Caccia
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Giocata dal 23/09/2021 23:35 al 24/09/2021 01:16 nella chat "Quartiere dei Clan [Oto]"
[Verso il quartiere Doku] Un pomeriggio come gli altri per il settore di Oto, con le nuvole che ogni tanto hanno la decenza di coprire il sole. Troppo luminoso, specialmente per il biondo. Non che gli dia poi troppa importanza. È un semplice detestarsi reciproco, con quella palla di fuoco nel cielo. È in giro per le strade che collegano i quartieri delle famiglie del settore di Oto. Perché? Perché è a caccia. Ha bisogno di portare avanti le ricerche iniziate con la rossa Ishiba negli archivi. Le mascelle si serrano a quel ricordo. Stringe i denti dalla rabbia, verso se stesso. Per l’inetto che è stato. Ed è per questo che è lì. Per completare ciò che per colpa sua è stato interrotto. Per un’occasione di questo tipo, ha bisogno di non dare nell’occhio, o quanto meno di essere il più discreto possibile. È per questo che indossa dei semplici indumenti neri. Scarponi e jeans a fasciare le gambe scolpite, cintura di cuoio alla vita e una felpa nera con la zip davanti, il cappuccio tirato su, e le maniche lunghe. Ha caldo, e infatti la felpa è aperta per i primi centimetri che lasciano intravedere il lucido petto nudo. Le maniche sono tirate su sugli avambracci tesi. Sotto il cappuccio, i capelli sono sciolti a coprire i tatuaggi che decorano i fianchi del cranio. Il volto affilato è decorato dalle nere iridi, dipinte in un’espressione austera, ma ancora pigre nell’osservare ciò che lo circonda. È ancora presto, si sta ancora avvicinando. Ma non è finita. La mano destra stringe un plico di carta. Sono tutte copie colorate. Di cosa? Volantini, annunci pubblicitari di offerte. Perché? Perché ha osservato abbastanza quella città da capire che tra i pochi che possono aggirarsi casa per casa, c’è chi lascia le offerte. Almeno avrà una scusa se per caso dovesse destare la rabbia di qualcuno. Possiamo infine sorvolare sul povero ragazzo a cui apparteneva quel plico di volantini. Il volto si volta, fino a mostrare il profilo affilato oltre la spalla, si guarda indietro, tendendo il collo ancora marchiato. Ha memorizzato la strada fino a quel punto, ogni svolta, ogni rettilineo. Ma è arrivato il momento di chiedere indicazioni. Eccolo che s’attiva, quello sguardo ferale, oscuro, esamina chi ha vicino per selezionare la persona giusta. Non maschio, non giovane. Si avvicinerebbe, con passo lento e cadenzato, ad una vecchina seduta su una delle panchine li di fianco <…> come si comincia una conversazione in modo civile? Maledizione, dov’è Sango quando serve? <Cerco il quartiere Doku> Si sforzerebbe di pronunciare le quattro parole senza ringhiare. [Verso il quartiere Doku] Di sorridere non se ne parla. Ma ci pensa la vecchina “Sei arrivato caro” sollevando il bastone, punterebbe verso la fine della strada. Un cenno del capo alla simpatica canuta e bianca. Niente di più. I ringraziamenti sono una cosa troppo preziosa da elargire così. Le oscure dunque, si settano sull’obbiettivo. Avrebbe dovuto capirlo prima. L’aveva letto nell’archivio, un quartiere comunque isolato, per persone che amano stare per le loro. Non poteva che essere ai margini di quella zona. Lo sguardo si sofferma su ogni dettaglio possibile. Seleziona con cura gli individui che entrano ed escono. Assai pochi a dire il vero, ma ben presto sarà all’interno, e allora potrà concentrarsi sul notare ogni dettaglio disponibile. Carnagione, colore di capelli e di occhi, vestiario ricorrente, eventuali altri dettagli che accomunano quella famiglia. Il valore delle stoffe, eventuali simboli ricorrenti, insomma, tutto. Entrando nel Dojo starebbe attento a mantenere in piedi la sua copertura, lentamente, percorrerebbe la strada principale a zig-zag, da un civico all’altro, lasciando il volantino nella cassetta delle lettere o, qualora non ci fosse, direttamente nel giardino, su una staccionata, sullo zerbino, insomma, ovunque capiti. Così facendo tenterebbe dunque di concentrarsi sugli edifici. Che conformazione hanno? Sono edifici normali? Quanto sono alti? I tetti quanto sono a spiovente? Le case quanto sono larghe? Tra l’una e l’altra quanto spazio c’è? E poi la strada, è ben tenuta? È accidentata? Ha bisogno di conoscere e memorizzare il territorio il più possibile. Il capo è leggermente chinato. Una mano è nella tasca, la camminata è tranquilla, ma le iridi oscure divorano ogni cosa riesca a trovare, ogni dettaglio utile. Percorrerebbe dunque la strada principale, superando le prime file di case ed arrivando ad un primo slargo con una serie di stradine più piccole da imboccare. Come fare? Di nuovo, sotto i capelli, i draghi si muovono al movimento dei muscoli sottostanti, che stringono la mascella. Tenterebbe di attivare i propri sensi per cogliere discorsi casuali che possano aiutarlo. Certo, le persone che gli camminano di fianco rispecchiano la descrizione che ha letto. Sono tipi schivi, non dei gran chiacchieroni. Ma non si sa mai. [Quartiere Doku] “Non so che fine abbia fatto.” “Eppure è a comando del clan.” “Se ne starà la dentro tutto il tempo, vedrai” Fremono le orecchie sotto il cappuccio mentre, tentando di non farsi notare, sposterebbe lo sguardo sui due che conversano, cogliendo il gesto verso un edificio al centro del quartiere. Memorizza la strada necessaria per arrivarci e la imbocca. Mantiene la camminata tranquilla e cadenzata, se vista da fuori, ma sente la tensione aumentare. È verosimile che la sorveglianza aumenti mano a mano che ci si avvicina alla residenza di chi comanda il clan. Eppure deve poter capire quali sono eventuali vie d’accesso, che tipo di sorveglianza c’è. Senza contare che chiunque ci sia dentro quell’edificio potrebbe volere sotto il suo controllo eventuali edifici sensibili. Potrebbero esserci laboratori nelle vicinanze. Solo il pensiero di quella parola, “laboratori” Gli provoca una fitta di mal di testa tale da dover stringere gli occhi e rallentare il passo. Porterebbe la mano libera all’attaccatura del setto nasale, premendo forte. Riprenditi Shinsei. Riprenditi! È una spallata da dietro a riportarlo alla realtà. D’istinto volta il capo serrando la mascella fino a sentir scricchiolare i denti, “Sta attento.” È la frase che un uomo gli riserva. <…> schiude le labbra tese. <S…> che fastidio scusarsi. Non lo farebbe mai, ma l’altro ha rallentato <Si…scusa> mormora chiudendo ancora forte gli occhi un paio di volte per reprimere le voci e le nebbie che ogni volta lo avvolgono in questi casi. Non avrebbe dovuto andarci da solo. No che non avrebbe dovuto. Ma tornerà vittorioso. Anche perché l’alternativa non gli piace affatto. Si raddrizza piano, continuando l’avanzata. Lo sguardo nero si sposta quindi sulle strutture, sugli uomini, eventuale sorveglianza, insomma cerca di capire la conformazione di quello che è il cuore pulsante di quel quartiere. Si avvicinerebbe dunque all’edificio indicato dai due. Ne osserverebbe le eventuali recinzioni, lo spazio interno, tentando di capire la dimensione di eventuali giardini, altri ingressi che non ha visto. Ma qualora fosse all’ingresso principale, molto probabilmente verrebbe osservato da due guardie dallo sguardo assai poco rassicurante. Proverebbe, da lontano, a porgere un volantino, ma ricevendo un “no” con la testa di risposta, girerebbe i tacchi. Non smette, in ogni caso, di osservare, di ascoltare, di analizzare persone, territorio, edifici, strade, qualsiasi cosa. [Quartiere Doku] “Non mi va di andare ad allenarmi con gli altri” “Piantala. Lo sai che ti serve per controllarti” Un padre e un figlio. Saetta avido lo sguardo oscuro inchiodandosi sulle schiene dei due. Ottimo, una palestra del club in cui le giovani leve si allenano. Sarebbe una miniera di informazioni un posto simile. Tenterebbe di rallentare la camminata, mentre ritorna indietro verso lo spiazzo, per poi risalire un’altra delle stradine. Del quartiere. Sfrutterebbe quindi, il più possibile, il camminare a zig zag, prima una casa su un lato della via, poi una sull’altro, e così via, in modo da impiegare più tempo possibile, rimanendo dietro al duo. Tenterebbe, se fosse possibile, anche una sorta di censimento a spanne. È una famiglia in cui gli anziani sono in maggioranza? O i giovani hanno la meglio? Più uomini o più donne? Ha bisogno di informazioni e, addentrandosi nel quartiere spera di carpirne il più possibile Fa attenzione a evitare sia il contatto visivo che quello fisico con le persone, cercando di destare meno attenzioni possibile. Potrebbe percepire qualche sbuffo davanti o dietro di lui. Evidentemente neanche chi sparge volantini è poi così ben voluto li dentro. Davvero schivi questi Doku. Osserva anche i due che sta seguendo, anche qui, per individuare divise, eventuali annessioni a corporazioni, il tipo di armi, ammesso ve ne siano, effettivamente stanno compiendo quella che per loro è un’azione quotidiana normalissima. Non si dimentica di osservare anche gli edifici, di quel nuovo settore. Sono più case? Ci sono altri tipi di edifici? Sono pubblici e aperti, o chiusi e sorvegliati? Le guardie hanno divise particolari? Armi particolari? Insomma qualsiasi informazione fosse utile. Lasciando saettare lo sguardo da una parte all’altra della strada. “eddaiii” “forza!” Un nuovo scambio tra i due riporta l’attenzione del biondo sugli esseri umani, ma non per molto “uffa” un ultimo sbuffo, proprio di fronte all’edificio della palestra. [Chakra On] [Quartiere Doku] Aspetterebbe di vederli entrare nella cancellata d’ingresso che da accesso all’ampio giardino, e quindi alla struttura. Li seguirebbe. C’è la possibilità che, vista la calda giornata, le porte scorrevoli della palestra siano effettivamente aperte, magare con qualche genitore li fuori a scambiare due chiacchere mentre i ragazzi si allenano? Ma soprattutto, c’è qualche possibilità di intravedere dei combattimenti tra loro? Insomma, se fosse la palestra del quartiere Doku, sarebbe logico presupporre che ci si alleni nel controllo dell’innata e del suo uso in combattimento. Qualora queste supposizioni fossero confermate si arresterebbe con lo sguardo fisso ad osservare ciò che più brama. Posture, colpi, tecniche di combattimento. Informazioni. Tutto ciò che riesce ad ottenere è prezioso. Tenterebbe, in particolar modo, di cogliere se, dal vestiario usato dai membri del clan sia possibile capirne in qualche modo il livello, se per caso ci fosse qualche segno distintivo del rango all’interno della famiglia o cose di questo tipo. Qualora la situazione ipotizzata fosse quella, non esiterebbe, almeno negli atteggiamenti esteriori, a continuare a fingersi noncurante, dando volantini a chiunque fosse nei dintorni <Nuova apertura> aggiungerebbe tentando di tirare fuori il tono più convincente di cui dispone. Ancora una volta, manca l’esperta di queste cose. Tenterebbe in ogni caso di tenere d’occhio il sensei della palestra, che non tarderebbe poi tanto ad accorgersi dello sconosciuto. A quel punto non può far altro che voltare le spalle all’edificio e uscire dalla cancellata. Lo sguardo si volta verso destra. È il momento di continuare il giro. Si rimetterebbe sulla strada, quando da dietro si sente afferrare e spingere verso la parete di uno degli edifici che delimitano la via. Farebbe appena in tempo ad effettuare una rotazione del corpo partendo dal bacino e aiutato dai piedi, per poter impattare con la schiena sulla superfice, e non col viso. Un tonfo sordo. Il volto teso, ringhia. Ha di fronte a se la stessa guardia che ha intercettato prima il suo sguardo “che c’è, non ti era chiaro il concetto?” Merda. [Quartiere Doku] Non risponde subito. Deve impiegare un po' di tempo per trattenersi. Quell’individuo lo ha toccato. E lui ha un disperato bisogno di battersi. Un bisogno profondo che gli contorce le viscere fino quasi a causargli conati di vomito. Tira due profondi sospiri. <E..era chiaro> si sforza di tirar fuori una voce vibrante, insicura, o almeno meno sicura del solito, altrimenti è finita <è solo che…> abbassa lo sguardo sui volantini, gonfia il petto, sbuffa <il capo mi fa il culo se non li consegno> Sta cercando di fare pietà? Con quella stazza “non mi importa, fuori da questo quartiere a d e s s o” gli ringhia contro l’altro. Lo sguardo oscuro del biondo lo passa in rassegna il rivale, anche qui, armi, posture, divise particolari. Qualsiasi cosa potrebbe essere utile. Annuisce alzando le mani <va bene> terrebbe le mani alzati mentre li supera, tentando di riprendere la strada dalla quale è venuto, verso lo slargo e poi verso l’uscita. Cammina lento, ma senza zig zag, senza dare volantini. Cosciente ora del fatto di essere costantemente sotto controllo. Ha mantenuto il cappuccio della felpa alzato sul capo e i capelli sciolti, nascondendo i suoi segni caratteristici, ma ciò non toglie che deve cercare di uscire da li senza fare troppo casino. Lascia libere solo le iridi, lo sguardo che continua ad analizzare tutto ciò che vede, e le orecchie, pronte ad ascoltare tutto ciò che fosse possibile captare. Informazioni di qualunque tipo. Giungerebbe dunque all’ingresso e proseguirebbe, più spedito per la strada che ha memorizzato, passando davanti all’allegra vecchina interpellata in partenza “non un gran che la dentro, vero caro” Non riceverebbe alcuna risposta, completamente ignorata. Troppo concentrato a memorizzare le informazioni, il biondo. “Già, non un gran che, come sempre” si risponderebbe da sola, sorridendo. [Chakra On] [End]