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con Sango, Tsumi

21:29 Sango:
 Stancamente è giunta la notte, in ogni passo che la portano ancora li per qualche momento di solitudine, sebbene ringrazi le nuvole che spengano la luna, di pioggia non ve ne è ancora traccia. La stanchezza che si pone sulle spalle come un macigno , le stesse che si trovano a piegarsi verso il basso di quella panchina ove sosta - in lontananza il viso austero e meraviglioso di Pain, il loro kami che li osserva benevolo dall'alto, di occhi cerchiati e di un viola che può immaginare molto, troppo bene. Le pene che aumentano eppure il fisico permane perfetto, incredibilmente in forma in realtà, senza sbavature ne ferite, ma qualcosa pesa dentro. Sospira perfino stringendo le spalle per un attimo , portando la schiena a collocarsi completamente alla spalliera della stessa panca, con il viso sollevato al cielo. Il mento sottile e spigoloso pone verso l'alto mostrando la gola, il collo lievemente segnato. I lunghi capelli rossi che scivolano verso il retro, cascata di sangue che tende di ricoprir la terra, ma non è questo il momento del sangue, non è questo il momento dell'Alba. Sospira fuori il calore dalle morbide gemelle, le azzurre fisse verso qualcosa più in alto, qualcosa di particolare, qualcosa che non è presente, una richiesta muta agli stessi Kami. Indossa ancora la veste del pomeriggio, un kimono rosato che copre la figura, stringe sul morbido corpo, sui seni con quello scollo a V, sulle maniche lunghe adesso rivolte fino agli avambracci nella posizione assunta, con i gomiti che puntellano la spalliera della panca in questione. La gonna s'alza lasciando pochi centimetri oltre i glutei, specialmente in quella posizione, ove le lunghe gambe si ritrova accavallate tra di loro, con i sandali a recludere i piedi nudi. Sospira e canticchia semplicemente, muovendo a tempo la gamba destra, e un rumore di ferro arriva fuori, merito di quei kunai a tre punte che porta all'interno del porta kunai. Nulla di più, non ha nemmeno il chakra attivo, solo .. silenzio adesso, quando dietro le proprie spalle si apre quella piccola foresta d'un tempo, e il rimorso giunge al petto.

21:51 Tsumi:
 Un’altra notte di silenzio nel villaggio dell’Ombra, raggelante per certi versi, ma che la gente di Ame ha imparato ad abituarsi lentamente, fino ad accodarsi a quella sordità fasulla. Nemmeno le stelle rischiarano quel cielo, colpa delle nuvole. Abituati così tanto alla pioggia, gli abitanti non si sono ancora abituati a quel clima troppo mite per il loro gusto. A volte sembra che preghino i Kami affinchè possa ancora risentirne le gocce sulla loro pelle. Ma torniamo a quel fastidioso silenzio. Esso viene rotto in questo momento, quando iniziano a sentirsi delle urla strepitanti arrivare da uno dei ristoranti della piazza. Chi è nelle panchine lì vicino potrà sentire il proprietario del locale, presumibilmente, che con voce roboante mette insieme un’imprecazione dietro l’altra, tanto da potersi definire artistiche nonché vietate ai minori di diciotto anni. Bisognerebbe scriverci un libro. Essa viene a tratti interrotta da una voce più flebile, più docile e sicuramente più educata del signore. Sembrerebbe la voce di un ragazzino. < La prego… ho fame > Si sente il flebile tentativo di alzare un tantino la voce, giusto per farsi sentire, senza alcun risultato purtroppo. < Solo un pezzo di pane, per favore! > La pietà che si può cogliere in queste parole è alquanto imbarazzante. Passa solo qualche attimo prima che la porta venga aperta brutalmente di scatto e da essa venga scaraventata una piccola figura a terra, proprio davanti al locale. Sussegue un tonfo molto sordo: è il suo sedere che incontra il freddo asfalto cittadino < Ahia! > Esclamerebbe l’esile figura. Il proprietario si limita ad inveire un altro po', finendo il catalogo delle bestemmie sul povero ragazzo. Si può ora notare un ragazzino molto esile dalla pelle biancastra. Lo copre soltanto un kimono grigiastro, colpa dell’usura e probabilmente della polvere che il povero tessuto ha raccolto nei giorni precedenti, con delle decorazioni che sembrano nuvolette. Esso arrivano sino alle caviglie e infine dei sandali logori che sembra stiano per abbandonarlo gli coprono i piedi sporchi. I lunghi capelli corvini sono legati in una coda tenuta da un elastico qualunque. Fa per alzarsi, poggiando la mano destra sull’asfalto. Si alza un po’ a fatica, ma ce la fa. < Dannazione. > Esclamerebbe a basso tono prima di scrollarsi di dosso un po’ di polvere da tutto il corpo con le piccole mani.

22:06 Sango:
 Il silenzio pare essere una delle cose migliori, seppur aver la pioggia si, sarebbe la cosa più bella da avere in quel momento. Lasciare che sia lei a piangere per occhi che non versano più lacrime, impossibile farlo, perfino all'ombra di quella città. Un silenzio ove canta piano un motivo lento, candida la voce seppur non pulita, roca nel suo esprimersi, tanto quanto nel suo interrompersi - non per propria volontà, ma abbastanza vicina dal poter sentire una serie di parole che punirebbe non con l'acido, mozzando piuttosto la lingua di netto. Stufa di quel suono andrà infine ad alzare il collo , la vista che s'annebbia un poco mentre il sangue torna a circolare come dovrebbe, ed infine puntare le azzurre poco lontano, verso una scena.. particolare. Quella di un commerciante, evidente dal vestiario e dal grembiule che porta sporco, immancabile il panno sulla spalla, e quella di un ragazzino, fragile nella visione del corpo frammentato, nella stessa voce che.. prega. Sta letteralmente pregando uno sconosciuto per un tozzo di pane, solo per un pezzo di cibo. L'espressione della rossa che si fa affilata, selvatica, come lo labbra che si tendono in un mezzo ghigno, nessuna ombra di alcun sorriso. S'alza anche lei, lentamente, nello stesso momento in cui la piccola figura verrà scaraventata a terra di malo modo , e muovendosi infine verso lo stesso. Il passo rumoroso , anche lui potrà sentirlo, e lei potrà vederlo ancor meglio ad ogni metro di distanza che s'accorcia, l'azzurro sguardo che penetra le sue vesti, il viso, le mani, tutto ciò che potrà vedere dalla sua posizione - laterale rispetto all'Amese, fino a trovarsi davvero vicino a lui, ad un paio di metri, ad osservarlo da quella breve distanza con quello stesso sguardo precedente , eppur < avete fame? > la domanda è chiara, palese, quasi piatta ma lo sguardo è vivo mentre l'osserva , decisamente più alto di lei di svariati centimetri, e probabilmente sottopeso per la sua stazza. Lo stesso sguardo che scivola alla porta chiusa < i cittadini della pioggia hanno dimenticato cosa significa arrancare per la vita > che fosse aria, cibo, acqua, hanno arrancato < e un giorno verranno giudicati per questo > per la loro stupida ignoranza, ma adesso andrebbe di nuovo al ragazzo. Strano che ogni volta trovi qualcuno quasi morente nella propria strada, randagi, come lo è stata lei a proprio tempo < venite, vi farò mangiare io > un chiaro palese invito, seppur vada a prender la strada per un piccolo chiosco mobile, quello di Oji-san, vecchietto di Oto che fa il miglior ramen. Ma non tocca a lei forzarlo, lascia l'ovvia libertà all'altro di sceglier cosa fare, se vivere o morire.

22:22 Tsumi:
 Le mani veloci vanno a ripulirsi quanto più possibile. Altrettanto veloce è il proprietario nel chiudergli la porta in faccia, intimandogli di non tornare mai più. Sparisce dalla sua vista in pochi secondi, lasciandolo li a fissare la porta del locale con quegli occhi neri con sfumature rosse verso il centro. Uno sbuffo alquanto triste sopraggiunge dalle sue disidratate labbra desiderose di un pasto caldo e di una bevanda che disseti le carni. Al suo orecchio sopraggiungono dei rumori di passi decisi, rumorosi che si avvicinano sempre di più a lui. Sgrana leggermente gli occhi mentre il capo va a girarsi, accompagnato da tutto il busto, guardando appena dietro di se. Ecco che scorge la figura di una donna dai rossi capelli, la prima cosa che attira la sua attenzione. Va a squadrarla quasi immediatamente facendo attenzione al vestiario. Si presenta come una bella donna, in salute e decisamente non a corto di denaro. L’esatta contrapposizione del ragazzino povero e deperito che è lui. <…> Si cuce la bocca immediatamente. Neanche un filo d’aria sembra uscire dalle labbra del giovane. Si limita ad osservarla. L’unico gesto che fa e quello di fare qualche passo indietro, mettendo altra distanza tra loro due. Segno sicuro di una certa diffidenza. Lo sguardo si corruccia lievemente, fissato sul viso di lei mentre un ultimo passo viene ultimato al fine di distanziarsi. La ascolta però e di certo le sue parole catturano la sua attenzione, per quanto non si fidi sicuramente. Subito dopo però dal suo stomaco arriva un brontolio che è difficile nascondere e non sentirlo. Viene tradito dal suo stesso corpo. Alza le sopracciglia dunque, sospirando vistosamente. < uff > Potrebbe essere un cenno di assenso. Continua dunque a rimanere muto mentre la osserva muovere i primi passi verso la strada. La fame vince e il piccoletto muove i primi passi per seguirla senza dire niente. Le sue iridi sono però fisse sulla figura della rossa.

22:43 Sango:
 Sente quello sguardo diffidente verso la propria persona, eppure non se ne disturba nel chiedere, facile comprendere perchè - eppure il portarlo in un posto tanto aperto quanto visto dovrebbe porgli una certa sicurezza, non l'avrebbe ammazzato tanto facilmente. Lascia che quella distanza permanga, non andrà ad infilarsi dentro il suo spazio personale, non andrà ad invadere la sua privacy, non quando pare esser così diffidente. Un gatto randagio. < siete arrivato da fuori il villaggio? > una domanda diretta, così come lo stesso sguardo che pare essersi ammorbidito, più femmineo, quasi dolce nel vederne il viso sottile magro, eppur bello, non può negarlo. Sotto quella sporcizia ovviamente, con qualche chilo in più addosso , con qualche vestito migliore. Lei che invece appare in perfetta salute, con begli abiti costosi, rifatti a mano sulla propria carne, di denaro che mai le è mancato nonostante il ritorno ai dieci anni, nonostante i lavori, avere il proprio capo clan dalla propria parte porta anche a questo. Una vita agiata. La domanda che ha un significato, non sarebbe la prima volta a vedere un giovane giungere da fuori quelle mura, non sarebbe la prima volta che dona un pasto ad uno di loro, e adesso tocca a qualcuno che si trova nella propria "terra". < dovete scusarlo > riferendosi al venditore precedente < col tempo i cuori di Ame si son fatti freddi come la pietra > come quella statua lontana eppure enorme abbastanza da sembrare vicina < hanno dimenticato cosa significhi molte, troppe cose > solo allora, all'avvicinarsi di Oji-san , andrebbe a porre un sorriso, breve, quasi dolce, le morbide gemelle a sollevarsi verso l'alto delicate . Sposta lei stessa la tenda di quel piccolo baracchino, invitandolo ad entrare per primo < buonasera Oji-san > la voce più calda, accogliente per il nonnino dietro il bancone "Signorina Sango, non è passato molto tempo e.." sembra vederci perfino da dietro gli occhi palesemente chiusi, tanto da portarli ad un eventuale Jikken , sempre che sia entrato "..un altro eh? Dovrebbero fare qualcosa, non occuparvene voi" no, non è la prima volta che Oji-san la vede in compagnia di qualcuno che sembra più un barbone che un ragazzo < scegliete cosa mangiare, non fatevi problemi > chissà, magari il ragazzino è muto? Lei si limiterò a prender posto sullo sgabello, forse lasciandone qualcuno in mezzo a dividerli < per me il solito Sakè > il proprio ordine si ferma a quello, chiaro che abbia già mangiato e fatto tutto, eppure con la coda dell'occhio non perde di vista il piccoletto. Evidentemente curiosa.

23:01 Tsumi:
 Le iridi del ragazzo sono ancora fisse su di lei, come se avesse paura che ad un certo punto possa essere attaccato da lei. La sua paranoia e la sua diffidenza sono tangibili come se fossero concrete. Lei però continua a rispettare quella distanza tra loro due. Solo per un attimo distoglie lo sguardo da lei ed è per osservare la statua di Pain. Ne ha sentito parlare, ma nei suoi anni di sventura non ha avuto modo di approfondirne la storia dietro a quell’enorme costruzione di pietra. I logori sandali producono un rumore quasi fastidioso mentre segue la rossa nel suo incedere. Le iridi tornano al loro obbiettivo mentre la sua domanda sopraggiunge alle sue orecchie. < Da ame, dieci anni fa. Come molti > Prima volta che le rivolge ufficialmente la parola. Secco è il tono che ha scelto per risponderle, mentre rimane corrucciato nello sguardo, anche se un solo occhio viene lasciato trasparire mentre l’altro è coperto da una ciocca spettinata di capelli. Alle sue ennesime parole accenna un piccolo sorriso. Il disprezzo si fa strada nella sua mente, mentre alcuni ricordi si rifiondano nel suo essere, portandolo a ritardare di qualche interminabile secondo di silenzio la risposta alla ragazza. < Tsk > Schiocca il palato, rimembrando quanto le persone possano essere ignobili per natura. < Credimi, alcuni non l’hanno mai imparato… > Sobilla quasi a non volersi far sentire dalla rossa. Inevitabile però, vista la poca distanza che li separa. Non gli da neanche del lei. E si sente anche parecchio a disagio nel riceverlo. Una vita di disprezzo, sembra. E’ allora che si arriva ad un baracchino. Non l’aveva visto ancora. In effetti non mendica spesso in piazza. Questa sera è stata un’eccezione che sicuramente non ripeterà. Guarda il localino e poi lei. Si avvia dunque per primo < B-buonasera > Il tono si fa impacciato e le mani vanno a stringersi tra di loro davanti a lui, muovendosi nervosamente. Non è decisamente abituato ad entrare in un locale così tranquillamente. Le parole del vecchio arrivano forte e chiare. Lasciano trasparire il nome della rossa. < Sango? > Domanda quasi, rivolgendole nuovamente lo sguardo, quasi a cercare conferma del suo nome. < Tu chi sei? > Domanda secco a Sango. Una donna che spesso aiuta i barboni e i mendicanti? Non lo convince. Non lo convincerà mai questa cosa. < Del ramen, per favore.. > Il tono cambia visibilmente ogni volta che si rivolge al proprietario. Pensa di essere buttato fuori da un momento all’altro.

23:16 Sango:
 Non sembra innervosirsi nemmeno a quel suo fare, distaccato, distante, nervoso perfino, non può che dargliene ragione. E' una sconosciuta dopotutto , sebbene mantenga le distanze e un tono di voce quanto meno affabile e femmineo, sa bene come il non fidarsi sia la cosa migliore , sempre, o quasi. Avanzano entrambi, finalmente potendo udire la sua stessa voce, di come egli provenga dal suo stesso villaggio distrutto. Sospira ancora, seppur appaia quanto più incredibilmente amabile con loro, come fossero suoi figli. E un tempo sarebbe dovuto essere così. < il non sapere li rende così, la sicurezza con cui possono vivere > di coloro che hanno le pance piene e le teste vuote. Ma sente quel disagio, lasciandolo avanzare dove desidera in un baracchino che non troverà di certo ogni giorno, Oji-san si muove spesso e volentieri tra i settori cambiando spesso location per i suoi clienti. Siede infine, aspettando che egli faccia lo stesso , ove desidera, perfino a metri di distanza , chiacchierando amabilmente col vecchietto . Al ripetere il proprio nome la stessa rossa volterà completamente il viso nella sua direzione, ne osserva il viso sporco e arido per qualche attimo < Sango Ishiba > di certo una nativa di Amegakure come lui, portando il cognome di un clan < voi invece ?> richiede a sua volta una sua qualche identità , un nome perlomeno che possa affibbiargli < io?> decisamente una domanda ambigua da fare, o forse perfetta < sono un Archivista, faccio parte della Shinsengumi > ovviamente non sa nemmeno da quanto il giovane stia vagando all'interno di quella terra nuova, da quanto tempo abbia potuto conoscere e capire come funziona quel nuovo mondo < non avete nessuno?> come può un ragazzetto del genere vivere per strada ancora e ancora? Se è li da..dieci anni? Impossibile, o avrebbe trovato qualcosa, qualcuno, qualcuno avrebbe fatto qualcosa insomma! < Ame è la mia casa, lo sono anche i suoi cittadini > perfino colui che l'ha scacciato, per lei hanno tutti la stessa importanza, basta semplicemente ricordarlo a quelle menti, aprirle di nuovo. < tutto ciò che vuoi, non ti fare problemi > non che lei abbia problemi nel pagare, rimane comunque dritta, eretta su quello sgabello, prendendo il piccolo bicchierino in legno per riempirlo di sakè e infine berne un lungo sorso < ti spavento così tanto?> domanda più che lecita, seppur ci sia un lieve sorriso nelle proprie labbra morbide, in attesa di un suo dire.

23:36 Tsumi:
 La ragazza non sembra scomporsi al suo comportamento. Strana reazione, visto che di solito la gente lo evita, lo schifa o addirittura passano alle mani. Come previsto mette due sgabelli di distanza tra lui e lei, mantenendo quel suo fare di incertezza. Di certo per chi è abituato a essere maltrattato, la gentilezza non gli è affine. < Il non sapere e ignorare sono due cose diverse. > Afferma secco, quasi arrabbiato. Le iridi ancora verso di lei. La sofferenza di questo ragazzo è ovvia. < Se per vivere bisogna ignorare gli altri, allora questo mondo non fa per me. > Il tono si fa più flebile, quasi sussurrato. Si aggiusta su quello sgabello. Tanto scomodo all’apparenza ma non per chi è abituato al ruvido e freddo asfalto del marciapiede. La conferma del suo nome, la scoperta del suo clan. < Ishiba… > Come già detto, non è molto istruito purtroppo. < Fate gli Origami?> Sfrontato, ignorante ma scusato. Ha visto solo quello d’altronde, nel suo vagare in cerca di cibo e acqua. < il mio nome? > Si ferma un attimo. Ed ecco che qui viene a galla un problema mai risolto. Non se lo ricorda. < … non lo so. Puoi chiamarmi Jikken. > si chiama letteralmente “esperimento”. E’ ciò che si ricordo, le sue memorie. Il suo bagaglio, pesante come un macigno. Non proseguirà su questa discussione. < Shinsengumi? > Domanda ancora. Si, ha sentito qualcosa, ma non si è mai interessato alla vita cittadina più di tanto né ai suoi mestieri. Il vecchietto arriva e gli porta il ramen. Egli sembra più cordiale degli altri ma di certo non fa molto piacere avere un “ospite” così sporco e malconcio. E tra uno sguardo di pietà e l’altro, lui si limita a ringraziarlo con un cenno del capo della testa. Gli occhi si illuminano a vedere quel delizioso piatto e il suo profumo pervade le sue narici. Un orgasmo culinario o forse è solo la fame che gli fa provare sensazioni più forti del normale Prende le bacchette, le divide e si fionda su quel Ramen con una foga tale che rischia quasi di rovesciare la ciotola. Quello che si sente è solo uno *GNAM GNAM SBROFL* un misto di risucchio, masticazione. Qualche volta respira, non preoccupatevi. Si fermerà solo quando avrà bevuto il brodo rimanente. E si, signori e signori, abbiamo un nuovo record. Ramen mangiato in meno di venti secondi. Un applauso. < Mi spaventi leggermente meno degli altri. > Dice, iniziando a sciogliere la sua lingua. Sarà il ramen caldo. < Ma sei umana. > Lascia intendere che questo sia un problema. < Questa non è Ame. > Afferma poi, secco, senza neanche guardarla in faccia. < Ame non esiste più. > Continua, non sapendo cosa potrebbe provocare in lei queste parole. < Ame è morta. > A questo dire la fissa in volto. Quello che vedrà la Rossa sarà una lacrima che solca il volto del giovane. Essa parte dall’occhio sinistro, l’unico che è a portata di vista. I capelli gli coprono l’altro occhio. Meglio così.

23:59 Sango:
 Ascolta la sua rabbia, lascia che scivola via insieme alla rabbia, che sia anche la fame a farlo parlare in quel modo? Probabilmente. < e allora non ignorare a tua volta > quasi un mezzo rimprovero per come le si sta rivolgendo adesso, sebbene non paia aggressiva, in realtà non si è mossa da quella sua posizione, continuando a bere dal bicchierino con calma ed eleganza . Alla sua domanda non può che ridere < qualcosa di simile > soffoca ancora quella stessa risata con un colpetto di tosse, passando a qualcosa di veramente interessante, quanto la sua stessa espressione, quello che gli si dipinge nel viso, nei modi di fare, in ciò che non ricorda, e non ricordare un nome? < Jikken > no, non chiede adesso, non sarebbe opportuno. < siamo il braccio armato del governo centrale > sicura che almeno quello l'abbia sentito . Ma neppure Oji-san sembra esser schifato o disgustato dalla sua presenza, non sono in chissà quale genere di locale, qui si beve e si mangia, e la contentezza d'aver fatto un ottimo piatto è ciò che rende il vecchietto amabile, perfino alla rossa. Ovviamente cerca di ignorare bellamente i rumori del pasto consumato in velocità dal ragazzo, tra rigurgiti e tutto il resto le sarebbe passata la fame, decisamente non fa parte degli Ishiba. Un applauso per i suoi venti secondi intensi, e per il successivo dire senza sputar via nemmeno uno spaghetto, complimenti! Lei che spaventa meno degli altri? Potrebbe esser l'inizio di una barzelletta, ma ancora quello che dice, quello che narra perfino quando la vede non la desta, se non quella singola lacrima che scivola sul giovane viso. < siamo tutti umani, Jikken > tutti loro sono sbagliati, nessuno di loro è perfetto, tantomeno lei . < Ame è viva ancora in chi ricorda > suggerisce con calma, o quella loro statua di Pain non sarebbe mai stata eretta < Ame è viva nel nostro sangue, nei nostri clan, in ciò che siamo > tutti loro sono quel villaggio, nella stessa pioggia, negli stessi kami che amano e adorano < senza di noi Ame non sarebbe mai esistita > cosa sarebbe un villaggio senza i suoi abitanti? Una terra senza anima ne corpo, nulla a cui collegarla. < perfino qui, perfino adesso, questa è casa. > suggerisce, sebbene possa comprender il dolore che egli provi, un sordo dolore che anche lei prova a guardarlo. Compassione. Si, vi è questo nel proprio sguardo. < quando vidi Ame distrutta trent'anni fa, compresi solo una cosa > lo sguardo che cala verso il liquido del bicchierino, lo osserva nel suo dorato e nell'odore sottile, quasi invisibile < che se fossi stata viva io avrei potuto sempre riportarla in vita. Che se fossi stata abbastanza forte avrei potuto donare una terra al nostro popolo.. > sospira riportando di nuovo in alto il proprio sguardo < e adesso abbiamo una terra > seppur in quelle condizioni, eppure meglio che morire.

00:20 Tsumi:
 Porta il braccio al viso, andando a strofinarsi gli occhi per asciugare quelle lacrime che hanno solcato il suo viso. < Scusate. > Afferma semplicemente con voce rotta. Ascolta il suo rimprovero. Non può fare a meno di fissarla negli occhi. Non capisce. Non sa perché lei si stia impegnando a capirlo. Non l’ha fatto nessuno fino ad ora e non pensa che qualcuno lo farà mai. Ma ora questa ragazza lo sta confondendo. < Io vengo ignorato, Sango. Non so neanche perché tu ti stia interessando a quello che penso. > Lo sconforto nelle sue parole. L’immensa delusione nei confronti del genere umano che lo porta a chiudersi a riccio nel suo dolore senza vedere altro al mondo. Le mani si puntellano sulle ginocchia. Si è anche sporcato la faccia nel mangiare, ma non gli importa. E’ sazio ed è l’unica cosa importante per lui in questo momento. Lo stomaco non gli brontola più. Cerca sempre di imprimersi nella memoria queste cose. Non gli capitano spesso. < E’ un nome che mi hanno dato.> Dice, senza approfondire troppo questo tema. Non è una cosa di cui parla facilmente. Anzi, non ha avuto letteralmente nessuno con cui parlarne. < Per rispondere alla domanda di prima: No, non ho nessuno. Sono passato da una famiglia all’altra, una peggio dell’altra. Alla fine sono scappato cinque anni fa. > Anche qui, meglio non dilungarsi troppo. Non gli va di pensare a vecchie ferite. E non sono neanche quelle più pesanti. < il braccio armato..> Si ferma, ripete come un pappagallo cioò che lei dice quasi volesse imprimerlo nella mente. Rivolge il suo sguardo al vecchio. < Grazie Oji-san > un cenno del capo lo segue, stranamente educato dopo la sbafata che di certo non lo fa apparire proprio una persona a modo. La fame fa fare brutte cose. < Non mi paragonerò a certe bestie. > Dice secco. Lo sguardo si cruccia nuovamente ma stavolta non la guarda, abbassa il capo lasciando che varie ciocche di capelli nonché la sua coda vadano a coprirgli il viso. Le sue parole viaggiano come un torrente in piena per lui. Non le capisce e non le comprende. L’amore che ha Sango per questo villaggio attualmente non lo tocca < Io non ricordo. > Afferma nitidamente con un tono misto tra la rabbia e la tristezza. Il capo si erige lentamente, evitando ancora il suo sguardo. < Non ho una famiglia, un clan o chicchessia. > chiosa ancora, lasciando che il tono si alzi leggermente nella manier più naturale possibile mentre alcuni dei suoi ricordi riaffiorano. Gli occhi si alzano verso il soffitto, ormai perso nel buio della sua mente. < Qui vivono quelli che mi hanno fatto questo. > flebile nuovamente il tono. Ricordare è brutto, per lui < Non li perdonerò mai. > Il tono si fa sempre meno nitido. Si perde per qualche momento prima di scrollarsi di dosso tutto. Sgrana gli occhi, come se fosse tornato da un altro tempo. < Scusa… > Nient’altro, prima di scendere dallo sgabello e fissarla stupito. < Trent’anni fa? > La guarda, non sembra per niente mostrare più di trenta, se non quarant’anni. < Tu chi sei? > Chiede nuovamente, stranito in volto, come se fosse un deja-vu.

00:45 Sango:
 Ignora le lacrime, sarebbe troppo indelicato indicarle perfino in quelle scuse, come se esse non fossero scese ai propri occhi. Amarezza, quanta amarezza sboccia dalle labbra di quel giovane, quanto odio, disprezzo < un tempo volevo diventare Sorakage > cerca quasi di confortarlo con le proprie parole, eppure perchè non vi riesce come dovrebbe? Un nome che non gli appartiene, semplicemente un bollino donatogli, da qualunque sia la famiglia da cui viene, a cui è passato, fino al fuggire via senza altro che non la strada. Eppure non ne piange, non se ne vergogna nell'ascoltare la sua storia, ne prova quella compassione si, ma non pietà. Non v'è pietà nel proprio sguardo. L'azzurro che par quasi torbido nell'osservarlo, nel sentire ciò che ripete, ciò che fa, come parla < la tua rabbia, il tuo odio, questo ti rende umano > fa notare con calma assoluta, strano come non perda la calma in situazioni del genere, quando sono coloro che portano il proprio sangue nelle vene, quando qualcuno è portatore della pioggia perenne. Ne osserva la chioma corvina, ne osserva il capo che si nasconde mentre pronuncia le sue parole, quella storia , e quella è la storia di tutti loro, di molti di loro . < sai..> comincia , calda la voce, affabile, come una madre, una sorella maggiore < anche io ho perso mia madre, mio fratello.. il mio villaggio è stato spazzato sotto i miei occhi senza che potessi far nulla > il sorriso che ne nasce è amaro, ricordi che ancora sopravvivono < il mio clan mi ha ripudiata per anni e anni > un tasto dolente, il peggiore, seppur l'inizio della proprio fioritura. Matura adesso per comprender molte cose, anche il proprio odio, la propria rabbia. < la tua storia è la nostra storia. Siamo shinobi.. > è quella la loro croce, il loro peccato, poter utilizzare un arma come il chakra per ogni loro desiderio e per ogni loro motivazione, giusta o sbagliata che sia. Egoisti. < cosa vi hanno fatto? > per non perdonare, vi deve esser qualcosa di grande, e lo sa bene, chi porta ancora dentro il desiderio di vendetta dentro il cuore che ancora avvelena la mente, ne distorce la vista, i suoni. < non scusarti.. abbiamo bisogno di essere ascoltati > che sia la sua voce o quella di mille altri, li avrebbe ascoltati, avrebbe cercato di comprenderli. Solo per loro, sarebbe stata quella che non è riuscita molto tempo prima. Lo osserva scendere da quello sgabello, sorridendo mesta a quella domanda, no, non avrebbe confessato l'età < mi chiamavano Byakko > chissà che egli abbia mai udito il proprio nome? < Jikken, il mondo è crudele. Sta a te scegliere se morire a quella crudeltà, o elevarti sopra gli altri > un suggerimento, una visione, un bivio che un giorno troverà d'innanzi il proprio cammino e li dovrà scegliere.

01:08 Tsumi:
 Gli occhi posati su quelli suoi. Una mano ancora sul bancone poco meno alto di lui, tappetto di uno e sessantotto. < Sorakage… > Questa la sa, la massima carica del villaggio della pioggia. < Sembra proprio un bel sogni > Afferma sogghignando. Lui di sogni non ne ha più. Ormai persino il vecchio si starà facendo i fatti suoi, visto la pesantezza di quei discorsi. < Lo so. Sono umano e guardami: uno scarto della società. > Si ferma un attimo prima di proseguire. La osserva ancora, perennemente e non si capacità del perché lei sia ancora lì a parlare con lui. Sembra che voglia aiutarlo. Ma lui non è in grado di comprendere questa sorta di amore e compassione che si può provare nei confronti di qualcun altro . Nell’enfasi della discussione la sua storia lo colpisce. Sente per una volta una parte della sofferenza che prova lui, riflessa in un'altra persona. Accenna un passo verso di lei, le gambe si muovono lentamente, poiché quasi non se ne sta accorgendo. Fa due passi verso di lei. La distanza e quello di uno sgabello soltanto adesso. Un record per lui < Tu non stai cercando di capirmi. > Afferma secco. < Tu hai provato queste emozioni. O almeno in parte. > Non sa che modo le abbia provate e come le abbia metabolizzate. Non sa a che età ella ha ricevuto queste sensazioni. < Ora capisco perché stai continuando a parlarmi > Riflesso di sentimenti che si intrecciano, facendo a gara tra chi è peggio. Questo sente lui. < Quindi Sango, come sei andata avanti? Insegnami, su > Beffardo adesso, come se potesse ergersi al di sopra di lei sovrastandola con un carico di odio e dolore troppo forti. < Gli shinobi mi hanno fatto questo. Loro volevano solo potere. > La domanda terribile. Quella che non voleva sentirsi chiedere. Cosa ti hanno fatto? Rimbomba come un tamburo nella sua testa e si perde nuovamente. Sango potrà notare come le iridi sembrano puntare al vuoto, prima di esclamare un piccolo urlo < GAK ! > Subito si china su se stesso e si porta le mani al capo. Un enorme mal di testa penetra nel capo come tanti aghi affilati. < Avevo… solo sei anni. > Afferma con la voce rotta di chi sta rivivendo una sorta di incubo. < Mi hanno usato e buttato via. > Afferma in un momento di mezzo riposo dal dolore. Si alza poi, mentre il mal di testa lancinante inizia a scemare, riprendendo una posizione abbastanza vicina all’eretta. La mano destra a sorreggere il capo come se si stesse per staccare definitivamente. < Pensavano fossi morto. > Gli occhi si stringono e un sorriso pieno di dolore si pone sul suo viso. Si, persino questo è pieno di odio e tristezza. < Sono un esperimento fallito. Capisci? > Non gli ha detto tutto, ma dovrebbe avere abbastanza informazioni. Per una volta ha potuto dirlo a qualcuno. Nonostante il dolore, è riuscito a farcela. Sembra un evento incredibile. < Byakko.. > Ancora con la mano al capo. Ancora qualcosa che non conosce. Lo ripete per imprimerlo nella sua memoria.

01:34 Sango:
 < lo era > un sogno, quello che adesso non pare esserci più , s'è spento, morto insieme al passato < puoi fare quello che desideri della tua vita, anche .. abbandonarti > perchè lui è questo che sta facendo ai propri occhi, si è lasciato andare, s'è abbandonato a qualcosa che reputa più grande di lui. Racconta la propria storia, a larghe linee è quella, simile come quella di tanti altri, dolore, solitudine , amarezza, odio. Tutti sentimenti che riconosce appena li vede, così come li vede in lui adesso . Non sta cercando di comprenderlo, sa bene cosa significa provare quei sentimenti, sa molto, troppo perfino . Per lei non è una gara, non lo sarà mai, è solo la constatazione che quel mondo è marcio. < come? > solleva il sopracciglio al suo fare beffardo, a sfidarla, ad ergersi al di sopra < ho trovato nel dolore e nel mio odio la forza per poter rinascere dal mio stesso abisso > una frase che può dire tutto, che può anche non significare nulla per lui, ma qualcosa di reale e tangibile. E coloro che gli hanno fatto questo chi sono? Ovviamente loro stessi < siamo egoisti, lo siamo tutti. Chi più, chi meno, non negherò questa verità. E' qualcosa di orribile usare altri per esperimenti > una verità univoca che li vede tutti carnefici di altri, lei stessa lo è stata, eppure non è mai arrivata ad un tale livello di crudeltà. Stringe le labbra nel vederlo in quel modo, e rimpiange il non aver fatto ciò che doveva fare < e dunque ti lasci andare e ti abbandoni così? Ai più forti che hanno fatto di te quello che sei adesso? > la voce che diviene più sottile, lasciandogli il tempo di ragionare sulle proprie parole, su ciò che egli può o non può fare. Ormai le loro distanze son piccole, vicini in quella piccola parte di mondo, all'interno del calore di quel piccolo baracchino . E sarà di nuovo spettatrice di un'altra mente spezzata, di un altro essere piegato da qualcun altro, di un ennesimo esperimento fatto. Stringe i denti, stringe il petto e lo stomaco s'attorciglia. Guarda quel ragazzino, così come ha guardato anche il biondo, eppure cosa può lei? < Jikken > sussurra il suo nome, lo richiama a se, calda la voce e amara < non sei morto > sussurra a sua volta in sua direzione, una volta visto rialzarsi < sei vivo, e rendi questa tua vita come desideri, solo tu puoi farlo, nessun altro > sarà la sua stessa volontà ad elevarlo o a lasciarlo li, nella terra e nel fango < o rimarrai sempre un fantasma. > una verità orribile, ma pur sempre una verità. S'alza in piedi anche la rossa, parlottando a bassa voce con Oji-san , prima di voltarsi al giovane stesso < ogni volta che vedrai Oji-san, potrai mangiare e bere quanto vorrai > motivo del suo breve chiacchiericcio con il nonnino < questa è la tua possibilità > la mano che scivola attraverso la veste per recuperare qualcosa, un foglietto e poggiarlo sul bancone. Un nome , un indirizzo, ecco cosa vi è scritto, il proprio. < non sprecare la tua vita solo odiando > quell'odio l'avrebbe solo consumato < elevati oltre coloro che ti hanno fatto questo, e.. uccidili > sussurra, un sibilo per lui, prima di voltarsi verso l'uscita e incamminarsi oltre Amegakure. In quella giornata impegnativa, stancante perfino per lei, per la sua mente, per il proprio animo, e quel foglietto? Ci penserà Oji-san a parlare per lei "è per te questo". [end]

02:02 Tsumi:
 Per qualche attimo l’atteggiamento di sango si fa molto più sicuro. Per un attimo prova quella sensazione di timori nei suoi confronti. Il dolore alla testa del giovane va scemando, si aiuta a rialzarsi in posizione completamente eretta poggiando una mano sul bancone del baracchino e facendo forza su esso. < Uff. > Sbuffa sonoramente prima di rivolgerle nuovamente lo sguardo. Il respiro si è fatto affannoso per il troppo sforzo. < Io non… > Non sa cosa dire in un primo momento. Le sue parole sgorgano come un alliuvione e si abbattono su di lui sonoramente. < Non mi sono arreso… > Dice flebilmente lasciando che il tono di lei lo sovrasti, come se fosse impotenti di fronte a quelle scomode verità che forse non vuole assolutamente accettare. Volta il capo e poi il busto fino a darle le spalle. Si morde il labbro inferiore tanto da farselo sanguinare leggermente. Il rivolo di sangue arriva sino al di sotto del mento per poi gocciolare sul già rovinato kimono, nonché lurido. < N-no, io… non so… > Balbetta, la voce si smorza più volte cercando di reagire a quel carico di emozioni che si stanno vorticosamente combattendo nella sua mente, mentre i ricordi riecheggiano nella sua mente. Le loro risate, i loro sogghigni e le urla del ragazzino mentre lo distruggono fisicamente e mentalmente. < NON SO CHE FARE > urla, disperato come se fosse stato caricato a molla. < uff. anf…> ansima mentre la sua voce riecheggia velocemente in quel baracchino. Un attimo di silenzio prima che anche il tono di lei si smorzi fino a dirle essenzialmente che lui è…vivo. Sgrana gli occhi leggermente. Come può chiamarsi quella vita? Costretto a sopravvivere ai margini della società che lo ripudia costantemente? Beh, tranne stavolta. Dopo dieci anni. Si gira adesso, lentamente, mentre un volto all’apparenza più sereno solca il suo volto. Non dice nulla adesso. Non sa più cosa dirle. Sgrana ancora di più gli occhi mentre le dice che a quel chiosco potrà mangiare e bere tutte le volte che vorrà. < Sango, perché… > Esclama flebilmente senza finire, come se non ne avesse più la forza. < Io.. > Non riesce neanche a dirle grazie. Il suo corpo viene poi attraversato come da una scarica e percorre tuta la spina dorsale. Si rizza come un tronco e gli occhi si perdono nel vuoto. Ucciderli, lo aveva desiderato così tante volte che ormai non ci faceva più caso. La lascia andare senza avere il tempo di dirle qualcosa, di ringraziarla, di niente. < Aspetta! > Ma lei se ne va. Da le spalle al vecchietto che subito dopo essersene andata Sango, gli parla. Una semplice frase, un piccolo biglietto, che cambierà il suo andazzo quotidiano. No ma che dico, la sua vita. [end]

Sango e Jikken si incontrano dopo che il giovane senzatetto è stato buttato fuori da un ristorante mentre mendicava del pane.
Sango lo porterà a mangiare qualcosa e nascerà un confronto burrascoso, ricco di empatia, traumi e taaante brutte emozioni.
Il finale è da lacrime strappastorie