Diventerò qualcuno
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Giocata dal 13/10/2021 21:27 al 14/10/2021 00:29 nella chat "Bosco Dei Ciliegi"
Alta splende la luna nel cielo notturno, privo di qualunque parvenza di nubi. Sgombero da queste ultime, permette anche la perfetta visione del manto stellato. Un ottimo posto per guardar gli astri sarebbe il Monte dei Volti di pietra, ma vi passa già abbastanza tempo da quand’è arrivata all’interno del villaggio di Kagegakure, trovandolo uno dei pochi posti suggestivi e specializzati nella pace dei sensi. Un altro di questi è il Bosco dei ciliegi. Per una motivazione o per un’altra, vi sta giungendo or ora. S’è appena introdotta lungo il sentiero che lo percorre interamente, alternando le inferior leve con lentezza – non ha effettivamente fretta d’andarsene, essendo appena arrivata. S’è munita d’una camicia bianca dal collo alto, abbottonata sin ad altezza del seno e col colletto sbottonato, ben ripiegato ai lati. Le maniche son lunghe con doverosi polsini anch’essi allacciati come si comanda attorno ai polsi. Al di sotto delle suddette, è posta una coppia di vambracci metallici che ne circonda totalmente l’avambraccio sin quasi al gomito in qualità di protezioni. Le estremità del vestiario citato son infilate in una gonna sottostante a vita alta, la quale circonda inesorabilmente i fianchi della fanciulla. È nera con dei bottoni dorati posti sulla destra e fungenti da chiusura ermetica dell’indumento. Essa giunge a metà coscia, lasciando il resto delle flessuose gambe ben in vista eccezion fatta da metà stinco in giù. Qui, infatti, prendono posto un paio d’anfibi dalla suola alta, al cui interno son stati sistemati degli schinieri in modo che, come i vambracci, fungano da protezioni per le inferior leve. C’è ovviamente da considerare anche l’equipaggiamento del quale non fa letteralmente mai a meno. La vita è circondata da una cintura in cuoio nera e piuttosto spessa, al cui fianco mancino viene agganciato un fodero contenente la sua fedelissima katana – l’unica rimasta. Attorno alla coscia destrorsa, poco sotto l’indumento citato, v’è anche posizionato una tasca porta kunai e shuriken avente al suo interno ben tre kunai. Sul gluteo posteriore dall’opposto lato, sempre agganciata alla cintura di cui sopra, prende posto un’ulteriore tasca porta oggetti avente al suo interno tonici di recupero Chakra e coagulanti, qualche fuda contenente dei tronchetti. Al polso mancino, nascosto dalla manica della camicia, vi ha posto un fuda esclusivo nel quale ha sigillato la frusta che, di recente, ha optato come arma a discapito di spade più grosse della propria figura che, al momento, non riesce neanche ad usare come vorrebbe. Tra i capelli rosei, incurante del tempo e della società attuale, splende il suo coprifronte raffigurante il simbolo di Konoha con tutti i relativi segni d’usura e di graffio. Gli occhi chiari, circondati dal rosato crine, scandagliano la zona antistante, preoccupandosi maggiormente di non interromper qualche effusione delle coppiette che sovente frequentano il bosco. Non cerca neppur una panchina dove fermarsi, preferisce camminare e smaltire le sensazioni che avverte. Quali saranno, poi? Adrenalina per quel che vuol ricreare? Agitazione per le eventuali conseguenze? C’è un marasma che non riesce ad identificare come vorrebbe. In perfetta solitudine, spera di trovar risposte. [ Chk On ] [Bosco Dei Ciliegi] Sotto la regina pallida del cielo manifesta la propria stanchezza, dopo una giornata di pessimi scontri. Un giacchetto nero a coprirgli le spalle pallide, una maglietta bianca a maniche corte a coprirne il busto, dei grossi pantaloni tinti di un buio pece ed una struttura a zampa di elefante, un paio di scarpe sportivi a calzarne i piedi. Al contrario di quel che ci si può aspettare, lui siede pienamente per terra: a pieno contatto con il terreno, senza preoccuparsi di sporco o polvere. Con la mano destra cinge una bottiglietta d'acqua a qualche centimetro dalla propria fronte, attraverso la quale, si sta sciacquando il viso nella sua totalità: inzuppando i capelli color diaspro. A decorarne le mani ci sono un paio di guanti Ninja neri, che, quasi come se avesse un tick nervoso, continua a sistemare e a tirare verso i polsi. Stringe il contenitore di plastica nella mano, aprendo gli occhi soltanto quando sente che questo sia ormai vuoto, producendo un fastidioso rumore plastico. Tira un profondo sospiro, riportato alla realtà dal senso di fresco che cessa di esserci. < Sono stato proprio una mezza cartuccia...dannazione > afferma, tra se e se, per poi, con i denti digrignati, lanciare la bottiglia di plastica schiacciata dritta davanti a se. Non dovrebbe essere poi molto difficile per la donna riuscire ad adocchiare una figura solitaria nella notte, nonostante il luogo sia piuttosto appariscente di giorno rispetto all'orario notturno. Prosegue il di lei cammino, venendo fermato esclusivamente dal ruzzolare d'una bottiglietta per terra. Non ha mai apprezzato poi tanto l'inquinamento, tanto più se quel posto le piace particolarmente. Piega un sopracciglio, cercando di seguire la fonte del rumore, dopodiché provando anche a scrutare l'individuo che potrebbe averlo causato. Chi le appare innanzi agli occhi è un ragazzo che presumibilmente non conosce: dieci anni prima, era sicuramente un bambino e nel nuovo villaggio sta ancora conoscendo gente. Focalizza l'attenzione proprio sull'individuo, così da rivolgergli subito dopo una voce. <Potresti raccoglierla?> Ci mancava soltanto che facesse anche da porta bandiera per il Friday for Future. Sta di fatto che non lo guarda neppure con cattiveria, tutt'al più con gentilezza. Glielo sta chiedendo persino con un sorrisetto stampato in volto che non ha niente a che vedere con l'ironia o con la saccenteria. Resta ferma sul posto, niente più che questo, limitandosi esclusivamente a portare le mani dietro la schiena da brava vecchietta qual è in realtà. Per quanto esteticamente s'aggiri sulla trentina, anagraficamente parlando ne ha ben dieci di più: colpa/merito - che dir si voglia - della divinità che ha colpito il mondo Ninja una decade prima. Col calar delle tenebre, anche la gente nei dintorni inizia a scemare, eccezion fatta per chi vuol appartarsi. Mica scemi. Spera soltanto di non aver a che fare con qualcuno d'eccessivamente fastidioso, dato il luogo, il suo essere e le possibili conseguenze del caso - in ambo i sensi. [ Chk ON ] [Bosco Dei Ciliegi] Sente la voce vellutata della donna giungergli all'orecchio ed alza, istintivamente, il volto su di lei. La squadra, forse mettendoci anche un po' troppo tempo, percorrendone il corpo con le iridi arancioni. < Oh si...mi scusi, è stato un riflesso brusco > spiega, tra una risatina sconsolata e l'altra. Usa le mani poggiate contro il terreno come perno, per poi, strusciare con la schiena contro il pavimento ed allungare la gamba fino a toccare la bottiglietta d'acqua con il piede, quindi, usa l'arto protratto in avanti per riportare l'oggetto plastico a se, per poi, rimettersi composto. < Non l'avrei lasciati lì, comunque. L'avrei buttata > si sbriga subito a rassicurarla, esibendo un flebile sorriso e mettendo la bottiglietta tra le cosce. < Non volevo interrompere il suo percorso, mi scusi > e, mettendo le mani sulle ginocchia, delle gambe incrociate, piega in avanti il busto: simulando un contenuto e piccolo inchino. < Comunque, cosa la porta in questo bellissimo parco? Se posso chiederle, ovviamente > quel tono educato, quelle parole gentili, si, aveva imparato tutto dalla sua famiglia, d'altronde, la gentilezza con il prossimo era fondamentale in un quartiere come quello di Kiri. Segue con parsimonia i movimenti altrui, notando come sia quasi il ritratto della pigrizia ad onor del vero. Pur restando seduto, stende l’arto inferiore per riprendersi il rifiuto, così da non lasciarlo in mezzo alla via. <Nessun problema. E’ un bel posto, non mi piacerebbe vederlo sporco.> Ammette, lei che con la natura è stata un tutt’uno una volta, che ha sempre amato i fiori di ciliegio da essersi piantata un albero nel suo giardino pur d’averne uno sempre con sé. Son molte invero le motivazioni che la spingono a difendere quel posto, ancorché sia all’interno delle mura di Kagegakure. Gli mostra un altro piccolo sorriso di circostanza, ascoltando con altrettanto interesse le parole che susseguentemente vengono da lui proferite. Agita la dritta nell’aere, come un fazzoletto che ondeggia sospinto dal vento. <Non preoccuparti, non hai interrotto nulla. Anzi, dovrei esser io quella a scusarmi per averti recato disturbo.> Di tanto in tanto, con gente che non le rovina la giornata o il momento, riesce ancora ad esser gentile. Tutto sommato, nulla sta andando storto ultimamente. I piani stanno proseguendo in maniera piuttosto spedita, anche se quelli dell’Ochaya un po’ meno. Dovrà capire come comportarsi di conseguenza, ma non è questo il giusto tempo per parlarne. All’ultima domanda del ragazzo, non può fare a meno di replicare con naturalezza – per restare in tema. <Mi piacciono i posti tranquilli e immersi nel verde> Anche s’è ormai autunno ed il rosa del bosco è soltanto un lontano ricordo che porta con sé la freschezza della primavera. <rispetto a quelli affollati.> Una spiegazione sicuramente plausibile, anche perché non vi sarebbe molto altro da aggiungere. Si sofferma nei suoi pressi, lanciando delle occhiate nei dintorni giusto per esser certa di non aver a che fare con malintenzionati o con gente appartata nei paraggi. <Tu, invece? Mi sembravi un po’… infastidito? Offeso?> Arriccia appena il naso, in riferimento al lancio della bottiglia di poc’anzi che ha permesso alla rosata d’intraprendere un discorso con quest’ultimo. [ Chk On ] [Bosco Dei Ciliegi] Tira un sospiro di sollievo alle parole della ninja, portando una mano al petto: in corrispondenza del cuore. < Oh che sollievo, non avrei voluto disturbare nessuno di certo > comportamento umile, sguardo flebile, il fatto che venisse da un contesto molto modesto ormai era quasi palese. < Si...offeso, infastidito, arrabbiato... > va ad aggiungere lui stesso alle parole della donna, tirando un profondo sospiro ed abbassando gli occhi sulla bottiglietta tenuta tra le gambe. < Oggi ho avuto una piccola..."amichevole" in accademia, e non è andata benissimo ecco... > ammette, ammiccando un sorriso dopo una risata smorzata. Rialza gli occhi su quelli dell'altra, passandosi le mani tra i capelli zuppi d'acqua. < Ho fatto degli errori...davvero stupidi > ammette, mentre strizza i capelli tra le mani per far trasudare, da essi, il liquido. < Però...per il resto...siamo qui per lo stesso motivo. Anche io mi godo un posto tranquillo, qui nessuno può..."guardarmi in modo pesante" > gli confida, con una frase anche abbastanza criptica sotto certi punti di vista, nonostante sia facilmente decifrabile. Sembra un tipo a modo, uno dei pochi all’interno delle mura del villaggio delle ombre. Si sente quasi a suo agio in presenza altrui, nonostante ci stia parlando soltanto da qualche attimo. Tuttavia, mai giudicare un libro esclusivamente dalla copertina. Anche le persone più belle del mondo potrebbero essere, nel loro piccolo, le più cattive esistenti. Nota la risposta che le viene propinata a proposito dello stato d’animo altrui, soppesando quel che ha potuto ascoltare e annuendo di tanto in tanto, giusto per sottolineare come lo stia effettivamente seguendo nel discorso. <…> In silenzio, gli concede il tempo necessario affinché possa spiegare, qualora ne sia intenzionato, quel che gl’è accaduto. Che possa dargli una mano? Eppure ha smesso da tempo di porsi in maniera tale da sembrare il solito consigliere d’un tempo. Forse, l’idea che gli è balenata in testa potrebbe riportarla a quella ch’era un tempo, priva delle inflessioni e indirette manipolazioni del bombarolo matto. <Posso dirti che stavo per venire bocciata al mio esame Genin> Ammette in sua direzione, stringendosi nelle spalle e mantenendo gli occhietti chiari sul di lui volto, così da soppesarne eventuali lineamenti ed emozioni generate dalle parole d’entrambi. <e che nessuno nasce preparato o bravo in quel che vorrebbe diventare. Se te la senti ancora> E a giudicare da come ne parla, crede proprio di sì per quanto non possa dirlo con assoluta certezza, valutando esclusivamente la copertina e la trama che gli viene propinata sul retro d’esso. <potresti riprovare non appena avrai affinato meglio le tue abilità e le tue conoscenze.> Sembra uno di quei tutorial dei videogames che ti spiega passo passo quello che andrebbe fatto all’interno del gioco stesso, adottando parole semplici per rendere l’esperienza di gioco più facile e divertente possibile. <Ti sei sentito giudicato dal tuo Sensei?> L’unica assonanza che riesce a trovare nel discorso, provando quanto meno a mettersi nei suoi panni. Quando ha affrontato l’esame Genin, era sotto l’occhio attento, vigile e derisorio di Kuugo Gaito – l’Ottavo Hokage. A ben pensarci, dovrebbe averlo odiato proprio da quel momento… [ Chk On ] [Bosco Dei Ciliegi] Le parole della donna lo colgono in pieno, a tal punto che la fissa dritto per dritto negli occhi con piena attenzione. La ascolta per filo e per segno, talmente assuefatto da quel discorso di conforto che le labbra gli si aprono a formare una buffa "o" di stupore. Sbatte le palpebre all'ultima domanda della ninja, per poi, riprendersi dopo qualche schiocco di lingua. < Dal mio Sensei? No no, la sua opinione mi interessa...ma solo su da un punto di vista...della mia formazione ecco > ammette, mentre si pulisce le mani bagnate contro le maniche del giacchetto che gli scorrono lunghe le braccia. < Più che altro...la mia famiglia, i loro...sguardi > ammette, con tono fiacco, mentre si guarda i palmi delle mani, con qualche lieve tick che gli fa contrarre le falangi. < Nel quartieri di Kiri...le speranze non sono oggetti... > una frase tirata, apparentemente, fuori dal nulla, eppure, per lui aveva un significato ben preciso. < è pieno di persone che ardono di passione, eppure...le speranze muoiono facilmente se non si incontrano le aspettative > rialza le iridi su quelle della donna, questa volta, con uno sguardo ben più cupo. < ...l'esame dei Genin sarebbe un bel traguardo per me, per la mia...famiglia. > ammette, assumendo ora un'espressione decisamente più conforme ad un aspetto sconsolato. < Scoprirei anche se il mio retaggio appartiene ad un clan in particolare...magari uno facoltoso > specula, mentre un sorriso gli nasce in volto. < Avrei modo di aiutare il mio distretto in quella maniera... > conclude, lasciando cadere il silenzio più totale. L’attenzione vien attirata dall’espressione altrui, attendendone un responso adeguato. <Oh.> Commenta sorpresa, aprendo un poco di più gli occhietti chiari che, in ogni caso, non si discostano molto dal Liuka. Cerca d’avvicinarsi soltanto ad un albero di ciliegio nei pressi, così da adagiarvi contro la schiena ed assumere una posizione senza dubbio comoda per sé stessa. <Ed è giusto che sia così> A proposito dell’opinione che il Sensei potrebbe avere di lui. E’ esattamente così che deve ragionare, adottando quella precisa ottica. <perché non deve pesarti. Prendi i suoi insegnamenti come tali, sfruttandoli per migliorarti.> D’altronde, si sta parlando di gente che ha senza dubbio esperienza per esser considerata – appunto – un maestro. E i maestri, dall’alba dei tempi che furono, hanno sempre insegnato e tramandato qualcosa. <La famiglia pretende sempre tanto dai suoi discendenti, sperando di rivedersi in loro oppure scaricando le frustrazioni direttamente sui figli.> Solleva gli occhi al cielo, sospirando pesantemente. Pare che per un attimo non stia parlando neanche più di Liuka. Riporta dopo pochi istanti lo sguardo ghiacciato sulla di lui figura, schiarendosi la voce. <Ovviamente, non intendo dire che anche la tua famiglia sia tale, però ti ha messo addosso un bel carico di responsabilità da come me ne parli.> Sintetizza il suo pensiero in questo modo, cercando di smorzare la tensione venutasi a creare con un mezzo sorrisetto. E’ il classico allievo che deve darsi da fare se vuol diventare qualcuno, ma che la famiglia sobbarca con valori ed oneri, a volte senza gli onori. <La speranza è sempre l’ultima a morire, però. Così dice il detto. Se la si perde così facilmente, vuol dire che non si è abbastanza forti nello spirito e che non la si è mai avuta prima.> Era inesistente fin dall’inizio se basta un soffio di vento per farla sparire del tutto. Chiaramente, è esclusivamente il suo pensiero, ma non reputa necessario sottolinearlo. Non conosce l’entità del sobbarco che sta portando sulla schiena, tuttavia è sicura del fatto che ciascuno di loro porta una croce dietro la schiena. Chi per un motivo o chi per un altro resta soggetto alle catene familiari. <I tuoi genitori non ti hanno detto niente a proposito del clan dal quale discendi?> Non conosce l’eventualità attuale di farsi innestare l’innata da alcuni genetisti specializzati, quindi resta fedele alla discendenza – e forse è meglio così. Restare all’oscuro di questa vicenda, s’intende. Non vuol neanche pensare a cos’abbiano fatto con l’innata Nara or che lei non è più al comando di niente. <Il settore di Kiri non se la passa bene?> Gli chiede con un sopracciglio alzato. In effetti, è forse l’unico settore ad avere un quartiere povero… due domande se le si potrebbe già fare. [ Chk On ] [Bosco Dei Ciliegi] Uno spirito così affine, eppur così diverso, anche così sconosciuto, non lo ha, certamente, mai incontrato. < Già...la tua descrizione è molto accurata. La mia famiglia, per quanto piccola...suona come l'hai descritta tu > le risponde, con un sorriso caldo e sincero a condirgli il viso. < Non intendo dire che sono cattivi eh! Solo che...vogliono molto per me, mi fa piacere... > conclude, alzando subito le mani per difendere la propria famiglia con un veloce e confuso gesticolare, il quale, termina dopo qualche secondo: con le braccia che tornano rilassate. < No, del mio clan so poco e niente...se non qualche accenno al fuoco e alla terra...hum...mi piacerebbe sapere cosa significa > ammette, mettendo le braccia conserte e sospirando ampiamente. < "Il settore di Kiri non se la passa bene?" > ripete, paro paro, le parole dell'altra. Un ardore gli parte al centro del corpo, lo sente in pieno, che divampa come una fiamma. Stringe i pugni, eppure, il suo tono di voce rimane normale. < No...decisamente no, ti basta farci un giro...confrontarlo con gli altri distretti e... > abbassa lo sguardo, sbattendo il pugno, a piene nocche, contro il sentiero sotto di lui. < La miseria, se li sta mangiando tutti > fa trapelare, amareggiato, tra le labbra. Rimane a guardare il terreno, per poi, alzarsi velocemente in piedi. < Dovresti passare a guardare, almeno un'occhiata se la merita > ammette, mentre rilassa le mani. Un mero cenno del capo perché comprende appieno il comportamento di famiglie con un simile stampo. Come dimenticare la propria, d’altronde? Anche se, a conti fatti, era soltanto suo padre l’essere a pretendere da lei che fosse la migliore. E in un certo senso lo è anche diventata, ma non grazie a lui tanto meno *per* lui. <No, per carità> Commenta alla di lui volta con tono pacato. <non sono genitori cattivi, alcuni lo fanno in maniera inconsapevole. Vorrebbero soltanto il meglio per te, ma nel volerlo diventa una pretesa.> Spiega ancora, stringendosi nelle spalle. Non potrebbe vederla in maniera differente. Parla per esperienza personale, rammentando quel che ha dovuto passare un tempo. Or come ora, è diventata lei un genitore e, per quanto assenteista a causa dei dieci anni trascorsi, non sta pretendendo chissà cosa dalla progenie. L’importante è non diventare come i propri genitori o quanto meno correggere gli errori che hanno fatto, affinché non ricapitino sugli altri. <Fuoco e terra> Katon e Doton. <e di Kiri> Il villaggio della nebbia. <mi verrebbe in mente un unico clan che ha queste attinenze e che discende da uno dei Mizukage.> Conosce la storia di Kiri, ha dovuto apprenderla non tanto per il suo ruolo da Hokage tempo addietro, ma proprio per la seconda innata che si porta dietro e che ha dovuto imparare ad usare. E se queste assonanze caratteriali s’unissero anche nel medesimo clan? Sarebbe quasi bizzarro, ma al contempo ne sarebbe lieta. Non ha a che fare con uno Yoton che sia tale ormai da parecchio tempo per via di Yukio che li aveva praticamente giustiziati quasi tutti, lasciando in vita quel pover’uomo del capo clan. <Dieci anni fa, non era molto diverso. Era al limite del collasso.> Oltre ad aver un problema che ha fatto smuovere gran parte della vecchia Alleanza. Un dettaglio non indifferente sicché il traditore s’è rivelato essere nient’altri che il Mizukage in persona. Storie ormai vecchie, ma tutt’ora narrate se soltanto le si volesse ascoltare. <Però, non bazzico molto in quel settore. Ci farò due passi.> Perché no? Serve a capire come comportarsi nei confronti di chi ci vive, potrebbe essere un buon compromesso per quel che vuole fare al di fuori delle mura. <Hai mai pensato di far qualcosa per sistemare questa problematica?> Chiosa alla di lui volta, iniziando già a muover le rotelle – per certo – ma tenendosi cheta nel farlo. Non bisogna correre per nessuna ragione, non adesso. [ Chk On ] [Bosco Dei Ciliegi] Annuisce alle parole dell'altra, mentre, abbastanza distratto, inizia ad infilarsi il giacchetto: ricoprendo le pallida braccia scoperte con le maniche nere dell'indumento. < Già...i familiari sono la sfida più grande a volte... > ammette, con un sorriso gioviale stampato in volto. Non tratta più quel discorso con pesantezza, anzi, ora che sa che non è l'unico a vivere una situazione simile...è molto sollevato dalla cosa, a tal punto, che sembra molto più lieto nel parlarne. < Addirittura del Mizukage? Beh sarebbe...wow...hem... > è rimasto senza parole, per quanto fosse una bellissima fantasia la cosa lo fa arrossire, non perché lo prende per un complimento o altro, piuttosto, perché questa affermazione della donna inizia a...riscuotere la sua di speranza. Alza la zip del giacchetto, chiudendolo del tutto, e stringe la bottiglietta vuota sotto il braccio destro. < Certo che ci ho pensato! Appena diventerò ufficialmente un Ninja...dedicherò ogni mia mossa e missione al mio quartiere! > dice, tutto sparato e a macchinetta, tutto vivace e pompato a mille. < Li tirerò tutti fuori da quella miseria...fosse l'ultima cosa che faccio! > dice, sorridente più che mai, per poi, sbattere la mano chiusa a pugno sul petto: stessa posizione ove giace il cuore. < Un clan mi aiuterebbe ad avvicinarmi alla mia gente...e avere delle cariche alte mi aiuterebbe a far risaltare il distretto...quindi...si. Li aiuterò. > quasi lo ha promesso in quel momento, proprio in quell'istante. Alza gli occhi al cielo, spalancandoli. < è tardi! > dice, portando le mani alla testa. < Devo andare signorina, grazie mille della conversazione! > e dopo una veloce inchino, parte in corsa. [Exit] Come non dargli ragione, del resto? I familiari, talvolta, non si rendono affatto conto del dolore che provocano nel tentativo di far del bene, secondo i loro oscuri canoni. A proposito del clan, deve limitarsi ad un’alzata di spalle. Non lo sa davvero. Può ipotizzare, ma se parla del villaggio della Nebbia unito a quei due elementi le vien facile pensare all’innata lavica che a sua volta possiede. <Lo scoprirai a tempo debito, ti conviene prepararti.> Vuole infondergli parte della fiducia che gli manca, poiché in sé stesso pare averne comunque. Ipotizza che abbia esclusivamente bisogno di qualcun altro che possa affiancarlo, aiutarlo in quel che vorrebbe diventare e che non lo giudichi o lo obblighi. <Visto? Hai un obiettivo in mente. Per raggiungere il traguardo, puoi suddividerlo in tanti piccoli step.> Gesticola appena con la mandritta così da sottolineare il suo discorso mantenendo quel tono pacato di poc’anzi che, alla fin dei conti, non è cambiato fin dall’inizio del loro incontro. <Spero di rivederti ancora, magari quando sarai riuscito a diventare Genin.> Non sarebbe male come prossimo incontro, poiché inizierebbe la sua vita per quella che vuole che sia. Tuttavia, si sgancia dall’albero con un colpo di reni, facendo sì che il corpo venga proiettato in avanti. <A te, buona serata.> Lo saluta di rimando, mentre a sua volta non potrà far altro che tornare verso il settore konohano, nonché verso la casa in cui soggiorna assieme a sua cugina e altri individui poco raccomandabili. [ Exit ]