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con Rasetsu, Tsumi

21:41 Rasetsu:
 Bazzica per le vie del quartiere tecnologico, di ritorno dall’ospedale nel settore kusano. Il suo turno è finito da non molto tempo, quindi occorre tempo per raggiungere la sua abitazione – anche se definirla “sua” è veramente un parolone considerando che è abusivo tanto quanto l’altra occupante. Il quartiere tecnologico l’affascina molto, pertanto non è raro che si perda a rimirarne gli alti palazzi e i vari negozi che vendono tra i più disparati gadget. Principalmente, è possibile vedere la vendita di laptop, personal computer e cellulari d’ultima generazione a prezzi esorbitanti per le sue povere tasche. Or come ora, s’accontenta d’un telefono cellulare di bassa lega che sfrutta principalmente per mandare messaggini ad Hiro e infastidire altra gente tramite Ninjagram – niente d’anormale, solita routine. Il problema di quest’oggi è che, per quanto bello sia quel quartiere, piove. Non che questa sezione d’Ame sia cambiata poi molto rispetto a quella del passato. Nel settore kusano, avevano iniziato a cadere delle gocce, mentre qui v’è nient’altro che l’acquazzone in piena regola. Cerca d’infilarsi man mano sotto le più disparate tettoie, poiché è chiaramente privo d’un ombrello che possa coprirlo e difenderlo dalle intemperie. Già, non è neanche tanto fortunato – come non lo è in amore, ma meglio non farlo sapere alla diretta interessata che potrebbe legarlo nuovamente al letto. Tira su col naso, sistemando meglio gli occhialini. E’ vestito come al solito: pantalone nero, scarpe d’egual cromia, camicia bianca coi primi due bottoni lasciati aperti ad altezza del collo così da lasciarlo respirare senza quell’orrenda sensazione di stretta. Con sé, ha soltanto un paio di tonici coagulanti e di recupero Chakra, nel caso in cui dovessero in qualche modo servire, pur non essendone granché sicuro. Sigillati in un fuda, porta con sé – in qualunque momento – la documentazione inerente alla teoria della clonazione sulla quale sta lavorando e che sta cercando di mettere in atto. Gli manca soltanto la materia prima. Il chiosco di Ichiraku gli stuzzica l’appetito, ma non ha fatto altro che perculare i konohani per via del ramen. Sarebbe oltremodo incoerente andare a prendersi una ciotola di ramen. <Oh, al diavolo.> Borbotta di rimando, ma restando ancor fermo sotto quell’improvvisata tettoia che altro non è che un balcone del piano superiore. Alle sue spalle, una vetrina ormai spenta che mette in mostra una nuova linea di ninjawatch. [ Chk On ]

22:03 Tsumi:
 La pioggia bagna il quartiere di Ame, come se fosse una novità. Le intemperie che rispecchiano a pieno il nome di quell’oramai antico villaggio, ove si diceva ci fosse la pioggia eterna che puliva dal male le terre. Quanta poesia in questa visione antica. Ad oggi invece i grattacieli si estendono per metri e metri sopra di loro, come giganti dormienti. Riempiono di luci quella notte apparentemente tranquilla i negozi di varia natura, sfumando di rosso l’ambiente: pubblicità, oggetti di lusso, cellulari e chi più ne ha più ne metta. Quartiere di ricchi ostentatori di faziosi patrimoni e di poveri che anelano ad una vita più agiata, consumistica. In quel grande mare c’è questo ragazzo dalla bassa statura che indossa un kimono grigiastro, semplice e monocolore dalle maniche talmente grandi da coprire le mani; un pantalone nero con qualche riga bianca che lo contorna; ai piedi dei semplici sandali. Non ha mai avuto gusto per la moda. Cammina con passo lento mentre la pioggia non lo tocca, grazie all’ombrello aperto sopra di sé, tenuto con la mancina. I suoi capelli, lunghi e corvini, raccolti in una coda malfatta sono al sicuro dall’essere bagnati. Viene dal quartiere del clan, dalla casa di Sango. Da quando è stato partecipe di quella battaglia tra le gang, finito in mezzo come un hamburger in un panino, non era ancora tornato a casa. Era rimasto nel quartiere dei Noribiki, clan di Suna. Era giusto far sapere alla rossa che stesse bene, che non l’avevano rapito o chissà che. Non gli ha ancora raccontato del suo potere risvegliato. Finalmente aveva capito cosa gli hanno fatto i genetisti tanti anni fa e da allora sta maturando varie cose nella sua testa. Vive ormai nei suoi pensieri, conscio di dover prendere una decisione riguardo tutto questi e di agire. Ma è solo come sempre. Non vuole di certo coinvolgere una donna incinta e le sue conoscenze terminano lì. Avrebbe dovuto fare amicizia, aveva ragione. < … > La pioggia copre i rumori, persino quelli dentro la sua testa. Sta costeggiando il marciapiede e il solo rumore che riesce a sentire è quello dei sandali che toccano l’asfalto bagnato, schizzando leggermente qua e la per via delle piccole pozze d’acqua. Le sue iridi si posano poi su una figura non ben definita ferma sotto un balcone a ripararsi dalla pioggia. Si ferma dunque, osservandolo da capo a piede mentre la chioma rossa sembra ricordargli la donna, solo poi notare che nel viso è totalmente dissimile. < Hai bisogno? > Chiederebbe dal nulla, indicando con un cenno della testa l’ombrello sopra di sé. Uno sguardo che sembra esprimere curiosità, come un cucciolo che non sa cos’ha davanti.

22:24 Rasetsu:
 E perché no? Perché non dovrebbe dirigersi cautamente in direzione del chiosco di Ichiraku? E’ incoerente da parte sua quando non ha fatto altro che prender in giro chi ne mangiava. Tuttavia, sospira. Non c’è nessuno che lo conosce lì attorno. Può farcela. Tutto può andare nel verso giusto e nessuno potrà dirlo a chi lo conosce. Ma che poi… non conosce neanche tanta gente che possa riferirgli ch’è un incoerente del cavolo. Una figura s’avvicina in sua direzione, tuttavia lo reputa un passante come gli altri, quindi non si premura granché di soffermarsi a guardarlo. Dopo qualche istante, però, si rivolge direttamente al rosso che non può più ignorarlo. <Hm?> Gli vien spontaneo far vibrare le labbra, adocchiando invece l’oggetto dei desideri che potrebbe evitare che si bagni più del dovuto. Nello squadrarlo dalla testa ai piedi, non può che notare quel paio di sandali totalmente fuori contesto – un po’ come il demone agli Alcolisti Anonimi. <Sei consapevole del fatto che stia piovendo e sei in giro con dei sandali?> E’ moralmente accettabile cercare d’attaccare bottone con una frase spiacevole ai danni altrui? Proprio da queste piccole cose si comprende come non sia capace d’aver degli amici, ma soltanto degli alleati che funzionano sulla base del reciproco accordo. Poi ci si chiede la motivazione per la quale, spesso e volentieri, lo desiderino morto. <Sinceramente no> Ammette, stringendosi nelle spalle. <però> Tituba un attimino, stringendo le labbra tra di loro. Sonda il terreno. Potrebbe anche tornare a casa e smetterla di star fuori al freddo e in attesa che smetta di piovere. <potresti accompagnarmi al chiosco.> Immaginariamente, il naso si tinge del rosso del classico e consueto naso da clown. Non ci siamo proprio, caro demone… Bisogna tornare ad esser quello d’un tempo ed invece siamo qui, nei pressi d’un chiosco nel quale, in altri contesti, non ci avrebbe mai messo piede prima. [ Chk On ]

22:46 Tsumi:
 Lo sguardo che rimane fisso sul rosso, analizzandolo nuovamente da capo a piede. Lo vede li, messo sotto ad un balcone senza possibilità di uscire se non quella di bagnarsi ampiamente. Gli sembra praticamente ovvio che accetterà l’invito implicito del moro ad unirsi a lui sotto quell’ombrello, fortunatamente abbastanza grande da contenere entrambi. La prima domanda però lo incuriosisce un attimo. Il capo si china ad osservare i suoi stessi sandali che ovviamente non forniscono un riparo dalle pozze d’acqua. Le labbra si inarcano, formando un sorriso che sembra riempire il viso del giovane, con le gote che si evidenziano mostrando un visino angelico e innocente < Non sei di qui vero? > Domanda come se non fossero dello stesso enorme villaggio, talmente grande che i membri dei vari quartieri sembrano vivere vite diverse in posti diversi < Siamo abituati qui a questa pioggia. > Afferma deciso, convinto di quello che sta dicendo. Non ammetterà mai di essere uscito presto dal quartiere di Suna e di non aver considerato dove stava andando. Sembra che farà compagnia al rosso con il naso da clown. Smorza un attimo quel sorriso, ridando il proprio sguardo al rosso accanto a lui. < Strano modo per dire “si” > Afferma senza mezzi termini muovendo qualche passo in sua direzione. Il braccio si allunga di poco, quando basta per non essere in balia della pioggia. < Tienilo tu. > Direbbe dando un lieve scossone all’ombrello, probabilmente smuovendo qualche goccia da cui l’oggetto lo sta riparando. < Non ci arrivo alla tua testa. > Direbbe abbozzando una risatina, prendendosi palesemente in giro per la sua altezza. < mh? > Mugugna sentendo la parola chiosco. < Ichiraku dici? > gli sembra sia quello il chiosco più vicino < E’ un concorrente ma va bene > Frase che il rosso non potrà capire. Speriamo che Oji-San non venga mai a sapere che ha mangiato lì, altrimenti la mattina a lavoro sarà un inferno per il nostro piccolo Jikken. E sinceramente non gli va di essere sgridato. Di nuovo.

23:12 Rasetsu:
 Aggrotta le sopracciglia innanzi al primo quesito che gli viene rivolto dal corvino. Se non è di quel posto? Diamine se non lo è. <Sono nato nella vecchia Kusa> Sentenzia, stringendosi nelle spalle. Un’informazione alla quale sarebbe potuto risalire chiunque, dunque reputa passabile. Non gli sta certo svelando il conto in banca o la sua teoria della clonazione che custodisce gelosamente. D’altronde, reputa che nessun altro potrebbe metterci mano a parte sé stesso, se non per farsi aiutare in qualche preparativo. <quindi, no. Non sono di questo posto. Ma ci vivo da un pezzo, ormai.> Mormora pacato, mentre un brivido gli percorre l’intera colonna vertebrale. Son lì, sotto la pioggia in una fredda serata autunnale. Insomma, non è neanche una delle migliori. Ha anche appena staccato da lavoro. E’ proprio ora che dovrebbe tornare a vivere. Tuttavia, quando fai un lavoro che ti piace è come se non stessi lavorando affatto – e questo vale per il demone in questione che, di fatto, non si sente poi chissà quanto stanco. <Guarda, che voi ci siate abituati non me ne può fregar di meno. Sono neutrale nei confronti delle intemperie. Tranne quando c’è troppo sole.> Ha la pelle molto pallida e chiara. Rischia di bruciarsi tre quarti delle volte che esce sotto d’esso, infatti si premura di cospargersi di crema protettiva, seppur indossi principalmente camicie dalle maniche lunghe che, spesso, arrotola ad altezza del gomito. Fa schioccare la lingua contro il palato, continuando ad ascoltare di rimando quel che il Noribiki pronuncia. <Fai anche lo schizzinoso? Me l’hai proposto tu.> Quindi, reputa che non ci sia necessità di rispondere obbligatoriamente con un’affermazione. Già i gesti, dal proprio punto di vista, avrebbero dovuto farglielo capire. Bell’idea che ha del mondo, nonostante vi viva da almeno trent’anni – senza contare i dieci sotto terra che s’è perso totalmente. <Sei basso e giri coi sandali> Rincara la dose su quella calzatura, sottolineandone anche quel “difetto” fisico che a sua volta ha menzionato poc’anzi. Solleva però l’ombrello: deve coprire anche sé stesso, quindi deve sforzarsi di far meno lo stronzo. <non sei un gran genio, hm?> Andiamo bene. Iniziamo con gli insulti velati adesso. All’ultima constatazione di Jikken, il demone non capisce e tende a piegar la capocciona rossa da un lato prima d’iniziare a muover qualche passo, ammesso a sua volta si sia incamminato anche l’altro. <Concorrenza?> Non mangia spesso fuori. Non mangia spesso in generale. [ Chk On ]

23:33 Tsumi:
 Inarca la testa da un lato, prima di ribattere alla prima affermazione del rosso. < Eh … > Direbbe, quasi confuso < Io sono nato nella vecchia Ame > Direbbe, reputandola una cosa più che normale. Non se ne cura dunque, non è meno strano di quando Sango le parlava di eventi di quarant’anni fa, non dimostrando affatto quell’età. < Beh, qui è uno schifo. > Affermerebbe secco, pensando di aver capito che anche l’altro la pensi allo stesso modo, come se si fossero abituati ad un posto che sembra non appartenergli < Non è casa. > Non ha molti ricordi della vecchia Ame, solo qualche sprazzo che ricompare una volta ogni tanto, solitamente nella solitudine o dopo un evento abbastanza intenso da scombussolarlo. Lo ascolta ancora, guardandolo con curiosità. Sembra proprio un bulletto da strada anche se non sembra un appartenente a qualche banda di quartieri che si diverte a rompere le scatole. < Si vede, sei pallido > Non è un insulto per lui questo, solo una constatazione di qualcosa di fisico < Sei neutrale ma il sole ti da fastidio > Direbbe incuriosito da quell’affermazione. Gli sembra un controsenso, ma d’altronde chi è lui per giudicare. < E tu non mi hai detto grazie > Parole che potrebbero risuonare fastidiose per chiunque, specie nel vedere quel sorriso sornione in un ragazzino alto un metro e una gomma. Inizia a muovere passo insieme a lui, libero dal tenere quell’ombrello. Lascia quindi che le braccia seguano il movimento delle gambe, accompagnandole nel cammino. Sembra rilassato il ragazzino. Ridacchia subito agli insulti rivolti verso di lui. < Sono anche Jikken > Direbbe quindi finendo quasi la sua frase con un altro aggettivo. D’altronde, chiamarsi “esperimento” non sembra del tutto normale agli occhi degli altri. Non chiede neanche il nome di rimando, spera in una spontanea risposta di riflesso che forse non arriverà, visto il caratterino del rosso Gira il capo verso di lui poi, andando a rispondere a tono < Mh, disse quello senza ombrello sotto la pioggia > Dai, poteva aspettarsela quella pioggia. O meglio, a lui sembra normale, quasi. < Lascia stare, lavoro in un altro chiosco. Se lo scoprono mi rompono > Direbbe sbuffando successivamente.

00:05 Rasetsu:
 Ha letteralmente a che fare con un vecchio di merda che dovrebbe avere circa quarant’anni, quindi un’età alla quale era raro arrivare per gli shinobi d’un tempo. Riuscire a raggiungerli era perlopiù un traguardo o, con molta più probabilità, non s’era fatto granché durante il percorso vitale. <Quanti cazzo di anni hai?> Per essere nato nella vecchia Ame, dovrebbe averne ALMENO dieci. A guardarlo, non si direbbe che ne abbia solo quelli. Con molta probabilità, s’aggira sulla ventina. Il tutto chiaramente condito dall’impossibilità di conoscere l’informazione esatta finché non sarà questi a rivelarglielo, ammesso intenda farlo. <Ma sinceramente non è male come posto. Hai tutta la tecnologia che dieci anni fa ti potevi soltanto sognare.> Gesticola con la mancina – quella che impugna l’ombrello, motivo per il quale la copertura dall’acqua piovana potrebbe saltare da un momento all’altro a causa di questi movimenti inconsulti e poco curati. <Certo, sei rinchiuso tra quattro mura perché all’esterno sei un morto che cammina> Ha detto poco. <però che te ne frega quando tra queste quattro mura hai tutto?> Il problema è quel “tutto” perché è parecchio relativo. La tecnologia non può superare tutto e non può abbattere chiunque. Le chimere potrebbero – presto o tardi – attaccare comunque le mura e cercare di distruggerle, così da penetrare quelle presunte invalicabili difese. La sagra dei controsensi è iniziata quando il demone ha deciso d’andare da Ichiraku anziché farsi i fattacci propri e tornare direttamente a casa. Ed adesso sta qui a parlare con un ragazzino. <Sono neutrale per quanto riguarda la pioggia.> Si sta arrampicando sugli specchi, ma lasciamogli credere che stia dicendo qualcosa d’intelligente. Sarà la stanchezza dopo la lunga giornata di lavoro sicché non è innaturale che ci si fermi gran parte del tempo, anche fuori dal suo turno per continuare a studiare e a seguire quella sua linea guida. <Grazie per cosa? Per l’ombrello? Me l’hai proposto tu.> Di nuovo, ripete l’ennesima frase di poc’anzi, lasciando intendere che non lo farà mai. E’ come chiedere scusa, dire a qualcuno che gli si vuol bene. Non uscirà mai dalla bocca altrui. Sarebbe troppo… strano, ecco. <Rasetsu.> Demone mangia uomini. Hanno entrambi due bei nomi di merda. <Quanto cazzo ti volevano male i tuoi genitori per definirti un “esperimento”?> Così, giusto per buttare altra carne al fuoco, giusto per sottolineare vari metodi per inimicarsi le persone. Non cambierà mai. Neanche quando avrà la morte in faccia – quella vera – e nessuno al suo fianco a salvargli la pellaccia. Di solito, è molto fortunato, ma altrettanto stupido. <Stamattina, non pioveva. Non mi sono portato un ombrello a lavoro.> Replica stizzito nei suoi riguardi, togliendogli direttamente la protezione dell’ombrello… come se fosse il suo, poi! E’ un atteggiamento senza dubbio infantile, anche senza l’effetto delle droghe o dell’alcol che lo renderebbero, a rigor di logica, anche peggio di com’è ora. <Ti ho costretto io. Non faticheranno a crederlo.> Ne parla come se obbligasse già molta altra gente a far quel che non vuole. [ Chk On ]

00:26 Tsumi:
 < Diciassette, quasi. > Risponde subito alla domanda del rosso, senza scomporsi minimamente. Volta il capo a guardalo mentre prosegue quella passeggiata verso il chiosco. < Ma poi che domanda è? Tu quanti ne hai? > Replica a sua volta rimandando la domanda indietro. Non sembra di certo dimostrare un età troppo adulta. Magari venticinque, trenta circa. < Sai quanto me ne fotte della tecnologia. > Risponde secco, stizzito per la questione visto il suo vissuto < Ero un vagabondo. Non avevo niente e così ho vissuto. > Una pausa prima di proseguire. < In mezzo alla strada a confrontarmi con le bestie, sopravvivendo ogni singolo istante > Un'altra piccola pausa ancora, uno sbuffo precede quelle parole < Ero un morto che camminava. Dentro a queste mura in cui dovremmo essere al sicuro se ne fottono di quello che succede per strada. > Afferma dall’alto di quella esperienza vissuto in prima persona. < Stai attento! > Direbbe visto che alcune gocce vanno a posarsi sulla manica sinistra del kimono. Si avvicina dunque un po’ più vicino a lui, cercando di ripararsi quanto più possibile. < Si, continua a non rispondere > Ridacchia adesso. Sembra quasi voglia veramente indispettire il rosso non avendo minimamente idea chi abbia di fronte a lui. < Dai, ho capito. > Schiocca il palato scocciato quasi da quelle parole < Sei uno di quelli che non dice “grazie” > Un sorriso sornione spunta sul suo viso mentre porta le mani dietro il capo a stringersi l’un l’altra come a voler fare da appoggio. < Che nome del cazzo > Parla lui, eh. < Ah, non è il mio vero nome. Mi è stato dato dopo. > Dice poi, facendo subito scomparire quel minimo sorriso dal viso < Il mio non lo ricordo > La voce si affievolisce in un tono flebile che esprime tutta la malinconia di quel singolo momento. Scrolla la testa quasi a voler scacciare un brutto ricordo. Cosa normale per lui, visto che ancora quelle immagini lo tormentano anche se un po’ meno di prima ora. < Uno come te ha un lavoro? Al cimitero spero. > Dice ritornando a ridacchiare sotto i baffi che non ha. E non passa neanche un istante che gli viene tolto l’ombrello da sotto la testa. La pioggia lo bagna e i capelli ne assorbono un po’ troppa. < EHI > Urlerebbe preso alla sprovvista. < Sai tenere un ombrello fermo si? > Si volta verso di lui. Gli occhi vengono coperti in parte da ciocche bagnate che sembrano incollarsi al viso. Le mani dunque si sciolgono andando a portarsi proprio su queste, nel tentativo di togliersele dalla faccia. < Dovrebbero crederti? Perché? > Domanda che sembra ingenuità. Solo mera curiosità verso quel tipo incontrato per caso

00:48 Rasetsu:
 Dalle labbra, un lungo sospiro. Davvero, qualcuno deve spiegarglielo. <Per quale cazzo di motivo sono sempre in mezzo ai ragazzini?> Non c’è da stupirsi se, anche dieci anni dopo, molte persone continuano a dargli del pedofilo. Non fa altro che gironzolare assieme a persone che hanno sicuramente vent’anni in meno di lui, che neanche potremmo definire maggiorenni. È il classico rapitore di bambini, seppur sia una delle poche attività illegali che ancor non abbia fatto. <Non lo so, quando sei immortale è inutile contare gli anni passati.> Invecchia lentamente rispetto agli altri, una delle poche magagne che il Kami con cui avevano un patto ha continuato loro a concedere. A giudicare dagli avvenimenti di qualche anno prima, hanno anche perso l’invulnerabilità a delle malattie d’uso comune tra gli umani – testimone n’è sua sorella assieme alla pessima fine che ha fatto. <Non te ne fotte perché non capisci le sue estreme potenzialità. D’altronde, sei solo un ragazzino.> Diventeranno veramente amiconi se continuano a punzecchiarsi in questo modo, probabilmente l’unico amichetto del rosso a distanza di così tanto tempo. <Ti lasciano vivere protetto dall’esterno. Credono ti basti.> Si stringe nelle spalle nuovamente. Con sincerità, lui non ha molto di cui lamentarsi. Sfrutta la casa di Touma per i suoi affari illeciti, abusivo come pochi. Quella di Dokuhiro, in fin dei conti, non vuol manco sapere se sia o meno di proprietà di qualcuno: ben presto, andranno via comunque a prescindere dalla realtà dei fatti. Finora, comunque, è con molta probabilità l’unica cosa intelligente che avesse potuto dire sulla gestione del villaggio. <Mphf.> Sistema meglio l’ombrello, schioccandogli un’altra occhiataccia di sottecchi. Non è molto contento di ricevere ordini o accortezze dagli altri, è sempre dipeso da sé stesso ed era lui, al massimo, a pretendere da chi gli stava irrimediabilmente attorno. Fa roteare gli occhietti verdi verso l’alto innanzi alle ulteriori provocazioni del… <Moccioso> …giusto per cambiare un po’ la sinfonia dei beceri modi in cui chiamare il prossimo. <sei veramente seccante.> Ha appena perso la possibilità d’esser chiamato per nome – per quanto fasullo sia. Tutto sommato, hanno una storia simile anche a proposito del nome proprio. A differenza di Jikken, il suo lo ricorda piuttosto bene, ma ha scelto di non farne uso. <Quanto ci vuole per questo chiosco?> Cambia radicalmente argomento, reputando inutile tergiversare laddove, come anticipato dal Noribiki, non ha intenzione di rispondere in primis. <Uno come me a fare il becchino? Come doppio lavoro, volentieri> Non si tira indietro, sia chiaro. <ma sono uno scienziato, in primis.> Tra le tante altre sconvenienti mansioni che ha deciso di riprendere in mano presto o tardi. Non nasconde comunque la sua vera natura. <Se ti scoccia come tengo l’ombrello, cresci di qualche altro centimetro.> Come se fosse qualcosa fattibile seduta stante con uno schiocco delle dita. Ed è proprio a causa del non esser così che glielo pronuncia. Sta a significare che dovrà accontentarsi. <Perché sono quel genere di persona dal quale dovresti stare lontano.> Non tanto esteticamente poiché sembra soltanto un ingenuo cogl10n3. [ Chk On ]

21:09 Tsumi:
 Un mugugno esce dalle labbra del ragazzo. La parola immortalità è difficile sentirla pronunciare così, dal nulla, con quella calma. Non sa esattamente cosa voglia dire il rosso con quelle parole. Lo guarda, inarcando nuovamente la testa come un piccolo cagnolino < Uh, punti a quello? > Direbbe con fare innocente, curioso della risposta come se stesse cercando di capirlo e analizzarlo punto per punto. D’altronde la curiosità verso Rasetsu è nata da sola, in pochi secondi si potrebbe dire, durante il loro scambio di battute impertinenti e offese gratuite come se si conoscessero da anni. Le mani del ragazzo si insaccano ora nelle tasche del pantalone, beandosi di stare all’asciutto e ad un leggero tepore, sempre che il rosso non decida di togliergli nuovamente l’ombrello da sopra la testa, sia chiaro. < Le potenzialità della tecnologia. Siamo stipati qui come bestie. > Afferma secco, smorzando quel sorrisetto che si era fermato poco prima. < Ma capisco che fuori sia ancora peggio. Ho vissuto anche io il “trasloco” > Smorfia quella parola con un tono di disprezzo abbastanza evidente. Avrebbe preferito rimanere a casa sua, solo per prendersi la sua vendetta nei confronti dei genetisti che lo hanno torturato anni fa. < Ma visto che dobbiamo stare qui, la strada deve cambiare. > L’ultima frase viene lasciata li, per caso e senza pensarci. Un sunto dei suoi pensieri di questi ultimi giorni. E’ arrivato il momento di prendersi una rivincita anche contro chi fa come vuole in questo villaggio, senza ripercussioni. < Prendere il controllo > Sussurra quasi ma non abbastanza da non farsi sentire dal rosso, troppo vicino a lui perché accada. Sembra pensare, non si sta rivolgendo direttamente a lui. Solo poco dopo si rende conto di cosa ha detto. < Ah! > Sobbalza lievemente portando lo sguardo verso la strada. < Comunque, non stiamo andando da Ichiraku. > Così, ha deciso di portarlo da Oji-san. Quel povero uomo raccoglie sempre delle anime dannate. Il rosso sembra una di quelle < Lì potremo parlare più tranquillamente. > Afferma prima di riportare lo sguardo verso di lui. < Uno scienziato? > Afferma con un attimo di timore. Non va affatto d’accordo con quella categoria, vedesi motivazioni poco sopra. Ma di certo l’uomo che ha davanti non corrisponde a chi gli ha fatto del male anni fa. Si tranquillizza quindi, riprendendo la questione. < Scienziato e becchino sognatore. Avrai bisogni di… corpi no? > Con tutta la serenità del mondo, abbozza pure un sorriso come se quello che ha detto non fosse abbastanza inquietante < Di qua! > Afferma sterzando bruscamente a destra, verso una stradina poco passeggiata. Un piccolo vicoletto come tanti. < Quindi Rasetsu, chi sei veramente? > Tono serio, guardandolo di sottecchi. Non si scherza con quella domanda. Alcune affermazioni del rosso sono interessanti e misteriose. Vuole vederci chiaro.

21:34 Rasetsu:
 Continua a sorreggere l’ombrello tramite la mancina, tuttavia di tanto in tanto protende ancora per tutt’altro verso, scoprendo in parte o la spalla del demone o quella del ragazzino. <Punto soltanto ai miei affari e a ciò che m’interessa. In questo caso, la genetica e qualche altra chicca che non starò a spiegare ad un moccioso.> Lo provoca, mostrando un sorrisetto compiaciuto per via di quant’ha appena fatto. Invero, è stato il primo ad insegnare ad un ragazzino di soli tredici anni come spacciare e al contempo prostituirsi. Dunque, non dovrebbe aver in alcun modo voce in capitolo innanzi ad un discorso simile. <Al di fuori, cosa pensi ci sia se non le bestie?> Gli domanda, ma non v’è provocazione tanto meno rabbia nella frase che gli ha appena rivolto. N’è davvero interessato. Si limita a storcer appena le labbra, soppesando le parole che ha pronunciato poc’anzi. Lui però il trasloco non l’ha vissuto, stando stipato per dieci anni sotto terra. <Cosa intendi dire?> A differenza dell’altrui voce che s’è ridotta ad un sussurro, non abbastanza basso da non esser sentito, la sua vien mantenuta né troppo alta né troppo bassa. D’altro canto, non sta dicendo niente d’eccessivamente importante, quindi reputa di non doverla abbassare né di dover apporre chissà quali accortezze per il momento. <E me lo dici soltanto adesso che stiamo andando da un suo concorrente?> Borbotta infastidito poiché ha cambiato idea senza dirglielo, conducendolo esattamente nella direzione in cui il Noribiki voleva andare e non il contrario. Seppur non sia d’accordo, ha ben poco da recriminare. Vuol dire che proverà del ramen differente da quel del solito, per quanto non ne sia molto convinto. <Oh sì, coi corpi puoi farci un sacco di cose.> Commenta ridacchiando, memore di quando vendeva le innate tramite l’ospedale, facendosi pagare fior di quattrini per ogni fottuto litro di sangue che riusciva a piazzare. Per non parlare degli occhi! Quelli erano difficili da trovare, ma non impossibili e fruttavano davvero un sacco, ben più delle altre per ovvie ragioni. Sospira, chinando il capo dabbasso tra le spalle larghe innanzi all’ultimo quesito sollevato dal corvino. <Rasetsu Kokketsu, scienziato, ex capo della Yakuza e criminale a tempo perso, ora come ora. Tu, invece?> Tanto vale approfondire la conoscenza. Gli è piaciuto quel “prendere il controllo”. Vuole saperne di più a sua volta e reputa che lo scambio d’informazioni sia quanto più necessario possibile in questi momenti. Deve consolidarsi una certa fiducia tra ambo le parti. [ Chk On ]

21:57 Tsumi:
 Niente, il rosso non è proprio abituato a tenere un ombrello sotto la pioggia. La sua spalla ogni tanto riceve delle goccioline d’acqua, se non dall’ombrello stesso che muovendosi sgrulla qualche goccia qua e là. < uh, misterioso il demone. > azzarda rimandando lo stesso sorrisetto compiaciuto che gli viene rivolgo dal rosso. < Non ho un bel rapporto con voi genetisti ma tu sembri simpatico. > Continua a punzecchiarlo anche se c’è un fondo di verità. Non ha di certo a cuore la sua categoria di persone ma del resto, avendo scoperto le sue potenzialità, le sfrutterà a suo vantaggio. < al di fuori? Mh > Mugugna visibilmente, portando la destra a massaggiare il mento privo di alcunché peluria. < Ormai non lo sa nessuno. Chi ha vissuto il trasloco ha visto cose ed elaborato diversamente > I racconti sono una parte importante e quotidiana del vagabondaggio. Ne senti di tutti i tipi e la conclusione è semplice < Ormai le esagerazioni e il passaparola potrebbero aver ingrandito la reale minaccia che c’è la fuori. Non che non ci sia. Ma bisognerebbe uscire per documentare con cosa abbiamo veramente a che fare > Termina il suo dire. La destra si sposta dal mento gesticolando nervosamente. Gli occhi si pongono sulla stradina al cui fine iniziano a vedersi delle luci provenienti da un piccolo chioschetto. < Sapevo ti avrebbe infastidito. E comunque siamo arrivati prima che da Ichiraku. Quindi non rompere > Ridacchia ora, continuando a punzecchiarlo esattamente come sta facendo il rosso. Che grande amicizia sta nascendo. < Anche gente viva ti serve, immagino. Beh, forse posso aiutarti. > Afferma serioso mentre si stanno avvicinando al chioschetto. Ormai davanti ad esso, si ferma un attimo ascoltando le parole del Kokketsu al suo fianco. Posa le iridi sul viso di lui, prima di prendere parola. < Jikken. Un esperimento fallito per alcuni. Morto per altri. > Un attimo di silenzio prima di ricominciare. < Genetisti, come te, mi hanno impiantato qualcosa che da poco ho scoperto essere l’innata del clan Noribiki di Suna. Ma questa cosa non ha importanza, per ora > Afferma abbozzando nuovamente un sorriso in sua direzione. < Mi sa che il nostro incontro non è stato casuale. Voglio prendere il controllo delle strade e sto cercando gente … di esperienza, ecco. > Continua a sorridere e a guardarlo negli occhi, immobile. < Dobbiamo parlare di affari, Rasetsu. > Afferma nuovamente ritornando a prendere passo. < Ah, parlami di questa Yakuza. > Afferma poco prima di entrare nel chiosco. < OJI-SAAAAN > Urlerebbe al vecchio che subito sobbalza a quella voce. Lo ha riconosciuto, il vecchio.

22:16 Rasetsu:
 Le labbra s’arcuano in un ghigno affilato innanzi al primo commento altrui, per quanto sarcastico possa essere. Tronfio, gonfia persino il petto. Vuol dire che risulta essere interessante, no? <Ne sento di ogni a proposito dei genetisti. Dipende con chi hai a che fare.> Commenta, reputandosi ovviamente migliore di chiunque altro, ma non ha bisogno di dirlo ad alta voce. E’ talmente palese da quel ghignetto soddisfatto che mantiene in volto e che s’amplia man mano, mettendo in risalto le arcate dentarie affilate come rasoi. Soppesa la considerazione di Jikken a proposito dell’esterno, annuendo di tanto in tanto e trovandosi stranamente d’accordo con quel che afferma. <Tu hai voglia d’uscire e di rischiare la pelle? Io, sinceramente parlando, no. Sto così bene tra queste quattro mura. Ho quasi tutto quel che voglio.> Tranne un Doku, ma a quello ci sta lavorando altra gente che, tuttavia, non gli ha ancora portato alcun risultato. Deve attendere un altro po’, dopodiché romperà i cojonas come solo lui sa fare: urlando e insultando a destra e a manca. <Cosa propone il tuo compare?> Riferendosi ad Oji-san con un cenno del mento, essendosi ormai avvicinati il più possibile al chiosco, tanto che non resta altro da fare se non sedersi e mangiare. Anzi, ordinare prima di tutto. <Mh, come?> A proposito della gente “viva”, ch’è un argomento tutto sommato interessante al quale tende l’orecchio. Ha necessità d’alcuni geni particolari per testare la sua teoria della clonazione, non può usare certo soltanto i propri. Sono vari i test che deve eseguire per considerarlo un esperimento di successo, dopodiché è sicuro che farà quattrini a palate. <Non ho la più pallida idea di cosa siano i Noribiki di Suna. Non bazzicavo granché da quelle parti.> Infatti, conosce a menadito alcuni dei clan di Oto e di Kusa, ma per quanto riguarda gli altri villaggi vi ha sempre avuto a che fare ben poco, ragion per cui non può proprio sapere cosa facciano nello specifico. <Comunque, è una pratica comune quella d’innestare roba in pazienti inconsapevoli, cercando modi alternativi giorno dopo giorno, esperimento dopo esperimento. Non nego d’averlo fatto a mia volta, alcune delle quali anche senza il consenso del paziente.> Si stringe nelle spalle, parlando chiaramente di roba d’un certo tempo, dal momento che ha necessità di rigare dritto finché è nell’ospedale kusano e finché non ha ripreso in mano tutto quel che un tempo possedeva. Sì, ma comunque gli ha appena detto ch’è stato un esperimento e il rosso se ne esce così. Gran bella risposta del catzo. <Che cazzo significa “parlami di questa Yakuza”? E’ come spiegarti qualcosa d’ovvio. Tutto ciò che d’illecito puoi pensare passava per le loro mani: traffici di sostanze stupefacenti, di alcolici, nightclub, bar, spaccio, prostituzione e mercato nero degli organi. Non per vantarmi, ma cazzo se ci ho fatto bei quattrini con quell’attività. Nyahahahah!> Ma ti stai vantando eccome… Infine, non farebbe altro che sedersi s’uno degli sgabelli liberi, così da attendere una possibile ordinazione e di mangiare, anche. Sì, non sarebbe male. <Perché vuoi prendere il controllo delle strade? La Yakuza è ancora in attività, potresti trovarti a scontrarti con essa.> Così, pour parler. Gli rende comunque nota la situazione attuale, dal momento che hanno minacciato anche lui poco tempo prima. Gli mette la pulce nell’orecchio. [ Chk On ]

22:36 Tsumi:
 Segue il rosso nelle sue movenze, andando a sedersi in uno sgabello proprio vicino a lui. Sembra lontano il tempo in cui stava a distanza dagli altri di due o tre sgabelli, in questo caso. Non che adesso si faccia toccare come niente ma di certo quella situazione è migliorata rispetto a prima. Lo sforzo di dover combattere quell’abitudine instaurata a causa del trauma è notevole. < Inutile uscire adesso. Sarei troppo debole. > Solo questo, non che non ne abbia motivi. Ha perso i suoi ricordi fino ai sei anni di età, quindi la voglia di voler tornare lì per cercare di recuperare la memoria è un motivo ben valido. Ma è troppo presto, a suo dire. < Oji-san, facci due ramen per favore. L’ho fregato da Ichiraku questo > Dice indicando Rasetsu con la mano. Oji-san fa un balzo, esultando come un bimbo. Non vede l’ora di dimostrare quanto sia più bravo del concorrente. Quindi meglio giocare su un piatto con cui il rosso possa fare un equa comparazione. Si, ha scelto il cibo per lui in pratica. < Neanche io sapevo chi fossero. E non è neanche importante come punto. > Afferma, lasciando che Rasetsu si spieghi del suo fare da genetista. Non gli piace quello che sta ascoltando ma sicuramente potrà tornargli utile per ottenere informazioni più in là quando gliela farà pagare a quelli che lo hanno usato come cavia. Stringe i pugni visibilmente mentre lo sguardo, serio, è posato sul rosso. < Spregevole. > Afferma, commentando aspramente quello che faceva. < Tuttavia.. non sei tu che mi hai fatto questo. Potrei aiutarmi a trovare quei bastardi. > Il rosso non sembra uno che tiene ai suoi “colleghi” quindi azzarda senza problemi a dire quella frase. < Interessante. > Afferma poggiando le mani sul bancone legnoso del chioschetto. < Tuttavia, per quando la loro attività sia redditizia, il caos regna nelle strade. Specialmente le gang di strada. > Stringe nuovamente i pugni, visibilmente adirato. < Io punto al controllo, Rasetsu. E’ un obbiettivo ancora più alto. Voglio dominare quelle strade. > Afferma, voltando ora il capo e guardandolo dritto negli occhi. < Dopo tanti sopprusi, voglio essere il vincente. Può sembrare molto egoistico ma mi sono stufato di essere un peso. Ho visto troppe angherie da imbecilli che non sanno neanche parlare correttamente. Idioti che esercitano poteri che non comprendono. > Dice quelle frasi quasi tutto d’un fiato. < Tu eri il capo, no? Se mi scontrerò con loro sarai utilissimo. > Afferma senza problemi nel reputare Rasetsu qualcuno di utile. < Ho già capito cosa serve a te. Tu sai cosa voglio io. > Afferma, lasciando che sia lui a capire dove voglia arrivare. Un sorrisino beffardo si stampa sul suo volto.

22:58 Rasetsu:
 La di lui risposta se l’aspetta. E’ troppo debole. Tutti lì dentro sembrano esserlo ed il demone non è per niente esente da questa condizione. <E sei anche troppo moccioso.> Aggiunge alla di lui spiegazione, continuando a punzecchiarlo come se si conoscessero da una vita. Non che si sia mai fatto problemi a prendersi confidenza laddove nessuno gliene dava, eh. Potrebbe essere un suo punto di forza a discapito del caratteraccio che si ritrova in connubio. <Se mi fa lo sconto, posso anche pensare di sabotare quel chiosco di ramen e non frequentarlo oltre.> Aggiunge, stringendosi nelle spalle, lanciando un’occhiata al vecchio cosicché possa intuir l’offerta che gli sta facendo: un’offerta che non può assolutamente rifiutare – tanto per restare in tema. Attende soltanto una risposta da parte d’Oji-san, preoccupandosi però di prestar anche attenzione al Noribiki. <Lo è per me. Studio le innate da sempre. Ne conosco alcune veramente carine.> Indirettamente, gli sta lasciando intuire che n’è interessato e che, bene o male, dovrà scoprire qualcosa in merito a qualunque costo. Se non sarà lui a parlare, lo faranno i libri! Lo farà qualcuno – spera. <La mia spregevolezza mi ha consentito d’aver un enorme sapere.> Reputa che sia un bene per sé stesso. Quanto provavano le vittime non gl’importava più di tanto. Non ha compassione, non ha pietà per chi ha di fronte. Ha sempre agito nel rispetto delle proprie convinzioni. <Le gang?> Questa gli mancava. Non ne ha mai sentito parlare sino a questo momento, tanto da aggrottare le sopracciglia con evidente dubbio palesatosi sul pallido ovale del Kokketsu, i cui occhi si mantengono fissi sul viso di Jikken. <Oh, tu non hai idea di quanta gente ci sia che pensa d’aver tutto soltanto per un ruolo che ricopre, soltanto perché ha di fianco gente d’un certo calibro. Presa singolarmente, poi, non è altro che merda rinsecchita.> Sputa veleno nei confronti di chi s’è comportato in tal modo. Anche lui era dedito al vantarsi, allo spadroneggiare. Tuttavia, dalla sua aveva una famiglia bella fornita di mafiosi ed era abbastanza potente, all’epoca, da poterselo permettere – a differenza d’adesso che non gl’è rimasto alcunché. <Mi stanno cercando perché gli devo dei ryo> Commenta a mezza voce, chinandosi leggermente alla volta di Jikken, così da risultar esser un filino più confidenziale. <quindi, ben presto potrei scontrarmi con loro. Aiutami a sbarazzarmene e sarò il tuo miglior alleato in questo fottuto villaggio.> Ghigno bieco quel che nuovamente va formandosi, tendendogli la mancina – la mano dei traditori, come sempre – in attesa che possano siglare quell’accordo di fronte ad un paio di ciotole di ramen. [ Chk On – eventuale exit ]

23:21 Tsumi:
 < Non ti smentisci mai tu, eh? > Dice ridacchiando alla sua ennesima provocazione. Ma c’è del fondo di verità. Ancora troppo debole per il mondo fuori da quelle mura entro cui sono imprigionati. Chissà cosa succederà nel futuro, se mai potrà tornare a casa sua a cercare di recuperare quei ricordi perduti da tempo. Nel frattempo Oji-san rimane un po' sconvolto dalle parole del rosso. Evidentemente voleva cercare di convincerlo semplicemente con il gusto del ramen ma il rosso sembra puntare a ben altro. Il moro si accinge ad aiutare il vecchio per il quale lavora. < Lo offro io il ramen, diavoletto. > Direbbe schernendo affettuosamente – di nuovo – il rosso, lasciando un occhiata di assenso ad Oji-san la quale si accinge a finire di preparare il pasto per i due. < Poi ci parlo io per lo sconto, tranquillo. Lo fa sempre ai clienti abituali. > Afferma rivolgendosi ancora a lui. < Gli innesti contro il volere delle persone non mi convince. Ne sono una vittima > Si mette dalla parte di chi le subisce. Lui che non aveva fatto niente, era solo un bambino. < Ma se fatte su criminali idioti che se lo meritano, forse.. potrei vederci della giustizia. Per tutte le altre “attività” si può trovare un accordo> Ammicca nei confronti del rosso, cercando quel punto di mezzo dove possono trovarsi d’accordo. E lo faranno. < E poi, ti serviranno altri scimmioni al vertice di certe organizzazioni come cavie no? > Un'altra cosa su cui andranno sicuramente d’accordo. Il succo del discorso è che lui potrà fare quello che vuole su chi vuole, a patto che se lo meritino agli occhi del moro. Un compromesso che stipuleranno dopo e che per ora si palesa sotto forma di ipotetiche situazioni. < Si, le gang. Alcune sono indipendenti. Scimmie senza una guida. Li ammaestrerò. Per quelle che hanno un vertice, potrebbero esserci i tuoi amici nel mezzo. > Chiarissimo riferimento alla Yakuza di cui parlano. Arriva finalmente il ramen fumante. Viene servito davanti ai due mentre rasetsu si avvicina al moro. < Oh, hai debiti. > Ridacchia, prendendolo in giro. Non lo faceva un tipo che doveva dei soldi alle organizzazioni criminali. Sorride compiaciuto alle sue parole. La destra si avvicina alla mancina di lui e la stringe forte, deciso. < Andata. Ma non sarà una collaborazione singola, né esclusiva. > Dice, lasciandogli poi la mano. < Dovremo reclutare altre persone, con obbiettivi comuni > Lo sguardo ora si alza. Davanti ad un ramen forse sta iniziando una nuova avventura, un nuovo percorso. Una nuova famiglia. < Kazoku no Shakai > Dice con voce flebile, ben orecchiabile al rosso. < E’ un bel nome. > Termina così, sorridendo al nulla, iniziando a fantasticare. O forse dovrei dire progettare? [end]

Un incontro fortuito nel bel mezzo della pioggia, conduce il demone al chiosco di Oji-san...
Jikken gli spiega a grandi linee qual è il suo obiettivo e trovano stranamente un accordo.