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Buongiorno, piccola Ren

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con Furaya, Sango

Si prospetterebbe essere un grande giorno... Lo è per qualunque genitore, per qualunque madre che avverte dal basso ventre delle contrazioni che, via via che vanno avanti, diventano sì più dolorose, ma che lasciano comprendere quanto prossimi si sia alla nascita della vita. Ed è il caso di Sango Ishiba, un agente scelto della Shinsengumi, ancor lontana dal termine della gravidanza. Difatti, mancano poco meno di due settimane. Un bambino è sicuramente già formato, capace di sopravvivere fuori dal ventre materno avente gli organi perfettamente formati. Due settimane son comunque necessarie alla sicurezza. Sta di fatto che Sango s'è alzata con quelle contrazioni, a fatica può essersi trascinata alle porte dell'ospedale di Konoha. Le acque non si sono ancor rotte, ma via via che il tempo passava, il dolore si faceva lampante - più forte. Forse... troppo forte. Le basta contar circa i giorni per comprendere che non è al termine esatto della gravidanza, ma questo è un particolare che interesserebbe ad una mamma curante del bambino. Alla rossa... importa davvero di quel nascituro? Paradossalmente, non è neppur una brutta giornata all'esterno... il sole splende come non ha mai--- no, ascolta, torniamo al discorso di massima importanza che stavamo poc'anzi costruendo, anziché prodigarci alla coniugazione dei verbi. Sta di fatto che la strada fino all'ospedale è spianata e non è innaturale che qualcuno s'allontani, andando di già a chiamare un medico, un infermiere - chiunque possa dar una mano ad una donna naturalmente incinta che s'appropinqua all'ingresso dell'ospedale. [ Ambient per Sango ]

12:48 Sango:
 Insomma, ha iniziato proprio bene quella giornata. S'era alzata dal suo fuuton, aveva fatto la solita colazione nel silenzio di una grande casa vuota, e ha distrutto quella tazza che aveva in mano. Il dolore era stato improvviso, ma non subito lancinante, come delle scosse e dei crampi che nel tempo non fanno altro che intensificarsi. Il fattore acque rotte non c'è stato, insomma, non è ancora il tempo - ha segnato pure la data sul calendario di casa - e con la solita calma e incazzatura di un qualsiasi mattino è uscita dalla propria casa in solitudine. Shinsei? No, non era li presente in quel momento. Un messaggio gli è stato inviato "forse sto per partorire, vado a Konoha" insomma, non la migliore a dare spiegazioni come suo solito, ma la preoccupazione vi è, la si può leggere nel viso della rossa, di come le mani si stringano al pancione ove giace ancora quella bambina, di colei che continuerà a portare avanti il nome di colui che ormai è morto da troppo tempo, per poterlo sempre ricordare attraverso quella creatura che ancor non conosce, ma che diciamolo, ama a suo modo . I dolori continuano ad aumentare, ma di acque rotte nemmeno col binocolo. < se non mi date una mano vi ammazzo > si insomma, non ha un carattere facile, tutt'altro, se ci mettiamo l'avere una specie di anguria davanti, i dolori, la fatica dell'arrivare li da sola senza nemmeno sapere dove diamine sia finito quel tai-jutser, beh, abbiamo il nostro bellissimo quadretto. Ma poi, cosa indossa? Beh di certo s'è cambiata con qualcosa di comodo, un kimono pesante di scura stoffa legato dolcemente dalla cintola alla vita, coperto da un Haori completamente bianco come la neve, in tema per il freddo periodo. Solite scarpe da shinobi comode con la suola alta pochi centimetri e le dita chiuse per evitare di perderle per strada, e infine anche un borsone appeso alla spalla sinistra. Non si può dire che non abbia mai fatto nulla da sola, anche quel parto, eppure il fastidio di non avere il biondo al proprio fianco è palese, così come quel lieve senso di terrore nell'affrontare qualcosa che non ha mai fatto. Mai provato, è tutto nuovo, così come quando entrerà in quell'ospedale - orgogliosa com'è avrebbe mai partorito a Kusa? La risposta è palese. < n-non mi si sono rotte le acque > gemerà a chiunque le si avvicini, il corpo che si piega in quelle fitte, il sudore che imperla la fronte libera dai capelli relegati in quell'alta coda di cavallo , alla ricerca di qualche viso medico, qualcuno conosciuto, ma sa benissimo che Kan non è li. [chakra on]

E' complicato camminare in quelle circostanze, non è vero? Un peso d'una anguria che ti preme sullo stomaco e sulle viscere, un bambino che scalcia perché ha bisogno che venga alla luce - stanco, probabilmente, di star all'interno di quel sacco amniotico. Se potesse, starebbe già urlando a squarciagola - come a richiamar la madre, a pretendere d'uscire da quel ventre, ad invogliarla a sbrigarsi. Durante quest'orario, le persone presenti nella sala d'aspetto son in verità poche. Alcune preferiscono andar a prendere qualcosa da mangiare piuttosto che attendere delle ore inesorabili affinché qualche medico possa prendersi cura di loro. Tuttavia, qualche ferito lieve, magari di ritorno da qualche missione, è ancor seduto sulle sedioline grigiastre della sala d'aspetto. Un uomo si tiene il braccio manco che pare non riuscire a muovere, forse spezzato in una colluttazione. <UN DOTTORE, PRESTO! UNA DONNA STA PER PARTORIRE!> Insomma, è intuibile notare quali sono le complicanze della signora appena giunta alle porte dell'ospedale, arrancando a malapena sulle proprie gambe. Un'infermiera dai capelli afro sbuca immancabilmente con una sedia a rotelle dalla porta sulla destra, poco prima del banco della reception e poco dopo le sedie poste sul versante destro. <Venga con me. Stia tranquilla, andrà tutto bene.> L'infermiera, al contrario dei vari presenti allarmati all'interno della hall, si premura di tenere serena la paziente per ovvie ragioni. La prende da sotto le braccia, attenta a non trascinarla, bensì ad aiutarla nei movimenti che dovranno condurla alla sedia dove verrà, in seguito, fatta sedere. <Stringa i denti, la porto immediatamente in ambulatorio.> Nel frattempo, attiva con un rapido cenno della mancina la ricetrasmittente all'orecchio, iniziando di seguito a parlare con qualcuno dall'altro lato: <Donna incinta, presumibilmente sulla trentina--- è al termine, signora?> Le chiede innanzitutto, pur continuando a trainarla per il corridoio che la condurrà all'ambulatorio, prendendo la via dritta parallela all'ingresso. <Dice che non le si sono rotte le acque, ma ha forti contrazioni. Meno d'un minuto l'una dall'altra.> Si sta lamentando troppo per avere delle contrazioni così lievi, quindi sta a significare che non ha un tempo molto lungo durante il quale rilassarsi e riprendere fiato. E' molto sudata, per altro. Un medico - o un infermiere - di queste cose se ne rende conto ben prima. <Okay, ascolti, deve respirare profondamente. Tra una contrazione e l'altra, provi a contare con calma. Adesso, la porto in ambulatorio. Lì, verrà visitata.> In primis, non possono andare alla cieca, specialmente qualora vi siano delle complicanze durante il parto. Sarà questo il caso? [ Ambient per Sango ]

14:13 Sango:
 Ragionare? Di certo non le viene facile, nemmeno il corpo pare rispondere come dovrebbe sebbene abbia il chakra impastato dal mattino. Le gambe che tremano, i dolori che si susseguono lasciando che i gemiti di dolore sfuggano alle morbide labbra della GIOVANE. Si, è giovane, altro che signora! Ma qui la giovane necessita decisamente di quella sedia che le viene infilata da dietro le gambe, le stesse che si lasciano andare di peso < non permetterti a lasciarmi sola > ringhia tra un dolore e l'altro, la rabbia che pare prendere possesso, altro che calma e calma, si ritrova li da sola ancora una volta. Dannato uomo. < n-non > ringhia di nuovo, stringe i denti, il sudore che continua la sua corsa come in una delle calde notti estive prive di qualsiasi venticello a render migliore la temperatura. Brucia, caldo, gli occhi umidi dallo sforzo di trattenersi dal cercare di mettere ko qualcuno solo per potersi sfogare. Ma è un dolore interno, differente dalle miriadi di tagli, bruciature, bucature varie delle migliaia di missioni già affrontate. E' un dolore nuovo, qualcosa che non può controllare, qualcosa che non riconosce, ma riconosce qualcos'altro < non sono una signora > le priorità son sempre le stesse? Forse, ma le mani si stringono forte al pancione, le dita che affondano nella pelle ma si trattiene dal mettere davvero quella forza che vorrebbe usare, come a volersene strappare via. < mancano poche settimane > non troppe invero, aveva davvero creduto che il parto sarebbe andato liscio, con i giusti tempi, e non una corsa tra i dolori in quella città per avvicendarsi perfino a quello più lontano dalla propria dimora. < ci provo > respirare, mantenere la calma. Un qualcosa di semplice da fare, di solito, no? < un Pain, due Pain ..> inizia lei , ci prova almeno, sebbene la voce sembra affievolirsi pian piano, sempre più lenta , distorta tra i ringhi di un dolore che non riesce a controllare < manca poco ..> no, non sa quasi nulla di medicina, non sa nulla di come debba avvenire un vero parto se non in qualche rivista che ha letto solo per esserne al corrente, cercando sempre di evitare la parte dei "dolori interminabili" e i "solo le donne possono resistervi" < oh kami sbrigatevi > la borsa chissà dove è finita, tutto chissà dov'è finito, il cellulare probabilmente pregno di chiamate del biondo ma a cui non potrà dare ancora alcuna risposta. Non sa nemmeno dove la stanno portando, si perde tra i corridoi, le stanze, gli infermieri e i dottori. Lo sguardo vacuo a concentrarsi sul respiro, tenta, prova a estraniarsi del tutto da quel dolore, ma quando pare esservi riuscita per qualche attimo ecco che esso torna , più forte di prima. Solo il fato saprà come andrà tutto, e noi confidiamo nel fato. [chakra on]

La borsa vien presa in custodia dalla stessa infermiera, appioppandola sul retro della sedia a rotelle, ma pur sempre nei pressi della futura madre. <Sarò sempre al suo fianco durante il parto. Il padre? Devo contattarlo?> Le chiede, come a voler fare in modo che i pensieri della fanciulla vadano altrove, anziché restare concentrati sul dolore che, malauguratamente, avverte al basso ventre per via delle contrazioni. <Okay, mi scusi, signorina> L'infermiera, dentro di sé, sta alzando gli occhi al cielo con un lento sospiro; si sta ripetendo lettera per lettera di star calma a sua volta se non vuole ammazzarla con il cordone ombelicale del bambino prossimamente. Il di lei tono di voce, in confronto, permane sempre pacato e tranquillo, come se scene del genere le avesse viste così tante volte da restarne immune. <perfetto, poche settimane.> Parla tramite la ricetrasmittente, avvicinandosi alla porta dell'ambulatorio che viene spalancata poco prima dell'arrivo effettivo sulla sedia a rotelle. All'interno, è già pronto un medico. E' munito del camice bianco con tanto di badge che lo rappresenta come un ostetrico e ginecologo. E' un vecchietto che s'aggira probabilmente sulla settantina, privo della maggior parte dei suoi capelli - pover'uomo. Ha un paio d'occhiali rotondi dalla lente spessa ed indossa i normali e bianchi indumenti d'un medico in sala operatoria - ma pur sempre privo delle contromisure necessarie, essendo in ambulatorio. Or come ora, è possibile notare la mascherina chirurgica abbassata sul mento e i guanti in lattice bluastri alle mani. Tutto sommato, non sarà più alto d'un metro e cinquantacinque. <Bene, signor--> L'infermiera, da dietro la schiena della rossa, lo fulmina con lo sguardo, sillabando tramite la mimica delle labbra il 'signorina'. <---ina!> E l'altro prosegue correggendosi, per l'amor del cielo, evitando una strage di medici prima del parto. Durante quest'ultimo, molto probabilmente, dovranno somministrarle dei calmanti, viste e considerate le minacce che provengono dalla Ishiba fin dall'ingresso nell'ospedale pochi minuti prima. <Okay, spostatela sul lettino. Sono contrazioni troppo ravvicinate tra di loro, le acque si sarebbero già dovute rompere.> Giusto per non allarmare il paziente, seppur stia parlando coi colleghi all'interno dell'ambulatorio: nella fattispecie, l'infermiera coi capelli afro ed un'altra donna che assiste il ginecologo. Si tratta d'una signora dai capelli verdi raccolti in una piccola coda dietro la testa, alta non più del medico poc'anzi citato, dalla corporatura robusta - forse, anche un po' sovrappeso. Sembra una bonacciona. Aiuta l'infermiera a sollevare Sango per essere poggiata delicatamente sul lettino, il quale viene conseguentemente rialzato sol quando la rossa sarà ben distesa. <E' al termine, vero? Sa già se sarà una femminuccia o un maschietto?> L'infermiera dai capelli verdi tenta di tenerla impegnata a parlare, mentre poggiano delicatamente le gambe sui divaricatori, cosicché possano aprirle le cosce e constatare la dilatazione. Sempre ammesso che Sango non obietti... [ Ambient per Sango ]

21:26 Sango:
 < il padre.. > mormora, tra un dente e l'altro, gli stessi che affondano nella carne voraci, ne traggono piccoli gocce di sangue che scivola verso il basso. Il sapore del ferro che impregna la lingua < se non arriva subito lo ammazzo > insomma, tutto nella norma, dopotutto sta minacciando tutti in preda al dolore, qualcosa che le riesce molto bene, sebbene per il momento sia semplicemente un modo per distrarsi anche dal dolore che prova. Il corpo rigido, le mani che affondano ai lati di quella sedia mentre le porte scorrono davanti i propri occhi. Corridoi e corridoi, il naso che s'arriccia ogni tanto a sentire qualche odore strano, qualche medicina, qualcosa di rotto magari, non che abbia il tempo di pensarci che ormai arrivano all'interno di quella stanza, la sua stanza attuale. Lo sguardo che vaga all'interno di quella sala alla ricerca di qualcosa, qualcuno, ritrovandosi un vecchietto munito di camice e una targhetta < almeno qualcuno con esperienza > la speranza è almeno che i riflessi di tale vecchio siano ancora adatti a condurre un parto . No, non immagina nulla, non sa niente di quelle complicazioni, non è che sia stata poi informata , ma a quelle parole, a quella frase il viso impallidisce, il colorito si perde, lo sguardo si stringe < cosa significa? > cosa significa che si sarebbero già dovute rompere? Di quelle contrazioni che si susseguono come un mare in tempesta. Quanto potrà resistere? Quanto potrà dirsi ancora viva e vegeta? Il tempo scorre senza che lei sappia quanto sia davvero, poco, troppo, si perde nelle sue piaghe e si risveglia solo quando si ritrova sul lettino. Le gambe che s'aprono a quel dolore, non prova imbarazzo, sa da dove nascano i figli insomma < u-na femmina > le mani che affondano nel letto sotto di lei, le unghie che ne prendono possesso della stoffa < R-Ren Ishiba > lo hanno deciso col biondo dopotutto, di donarle non solo il nome, ma anche il cognome del bianco fratello < fatela uscire > una supplica quando gli occhi si riempiono di lacrime di quel dolore che la sta uccidendo da dentro. Deve uscire, deve nascere, e tutto quello deve finire. [chakra on]

Una volta stesa sul lettino, il medico si premura di controllare la dilatazione. <Hm...> Mugugna, mentre l'infermiera ne sbottona l'abito, così da mostrarne la pancia a cui attacca alcuni elettrodi bianchi, collegati ad un macchinario poco distante. <Non so se ha mai fatto un'ecografia> Mormora colei dai capelli afro, la donna che l'ha portata nell'ambulatorio. <ma è come se riuscissimo a scorgere il bambino all'interno. E' indolore e non causa alcuna ripercussione. Dobbiamo soltanto capire cosa succede.> Che stia partorendo è di quanto più ovvio possa esserci, tuttavia il fatto che le acque non si siano rotte vuol dire che sono sorte delle complicanze: le complicanze, come dice il nome, portano però delle pessime conseguenze. Nel frattempo, il medico tasta con un dito, la qual cosa genera una sensazione di fastidio nella rossa che, tuttavia, riceverà un'altra contrazione - questa volta molto più forte delle precedenti - che le spezzerà il fiato. L'infermiera, nel frattempo, s'occupa di controllare il feto. <Battito cardiaco lento> Annuncia, mentre è proprio l'unico uomo presente nella stanza a stabilire le conseguenze di quanto pronunciato. <e cordone ombelicale attorno al collo. E' comune nelle gravidanze, ma questo sta a significare che dobbiamo giocare immediatamente d'anticipo. Se le acque si rompono e il feto inizia a muoversi per uscire, rischiamo che il cordone s'attorcigli eccessivamente.> Spiega alla rossa, la quale pronuncia il nome con cui hanno deciso di chiamare la bambina - colei che sta rischiando la vita già da dentro il ventre materno. <Preparate la sala operatoria il prima possibile. Lei, invece> Rivolgendosi alla Ishiba. <deve restare immobile, evitare di fare sforzi e tranquillizzarsi il più possibile. So bene che le sto chiedendo qualcosa di impossibile, ma il bambino percepisce la sua tensione, la sua ansia e la sua voce preoccupata. Quindi, cerchi di farlo almeno per la piccola Ren.> Sancisce, alzandosi in piedi mentre le due infermiere le tolgono con delicatezza gli abiti che ha indosso, aiutandola persino a mettere il camice bianco e azzurro che si dà ai pazienti. Ovviamente, la donna può rispondere, replicare, omettere, urlare e tutto quel che vuole, ma il dottore non è molto transigente in merito. Se c'è qualcosa da fare, va fatta ed una madre questo dovrebbe anche riuscire a comprenderlo, nonostante per Sango sia ancor presto essere definita una vera madre. Deve riuscire a portare a termine quella gravidanza nel migliore dei modi. [ Ambient per Sango ]

22:21 Sango:
 Dolore, angoscia, agonia, tutto ciò si ripercuote in quella singola stanza pregna di agitazione, o meglio, solo la rossa pare davvero esser spaventata a morte. Non sapere , non comprendere, quello le da alla testa, permette all'ansia, al terrore di prendere parte di lei. Le mani che affondano violente in quella stoffa sottostante, cerca di comprendere le parole che vengono dette, di cosa stia accadendo, ma se non lo sanno loro, lei potrebbe mai saperlo? Un dito che le da fastidio, potrebbe muoversi, mugugnare , ma quella scarica successiva le toglie il respiro. L'aria che lascia i polmoni per vari secondi, gli stessi in cui le palpebre si stringono, calano su se stesse e si celano per assorbire il dolore in una dimensione differente, lontana. Vorrebbe svenire adesso, cancellare il dolore, la preoccupazione, cancellare tutto quanto e riposare infine. Non sentire più nulla sarebbe ottimale, come dentro quel cristallo ove solo la propria coscienza rimaneva in vita disegnando paesaggi inesistenti. Riaffiora contro la propria volontà, quel dolore non è ancora così grande da poterla far davvero svenire, e l'aria torna ai polmoni. Le azzurre impregnate di perle d'acqua che tornano a rivedere quella luce, a scivolare confuse intorno a se, non afferra le parole, ma comprende solo che qualcosa non va. Un cordone attorno ad un collo. Quello della propria di bambina. < toglietelo > come fosse facile, eh rossa? Non credevi che mettere al mondo una vita è più difficile che toglierla. Ormai a toglierla sei divenuta brava, senza sentimenti, e una gola viene recisa, un anima viene presa e sacrificata agli inferi. Ma il mettere al mondo qualcuno vuole lo stesso sacrificio? Lo scoprirai molto presto. Lo sguardo che si affila lievemente, comprensione, deve solo far ciò che le viene detto. Potrebbe muoversi, urlare, farsi ancora più male, solo per uccidere il sangue del suo sangue, non vi è nulla di più importante di quel legame così diretto ed unico. < v-a bene > sussurra, la voce sempre più roca, mentre cerca di trattenere quei dolori , mentre vuole averli in una dimensione tutta sua, nuova, incastrata in quel lettino mentre viene spogliata. Nemmeno se ne accorge che si troverà già pronta e cambiata < sbrigati.. Shinsei > una preghiera a trattenersi, cercando di non affogare ancora in quel mare nero della sua mente, deve stare sveglia, deve sapere cosa accade, deve vederla nascere adesso. [chakra on ]

Tutt'attorno a lei, il mondo diventa irrimediabilmente confusionario. E' difficile capire che corridoio stia attraversando per raggiungere la sala operatoria. Anche le parole che provengono dalle due infermiere e dal dottore sono ovattate e di difficile comprendonio. Senza dubbio l'aiuta a non percepire neanche il dolore, poiché è quest'ultimo, talmente forte, ad indurla in quello stato comatoso. L'ultima scarica di dolore è stata decisamente troppo forte: è la risposta del corpo, la pretesa d'aiuto che giunge direttamente dal feto. Perdere ulteriormente tempo, significa rischiare di perdere anche la vita del nascituro. La porta della sala operatoria viene immantinente chiusa dietro le loro spalle, mentre tutta l'equipe medica s'è ormai preparata ed è pronta al cesareo d'urgenza. Un parto naturale, in una situazione del genere, è del tutto fuori discussione. Qualunque movimento inconsulto, rischierebbe soltanto che la vita del bambino - e quella della madre - venga messa in pericolo. Una maschera trasparente le viene poggiata sul volto, andando a coprire bocca e naso. Nel giro di pochi secondi, le palpebre diventano irrimediabilmente troppo pesanti per restare aperte. E inizierà a sognare. Mentre tutt'attorno a lei inizia a muoversi con celerità per riuscire a sopperire a quella problematica durante il parto, qualcuno ha la brillante idea d'andarla a trovare - e no, non è Shinsei. Inutile nascondere l'identità del fratello che, forse, menzionato poc'anzi proprio dalla donna, è il primo desiderio di quest'ultima da rivedere. <Se per tua figlia, potessi scegliere coraggio, bellezza o amore... cosa le regaleresti, Sango? Puoi sceglierne soltanto uno.> La voce di Ren Ishiba permea il suo sogno, ma non riesce a scorgerne più il volto. E' come se la sua mente l'avesse dimenticato, come se facesse fatica a ricordarlo, come se debba sostituirlo prossimamente con una faccina tonda e paffuta, d'una prossima donna pronta ad affrontare il mondo con le unghie e coi denti. Esternamente... iniziano la delicata operazione di recupero della bambina, prima che sia troppo tardi. [ Ambient per Sango ]

23:06 Sango:
 Il nero continua a risucchiarla, un peso al petto e al bacino la opprime, la schiaccia su quel lettino, le toglie il respiro. Il piombo fatto persona, è lei adesso anche se tenta di mantenere aperte quelle palpebre alla ricerca di un viso conosciuto. Non c'è ancora, non è li, probabilmente non l'avrebbero nemmeno fatto entrare durante quell'operazione. Il tempo si allarga, ogni secondo sembra un lunghissimo minuto, i dolori li sente ma come se non fossero suoi davvero. Come se fosse un qualcosa di esterno osservare un animale contorcersi dal dolore, vederlo stringersi su se stesso senza davvero poter fare nulla se non stare li, osservare, e sperare. Ma la vista viene sempre meno, non s'accorge immediatamente di quella mascherina posta sul naso, sulla bocca, che già l'incoscienza la richiama a se. Galleggia. In quella nera pozza, a filo solo per respirare, senza morire davvero, senza vivere davvero, in un limbo perpetuo. Ma i sogni sono così, un attimo prima si ritrova a galleggiare, quello dopo si ritrova in piedi, completamente vestita come nei migliori dei propri ricordi. Una veste meravigliosa, un kimono con un haori sopra, mille i ghirigori d'oro a impregnarla donandole vita. I capelli raccolti in quel basso chignon, la pancia completamente piatta, non vi è nessuno li dentro adesso. E' già nata? Un pensiero flebile e agli occhi appare qualcosa di conosciuto. Una chioma bianca, fluente e mossa, una voce che ricorda ma un viso che non vede. Stringe le mani, si sforza di ricordarlo, di porre quei candidi occhi azzurri uguali ai suoi sul viso del bel ragazzo < Ren > un sussurro caldo, qualcosa che scalda il cuore, qualcosa che la richiama a lui e proverà a raggiungerlo, a correre verso di lui per toccarlo ancora una volta, sentire il suo calore, ricordare il suo stesso profumo. Ma..ferma, rimane ferma adesso d'improvviso ad udire quella domanda. Cosa darebbe a sua figlia? La bellezza? No, quella ormai non l'attrae più, non da quando ha compreso la bellezza del mondo, della stessa natura, delle sue forme, evitando la superficialità con cui è cresciuta. < l'amore mi ha distrutto > un sussurro per lui, se non avesse amato tanto lo stesso fratello, non avrebbe preso nulla. Non avrebbe sofferto così tanto, sarebbe forse vissuta in modo più sereno, forse felice, e forse un giorno avrebbe trovato un amore comune. Quello alla fine arriva sempre. < le donerei ..il coraggio Ren > avanza, ci prova, prova a raggiungerlo, prova a ricordare il volto tra i nebulosi ricordi di una vita passata < di essere chi vuole essere e di aver la forza di andare sempre avanti > un coraggio che le avrebbe concesso tutto, e il mondo ai suoi piedi < torna da me anche tu, voglio riaverti con me, voglio poterti sentire ancora vivo > dalla coscienza nasce quel vile desiderio, riportarlo in vita, riaverlo li, ma che sia possibile o no non importa, è solo il desiderio di una bambina, il suo. [chakra on]

Le prime incisioni vengono effettuate con successo, monitorando adeguatamente gli impulsi vitali della madre e della bambina. L'operazione deve svolgersi in tempi brevi, ma la fretta non è mai un'ottima amica. Nel frattempo, la rossa è libera di sognare, ma il volto del fratello non torna ancora a farsi vedere. Ella s'avvicina, gli parla, risponde alla domanda che Ren le ha rivolto. La sua risposta è il coraggio, spiegandone la motivazione. L'uomo s'irrigidisce appena sul posto, ma coglie l'altrui risposta con un lento sospiro. <Il coraggio racchiude entrambi, sia l'amore che la bellezza. Perché la bellezza d'essere arroganti verso se stessi è la miglior cura per lo spirito.> Mormora, sollevando il mento come a volersi distanziare ulteriormente dalla donna che ha davanti, evitando di mostrare il volto. <L'amore vuol dire coraggio, perché bisogna essere coraggiosi per amare, per aprirsi a qualcun altro, per mostrarsi deboli.> Che voglia essere un insegnamento, questo, nei confronti della rossa? I medici lavorano, eseguendo attentamente quell'operazione che, grazie ai macchinari prodigiosi e alla tecnologia avanzata, sta proseguendo assolutamente nel migliore dei modi. I valori sono perfetti e possono andare avanti, preoccupandosi per quel futuro nascituro che rischia però la vita. <Devi riuscire a sopravvivere anche senza di me> Da qui, il motivo per il quale il volto di Ren non viene mostrato. Perché deve andare avanti, non deve restare ancorata ad un passato che non fa per lei. Perché se parla di coraggio, deve essere altrettanto coraggiosa. Ha una vita alla quale pensare finché vi sarà bisogno, finché vi sarà vita nell'una o nell'altra. <io potrò continuare a vedere il mondo attraverso di lei.> Riferendosi all'infante che, proprio in quell'istante, sta per venire portato all'esterno. L'ultima incisione... Siamo così vicini da poter vedere il corpicino paffuto d'un pargolo ch'è prossimo ad esternare il proprio pianto. Nel sogno, non v'è un tocco, non v'è uno sguardo né un sorriso. A rigor di logica, potrebbe trattarsi quasi d'un addio. In questi anni, del resto, non ha fatto altro che incontrarlo: sotto forma d'anima, nei suoi sogni e nei suoi ricordi. [ Ambient per Sango ]

23:31 Sango:
 Nulla di ciò che esterno potrà sapere, se ne dimentica in quel momento, di tutto quanto. Ecco cosa succede in quei rari momenti in cui l'uomo riesce a riaffiorare incredibilmente ella si dimentica di tutto. E come non potrebbe bearsi di quei rari momenti in cui lo spirito stesso si addolcisce e si avvelena allo stesso tempo? Ecco cosa vuole poi per lei, il coraggio, di amare, di una bellezza differente. < spero che lo sia > in un mondo come quello, nascere è una condanna. Un segno della debolezza di qualcun altro, e una nuova guerra arriverà, nuove tragedie, nuovo sangue. Non riesce mai davvero a vedere il lato positivo di tutto, della vita stessa, troppo marcia dentro, troppo arrogante ed egoista per poterlo pensare. Avanza, lo richiama, lo ricerca, lo rivuole ancora e ancora. < io voglio vivere con te > non vuole più sopravvivere, non vuole più dimenticare, andare avanti < eri la mia sola famiglia.. puoi tornare ad esserlo ancora > insieme a qualcun altro, certo, ma comunque sempre insieme. < sono stata sola per così tanti anni Ren.. non andartene ancora ti prego > non lo vuole quell'addio, non vuole vederlo svanire, non vuole dimenticarlo. Andare avanti è sempre troppo doloroso, s'è sempre ancorata al passato per vivere, per non morire schiacciata. Per avere un solo , singolo, piccolo appiglio per non morire. < non lasciarmi ancora sola, ho bisogno di te adesso come tanti anni fa > ne ha bisogno davvero? Non se ne rende conto, di quanto è riuscita ad avere in quel tempo. Un uomo, una figlia, una famiglia che ha voluto. E ancora una bambina dopotutto che rivuole solo suo fratello. Nulla di più che redimersi dall'orribile atto compiuto. E le lacrime iniziano a sgorgare anche in sogno così come nella vita, inconsapevole di quanto sia davvero vicina ad averla tra le braccia. Cocciuta, egoista, non vuole lasciarlo andare, donare pace a quell'anima sarebbe l'unica cosa da fare per chi abbia compreso davvero il valore della morte. Per lei non è altro che un peso da portarsi sulle spalle, un giorno verrà giudicata per i suoi orribili atti, verrà punita per tutte le morti causate, i tradimenti, le pugnalate. Ma la morte avrebbe posto un punto a lei, e un giorno nessuno l'avrebbe più ricordata. Ricordare lui è il miglior modo e l'unico che conosce per tenerlo ancora vivo. < vivi di nuovo > fa battere ancora una volta quel cuore morto e freddo, Ren. [chakra on]

L'operazione procede spedita, senz'alcun intoppo né nessun'altra complicazione al momento. E mentre tutto ruota in quella sala operatoria, all'interno della mente della donna continua a perpetrare lo stesso sogno. Sango persiste nella richiesta nei confronti del fratello, pretendo ch'egli rimanga, che faccia parte della sua vita, che torni a vivere - ma i capricci d'un bambino non sempre devono essere assecondati. Si rischia di viziarlo, di renderlo inutile nella società odierna poiché dipendente costantemente da qualcun altro. Ed è questo che succede alla Ishiba, la quale, viziatasi dal sogno e dalla presenza di Ren, pretende adesso che riesca a tornare in vita, che torni da lei e che continui la sua vita come se niente fosse. <Guarda nei suoi occhi e mi vedrai, ma io non appartengo a questo mondo e tu non appartieni al mio.> Criptico ma conciso. Fanno parte di due mondi diversi: quello dei morti e quello dei vivi. La bambina viene estratta dal ventre materno con cautela, ma non emette alcun vagito. E si sa che il primo pianto è quello più importante, quello che dà dimostrazione del fatto che il bambino stia bene. Un piccolo schiaffetto è quello che il medico rivolge al sederino della nascitura, tenendola tra le braccia con la pancia rivolta verso il basso. E nell'istante in cui Ren scompare, il pianto della bambina permea la sala operatoria. Per Sango, risulterà essere assurdamente ovattato a causa dell'anestesia, ma sancirà anche il termine di quell'incontro. Durante il passare delle ore successive, sarà un continuo sognare e svegliarsi, ma mai al cento per cento. Deve restare in osservazione per almeno ventiquattr'ore, la bambina per qualche ora in più a giudicare dal traumatico parto. Durante quel riposo, la Ishiba sognerà ancora Ren, ma questi non le risponderà. Ha sancito una linea di confine. Se vuole essere un'ottima madre, deve accantonare quel tratto egoistico, quei capricci da bambina che pretendono il ritorno del fratello. Ma qualora non voglia, non la tratterrà dal comportarsi come stava facendo. L'insegnamento che vuole darle non è nient'altro che questo. Viene condotta nella stanza 204, al secondo piano. Potrà ricevere visite, ma dovrà restare a riposo forzato finché la ferita sul ventre, causata dall'operazione, non è guarita del tutto. Buonanotte, grande Ren... Buongiorno, piccola Ren. [ END ]

Sango raggiunge l'ospedale in preda a forti dolori, ma non le si rompono le acque.
Viene visitata e il parto ha una complicazione per la quale optano per il cesareo d'urgenza.

Durante l'anestesia e la nascita, Sango incontra Ren (avendo deciso di chiamare così sua figlia, in suo onore).
Non ne scorge il volto, intendendo darle una lezione di vita: la Ishiba decide di donare il coraggio alla nuova piccola Ren, ma il fratello le dice di distaccarsi dal legame che ha con lui, perché basterà guardare negli occhi la nascitura. In maniera indiretta, tenta di farla discostare dal suo carattere egoistico poiché una persona, adesso, avrà bisogno di lei molto spesso e a lungo.


No exp ♥

Spero ti sia divertita v.v