana e le fauci sputano saliva con un “COFF” smorzato. Ma niente che possa fermare Shinsei che, lesto, sgancerà la presa poco prima dell’impatto, per poter caricare all’indietro il braccio destro, alzando il gomito oltre il capo, alzando sia la spalla che il busto, per poi picchiare il pugno a martello proprio sul naso del malcapitato, farà la stessa cosa col braccio sinistro, scaraventando colpi violenti, in una sequenza infinita sul volto del ragazzo che ai primi due colpi tenterà di reagire frapponendo le braccia a quella grandinata di colpi terribili. Ma il gesto è scomposto e verrà facilmente evitato da Shinsei che, da quel momento in poi, avrà strada facile e sarà una sequenza di “CROCK. CRACK. PLOFF” sentendo lentamente le ossa del volto ammorbidirsi fino a scomparire. E no, non sentirà le grida strazianti della ragazza che in prima battuta tenterà di fermarlo, tirando la veste di Shinsei dalla schiena, ma sentendo quei terribili rumori, trasformerà le sue grida di tristezza e rammarico per il compagno di viaggio, forse l’amato, forse il fratello, in urla di terrore e tenterà di allontanarsi il più possibile, correndo e incespicando verso il portellone che si è aperto per far entrare quella furia dai capelli biondi e dalle tempie marchiate. Ma quel portello è già chiuso. Non c’è scampo per lei. Shinsei si fermerà solo quando i suoi pugni colpiranno solo viscide cervella grigie, prima di alzarsi in piedi, ansimante. Con il volto che è una maschera di sangue e le mani grondanti di ciò che una volta era un baldo giovane. Sarà proprio il pianto della giovane a guidare i suoi sensi verso di lei. Visino angelico, troppa voglia di vivere.

03:25 Shinsei:
  [Casa di Sango - Camera da letto] “No ti… ti prego! Scusami!” Cosa non si direbbe per aver salva la vita? Shinsei donerà a lei la frontalità, la vede rossa, ma questa volta potrebbe essere per il sangue che gli maschera il volto, chissà. D’istinto si contraggono i muscoli del volto, snudando le zanne bianche ma macchiate di sangue in un ringhio <GRRRRRRR> ferale, cattivo, predatore, la punta, sbloccando di nuovo l’articolazione del bacino, del ginocchio e della caviglia, in modo da poter caricare le sue leve inferiori come molle, di nuovo si sbilancia verso di lei per poi partire all’attacco contro di lei che si limiterà, terrorizzata, a coprirsi il volto, per non vedere la morte arrivare. Un gesto inutile, ovviamente, per quella macchina da guerra. Una volta arrivato a distanza d’ingaggio, il giovane caricherà all’indietro la mano sinistra per poi spararla contro di lei, mirando al suo collo, aperta, serrerà le dita intorno al collo, come il morso di un serpente. A quel gesto lo sguardo di lei si sgrana e le mani si sposteranno su quella del biondo, coperta di sangue, tentando di forzare l’apertura di quella stretta. Un gesto inutile. La solleverà senza sforzo, come un fuscello, stringendo tanto forte da “CRICK” semplicemente fratturarle la spina dorsale all’altezza del collo. Cadranno le mani, flosce come corpo morto cade. Lo sguardo sbarrato, vuoto, inanimato. <GRRH…> La osserverà, avvicinando quel fuscello floscio al suo viso, Shinsei, la vede rossa, la vuole distruggere, e senza pietà, la scaglierà contro la parete dell’arena. Continuerà finchè non avrà tra le mani un ammasso di carne battuta. Ma non appena quel corpo toccherà la parete dell’arena per la prima volta Shinsei riaprirà gli occhi. No, non quello nell’arena. Quello a casa sua, nel quartiere Ishiba. Si ritroverà immediatamente seduto, nudo, fuori dalle lenzuola, in un bagno di sudore, con le lacrime agli occhi, il cuore a mille e lo sguardo dilaniato dal terrore. Cos’era? Un sogno? Un ricordo? Ormai dovrebbe essere troppo avvezzo al flusso dei ricordi che lentamente tornano a ricomporre quel puzzle che è la sua psiche, per non riconoscerne uno tanto importante. Quindi è questo il significato di quel tatuaggio che ha sulla tempia? E quello sguardo serpentesco? Quelle scaglie blu-violaceo? Il prezioso alleato di Ona? Troppe domande. Improvvisamente si accorgerà che le tempie pulsano all’inverosimile, fanno male. Ha la gola secca e i muscoli gli fanno male come fossero stati sempre contratti. Si alzerà, andrà a bere. Non riprenderà sonno quella notte, ne le notti a venire, dubbi e domanda affastellano la sua mente. Domande che richiedono risposte. E chi può darle? Vai a capirlo. Intanto il sono ha abbandonato le sponde della sua mente.[END]

Giocata in solo.

Shinsei sogna, e sognando ricorda.
Capisce il profondo significato dei tatuaggi che gli decorano le tempie ma, ancor di più, ricorda che Ona, il genetista suo carnefice, aveva degli alleati molto... particolari.

La giocata vuole essere un primo stimolo per portare Shinsei a ragionare in maniera più seria sulle evocazioni. Chiedo quindi la valutazione a Tenjiro, se possibile.