Il desiderio del Sapere.
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Giocata di Lavoro
Giocata dal 23/12/2021 22:13 al 24/12/2021 02:13 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Ingresso degli Archivi] Uno dopo l’altro, i suoi piedi poggiano sul freddo suolo del tardo pomeriggio delle strade di Ame. Il ritmo scandito è regolare, ma soprattutto solenne. Koharu non è mai di fretta, anche se il suo stato d’animo macina emozioni e il cervello processa informazioni ad un ritmo fuori dal normale. I suoi lunghi capelli bianchi e sciolti riflettono la luce della luna, così come la sua pallida carnagione, cospargendola di un alone di mistero, come se fosse una apparizione notturna. Bianchi fronzoli penzolano dalle maniche del suo vestito, color bianco e nero. La piccoletta, assorta nei suoi pensieri, camminando per il villaggio si è trovata di fronte agli archivi di Ame. Si guarda intorno, muovendosi sempre con molta calma e posando attentamente lo sguardo su ciò che la circonda senza scomporsi di una virgola. Le passeggiate invernali le piacciono, soprattutto quando deve ventilare il processore racchiuso nella sua scatola cranica dopo una giornata impegnativa. Il freddo, il vento, le poche persone sono gli ingredienti necessari alla sua riabilitazione psicofisica prima di iniziare una nuova giornata. I suoi freddi occhi azzurri si posano successivamente sull’ingresso degli archivi: qualcuno entra, qualcuno esce, ma lei realizza in quel preciso istante che effettivamente le piacerebbe entrare una volta là dentro e farsi un giro. La incuriosisce. Lei, con la sua temibile pacatezza, è anche una studiosa appassionata. Non avendo di meglio da fare, in quel momento lei decide che la scelta migliore è quella di entrare. Detto fatto. In un secondo si ritrova dentro, la temperatura aumenta. Scaffali e scaffalate di libri le si palesano di fronte. Lei, estasiata, abbozza un sorrisetto. Sì, è anche in grado di sorridere, ogni tanto, ma l’ebrezza finisce subito. Koharu, con la sua solennità, si avvicina al bancone all’ingresso degli archivi al fine di poter chiedere informazioni, ma non c’è nessuno dietro al PC ad accoglierla. <Topi di biblioteca…> sussurra acidamente, sbuffando e incrociando le braccia di fronte al bancone vuoto. No, la rossa non è esattamente dietro quella scrivania, inutile dire che le scoccia parecchio l'utilizzo di un computer, preferisce viaggiare all'interno di quelle fila alla ricerca di nuovi tomi, nuove pergamene a cui adesso può accedere con enorme facilità. Il pomeriggio ormai s'è tinto di scuro, il tramonto ormai è qualcosa che giunge fin troppo presto oltre le montagne della casa del fuoco. I tacchi aumentano il loro rumore all'interno di quelle fila, ci sarà pure qualche aiutante ad accogliere i radi visitatori e ricercatori della conoscenza, no? No. Lo sguardo tagliente s'adagia su una scrivania vuota, una sedia girevole e piegata dalla forma di qualche aiutante ben impostato, e una chioma bianca ad attenderla. Non udirà il sussurro, troppo lontana per sentire qualcosa che non sia al momento nelle strette vicinanze < dov'è finito quel nanerottolo > un ringhio, basso, la voce graffiante e calda, adulta. Le gambe che si muovono per prime, le braccia incorniciate da diversi rotoli da riporre nelle apposite sezioni, alcuni più delicati e importanti di altri, a maneggiarli con cura tra le lunghe dita affusolate < buon pomeriggio > non v'è sorriso sul volto della rossa, i lunghi capelli sono una cascata di sangue relegata in un alta coda di cavallo. I filamenti sfiorano ad ogni passo le natiche, oltre quel kimono che porta con grazia. La fascia in quei colori freddi, in netto contrasto con la violenza del proprio colore distintivo, di azzurri e blu che si inerpicano lungo il corpo ormai formato da molti, troppi anni. Le maniche si allargano fino ai polsi in quelle sorte di campane, la cintola alla vita di un blu scuro e intenso quanto la notte a reggere il tutto proprio sotto i seni abbondanti, e termina la stoffa sotto i glutei. Ai piedi un paio di scarpe più eleganti, di qualche centimetro di tacco per elevarsi ancora di più nella propria altezza. Gira dietro quella scrivania, poggiando delicata alcuni dei rotoli al centro di quel bancone grande, alla cui sinistra è possibile trovare un monitor in pausa, segno che da un pò di tempo che qualcuno non lo utilizza < questa sera giuro che lo faccio licenziare > un borbottio, infastidita dal doversi prendere ancora lei cura dell'entrata < posso esserle utile? > fredda, veloce, ferale nel suo chiedere, impaziente anche mentre solleva lo sguardo per incrociarlo alla sconosciuta che oggi ha bussato al paese della pioggia e del sangue eterno. In attesa che ella parli infine. [chakra on] [Ingresso degli Archivi] Poco dopo il suo lamento, vede avvicinarsi una donna notevolmente più alta di lei. La ragazza inizia la sua diagnostica, senza battere ciglio i suoi occhioni di ghiaccio scannerizzano quella che di lì a poco diventerà la sua interlocutrice. Non può non notare come le due siano l’esatto opposto, sia per quanto riguarda l’altezza che la gamma cromatica del loro aspetto. Ormai sono anni che la ragazza non si lascia più sopraffare dalle persone più alte di lei, altrimenti non dovrebbe temere solamente i bambini. Dal basso del suo metro e cinquantacinque centimetri, non alterati da tacchi o altro in quanto indossa degli stivali neri bassi, la ragazza alza lo sguardo per guardare negli occhi colei che l’ha accolta, salutata. Ecco che lentamente le si stampa un sorrisino in faccia. Siamo a quota due nell’arco di pochi minuti. Questo sarebbe strano, se solo non fosse che quest’ultimo non è altro che la sua tipica smorfia di sufficienza che somiglia ad un sorriso che porge agli sconosciuti che la salutano. Ovviamente il ricambio verbale da parte sua va guadagnato, secondo ciò che frulla nella sua testolina. Continua ad osservare le movenze dell’archivista dietro al bancone, per poi riprendere a scrutare i rotoli sugli scaffali dell’archivio, pensando a quanta conoscenza potrebbe attingere in un posto come quello. <Noto che siete a corto di organico…> commenta sarcasticamente Koharu, notando che Sango è visibilmente irritata dall’assenza di una persona ad accoglierla. Le piace infilare il coltello nella piaga. <Comunque nulla in particolare, ero interessata a fare un giro illustrativo> afferma poi la ragazza, mantenendo il suo tono di voce tipicamente basso quanto basta per farsi sentire e ben scandito. Giustamente, arriva e vuole essere servita, come se tutto ruotasse intorno a lei. Eppure lei è mossa da un interesse che è reale, sono i suoi modi di fare da protagonista acida a poter apparire surreali. Mantiene fisso lo sguardo negli occhi della sua interlocutrice, impassibile, in attesa di una risposta. Oh la piccola tocca un tasto dolente, cosa che inebria la lingua dell'Ishiba di una buona dose di ulteriore veleno. La osserva dall'alto, sebbene il corpo ormai si sia piegato verso la scrivania, li ove le mani possono tastare il legno spesso che si trova sotto. Ne sente le piccole scheggiature invisibili agli occhi, la consistenza fredda di una natura ormai morta, ma lo sguardo s'accende di un vampata di vita < se lo trovo lo appendo a testa in giù nella piazza centrale e lo lascio nudo a morire di freddo > si rialza completamente, andando a selezionare i vari rotoli per dividerli in base alla loro importanza e al loro posto in quell'archivio < molti pensano che questo sia solo un mero lavoro > non la guarderà di nuovo, impegnata a osservare ciò che le piccole etichette bianche e nere descrivono < non è per tutti la conoscenza ne i segreti che sostano nel passato > mormora, assorta invero, prima di tornare a sollevare le iridi da sotto le lunghe ciglia nere, non un grande sforzo invero, la troverà in basso < ti interessa la storia di Amegakure? > scettica, mentre solleva e inarca quel sopracciglio < di solito siete tutti qui alla ricerca di segreti di Pain > cosa molto ovvia, hanno una statua dello stesso portante sia il mantello dell'akatsuki, sia gli occhi cerchiati , ma il viola caratteristico non è distinguibile nella mera pietra. < beh, allora seguimi, devo passare tra diversi scaffali a riporre questi rotoli > mormora riprendendo i rotoli, ma impilandoli sotto un braccio in un ordine ben prestabilito. Un giro di tacchi e via verso la sinistra del posto. Il soffitto è abbastanza alto, le scale impilate ai lati di ogni fila in modo da poter raggiungere facilmente i ripiani più alti < cercavate qualcosa di preciso ? > una domanda di rito, la sua, mentre si dirige nella sezione "guerra civile" , li da dove ha preso tutti quei rotoli, alla ricerca di qualcosa di nuovo anche per lei, di dettagli che le sono sfuggiti quando era solo una bambina. Prima che tutto finisse, prima che la pioggia crollasse sotto il potere di qualcun altro. Ogni tanto controlla con la coda dell'occhio che la segua, che non si perda tra le moltitudini di fila, le cui prime sono relativamente recenti, fatte appositamente per il nuovo distretto costruito, ma quelle più interne ovviamente sono dei rimasugli di una storia che nel tempo s'è perduta. [chakra on] [Archivi] La ragazza sorride quando l’archivista inveisce contro il topo di biblioteca assenteista, e un flash dell’immagine cruda da lei descritta le si forma nella testa, per poi scomparire dopo poco. Non appena essa scompare, Koharu emette un lieve sospiro di ilarità, mentre continua a seguire con lo sguardo la donna dietro al bancone. Le domande poste da quest’ultima la irritano leggermente, tanto che la piccoletta inarca il sopracciglio destro per un intervallo di tempo ridotto, ma che basta per essere notato: <In realtà sono sempre stata incuriosita dagli archivi…> afferma, mentre inizia a seguire la rossa che la scorta per il posto. Mentre cammina, a debita distanza dovuto sia al suo ritmo mai agitato che alla lunghezza ridotta delle gambe, estrae dalla tasca un nastro nero e con entrambe le mani racchiude i capelli in una coda alta, evitando che l’ipotetica polvere di quel luogo possa sporcarle troppo la bianca chioma. <… mi trovavo per caso qua, quindi ho deciso di iniziare da quello di Ame> conclude poi, alzando lo sguardo al cielo perché costretta a dare troppe spiegazioni per i suoi gusti. Si ferma poi, osservando i movimenti della sua guida e l’ambiente circostante. L’interesse verso quell’ambiente è confermato sempre di più e forse la battuta sulla mancanza di organico fatta in precedenza nascondeva la sua volontà profonda di entrare a lavorare là dentro. <Volevo capire come sono organizzati gli archivi, come funzionano e soprattutto se ci si può accedere liberamente> aggiunge poi la ragazza in risposta all’ultima domanda posta dalla donna. Concisa. Diretta. Alza un pochino la voce per via della distanza aumentata tra le due, ma non la modula, mantenendo il suo tipico tono statico, come se il freddo vento stesse sibilando pacatamente nelle orecchie della sua interlocutrice. Avanza senza cedere il passo, lo stesso che si fa deciso ma non frettoloso, sa solo dove deve andare. Una porta separa la parte dedicata alla guerra civile, li ove altri scaffali ma molto più piccoli e profondi son riempiti di alcuni dei rotoli che ha in mano lei stessa < ti chiederei di non toccarli > una specie di ordine il proprio, di certo non permetterà ad alcuno di toccare la sua storia senza il proprio di permesso, se avesse qualche altro decennio in più sarebbe una perfetta megera stronza, si. < sei interessata a lavorarci? > di nuovo le azzurre scenderanno al volto pallido altrui, a delle iridi simile ma per nulla uguali, i propri occhi son più stanchi, affaticati anche dalle ombre sotto pesanti e scure, come quei piccoli segni indicando che non è propriamente giovane. Volta al primo degli scaffali, le targhette dorate sono poste su tutti i ripiani, si fermerà ad uno di essi che cita "Il governo e Pain" . Poserà alcuni dei rotoli tra le braccia, ascoltando quella che dovrebbe esser una domanda, in curiosità a quello che è il lavoro di un archivista < ci sono archivi in tutti i settori > inizia la spiegazione, per nulla innervosita dalla presenza della giovane < ogni settore ovviamente contiene la storia di quel dato villaggio, o almeno > si volterà a guardarla, sempre che l'abbia seguita anche li < quello che son riusciti a salvare prima che il mondo si distruggesse > il cipiglio varia, cambia improvvisamente, si fa più sottile, ferale, come qualcosa che ribolle dentro il proprio essere pronto ad esplodere. Ma non succede nulla, se non lo sguardo vacuo che si riprende, il respiro spezzato che torna a librarsi nel calore di quella struttura < c'è anche un archivio centrale dedicato a Kagegakure > .. < non ci sono mai stata > il motivo sarà presto detto < non ci si può muovere dove si desidera, ci sono rotoli proibiti che non posson esser letti da tutti > e di certo quella sezione non lo è, non per lei almeno < si inizia come un semplice apprendista, poi come aiutante archivista come me > mette in chiaro la sua posizione, non elevata certamente < posso girare liberamente per alcune parti, ma devo sempre sottostare all'archivista principale > spiega con calma, ripensando a ciò che ha imparato su quel lavoro < ma solo l'archivista anziano ha il permesso di poter provare ad accedere agli archivi centrali > e sfila di nuovo in altre fila, se vorrà fare domande, dovrà seguirla. [chakra on] Continua la sua camminata per gli archivi, seguendo l’imponente donna che la sta guidando tra le immense fila di rotoli e scaffali. La ragazza fa un respiro più profondo, le sue narici si riempiono di quello che è l’odore della storia contenuta nel posto in cui si trova. Le sue palpebre celano per qualche istante in più le grandi iridi azzurre, in una catalisi che si manifesta con un brivido che parte dalla nuca fino al fondo della sua giovane schiena. <Non mi permetterei assolutamente…> risponde freddamente con un filo di voce, per poi aggiungere <… mi piacerebbe approfondire ciò che è custodito qui, così come negli altri archivi, sì> conclude poi. La sua impassibilità esteriore non corrisponde all’ardore che la alimenta interiormente. La sua fame di conoscenza non è quantificabile, e trovandosi lì in quel preciso istante la piccola capisce che ci sono innumerevoli spunti dai quali può attingere. Si figura già la sua minuta figura intenta ad analizzare ciascun singolo rotolo nei vari archivi del villaggio, e l’idea le piace. Sembra quasi che il suo pallore là dentro viri verso un colorito più umano, ma chiaramente è solo una sua sensazione. La giovane ascolta con attenzione ciò che l’archivista le illustra, continuando a fare una tomografia con i suoi occhi attenti di tutto ciò che la circonda, oltre che della persona che ha di fronte e che sta seguendo con meticolosa attenzione. Quando la donna accenna alla storia dei villaggi prima della loro distruzione, balenano immagini confuse nei pensieri della ragazza. Immagini violente, rumori forti, ma di cui non ha dei ricordi nitidi in quanto era solamente una bambina quando ha vissuto il momento dell’emigrazione. E a questo punto inizia a riflettere sull’importanza di ciò che è custodito negli archivi, di come quello che lei ha perso memoria perché troppo piccola può essere rispolverato ed ampliato, con una consapevolezza più matura. <L’archivista anziano…> ripete poi dietro a Sango, rimuginando sulle parole condivise con lei. Non ama molto le gerarchie, per lei la sete di conoscenza va oltre questo costrutto sociale. <C’è davvero tanto dentro gli archivi. Ora capisco il tuo sguardo stanco> afferma poi. Ecco che il suo fare supponente emerge, ma non lo fa con cattiveria, è solo anti sociale. <E se volessi iniziare come apprendista, come potrei fare?> chiede infine, posando il suo sguardo dritto negli occhi dell’archivista, pronta ad assimilare tutte le informazioni necessarie. Tra un passo e un altro non escluderà mai totalmente la giovane dal proprio campo visivo, come a volerla tener d'occhio, e dopotutto quello che sta facendo è la parte un pò più noiosa del suo lavoro, riporre tutto accuratamente in ogni spazio consono < sei alla ricerca di conoscenza > mormora la stessa, prendendo un'altra strada per un'altra serie di file < la conoscenza è un arma molto delicata, ma può distruggere tutto e creare allo stesso tempo > un piccolo insegnamento, il suo, mentre continua a riporre altri rotoli, spostarne altri per far spazio, stare attenta a dove inserirli per non perderli dopo, quando serviranno di nuovo, a qualcun altro, a lei stessa. Spiega a grandi linee quel lavoro, di come siano decisamente impediti a far tutto ciò che desiderano, ma la conoscenza è potere , e il potere non piace a molti, specialmente a quel grande governo. < oh > ridacchia a quel suo successivo dire < non è per il lavoro, no, qui dentro mi sento in pace > come esser congelati ancora una volta, ma adesso almeno libera di muoversi, parlare, e assaporare vecchi ricordi < è il passato che continua a tormentarmi.. la guerra civile del mio paese in particolare > tutti quei rotoli son stati solo per lei, e troverà un nuovo momento per poterli analizzare ancora e ancora, la ricerca non si è di certo fermata li < l'ossessione di un passato che non c'è più, quale idiozia no? > non si rivolge solo al lavoro adesso, no, ma a qualcosa di nettamente personale, qualcosa di diverso dalle prime espressioni distaccate che ha utilizzato < ti consiglierei di farti assumere da quello del tuo settore > cominciare dalla propria casa è sempre un ottimo modo per imparare < sei una cittadina di Ame? > che sia anche lei una delle figlie della pioggia? Tutto deve esser rivelato, ma non mancherà di lanciarle un occhiata più profonda, alla ricerca di qualsiasi tratto distintivo che possa smascherarla subito, no, di certo non è una Hyuga, ne un Kakuzu. La osserva nella sua mancanza di armi pure < sei una kunoichi? > diretta anche lei, senza fronzoli, alla ricerca di informazioni personali questa volta sebbene ancora non ne abbia chiesto il nome, solo la provenienza. [chakra on] La passeggiata nella storia continua, così come la loro conversazione. La giovane rimane colpita da come la donna abbia capito cosa la muove dal profondo scambiando solamente poche parole. E sono letteralmente poche, data la refrattarietà con cui la piccola apre bocca. Non risponde. Si limita a fare un cenno con la testa. Quando viene capita da una persona che non sia lei viene presa da una particolare ineffabilità. Ascolta poi con attenzione cosa le viene detto, e lei prontamente risponde <L’arma più potente…> commenta, per poi aggiungere <… ma l’importante rimane non perdere il contatto con la realtà. È il sottile confine con la pazzia>. Parole cariche di pathos, la sua voce ora più che un vento gelido si è fatta più espressiva. Succede quando è veramente interessata. Silenziosamente, in maniera reverenziale, presta attenzione alle parole di Sango. Le metabolizza, le interiorizza, capisce che quello che per lei era semplice sarcasmo ha un fondamento più profondo, capisce che deve regolarsi perché di fronte a lei non ha una persona qualunque. <Idiozia?> ripete la giovane <il passato è la sorgente del nostro presente, l’ago che punta al futuro>. Con queste parole criptiche, la ragazza cerca di dare conforto al dramma interiore della sua interlocutrice, mostrando nel suo modo comunque distaccato di mostrare la sua vicinanza alla causa. In fondo, per quanto la piccoletta abbia capito, per quanto riguarda lo studio crede che le due siano fatte della stessa pasta, o quasi. <No, io sono di Kusa> afferma la giovane, per poi aggiungere <sono una Genin di Kusa> con un tono leggermente più stizzito di prima, come se fosse scontato che fosse una kunoichi. Eppure ancora non ha capito che dall’esterno una persona così piccola e apparentemente innocua, se non per il suo letale sguardo glaciale, non sembra affatto un ninja. <Quindi mi consigli di andare agli archivi del mio villaggio… capisco> aggiunge poi, cercando di sviare il discorso, forse per celare qualcosa. E lei quel contatto di cui la pallida ragazza parla, pare averlo perso ormai da molto tempo. Ma non si disturberà a dire nulla su questo, sarebbe troppo personale, come dargli uno scorcio troppo profondo dei propri di problemi, e son tanti, troppi . Non perde le sue espressioni, quel cambio di tonalità, la sua stessa curiosità accendersi e ardere con maggior vigore < sono incastrata tra un passato ancora vivo e un presente che fatico a seguire > flebile la voce, sfiorata da una stanchezza interiore che nulla ha a che fare col fisico < so che devo metter un punto a quello che mi son lasciata dietro, altrimenti.. > altrimenti cosa? Lo sguardo che punta di nuovo a lei, stanco, si, ma non per questo privo della propria di fiamma < il futuro non riuscirò a seguirlo > è perfettamente ferma ad un punto in cui non riesce più a metter un solo singolo passo in avanti, rimanere ferma in quel limbo eterno di ciò che la tormenta ancora dopo trent'anni, rimanere ancorata a quel legame che non vuole recidere, e adesso sfocati ricordi e piccole attenzioni tornano a galla < i kami sono proprio ignobili quando vogliono > sbotta d'un tratto, persa nell'affollata mente, scacciando via i ricordi e tornare ancora una volta a quel presente, ad udire lei stessa di quale paese sia. Potrà notare come la propria mascella si serri lievemente, lo sguardo più attento, viscerale < sei una kokketsu? > sarebbe davvero la sua maledizione, quella li. Esser circondata e perseguitata da un clan che vorrebbe solo eliminare fino alla radice. < il mio consiglio è questo, anche io ho fatto così, mi sono proposta come apprendista sebbene sappia molto di più di coloro che lavorano qui dentro > stizzita lei adesso, ma non direttamente con la giovane, quanto più la pochezza con cui l'hanno trattata al suo arrivo li dentro < io l'ho vissuta questa storia > sbotta infine, ormai ha finito di porgere tutti quanti i vari rotoli, e il silenzio tombale torna a farsi sentire < dobbiamo tornare di la, tra poco chiudiamo. E devo trovare il mio apprendista e appenderlo in piazza > non v'è alcun segno di scherzo sul viso, ma un incredibile serietà, invitandola dunque a lasciare quella stanza per esser infine chiusa, nelle luci, e con la chiave apposita. [chakra on] Ascolta, osserva, o per meglio dire, scannerizza. I suoi occhioni blu profondi si posano sulla gestualità e l’espressività della donna che ha di fronte, mentre espone quello che è il suo dramma, per quanto possa aver esternato con una sconosciuta quale lei. <Credo che quando si è troppo legati al passato, sia arrivato il momento di lasciarsi trasportare dal vento> si limita ad affermare la ragazza, in un altro impacciato tentativo di dare conforto alla sua interlocutrice. La fissa profondamente, ma questa volta dietro i suoi occhi anziché il gelo del ghiaccio c’è la neve, candida. Vorrebbe incontrarla di nuovo, quella donna, magari in vesti di archivista, magari per darle una mano, chissà quando nel futuro. Ma è troppo presto per arrivare a conclusioni affrettate e a progetti strani, queste sono le tipiche pulsioni di una sedicenne che a tratti è ancora un po’ ingenua. Non sa chi ha davanti, non deve mollare la sua attenzione. In quel momento di fragilità, non può però che mostrarsi compassionevole. Dopotutto, anche lei ha dei drammi irrisolti. Certo, l’entità non sarà sicuramente di quelli vissuti dalla persona che ha di fronte, ma questo basta per empatizzare con lei. <Kokketsu?> il suo flusso di pensieri viene interrotto da quella domanda. Di nuovo il sopracciglio destro si inarca, per lei è inaccettabile essere scambiata per un altro clan. Per un attimo perde la sua compostezza, si osserva rapidamente e con compulsioni le mani, per vedere se effettivamente il colore della sua pelle è chiaro quanto dovrebbe. È un discorso che ancora la tocca, la ferisce: il colore della sua pelle è l’unica cosa che indica il suo clan di appartenenza. Questo è un tasto dolente per lei, che l’innata ancora non l’ha mai manifestata. Le ultime parole proferite dalla donna in seguito alla domanda vengono totalmente ignorate, i pensieri si affollano nella sua testa. Panico. <Ti ringrazio veramente per le informazioni che mi hai dato, forse un giorno ci incontreremo, ma io sarò in altre vesti> aggiunge poi la piccola. Non è stizzita, non è alterata, è semplicemente triste e disperata e prima che le scoppi in lacrime davanti, dimostrandosi debole, preferisce tagliare corto e andarsene. <La strada me la ricordo, starò attenta a non urtare nulla> sentenzia infine, con il suo flebile e freddo tono di voce mentre si scioglie i capelli e copre la maggior parte del suo viso. Si gira, ripercorrendo la strada che ha osservato attentamente, ed esce. Una lacrima, questa volta di ghiaccio, scende dall’occhio sinistro, rigandole il suo pallido viso. Il sorriso sulle labbra si fa più morbido a quelle parole < un giorno > chissà quando e dove riuscirà a mettere un punto, e la morte non sarà più il suo primo pensiero. Rimane difatti stordita anche dal suo di cambiamento, da quella sua compostezza e freddezza adesso rischiarata da qualcosa che cela l'altra sotto l'armatura che indossa. Qualcosa può intravedere, qualcosa per cui potrebbe anche solo provare ad affondare il coltello, rigirarlo in qualche sua ferita, goderne del suo dolore e farlo proprio in qualche modo, ma si astiene, crudele lo è sempre stata, eppur adesso pare che qualche fiammella dell'essere madre stia nascendo di nuovo. Tace, ma osserva anche lei, quel suo colore della pelle che non la rimanda a nulla, non conosce bene quel suo clan di appartenenza, e in molti possono esser totalmente differenti da coloro che sono i tratti tipici di un clan, lei stessa porta un rosso volgare addosso invece del pallido candore di una Konan ormai morta da tempo. Ne osserva quei dubbi, quella sua voce che assume tratti tristi, sull'orlo del pianto disperato che spera con tutta se stessa non avvenga li dentro, con solo lei di guardia. Non avrebbe saputo cosa fare, dove metter mano, che ella sfugge a lei con quelle ultime parole. La vedrà defilarsi, la schiena e il bianco crine oscillare per qualche attimo prima di perdersi nei corridoi di un loco ormai deserto < sono riuscita a fare piangere una ragazzina senza fare nulla > un sussurro, a se stessa < complimento, ho raggiunto nuove vette senza rendermene conto > ovvio che sia confusa da quel comportamento, da quella disperazione e tristezza venuta fuori solo nel parlare con lei. Tutto ciò che tocca davvero è costretto a rompersi sempre? Pare che nulla sia cambiato in effetti, e anche la rossa alla fine tornerà all'entrata trovandola ancora vuota per il momento, prima di rivedere l'apprendista uscire fuori da una stanza in compagnia di una fanciulla. Oh si, lo appenderà fuori al freddo questa volta completamente nudo, avrebbe imparato la lezione prima o poi. [end]