友達 Tomodachi
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Giocata del 22/12/2021 dalle 10:38 alle 14:01 nella chat "Sede Shinsengumi"
[Sede | Zona Ristoro] A quanto pare vive quì dentro, ma del resto non ci si aspetterebbe nulla di meglio da chi al di fuori del lavoro ha deciso d'avere ben poco altro che grane e divertimenti; il perfetto connubio di chi s'è perso e non ha mai più cercato la via di casa. Da Naomi, dimenticata ed etichettata come se fosse la beffa che la vita s'è fatta di lei, sostituendo quello che metaforicamente potremmo associare ad un brownie, con una schifosissima crostata di nocciole. Per lo meno il suo talento è divertente, molto più divertente d'un paio d'occhi rossi. Va bene così, suppone. Del potere ci si pulisce il culo. Appollaiata su uno sgabello nel margine d'uno dei plotoni d'esecuzione, ride sotto ai baffi di una battuta di quelle che fanno ridere solamente chi al posto del cervello ha delle noccioline malamente sbucciate - masticando il margine di un tteokbokki che fino a poco prima galleggiava in un mare di sughetto infernale all'interno di una tipica vaschetta di plastica, reperita nella pausa pranzo tra le ronde e gli allenamenti. Sul bordo dello sgabello pende uno spallaccio della divisa formale, e la benda raffigurante il suo grado nell'organizzazione anti-terroristica che è la Shinsengumi. Capelli raccolti per la metà superiore, spigoli ovunque - tanto da risultare più tagliente, tra il tetro e lo sciupato, ma con le stesse labbra color ciliegia di sempre. Il giusto margine tra piacente e repellente, come alla fine dovrebbe esser tutto quello che è a conti fatti velenoso. Attrae e incute il fascino del timore, del gioco delle probabilità che offre la natura stessa. Vestita d'un paio di jeans elasticizzati a vita alta, d'un nero opaco tendente all'antracite, fermati appena sopra l'ombelico da una cintura spessa del medesimo colore, adornata ad ogni centimetro da un anellino incastonato nella stoffa color argento - mentre ella parte superiore v'è un top a fascia sportivo coperto in buona parte da una maglia simil lupetto caratterizzata da quattro cinghie della medesima fattura della cintura, ornate da anellini argentati, che le fasciano il petto mettendolo solo in parte in risalto. "Dove l'hai letta sta battuta, sulla settimana enigmistica?" Un brontolio a guancia piena, bofonchiato tra un morso e l'altro, pulendosi con un fazzoletto bianco il muso dai residui di salsa a base di gochujang. [dettaglio:https://i.etsystatic.com/30920866/c/899/714/0/38/il/c79b77/3250872062/il_340x270.3250872062_jxja.jpg] [Zona ristoro] Il potere le inebria la mente, tanto che ormai ha preso l’abitudine a lavorare sempre e solo con il chakra attivo. Ora che non è più un agente scelto ma semplicemente uno scalino più in alto fa fatica a tenere i piedi ben saldati a terra, non che si sia issata sulle nuvole ma vedere il suo obiettivo un traguardo più vicina l’ha portata a perdersi di tanto in tanto. Questo è uno di quei momenti. Non ha mai smesso di lavorare sodo ed è il motivo per cui comunque bazzica sempre in sede, infondo deve quella promozione alla totale assenza di vita sociale o affettiva, immersa completamente in ciò che significa essere attrice quasi di successo e ufficiale. Stranamente però è nella zona ristoro, non ha semplicemente trovato nessuno schiavetto a cui chiedere per cui ha dovuto lasciare uno di quegli uffici minori che ora occupa per andare a procacciarsi dei viveri con cui tirare fino a sera. Si intende quindi zuccheri, acqua e caffè. Indossa la solita divisa informale lei, non avendo nulla di grosso a cui partecipare, non è cambiato molto rispetto a prima. Un apio di pantaloni stile palazzo le ricadono eleganti lungo le gambe, neri la fasciano e ne slanciano la figura segnandone al contempo il punto vita, la giacca chiusa solo con il bottone centrale che lascia intravedere la carnagione neve e perfetta del suo stomaco e del petto, una bralette in pizzo nera che spunta dalla giacca, nella sua parte superiore, donandole eleganza solo nella misura in cui il suo seno è acerbo. Soliti anfibi laccati di bianco e con stringhe nere ai piedi, seria ma con stile. I capelli fragola sono raccolti in una coda alta, perfetta, non c’è ciuffo che sfugga dal suo controllo, gli occhi rossi focalizzati davanti a lei, su un punto, le macchinette perché non ha certo intenzione di fare la coda come i comuni mortali. Sul braccio la fascia blu a distinguerla dalla massa per farla rientrare in un’altra grande categoria, come se fosse la prima degli ultimi ed infine appuntata lì sulla giacca, sopra al cuore la spilletta con il simbolo di quella corporazione, del colore della fascia. Fedeltà. Un’ideale in cui probabilmente ha smesso di credere anni addietro, mesi fa ma che sicuramente sa interpretare. Fedeltà unica al suo obiettivo finale. Tanti i pensieri che l’affollano la testa mentre si avvicina a Nene, quasi non riconoscendola all’inizio. Solo quando ormai è accanto a lei, davanti alla macchinetta la sente e la intravede. Si sono scritte negli ultimi giorni, ma decidere se ignorarla o parlarle è sempre difficile, si sono miracolosamente evitate fin ora. L’osserva però il che di base le fornisce la risposta a quell’interrogativo devastante <hai tempo per cazzeggiare agente scelto?> il tono è serio, autoritario eppur non riesce a nasconderle un sorriso. Avrà avuto i suoi motivi per abbandonarla, infondo le ha scritto, può davvero odiarla? Per ora è il dubbio a vincere e quindi per quanto appaia forse più fredda del solito quella mezzaluna è comunque sulle sue labbra, silente ma la porta viene socchiusa verso di lei. [chk on] [Sede | Zona Ristoro EDIT] Come se poi pulirsi fosse in qualche modo utile a qualcosa; rimarrà sempre un alone rossastro che le infiamma le labbra sporcandone il contorno, come se non fossero più disegnate nitidamente. Fuori fuoco. Perde il tempo a cavallo tra gli allenamenti e la ronda pensando ad un gruppo di cerebrolesi molto bravi a menare le mani, e a scorrere le foto di qualche ragazza su Ninder, di quelle con cui passeresti una notte solamente - perchè l'idea di fermarti al mattino ti impone una sensazione mista tra disgusto e terrore. Il ginocchio portante si vede puntellato contro il petto, con il tallone dello stesso piede pericolosamente incastrato sul bordo della seduta, obbligandola ad arcuare la schiena sulla stessa leva per non far scivolar il piede in avanti, caricando sulla gamba l'intero peso. Distratta. Ma incredibilmente non assonnata, come se fosse una granata sul punto d'esplodere. Effettivamente cosa è successo? Il devolversi delle situazioni hanno finito per il congelare qualcosa a cui teneva davvero. A dire il vero, più di una cosa; al collo pende ancora una testa di lupo usurata dal tempo e dalle cadute - le orecchie ovattate dal tipico brusio di una pausa colazione, dove volano battute, parole d'organizzazione delle ronde. Tutto le orbita attorno senza toccarla - senza toccare niente di lei. L'ennesimo morso le riempie la guancia per un paio di secondi solamente, prima di sparire al di là della cavità orale. E da tutto quel brusio, da quel vociale quasi fastidioso, una freccia le trapassa il cranio da parte a parte bloccando l'avanzata del polso alla volta delle labbra che si bloccano ivi dov'erano. Aperte. La voce di Saigo trabocca, come cera sul bordo dell'acqua. E' lei? L'iride indaga, cacciatrice, finendo per ricercar la pallida sagoma del proprio antipode issando una selva di ciglia color carbone. Un silenzio simbolico di chi è stato beccato in flagrante, bloccando il cellulare che fino a quel momento era al centro delle attenzioni della salamandra - facendolo scomparire in una delle tasche posteriori dei jeans con un movimento sciatto, ben poco degno di nota. "Ufficiale Manami..." La punta tipica di raceudine sporca la voce femminile, sottolineando ceto e cognome a mo' di saluto. E' difficile comprendere a cosa stia pensando - a cosa invece Nene stia lasciando la porta aperta. Chiusa, a tutto, meno che a quelle che sono le sue mansioni. Nessuna aspirazione. Nessun titolo da ambire, nessuna fedeltà da perseguire. L'ingranaggio d'una macchina consapevole d'esser niente più di quel che è effettivamente. La verità è che ha già aperto le sue costole un tempo, per poi accorgersi che esser vulnerabili è una vera cazzata, una meravigliosa cazzata. Perfetta. Lo realizza alzando lo sguardo su Saigo, lasciando una vaschetta mezza smorta sul tavolino accanto a lei; Saigo, è perfetta, all'apparenza. I vestiti, la sua coda impeccabile, il suo portamento. Eppure, la conforta ricordarla piccola e vulnerabile. Tutti lo siamo stati. "Trovo tempo anche per questo, perchè sono un esemplare agente scelto." Sboccia un sorriso, sfiorendo la serietà con cui ci si rivolge ad un superiore - rigirando una lamentela a proprio favore - per quanto ironica sia stata. Rialzata, tra le risa del proprio plotone d'allenamento - ripone la fascia da recluta al bicipite, esattamente dove dovrebbe essere - e lo spallaccio rilegato ivi dove dovrebbe essere, con un canto di catenelle tetro che spezza il silenzio. Avanza, in formali schiocchi d'anfibio sul piastrellato, affiancandola alla macchinetta. Sciatto, il modo d'appoggiarsi con una spalla sul macchinario aspettando che lei prenda quello che vuole guardandola dal primo all'ultimo capello. "Quindi, Saigo..." Intercalare, la svolta confidenziale lasciando sullo sfondo tutto il resto e modulando la voce poichè sia quello che deve essere. Bassa, ma incisiva. Il fazzoletto bianco sancisce una pausa passando sulle labbra, pulendo quel che rimane di quel rossore raccontato poco fa'. "Adesso di chi ti fidi?" di Nene, di Sango, di se' stessa. [Zona ristoro] Teatrale. Inconsciamente teatrale, lo aveva quasi dimenticato questo lato di Nene, sempre esagerata, sempre troppo diretta sempre pericolosa. Non c’è modo di vederla diversamente, lei che per prima è stata scottata da quell’atteggiamento, come un gatto che rifugge ad ogni contatto, simili nell’allontanare chiunque potrebbe renderle vulnerabili ma al contempo così diverse. Nene un felino e lei più una viscida serpe, capace di annientare se ferita, incapace di perdonarsi per questo stesso motivo, ancora lontana dall’accettare la sua natura. La mano destra si alza verso la macchinetta, in mano i ryo necessari all’acquisto di una bottiglietta d’acqua e un paio di pacchetti di caramelle ricoperte di cioccolato, non il suo cibo preferito ma pare non esserci altra alternativa. Si limita a schiacciare i numeri corrispondenti ai prodotti, uno alla volta e con lo stesso fare metodico attende semplicemente che i prodotti cadano. Acqua per prima, non sia mai che finisca per schiacciare il cibo. Resto erogato, si abbassa lo recupera e poi lo reinserisce per procedere nuovamente alla selezione. Nene si alza, le si avvicina, come una tigre pronta a giocare con il suo stesso cibo. Gli occhi rossi si scostano dal freddo vetro e si dirigono a quelli del predatore. Non si scherza. Non con lei. Come se issandosi iniziasse a far suonare la sua coda cancella il velo di quel sorriso dal volto <ti aspetti davvero che faccia il tuo nome?>, Nuovamente scosta lo sguardo mentre il secondo tonfo annuncia l’erogazione del primo pacchetto di caramelle. Nuovi ryo vengono inseriti, il numero viene nuovamente digitato e proprio come prima la macchinetta si prepara in quel gelido istante tra loro ad interrompere con il tonfo del cibo e del resto. <sei sparita Nene> ammette semplicemente <senza nemmeno darmi una spiegazione> sei sparita come tutti. Te ne sei andata come chiunque altro nella sua vita, come Fuji, come i suoi compagni, come Haru ed un infinto di nomi ancora. Però le ha scritto. Si abbassa quel tanto che le serve per recuperare tutto il suo bottino aprendo semplicemente lo sportello. Osserva il contenuto, mannaggia non si è portata dietro nulla. Si infila i due pacchetti di caramelle nelle tasche dai pantaloni, recupera la bottiglia <certo non mi fido di quella stronza di Sango che sta facendo troppo domande su di noi> come se volesse metterle l’una contro l’altra. Ha chiesto di lei a Nene e poi viceversa, insinuando come se una delle due avesse mentito, non si fida e non si fiderà mai di quella donna. La bottiglietta d’acqua viene recuperata e per ultima infilata nella tasca della giacca, sporgendo per la parte superiore. Torna in posizione eretta e si volta verso di lei a fissarla. Spiegati. Una richiesta tacita nei suoi occhi rossi. Dammi una motivazione per tornare a fidarmi di te. Quella porta sempre socchiusa, pronta ad essere spalancata perché per quanto possa dire ha bisogno dell’agente scelto, non ha trovato sostituti alla sua presenza nella vita.[chk on] [Sede | Zona Ristoro EDIT] Spiegazioni - accuse - domande. Ad imparare a leggere tra le righe, bene o male, si percepisce molto più di quello che viene detto. Un talento quanto più necessario con una persona come l'ufficiale - e fin troppo deleterio se si parla con una come Nene, che fondamentalmente dice quello che deve essere senza troppi inutili fronzoli. Deve averle fatto male; realizza un pensiero del genere mentre accartoccia il tovagliolo togliendolo di mezzo, lanciandolo in uno dei cestini che affiancano le macchinette mentre lei è del tutto intenta a prendersi le sue caramelline al cioccolato e la sua acqua. E' sempre la stessa, cambia solo l'involucro. E questa è una conferma. Non ha torto, è chiaro, eppure sembra tutto così poco rilevante ai suoi occhi - come quando non ci si accorge veramente d'avere sbagliato. Si prende del tempo. Il tempo che ci vuole nel cercare un pacchetto di sigarette morbido nell'insenatura della tasca del jeans. Schiacciato e tramortito, mezzo rotto, però le sigarette sono tutte intere, solamente un po' storte. Alla Gighen per intenderci. " Ti capisco. " E cos'ha da dire in merito, quali parole potrebbe tirar fuori per pararsi la faccia? A dire il vero, trova patetico il tentativo. Mentre s'incastra il filtrino giallo tra le labbra, discosta lo sguardo da lei facendolo vagare verso una delle finestrone che danno sull'immenso palazzo del governo, lì dove esattamente qualche settimana fa' è stata incastrata in un discorso da Sango. Un discorso fatto di somiglianze negate, il quale ricordo le frammenta un sorriso smilzo sul viso, piegando ulteriormente la sigaretta già sufficientemente massacrata. "Ho avuto un egoistico bisogno di reinventarmi." ... "E del resto, non sei il tipo di persona che ha bisogno del mio costante supporto." Danza l'occhio, torna dalla vetrata al suo viso, carezzandone il profilo - dal labbro inferiore, alla fossa rossa. Da' per scontato che sia così - in modo crudele e insensibile. O forse vuole spingerla a capire lo stesso. Ha avuto necessità di Nene? Sì, forse sì, siamo umani del resto. Abbiamo sempre avuto bisogno di presenza, di costanza, di fiducia. E Nene questo non lo capisce. O ha smesso di volerlo comprendere, negando una cosa simile a se stessa. La voce stropicciata dalla sigaretta torna pulita quando la sfila dalle labbra, lasciando con un mezzo cigolio la macchinetta con la classica spinta a rialzarsi, spingendo il busto a muoversi alla volta della portafinestra ove è possibile fumare, ma aspettando che Saigo abbia recuperato tutto quello che doveva recuperare dalla fossa dei dolciumi. "Ho già dimostrato di valere la tua fiducia. E ti ho già /vista/, per quello che sei. Non ho bisogno che tu dica il mio nome." ... "Perchè lo so' già." Che mi consideri dalla tua parte, che lo sai - che siamo sullo stesso fronte. Anche se non mi vedi, anche se non mi senti, anche se mi sono persa. Guardiamo sempre nella stessa direzione. "Per quanto riguarda Sango, non ho idea di cosa stia combinando. O cosa voglia combinare. Onestamente... La consideri una minaccia?" [Zona ristoro] Mentre raccoglie i pacchetti e se li infila nelle tasche sente quelle parole come se fossero una stilettata. Non saprebbe nemmeno spiegare il perché semplicemente viene trafitta. Che diritto ha lei di lamentarsi, infondo non l’ha mai davvero cercata, ha trovato i dolci, li ha mangiati ed è sparita, che diritto ha lei di lamentarsi che ora convive con il suo ex. Non ne ha. Lo realizza e lo dimentica al tempo stesso, combattuta su due fronti, l’egoismo e la necessità di non soffrire più da una parte e quella dannata costante tensione a non voler rimanere mai davvero sola. Voleva prendersi il caffè, osserva il pacchetto dell’altra e celere quindi si limita ad infilare i soldi nella seconda macchinetta, un caffè corto, qualcosa che la tenga attiva durante le prossime ore. Il cigolio metallico dei ryo che cadono, i bip del pulsante per la scelta selezionata e poi tutti quei rumori grigi che seguono dati dalla macchinetta che si mette all’opera <sono il tipo di persona che merita di sapere però> sapere che te ne andrai, avere delle notizie un’informazione. Non la cerca, mai ammetterà di aver più volte avuto bisogno di lei e di un suo consiglio. Annuisce però quando l’altra continua, incapace di evitarlo lo ammette, Nene non ha mai perso la sua fiducia, forse in parte per quei sensi di colpa che l’attanagliano per via di Nobu, forse semplicemente perché è l’unica che sia riuscita a sfondare con la forza quella porta. Una volta entrati nel suo mondo non si esce, che lo si voglia o meno quei pochi che si sono guadagnati la sua fiducia difficilmente la perdono e che chiunque ci sia li scampi da quel che accadrebbe in quel caso. Insomma è una persona complicata che sono da poco si è affacciata al tentativo di comprendere sé stessa. Il caffè è pronto, lo raccoglie con la destra e segue Nene. Sospira appena a quella domanda, attraversando la porta scorrevole e iniziando semplicemente a girare l’asticella di platica nel bicchierino, massimo zucchero come sempre. Osserva la ragazza al suo fianco, perché sembra che sia già stato chiarito tutto? Le ha mai davvero messo il muso, anche per un solo istante della sua vita? Non lo sa. <Minaccia?> domanda più a sé stessa <non credo>. Osserva ora quel freddo e distaccato piazzale, non c’è nulla di caldamente umano in quella sede, nulla che potrà mai farli sentire a casa seppur per molti di loro quel posto lo sia ormai diventato. Le piace. Sembra quasi asettico <è più come una vecchia pettegola, si vuole mettere in mezzo a tutto, nelle mie indagini, tra noi> scuote le spalle <come una mosca fastidiosa, non rappresenta un pericolo ma è comunque qualcosa che vorresti far fuori, mi capisci?> ed ecco che mentre l’indice della destra va a trattenere il bastoncino in plastica all’interno del bicchierino bianco lei si volta nuovamente verso Nene. La osserva, attende una risposta e il braccio si flette così da avvicinare alle labbra la calda bevanda[chk on]
Giocata del 23/12/2021 dalle 14:09 alle 16:33 nella chat "Sede Shinsengumi"
[Sede | Zona Ristoro] Non proprio coscientemente è stata scontata ed altezzosa - dando per scontato un sacco di parentesi che sarebbe invece meglio tenere in considerazione. Le ha voltato le spalle ed ha aspettato perdendosi le evoluzioni dello sguardo vermiglio. L'oblio è dolce - ed al di la della vetrata - la visuale statica di ciò che non è mai cambiato da giorni a sta parte crea l'insolito conforto della sicurezza. Le labbra pigliano a pizzicare per il piccante ed una pigra reazione al filtro appiccicato ad esse della sigarette. Mettiti in ordine. Nella testa il fischio perpetuo di un borbottio che le ripete mansioni e spiacevolezze torna in azione come una caffettiera al mattino, e sebbene sembri distratta, trova spazio per le parole di Saigo: Meritavo delle spiegazioni. Si? In fin dei conti è sempre stata molto brava a non darne, o a darne molto poche - e mai aveva supposto di doverne a qualcuno. Deve? Una coda artica carezza il profilo indaffarato sognando l'esterno e l'aria fredda, carezzandosi con la punta delle dita la cinghia inferiore di quella sorta di maglia che ha addosso - lasciando che il canto delle catenelle sullo spallaccio indichi un movimento distratto. L'unica risposta che ne viene è una stretta di labbra, come chi si è accorto di aver sbagliato qualcosa, ma non capisce realmente cosa. Un paradosso etico che non esiste la porta nella posizione di metter in dubbio se' stessa, poichè ne è capace, perdendosi l'attimo seguente nel rimuginarci: Ha sbagliato altro? Ha imparato ad esser forte, a non avere bisogno. Ha pianto, s'è disperata, è caduta in pezzi, ha perso fiducia nell'amore - poi l'è sembrato d'intravederlo in solchi pallidi, in sussurri, in promesse. Ed è stato micidiale. E' finita con l'affogare, a fondo, nelle lenzuola. Ed ora, d'innanzi a Saigo, le sembra d'esser costretta a lasciare quel letto in pieno inverno. E onirico e realtà, invero, non sono poi troppo differenti. Non ha fatto niente eppure - vederla - parlarle - avvicinarsi. Rende la realtà così fastidiosamente reale. Consuma il labbro inferiore sotto gli incisivi, lisciandolo fino a farlo diventar più rosso ancora - sventolando la sigaretta tra indice e medio della destra. E' passato del tempo - abbastanza da esser arrivata alla porta che da' sull'esterno ed esser ferma a tenerla aperta così che possa l'altra passare. " Mhn... " Un mugugno, tornando con i piedi per terra - soppesa le parole che riguardano la rossa Ishiba - cercando di seguire il discorso con una lucidità rinnovata. Aspetta d'esser fuori - con gli occhi socchiusi per il freddo mattutino che le sferza il viso, pungendolo. "In un certo senso sono curiosa, la lascerò avvicinare. Hai presente, come la pasta di zucchero con le mosche." Lo ammette senza alcun tipo di remora - dando alle fiamme la vetta della sigaretta che nei primi istanti, sembra voler urlar aiuto - solo per poi ammansirsi in una nube densa di fumo incastrata tra le labbra. Tira, apre quei petali, lascia che si mostri un fiotto di fumo - solo per poi ingoiarlo. Avida. Lo sguardo sul palazzo del governo è fisso. Concentrato. E lo sbuffo taurino la rende l'immagine perfetta della pensatrice. "Non posso dire di non avere interesse. Ha fatto il suo corso come vecchio ninja, ed ora... Aspetta un figlio. Ci avvicina. Suppongo che abbia un piano, o un quadro da seguire, o per lo meno degli obiettivi. Io al suo posto, con la coscienza d'aver vissuto e perso - mi sarei ammazzata." Altrochè fare un figlio. "Sicuramente non mi sarei spaccata la vagina per creare una creatura fastidiosamente cagante ed urlante che non fa altro che infastidirmi, succhiarmi la vita ed i soldi." ... "Ci sono già io a farlo." Tutto eh, succhiare vita, soldi, ed infastidirsi. La mano si premura di distogliere la sigaretta dalle labbra, sbuffar fuori l'evanescenza tra condensa e tabacco, volgendo lo sguardo verso di lei - e la tazzina fumante di caffè. Ci pensa. Ma fare un figlio non ha un senso, in questo mondo. Una perdita di tempo. " O forse sbaglio." Sul piano, la vita e tutte quelle cose. "Che cazzo ne posso sapere." Del resto, è cosciente di esser un caso clinico. Non è mica così sprovveduta. Il mondo è strano, loro sono strane. Le è bastato vederla, incontrarla per riaprire la porta, per lasciare e permettere all’altra di entrare. Non ha mai ricevuto delle scuse per quel comportamento ma al contempo non le ha mai desiderate o richieste, si sono spiegate o forse è solo lei ad illudersi profondamente incapace di restare sola con i suoi demoni. Ha bisogno di supporto, che voglia ammetterlo o meno, ha bisogno di qualcuno da cui sa di poter correre ma è questo Nene? Non crede. Lei è uno specchio, qualcosa di profondamente differente ma così vicino alla sua vera essenza da permetterle di capirsi, di capire e andare avanti. Se Nobu ha preso il posto di Fuji come stampella per poter camminare meglio Nene è ciò che invece le insegna a afre i suoi primi passi, guardandosi cadere impara a stare in piedi. Due facce di mondi diversi, messi in condivisione da una semplice superfice trasparente. La osserva in silenzio e la segue verso l’esterno. Il freddo la colpisce mentre sta bevendo quel primo sorso ed un brivido l’attraversa. Hanno smesso di parlarne. Alza gli occhi al cielo come per assicurarsi che quella tempesta emotiva sia tutt’un tratto sparita, che il vento l’abbia portata via <avvisami quando vuoi sparire> lo bofonchia a mezza voce, come la richiesta di una bambina, mentre la bocca è ancora immersa in quel bicchiere, ci sta soffiando dentro permettendo al calore della bevanda di risalire fino al suo naso e alle sue guance, scaldandola appena, dandole quel torpore tanto agognato così simile al torpore dei suoi sentimenti ora che Nene è nuovamente lì, dove infondo avrebbe dovuto sempre essere. La osserva poi quando si tratta di Sango, non giudica ma ascolta con attenzione le parole altrui <non mi piace averla attorno> ammette per tutta risposta. Comprendere le parole della ragazza, non può condividerla ma non le nega come se fossero errate, non con lei. Con chiunque altro sì. <ha poi il coraggio di erigersi a giudice come se le sue parole valessero qualcosa, infondo non è altro che una sconfitta che si è fatta impagnottare per disperazione> per avere qualcosa di cui vantarsi, qualcosa di cui parlare, qualcosa da rinfacciarle. Non si è offesa durante la loro ultima conversazione ma è lì, dentro alla sua mente e non verrà cancellata molto presto <come quella volta che mi ha schiaffeggiata solo perché si è resa conto d’essere inerme ed inutile> infondo è ciò che era. Lei una ragazzina in pieno d’attacco di panico e l’altro solo una donna incapace d’aiutare davvero che ha preso la decisione più stupida della sua vita, o almeno una delle più stupide. Il tempo scorre al ritmo di quei sorsi di caffè, ecco che arriva il secondo, lentamente, per paura di bruciarsi sì ma abbastanza veloce da non evitarle completamente quel rischio perché proprio mentre sente il liquido avvicinarsi alla sua bocca inclina maggiormente il bicchiere di platica. Come Icaro che si avvicina al sole, come lei che torna da Nene allo stesso modo corre il rischio per sentirsi ristorata, un rischio da cui vorrebbe solo rifuggire ma che infondo sa essere parte stesso della sua natura [chk on] [Sede | Zona Ristoro] Esagerare un'introspezione sarebbe troppo con lei - a dire il vero si fa cava alla ricerca di qualcosa che possa motivare il giorno nuovo. Immobile ascolta, lascia che il filtro ronzi nei pressi delle labbra come se fosse sempre pronta a reclamare l'ennesimo tiro di sigaretta; Avvisami quando devi sparire. L'ha ascoltata, eppure non ha emesso ne suoni ne movimenti che lasciano intender d'aver compreso o anche solo accettato quell'offerta d'armistizio, quel compromesso dove ci si accetta - nonostante le necessità in conflitto - in favore di un bisogno più grande. Quello di Saigo, di averla vicina - quello di Nene, di non avere solo nemici o amanti. La guarda con la coda dell'occhio e i pensieri si rifocillano di informazioni e d'immagini di Sango. Non ha bisogno di farle la guerra. Non riesce ad infastidirla davvero. Piuttosto, l'incuriosisce - fino a storcere quel broncio in un cipiglio confuso e pensoso. Cosa sta facendo? V'è mai capitato di non capire qualcuno? Sicuramente più di una volta - ma non è banalmente solo quello. E' proprio una profonda incomprensione, come se qualcosa non avesse alcun motivo d'esistere. Il fastidio. I suoi gesti. Uno schiaffo? Quella lama ch'è la linea tra mascella e mandibola si gira lentamente verso Saigo, ascoltando quel che viene nel discorso. Le ha dato uno schiaffo? Le sopracciglia corvine, disegnate in un arcata che par sempre pronta a ringhiare - rinnovano il movimento in un cruccio che rimarca le rughette del centro tra le sopracciglia. Come un pitbull. "Ti ha picchiata?" Becere briciole di domande come: Perchè? Come? Che è successo? Eppure esce solo una virgola tra tutte queste, con un tono imperativo - inquisitorio. L'ennesima azione senza un senso. La man destra si allontana dal muso con la sigaretta. Uno schiocco del pollice lascia cadere la cenere giù dal cornicione, spostandosi di quel che basta per muoversi verso l'altra. "Ho un idea." ... "Parla con Unohana-sama. Potrebbe esser potenzialmente inutile, ma forse spiegandole i comportamenti sospetti della signorina Ishiba ti concederà di vedere i suoi ammonimenti." Sfrigola la sigaretta in ritorno tra le labbra, infiamma i colori del viso - dal nevischio, all'inferno. La brace le illumina il profilo, vomitando fuori tabacco e condensa nelle pause tra le parole. "Del resto nessuno di noi ha niente da nascondere al comando. Sanno senza alcun dubbio che io vado a puttane. Che tu piangi e mangi gelato. Che Nobu fa' uso di sostanze. E che l'Ishiba fa' qualsiasi cosa stia facendo. Dubito che fotta un cazzo a qualcuno finchè non diventa deleterio, o almeno così mi dice Kenpachi quando mi becca a fare cazzate. Del resto tu sei brava ad ottenere quello che vuoi, e magari riusciamo ad arrivare alla fonte prima di loro." Della shinsengumi, s'intende. " Ma solo perchè a noi interessa leggermente di più." Schiocca via la sigaretta, verso il palazzo che veglia su loro. Immensa ombra. Il passo vibra, milita, s'allunga verso Saigo. Tenterebbe di allungare la destra a coglierle il capo - guidarla alla sua fronte. Fronte contro fronte. "Ti avviserò. Ma non puoi più permetterti di esser una bambina, Ufficiale Manami. Posso esserti lontana, ma niente può minarci. Lo vedi?" Si perde il quel caffè, in quella violenta discesa verso il suo stomaco, ascoltando il corpo ed il bruciore di quel liquido che sembra volerle infiammare l’intestino, infondo ha corso il rischio e alla fine si è bruciata come sempre. Ne ascolta le sensazioni per ricordare a sé stessa che a volte ne vale la pena, eccolo il motivo per cui non si perde le reazioni di Nene perché mentre ricorda a sé stessa le viene quasi automatico andare ad osservarla. Per Nene ha senso correre quel rischio. La osserva contrarre il volto come se lo schiaffo adesso lo avesse tirato a lei, come se fosse stata appena colpita, così simile allo sguardo che quella sera è nato nei suoi occhi rossi. Panico e disgusto, rabbia e paura legati a doppio filo. Sospira appena allontanandosi il bicchiere dalle labbra, soffiando ancora una volta <uno schiaffo soltanto> replica con una punta di orgoglio, come a voler sottolineare che mai potrebbe venir picchiata a meno che non fosse un suo stesso desiderio, è abbastanza potente per evitare che qualcuno la meni senza consenso, o almeno questa è l’illusione attuale. La osserva mentre parla, le sorride finalmente mostrando quella sua parte più dolce, ci sono dei toni caldi, quasi familiari in quell’espressione amorevole, di confidenza e affetto. La porta è stata spalancata e poi richiusa alle spalle di Nene, lei è rientrata nella sua vita. <Unohana-sama se ne frega> lo ammette semplicemente <non interverrebbe per così poco> torna al caffè. Dirglielo? Non farlo? Insomma il dilemma è lì. Tace e ci riflette, si fida di quella ragazza, sì forse più di quanto farebbe di sé stessa ma l’abbandono è ancora lì fresco e per quanto non sia in grado d’evitarsi di correrle incontro al contempo non riesce a lasciarsi completamente andare. Sono passate semplicemente oltre ma nulla è stato chiarito. <ma i miei occhi sono su di lei, so molto su ciò che fa e attendo solo un passo falso, qualcosa di troppo, una faccenda in cui non avrebbe dovuto ficcare il naso e sarò io stessa con orgoglio ad arrestarla> Rasetsu. Chissà se è vivo tar l’altro, nonostante il patto non è che si sia effettivamente preoccupata di controllarlo. Il caffè è ormai quasi finito così come la pausa che si è presa, fa un nuovo sorso mentre l’ascolta, quelle raccomandazioni come una madre preoccupata, i consigli di un capitano in battaglia, un motivatore ben pagato. Insomma in quella sola frase il reale motivo per cui ha bisogno di lei, di quel tutto complesso e così dannatamente naturale, una relazione in cui non si sente di dover fingere, in cui non ne ha bisogno ed in cui le riesce naturale non farlo, lei che indossa sempre una maschera depone le armi davanti a Nene <sono un tuo Ufficiale, ti conviene obbedirmi Agente Scelto> le sorride ancora, come poco prima. Beve il caffè <e non dubitare mai della mia lealtà nei tuoi confronti> anche se sparisci. Io sono qui. La guarda, per un attimo il campo visivo viene coperto dalla destra che inclinando il bicchiere le permette di finire quella bevanda, torna ad osservarla, la sinistra ora gira, con l’astina in plastica, lo zucchero rimasto sul fondo. Una promessa, un patto rinnovato che silenziosamente non è mai stato rotto <in questi giorni hai da fare?> se ne esce così un po’ per caso. Shopping, ne ha bisogno, alla fine si deve preparare alla prima del film[chk on]
Giocata del 07/01/2022 dalle 20:39 alle 21:40 nella chat "Sede Shinsengumi"
[Macchinette - Area Esterna] Se solo l'inferno ardesse artico avrebbe la stessa faccia - le labbra da color ciliegia finiscono per sbiancare talmente che sono strette. Eppure tace, per una buona fetta di tempo lascia che il flusso delle parole di Saigo abbia la maglio su tutto quello che le circonda. Un rossore adorabile le pizzica le guance per l'aria gelida del mattino, fino a renderla insensibile. Paradossale in questo momento. La nube della sigaretta diviene presto condensa, issando gli occhi sul palazzone che le getta ombra addosso. Un piccolo cenno con il mento lascia intendere assenso, mentre il suo silenzio potrebbe far capire tutt'altro. Non è d'accordo /solo uno schiaffo/ . Non può ridursi ad essere solo quello. < E con quale autorità. > Una domanda retorica, una non-domanda, si suppone. E lascia cadere così il discorso nel nulla, ripescando filamenti di frasi su cui sproloquiare in totale silenzio e solitudine. Perchè dovrebbe fregarsene? O per lo meno, perchè Unohana dovrebbe fermare delle lecite ricerche, una volta venuto all'occhio degli atteggiamenti inappropriati. Il movimento lento del collo verso sinistra lascia cigolare le ossa, uno scoppiettare di sabbietta tra i legamenti che si dissipa in ben poco tempo. E come il discorso screma nell'annuire di Nene, riemerge una marea di piccole insicurezze: Fuji. Le piace ancora? Cosa dovrebbe dire? Cosa non dovrebbe dire? La sta pugnalando? Lo ha fatto? Forse senza saperlo, ha pugnalato tutti quelli che amava - un po' per paura, un po' per egoismo. Cosa si fa' in questi casi, come si esce indenni? "No, in realtà -- non ho granchè da fare." A parte uscire con quella ragazza del Mulin, quella con i capelli corti color arancio, con le labbra color pesca - ah si, lei. Non importa. E comunque la risoluzione al problema forse, è fingere che non ci sia nessun problema. La guarda con la coda dell'occhio, come se potesse leggerle in viso le risposte. Ma niente, Saigo non è un ricettacolo di risoluzioni di problemi vari ed eventuali. E soprattutto, non è il grande libro dei dogmi. Quindi labbra schiuse, sguardo perso, silenzio. "Vediamoci solo io e te, però. Che ne dici? Ci ubriachiamo e facciamo Shopping." La regola della doppia S. Soju e Shopping? Forse evitare Nobu e Fuji è la cosa migliore per ricostuire un rapporto. O forse, sta lentamente mandando a puttane tutto quello che invece dovrebbe recuperare con fiducia, sincerità, e tutte le puttanate che ci raccontiamo di solito e che profetizziamo, per poi dimenticare quando ci tornano utile. Si promette però: Le dirò tutto, quando sarà il momento. Prima che il momento sia troppo tardi. La mano che prima aveva accarezzato il capo di Saigo ora slitterebbe piano, vorrebbe farle una coccola - una di quelle a cui si da poco peso. Fatte così, per abitudine. "Io non ho mai dubitato della tua lealtà. E' per questo che siamo qui entrambe." Se fosse passata da amica a nemica, se ne sarebbe accorta. E' certo. Le labbra lasciano andare la linea dura per snocciolare un sorriso, uno di quelli tiepidi - ma infinitamente dolci. Onesti. Carichi di quelle tensioni che non sappiamo realmente spiegare - di un insana paura di perdere, ma anche di andare oltre e confessare tutto. /Ho sbagliato io, e ne sono sicura./ Però, tutto ciò, le rimane tra le labbra. Perso nei lembi che la portano a trovar qualcosa nel nulla di ciò che sta cercando. La saluterebbe, se fossero giunte ad una conclusione. Altro non le rimane che un bicchierino di plastica sporco e ormai completamente freddo come l’espressione che par assumere, chiunque non la conosca non farebbe che prenderla per un pezzo di ghiaccio, distaccata, eppure Nene che ha imparato ad affacciarsi nell’abisso dei suoi occhi rossi può tranquillamente comprendere come sia semplicemente riflessiva mentre lo zucchero prima quasi sciolto ed ora nuovamente solido brilla in quella fioca luce. Un tiepido calore sente invaderla mentre la conversazione avanza, come se il freddo sulla sua pelle venisse man mano allontanato dalla semplice esistenza di quella ragazza che ancora si ostina a non voler riconoscere come amica ma che di base è questo e molto altro. Con quanta facilità è passata oltre, incapace di restare arrabbiata, lei ha davvero bisogno di Nene. Scuote le spalle all’affermazione altrui senza troppo scomporsi <con quella che pensa di avere nella sua testina di cazzo immagino> commenti duri detti con una semplicità disarmante, sembra davvero non importarsi delle motivazioni del gesto della rossa, gesto che ha segnato con ancor più forza il loro non legame. La vuole morta come il gatto vuole schiacciare una formica, non una vera necessità solo un capriccio, un desiderio egoistico trasformatosi un prurito fastidioso nella sua mente, una fastidiosa spina da togliersi, non provoca dolore o infiammazione, non mette a repentaglio la vita eppure è lì ed il suo semplice esistere è fastidioso. Mentre il discorso con Nene prosegue lei lentamente rialza quello sguardo pensieroso ed in parte sempre lontano, quasi una parte di lei fosse persa nello spazio nel tempo, la bambina che è era ancora siede nel suo inconscio in attesa di tormentarla ed è quel legame a risvegliarla e placarla, non serve ricordarle di aver perso tutti fino a quando lei verrà coccolata così dalla collega. Ricambia quel sorriso, dolce nello stesso modo, appena accennato, senza scomporsi ma capace di trascinare in quella semplice espressione tutta la difficoltà dei suoi sentimenti. Che dolce-amaro legame, quanto può essere complicata l’amicizia nata da una semplice alleanza <scrivimi allora> replica lei <tu pensi all’alcool e io allo shopping> infondo a voler mettere i puntini sulle i è stata proprio la moretta lì davanti ad istradarla verso quel semi alcolismo di cui soffre. Non c’è altro da aggiungere e la pausa caffè è finita per entrambe, il lavoro, le scartoffie, gli allenamenti tutte le responsabilità di quel suo nuovo ruolo sono rimaste ad attendere durante quei minuiti in cui il tempo è parso fermarsi per poi resettarsi. Tra loro è successo qualcosa ma senza nemmeno pensarci sono andate oltre, quasi senza bisogno di chiarimenti, ciò che si sono offerte è solo sicurezza vicendevole. Un gesto di saluto e poi via, con le sue scorte, verso il dovere. [end]