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con Rasetsu, Saigo

13:03 Saigo:
 Fuggita. Nella sua mente è questa parola che la perseguita, quest’affermazione a ferirla e pugnalarla più volte, si ripete come un’accusa e continua a diventare sempre più forte, più preponderante. Lei è fuggita. Ha abbandonato i suoi compagni, è lì solo con Fuji, non ha idea di come ci sia riuscita. Siede a gambe incrociate, lo sguardo perso in avanti mentre l’unico sprazzo di sole che filtra dal cielo illumina quell’arena centrale di terra brulla. Non c’è sabbia leggera e dorata così come non esiste un corso d’acqua ciò che si può vedere è solo il terriccio, la pietra, i toni del grigio e del marrone scuro sono predominanti, è tutto così spigoloso, duro e poco accogliente. Le nuvole incombono minacciose sopra alla sua testa, sono così basse da sembrare a distanza di ingaggio, se solo riuscisse a saltare abbastanza probabilmente potrebbe toccarle. Dense e senza alcuna pietà occupano il cielo rendendo tutta quella dimensione più scura, solo quel raggio singolo che filtra riesce a dare pace illuminando una piccola arena e mostrando il burrone alla sua destra, oltre a quello strapiombo altre nuvole. Un luogo inospitale in cui lei si sente persa, è la prima volta. Si volta semplicemente alla ricerca del suo sensei e lo trova lì, riverso a terra. La sua espressione è vuota, vacua. Deve pensare. Sta morendo e deve trovare un modo per liberarli da quel posto e scappare dalle bestie, come ci è finita lì? Ha sentito il chakra abbandonarla di colpo e poi si è ritrovata lì, ma come? Non ha idea di cosa possa fare e si sente solo debole. Spaventata. Abbandonata. La realtà le appare quella di dieci anni fa, regredita mentalmente al suo primo richiamo d’innata involontario, a quel giorno in cui ha usato quel mondo per fuggire. Per quanto si senta terrorizzata però qualcosa nell’aria le suggerisce che finché starà lì sarà al sicuro, non c’è nulla da temere, quel mondo le vuole bene. Le gambe sono abbandonate al terreno, incrociate sì ma come morte, molli, quasi incapaci di restare davvero legate scivolano millimetro dopo millimetro in un modo impossibile da fermare, continuo. La schiena è piegata, riversa quasi in avanti come se fosse senza alcuna vita. Le braccia abbandonate lungo i fianchi, i dorsi delle mani nel terreno secco. I capelli si muovono lenti danzando in quella brezza che però non la lambisce la pelle o le ferite decisamente più recenti rispetto a ciò che sta vedendo lei. Similmente le nuvole che incombono oscillano mosse dallo stesso vento impossibile da percepire quasi non fosse altro che una manifestazione visiva, come se non avesse sbloccato qualcosa. Fa caldo? No Fa freddo? Nemmeno. La temperatura è semplicemente ideale, va bene a chiunque proprio perché non èp un vero mondo, che lei sia nuda o completamente coperta continuerà a percepire il perfetto tepore. Sbatte le palpebre, perché non vede più Fuji? Dov’è? Ed è in questo momento che il passato lascia il passo al presente e sdraiato vicino a lei trova un uomo dai capelli rossi. Ricorda d’improvviso. Il corpo viene scosso e come se venisse attraversato da elettricità di contrae prima di tornare come morto. Ha scelto di scappare, è fuggita ancora una volta. Oscilla nei suoi sensi di colpa, nei suoi traumi, in bilico tra presente e passato senza trovare la forza di parlare [chk 8/30][kinshiki 1]

13:10 Rasetsu:
 La situazione s’è ribaltata all’inverosimile. Saigo, d’improvviso, ha adottato una tecnica particolare che lui non ha mai avuto modo di vedere o d’incontrare prima d’ora. Si ritrova ribaltato in tutt’altra dimensione, s’un piano astrale differente – o quasi. Non comprende perfettamente le dinamiche di questo sbalzo e l’unica che può dargli qualche spiegazione è proprio la signorina con la quale s’è trovato coinvolto in missione. Apre gli occhi, steso a terra. Adocchia immantinente il cielo plumbeo sulla sua testa, quella lieve brezza che gli scombina i capelli e gli abiti macchiati di sangue – del proprio. Si drizza rapidamente a sedere, ancor coperto dall’aura demoniaca che si porta dietro durante l’attivazione dell’innata. Si gratta il capo con l’ausilio della manca, prima di rendersi conto che nei propri pressi v’è anche un’altra figura chinata. Piega un sopracciglio, mugugna qualche cenno di dissenso, probabilmente dovuto al ribaltarsi improvviso di quella situazione. <Non eravamo… nel cinema?> Le chiede distrattamente, cercando di trovar un senso logico a quel che vede. La guarda di sottecchi, come se non capisse – in effetti, non può – quel ch’è successo sia al mondo che li circondava e sia alla ragazza. <Ehi> La richiama alla realtà, utilizzando questa volta un tono più rude. Un lampo di genio, rammenta cosa stava facendo poc’anzi, prima di finire in quella stramba dimensione così reale. <Stavamo affrontando… Kamichi? No, non era lui.> Si corregge subito da solo, aggrottando le sopracciglia con espressione titubante e rialzandosi in piedi. Tuttavia, le gambe gli fanno dannatamente male, assieme alla caviglia che lo ributta a terra e gli fa percepire tutto il dolore. Ora sì che è sveglio. <PORCA PUTT4N4!> Sbraita, rimettendosi a sedere tempo zero, la caviglia divelta da un lato che gli crea non poco male e che gli ha risvegliato istantaneamente tutto il fottuto cervello. Si spera, anche quello della Manami. [ Chakra: 34/35 || PV: 70/100 ][ Hijutsu Kokketsu I ON ][ II Costrutti ON ]

13:22 Saigo:
 Sente la sua voce ma è come se fosse assente. Riesce a percepirlo e collegarlo alla realtà eppure le è così dannatamente difficile restare proprio lì dov’è con la mente, flash del suo passato la tormentano così come quella sensazione di disperazione che prova. Incastrata e senza la forza per lottare. A quel richiamo più rude sbatte le palpebre e si volta a fissarlo. Per qualche istante lo sguardo si fa nuovamente presente lo ascolta e poi nuovamente quello che sente è solo un rantolo di dolore di Fuji. Vigliacca. Sei solo una vigliacca. Sai cosa succederà no? Ora lui resterà incastrato qui troppo a lungo perché non sai come uscirne. La voce nella sua testa continua ad infierire su di lei rendendola inerme. Quel mondo è+ suo, ha imparato a controllarlo eppure ora non ne è più capace. Maledizione. Non aveva deciso di lottare? Non ricorda. Percepisce anche il rosso, sente le sue parole ed eccola che quasi roboticamente apre la bocca, come distaccata, non c’è sentimento in quelle parole mentre gli occhi si macchiano di terrore e paura <eravamo due contro tre, io sono allo stremo delle forze e siamo entrambi feriti, l’ultimo attacco è stato chiarificatore sulla differenza di potere> ammette. Analizza la situazione come se si trattasse semplicemente di quello, non ci sono emozioni in gioco, quel combattimento era matematicamente perso per loro <siamo dovuti fuggire, l’ho dovuto fare per salvarci> il plurale. Una piccola parte di lei è consapevole di aver preso la decisione giusta il problema è solo il passato che la tormenta. Ora moriranno lì. Troppo debole per vincere, quanto tempo pensa di poter avere? Quanto pensa di poter continuare a stare lì? Cosa pensa di aver risolto? Nulla. Il combattimento è perso ugualmente, lei non è in grado ora di scogliere quella tecnica, quando sverrà esausta semplicemente tornerà indietro e forse si salverà solo perché, esattamente come dieci anni fa, sembrerà morta abbastanza da essere lasciata stare. <non possiamo vincere> proprio come contro il dio. Distaccata ne parla e si tormenta, quell’ultima frase suona come una giustificazione per sé stessa, come un urlo contro la voce che continua a darle della debole, della vigliacca, quando imparerà a lottare? Quanto riuscirà a cavarsela da sola? Possibile che senza Fuji sia così incapace? Senza di lui le sue abilità non servono, lei è semplicemente inutile.[chk 7/30][kinshiki 1]

14:00 Rasetsu:
 L'adrenalina scorre nel suo corpo ed è grazie a quest'ultima che non ha sentito immediatamente dolore alla caviglia. Resta seduto al suolo, la schiena inarcata in avanti mentre solleva il pantalone e sfila con decisione la scarpa, avvertendo ulterior dolore e stringendo i denti. La caviglia è letteralmente storta, resa nerastra dal sangue sottostante e dal livido che ne uscirà di lì a breve per via dell'urto subìto. Deve intervenire a tal favore, così da rimettersi quanto meno in sesto, la qual cosa gli farà certamente male. Analizza con occhio critico la ferita procuratasi, così da capire come comportarsi in merito ad essa. È sì uno scienziato, ma risulta essere dotto in medicina pur non praticando direttamente la professione di medico. Difatti, non è in grado – si è rifiutato d'imparare – d'usare le Mani terapeutiche. <Ascoltami> Le schiocca un'occhiataccia, mentre il costrutto, mentalmente gestito dal rosso, modificherebbe forma nel giro di pochi istanti, assumendo quella d'un tutore o quanto meno di due assi unite da uno sottostante. <la tua supposizione che si trattasse d'una illusione è stata fondamentalmente sbagliata fin dall'inizio.> E questo lo sanno sicuramente entrambi, seppur l'intento del rosso non sia certo quello d'infierire. Di solito, l'avrebbe fatto ma il dolore lo sta tenendo piuttosto lucido. <Dannazione, quanto vorrei una pasticca in questo momento.> Le *sue* pasticche inibivano il dolore, difatti durante molte missioni, pur venendo ferito, non s'è mai posto problemi del genere. Quindi, è come se ciò che sta provando ora sia del tutto nuovo alle sue percezioni. <Sta di fatto che abbiamo sbagliato a dividerci da Kamichi. Si tratta d'un nemico sicuramente forte, ma che con una tattica adeguata potremmo fermare. Il problema è colui che ci ha tenuto impegnati sino a questo momento.> Parla ancora in sua direzione, mentre il costrutto dovrebbe finalmente entrare in sede. Circonda la caviglia, ma l'obiettivo susseguente è quello di raddrizzarla e deve trovare qualcosa da mordere perché farà un male del diavolo. La mancina ravana nella tasca porta oggetti, tirando fuori un tonico per il recupero del Chakra che porge immantinente alla volta di Saigo. <Io ho ancora abbastanza Chakra, ma fisicamente sono messo una merda. Posso usare i costrutti per muovermi in aria e scappare, forniranno un minimo di resistenza sotto di noi.> Si morde il labbro inferiore, inspirando profondamente, assolutamente non pronto a quel che dovrà andare a fare di lì a poco. Vuole una pasticca il più urgentemente possibile e sa di non poterne avere. <Non possiamo vincere perché la tattica iniziale era sbagliata, Saigo> La chiama per nome, puntandole gli occhi addosso. <e non possiamo vincere adesso perché non abbiamo abbastanza forze in due. La fuga è una soluzione se non vuoi rimetterci la pelle, e fidati se ti dico che non ne ho alcuna intenzione.> Il tono è certamente rude, ma non nei suoi confronti. E' arrabbiato per il dolore, è arrabbiato perché non ha una pasticca, è arrabbiato perché ha già ingerito un tonico di guarigione e non ne funzionerebbe un altro, è arrabbiato perché non sa dov'è Kamichi, è arrabbiato perché è all'interno d'una dimensione che non conosce. <Quindi, questo l'hai creato tu?> Una domanda retorica, ovviamente, lo sa. [ Chakra: 34/35 || PV: 42/100 ][ Hijutsu Kokketsu I ON + II Costrutti ON ]

14:17 Saigo:
 L’analisi del rosso è semplicemente corretta. Annuisce mentre lui sottolinea, seppur inconsciamente, il suo errore, gira il coltello nella piaga facendo vacillare ancora una volta quella sicurezza in sé che viene continuamente ostentata ma che non si è mai fondata su basi molto solide. Vacilla e crolla sotto al peso delle sue parole tornano a fissare il vuoto davanti a lei, Il chakra intanto inizia a scarseggiare, il suo respiro si fa decisamente più pesante, affaticata e dolorante non si rende nemmeno conto della situazione in cui versa il suo corpo. Forse se ne renderà conto ma ora è così distaccata da non riuscire nemmeno a percepire quel dolore <come possiamo essere sicuri di trovare il vero Kamichi?> ancora una volta il tono è privo di inflessioni <e poi tu potresti scappare da solo, cosa ti spingerebbe ad aiutarmi?> non osserva la pillola per il chakra, ha smesso di guardarlo persa in quel tempo disteso verso l’infinito, in quei momenti e in quelle visioni ricorrenti. Ha perso. Non c’è altro modo per vederla ed è finita. L’idea che Kamichi lì fuori potrebbe essere in pericolo non la sfiora nemmeno per un istante. Ha trascinato Rasetsu nella sua innata un po’ per sbaglio un po’ perché per quanto inconsapevolmente durante la missione lui l’ha protetta da parte di quell’esplosione, nello stesso modo in cui lei stessa ha finito per proteggere lui ma questo non glielo diremo. Sono finiti lì perché lei ha sbagliato, sin dall’inizio. Ha pensato di essere più furba di quell’assassino, ha agito come se fosse invincibile quando invece è chiaro che sia tutto tranne che forte. Così debole da essere costretta a fuggire in quel mondo per la seconda volta nella sua vita. Lì, nel suo dominio che dovrebbe saper controllare, che dovrebbe conoscere alla perfezione e che può piegare al suo volere ma che per ora continua solo a rappresentare la definitiva via di fuga. Annuisce infine alla domanda di Rasetsu, continuando a guardare dentro sé stessa <sì> aggiunge poi a voce, distaccata <è l’unica cosa che so fare> brucia ammetterlo ma non le rimane altra convinzione. Codarda. Sei solo una debole codarda. La voce ora nella sua mente suona come quella del dio, unisce la sua paura, la sua visione ed i suoi traumi creando una matassa che l’avvolge, più cerca di dimenarsi per liberarsi più si ritrova legata, soffocata. Stare immobile ed attendere la morte le appare l’unica soluzione possibile[chk 6/30][kinshiki 1]

14:38 Rasetsu:
 Deve trovare qualcosa. Qualunque cosa. Potrebbe mordersi un braccio, in fondo non ha molta forza, ma sta già perdendo fin troppo sangue e qualunque altra ferita potrebbe essere deleteria: n’è consapevole. Con l’innata attiva, continua a dissanguarsi anche dalle ferite aperte, quindi non è una grande idea. Si sfila rapidamente la camicia indossata, sporca di sangue in più punti, che sia o meno dovuto all’innata non è dato saperlo. Scopre la schiena interamente tatuata, ma al momento non se ne cura. Esso rappresenta uno scheletro steso in una bara come se stesse prendendo il sole, accerchiato da una foresta di banconote. La camicia viene appallottolata e infilata tra le fauci, mentre ascolta sì i discorsi di Saigo ma nel frattempo rimette a posto la caviglia. Giacché deve muovere mentalmente il costrutto, porta le mani al suolo chiuse a pugno. Sbiancano le nocche, morde con forza quella dannata camicia non appena il dolore diviene lampante. Il “crack” dell’osso che viene rimesso in qualche modo in posizione, non appena l’ordigno riceve l’ordine del suo creatore, fa sì che urli da dietro quella sorta di museruola improvvisata. Quanto meno, la caviglia è rimessa diritta nonostante ora mandi lampi di dolore ben peggiori di poc’anzi. Inspira profondamente, gli occhi chiusi e stretti mentre getta il capo all’indietro. Sudore freddo gli compare sul petto sconquassato da profondi respiri, i quali vengono adottati affinché possa restare lucido. Lo stesso petto sul quale il sangue assume forme, al pari di vene che s’avvicinano in direzione del cuore – tutto merito della trasformazione. Sputa in terra l’indumento, inspirando profondamente e – col tanto di fiatone e occhi stralunati – le risponde con quanto segue: <Kamichi non mi colpirebbe mai, abbiamo un codice d’onore che rispettiamo l’uno con l’altro. Quindi, posso certamente affermare che colui che mi ha distrutto la caviglia non era quello reale.> Tuttavia, si trovano all’interno d’un’altra dimensione, quindi le cose all’esterno potrebbero essere cambiate in men che non si dica. Deve ragionarci a fondo. Non immagina neppure che del “problema Kamichi” poteva pur non preoccuparsene. <Saigo> Tuona, di nuovo, questa volta più duro. <se non ti fidi di me, non me ne frega un cazzo. E nonostante sia lampante la sfiducia nei miei confronti, mi hai trascinato in questa dimensione perché stavamo rischiando la vita. E’ complicato da dire, ma sembra che tu abbia voluto salvarmi. Quindi, mi sembra il MINIMO scappare in due.> Yakuza. Gli ha fatto un favore, deve ricambiare. Tutto qua. Non si fida neanche lui della fanciulla, sia ben chiaro, però c’è di mezzo un ulteriore codice d’onore che deve assolutamente rispettare. <Inoltre, se non ti permettessi di fuggire con me, potresti ributtarmi in questa… dimensione? Mondo? Cos’è? Sta di fatto che non ne varrebbe la pena lasciarti morire se mi sei utile.> E’ egoistico come pensiero, ovvio, però ragiona anche sulle conseguenze delle proprie azioni adesso ch’è abbastanza lucido per farlo. In altri contesti, avrebbe certamente sfruttato Saigo senza dirglielo per poi scappare a gambe levate una volta fuori. Quindi, la sfiducia nei suoi confronti è certamente fondata e a buona ragione. <Quindi, prendi questo cazzo di tonico. Creo un costrutto. Sarà grande non più d’un metro, quindi dovrai starmi attaccata. E con quello ce ne voliamo fuori dalla stanza. Una volta fuori, puoi pure mandarmi a fanculo – farò lo stesso. Per uscire da qui dentro, ho bisogno di te e per uscire dal cinema, hai bisogno di me. E’ un cinquanta e cinquanta categorico.> L’uno non fugge senza l’altra. Non tenta di tranquillizzarla, non capisce perché si stia fustigando a quel modo. Lui non prova senso di colpa alcuno o quanto meno in maniera molto labile rispetto alla Manami. Non è un’ottima spalla sulla quale piangere, purtroppo. [ Chakra: 34/35 || PV: 41/100 ][ Hijutsu Kokketsu I ON + II Costrutti ON ]

14:53 Saigo:
 Fortuna che a lei non serva qualcuno su cui piangere ma solo qualcuno che le ricordi in che momento si trovano, che la faccia uscire da quei ragionamenti. Continuerà a sentirsi debole ma l’importante è convincerla a salvarsi. L’altro parla e mentre lo fa lei questa volta prende il tonico di chakra, Devono uscire da lì e possono farlo solo insieme. Lui ha perfettamente ragione, nessuno dei due può salvarsi da solo in quel posto, in quella situazione. Si butta quindi il tonico in bocca e poi si limiterebbe ad alzarsi e tendere una mano al rosso. Gli occhi sono tornati a mostrare della vita. Una vigliacca, una codarda che si aggrappa disperatamente alla sopravvivenza, non è ancora il momento, non può semplicemente arrendersi ed aspettare che lui arrivi. Lo deve ai suoi compagni, lo deve a Fuji ed infine a Matono, deve rialzarsi e combattere anche se questo significa fidarsi di quel ninja. Non è nemmeno una semplice questione di fiducia si tratta solo d’essere razionali, lui ha ragione, non è a conoscenza del come lei faccia a creare la dimensione, men che meno dei limiti collegati, può reggere. Fino a quanto la riterrà indispensabile alla fuga allora potrà affidarsi a lui. Lascia che il tonico faccia il suo lavoro andando quindi ad attendere che quella mano venga tesa <io ti sosterrò> ed intende fisicamente. Ha notato la caviglia e sentito tutto il suo dolore, ciò che può fare è tenersi stretta a lui ma soprattutto reggerlo, solo così si assicurerà una via di fuga. Se quindi l’altro si fosse affidato e alzato lei si limiterebbe a girargli intorno così da poter infilare i suoi gomiti sotto le ascelle altrui. Farebbe forza così da afferrarlo ed inarcare appena la schiena mentre flette le gambe per cercare di permettere al suo corpo di aiutare quello altrui <andiamocene da qui> ammette lei. Sono una vigliacca. Sto fuggendo. La voce ora è la sua, è pronta a scappare a fuggire da lì con lui e solo quando riceverà il segnale allora si limiterebbe a sciogliere quel legame con il chakra che permette alla dimensione di continuare ad esistere. Sono una vigliacca VIVA. A questo pensiero finale dovrebbe sciogliersi quel mondo andando a rivelare nuovamente la realtà. [end]

15:05 Rasetsu:
 L’agente scelto prende finalmente in mano la situazione. Si risveglia dal torpore di quel senso di colpa, così da decidere finalmente cosa sia più giusto fare per entrambi. Il rosso infila nuovamente la camicia lasciandola però sbottonata sul davanti. Non gl’importa. E’ sporca e bagnata dalla sua saliva e dal sangue nero che lo ricopre come gran parte del suo corpo. Cerca d’aiutarlo ad alzarsi. Il costrutto attorno alla caviglia funziona da supporto per il momento, cosicché stia quanto meno rigida e possa tenerla un minimo sollevata grazie alla forza del pensiero. Nel frattempo, il secondo costrutto subirebbe una nuova modifica a sua volta affinché assomigli vagamente ad una zattera. Non si soffermerà ovviamente sui dettagli, non ha tempo da perdere nel rendere quel costrutto vagamente carino per portarci a bordo una ragazza. Si tratta paradossalmente d’un cubo: un metro per un metro per un metro. Ha fatto in modo che sia così spesso per evitare quanto meno degli attacchi da sotto, in modo che ci sia più spazio per eventualmente fermare delle armi o delle esplosioni. Difficile per quanto riguarda degli attacchi ad area e dalla distanza, ma a quelli spera di riuscire a scampare con la velocità della sua creazione. Lo farebbe formare direttamente sotto i loro piedi, in modo tale che possa crescere e divenire abbastanza alto già con i due avventurieri sopra d’esso. <Guardati indietro soltanto per accertarti che non ci stiano attaccando alle spalle e coprimele.> Le intima ancora, mentre le darebbe il via subito dopo per quanto concerne la rimozione di quella dimensione, affinché possano scappare via il più velocemente possibile una volta all’esterno. Quel che accadrà da lì in avanti verrà ugualmente narrato… e non sarà niente di divertente. L'unica possibilità che avevano di salvarsi era ed è esattamente quest'ultima. Non potevano fare alcunché per fermarlo e l'intervento degli Anbu è stato propiziatorio per portare la pellaccia sana e salva a casa. Questo è quanto. [ EXIT ]

Free per spiegare che hanno fatto nella dimensione durante la quest.

Un accordo di sopravvivenza, i sensi di colpa ed i traumi. Una strana alleanza dettata dalla necessità di uscirne vivi