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con Rasetsu, Shizuka

13:56 Shizuka:
  [Davanti al Multisala] Quella situazione ancora le dà da pensare. E' stata lei per la prima volta a pretendere un incontro con il Genetista, quel tipo al quale ha gridato dietro per come si sia comportato con Ryoma. Non è iniziata benissmo la loro relazione e non confida migliorerà chissà quanto ma dopo il loro incontro per Akaya, alcuni lievi punti in comune sono venuti a galla, e parlando con Kan la curiosità e il senso di appartenenza l'hanno condotta a quell'incontro. La rossa ha i capelli sciolti, un filo di eyeliner sugli occhi, del mascara, nella mano destra sorregge un ombrello grande e blu che la protegge da quella pioggia che cade fuori dal multisala ove al momento sosta. Indossa un cappotto imbottito, di color bianco, un cappuccio con del pelo associato, sotto indossa un maglioncino nero a collo alto e maniche lunghe, le gambe in un paio di jeans infilati a loro volta in un paio di anfibi neri alti fino a metà polpaccio. Attorno al collo, invisibile sotto il cappotto indossa quella collana dorata, con il pendente a farfalla dalle ali blu e brillanti internamente, sulle spalle lo zainetto nero contenente vari ed eventuali, il cellulare nella tasca destra del cappotto. E' li ferma, piantata in attesa dell'altro membro della famiglia, quello ancora vivo, le mani sostengono un enorme mazzo di girasoli, appena comprati; un regalo per colui che ormai non può più risplendere in quel villaggio tetro. Dondola un poco fra tacco e punta della scarpa, qusi impaziente, probabilmente anche un po' tesa. Non sa bene ancora come relazionarsi a quell'uomo, sono parenti certo ma hanno due modi di vedere il mondo che, all'apparenza, sono inconciliabili.

14:14 Rasetsu:
 Piove. Copiose gocce si susseguono una all’altra da dense e cupe nubi che oscurano gran parte del cielo. Se la maggior parte della gente adopera un ombrello per difendersi dall’intemperia, uno spilungone dai capelli rossi ha decido che non aveva bisogno – vittima come sempre dell’orgoglio spregiudicato e del suo libero arbitrio, il quale va costantemente contro qualunque buon senso esista. Gli abiti indossati dal demone – completamente vestito di nero – son ormai appiccicati al magro essere ch’è. Da Kiri, è sceso sin a Konoha a piedi, evitando qualunque mezzo e preferendo camminare, evitando però di proteggersi dall’acqua piovana. La camicia nera è ben aderente al petto scheletrico dell’uomo, coperta da un soprabito d’egual cromia che scende sin ad altezza delle ginocchia se non poco oltre. Dabbasso, oltre ad un classico paio di scarpe laccate di nero, v’è anche un pantalone che racchiude l’essenza della tenebra. I capelli rossicci, una volta tirati indietro, sono una matassa di ciuffi ben allineati e appiccicati lungo il collo, le spalle e la fronte. Ha persino rimosso gli occhiali, d’altronde non sarebbe riuscito a vedere granché con le lenti completamente zuppe e piene di goccioline fastidiose. Infila le mani nelle rispettive tasche del soprabito, rammentando di com’era abituato a giocherellare con il flacone delle pasticche. Un flacone adesso assente. Il pollice gioca convulsamente verso l’alto, come se aprisse e chiudesse il tappo ogni volta – un tappo immaginario. <Tch.> Fa schioccare la lingua contro il palato. Gli occhi verdognoli dovrebbero facilmente individuare la figura di Shizuka poco distante, sotto quello spesso ombrello colorato. I capelli rossi – a sua volta – sono indistinguibili. <Ehi, rossa.> La saluta di rimando, tirando fuori soltanto la mancina per sollevar la mano ed attirare ulteriormente l’attenzione, volgendo nel frattempo l’occhio in direzione dell’ingresso. Il multisala ha ovviamente riaperto con o senza Kamichi, con o senza il Serial Killer. Devono trovare un posto in cui andarlo a trovare quando serve, quando ne hanno bisogno e non può essere ogni volta un luogo pubblico come quello. Tira su col naso, un brivido gli risale lungo la schiena per via del freddo, pur irrigidendosi e non volendolo in alcun modo dare a vedere. [ Chk On ]

14:27 Shizuka:
  [Ingresso Multisala] Lui arriva dalla parte opposta alla sua, come un monito per quello che i due paiono rapprensetare, viene appellata per il colore di capelli, in maniera fin troppo colloquiale rispetto al rapporto che intercorre fra loro. Le blu rivolte al cielo accompagnerebbero il modo di lei nel volgersi in direzione del genetista che è praticamente fradicio. << Genetista >> Un piccolo moto del capo verso il basso per salutarlo, le mani impegnate nel mantenere l'ombrello e nel sorreggere quei fiori tanto in contrasto con la giornata odierna. Qualche passo verrebbe mosso in sua direzione, così da fronteggiarlo ed estendere la copertura dell'ombrello anche alla figura smunta dell'altro. << Ricordami di regalarti un ombrello. >> Il lei è andato a farsi benedire per cause di forza maggiore fra i due, uno dei pochi a scansare il canonico 'lei' educato e impersonale. << Tu eri presente. Mi piacerebbe portare i fiori nel luogo più prossimo a dove è esattamente successo. >> Spiega le proprie intenzioni, il peso che vuole dare a quel gesto, commemorare qualcosa che non c'è più nel migliore dei modi possibili, nonostante la vita vada avanti, il luogo ludico abbia riaperto i battenti e gran parte della gente nemmeno si renda conto che sia stato un posto di sventura per altri. << Se vuoi fare strada... >> Lo invita a procedere, condurla dove meglio rendere omaggio a quel biondo che non c'è più, lo sguardo è serio e lei nonostante tutto sembra volersi concentrare solo sul fatto che sono lì per rendere un omaggio al defunto Kamichi. << Ad ogni modo ritengo che sia il caso di chiedere il permesso all'Arufa di creare una tomba vera e propria nel cimitero del Clan. >> Già, deve esserci un posto anche per lui, per chi non è nato Kokketsu ma in fondo lo è diventato. Basta differenze, basta chiudersi nel bigottismo; ci pensa già il mondo a guardarli male, fra loro dovrebbero evitare.

14:48 Rasetsu:
 Pur appartenendo allo stesso clan, pur condividendo il sangue del Primo ed Assoluto Arufa dal quale discendono i Kokketsu fin dall’alba dei tempi, non potrebbero essere che più diversi l’uno dall’altra. <Medico.> La rimbecca in egual maniera, sollevando l’angolo delle labbra per mostrare un mezzo ghigno che sparisce in men che non si dica. E’ sul luogo del delitto, laddove il sangue di Kamichi scorreva in terra mentre un nemico decisamente preparato gli toglieva la vita. Si china leggermente dabbasso, incurvando la schiena per via della differenza d’altezza, sicché Shizuka è invero più bassa dello scheletro ambulante. Le tende la mancina così da afferrare il manico dell’ombrello qualora glielo lasciasse. <Sono più alto.> Gli torna in mente la serata passata in compagnia d’un Noribiki dove ha rischiato più volte di fargli fare il bagno non tenendo come si deve l’ombrello. <E’ successo all’interno, nei corridoi che conducono alle varie sale.> Adocchia l’interno tramite la porta a vetri, cercando di mettere a fuoco come meglio può, assottigliando le palpebre. Sospira, ma non effettua ancor nessun passo verso l’interno. <C’è troppa gente e reputo inutile porre dei fiori dove potrebbero essere calpestati.> Non la condurrà dunque all’interno, aspettando di sentir dapprima un suo parere su questa faccenda. Come al solito, pare che non riescano a trovarsi d’accordo neanche con quest’argomento. <La maggior parte delle volte che son venuto qui, li lasciavo all’esterno vicino la porta d’ingresso.> In modo che venissero visti, magari in un angolino dove nessuno potesse calpestarli o distruggerli meramente passandovi accanto. <Hm?> L’ultima affermazione che Shizuka tira fuori, però, fa sì che il rosso sollevi le sopracciglia aggrottando la fronte. Non è mai stato nel quartiere del Clan Kokketsu. E’ un’ipotesi che non ha vagliato poiché Dokuhiro non è un demone come lui e non possono vivere separati, altrimenti il rosso non farà altro che tornare a bere e a impasticcarsi come sempre ha fatto. <Abbiamo un cimitero del Clan?> Piega la testa da un lato, apparentemente confuso. <Mi ci porti?> Serio per una volta, le rivolge una richiesta che non può proprio rifiutare! [ Chk On ]

15:05 Shizuka:
  [Ingresso Multisala] Si sente canzonata da quel medico, mentre lui solleva parte delle labbra in un ghigno che dovrebbe essere appunto simbolo di divertimento ai danni della rossa. Lo sguardo si fa decisamente meno accomodante in mezzo secondo, occhiataccia rivolta all'altro mentre il tono di voce stanco gli si rivolge: << Senti come vuoi essere chiamato? Tu ti rivolgi a me con il colore dei miei capelli, quindi pensavo preferissi un nomignolo e ho scelto quello che mi è parso di capire ti piaccia di più. Sto cercando di collaborare non di prenderti in giro. >> E con quella frase sta a sottolineare quanto sia il caso che anche lui la smetta di prendersi gioco della ragazzina, per quanto più piccola e inesperta. La spiegazione arriva riguardo al luogo dell'accaduto, i cricetini iniziano a elaborare una strategia per portare a compimento il di lei piano, anche se probabilmente dovrà rinunciarvi per oggi. Un sospiro disilluso le sfugge dalle labbra, l'ombrello viene lasciato nelle di lui mani consentendogli di avvicinarsi abbastanza da coprire entrambi, probabilmente così vicini per la prima volta. << Si potrebbe fissarli in alto, su di un muro. Ma devo comprare un biglietto per accedere a quella zona e ora non ho gli strumenti per appendere qualcosa in alto. >> boffonchia quasi fra se e se, lasciando a lui modo di origliare quell'idea che vuole applicare, testarda come non mai. << Vicino all'ingresso è un luogo comunque pericoloso secondo me, passa tanta gente... >> Di nuovo i cricetini sono all'opera. << Sai che lato dell'edificio corrisponde a quello del corridoio incriminato? >> Vuole andare ora su quel lato, lasciare all'esterno quei girasoli in segno di lutto, di preghiera per chi non passeggia più su questa terra. Restano li come due fessi, sotto l'ombrello, protetti dalla pioggia ma senza entrare in quell'edificio brullicante di persone, due rossi a stagliarsi sulla moltitudine. La frase che proferisce lei però attira l'attenzione del Genetista, occhi blu che si volgono in di lui direzione: << Non abiti nel quartiere dei Clan? Non ti ho mai incontrato li in effetti, ma pensavo fosse solo fortuna! >> Un sorriso a trentadue denti segue questa affermazione fatta con tono ironico, quasi volesse scherzare con lui anzichè solo contro di lui. << Non è un problema portartici. C'è un monumento a Yukio e ai caduti Kokketsu della grande guerra. Poi le varie tombe dei sopravvissuti defunti per altre ragioni. >> Una sommaria descrizione di ciò che si può trovare in quel luogo, oltre che molti fiori. << Semplicemente è complesso richiedere un posto per chi non è registrato ufficilamente. Per Kamichi ho le cartelle cliniche. Per Ryoma non ho nulla... >> Complicato, teoricamente solo le famiglie di sangue puro vengono accolte, in origine era così anche per la zona dei Clan anche se con l'avvento degli innesti l'Arufa aveva deciso di estendere l'accesso anche a i nuovi Kokketsu, sempre in visione di un futuro glorioso per la famiglia. << Perchè non vivi con noi? >> Le blu dal basso si volgono in alto, ricercando un contatto visivo definito con le verdi del Genetista, le sembra strano che lui si sia isolato dalla famiglia.

15:49 Rasetsu:
 Quel ghignetto appena apparso sparisce in men che non si dica quando Shizuka gli fa notare il motivo per il quale l’ha definito un genetista poc’anzi. <Non credevo t’offendessi perché ti ho chiamata col colore dei capelli. Non sai quante volte chiamano me “rosso”.> Fa spallucce, mettendo le mani in avanti in un certo qual modo, ma non per questo scusandosi per qualcosa che reputa di non aver fatto. Sta di fatto che fa decadere il discorso poiché reputa che non ci sia nient’altro da dirle in merito. Non comprende la motivazione per la quale s’è sentita attaccata, ma d’altronde potrebbe trattarsi d’una prerogativa nata dal comportamento del demone precedentemente. <Hai la tua innata e qualche strumento di fortuna potremo trovarlo anche all’interno del multisala. Tuttavia, reputo che sia meglio portare dei fiori o delle candele – o qualunque altra cosa tu abbia in mente – in un luogo certamente più fedele ai nostri canoni.> Come potrebbe essere quel cimitero del quale lei ha fatto menzione. China il capo in sua direzione, adocchiandola di sguincio e tenendo or l’ombrello abbastanza sollevato per proteggere ambedue dalla pioggia che cade dal cielo pomeridiano. <Non saprei dire con precisione, ma anche metterli in una strada laterale potrebbe star a significare che siano stati buttati e non messi lì per reale motivazione. Potremmo entrare e poggiarli contro la parete del corridoio, in modo che non vengano calpestati mentre la gente passa.> E’ l’unica idea sensata che gli viene in mente in questo momento. Non ne riesce a ricavare un ragno dal buco, come si suol dire. E inizia difatti a spazientirsi. La mandritta nella tasca della giacca vien stretta con forza. S’infilza i palmi con le unghie. Sente bruciare le vene, ancora. Un po’ di meno rispetto a quando due mesi fa ha iniziato la disintossicazione, ma comunque abbastanza vividi da ricordargli chi è davvero. <Ah-ah, come siamo simpatici!> Ironizza a sua volta, storcendo le labbra. Rammenta il patto con Kan abbastanza vividamente, d’altronde la sua mente non è affatto annebbiata dall’alcol come le promesse fatte e mai mantenute. <Non abito nel quartiere del clan perché non sapevo neanche ce ne fosse uno. Dieci anni fa, l’unico nostro punto d’incontro era il Tempio di Kusa – poco fuori il villaggio.> Gli sfugge una risata, incurvando le labbra verso l’alto con un sorrisetto divertito. <L’ho distrutto almeno due volte, quel tempio. Mia sorella lo gestiva come sacerdotessa del clan.> Bei tempi, specialmente quelli in cui distruggeva il tempio con lo “Tsunami di Sangue” e Yukio lo ricostruiva tempo zero coi Goblin che faceva lavorare notte e giorno senza tregua. Perfetti schiavi. <Ad ogni modo, non vivo da solo e non credo che il mio altro inquilino possa venir accettato se prima non lo trasformo in un Kokketsu a sua volta.> E non ha ancora preso una decisione in merito, ciò sta a significare che non è neppur detto che riesca ad ottenere qualcosa del genere. E’ abbastanza sobrio da non farlo contro il suo volere. Non si tratta d’una cavia. E per quanto abbia asserito di non amarla, nutre rispetto nei suoi confronti: non è forse la più chiara forma d’amore? <Ai caduti? Quindi anche un monumento per me? Ero il braccio destro di Yukio, insomma!> Esclama, gesticolando con la mancina… che però stringe l’ombrello, facendo dunque cadere qualche gocciolina sulla fronte di Shizuka ed anche su sé stesso. Ma laddove lui è già bagnato come un pulcino, lei è ben asciutta. Quando nomina Ryoma, rammenta la discussione che hanno avuto, seppur a spezzoni. Era abbastanza marcio in quel periodo. <Io e te abbiamo già avuto una discussione in merito ad Errekap—Ryoma.> Deve cercare d’andarci d’accordo, no? Quindi, bisogna chiamare anche Ryoma col suo nome, avendolo trasformato in un Kokketsu (lui è un esempio lampante della mancanza di rispetto: non era consenziente alla trasformazione, anzi odiava i Kokketsu in maniera spregevole – e con una logica). Trae un profondo respiro. <Nacque l’undici dicembre del cinquantatré dopo Kyuubi nel quadrante povero del villaggio di Kusa. Ryoma Otatsu, per la precisione. Non lo vedo da qualche mese, quindi potresti ipotizzare una data di morte – ammesso sia defunto sul serio. Non ti diranno nulla se aggiungerai una targa a suo nome vicino a quella di Kamichi. Così come non ti diranno alcunché se presenzierò dicendo d’averlo trasformato io stesso in un Kokketsu.> Non ammetterà mai che quello stalker psicopatico sotto sotto gli manchi un minimo. Riceveva attenzione – certamente indesiderate, ma erano comunque attenzioni, ecco! Non la guarda negli occhi mentre le racconta “qualcosa in più” su RK. Non ne ha necessità e non prova pudore o senso di colpa alcuno. All’ultima domanda, ha già risposto – inutile ripetersi. [ Chk On ]

16:29 Shizuka:
  [Ingresso Multisala] << L'idea del corridoio mi piace! >> E' praticamente già pronta ad entrare nell'edificio dopo quell'affermazione che sembra quasi voler decretare di aver trovato un buon punto per poggiare quei fiori. << Non mi sono offesa comunque, semplicemente ho cercato qualcosa di poco offensivo per riferirmi a te. Di solito chiamo per nome la gente, ma tu sei strano. La gente che non conosco la chiamo per cognome ma chiamarti Kokketsu suonerebbe strano. >> Non si è offesa per quel saluto, cerca di spiegarsi, forse a conti fatti sono solo una sequela di interpretazioni sbagliate quelle che si susseguono fra i due? Concediamogli il beneficio del dubbio dai. A quella domanda riguardo il perchè non vive nel quartiere dei clan segue una spiegazione abbastanza breve di eventi passati, la sua compresenza con una sorella, racconti sul tempio di Kusa, luogo che lei non ricorda per nulla. Insomma due generazioni a confronto indubbiamente. << Se il tuo coinquilino divide con te l'appartamento per convenienza allora temo di no. So che sono ammessi coniugi o relazioni al di fuori del Clan ormai. Di preferenza si tende ad accettare però solo gente sposata o promessa. >> Diciamo che si tende a mantenere delle relazioni stabili, non qualcosa che potrebbe cambiare randomicamente da un giorno all'altro. << A casa nostra ha vissuto un ragazzo di Oto per dieci anni. Nessuno ha fatto storie ai miei. C'è da dire che era un bambino. >> Yasuhiko non aveva avuto problemi a restare con loro, probabilmente spiegando la situazione i genitori avevano ottenuto il permesso di farlo crescere con loro, non conosce la condizione dell'altro ma non riesce a immaginare lui con qualcuno di sentimentalmente legato. << L'arufa attuale sta cercando di ammorbidire un poco i confini di quello che siamo, preferisce mantenere la nostra identità che perdere altre persone. Per quello confido che sarà disposta a lasciare un posto per Kamichi. >> Quando l'altro se ne esce con quel commento le blu lo guardano storto, come se stesse dicendo qualche fesseria: << Ai caduti! Mi sembri vivo e vegeto tu! >> Non ha mai fatto caso ai nomi sul monumento, non ci ha prestato attenzione, non conosceva nessuno in ogni caso quindi perchè perdere tempo? Tuttavia quell'informazione mette in agitazione lo spilungone che agita l'ombrello facendo si che qualche goccia le cada sulla fronte. Questa si aggrotta istantaneamente, lei non sopporta la pioggia! Una manina verrebbe portata a quel livello per asciugarsi dato che lui pare aver smesso di agitarsi tanto e usa quel poco di memoria storica per ricordarsi di quanto avvenuto durante il loro primo incontro. Lui inizia a chiamarlo con quel soprannome e lei lo fulmina con lo sguardo, però il rosso pare rientrare in carreggiata autonomamente, gesto apprezzato dalla piccoletta. Un profondo respiro precede quel racconto particolare, la nascita di Ryoma Kokketsu. Undici dicembre, data segnata per sempre in quella testolina, avrebbe sempre festeggiato quel compleanno a prescindere. << Non lo vedo nemmeno io da mesi. E lavoro nello studio dove lavorava anche lui, sarebbe dovuto tornare. >> Lascia che quel discorso cada un attimo, non le piace pensare che sia morto, ma è necessario un luogo dove ricordarlo, se dovesse tornare a casa si modificherà il tutto. Non si guardano negli occhi durante quel racconto, uniti da una persona mancante, che ognuno dei due valuta e considera in due modi diversi. << La tua presenza sarebbe di grande aiuto. >> Solo in quel momento la testolina rossa si volgerebbe in di lui direzione: << Ti dovrò un favore temo. >> Come se desse per scontato che lui voglia qualcosa in cambio per presenziare alla cerimonia del suo esperimento maltrattato. << Vieni dentro con me? >> Già perchè quei fiori vuole proprio poggiarli in modo che Kamichi non passi inosservato.

22:01 Rasetsu:
 Approvata l’idea di poggiar i fiori all’interno del multisala, precisamente contro il muro del corridoio, ciò che occorre loro fare è entrare. Tenta d’affiancarla e di non allungare troppo il passo, poiché nella mancina stringe ancor l’ombrello con il quale sta proteggendo ambedue dalla pioggia. <Andiamo.> Pronuncia esclusivamente, avvicinandosi alla porta ed aspettando che l’altra l’apra. Ora va bene mantenere l’ombrello per via dell’acqua piovana, ma lungi da lui essere anche un galantuomo. <Chiamami Rasetsu e basta.> Afferma in merito al modo in cui potersi chiamare, giacché per cognome sarebbe abbastanza bizzarro considerando che il suo è identico a quello di Shizuka. Non c’è motivazione per cui non doverlo ammettere. Potrebbe usar quello vero – ma ehi, Ryuuma non esiste più neanche nella mente del demone. <Nyahahah! Col cazzo che mi sposo.> Ce lo vedete sposato? Con una famiglia? Un lavoro fisso e la testa a posto? Magari anche un figlio non nato dalla provetta del suo laboratorio. Non sarebbe lui! Sarebbe tutt’altra persona e questo non è un bene. <Quindi, mi sa che continuerò ad abitare dove vivo adesso.> Presume che Dokuhiro non sarebbe neanche tanto d’accordo se il rosso decidesse d’andare a vivere nel quartiere dei Clan senza dirle niente, decidendole da un momento all’altro e lasciandola lì – nel quartiere kiriano. Tuttavia, non le deve niente se non la disintossicazione (come se fosse poco). Potrebbe comunque decidere arbitrariamente, sarebbe da lui. Storce le labbra, non gli va. Inutile girarci attorno: Hiro è abbastanza importante per lui, pur non ammettendolo neanche sotto tortura. <Kamichi era ufficialmente un Kokketsu. Temo che il nostro Arufa possa aver più da ridire a proposito di Nana e di Ryoma, se proprio vogliamo parlare di nuovi accoliti o di posti per altra gente.> Ribatte prontamente, mentre dovrebbe chiudere l’ombrello – qualora stiano ufficialmente per entrare nel multisala, lasciandolo in prossimità della porta assieme agli altri. Si guarda attorno, attonito. E’ tutto così diverso. Abbassa lo sguardo, là dove il corpo di Kamichi giaceva ormai freddo, dove il sangue s’era addensato uscendo dal suo corpo. Un brivido gli percorre la schiena. <Dannazione.> Chiude per un istante gli occhi. Quando li riapre, lo sguardo è un poco più serio di quel di poc’anzi quand’era all’esterno. Quel luogo, ormai, gli lascia addosso un’orrenda sensazione appena vi mette piede. Si ributta, infatti, sugli argomenti esposti dalla rossa, in modo da non pensarci. <Per dieci anni, sono stato sotto terra però. Ero dato sicuramente per morto o per disperso, ma non so quanto interessasse ai kusani. Ero un Mukenin per l’Alleanza.> A ragion veduta, considerando che ha venduto dapprima Oto a Kusa e poi Kusa ad Oto, per non parlare dell’unione all’attacco al Villaggio del Suono soltanto per amore. Pessimi ricordi in pessimi luoghi. E’ un sentimentale, tutto sommato, a prescindere dal male che faccia alle altre persone. Fissa il corridoio. Sospira. <Non pronunciare mai davanti a me “ti devo un favore”, Shizuka-chan.> Quel -chan utilizzato nei confronti di persone – perlopiù ragazze – con le quali ha confidenza, ma nient’altro che quella. <La Yakuza viene sempre a riscuotere e, per quanto adesso non ne faccia parte ufficialmente, certi insegnamenti non si dimenticano.> Un altro “ringraziamento”, forse. Fa parte della famiglia anche lei e non può trattarla diversamente dagli altri – non da sobrio, quanto meno. [ Chk On ]

22:26 Shizuka:
  [Multisala - Corridoio] La scelta è stata fatta, entreranno a poggiare quei fiori insieme. Intanto viene deciso come poterlo chiamare, ma come lo enuncia fa scappare una risata dalle labbra femminili: << Pfff... Scusa ma Kamichi mi si era presentato come "Kamichi e basta" >> Già forse era ancora salvato sul proprio cellulare con quel nome! I cricetini si muovono nella testa mentre lui l'affianca e lei apre la porta per poter accedere al multisala, dove entrambi dovrebbero finalmente entrare, lontani da quella danna tissima pioggia. La risata di lui e il discorso riguardante il matrimonio non la stupiscono per nulla, anzi commenterebbe solo brevemente squadrandolo da capo a piedi: << Si decisamente non sembri il tipo da matrimonio.. >> Solo una pazza potrebbe prenderselo, questo il pensiero taciuto ma ben apparso nella testolina rossa. Anche Nana viene nominato lasciando così alla Genin l'onore di scoprire che anche lei è un innesto e non un prodotto della biologia. Si sposterebbero verso il corridoio incriminato, dove il Genetista pare avere qualche difficolta, chiude gli occhi dopo aver imprecato, quando concede di nuovo luce alle iridi verdi sembra molto più serio di prima, cosa che la piccoletta non può che notare. << Mukenin. Come Sango quindi. >> Non commenta quel cambiamento di personalità non vuole andare a infilare il dito nella piaga ma tutte quelle piccolezze lasciano modo a lei di scorgere qualcosa di più in quel pazzo furioso che ha sventrato Ryoma. << Beh se vogliamo essere precisi potremmo considerarlo un espiazione dei tuoi peccati. Aprire l'addome a qualcuno per fare esperimenti contro il suo consenso non è esattamente qualcosa di normale lo sai? >> Diretta, come sempre, come un treno, non dovevano litigare, non oggi per lo meno. La nanetta si distanzierebbe dal rosso andando in prossimità del corridoio corretto, vicino al muro, ove poggerebbe quel mazzo di girasoli, un tocco di vita in un luogo di morte. Dopo aver fatto ciò, andrebbe ad infilare la mano destra sotto il cappotto, estraendo quella collana a forma di farfalla, utilizzando poi una delle ali per ferirsi appena la punta dell'indice destro. Lascerebbe quindi fuoriuscire un poco di quel sangue, nero, come la pece, come il male, come l'inchiostro. Sul muro, appena sopra quel mazzo di fiori andrebbe a scrivere due lettere: 'KK'. Fatto ciò dovrebbe ritenersi personalmente soddisfatta di quanto compiuto, tornando ad affiancare il tipo alto vestito di nero, facilmente identificabile dal resto dei presenti come uno iettatore. << Quando torno a casa proverò a chiedere udienza all'Arufa o quanto meno compilare una richiesta scritta per loro e l'accesso al cimitero. Serve un posto decente per ricordare chi non tornerà più. >> Si interrompe, cercando lo sguardo altrui. << Forse il tuo nome c'è davvero allora sul monumento ai caduti! Controllerò sono curiosa. >> Il visino sembra molto meno infastidito del solito in sua presenza, come se quella missione comune in qualche modo abbia appianato un poco le loro divergenza. << Anche se continuerai a vivere fuori dal quartiere potresti passarci più spesso. Nessuno ti caccerà. >> E con nessuno intende nemmeno lei, in fondo quel sangue li lega indissolubilmente, in maniera parzialmente maledetta direbbe qualcuno.

23:07 Rasetsu:
 China il capo dabbasso per fissare per un istante di più l’interlocutrice quando tira fuori il nome di Kamichi. Si spalma la mancina sulla faccia. <Solo per questo, andrebbe diseredato dal clan.> Il clan va omaggiato, è un onere prima d’un onore. Si lascia scappare comunque una mezza risata, poiché è un modo come un altro per ricordare un compagno – un amico caduto. Esegue soltanto un’alzata di spalle quand’ecco che Shizuka sottolinea com’egli non sia assolutamente un uomo da matrimonio. Non che ci voglia un genio, d’altronde va dietro alle ragazzine che, dopo qualche anno, compreso l’individuo che hanno di fianco, protendono per una vita migliore. <Se fossi come Sango saprei tenere le gambe aperte per guadagnarmi da vivere e farei una vita da Re.> La tocca piano, ma d’altronde non ha belle parole da usare nei confronti di Chiappe d’oro, specialmente se l’ultima volta l’ha trattato praticamente da scemo. E nessuno lo tratta da scemo, non quand’è sobrio, non quand’è capace di vendicarsene. <Non ho nessun peccato da espiare, Shizuka-chan. E’ ciò che sono e non cambierò. Come pensi che le migliori medicine o le migliori scoperte siano venute a galla? Pensi davvero che qualunque scienziato abbia contribuito in maniera decorosa ed onesta?> Le pone questi quesiti per portarla a pensare, per portarla a capire che non è oro tutto quel che luccica, che non tutti sono come il demone, ma neanche il contrario. Tentenna col capo da un lato, infilando le mani in tasca ed avvicinandosi al muro del corridoio, laddove sarà poi la Kokketsu a far gli omaggi e a sistemare i fiori. Non si premura manco di chiedere, in effetti. Tutti lì dentro dovrebbero sapere cos’è accaduto ad un cittadino del villaggio. <…> In religioso silenzio, la guarda ferirsi ed usare quel sangue nero come l’inchiostro d’una seppia dipingerne il muro, segnando due lettere: due K vicine. <Fammi sapere cosa ti risponderà.> A proposito dell’Arufa e del posto al cimitero. Aspetta che faccia quel che deve, senza pressarla e senza infastidirla. Quando avrà terminato, potranno tornarsene da dove son venuti. Ha abbastanza pazienza ultimamente, non la perde in nonnulla complice l’assenza d’adrenalina che l’alcol e la droga gli portavano in maniera costante. <Se riusciamo a portare lì il corpo di Kamichi, lo farò più spesso.> Altrimenti, non ne trova la ragione al momento. Compie un mero passo indietro, principiando un movimento che, qualora anche Shizuka vada a compierlo, lo condurrà nuovamente fuori da quel multisala. Non vuol respirare l'aria lì dentro un attimo di più, si sente quasi soffocare. [ Chk On ]

23:22 Shizuka:
  [Corridoio -> Ingresso Multisala] Uh guarda, chi avrebbe mai detto che avessero un'altro piccolo dettaglio in comune. << Tratta anche te manco fossi l'ultimo vero nemico da eliminare nell'universo? Pare che non le piacciano proprio i Kokketsu allora. Stavo iniziando a pensare che ce l'avesse con me perchè sono la ragazza di Kan e volesse portarsi a letto anche lui. >> La nanetta non sa che in realtà una tresca i due l'hanno già avuta, cosa che effettivamente potrebbe portare al Sumi un paio di urlate ben assestate. Per quel che ne sa la Kokketsu, al momento lei aspetta un figlio da un ragazzino dopo aver rifiutato la proposta di matrimonio di un uomo. Insomma non sicuramente la donna più fedele e collegata del mondo dal suo punto di vista infantile e innocente. << Tu non hai ancora capito che non sono una bambina di cinque anni, Rasetsu. Sono consapevole di ciò che si deve fare per il progresso, ma il metodo è fondamentale. Il consenso lo è. Ti sei appropriato della vita di Ryoma senza nemmeno chiedergli il permesso. Avresti potuto convincerlo, ma lo hai obbligato. So che la differenza è sottile, ma esiste. >> Testarda, idealista forse in parte. Quella visione del mondo non sarà mai la medesima per loro due, questo sicuramente è un punto di vista che li rende distanti, l'uno dall'altra, anni luce. Si avvicina al muro, lascia i fiori, commemora il parente scomparso come meglio crede senza che l'altro le dica nulla, però la osserva, probabilmente giudicando quei gesti in un modo tutto suo. Una volta tornata al suo fianco verbierebbe riguardo a un luogo più adatto per la commemorazione e relative risposte. << D'accordo, ti farò sapere. >> E a quell'invito velato a non allontanarsi troppo dal sangue acconsente, con quella condizione particolare. << Dove sta ora il suo corpo? >> Ipotizza sia in una cella frigorifera in ospedale, non sa se Kusa o Konoha. I passi comunque vengono mossi, ovviamente puntano all'ingresso dove l'ombrello è stato poggiato dal Genetista, a meno di interruzioni nel muoversi sarebbero anche usciti nuovamente all'esterno sotto quella pioggia, entrambi consapevoli che quell'incontro è ormai agli sgoccioli e che entrambi sono riusciti a comportarsi quasi bene.

00:06 Rasetsu:
 Piega un sopracciglio, dubbioso lo sguardo che mostra nei riguardi dell’argomento citato da Shizuka. Non gli torna buona parte del discorso. <So che aveva avuto qualche problema con Yukio> Riferendosi ad almeno una decade prima, sicché l’ex Arufa è dato per disperso da quel lasso di tempo in cui lui stesso è poi sparito. <ma se davvero non le piacessero i Kokketsu, non avrebbe venduto il suo corpo al sottoscritto giusto qualche settimana fa per ripagare un debito.> Insomma, se coloro che hanno il sangue nero le fanno veramente schifo, non dovrebbe protendere per quel genere di pagamento neanche sotto tortura. Avrebbe dovuto trovar qualcos’altro. Gli sfugge una nuova risata in virtù del timore altrui che la Ishiba volesse portarsi a letto Kan. <Sicura non l’abbia già fatto?> Le mette la pulce nell’orecchio involontariamente, ma del resto – conoscendo la diretta interessata – reputa che si sia fatta tutto il reame e che non si sia fermata esclusivamente a qualche individuo. Per ovvietà, il demone non conosce le risposte a questi suoi palesissimi dubbi, tuttavia ha un’idea di Sango tutta particolare e non la prende affatto sul serio. Fa roteare gli occhi verso l’alto quando la ragazza prende nuovamente in esame l’argomento riguardante gli esperimenti e quant’è successo al corpo di Ryoma. <Shizuka-chan, è una discussione che abbiamo già avuto. Non cambierò idea soltanto perché tu non sei d’accordo con il mio metodo.> Che questo sia ben chiaro, arrestando il di lui incedere proprio per fissar meglio l’interlocutrice e concludere quanto le sta spiegando con assoluta calma – almeno per il momento. <Per te, sono persone; per me, sono cavie. E’ questo che ci rende diversi. Hai una visione del mondo troppo perbenista, mentre dal mio punto di vista nessuno merita di vivere se non me stesso o qualcuno che me lo dimostri.> Qualcuno che potrebbe aver un senso nella vita del demone, abbastanza da volerlo in vita, in parole povere. Riprende a camminare, comunque, a costo che lei resti indietro. S’avventura all’esterno del multisala. <Dovrebbe essere in mano alla Shinsengumi. Non so a chi abbiano affibbiato l’autopsia al tempo.> Ma dovrebbero averla finita da un pezzo. E con quest’ultima risposta, una volta all’esterno, si fermerebbe nuovamente soltanto per guardarla direttamente, così da sancire il termine di quella giornata assieme. <Ci vediamo.> Semplice, diretto, protendendo per tutt’altra direzione pur aspettando dapprima una risposta da parte sua. [ Exit ]

00:22 Shizuka:
  [Ingresso Multisala -> (?)] Alle parole di lui il visino si fa dubbioso, qualcosa non le torna in quel comportamento. Che la nanetta rossa abbia qualcosa in comune con il primogenito della loro stirpe? I cricetini nella testa si fermano immobili a quel pensiero per poi scuotere la testa rapidamente come a negare totalmente quella remota possibilità! Però perfino andare a letto con quel tipo? Ma non era incinta? Ci capisce sempre meno, ma sicuramente il fastidio nei di lei confronti non può che aumentare con quella domanda retorica posta dal parente. Il dubbio si impadronisce di quel visino seduta stante, probabilmente con conseguente ilarità dell'altro. Non commenta infatti tutto ciò che riguarda l'Ishiba, troppo pensierosa a riguardo. Però punta sul vivo lo rimbecca ancora su quel tasto dolente, e di nuovo si scontrano, cosa che si era ripromessa di non fare, almeno quel giorno, per Kamichi. << Avete le stesse iniziali tu e lui! RK >> Scuoterebbe la tesolina rossa appena prima di uscire all'esterno, ombrello riaperto a coprirla così che non si bagni sotto quell'acquazzone. << Lasciamo perdere, su questo non potremo mai andare d'accordo. Ma sia chiaro che nemmeno io cambierò idea perchè non sei d'accordo con me! >> Che cosa sono dispetti fra bambini? Il tono è esattamente quello però, cosa che potrebbe tranquillamente far divertire l'altro alle spalle dell'infantile ragazzetta. Il corpo del biondo probabilmente è ancora in mano alla Shinsengumi, in fondo faceva parte di quella corporazione, è comprensibile. << Proverò a chiedere a un agente che conosco novità in merito. >> Mandare un messaggino in fondo non costa nulla no? Lui si volta nella medesima direzione da cui era venuto, cosa che prontamente avrebbe fatto anche lei. Al saluto altrui risponderebbe con uno proprio: << Ci sentiamo! >> Insomma sentirsi è meno pericoloso che vedersi, quel tipo non la convince nonostante sia decisamente attaccato alla famiglia. Null'altro, quell'incontro fortemente voluto dalla rossa si conclude come era iniziato, su due fronti diversi, in due direzioni diverse, in due condizioni diverse. [//END]

Come accordatisi su Ninjagram, Rasetsu accompagna Shizuka al multisala dove Kamichi ha perso la vita così da rendergli omaggio. Chiacchierano, nel frattempo, di svariati argomenti: Kokketsu in generale, Sango addirittura e il loro disaccordo reciproco sulla visione che i due hanno del mondo.