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Come diventare l'hamburger di un panino tra gang [ingresso clan]

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con Tsumi, Saigo

Una strada come tante altre. Quel tragitto è stato fatto mille e più volte. Avanti ed indietro, ogni giorno almeno due volte al giorno. Quanto è monotona la vita? Ormai Jikken penserà, probabilmente, di poterla prevedere. Ha trovato una casa in cui vivere, un tetto che lo protegga dalle intemperie ed il calore di un focolare in cui gli è assicurato cibo e sopravvivenza. Non desidera altro giusto? Cos’altro potrebbe desiderare un ragazzo simile? Un vagabondo, sopravvissuto per strada così a lungo da perdere quasi la memoria di cosa significhi sentirsi protetto, cosa voglia dire non preoccuparsi ad ogni pasto dell’assenza di cibo, dover magari rubare, mendicare e pregare sconosciuti senza pietà o peggio ricche donne dallo sguardo stizzosamente impietosito. Quei tempo potranno anche sembrare lontani a causa di quella routine che ormai si è ins5taurata ma non è così, la presenza stessa di Shinsei non è forse un pericoloso campanello d’allarme? Ci avrà mai pensato il nostro quasi ex vagabondo? Cosa può comportare quella presenza in casa sua? E se dovesse trasferirsi anche lui? E se poi usasse la sua influenza per sbatterlo fuori? Come sarebbe la vita? Forse sono stati questi pensieri che inconsciamente l’hanno portato a trovarsi un lavoretto o forse no, il fato questo non può saperlo, il suo compito è d’insinuare dubbi e giocare con il destino dei nostri protagonisti non certo decidere. Si diverte come un dio crudele a mettere qualche ostacolo qui e lì, dare una piccola ricompensa prima di strapparla via con violenza. Oggi lo sguardo di quell’entità misteriosa così come spietata si è posato su una semplice stradina nel distretto di Ame. Una strada secondaria poco trafficata perfetta per chi non vuole tardare da lavoro e ha ormai imparato ogni scorciatoia, perfetta quindi per il povero Jikken a volte tanto perseguitato dal destino da dimenticarsi che esiste altro oltre alla pioggia. Quest’oggi infatti non ci sono lacrime a cadere dal cielo, le nuvole incombono scure e minacciose ma ancora non riversano il proprio pianto, i muri grigi delle case moderne sembrano quasi muoversi per cercare di inglobare e catturare chiunque decida di attraversare l’asfalto su cui le loro finestre si affacciano, come giganti immobili e silenziosi osservano la vita scorrere ogni giorno sotto a loro. Silenziosi non avvisano, non dicono ciò che sta per succedere ma forse è proprio quel silenzio a dover mettere all’erta. Siamo in una strada laterale poco trafficata, inizia a far freddo e l’umidità data da quella cappa formata dalle spesse nuvole aumenta la percezione del freddo invernale che inizia ad affacciarsi sul mondo eppure forse almeno qualche bambino dovrebbe esserci in strade, le finestre dovrebbero essere aperte e non ben serrate. Che sia deserta? Disabitata o semplicemente vuole dare quell’idea? Dove sono finiti tutti? Queste solo alcune delle domande che potrebbero sorgere nella mente del genin. La strada è stretta e lunga, circa due metri tra una parete e l’altra mentre ancora non ci si avvede della sua fine. Un odore acre mischiato invece a quello più dolciastro dell’umidità permeano il luogo. Tutto appare come immobile come se il tempo avesse smesso di scorrere eppure Jikken si sta muovendo, può camminare ed addentrarsi ulteriormente, non può certo permettersi di far tardi a lavoro. Cosa succederebbe se venisse licenziato? Probabilmente Shinsei potrebbe insinuare il dubbio in Sango, farlo apparire come uno svogliato nullafacente immeritevole di qualsiasi aiuto. Jikken è davvero pronto a tornare per strada? [Quest chiusa:Jikken][No limite di tempo]

18:51 Tsumi:
 Un altro giorno come tanti, quello dell’ex vagabondo. Andare a lavoro nel chioschetto di Oji-san è ormai diventata una routine ordinaria e monotona che gli permette di non sentirsi completamente inutile agli occhi di chi lo sta accudendo dandogli una casa, un tetto su cui rifugiarsi e dei pasti caldi, per non parlare di quegli insegnamenti che gli stanno facendo avere una educazione migliore per la vita di tutti i giorni, nel rapporto con le altre persone sconosciute e non. Negli ultimi giorni ha instaurato un minimo rapporto con Shinsei, colui che è legato a Sango più di tutti, gli deve la vita, d’altronde, come anche il giovane qui presente. Si sono confrontati, aperti riguardo le loro varie vicissitudini e i loro traumi che trovano un comune denominatore nella cattiveria degli uomini, fin troppo ossessionati dal potere per rendere conto delle emozioni di un bambino all’epoca. Ma il dubbio si è insinuato nella sua mente dopo che la rossa gli ha rivelato di essere incinta proprio di Shinsei. Ora più che mai sente di essere di troppo in quella casa, diventata in poco tempo affollata e lo sarà ancora di più dopo la nascita del neonato. Inevitabilmente quel lavoro, trovato quasi per gioco, sta diventando il fulcro principale della sua vita per poter dire di essere ancora utile, di non essere un peso e potersi così continuare a godere quello stile di vita che tanto differisce dalle strade che precedentemente poteva chiamare casa. < … > Il silenzio del moro si accompagna a quello della stretta stradina, ormai un tragitto fin troppo calpestato dai piedi del giovane. Alza lo sguardo e il capo verso quel cielo pieno di nuvole scure che sembra pronto a dare vita a una pioggia immensa, tale da sommergere lui e i suoi dubbi insieme. Ma non sarà così. Il freddo inizia a permeare l’ambiente e ad entrargli nelle ossa, provocando non pochi brividi al giovane. A poco serve il bel kimono nero con alcune fantasie con il tema della rosa, colorate di rosso e neanche quei pantaloni di tuta anch’essi neri, figuriamoci quelle scarpe da ginnastica che usa per stare comodo a lavoro. I lunghi capelli corvini sono, come sempre, tenuti in una coda ben fatta. Niente di tutto questo lo protegge da quei brividi freddolosi che lo scuotono dai suoi timori quotidiani, arrestando ora il suo passo. Le mani si alzano e si portano nelle braccia opposte, sfregando velocemente come per riscaldarsi inutilmente. < Che freddo.. > Emette quasi sussurrando tra sé e sé. Sposta le sue iridi corvine andando a scorgere l’ambiente attorno a lui, ignorato fino a quel momento. Vuoto. Non aveva mai visto quella strada così deserta, solitamente calpestata dai bambini che giocano a palla e vivacizzata dalle voci delle persone dentro le loro case o affacciate dai balconi corrispettivi. Persino le finestre sono chiuse e neanche una voce si sente nel luogo. Lo sguardo si sposta ancora, riiniziando a camminare come se a momenti dovesse incontrare una qualche forma di vita che lo rincuori da quel silenzio assordante e da quel vuoto che tanto gli ricorda la vita da strada. Non è pronto a ritornarci, non vuole.

I pensieri attanagliano la mente del ragazzo, un neonato in caso, le urla, i pianti la tensione e lo stress. Cosa potrebbe succedere? Se poi per caso li facesse cadere nel tentativo di consolarlo? Sarà davvero in grado di aiutare quella che a conti fatti è una famiglia in fase embrionale. I motivi per cui sembra essere un po’ con la testa sulle nuvole sono molti e sono collegati al perché ha deciso comunque di percorrere quella scorciatoia normalmente popolata e pian di ilare vita. Infila le mani tra le braccia, si richiude quasi inerme e incapace di affrontare le temperature di questa sera senza ed è proprio mentre gli occhi si spostano necessari a quel gesto che può udire dei passi alle sue spalle ma soprattutto infondo alla via. Sono molti, tanti, forse persino troppi visto che la strada è larga solo due metri. Senza nemmeno la necessità di guardarli potrà sicuramente percepire l’aria farsi tesa, quasi elettrica, il silenzio spezzato solo da una moltitudine di suole che sbattono con forza e decisa violenza al terreno. Ritmici nel solo caos i passi si arrestano in qualche secondo. Alzando la testa, tornando a guardare davanti a lui potrà notare quell’ombra farsi più scura e densa. Una macchia nera che occupa tutta la larghezza di quella strada si fa avanti. L’altezza della stessa presenza è poco costante, ci sono punte fino al metro e settanta circa per poi invece raggiungere depressioni di oltre venti centimetri rispetto alle proprie punte. Appare compatta. Avanzando pian piano i suoi occhi saranno in grado di metterla meglio a fuoco, non si tratta di una indistinta minacciosa massa nera ma bensì di tanti, minacciosi esseri umani vestiti di nero. Indossano come sembra una divisa, un semplice Kimono, in mano hanno delle armi, chi pugnali, chi kunai chi ancora ha già la katana sguainata. Gli abiti sono chiaramente d’altri tempi, ricordano gli anni prima dell’avvento del finto dio. Calzari tradizionali ed in fili di paglia scuri, calze nere a proteggerli dal freddo, tutti indistintamente però hanno un segno distintivo in vita, la cintura è di un verde accesso ed estremamente luminoso, a causa della rifrazione della luce delle nuvole potrebbe essere quasi fastidioso per gli occhi, accecante. Sul petto dello stesso colore, si accorgerà avvicinandosi ulteriormente che in corrispondenza del cuore tutti loro hanno ricamato il simbolo di Kusa. In alcuni riesce ad intravedere il fianco e per questo può intuire che sulla schiena sia ricamato altro. Ma i passi alle proprie spalle? <Così ci avete attirati qui sperando di poterci battere schifosi?> tuona una voce che arriva proprio dal primo gruppo descritto. Una voce profonda e dal tono decisamente disgustato, una risata di massa lo segue. Mentre quindi il capo sembra aver parlato Jikken potrà girarsi e cercare di capire a chi si è rivolto, o temere d’essere accerchiato da loro e pensare d’essere colpevole di qualche misfatto. Alle sue spalle comunque una simile massa, non è ben chiaro dove si fossero nascosti ma eccoli lì, anche loro armati di tutto punto, molti sono pelati o con il codino dietro alla nuca, hanno abiti civili ed un Kimono che invece è di colore violaceo, un colore simile quasi al porpora, di poco ci si distacca se non nei toni più lievi. Anche i loro abiti sono tradizionali e non si distaccano molto dall’altro gruppo se non fosse per il simbolo di ame, dio un viola più profondo, quasi blu, ricamato sul petto a mostrare chiara la loro appartenenza. Anche di loro Jikken potrà scorgere parte del fianco ed intuire che altro viene nascosto nelle loro schiene <sparisci moccioso o ammazziamo anche te> ringhia adesso il secondo gruppo <siete solo degli schifosi usurpatori, vi spacchiamo la faccia> lo stesso ragazzone che ha parlato prima. Pare proprio che il povero, innocente ex vagabondo Jikken sia finito proprio nel mezzo di una lotta tra gang. E mo?[Quest chiusa:Jikken][No limite di tempo]

19:46 Tsumi:
 E mentre i pensieri si lasciano congelare da quella temperatura che gli fa venire i brividi, ecco che rimbombano alcuni passi, dapprima dietro di lui e subito dopo davanti a lui. Sono rumori di passi, una moltitudine per così dire. Un brivido sale lungo la schiena, facendolo irrigidire praticamente sul posto. Gli occhi che si sgranano e la paura inizia ad attanagliare il suo essere dalla punta dei piedi sino all’ultimo capello della sua testa. Dove ha già sentito quella sensazione così brutta? Ah si, per strada. Non penserete mica che non sia mai sfuggito a situazioni come questa. Ma adesso è un po’ diverso. Le suole incalzano e il loro rimbombare sostituisce il silenzio dapprima presente in quella piccola stradina periferica. Il rumore è così incalzante che non riesce neanche a pensare. Inizia nuovamente a muovere passo, cercando di continuare quel tragitto che – tecnicamente – dovrebbe portarlo sino al chioschetto di Oji-san, come se potesse ignorare le persone davanti a lui, Le iridi corvine vanno a scorgere proprio loro, facendosi ora più chiare di prima. Una moltitudine di persone vestite di nero, divise semplici e in vecchio stile. Kimoni sembrano. Non gli ci vuole molto per notare con molta chiarezza la altrettanta moltitudine di armi che portano con loro. Schiocca le labbra in un sonoro < Merda! > Detto tra sé e sé, sussurrando per non farsi sentire dalla marmaglia. Come potrebbe d’altronde? Il rumore delle suole copre persino i suoi pensieri. I dettagli come il simbolo del villaggio di Kusa vengono viste subito dopo, sforzando un po’ gli occhi. Andiamo bene. Il fianco scoperto degli uomini gli da un ultimo indizio. Non si mette bene. Le parole di quello che parrebbe il capo lo scuotono, facendogli distogliere lo sguardo dai loro abiti. Si rizza, quasi bloccandosi. Non sta parlando con lui vero? Sta parlando al plurale. E quindi si gira con un movimento veloce ma scomposto, dettato dal timore, quasi scordandosi che anche dietro di lui c’erano dei passi che si confondevano con quelli dei Kusani. La paura di un accerchiamento si fa sempre più nitida, eppure quelle parole non lo convincono. E infatti. Un ulteriore massa di persone si sta avvicinando all’altro gruppo. Stessa tipologia di vestiti vecchio stile, un vestiario ormai datato che lui ormai non ricorda più. Un’unica differenza salta all’occhio del moro, che li differenzia dal gruppo davanti a se: hanno il simbolo di Ame, il suo villaggio. Schiocca nuovamente le labbra < Merda! > Un tono un po’ più altro, i denti che si toccano e lo sguardo che si assottiglia. E’ in mezzo a due bande rivali. Spesso, durante il suo lungo soggiorno in strada, era riuscito ad evitare queste situazioni. Ma purtroppo la larghezza della strada, la mole della persone che copre tutto il terreno calpestabile e la mancanza di vie laterali, non gli lasciano fuga. Nient’altro allora può fare che unire le proprie mani in modo che la loro congiunzione formi il sigillo caprino all’altezza del plesso solare. Tenterebbe dunque di convogliare le due energie: quella fisica, presente in ogni singola cellula del suo corpo e quella spirituale, derivata dalla sua coscienza. Cercherebbe dunque di convogliare come due flussi e di unirle insieme, mescolandosi come in una centrifuga sino a che si cercherebbe di distribuire in tutto il corpo tramite l’apposito sistema circolatorio del chakra, irrorando il suo corpo di quell’energia. Stavolta è il capo degli amesi a parlare e purtroppo parla proprio con lui. < Non c’entro niente, stavo solo andando a lavoro. > direbbe rivolgendosi all’amese. Lo sguardo non si placa, sembra evidente il disprezzo che prova verso quella tipologia di persone. Si volta dunque, verso i Kusani, pregando di poter proseguire il cammino e lasciarseli alle spalle. < Lasciatemi passare .. > Direbbe, in un tentativo piuttosto debole di proseguire il suo cammino. [ Se chakra on ]

Quel sigillo, davanti ha delle bande di teppisti è vero ma sembrano allarmarsi appena lo vedono far qualcosa con le mani. I kunai ed i pugnali vengono estratti da parte dei membri di Kusa <guardateli questi pisciasotto di Ame si sono portati il ninja!> non hanno la minima idea di cosa possa fare quel sigillo a conti fatti, sanno semplicemente che sono guai ora e si sa: meglio far male prima di venir messi al tappeto. Dal canto loro quelli di Ame a quest’accusa sembrano essere decisamente risentiti <oh ma che cazzo volete! Non è mica con noi!> e anche loro estraggono le armi. Da questo momento in poi quindi ecco cosa succede: insulti. Mentre Jikken si concentra per richiamare il chakra i due team iniziano a afre la voce grossa, minacce che partono, insulti alle madri ed ai villaggi di appartenenza che volano da un lato e dall’altro di quello che è il terreno di combattimento. Insomma un atteggiamento molto scurrile e razzista a volerlo ben dire. L’unica cosa che a Jikken sarà fin troppo chiaro è che la polvere da sparo si è infiammata e si trovava già in una polveriera. Ormai è abbastanza chiaro che si arriverà allo scontro e che lui non ha davvero altra possibilità di fuga se non: provarci. Si avvicina così al team di Kusa per cercare di aprirsi un varco ma quello che ottiene è un grosso gigante pelato incazzato che esce e lo spintona indietro, fino a farlo cadere. Un colpo di frusta, potrà sentire il suo corpo interro mosso, scosso ed inerme davanti a quella forza bruta ed ignorante. Mentre cade a terra sentirà il sibilo di quelle armi. Mentre potrà provare a non farsi troppo male alle natiche cadendo sentirà che da dietro di lui si parte all’attacco, kunai e pugnali precedono il movimento del corpo. Se non dovesse bastare potrà osservare la stessa identica reazione davanti a lui. Mentre alcuni portano la mano alla katana altri flettono indietro il gomito, piegano il polso e poi come una catapulta rivolgono l’arma verso lo schieramento nemico, proprio mentre cade il tempo sembrerà rallentare. Che sia la paura, che sia l’ansia qualcosa sta accadendo. Il ragazzo riesce ad osservare distintamente il movimento di tutta quella massa, ogni singolo uomo va estremamente piano, ogni singolo muscolo può essere analizzato. Questa percezione però riguarda anche la sua caduta che pare interminabile, i suoi stessi muscoli risponderanno estremamente lentamente. Se dapprima era tutto estremamente concitato adesso è tutto molto chiaro ed è palese anche la fine della sua stessa vita, infatti in quel fuoco incrociato ci si trova lui, cosa succederà? Come può fuggire? Quali potranno mai essere le sensazioni e le domande che affiorano la sua mente? Jikken sente un potere muoversi in lui, qualcosa di estremamente istintivo ed animale, gli appartiene e al contempo lo può percepire come estraneo, lontano da ciò che è. Chi è davvero? Cosa succede? Parliamo di sensazioni primordiali, istinto pure di sopravvivenza che lo sta scuotendo con forza, fin quasi fino a fargli sentire la nausea. Tutto si muove in maniera inevitabile e tutto sembra così prevedibile. Sapeva che sarebbe morto qui così? Il fato ride osservando la fine di un barbone qualunque, colui che aveva appena trovato una casa in cui sentirsi al sicuro. Ironico come la sorte sappia colpire nei momenti più inaspettati vero? Ma il destino non conosce la resilienza umana, Jikken dimostrerà di averla? Sarà capace d’essere animale e ninja o morirà solo come un barbone senza sogni e prospettive?[Quest chiusa:Jikken][No limite di tempo]

21:20 Tsumi:
 Sembra aver acceso la miccia per qualcosa che di certo non voleva far scoppiare. Ma non conosce altro modo per difendersi se non quello. In compenso sembra di aver instillato una minima soggezione verso quelli di Kusa. Il chakra viene richiamato e irrorato nel suo intero corpo, mentre le due gang estraggono le armi e inveiscono contro qualunque cosa del creato, purché appartenga all’altra fazione. Si può dire che Jikken abbia imparato nuovi modi di dire, insulti e imprecazioni in questo piccolissimo lasso di tempo. Gli fa quasi un po’ male sentire quelle parole di risentimento verso i ninja, specialmente da quelli che dovrebbero essere i suoi concittadini. Ma era chiaro che, a differenza di quello che diceva Sango, gli esseri umani sono delle bestie. Inutile difenderli solo perché di Ame. Ecco, si può dire di contro che lui non sia razzista. Li reputa tutti delle merde. La sua unica chance di fuga pacifica è andata a farsi fottere beatamente. Fa giusto in tempo a scorgere il mastodontico “amico” kusani farsi strada tra la piccola folla dei suoi compaesani e venire sbalzato malamente da mani grosse quanto lui stesso. Ed è qui che il tempo sembra rallentare. La sua caduta sembra interminabile e la sua unica reazione sarebbe quella di portare le braccia indietro rispetto al busto per cercare di attutire quella caduta e quanto meno cadere seduto. Potrebbe rialzarsi più velocemente da quella posizione. Ma prima che ci arrivi, il dolore inizia a farsi strada nel suo corpo. Era decisamente grosso il tipo, su cui sono ancora posate le iridi corvine del giovane. L’intero gruppo di Kusa è davanti ai suoi occhi e li può vedere sfilare quelle armi, sentendo il sibilo delle lame che sferzano l’aria e, come un eco, sente lo stesso dietro di se. Quella battaglia inutile sta per iniziare. Quanto odio per queste inutile persone, che ha condizionato anche la sua vita da strada. Sembra che la sua vita stia per finire lì, in quella stupida stradina che prendeva sempre per andare a lavoro, per mantenere una vita che gli era stata donata in maniera più fortunata che altro, incontrando l’unica persona che non lo ha lasciato li per terra. Ed eccolo di nuovo qui per terra, mentre davanti ai suoi occhi si palesa il viso di Sango, colei che lo ha accolto in casa sua. Subito dopo quello di Shinsei, non amico ma compagno di sventure passate. Quanto inutile è stata quella vita e quanto insulsa sarà quella morte. Dovrebbe ormai essere atterrato di culo mentre un'altra immagine di palesa davanti a lui: Quella di un uomo e una donna con il volto oscurato, senza possibilità di riconoscergli. Di riconoscibile ci sono soltanto il loro giubbotto ninja. Che sia un rimasuglio dei ricordi persi? Chissà. Un sorriso triste contorna il viso. Cercherebbe dunque di rialzarsi cercando di fare perno su quelle mani che ora si ritrovano a terra, cercando di fare forza sulle braccia per provare un rialzo in avanti e porsi di nuovo in posizione eretta, donando il fianco alle due fazioni rivali, come se volesse averli entrambi a portata di sguardo. Lo sguardo che è ormai perso nel vuoto fa da contorno ad una sensazione viscerale, quasi qualcosa che gli stringe la bocca dello stomaco. Qualcosa che sembra stia per esplodere. Nelle sue orecchie, solo il suono lento e distorto delle armi che si muovono nell’aria, sventolate dai teppisti; il suono delle loro grida confuso in una massa di toni diversi, lente anch’esse. Un ulteriore immagine davanti ai suoi occhi, una di quelle che non vorrebbe mai rivedere per il resto della sua vita: tre persone, uomini che ghignano davanti a lui, steso su un lettino d’ospedale. Piccolo, inerme davanti a quegli uomini che gli hanno fatti del male, contornati da un oscurità in cui solo la loro risata malvagia fa capolino. I denti si toccano, stridendo tra di loro. I muscoli facciali che si contorcono in una espressione cagnesca; le sopracciglia che si aggrottano formando delle rughe nella fronte molto evidenti. Le braccia vengono dispiegate all’altezza delle spalle, estendendosi per la loro massima ampiezza, rivolgendo i palmi aperti ad entrambi i Kusani e Amesi, cvome se gli stesse facendo segno di fermarsi. Un movimento non preventivato, totalmente istintivo mentre lo scontro e la morte sembrano inevitabili, una voce familiare fa capolino nella sua mente e dice soltanto una cosa, riferita a quegli uomini che gli hanno fatto del male in passato e ora più che mai rivolta verso quei teppisti: Uccidili tutti. < AAAAAAAAAH > Un urlo straziante, graffiato e pieno di rabbia, rivolto al nulla in uno sfogo di tanti anni di sofferenze mentre le precedenti immagini si ripropongono nuovamente in una sequenza velocissima come se stesse ritornando indietro nel tempo. [ Chakra 25 ]

Apre le braccia ed esplode in quell’urlo. Non esplode solo la voce però anche il chakra dentro di lui, qualcosa che sente distintamente non appartenergli lo pervade e lo circonda, come se il suo chakra stesso avesse preso vita. I Kunai direzionati verso di lui tremano qualche istante. Sembrano fermarsi. Li può osservare e può sentire la forza scorrere da lui verso l’esterno, le mani vorrebbero fermarle e respingere le persone così come sente che qualcosa di lui sta respingendo quelle armi. Non sa cosa gli sia successo, lui che ha perso i ricordi e vede quelle figure sa solo che è per loro se ora le armi tremano si allontanano di un centimetro e poi cadono a terra. Quanta stanchezza ora nelle membra del povero ex barbone. Un urlo disperato, una rabbia animalesca e l’assenza quasi completa di forza. Sente distintamente una mano sul coppino a prendere la stoffa che lo veste. Una mano che gli sfiora il collo delicatamente e fredda. Qualcuno che lo prende mentre la vista inizia a farsi offuscata. Tutto appare così sfocato a lui, ma la sensazione non al dimenticherà. Ora sta scemando, qualsiasi cosa sia esplosa si è portato via tutto ma l’animale è dentro di lui, ingabbiato e stanco. Una voce femminile mentre i corpi di quegli energumeni lo superano e tra urla ed insulti iniziano a menarsi di santa ragione, le armi vengono usate di tanto in tanto più per lasciare dei segni che per uccidere davvero. Jikken sentirà il suo sedere venir debolmente trascinato via da quella battaglia verso la quale inizierà a perdere contato visivo mentre le palpebre calano <ho un amico di Suna che sa fare la stessa cosa> delicata quella vocina acuta giunge fino alle sue orecchie <ora ti porto da lui, saprà aiutarti>. I rumori del combattimento infuriano, urla, ringhi ed insulti che continuano ad arricchire il vocabolario del ragazzo. Ma ora sembra non essere interessante. Vieni trascinato e poi poggiato su qualcosa di freddo, ruvido come legno, un carretto magari? <se siete uguali lui potrà salvarti> sì perché èp chiaro che il potere scatenato ora, senza il corretto controllo abbia portato semplicemente all’esaurimento delle proprie energie. Un istante in cui si decide la morte, l’istante in cui Jikken ha preso in giro il fato aprendo il cancello della mente, facendo riemergere la bestia che in lui è stata sedata anni prima. Il ragazzo è ancora sveglio, può parlare certo, osservarsi intorno seppur a fatica ma i muscoli risultano essere molli ed estremamente pesanti al tempo stesso una sensazione di formicolio che pervade ogni singolo arto. Tutto ora sembra così difficile mentre vede il cielo iniziare a correre davanti ai suoi occhi, le nuvole sempre più veloci e l’aria a tenerti sveglio[Quest chiusa:Jikken][No limite di tempo]

22:33 Tsumi:
 Un urlo, disperato e pieno di rimorsi e rabbia. Il risultato che ne consegue è una forza che sente non appartenergli eppure è dannatamente dentro di lui. Quei kunai che tremano e si fermano, li può vedere guardando con la coda dell’occhio prima l’una e poi l’altra parte. Sente una forma attorno a lui che li sta respingendo. Lo sguardo si sgrana nel vedere questa scena. E solo ora capisce finalmente cosa gli hanno fatto. Ecco perché sente che non gli appartiene ma allo stesso tempo lo possiede, ne consegue un brivido freddo lungo tutta la schiena: terrore misto a sorpresa. Le armi si allontanano di solo un centimetro per poi cadere a terra. Quella forza che lo ha aiutato adesso inizia a scemare e rapidamente il corpo si abbandona ad una fatica inesorabile che lo costringe a inginocchiarsi nuovamente al terreno mentre le braccia si lasciano andare ad un peso non suo. Ogni fibra del suo corpo sembra molto più provata del previsto e presto l’adrenalina scema e la sua rabbia si trasforma in spossatezza, uno sforzo che non è forse valso la pena? La bocca si apre ansimando come non mai, facendo uscire delle nuvolette a causa del freddo che permea quel luogo. Purtroppo, le due bande sono belle che in piedi, pronte nuovamente a darsi battaglia come se niente fosse successo in quel frangente. Ed è lì, quando ormai si sente un pezzo di carne in un hamburger – tanto perché il cibo è sempre bello – che sente un tocco freddo sul collo che lo fa sobbalzare, mentre la sua vista inizia ad offuscarsi sempre più velocemente. Non si rende subito conto di aver superato gli energumeni. Solo dopo qualche secondo potrà capire di essere stato letteralmente trascinato via da quel bordello. La sua voce arriva abbastanza nitida da poter capire cosa sta dicendo < Chi-Chi sei? > Balbetta con un tono leggero, stanco per via dello sforzo. E’ la prima cosa che gli viene in mente di chiedere. Nonostante non voglia essere toccato da nessuno, ecco che viene portato di peso via di lì, meglio così. < Quale s-stessa c-cosa? > Direbbe poi, capendo qualche secondo dopo che si riferisce all’aver fermato le armi. Ci sono altre persone che possono farlo? A Suna? A quanto pare verrà portato da lui e, mentre le illazioni e le molto artistiche imprecazioni arrivano dallo scontro che si sta svolgendo, capisce di essere posato su qualcosa di freddo, ruvido. Qualunque cosa sia, basta che faccia in fretta. < si… > Solo questo riesce a dire mentre osserva il cielo con quello sguardo stanco e offuscato. I muscoli sono molli e pesanti come se non ne avesse più il controllo. In più il codino si è sciolto, lasciando quella lunga chioma libera di svolazzare e lasciarsi trasportare dal vento. Le labbra appena dischiuse, ormai secche dopo quell’urlo, ma che si curvano in una risata quasi malefica. E’ sopravvissuto ancora, contro ogni aspettativa [Chakra on]

Jikken forse ha perso conoscenza, o forse le nuvole sono rimaste tutte uguali così a lungo da sembrare che il tempo non passasse mai, perché ad un certo punto sentirà una voce maschile, abbastanza giovane dire semplicemente <lascialo a me Mel> gentilmente verrà sballottato mentre pian piano, ad ogni battito di ciglia, il mondo tornerà semplicemente a venir messo a fuoco, il cielo muta diventando il soffitto in legno di un dojo tradizionale, il tatami a sorreggere il suo corpo ed infine un filo argenteo transita davanti agli occhi svenendo insieme al rumore di passi delicati oltre alla porta. Un nomignolo ed il colore dei capelli l’unico indizio che avrà di quella ragazza, nulla di più. Passerà altro tempo prima che un ragazzo lo tiri su, facendolo poggiare con la schiena ad un muro e dandogli un bicchiere di qualche tisana calda <sono Joshiro e ti insegnerò ad usare la nostra innata. No so chi sei ma non mi importa> replica il ragazzo serio in volto. I suoi capelli corti e scompigliati sono scuri, la pelle abbronzata, le gote appena più scure come scottate dal sole ed il naso è lievemente spellato, braccia forti e muscoli ben allenati. Indossa un paio di occhiali da vista tonda che schermano appena gli occhi castani. Il ragazzo dimostra qualche anno più di Jikkan ma è ancora molto giovane, gli occhi sono saggi, provati forse dalla vita e dalla gang di strada, questo solo il futuro potrà dircelo. Porge al genin la bevanda cercando di accompagnarla fino alla sua bocca <questa è la tua nuova famiglia pare> ed è con queste parole che potrai trascorrere la serata a parlare. Da ora è uno di loro ora, non importa da dove tu venga loro sono i Noribiki, un nobile clan di Suna che si farà conoscere molto presto, che Jikken imparerà a conoscere. La forza che scorre in loro è spesso in contrasto con quell’atteggiamento pacato, conoscono il loro potere e non hanno bisogno d’ostentarlo. Questa stessa gli verrà insegnato come richiamare correttamente la propria innata e avrà una prima infarcitura di come utilizzarla. Gli verrà inoltre spiegato che potrà recersi da loro ogni volta che riterrà necessario e sarà lì che in futuro gli verranno insegnate le tecniche. Ma restiamo sul presente, su quel ragazzo che cerca di ristorare le sue energie con calma e gentilezza <come ti chiami fratello?> la storia dietro a quella ragazzina e la relazione con quello che da oggi potrebbe diventare il sensei sono nascoste, un legame che forse potrebbe illuminare su molti aspetti di quell’accettazione nel clan passato oltre al capo clan o a chiunque, lo sguardo di quel ragazzo però sembra suggerire che sarà pronto a lottare per te Jikken. Il fato smette di ridere vedendo il sole spuntare tra le nubi della tua infelice vita e così gira lo sguardo su qualcun altro. Oggi sei tu ad aver vinto ma siamo sicuri che sia stata una saggia mossa?[Quest chiusa:Jikken][No limite di tempo][joshiro: https://www.pinterest.it/pin/20547742042489694/]

Prima di tutto no exp perchè il premio è il clan.

Bravo! Mi sei piaciuto.
Richiamo abbastanza demenziale ammettiamolo ma spero ti sia piaciuto.
Jikken si trova in uno scontro tra gang, nel momento cruciale qualcosa lo spinge a richiamare la sua innata, lì viene però notato da una ragazzina che lo porta da un Noribiki.
Il primo richiamo violento di innata porta allo svenimento di Jikken che si risveglia direttamente in magione dove viene accolto e dove gli verrà spiegato come utilizzare il proprio potere correttamente.

GG!