Oshaberi
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Giocata del 13/10/2021 dalle 19:43 alle 23:26 nella chat "Piccola Oasi"
[Appartamento Saigo-Nobu] Siamo a casa, in quel luogo che dovrebbe considerare sicuro solo suo anche se condiviso. Un posto che con il passare del tempo assume i tratti di calore e familiarità dati semplicemente dagli oggetti di Nobu in giro e da quelli d i Poldo perché lei invece non ha mai pensato di farlo suo. Mobili bianchi, perfetti, da catalogo così come la cucina con la penisola, un tempo immacolata ora usata dal coinquilino di tanto in tanto per cucinare. Se ne sta lei seduta sulla poltrona in sala, proprio davanti all’ingresso. Come suo solito le gambe sono sul bracciolo di sinistra mentre con la schiena è poggiata a quello di destra, la testa appena appena pesata sullo schienale, in una posizione scomposta e al tempo stesso tenera. Tra le mani quel frontalino trovato, lo gira e lo rigira restando silente persa nei suoi pensieri ma soprattutto nei suoi incubi. Forse è questo che intendeva il dio durante la visione, spaventata lascia che le mani poco ferme continuino a giocare con quell’oggetto, si è salvata ancora una volta ma perché? Si è attaccata con tutta sé stessa all’istinto di sopravvivenza ma perché? Ha sempre pensato di essere solo troppo debole per il suicidio, d’essere in grado di tirare avanti e sopravvivere per il timore di deludere ancora tutti i suoi defunti compagni, per l’incapacità di affrontarne le conseguenze e soprattutto per la paura dell’ignoto eppure ha avuto voglia di vivere. Anche su questo s’interroga mentre riflette. La temperatura non è più così alta come quando viveva da sola motivo per cui unita alla sua solita camicia extralarge bianca, lasciata con qualche bottone scoperto, ora ha aggiunto anche dei semplici legghings neri aderenti, in cotone ed elastici così da fornirle la massima comodità. A cozzare con quell’estetica leggera e fresca ci sono dei calzettoni in lana pesante e pelosissimi, hanno gli occhietti e dovrebbero ricordare lontanamente un orsacchiotto, visto anche il colore. Penzolano le teste d’orso dal bracciolo del divano, inermi e inconsapevoli dello scorrere del tempo mentre lo stomaco inizia a borbottare ed il sole tramonta E se Saigo è da sola nel salotto a contemplare il vuoto, persa nei suoi pensieri più profondi e reconditi a cui lo Hyuuga dal derma color cioccolato non ha accesso, l’ultimo menzionato è invece preso a farsi i fatti propri o meglio… è in bagno. La porta è appena appena chiusa, avete presente quando la chiudete ma l’ingranaggio non si estende perfettamente nella serratura e quindi è praticamente accostata e una minima spinta fa in modo che questa si apra? Ecco è questo il caso. Dall’esterno non si può sentire niente fino ad ora dove Nobu stesso sente appena il cigolio dei cardini di quella porta e lo scatto di quell’ingranaggio non chiuso bene con quel meccanismo a molla. Dalla porta che si apre appena ecco che comincia a uscire della musica, un beat ritmato con una voce che parla in maniera soffusa sotto con un ritmo talmente alto che difficilmente quasi si comprendo le parole. Drop di bassi che danno a quella melodia un ritmo che ti invoglia a ballare. Il volume è tale da coprire a malapena l’acqua che continua a cadere sul corpo del ninja di colore, intento a fare la doccia. < Saigo? > chiede pensando che sia lei ad entrare in bagno. La mancina si allunga a chiudere la manopola dell’acqua mentre la destra va ad aprire un minimo ciò che proteggeva l’intimità di chi stava facendo la doccia/bagno. Non fa in tempo ad accorgersi che in realtà non era la coinquilina ma bensì… Poldo. Lo sgama in pieno sopra il lavandino con i denti che si chiudono su quelli che sono i suoi boxer nuovi che dovrebbe mettersi < Non ti azzardare… > intima a quel gatto molesto e ciccione che lo guarda con quegli occhioni verdi. Si abbassa con il muso molto lentamente ad afferrare l’intimo, al rallenty < Poldo… non ti conviene… > gli dice un ultima volta, ma quel ciccione comincia a muovere il culetto in maniera giocosa, proprio come i felini fanno prima di un agguato e… beh, un attimo dopo ecco che salta via, con un agilità che non si addice a un gatto della sua stazza e scappa via dalla porta. Nobu scatta a sua volta fuori dalla doccia, afferrando un asciugamano bianco nuovo, cominciando ad avvolgerselo in vita. Esce fuori, lasciando pedate bagnate, praticamente nudo se non per quell’asciugamano che copre quello che deve coprire, lasciando comunque uno spacco sulla coscia destra e tutto il busto nudo, ancora imperlato di quelle gocce d’acqua e qualche residuo di schiuma. I capelli neri bagnati cadono sul volto con quelle ciocche più lunghe e irregolari. Saigo può vedere Poldo sfrecciare in sala con qualcosa che se lo nota potrà riconoscere che cosa sia e… qualche secondo più tardi, Nobu che imprecando dietro a quel gatto ciccione, appare così < VIENI QUI PANZEROTTO PELOSO! TI FACCIO CON LE LENTICCHIE PER CAPODANNO!!!! > Non si accorge nemmeno dello sfrecciare del gatto, in realtà potrebbe persino travolgere che a malapena si ridesterebbe. Il suo stomaco infondo sta cercando id lanciarle segnali da qualche minuto eppure niente. Se ne sta lì fino a quando non è la voce di Nobu ad attirare la sua attenzione. Butta indietro la testa incuriosita e si limiterebbe ad osservare in direzione del corridoio e di…beh quel gran bel pezzo di manzo. Non si tocca! Arrossisce evidentemente, i pensieri meno sobri e delicati le attraversano la mente con la stessa prepotenza di un esercito di unni e per qualche secondo se ne resta lì bellamente imbambolata a fissare il corpo altrui. Ora lui non corrisponde proprio al suo stereotipo, più muscoloso di quello a cui è abituata, abituata a farsi spezzare il cuore, ma di certo non nega. Insomma è una di bocca buona nei suoi sedici anni di età, quello è un ragazzo più grande, muscoloso senza estremità di troppo o deformazioni mezzo nudo nel suo soggiorno ed è anche bagnato! Insomma ha un crash. Cosa stava facendo? Quando la mostrina le cade sulla pancia coperta appena dalla camicia si ridesta, per la seconda volta. Con chi urlava Nobu? Ha parlato vero? Scuote il capo e torna a fissare tra le sue mani, cercando di mascherare quell’imbarazzo evidente ed il suo essersi appena imbambolata come se nulla fosse <qualche sera fa sono stata attaccata> ed era bagnata come lui. Incredibile ma sì è questa l’associazione dei suoi pensieri, anche perché ora difficilmente è in grado di pensare ad altro a quei muscoli e quello stacco di coscia. Mentre torna a fissare la mostrina e si nasconde in parte dietro allo schienale i suoi capelli lisci accarezzano la spalla destra lasciata nuda dal colletto slacciato e comunque enorme di quella camicia. Scivola quella ciocca accarezzandola come ammettiamolo: nessuno fa più da tempo. Ammettiamolo ancora: come solo una volta è stata accarezzata. Ci pensa. Associa Nobu nudo nella sua testa alla carezza di Fuji. NON SI TOCCA. Non farà lo stesso errore, non lascerà dominare i suoi ormoni, non farà l’animale ma l’essere umano, deve guardare la persona non i pettorali. Come un mantra si ripete questa frase mentre cerca di mettere insieme un filo di pensieri lucido e coerente <e un ninja di 10 anni fa vuole passarmi informazioni per fottere Sango> aggiunge. Tutti pensieri sconnessi fra loro, con poco senso logico, non c’è un minimo di legame tra le due frasi se non in quella testa le cui rotelle fanno fatica a funzionare correttamente. Brontola lo stomaco e si uniscono alle farfalle. Apre la bocca, lo sta per dire se ne accorge appena in tempo, niente gaffe oggi <quando mangiamo?> altro pensiero completamente casuale e sconnesso. Cerca Poldo che si starà lamentando a metà tra il finto innocente ed il soddisfatto andando ad osservarlo <Poldo ha le tue mutande> sembra Fuji in questo momento. Nel disperato tentativo di far cessare i pensieri impuri nella sua testolina ha iniziato a parlare come lui, semplici constatazioni, distaccate l’una dall’altra. Cerca di riprendersi, a che pensava? Oh sì la mostrina. Infatti proprio come nelle conversazioni con Fuji, complicem il fatto che già di suo era concentrato su altro, non capisce niente. Sango, dieci anni? Mutande, Poldo e cibo?! Associa in maniera sbagliata le ultime due < No, Poldo non ha ancora mangiato. È a dieta quel bagordo maledetto, mangia panini a tradimento! >gli da quella nomea, esattamente come il nome Poldo viene usato per quel personaggio di secondo piano in quel cartone di quel marinaio mangia spinaci, con l’amico grasso che si strafoca di hamburger! Un nome azzeccato, non trovate?! < Vabbhè, tienitele, me ne prendo delle altre, maledetto! > Scuote il capo e incrocerebbe pure le braccia al petto con fare offeso se non fosse che si sente quel nodo dell’asciugamano iniziare ad allentarsi, stringendolo IMMEDIATAMENTE. Porta l’attenzione sulla figura di Saigo e su quella camicia… familiare, troppo. < È una delle mie? > Le chiede, allungandosi pure in avanti con il viso, inclinando solo il busto. Porta il naso tra la spalla e il seno mancino come posizione, andando ad annusare il tessuto della camicia, per vedere se effettivamente era una delle sue e se aveva ancora addosso il suo di profumo, quello che mette sempre. Parlando sempre di profumo,Saigo può sentire quello di Nobu in questo momento, o meglio quello del bagno schiuma al latte e miele con una leggera nota di mandorle, delicato, quasi azzeccato su quella pelle color cioccolato! Si rialza in maniera eretta subito dopo, guardando la ragazza con la quale mesi fa era andato a convivere e che anzi, alla fine ha deciso di rimanere con lei, probabilmente dopo quella nottata dove si è reso conto delle fragilità della Manami. Volta le azzurre alla sinistra, identificando un altro sgabello di quell’isola, avvicinandoselo. Si siede a gambe aperte, con la coscia sempre esposta ma la lingua di cotone dell’asciugamano bianco intenta a fare il suo lavoro di copertura. < Che cosa stavi dicendo Saigo? Che è successo? > le chiede per farsi ripetere. Il braccio destro si impunta con il gomito contro il tavolo mentre la mano sorregge il volto che ora va ad appoggiarsi contro il palmo. Punta bene i piedi sulle sbarre orizzontali apposta dello sgabello per poi cominciare a muovere le gambe in quei classici tic nervosi. Il modo migliore per descrivere questo momento è assurdo. Non ci sta dietro, non capisce nemmeno a cosa le stia rispondendo Nobu mentre si sforza di non guardare oltre, nascosta tra i capelli e lo schienale della poltrona. Comprende quella domanda che la porta ad abbassare lo sguardo sulla camicia. Tace qualche sitante per poi sentirlo così vicino. L’odore di bagnoschiuma è il primo a coglierla e farle capire quando effettivamente si sia avvicinato. Tace. Arrossisce e chiude gli occhi. Non ci deve cascare anche questa votla, deve tenere a bada i suoi maledetti ormoni. Quanta fatica <forse> borbotta poi cercando di distogliere l’attenzione dal fatto che non è in grado, al momento, di ricordarsi se gli ha effettivamente rubato la camicia, cosa anche possibile tutto sommato. Quell’appartamento è grande ma certo non progettato per due quindi finisce fin troppo spesso con il rubargli per sbaglio degli abiti. Funziona che ciò che vede e le piace è suo in automatico, ormai nemmeno si tratta di semplici furti sono una conquista del regno. Mosse tattico-strategiche. Poi lui si allontana. Respira profondamente cercando di cancellare ogni immagine non pudica dalla sua mente. Manco sa come si fanno quelle cose, Nene le ha spiegato qualcosa ed è anche per quella ragazza che deve toglierselo dalla testa. Tace ancora fino a quando non ode nuovamente quelle parole, viene punzecchiata e così apre gli occhi e si limiterebbe a farli scorrere in avanti, trovandolo lì su quello sgabello. Scorre lungo il petto verso la cosci…no. Si ferma e di colpo si mette a guardare la mostrina. Ecco a cosa stava pensando <l’altra sera nel quartiere di Kiri sono stata attaccata> ammette semplicemente. La paura la si percepisce comunque nello sguardo <ti giuro che ho visto una bestia, piccola rispetto a quella che ha attaccato Suna dieci anni fa ma comunque una bestia, reggeva un cadavere tra le fauci e si sarebbe mangiata anche me> spiega andando a scuotere la testa. Deve restare concentrata e non per evitare i suoi addominali, il terrore ha superato l’eccitazione. Non deve ricadere nei vecchi traumi <c’è stato un rumore, qualcosa di forte che ha fatto scappare la bestia e io ho trovato questa> un gesto fluido quello con cui vorrebbe lanciare quella semplice mostrina, simile al coprifonte di un qualsiasi ninja di Kiri eppure non uguale, seppur non sia in grado a prima vista di coglierne i dettagli che la differenzino, si tratta più che altro di una consapevolezza inconscia <vorrei sapere che sta accadendo ma considerando che sono stata minacciata direttamente dal finto dio penso che forse dovrei solo starci alla larga> un flusso di coscienza, un flusso di parole, butta fuori tutti i dubbi, senza nascondere il timore nella voce, il terrore che a volte le assale lo sguardo, il tremore di quelle dita Afferra quella piastrina e sta in silenzio, la ascolta senza interromperla, non si aspettava una dichiarazione del genere, non si aspettava che fosse successo quel che è successo. Non sa come risponderle, non sa rassicurarla e in realtà se tutto ciò fosse vero questo non fa altro che farlo stizzire ancora di più… esattamente lui e la shinsengumi stessa… che cosa sta facendo? Ok del killer, chissene frega di un tizio qualsiasi, non mina alla pace del governo ma questo, le bestie all’interno delle mura? Chi li ha fatti entrare? Stanno facendo delle ricerche sulle bestie da qualche parte? Che siano quelle persone che mesi fa hanno fatto parlare di loro al punto da spedire Nobu e proprio Saigo in televisione per poi dileguarsi nel nulla? Difficile dirlo. Per quello che può pensare, pensa pure che sia un ordine da parte della Shinsengumi per portare una crisi controllata e farli apparire di nuovo alla ribalta e alla luce della popolazione di Kagegakure, tanto è che non si fida ormai di quell’organizzazione che lo sta deludendo, che doveva sciogliergli la museruola ma che, ora come ora, non è mai stata così stretta! I giochi politici non sono per lui e, dopo che mi perde per quelli che sono due secondi in tutte le sue ipotesi complottistiche e che cosa possa essere successo, con quella che è un espressione arrabbiata e di collera, ecco che il volto si distende. Torna a guardare la Manami e la sinistra, libera, si allunga proprio alla ricerca delle mani della rosata per cercare almeno di prendere entrambi nella sua, ben più grande. Cerca quelle dita sottili e piccole rispetto a quelle lunghe ma affusolate del cioccolatino, proprio per stringerle e accarezzarle il dorso della mano che dovrebbe essere quella esterna. < Stai bene Saigo? > domanda più difficile di quello che sembra in realtà, considerando lo stato in cui versa ora l’Otsutsuki che è palese in volto, non serve essere un maestro dell’empatia per rendersene conto. < Vorrei saperlo anche io, vorrei sapere esattamente che stiamo facendo. > le dice evitando, almeno con lei, come ha già fatto, di nascondersi dietro un dito. < Che stiamo facendo Saigo? Quelle persone dei portali, perché non ne abbiamo più avuto notizia dai piani alti? Da quanto è che ci svegliamo, andiamo al campo per addestrarci per poi tornare a casa con solo lividi per un allenamento fine a se stesso? > le chiede, condividendo con lei quello che lui pensa possa essere una causa, già perché non puoi farti fregio di oneri e titoli vari senza accollarti anche la responsabilità che vengono con esse e, se effettivamente le bestie sono arrivate dentro, i primi indiziati dovrebbero essere loro: la spada e lo scudo del governo ad agire! < Mi dicevi invece di Sango? > Come inerme lo osserva mentre studia quella semplice targhetta, la mente continua a vagare. Si alternano i pensieri tra il passato ed il presente, visioni che si sovrappongono a più riprese per quel trauma che di fatto non è mai stato superato o anche solo lontanamente affrontato. Ha deciso di lottare ma poi la missione in cui è quasi morta e la comparsa di quella bestia l’hanno fatta desistere, pensavo di essere disposta ad accontentarsi di sopravvivere fino a quando non ha cercato davvero di salvarsi. Forse vuole vivere. Non lo capisce nemmeno lei, lo sguardo scorre andando a raggiungere la porta e poi va oltre. Sul pianerottolo e verso la casa altrui. Non ci deve pensare. La chiave di tutto questo non potrà mai essere in quel rapporto malato, soprattutto ora che lui ha deciso di sparire dalla sua vita. Torna verso Nobu, sente quel tocco ed istintivamente ritrae le mani, fa in tempo appena a sfiorarle il dietro e lei piega i gomiti così da allontanarsi. Come se il semplice contatto con la pelle l’avesse messa all’erta <non lo so> replica un po’ a tutte le domande <so solo che ho bisogno di potere ma finchè sarò un semplice agente scelto non ne avrà mai abbastanza> lo dice, non deve nascondersi dietro ad un ideale in cui non ha mai creduto con lui, si fida del ragazzo. Non ci sono maschera sin da quella sera in cui le è stato impossibile celare dietro ad un tendone la sua debolezza e la sua solitudine. Eccola lì, ancora terribilmente fragile sul punto di spezzarsi ma inspiegabilmente resiliente. Sembra sì sul punto di rompersi ma al contempo pare che non andrà mai in mille pezzi, capace di sopportare il dolore, capace di sopravviverne e forse un giorno uscirne anche vincitrice <Il ninja che era con me in missione, ci siamo salvati solo collaborando ha reso ben chiaro che potremmo essere in qualche modo alleati. Lui non vuole Sango tra i piedi ma non può esporsi contro un agente scelto, io voglio far carriera e la sacrificherei volentieri> non dimentica quello schiaffo, l’atteggiamento saccente della donna nei suoi confronti, l’umiliazione subita proprio quando avrebbe avuto solo bisogno di una mano per rialzarsi, è tutto lì e scotta <per ora so solo che sta ficcanasando in affari del consiglio ma nulla di più, ha detto che mi farà avere più informazioni, in cambio io dovrò proteggerlo se uscirà il suo nome> spiega semplicemente quel piano <ma cosa posso fare se non sono riuscita nemmeno a scappare dalla bestia?> chiede semplicemente <so solo che sono stata salvata da qualcuno, forse ancora il finto dio che non ha finito di giocare con me, forse altri quella piastrina è l’unico indizio che ho> si spiega, da un senso a quei pensieri intricati nella sua stessa mente <ma non posso indagare finchè non sarà in grado di difendermi, finchè solo sentire il suo fiato mi ridurrà in uno stato catatonico non potrò fare nulla> cerca aiuto ma non lo chiede cerca una soluzione ma continua ad abbattersi scontrandosi con il muro di quel trauma mai elaborato. Non vale la pena farsi amici, non vale la pena vivere, bisogna solo sopravvivere fino a quando non sarà abbastanza forte da prendersi ciò che vuole, ma cos’è che vuole esattamente? La libertà di avere semplicemente sedici anni forse, l’infanzia rubata, la capacità di poter sorridere spontaneamente senza le laceranti ferite Capisce il suo punto di vista, eccome se lo capisce anche se è innegabile un fattore che non sta tenendo in considerazione < ok e quanto tempo pensi ci voglia? La situazione è talmente calma che non possiamo accumulare nessun tipo di imprese o reputazione tale, anche solo esperienza sul campo per poter crescere all’interno della Shinsengumi. > risponde, ritraendo a sua volta la mano sinistra e anzi, si alza in piedi proprio. Le cammina avanti con l’asciugamano che comunque fa il suo dovere. Arriva dall’altra parte dell’isola e si china a sparire proprio sotto di questa afferrando quello che è un semplice grembiule da cucina color cremisi mettendoselo addosso con comunque l’asciugamano sotto, non si sa mai! Dovrebbe andare meglio così anche per le attenzioni di Saigo, forse? Si sposta alla volta del frigorifero, aprendo l’anta, tirando fuori quello che è del riso già preparato, un avocado, della crema di formaggio e del salmone che era stato abbattuto. Finito quello con l’altra mano apre la credenza, prendendo uno stuoino di bambu e soprattutto le fogli di alga nori. Dispone il tutto sull’isola per poi estrarre proprio una di queste quasi pagine di alga e stenderla a maniera quasi lettino. Con le mani, ancora pulite praticamente dalla doccia, va ad afferrare quel riso, massaggiandolo per coprire tutta la larghezza e quasi tutta l’altezza di quel foglio lasciando un centimetro e mezzo in cima libero. Si sporta a sciacquarsi le mani e prendere infine un cucchiaio, un coltello e un tagliere. Inizia a tagliare quel salmone a strisce e disporle generosamente al centro di quel letto di riso. Segue l’avocado che viene tagliato a metà e aperto. Il coltello viene conficcato nel nocciolo estraendolo per poi con il cucchiaino tirare fuori la polpa dalla buccia con facilità data la maturità del frutto. Ne ricava anche li delle strisce con la quale affianca il salmone per poi fare lo stesso con quel formaggio. Finito il ripieno ecco che piega il lembo inferiore a formare il cuore del roll, con il ripieno esattamente in centro. Preme per farlo aderire per poi girare nuovamente e sigillare la chiusura, bagnando quell’estremità nuda del foglio di nori per farlo aderire. Apre lo stuoino e prontamente taglia quel roll a metà prima e poi ancora altre due volte, ottenendo quelli che sono otto pezzi di nighiri salmone, philadelfia e avocato che porge a Saigo, gli pare di ricordare che avesse fame forse? O forse era Poldo… poco importa, l’ha fatto per tenere le mani occupate. < Comincia a mangiare e a calmarti, per il momento siamo solo noi due e un gatto grasso. > cerca quasi di rassicurarla mentre torna a sciacquarsi le mani per poi rimettere tutto via nel frigorifero quello che è avanzato. Non osa dirle che il falso dio è morto, chiaramente per lei non lo è dato che vive nei suoi ricordi al punto tale da essere diventato il suo presente, come se fosse sotto un perenne genjutsu che glielo ricorda, come se avesse una specie di marchio distopico al contrario però e chissà che non sia così! Se ci fossero tracce di chakra potrebbe vederlo ma rispetta Saigo e non l’ha mai guardata con il byakugan attivo, né per vederla sotto i vestiti, né per analizzarne il suo bacino di chakra. < Per quel che riguarda Sango, so che non vuoi sentirtelo dire e che probabilmente vorresti essere in grado di difenderti da sola ed essere indipendente… ma io muoio dalla voglia di far andare le mani e, se effettivamente sta ficcanasando dove non deve allora sarei pure autorizzato a farlo. > L’ha incontrata qualche giorno fa a quel locale, mascherata da qualcuno che non ha riconosciuto però, non sono fatti suoi che cosa fa nel suo tempo libero o chi frequenta, il problema diventa quando la rossa diventa un pericolo per l’organizzazione o, anche più semplicemente nel suo caso, la scusa più plausibile per divertirsi. < Riesci a organizzare un incontro? Inoltre vorrei capire anche se dobbiamo proteggere una zavorra o cosa, potrei quindi alzargli le mani io stesso per farmi un idea. > La avvisa come è giusto che sia!
Giocata del 20/10/2021 dalle 20:42 alle 23:46 nella chat "Piccola Oasi"
[Appartamento] Sicuramente han fame sia Poldo che Saigo. Nobu porge quel cibo, cucinato per lei, davanti ai suoi occhi dedicandosi a quel gesto di semplice affetto, un modo di dimostrare la sua vicinanza unico ma lampante ai suoi occhi. Non si sono mai detti d’essere amici, mai si sono giurati fedeltà ma sa di poter contare su quelle spalle grandi e forti almeno quanto lei sarà disposta a sorreggerlo quando ne avrà bisogno. Non è semplice il loro rapporto, in qualche modo come tutti i suoi legami ha qualcosa di sbagliato, di marcio e forse tossico, magari è la morbosità con cui lei l’ha reso pietra fondante della sua attuale poca stabilità mentale, forse è il fatto che lui le cucini sempre qualcosa quando è giù, insomma non sa cosa ma inconsciamente percepisce il precipizio vicino a loro eppure non lo teme. Cadrà un giorno, cadranno ma ne vale la pena perché ad oggi è la sua presenza a permetterle di restare a galla. Insomma mentre queste sensazioni si accumulano portando quasi il tempo a rallentare mentre lei allunga la mano libera verso il riso qualcosa sfreccia. Una panza che possiede troppo agilità, un pelo rosso perennemente sottovalutato a casa della sua taglia e gnam! Addio sushi. Resta con il braccio teso lei, a fissare esterrefatta Poldo nell’angolo opposto di casa che si gusta il bottino. La mano resta come morta, ripiegata in giù, dita vittime della gravità, solo l’indice appare più proteso, come se ancora non si fosse rassegnato <uh uh> commenta quasi assente mentre fissa Poldo. Non ha ancora realizzato <non tutto è fermo, io ho visto una bestia ed un cadavere, qualcuno l’ha fatta fuggire> replica ancora una volta <io ho visto il finto dio tormentarmi quando già doveva essere morto> ormai quelle frasi stanno diventando un mantra per lei <forse dovremmo mettere su un team e cercare informazioni, potrebbero farci fare carriera oltre che avere degli scudi da sacrificare è utile in caso di attacco a sorpresa> già. Insomma parliamoci chiaro non ha mai detto di voler cercare alleati. Osserva così Nobu, tornando a guardarlo ascoltando il resto del discorso, la questione Poldo viene semplicemente messa in un angolino della sua mente o potrebbe esplodere <Non so se sia una pippa so solo che in missione è stato utile e forse a tratti cruciale per uscirne vivi> di Kamichi non ne parla, non perché lo nasconda a sé stessa ma semplicemente perché non ha mai avuto alcun valore <ma sì te lo farò incontrare, ogni informazione su di lui o Sango potrebbe esserci utile, d’altronde non mi fido di lui. So che non mi tradirà perché ci perderebbe troppo ma non è abbastanza> per chiudere gli occhi sui suoi metodi in ospedale, sulle sue frasi ed il modo in cui si è posto sin dall’inizio. Lui è uno dei ninja tornati dopo dieci anni e questo non lo dimenticherà mai Non fa in tempo a rendersi conto di quel panzone, di quell’attacco furtivo alle cibarie che aveva preparato per Saigo e, quando realizza che effettivamente quel piatto è vuoto ma non perché la Manami si è scafuddata tutti gli uramaki, ci rimane anche lui un po'… esterrefatto, senza parole se non uno sbuffo. < Uff.. diciamo che passiamo direttamente al dolce allora. > fa spallucce e scuote il capo, voltandosi un ultima volta, dandole di nuovo la schiena e le spalle, che a quanto pare le sembrano così solide e sicure. La sinistra si muove ad aprire lo sportello del frizer per poi spostare il sacco di piselli che era lì davanti. La destra si infila invece a prendere un sacchettino bianco, una busta che aveva nascosto a Saigo per il suo bene. Fa un po' di rumore con la plastica ed ecco che tira fuori una scatola da quattro mochi gelato: due al cocco e due al mango. Rimette tutto a posto per poi portare proprio il dolce alla rosata, tornando a sedersi. < Magari non è fermo lato loro, ma lato nostro abbiamo accettato di restarcene chiusi qui in queste quattro mura… > sbuffa appena e, una volta seduto, va a slacciarsi il grembiule, rimettendolo a posto e tornando solo con quell’asciugamano che gli cinge la vita. La pelle di cioccolato del busto è ancora leggermente imperlata da qualche sporadica goccia residua ma per il resto si è asciugato. < Siamo chiusi qui come topi con i distretti che si fanno la guerra sotto banco altrimenti li sculacciamo. Non lo so Saigo… ho come l’impressione che al consiglio vada bene lo status quo e che lo voglia mantenere. Potrebbe essere una buona idea ma allo stesso tempo potremmo essere visti come persone che vogliono andare contro il governo e ripristinare quello che fu.> riflette, abbassando ora lo sguardo a fissarla in volto, pupille che si assottigliano, lasciando spazio a quell’iride di ghiaccio e madre perla, sguardo che si perde in quello rubino della coinquilina. Non sa che pesci prendere e il suo discontento sta solo crescendo. < Sicuramente Sango dobbiamo tenerla sott’occhio e qualsiasi informazione può tornarci utile, quella è sicuramente una pista per fare carriera ma… la bestia? Se ci pensi non è una notizia che è trapelata ed è stata resa pubblica!> le spiega, ancora timoroso sul coinvolgere la Shinsengumi su ciò che concerne l’esterno e il falso dio Non fa nemmeno in tempo a restarci male per il furto di Poldo che le parole dolci riescono a distrarla. Ma dovrebbe averli finiti, insomma si è scofanata di tutto in questi giorni. Negli occhi la speranza a l tempo stesso il desiderio di non restare delusa, come se non osasse davvero provare felicità. Timorosa speranza dunque in quelle iridi mentre sul suo ventre resta poggiata la targhetta, su cui continuerà a riflettere e tormentarsi probabilmente. Dovrebbe forse tornare nel luogo del misfatto? Sì, lo farà? Probabilmente no. In un istante l’umore muta come solo dei mochi o una pizza sanno fare <ma quelli?!> stupita, quasi felice cerca si flettersi in avanti, piegandosi sulle coscie poggiate al bracciolo, si avvolge con le braccia mentre va a protendersi in avanti. Questa volta è lei quella agile, Poldo non avrà altre occasioni per rubarle il cibo. Velocemente con la destra si avventa su un Mochi gelato al cocco che finisce direttamente nella sua bocca mentre la sinistra ne raccoglie uno al mango. Freddo. Tiene le labbra socchiuse per soffiare fuori il freddo del gelato pentendosi quasi subito della decisione di infilarselo tutto in bocca. Un nuvoletta che esce dalle sue labbra spiega in maniera abbastanza eloquente la situazione <foffe> anche la lingua parzialmente paralizzata aiuta a far ben comprendere quanto poco sia stata lungimirante e saggia <ma le mufa sefono a pfoteggegi> sputacchia appena a quell’ultima parola. Inizia a masticare solo ora il mochi al cocco mentre quello al mango le sta letteralmente congelato le dita. Per ora permette a Nobu di appropriarsi degli altri due dolci, qual ora lo volesse. Mastica con decisione così da poter creare semplicemente un bolo che le permetta di parlare. Intanto il gusto di quel gelato al cocco la pervade, certo ha lasciato il meglio per ultimo ma si gode comunque il momento. Le dita della mano destra intanto si stanno appiccicando al mochi. Mastica ancora fino a quando non sarà in grado di riprendere a parlare quasi decentemente <non ho intenzione di uscire fino a quando non saprò che potrò sopravviverne> replica a sua volta <ma non biasimo chi invece pensa che lì fuori ci sia la risposta> inizia a crederlo anche lei, visto che le bestie sono entrate cosa le impedisce di correre per prima il rischio? Non li comprende ma al contempo rispetto a prima non si schiera più contro chi dichiara che le mura sono strette. Per lei è come la copertina dentro cui si avvolge quando è troppo triste ma non può essere così per tutti <non che mi importi cosa vuole il consiglio, io lo assecondo perché convinta che abbiano segreti che potrebbero rendermi più potente> lo ammette senza alcuna remora <per Sango concordo, coglierla in fallo potrebbe farci risaltare e farci fare carriera, inoltre ho mandato quella Nana alla ricerca di quei traditori convincendola che sono infiltrata, chissà magari potrò scoprire altro, se ti concedessero il potere li cosa faresti? Li venderesti al consiglio o li aiuteresti?> deglutisce ora mentre ragiona ad alta voce. Se loro le permettessero di cambiare il suo passato, la guerra, l’attacco non è così convinta che li denuncerebbe. Il discorso prosegue mentre lei osserva solo indice e medio destro appiccicati al contorno arancione del mochi al mango. Maledizione. <a chi interessa del quartiere povero di Kiri? Penso che lì nemmeno la Shinsengumi abbia occhi forse vale la pena di indagare e scoprire cosa c’è sotto, se sconfiggessimo una bestia allora forse potrei uscire da queste mura> se fosse così forte da farne fuori una perché no? Le servirebbe capire che può farcela, continuamente in bilico tra la decisione di vivere e combattere e l’idea di non valere nulla. Si butta in bocca anche il secondo dolcetto continuando a guardarsi le dita Quelli? < Te li ho presi io ieri proprio perché sapevo che quelli che ti rimanevano sarebbero durati poco o niente. > le spiega senza troppi giri di parole, non è ancora un mago che sa materializzare mochi gelato dal nulla, tantomeno è così meschino da nasconderle quelli che lei stessa si compra per strafogarsi di quel dolce. Ha ragione, le mura servono a proteggerli e onestamente non è di certo un esercito di genin o di civili alla quale chiede di essere mobilitati da parte del consiglio. È vero, in quella guerra di ormai dieci anni fa l’umanità, se così possiamo chiamarla nei confronti del falso dio e delle bestie, ha perso la maggior parte della sua forza bellica, in un conflitto inutile che ha lasciato solo rogne ai posteri. Da allora però ne è passato di tempo e si aspetta almeno che una forza elitaria sia stata quantomeno formata per far fronte all’emergenza bestie, che sia difensiva o da mandare in avanscoperta fuori dalle mura. Per quello che ne sanno magari già c’è e loro non lo sono tenuti a sapere! < Può essere. A rigor di logica dovremmo essere noi a venir mandati fuori, la Shinsengumi, anche se sto realizzando ultimamente qualcosa: noi siamo la spada e lo scudo del governo, non di Kagegakure. > le spiega, come a farle collegare i punti, come se appunto l’esterno sia in conflitto con il governo e i piani generali che hanno per quella metropoli. Una risposta lì fuori? Sbuffa e alza lo sguardo, distogliendolo dal volto, in questo momento buffo, di Saigo, disinteressandosi dei mochi per il momento, infondo li ha presi per lei. Guarda il soffitto, perdendosi nei suoi pensieri, o meglio nei suoi ricordi. Quelle dune di sabbia, il sole sempre alto nel cielo, la piazza principale, l’accademia, l’oasi originale e pure le rovine, così mistiche e interessanti. < Più che risposte penso che abbiamo lasciato la nostra identità. Ah, i giochi politici, ti sono sempre piaciuti! > gli scappa un sorriso in realtà a sentire menzionati quei segreti. Glissa per ora su quel discorso di Nana, era stato lui a denunciarla dopo che questa era stata pubblicamente esposta nei confronti di quelle persone delle faglie. Forse ha ragione, forse loro ne sanno di più dell’esterno e sicuramente il governo non gli ha detto tutta la verità! < Si, in effetti manco agli abitanti del quartiere povero interessa del loro stesso quartiere! > Si alza in piedi, camminando proprio in direzione di Saigo dopo che si è liberata la bocca di quei mochi. Chiude le palpebre e alza gli angoli della bocca in un sorriso abbastanza vero. La mano mancina è quella che si muove, cercando proprio con il palmo il capo rosa per poi spostarsi sulla guancia destra, in un buffetto e una carezza < Li ascolterei in realtà, non mi piace essere preso in giro e mi sono arruolato solo per essere più libero senza la museruola, non per la cieca fiducia che ripongo in loro. Tuttavia se te dovessi decidere di schierarti con loro, per qualsiasi motivo, non ti venderei. > le risponde, riaprendo gli occhi a guardarla per poi ritrarre la mano e voltarsi, spostandosi verso il bagno e sparire dentro la porta, almeno per cambiarsi in qualcosa che non sia l’asciugamano e basta! Si lecca le dita cercando di pulirle dall’appiccicume del dolcetto. Oh li ha presi ieri, ecco perché non li aveva ancora visti, Annuisce semplicemente alle parole di lui mentre continua a masticare silenziosamente e riflessiva. Ogni parola del ragazzo porta con sé una verità su cui è necessario riflettere, le cose non sono mai così semplici come potrebbero sembrare e quindi eccoli quasi fantasticare sulla realtà dei fatti, questi discussioni non avvengono spesso eppure i due sono decisamente spiriti affini in merito alle macchinazioni, sembrano godere entrambi in quei momenti, in un modo sbagliato e malato ma va bene così <se devi sacrificare e rischiare di perdere qualcuno non mandi fuori la tua guardia ma quella dei Kage, almeno se io fossi nel consiglio chiederei agli anbu di uscire. Loro muoiono e laddove hanno successo me ne prendo il merito> replica a sua volta a quell’affermazione <in questa logica è come dici: non frega un cazzo di niente a nessuno del villaggio delle ombre> scurrile forse ma questo le permette di riassumere con una certa efficacia il suo pensiero. Si ferma un istante alternando lo sguardo tra Nobu ed i mochi esitando e per un solo istante di altruismo li offre silenziosa. Il discorso prosegue, i pensieri si susseguono <beh quel posto sa di schifo in effetti ma potremmo interessarcene noi no? Vieni con me e combattiamo, diventiamo più forti> lo propone. Indaghiamo a Kiri, facciamoci gli affari di qualcun altro <non facciamoci beccare> il suo discorso mentale che viene esplicitato. Non fidiamoci di troppe persone, mandiamoli in avanscoperta, muoviamo le fila, comportiamoci come secondo noi farebbe il consiglio <e prendiamoci i meriti del successo>. Il gesto altrui la prende alla sprovvista, in automatico alza lo sguardo mentre viene toccata, cerca gli occhi di Nobu e resta silente. La dolcezza e il calore che percepisce la portano a ricambiare il sorriso. Un affetto così simile a quello che provava per Fuji, più parlano più sente come se lo hyuga stesse togliendo di mezzo il peso di quell’amicizia di una vita svanita per sostituirla con la leggerezza di una nuova complicità. Forse con lui potrebbe davvero conquistare il mondo ed essere al sicuro <ed io non venderei mai te> forse dovrebbe dirgli del progetto di infiltrarsi nei laboratori? No per ora no. Non vuole essere presa per pazza e sente che la sua mania di persecuzione è su un confine molto sottile tra la paranoia e l’essere semplicemente molto scrupolosi. No starà in silenzio finché non ne saprà di più. Sorride e se Nobu non avesse accettato l’invito si infilerebbe il mochi al cocco in bocca per lasciarsi il gusto di quello al mango per ultimo Il discorso che fa ha un senso anche se a conti fatti gli anbu sono solo quello: guardie dei kage e la loro giurisdizione è limitata al quartiere che occupano. Lui stesso si trova in una posizione un po' ambigua, con la capa del suo clan che detiene anche la poltrona del distretto del fuoco quindi, in qualche maniera, è legato lui stesso a quel distretto, nonostante non ne faccia parte e non coltivi legami particolari con nessuno di quelle provenienze. Riflette anche su quella proposta, occuparsi di quel quartiere e rimetterlo ben o male su, in piedi, prendersi i meriti e indagare sulle bestie e su cosa è successo. Nel frattempo si cambia, infilandosi l’intimo, un paio di pantaloncini lunghi fino alle ginocchia e larghi, color nero e una tunica a maniche corte di lino bianca con un taglio a V al petto, leggera e comoda. Torna in salotto, scalzo ma vestito questa volta. < Potrebbe essere un buon metodo per sgranchirmi e far andare le mani, mentre collezioniamo punti a favore agli occhi dei piani alti, perché no. > risponde tranquillamente, buttandosi questa volta sul divano letto, lasciato aperto. Non appena va a sedersi ecco che arriva Poldo, saltando sopra e si sdraia accanto alla coscia sinistra di Nobu. Si appallottola e inizia a fare delle fusa leggere, si vede che ha gradito il cibo e ora fa il riposino, come ogni gatto che si rispetti. Sembra che stia meglio ora Saigo, meno assorta nei suoi pensieri, con un aria decisamente meno cupa attorno a lei… insomma la Saigo che si è abituato ad avere attorno. < Grazie > le risponde, non sa se davvero non lo venderebbe, il desiderio di fare carriera nella Manami è interpretato, dallo Hyuga, come se fosse un modo per accrescere la propria fiducia in se stessa, come a colmare un qualcosa che le manca. Non sa molto di lei, non è uno che ficca troppo il naso nei fatti altrui e, nonostante convivono da mesi ormai, non ne ha mai parlato, così come non è mai tornato sul discorso Fuji o su Nene, lui stesso non si è particolarmente aperto e tutto ciò che fa è essere lì, presente se dovesse essercene bisogno. È contento così, gli basta questo, così come è contento di vederla sorridere per dei mochi dopo che era particolarmente giù dal momento che l’ha vista rientrare quella sera. < Comincerò a guardare in giro allora al quartiere, vedo di prendere qualche missione in zona magari, così che non dia nell’occhio. Come si chiama questa persona? > le chiede infine, accasciandosi sul lato sinistro del corpo mentre la mano destra corre ad accarezzare Poldo. Mangia lei mentre il ragazzo va semplicemente a cambiarsi. Sembra più leggera, si sente effettivamente più leggera segno che alla fin fine parlare dei propri problemi fa sempre bene, non che lo ammetterà mai o riconoscerà in maniera razionale sia chiaro. Tace ascoltandolo e solo quando torna finalmente si rende conto che per gran parte di quella conversazione lui era nudo. Un po’ si complimenta con sé stessa per essere riuscita a non pensarci un po’ si pente per non aver osservato meglio, salvo poi sentirsi nuovamente in colpa. Ah l’adolescenza. Lui si sdraia e lei si infila in bocca l’ultimo mochi. Probabilmente l’altro è stanco e sarebbe sbagliato imporre oltre la sua presenza. Mastica <Rasetsu> capisce perfettamente a chi si riferisce, hanno parlato di tanto loro, gli argomenti trattati sono i più disparati ma è in grado di comprendere senza alcuna esitazione il significato di quelle parole <gli dirò che lo cerchi, gli avevo già accennato che avrei potuto coinvolgere altri membri della shinsengumi, ahn vorrebbe riavere il corpo di Kamichi, dici che si potrebbe fare?> la butta nuovamente lì, sgancia la bomba senza nemmeno rifletterci. Prende infine la medaglietta in mano <comunque fai attenzione, lui è uno dei ninja tornati dopo dieci anni> non si fida e mai si fiderà completamente del kokketsu proprio per questa ragione. Si alza a questo punto e semplicemente andrebbe a dirigersi verso il corridoio <a domani Nobu> così lo saluterebbe fermandosi giusto all’inizio dell’anticamera, atibagno, antisala e tutto. Si volterebbe quindi osservando Poldo, no le ha rubato il cibo non si merita alcun saluto <spengo?> la destra andrebbe sull’interruttore. A seconda della sua risposta quindi agirà per poi dirigersi semplicemente in camera e come anticipato avvisare Rasetsu. Un passo alla volta e saprà dimostrare a sé stessa che vale qualcosa, saprà iniziare a vivere, potrà lottare e soprattutto farsi carico come si deve della memoria dei suoi compagni defunti, è rimasta solo lei. L’ultima. [end] Riflette su quel nome… Rasetsu… non gli dice nulla in questo momento. Magari l’ha già visto, come effettivamente è successo, dandogli del pagliaccio per di più ma come biasimarlo. Era il periodo in cui stava nel distretto di Kusa e al quartiere del divertimento, era qui all’oasi proprio per una missione e in quel momento aveva rivisto sua madre e Momo, il loro cane, il quale aveva riconosciuto l’odore. I suoi ricordi di quell’evento sono catturati e polarizzati esclusivamente da quell’ultima parte di quella missione, come biasimarlo? Oramai i suoi genitori li vede, li controlla e in qualche maniera, li protegge, come ha sempre fatto, da quella delusione che è loro figlio ma anche da minacce esterne, lo aveva accettato trasferendosi qui con Saigo dopo che il suo mondo era crollato. < Kamichi… ? > si ferma un attimo a riflettere su quel nome, ci pensa, non lo sente da talmente tanto che per un attimo si deve sforzare di ricollegarlo a un volto. < Ah! Il piccione biondo? > fa riferimento ovviamente all’ultima volta che l’ha visto: fuori dalle mura a svolazzare con un bersaglio dipinto sulla schiena, come a fregarli. < Cos’è? La sua sufficienza l’ha fatto uccidere? > le chiede, deducendo che sia morto dato che parlando di corpo e non come persona, come se quell’anima non fosse più all’interno ad abitarla, lasciando solo un guscio vuoto senza ego, un po' come quello che indossa lui ogni giorno con praticamente tutti tranne Saigo e pochi altri. < Si, per me può prenderselo come e quando vuole, non ce ne facciamo niente. > La vede passare oltre, salutarlo e augurargli buona notte. Annuisce alla sua ultima domanda per poi dirle un semplice < Puoi anche rimanere se vuoi. > e indipendentemente dalla risposta, si va a coricare bene su un lato di quel divano letto matrimoniale, con Poldo in mezzo come separè ancora a fare le fusa. [End]