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Serpe in Seno

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con Sango, Nene

20:21 Nene:
  [Macchinette - Area Esterna] Avete mai perso il ritmo? Magari in uno di quei giochi dove per vincere bisogna pigiare il tasto giusto al momento giusto. Di solito lì quando perdi il ritmo sei fregato, inizi a fare una sfilza d'errori immotivati - e ti sembra quasi di non poter più rientrare nei binari. Un treno deragliato non è differente, del resto. Difficilmente si volterà per tornare al suo posto. Un ovattato urlo al di la' del dojo d'allenamento sembra volerla acchiapparla da una caviglia e trascinarla di nuovo in questo piano astrale mentre le sembra di volteggiare, ah - com'è leggera. Ma urla, rauco, impetuoso, una tempesta a ciel sereno. Ha sbagliato qualcosa, ha perso il ritmo e non l'ha più ritrovato. "Bravo, sei stato bravo." L'ultimo eclatante brusio che le è uscito dalle labbra prima d'esser dichiarata ufficialmente al tappeto. /Sei forte, certo, ma sei un foglio di carta e non te ne accorgi, almeno schivali i colpi/. Qualcuno lo ha detto, ma chi è stato? Due lapislazzuli danzano persi, e di quel frammento di ritmo perso - è rimasto solo un filo di sangue tra denti e labbro. Un vago pizzicore alla gengiva che oramai, è divenuto un pensiero marginale. Sono tutti pensieri marginali. Qual'è il pensiero principale? Ah, stiamo evadendo dalla realtà, scusate. A lato delle macchinette, dove un separè in vetro divide un balcone dalla tipica stanza relax dove si beve il caffè e si scambiano quattro chiacchere - poggiata contro il margine di un entrata gelida - lascia che una sigaretta dal filtrino giallo penzoli giù da labbra iniettate di sangue. Vestita con un top in cotone nero a collo alto, smanicato e lungo fin qualche centimetro sotto il seno - ed un paio di pantaloni della tuta color antracite - con una gamba arricciata appena sopra il polpaccio lasciando intravedere delle scarpe sportive a suola rigida, rigorosamente nere. Metà testa raccolta in un bun disordinato, amabile a suo modo - ed il viso arrossato dal contrasto tra il calore corporeo ed il freddo. Il respiro denso. Gli occhi torturano un punto impreciso, vacui. Ah, stava ripensando all'allenamento. Va bene perdersi nei propri errori? Sommergersi, bearsene in un certo senso? Sorride a se stessa, al dolore dell'atterraggio irruento sul tatami, ed anche alla vittoria del suo nemico. E tu, cosa fai per sentirti vivo? Inspira. Espira fumo dalle narici. "Uhm--" Mugola al nulla, facendo danzare quel filtrino tra le labbra. Ed è sollievo. [ck off]

20:31 Sango:
 Perché è lì? Non che abbia un reale motivo per avvicendarsi alla Shinsengumi, constatando anche la questione del pancione che non le permette di unirsi a delle missioni pericolose ne di indossare le vesti - le misure son troppo strette in effetti - ma fare dei passi così vicina a quella grande torre l'ha perplessa. L'ha riportata di nuovo a pensieri insolenti, di chi naviga nel marcio e ci ha vissuto, e adesso ne ricerca di nuovo, ancora e ancora per nutrirsene e avvelenare ancora quel seno. Ma comunque sia come abbiamo detto non è in vesti ufficiali ne ufficiose, al momento non ha di certo intenzione di sacrificare la propria vita, tantomeno per la Shinsengumi stessa. I passi che calcano vie già conosciute, lenti e morbidi nella sicurezza che si accentua in quel dato posto. Porta con se quella cappa nera chiusa sul petto, eppure la stoffa pesante si troverà costretta dalla presenza rotonda e molesta che sporge davanti, e con questa, la nera rimane aperta sul davanti mostrando un semplice abito morbido del medesimo colore che carezza le forme senza stringerle. Giunge fino ai glutei, al di sotto un paio di pantaloni stretti grigio fumo a contornare le gambe ancora sottili perfino per la sua altezza. I piedi trattenuti da semplici sandali neri. Perché è lì dunque? Ficcanaso. Non può venire meno alle sue tendenze, ovviamente, tanto da spingersi solo ai primi piani di quegli edifici. Si orienta discretamente cercando con quelle azzurre qualcosa, o meglio, qualcuno. Della rosata nemmeno l'ombra. E avanza in quella danza di un rosso drappeggio che scivola lungo la schiena, lingue di sangue instabili, desiderose di altra vita, eppur non vi è alcuna espressione a formarsi sul visino sottile e pallido. Cosa fa lei per sentirsi viva? Cerca la morte. Ancora e ancora richiamata dagli inferi, sciocca a tentare ancora di percorrere quel filo invisibile che la porterà ad una nuova caduta, alla ripetizione degli errori. Al contrario di quella ragazzetta, i capelli neri corti, il viso simile a qualcuno ma di cui no..non può essere. E in quel separé la stessa rossa si troverà a sostare, il fato è molto annoiato questa notte per metterle insieme. Non vi è ombra di astio nell'osservare la ragazza, solo un lungo sguardo indagatore, prima che si prenda lei stessa qualcosa da bere. Acqua, semplice e pura acqua. < Nene, giusto? > Ripete adesso, calda e roca la voce, nettamente bassa e priva di qualsiasi voglia di lottare. Troppo stanca adesso, come lo sguardo che adesso torna pesante alla giovane Doku. Indaga con quella curiosità diversa, come quando trova un piccolo dettaglio che la riporta indietro nel tempo e la strappa alla realtà. Come lei sta strappando la piccola da chissà quale sogno o fantasia ad occhi aperti.

20:50 Nene:
  [Macchinette - Area Esterna] Anche il vento che le pizzica la pelle sembra aver qualcosa da ridirle, pare volerle infuriare addosso e svegliarla dal torpore in cui s'è inevitabilmente chiusa in tutto questo tempo. Troppo e troppo a lungo, sembra non aver voluto mutare mai da quello che gli dissero di essere. Eppure penso, e sono, vivo. Non sono solo un ingranaggio. Lunghe ciglia come foschia nella notte, riducono ad una mezza luna i ghiacciai tibetani con cui taglia il nulla, imputandolo di niente. Non che abbia voluto ignorare il resto, o il circondario - forse da fuori deve sembrar solo pensare a qualcosa, o a qualcuno. Ma alla fine che importa? La patina fresca di sudore e il rossore in viso che veste in modo adorabile tanto quanto quegli sporadici lividi e taglietti di cui sono cesellate le gote e le labbra - cantano per lei di storie palesi e plateali: S'è allenata. Lo fa ogni giorno, da sempre. Come quella persona che se si ferma, è perduta. E invece a volte... Sarebbe meglio fermarsi. Dal nulla a Sango è un istante, meno di quello che ci sarebbe aspettato. Il pigolio della portafinestra non l'ha nemmeno sfiorata, ma la sua voce sì. Le ciglia si levano, l'iride s'accosta al viso dell'Ishiba, alla sua cappa nera così retrograda - e alla protuberanza che volendo o non volendo, avanza fino a scostar pigramente quella cappa. Il corollario di pensieri che la sfiora non traspare dal viso, grazie ad ogni singolo kami esistente e non esistente - ma l'occhietto s'imbatte in una risalita dal ventre, ad una spanna e mezza sotto al mento - per poi riassestarsi al viso. Si. Nene. "..." Forse più che pensarlo avrebbe dovuto dirlo, ma si è accorta in questo preciso istante di quanto la mascella le dolesse facendo uscire da quelle labbra serrate solo un mugugno - un vibrato della sigaretta che accende arsura su un viso immerso d'efelidi delicate color caramello. Si costringe all'ultimo fiato, e le falangi affusolate s'appropriano del filtrino strappandolo al cavo orale, impestato di fumo. "Signorina Ishiba..." E' un assenso al suo nome, ed un saluto di rimando - del resto il processo su piazza pubblica, se lo ricorda bene. E esce mieloso e rauco al tempo stesso, immersa nella nube che ben presto s'apre a rivelar nuovamente il viso. Il bacino si scansa dalla porta, le spalle tornano ritte - al loro posto, cercando di farsi più composta. "Sei ingrassata?" Non ha occhio, ne qual si voglia senso materno. Le gambe secche dovrebbero essere un avviso, o almeno il viso. Eppure... Torna con gli occhi sulla pancia.

21:16 Sango:
 Fuori dal mondo. Chi? Non lei di certo, ma quella sottile ragazza simile ad un giunco. Sottile aggraziata forse agli occhi della rossa, ma di cui nulla andrà a pronunciare. Non è più quell'Ishiba, forse nemmeno lo è mai stata nel giudizio di bellezza effimera che in molti decantano. Cosa può essere bello? Un viso? Uno sguardo? L'anima stessa? Ad altri la sentenza, lei ha già la sua risposta. E chiosa per lei con la voce calda quasi ad avvolgerla, nulla l'ha mai messa contro quella giovane, perché inimicarsela adesso? Quando l'altra poi pare esser educata alle buone maniere, al suo chiamarla signorina poi un mezzo sorriso nasce, furtivo e slegato che si precipita ad una mente che trova contatti con altre realtà e pensieri che perderanno quasi subito importanza < buonasera > oh tu che un tempo sgridavi chiunque non fosse educato, hai appena peccato. Si stringe lievi le labbra senza costringersi in alcun sorriso di circostanza, per rendersi conto del misfatto. Ma ormai cosa ha da perdere? Nulla. Ha solo la conferma di quella Nene, di quella che dovrebbe esser una sua compagna, ma entrambe sanno cosa vige lì dentro. La regola della più forte. Mangia o vieni mangiato. E lo stupore si disegna lievemente sul viso, le sopracciglia che si inarcano dolcemente per un tratto infinitesimale, per tornare lei stessa a guardare in basso, il pancione. E di istinto la sinistra vi si poggia sopra con dolcezza < in un certo senso > ingrassata lo è, non può mentire al suo armadio, a vesti che ormai può rimpiangere oltre che ad un agilità che viene compromessa da chi dei propri piedi vede solo le punte. E ne nota quello sguardo, indolente, fisso su di essa. < È mia figlia > che senso ha nasconderlo li? Ha dichiarato apertamente di non poter esser dei loro per altri mesi ancora, non ne trova motivo al centro del cuore del braccio del governo. < Hai per caso visto Saigo? > Che domanda insolita da sentire pronunciare dalla rossa, le morbide rosate che tornano lisce, dritte , con una vaga curiosità nello sguardo nell':osservarla dal suo alto naturale piedistallo. La rossa che si addolcisce lentamente, la sinistra che vaga su quella bambina ancora non nata, l'istinto materno che ormai fa parte di lei, nell'averla voluta e infine avere qualcosa che ha sempre cercato. Una famiglia.

21:37 Nene:
  [Macchinette - Area Esterna] Sarebbe da ripudiare ciò a cui la mente di Nene s'aggrappa, la postura immobile ricorda vagamente la leva - e no che sia difficile comprenderne le motivazioni. Se sino a poco tempo fa' indossava sovente la pettorina e lo spallaccio per migliorare la postura, ai tempi odierni - qualcosa è effettivamente cambiato. La sigaretta sfrigola - ed un ululato serale sembra mandar in frantumi la dolcezza e la leggiadria con cui la stessa rossa posa sul proprio piedistallo, lasciando a Nene la terra ferma ed il sangue stantìo fra le labbra. L'immensità della torre centrale troneggia, imperativa - sminuisce tutto ciò che le si muove attorno come se fossimo tutti astri secondari; va bene così, supponiamo - la stessa Doku sembra albergar nella sua ombra con un agio confortevole. La sigaretta approssimata alle labbra si scosta di nuovo rimanendone nei pressi - come se essa avesse detto qualcosa d'improbabile tutto d'un tratto. "Tua figlia?" Corri cricetino, corri. Un barlume dubbioso fende le lentiggini, le labbra arrossate si storcono per qualche frangente e poi - ah, il lampo geniale. "Ah, sei gravida?" Tuttavia il dubbio l'attanaglia, perchè rimanere incinta? Perchè dopo tutti gli anni passati dalla guerra, voler procreare in un mondo tanto viziato, rancido. Ah, non le interessa - scuote il crine nero - pece e chaos che dilagano sfiorando le spalle nude e minute. Le braccia si muovono ad allargarsi appena, richiudendosi sul costato giusto il minuto che segue - facendo tutta una serie di movimenti realmente irrisori. E' ora di respirare, e ripartire da dove eravamo rimasti: Dal vano e vago ricordo che Sango ha nei suoi confronti, non avendola mai conosciuta realmente. Ed allora il passo si muove, macina con cautela la distanza che la separa da Sango, prendendosi la flemma ed il tempo necessario per camminarle in contro. " Non sono mai andata a letto con una donna incinta, prima... " Disarmante, come se non ci fosse il benchè minimo problema nell'espletare quello che potrebbe esser un hobby. O forse una voragine intera. Sarebbe come parlare con un bambino di cosa va' detto, e cosa non andrebbe detto. Ed il tono, la spezia, trasuda interesse. Viziosa bastarda. La nota di pulito, un pulito platealmente chimico - come quello degli ospedali. E poi burro di karitè- e tabacco, e il pungente d'un alcolico secco. Simile allo Scotch, per intenderci. "Saigo?" Ne assapora il nome, lo rigira attorno alla lingua. Come se dovesse reimparare a pronunciarne i kanji. Insomma, la pronuncia di chi da' verbo ad un nome per la primissima volta in vita sua. Non è vero. Conosce bene Saigo, molto. Troppo. Ma la testa le fa' un cenno di diniego. "Non vedo Saigo da molto tempo. Siamo entrambe ... Impegnate." La verità sta nel mezzo, in tutto. Ma dove precisamente, e su cosa, chi lo può sapere? "Perchè? Ti ha denunciata?" Una botta ironica, con un colpo di risa che le riecheggia nel palato - una presa in giro innocente per l'esser fiscale dell'agente Minami.

22:05 Sango:
 Ah che piccola sfrontata quella che ai suoi occhi non è altro che una ragazzina, una giovane donna nel fiore dei suoi anni. Cosa faceva lei a quella sua età? Risente i suoni dei passi, delle corse affrettate per dirigersi fuori da una prigione dorata e bellissima da fuori, ma dentro il marcio la ripugnava. Ah no, era proprio lei il marcio ad insozzare le stanze pregne di meraviglie luccicanti con la propria presenza. Che rosso disgustoso, par risentire quelle parole come echi lontani, non è più quella la sua vita. E riprende la mente, i pensieri fugaci per imbrigliarli al presente, di azzurre che sembrano tempeste di pioggia incastonate nel dolore vissuto. Piccole rughe, tagli al viso, quasi invisibili per chi non sa dove guardare. < Mia figlia > ripete con calma, curiosa di quella reazione, e tutto ancora non è stato detto. Vedrà dipingersi sul viso di lei la comprensione di ciò che è. Incinta. Gravida. Come la si voglia definire facciano pure, delle parole come quelle poco le importa, ha lasciato dietro di sé come una veste ad annegare quella sua parte di arroganza. Di meritare un nome differente, di sentirsi richiamare in altri villaggi, di vedere anche la gloria e la paura stagliarsi contro di lei . Quella visione ormai scomparsa, ormai è una donna. Ma solo una donna? O ciò che vuol semplicemente mettersi bene in testa adesso, per non rischiare, per non morire. Non mostra paura a quel passo, come avesse davanti una bestia pronta a sentire la sua paura, il suo disagio ad una vicinanza tale con quella sconosciuta, sostenendone quello sguardo torbido , rossastro alla sfumatura di una luce che sfrigola sopra le loro teste. La avverte con quello sguardo, di non permettersi di allungare le mani verso di lei. Il tocco di per sé non l'ha mai spaventata, l'ha sempre cercato con violenza inaudita eppur adesso tutto pare volgere per una volta, una singola volta, non a se stessa. Egoista quale è quello è già un gran cambiamento. Eppur ciò che risuona per lei son parole differenti da qualsiasi cosa avrebbe mai potuto immaginare, sentire dalle labbra rosse di quella piccola donna. Le lunghe e nere ciglia che finiranno per abbassare il loro moto per raggiungerla, col vago sorriso sulle morbide gemelle tirate poco su. < Prima..> Ma il loro tempo non è il passato, decisamente no < vorresti venire a letto con me , Nene? > Oh donna infame a giocare con quel piccolo incendio che si trova davanti, e danza lei farfalla di carta intorno ad essa per scaldarsi . E avvicinare lentamente il proprio viso verso il suo. Nessun tocco, nessun tentativo, solo la vicinanza di quello sguardo. < Non sono mai andata a letto con una donna > sussurra bassa, un segreto lieve da condividerle in un posto tanto asettico e indecente. Per passare a qualcosa di altrettanto asettico a lei, non che ponga reale interesse alla rosata quanto più a quel che hanno fatto insieme. < Comprendo > vocia docile risalendo per il suo percorso, la schiena dritta e perfetta , l'altezza ristabilita, e un lieve riso a udir quella domanda < ho perso il conto delle denunce che mi son state rivolte nella vita > non ne da peso, una denuncia, due, tre, colleziona quei misfatti come fossero oro liquido < avevamo insieme qualcosa da fare prima di.. > di cosa? Lo sguardo che si distoglie veloce in favore di un muro, trattiene i sentimenti, trattiene le emozioni < questo > torna a lei solo ora, a cosa si stia riferendo toccherà alla giovane Doku deciderlo.

22:55 Nene:
  [Macchinette - Area Esterna] Il gelo - sotto pelle come spilli che s'ergono a sostuire lentamente l'arsura d'un allenamento oramai terminato diversi minuti fa. La gola si fa arsura, e la minuziosa torsione del mento mostra nel pallore esangue una venetta bluastra farsi spazio lungo l'epidermide. Adorabile e velenosa. L'incoerenza di ciò che è, con ciò che invece appare. Rigira il capo con innocenza facendolo pendere al di sopra di una spalla mentre essa parla - avvicinando quel vile palliativo ai malori alle labbra e facendo l'ennesimo tiro; lo sfriggere della brace accompagna le confessioni, quella danza attorno al fuoco - ove lei cosa rappresenta? Le lingue, o i tizzoni, o l'intero incendio? Mai sarebbe tanto arguta da carpirne iconici e romantici significati - mai aprirebbe se stessa - come un pozzo di nero malessere - alla volta di altri che non siano Lui. Quell'unico, Lui. La mano sulla spalla la stritola costantemente, ed il mostro le sussurra all'orecchio avvelenandole la bocca ed gli stessi occhi - quando sfiata fumea nera dalle narici, la donna di carta ha già battuto la sua ritirata - abusando del calore che emettono quelle fiamme necrotiche che emette; Che romantica favola quella che raccontiamo, a dire il vero, non ha mai pensato ad altro che a /fottere/ - e che la dialettica, così sciatta, esalti chi essa è. Qui ed ora. "Io l'ho fatto molte volte." Vomita dalle labbra fiele e fumo, abbassando quella mano che prima era costantemente indecisa sul volteggiar su o giù - dirigendosi adesso in direzione del cornicione. Di quella immensa torre che la schiaccia, la sovrasta. Molte volte. Se lo ripete nella testa, come se s'aspettasse d'esser sazia da un momento all'altro. In modo esaustivo ed improvviso. Eppure, no. Ma il punto focale non è il sesso. O se vuole farlo con Sango. Gli occhi che la scrutano - dall'imperturbabile torpore del loro azzurro vacuo, riprendono la scia delle screziature cremisi che vi si infiammano all'interno. Come se fosse un errore mescolato e poi abortito su questa terra. Rosso, in un purissimo e siderale azzurro. Una sfumatura, un ricordo dimenticato. "Vorrei andare a letto con ogni donna del paese delle ombre." ... " Tutti abbiamo i nostri canoni di crescita personale..." E quali canoni, voglio dire. Un sorriso le aleggia sulle labbra, il venereo fiore di chi si fa' orpello di obiettivi così leggeri e futili, come se fossero un vero cuore pulsante di principi. Ed invece... Rimane lì, ad osservarla, rialzando il capo ad ergersi tra le spalle. "Paradossalmente però, a te, preferirei una puttana." ... " La pago, e mi ama come se le mie fossero le uniche cosce fra cui vorrebbe stare. Tu invece..." Scuote lievemente quel chaos, a metà fra riccio e liscio. Un dilagarsi di guerra fra ciocche, di goccioline di sudore che oramai si son ritirate sulla pelle involontariamente ricoperta di secrezioni velenose. Bada bene dal toccarla, dal toccare qualsiasi cosa. " Mi ricordi che sono solo un pezzo di carne venuto al mondo per pura maledizione, Signorina Ishiba. " Sotto lo zero, gli occhi dallo sguardo dell'altra deviano alla porta della zona relax, scostandosi indietro delle ciocche nere incastrandole fra le prime falangi. " Cosa avevate da fare assieme? " Lei e Saigo? Ah, forse ha ragione la rossa ad identificarla come /fuori dal mondo/. Deve esser tutto cambiato, anche l'agente Minami.

23:26 Sango:
 Ah quanto son diverse quelle due, un fiore che ancora deve sbocciare nel suo veleno e un altro ormai che perde solo i suoi petali di sangue. Eppur pare che qualcosa la attragga, di quel modo tanto diretto di rivolgersi seppur sia sempre condito da quella sbiadita dolcezza, per lei lo è, dolce. Estremamente. Un fiore di cui nutrirsi per rinvigorire solo la propria vita infame, e sentire ancora la vita pulsare sotto le vene di desiderio di morte. Per lei è il sesso forse quell'espressione massima di vita? L'osserva ancora, incatenata alla sua posizione come un albero, impossibile da spostare quando quella sua volontà si mostra tanto ferrea. La ascolta in silenzio assoluto, non la sente, ma vuole percepire cosa di più nascondono parole simili pronunciate da labbra così giovani ed ebbre del suo fare. < Lo hai dunque riempito quel vuoto? > Diretta , lingua di serpente, serpe in seno che si mostra in un veleno che nulla ha a che fare con quello che la Doku custodisce ad occhi estranei. E vuol sapere davvero se vi è anche in quella nuova creatura un vuoto tanto grande da dover esser soppresso, imbottito di spazzatura solo per non sentire una voragine coglierla violenta, annegarla, distruggerla . E si muove infine di un singolo piccolo passo verso di lei, a volerla abbracciare con la propria ombra in quel pezzo inutile e mal frequentato in quelle ore. E tace, la smuove la curiosità malsana di una vita che non parla per stereotipi, non vi è sterilità, ma..innocenza? Lo sei Nene? Sei davvero innocente? O già qualcosa ha colto quella parte bianca e pura di te? < Mmh > vibrano quelle labbra di parole non dette e celate, non vanno pronunciate adesso, servirà il tempo che ella possa mostrare qualcosa di differente, nuovo, ancora taciuto in quella testolina da capelli neri . E fa bene a tacere, a lasciare quel fiume rosso di bagliori sinistri a partorire nuove parole, a quel suo preferire qualcuno che possa amarla solo sotto pagamento, che quella singola notte possa concedersi a lei e solo a lei. Rimane di stucco, difficile da dirsi a chi ha visto già troppo per sorprendersi, eppure alcune fiamme ancora la rinvigoriscono < penso che ti tratterei come un pezzo di carne, Nene? > Più curiosa della risposta che della reale possibilità di prendersi anche lei quel giovane fiore. Le iridi che si socchiudono, calano nella notte, secondi che si susseguono < se lo volessi te lo direi > avrebbe pronunciato parole fredde, austere, coltelli a voler dilaniare la sua carne < se non lo volessi invece . .> Le apre di nuovo al mondo, a lei, di un fuoco vivo e puro, violento a volerla anche solo bruciare con lo stesso < ti divorerei > letale, si. E rari son stati i casi in cui corpo e cuore sono andati in accordo. Adesso lo è, ma con un uomo. < Cercati qualcuno che voglia divorare ogni parte di te per il suo egoismo > un consiglio? Forse, starà all'altra decidere che peso donare alle proprie parole . E si passa a quel discorso che ha perduto ormai ogni luccichio di ricerca, manca la voglia adesso < siamo alla ricerca di coloro che son stati trovati fuori dalle mura. La nostra missione insieme > replica appuntando le ultime parole per renderle chiaro cosa possa mai legare due come Saigo e Sango. Che assonanza simile, che destini diversi.

00:04 Nene:
 Smacchi e scarabocchi le si attorcigliano sulla testa, ed un inesistente mano al collo l'asfissia portandola giù nel baratro. Giù. Giù. Una voce lontana intona canti di guerra, si premura di ricordarle -- no fermatevi. Le labbra schiude permeano quel visino d'un apatia intangibile, come se non potesse far altro se non abbaiare o ringhiare a tempi alterni. Immobile, lascia che quello dell'Ishiba sia un monologo e non un dialogo, immagazzinando quello che dice come si farebbe in un archivio buio e desolato - dove vanno a finire le cose di cui alla fin dei conti, probabilmente si dimenticherà di qui a breve. Saggia. Bella. Con tanto vissuto che Nene, non potrebbe in nessun modo eguagliare o superare. Eppure si vede così marginale a tutto, alle sue parole, alle sue domande. E di cosa stai parlando. La guarda con mezz'occhio tra le ciocche nere che ritornano ad adornarle il viso. Non c'è vuoto, in me. Non mi vedi? Sono in piedi, e tra le mie crepe, nessuno vedrà mai la luce. Nemmeno io. Lo specchio in frantumi della Salamandra è orrido e nascosto, coperto da un bel drappo d'insolenza e desiderio carnale. Cosa c'è di male, Sango? Perdersi ogni uno nelle pieghe di pelle dell'altro, inspirare bellezza - carpirne e distorcene le fattezze. Come se fosse malleabile. Un silenzio che la rende statuaria, lì - con il corpo che si ritrae dal campo di battaglia che si ferma a mezzavia, proprio quando è lei a domandare ed avanzare in sua direzione. Gli scarabocchi sono lì, e le decantano d'amici e nemici, cercando di filtrar un mondo privo di sfumature di sorta. " Devi avermi fraintesa..." La linguetta slitta su petali di baccara incendiati dal freddo, rende quelle labbra lievemente più lucide e vivide mentre da fuoco ai passi che son rimasti da compiere tra lei e Sango. La mancina si leverebbe agile, ma incredibilmente non irruenta come sarebbe di solito. La prestanza fisica non è opinabile, ma non è quella su cui vorrebbe premere per avvicinare il volto a quello di lei - cogliendole la nuca, fosse possibile. I polpastrelli carezzerebbero con infame dolcezza i capelli, la pelle, il retro del collo. Le labbra hanno il sentore acre ed oppiaceo, qualcosa di dolce le aleggia nella bocca. Ed è un segreto cavarne la provenienza. " Io sono quella che divora per puro egoismo. " Il tono modulato di chi non dovrebbe avere necessità di urlare, e le labbra e sfiorerebbero appena quelle di Sango - come se fosse la scena finale d'un film d'amore. Eppure, non c'è niente d'amorevole in lei, nei suoi occhi. " Ho mangiato la merda che il vecchio mondo m'ha lasciato da mangiare." Abuso, morte, solitudine, incertezza, speranza, chaos. E la presa - se avvenuta - si farebbe dolce come le labbra che la vorrebbero torturare. Come se fosse un pasticcino da mangiare. Incapace di flettersi. Di capire. Di ragionare. < Io sono già masticata. Ora mastico io. > Le lascerebbe quel acre bacio, se solo lei non scappasse. Il retrogusto del veleno, e le sue simpatiche conseguenze - in realtà, sarebbero del tutto irrisorie. Qualche colore acceso. Divertente. Niente di chè. Un momento fugace, intimo, a cui si sottrarrebbe con la stessa identica velocità in cui parrebbe esser avvenuto. Un bacio puerile. Il ricordo del sapore della rabbia di Nene nella bocca. Ed il discorso, per lei, è concluso. Tant'è; voltata verso la porta, la farebbe piangere per ritirarsi. " Fatemi sapere se avete bisogno di braccia in più. "

00:19 Sango:
 Quello specchio è davvero in frantumi Nene? Potresti davvero divenire qualsiasi cosa tu voglia, una puttana, un eroina, nulla e tutto allo stesso tempo, e la fiamma che ti inebria è viva sebbene logora, sfatta, macinata da qualcosa che la rossa non può conoscere ne sapere, che le è totalmente estraneo. La vede quella mano salire, muoversi nell'etere verso di lei, poggiandosi sulla propria nuca con estrema dolcezza invero, lo stesso tocco che può solo ricevere da parte di una donna. Di mani sottili, femminee, che riuscirebbero anche a prendere a cazzotti il peggiore degli uomini. Smuove i capelli rossi, folti e rigogliosi, nella vicinanza di quei visi che s'allungano l'uno verso l'altra, a sussurrarsi parole che non sente da molto, troppo tempo. Quell'odore che le giunge come nuovo alle narici, il proprio che diviene poco più intenso da sotto quella cappa, ambra, legno, e una punta ancor più dolce, gelsomino. Come fosse uscita da una foresta fatta e finita. Come se quelle iridi potessero tornare ad assottigliarsi come quelle di un predatore. E lei la sua preda. Eppur adesso le danze cambiano, e lei si ritrova ad esser trascinata via dalle parole che non la sorprendono, ma la colgono in fallo di nuovo. Ne sente lievi brividi lungo il corpo, la rossa, ne sente ad ogni sussurro, parola, di quelle labbra dolci che la sfiorano con tanta dolcezza, e si ritrova a sorrider a suo volta. < sei più simile di quanto immaginassi > di quanto mai avrebbe potuto anche solo pensare. < sii egoista > un invito ad esserlo, a prendersi ciò che desidera, a farlo suo, carpirlo, donare cibo ad un anima frastagliata. E le labbra che adesso si poggiano su quelle con dolcezza, le morbide di entrambe a modellarsi sulle altre. E non chiuderà gli occhi adesso , non v'è nulla di romantico in questo, ma v'è la mente che viene attratta . La farfalla che si poggia sulla fiamma, si brucia, come le iridi che si confondono per un breve attimo, chissà quanto durerà, minuti, ore, simile a qualcosa che ha giò provato sulla propria mano, sebbene completamente differente. Cosa può causarle quel volteggio? Chi è lei per averlo fatto? Le labbra che ormai sono libere, un breve contatto, veloce anche lei andrà via, ma la rossa no, rimarrà ferma, imperitura, scossa anche e piena di dubbi e domande che si incatenano in uno sguardo indagatore che l'accompagna nel suo tragitto. La porta schiusa,il calore che invita, e il silenzio tombale guardandola andare via. Ma prima che essa venga chiusa, prima che la mora possa fuggire, potrà sentire < chi sei, davvero? > il dubbio pronunciato, non desidera quella risposta ora e adesso, ma lo avrebbe scoperto prima o poi. Adesso solo reggersi sembra il giusto modo di riprendersi, chiudere gli occhi, e respirare. Solo quello, mentre la notte posa le sue vesti sul villaggio delle ombre. [end]

00:44 Nene:
 E' vero? Sono brandelli, o è fuoco devastante. Non ci poniamo più questa domanda, e non cerchiamo più noi stesse nel primo riflesso per strada. Nene ha smesso di domandarsi chi è, ed ha iniziato ad annuire al proprio residuo immagine riconoscendosi nelle più spigolose fattezze. Persa, ma non persa come si suppone che sia una persona in transizione - ma persa di fatto. E' lì, che vaga, che mastica la sua routine, ingrassando il proprio ventre di pezzi d'altri. Amandoli a propria volta, per qualche mezz'ora al giorno. Ha un amore prestabilito da donare, non troppo, ma il giusto. Alle persone che per quel poco tempo ne fanno buon uso. Un bacio, la sua schiena. E dietro al colletto l'inizio d'un vecchio tatuaggio "KK" - ed il resto sopito sotto il colletto, nascosto dalla stoffa. Non ha da replicare, del resto, siamo ancora agli arbori - ed ogni uno imparerà a conoscere l'altro. A capire se è vero quello che è stato detto. A capire se si può cambiare veramente. Giusto, Sango? Eppure lei, ancora non è andata via. Regge la porta e l'ascolta, rubando il sapore delle labbra della rossa dalla stessa bocca, con l'avarizia di chi ha un mostro da sfamare. Dalla coltre di capelli il profilo di quei petali sembra voler regalarle un sorriso fugace, la mandibola affilata, il collo nerboruto in tensione tanto da mostrare vividamente lo sterno-cleido-mastoideo, come se fosse scolpito nel marmo. "Se fosse veramente così, non avresti fatto questo errore." L'indice si muove, straziante, imputandole il ventre. Reo d'esser vita, una vita innocente. E' egoismo anche questo, del resto. Eppure il cinismo di Nene arriva fino a qui, fino a farle notare un /errore/ e non una /gioia/. Qualcosa che le strappa le adorabili ali di carta, l'accartoccia, e la rende carne. Debole, inutile, vittima. Ed è inflessibile sul nome imputato a quella figlia. Errore. "Se non lo vuoi veramente. Posso aiutarti a rimediare." In un modo decisamente non convenzionale, ma alla fine, Nene non è mai stata convenzionale. [END]

Nene e Sango si trovano nella sede della shinsengumi. In un momento di pausa che diviene lentamente un incontro particolare. Di un bacio velenoso e di un errore commesso.

Nene che si presta volontaria per eliminare quell'errore.