Il consiglio della montagna
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Giocata dal 14/09/2021 19:39 al 15/09/2021 00:47 nella chat "Nuovo Monte dei Volti di Pietra"
[Piedi della montagna] Una serata come tante altre. Il sole ha abbandonato i cieli di Kagegakure ormai da diverse ore, mentre la sua gemella pallida ha preso posto nel cielo. Palcoscenico conteso per lei... conteso con un banco di nubi che di tanto in tanto ne offusca la bellezza con la propria presenza minacciosa. Potrebbe piovere da un momento all'altro, eppure questo a Kagegakure non interessa. La vita sotto l'ampia volta celeste continua senza troppi ripensamenti. Come potrebbe essere altrimenti? Come potrebbe la popolazione preoccuparsi di un evento tanto effimero come una tempesta, quando è stata in grado di soprassedere all'enorme cambiamento che ha stravolto il mondo ninja? Eppure c'è qualcuno, su questo palcoscenico, che non può fare a meno di notare i dettagli. Di soffermarsi anche sulle piccole cose. E' proprio per questo motivo che, dopo aver portato la mano all'estremità del kasa ed averlo sollevato appena da sopra il viso, Tenjiro spezzerà il silenzio che lo ha visto protagonista per diverse ore, con una tanto semplice quanto scontata esclamazione. <Mh... sta per piovere.> L'occhio perlaceo, l'unico utilizzabile, si sposta dai faccioni di pietra degli Hokage verso il cielo e si perde tra le nubi, esattamente come la luna. Sosta solitario proprio ai piedi del montagnone artificiale, che è stato nell'ultima metà giornata il suo punto di riferimento per profonde riflessioni. Adesso è lì, in piedi, impossibile da non notare per via della sua stazza e del suo abbigliamento eccentrico. E' difficile contare quanti strati di tessuto abbia addosso, invero, partendo da un semplice kimono nero che copre tutto il suo corpo, eccezion fatta per il petto, e passando all'haori bianco inforcato con fierezza, per poi concludere con il giaccone rosa dai motivi floreali, semplicemente poggiato sulle spalle come decorazione. Una benda nera compre l'occhio destro, mentre un cappello di paglia decisamente non necessario, vista l'ora, non fa altro che alimentare l'eccentricità del soggetto. <...> Tira un lungo sospiro, mentre dona le spalle a Konoha e Kagegakure tutta. Ormai il tempo stringe ed un'altra giornata sta volgendo al termine. Forse è il caso di tornare a casa. [Piedi della montagna] Questa volta le nuvole non lo riparano dal fastidioso sole, bensì si divertono a coprire la pallida luna, ben più amichevole nella sua dolce luce argentata. È ancora giovane, la luna, la lasciamo a divertirsi con le nuvole, visibili solo come fumo nero su sfondo nero. <Magari.> è una voce ferma, a rispondere all’uomo dagli occhi perlati, e dall’ombra compare la figura del biondo. Al vento svolazza una semplice cappa nera a celare completamente il corpo tornito dalla vita infame che gli è capitate e che ha dovuto affrontare. Un paio di scarponi alti fin quasi al polpaccio emergono dal lembo inferiore. Poi null’atro. Il bavero della cappa non è chiuso e alzato a celare la figura fino al naso, bensì aperto. Emerge il collo muscoloso che s’immerge in una maglia di tessuto nero e il volto affilato, decorato ai lati del cranio da draghi neri. I capelli biondi sono raccolti in una coda mal fatta che lascia libere due ciocche ad incorniciare il volto affilato. Puntato di fronte a se, verso lo Hyuuga, lo sguardo nero come la peggiore delle notti decorano un volto impassibile, austero. Ci è finito per sbaglio, a dire il vero, lì sotto a quel monte dei volti, quasi curioso. Non ha disdegnato l’idea di un po' di esplorazione. È probabile che debba starci parecchio, in questo mondo, tanto vale conoscerlo. E perché mai escludere dal processo quei maledetti mangiaramen? Sorride solo mentalmente a quel termine, ormai retaggio di un mondo inesistente. Ora siamo tutti d’amore e d’accordo no? Viviamo in armonia in questo paradiso sulla terra. Col cazzo. Ovviamente non è ancora capace ad avventurarsi in giro senza il suo chakra, avrebbe già in precedenza alzato gli avambracci in modo da portare le mani all’altezza del plesso solare e intrecciare le dita nel sigillo della capra, per poi evocare dalla sua mente distrutta e frammentata l’energia psichica, che sarebbe presto stata mischiata con quella fisica, fonte del battito del suo cuore, della vita stessa, per generare un’energia nuova, in grado di scatenargli quel brivido che tanto bene conosce. <Chi sono?> Chiederebbe poi. Nient’altro, non un movimento chiarificatore, non un accenno. Potrebbe essere che il biondo stia chiedendo a Tenjiro chi egli sia… o forse, più probabilmente, sta chiedendo chi sono i volti di pietra sopra di loro, chi lo sa [SE chakra On] [Piedi della montagna] Una serata iniziata solitaria, ma non destinata a morire come tale. Le poche parole di Tenjiro trovano un interlocutore improbabile, che in un primo momento quasi lo spiazza. <Mh?> Mugugna interrogativo, volgendo il capo verso tergo quanto basta per poter mettere a fuoco la sagoma del nuovo arrivato con la coda dell'occhio. Dell'occhio buono, s'intende. <Non ho mai lasciato che le condizioni atmosferiche ricoprissero un ruolo fondamentale nella mia vita.> Ammette, seppur l'altro non glielo abbia chiesto. Il contatto visivo periferico non durerebbe molto, invero. Lo sguardo viene riportato sui faccioni di pietra, mentre le braccia si incrociano ad altezza dell'addome in una persa solidale presso gli avambracci, all'interno delle ampie maniche dell'Haori bianco. <Mi chiedo... cosa ti spinga a bramare la tempesta.> Una domanda involontariamente più profonda di quanto ci si potrebbe aspettare. Chissà quale tempesta l'altro effettivamente brami. E chissà se Tenjiro, invece, non sia portatore di quella quiete eterna in grado di placare anche l'animo più affranto. La sua espressione, infatti, è placida e quasi felice. Per nulla portavoce di quello che nasconde dietro di se, ma alla fine... quando ti abitui a portare una maschera per tutta la vita, diventa essa stessa la tua faccia no? E' il viso con cui il mondo ti conosce, quindi, ti appartiene. E proprio su quel viso, tra la barbetta corta, le labbra si inarcano in un sorriso vagamente divertito, probabilmente scaturito come conseguenza della domanda appena ricevuta. <Yare, yare...> Borbotta, apparentemente messo in difficoltà. <Spero che tu non mi stia seriamente chiedendo di riconoscerti... ho una pessima memoria!> Mente. In realtà Tenjiro ha un'ottima memoria e, come già accennato, fa molto caso ai dettagli. Tuttavia, cerca anche di sembrare sempre estremamente modesto e mediocre. Non ama risaltare. <Se invece ti riferisci a loro...> alza appena il viso, in maniera tale da indicare gli hokage con lo sguardo. <... li chiamano in un sacco di modi.> Tergiversa inizialmente, ridacchiando un po'. <C'è chi li chiama Eroi.> Preambola. <Chi li definisce la rovina di questo paese...> Sono in tanti ad avere opinioni contrastanti su di loro. <... e anche chi li definisce modello da cui apprendere.> Si stringe nelle spalle, non rivelando quale sia la sua personalissima visione. <In linea generica, sono conosciuti come Hokage. Sono coloro che, nel corso del tempo, si sono fatti carico di responsabilità più grandi di quanto le spalle di un uomo potrebbero sopportare.> E va al di la di quanto siano stati efficienti o meno. Questo fardello è e sarà sempre troppo gravoso per una singola persona. <Devo dedurre che non sei di queste parti...> Ma potrebbe sbagliare. Solo infine si gira di lato, offrendo il fianco sinistro al biondino e posando meglio lo sguardo su di lui. Tenjiro, come sempre, non attinge al Chakra se non è indispensabile. Non si aspetterebbe mai un assalto in piena Konoha... e anche se dovessero manifestarsi intenti ostili, cercherebbe di evitare lo scontro a prescindere. Pacifico, fino alla fine. Un viso che dice tutto, in quella calma sfacciata. Parole che vengano ascoltate, senza che apparentemente lascino segni evidenti sul viso del biondo, per ora almeno. Continua, lentamente ma inesorabilmente, a camminare con andatura costante finchè non arriva a un paio di metri da lui. A quella domanda indiretta l’angolo destro delle labbra si solleva leggermente, mentre scuote il capo <Nemmeno io ho brame sul meteo.> Sentenzia con una nota di noncuranza nel tono <Al massi la tenue speranza che si riserva alle cose futili> Che cambia, alla fine, se piove e meno? Niente, giusto un odore leggermente più gradevole, quello della pioggia. Lo stesso angolo destro delle labbra si tira ancora fino a disegnare un ghigno divertito sul volto affilato <So bene chi sono> ammette. Si potrebbe percepire quasi un intento tranquillizzante del tono, ma è sulla stessa falsariga ironica dell’altro, niente di più. Ascolta tutta la descrizione dell’altro, le varie sfaccettature, flessioni ideologiche su quelle facce di pietra <mh> sembra quasi riflettere, annuisce lentamente una volta, mentre sposta anche lui lo sguardo verso l’altro <Simboli, mh?> una parola. Secca, per definire quella montagna. Simboli di qualcosa, qualsiasi cosa si voglia leggere in un simbolo. Quindi quelli sono gli Hokage. Resta a contemplarli. <No. Infatti.> Conferma il dire dell’altro <Shinsei.> D’improvviso si presenta. Senza scostare lo sguardo da quei monti, come una statua che guarda al cielo. Impassibile < Quali responsabilità e fardelli portano, oggi, i ninja di questo…> irrigidisce la mascella <settore> spinge fuori con rabbia quella parola. Solo adesso sposta lo sguardo sull’altro, cerca il suo, quasi ci potesse trovare informazioni preziose. Piega impercettibilmente il capo di lato, verso una spalla, curioso dell’altro.[ Chakra On] [Piedi della montagna] Socchiude appena le palpebre dell'occhio sinistro, accennando ad un sorrisino. <Perdonami, avevo inteso altro.> Si scuserà per la domanda evidentemente impertinente. Le mani restano raccolte nelle maniche del giaccone e il profilo sinistro di se resta offerto all'interlocutore. Si prospetta non esattamente il più giocoso degli incontri... e la sensazione la ha a pelle. Un primo scambio di parole, ed ecco la prima impressione. <L'importante è averle... quelle futili cose per cui riporre la tenue speranza. Più importante di quanto possa sembrare.> Se da un lato il ragazzo sminuisce il discorso, dall'altro Tenjiro cerca di ridare peso e spessore anche al più flebile ed effimero dei desideri. Anche le piccole cose, come il piacere provocato dall'odore della pioggia, possono cambiare la vita di un uomo. <Mh.> Mugugna pensieroso. <Proprio così. Simboli.> Breve preambolo accondiscendente, prima di passare ad una trattazione più specifica del concetto. <Poi ognuno vi scorge quello che desidera, ma... resta il fatto che, dal momento in cui il tuo faccione viene scolpito nella roccia, inevitabilmente solca anche il tempo e vi lascia la propria impronta.> Si volta completamente, in maniera tale da offrire il proprio fronte al ragazzo. Hanno la stessa altezza, ma Tenjiro è forte di qualche decina di anni in più... quindi è più pesante ed imponente. Come se non bastasse, cappello e vestiario lo rendono enormemente voluminoso, oltre che in grado di celare il vero stato del proprio fisico. Difficile dire se sia in forma o meno. Ad ogni modo, l'Otino si presenta e Tenjiro non può esser da meno. <Tenjiro, della casata Hyuga.> Inutile nasconderlo. Alla fine, il novanta percento delle persone che incontra finisce per riconoscerlo immediatamente per via dell'occhio perlaceo. Shinsei, infatti, non avrebbe tardato a scoprirlo ora che il loro sguardo si incrocia e che i dettagli del suo viso diventano chiari e accessibili. Anche la presenza della benda sull'occhio. <Mh?> Mugugna interrogativo, quando l'altro pone la curiosa domanda. La presa delle braccia viene sciolta e la mano destra viene allungata verso il mento, così da poterlo massaggiare mentre in preda ai pensieri. <Non sono mai stato un amante dei fardelli e delle responsabilità.> Mente ancora. Da trent'anni è colpevole di un'abnegazione senza precedenti, ma nei primi anni della sua vita... beh, la strada da shinobi che gli si prospettava innanzi era luminosissima. Poi il disastro. <Altrimenti lassù ci sarebbe anche la mia faccia, credo.> Ridacchia per sdrammatizzare. Effettivamente l'età per diventare Hokage, la ha(?). <Tuttavia, se proprio devo abbozzare un pensiero che sia quanto più serio possibile e non un fallimentare tentativo di dissimulazione...> si critica da solo per il suo pessimo senso dell'umorismo. <... penso che ormai fardelli e responsabilità non siano più un problema di... -settore-.> Lo guarda seriamente, ma senza tocco inquisitorio nello sguardo. <Ormai le responsabilità si concentrano tutte lì...> Con la mano destra andrà ad indicare il palazzone che si erge proprio al centro di tutti i distretti. <Ci hanno sollevati da ogni sorta di problema, pare.> E il sorriso beffardo che ora ha in volto, non può che essere testimone della non poi tanto velata ironia insita nella sua ultima affermazione. Torna a tacere, aspettando una reazione dall'altro. Hanno uno sguardo opposto, i due, bianco contro il nero, che poi non per forza contro, è proprio questo he stanno facendo, girando l’uno intorno all’altro come un grande tao dialettico. Oh si, i simboli sono fatti per essere interpretati, e le interpretazioni dei simboli dipendono dal contesto, non sono uguali. <Immagino di si> Commenta semplicemente guardandoli <è un discorso che vale anche pensando che questa montagna è finta?> Chiede cercandone ancora lo sguardo <come ogni casa, di ogni settore, di questa città-stato> Completa, non vuole mica essere una critica a quella montagna, o a Konoha, no, mira più in alto. Assimila quel nome con la tranquillità di chi non ha mai sentito il nome Hyuga. E non sono stanti. Eppur non sfugge quella benda, che viene annodata al cervello insieme alle informazioni che, volontariamente o meno, sta acquisendo. Al suo successivo dire torna un ghigno divertito sul volto. <Magari non ci sarebbe stata così male> parla al passato. Come se fosse veramente solo una questione chiusa da tirar fuori per ironia, come fa lo Hyuga. Ma la successiva risposta dell’altro non tarda ad arrivare, e nel sentir riassunto così efficacemente il crollo del mondo ninja, il biondo sposta lo sguardo e ruota leggermente il capo, quel tanto che basta per far finire gli occhi completamente in ombra, mentre il muscolo delle mascelle fa ballare i draghi che adornano i lati del cranio <mh, immagino di si> anche queste parole sono spinte tra i denti, quasi con rabbia. Non si capaciterà mai di come sia stato possibile che tutto il mondo ninja abbia rinunciato in questo modo. <vi…> sibila correggendolo, lui non è stato sollevato da un bel niente e si esclude. Si escluderà sempre. <Tra le responsabilità concentrate in quel palazzo luminoso c’è anche quella alla quale attribuire quella benda?> chiede. Diretto, mentre torna a guardarlo.[ chakra on] [Piedi della montagna] Assimila le parole dell'altro, mentre lancia la coda dell'occhio alla montagna. <...> un breve frangente silenzioso anticipa lo schiudersi delle labbra per un rinnovato flusso di pensieri. <La montagna potrà anche essere finta, ma non lo è il solco lasciato nel tempo da quelle facce, prima che tutto cambiasse.> Sempre per collegarsi al suo discorso precedente. Non tutto è falsificabile. Non tutto può essere cambiato. <Quindi immagino di si... il discorso è valido.> Incrocia nuovamente le mani ad altezza dell'addome, riassumendo una postura contemplativa estremamente placida. <E' come avere una fotografia per ricordo. Non è la realtà... è una copia di quello che è stato, la cui unica utilità è mantenere vivo il ricordo.> Nella buona e nella cattiva sorte. <Questa...> Konoha. O la montagna, che dir si voglia. <... è una fotografia di tempi migliori.> Perchè fossero migliori resta un mistero. Le spiegazioni sarebbero migliaia: dalle più banali a quelle più recondite e impensabili. Come al solito, però, Tenjiro mantiene quel suo fare un po' criptico e non si sbilancia oltre in commenti che rischino di ledere la propria sfera personale. All'ironizzare dell'altro risponde con un sorrisino amaro. Vorrebbe nasconderlo, ma non ci riesce troppo. <Magari si...> Ci sarebbe riuscito sul serio? A diventare Hokage? La verità è che con i se e con i ma non si è mai scritta la storia. La verità è che quella storia ormai è stata scritta con fatti certi e tra questi fatti certi c'è l'evidenza che non è stato in grado neanche di riportare indietro entrambi gli occhi da quella missione di trent'anni fa. <In un'altra vita cercherò di essere meno pigro.> Sdrammatizza, ridacchiando in maniera sommessa. Le palpebre si assottigliano quando nota la reazione altrui. Non commenta nulla a riguardo, almeno inizialmente, ma è evidente che il discorso sia abbastanza delicato per l'altro. <Non fraintendere...> cerca di mettere una pezza riparatoria al discorso. <... guardo questa fotografia con estrema malinconia.> E nostalgia. Il nuovo assetto non gli piace, ma... <Ma temo che non ci si possa fare nulla.> Non più ormai. Kagegakure è diventata una realtà troppo consolidata e radicata per poter cambiare per volontà dei nostalgici. Ci sono poteri più forti in ballo. Infine, la domanda cruciale. Quella che Shinsei avrebbe potuto evitare di fare. Lo sguardo di Tenjiro si spegne appena e anche il sorriso lascia spazio ad un'espressione vacua e priva di quella serenità che di solito lo contraddistingue. <Credimi, vorrei tanto che fosse tra quelle.> Ma la verità è che quella benda è sulla sua faccia unicamente per colpa sua. Ancora una volta, non spiegherà un bel nulla a riguardo. <Cosa ti porta al limitare di Kagegakure a quest'ora?> Cerca di cambiare discorso. Non vuole soffermarsi sul passato o su mancate responsabilità. <Ad occhio e croce...> torna a sorridere appena. <... non mi sembri il tipo che necessita del consiglio della montagna.> Lo guarda, mentre lentamente la sua serenità viene ripristinata, come una ferita che cicatrizza. Ascolta la risposta dell’altro. La pondera, la valuta. Sembra sensata, forse si, ha ragione, il discorso resta valido. Fotografie. Che belle le fotografie. Abbassa lo sguardo, per la prima volta, finendo di nuovo nascosto dall’oscurità. Chiude gli occhi, sbatte le palpebre più volte. Lui ha le sue di istantanee. Orrende, marce, infide, gli saettano davanti agli occhi, tutti i bei ricordi che la sua mente dilaniata evoca ogni volta <..tempi migliori> mastica quelle ultime due parole. Oh se se li ricorda, i tempi migliori. Eppure una fitta di nostalgia lo attanaglia. Perché, la nostalgia? Tira su di nuovo il capo. Non è niente. Non è successo niente. In un baleno si ricostruisce il volto austero, che emerge dall’ombra, perfetto. Pronto a rispondere <Dici che serva addirittura un’altra vita?> Beh, la prospettiva dall’età dell’altro il nostro biondo non la conosce. Il fardello che si porta dietro. <mh? Proprio nulla?> Chiede, e nel chiedere, le labbra hanno un fremito. Impossibile dire dovuto da cosa solo guardando quelle iridi così profonde da ricordare l’abisso. La coglie, quella frazione di un attimo in cui il mare placido perde la sua calma. Quell’occhio che diventa vacuo. Resta in silenzio al suo dire. Aspetta qualche attimo prima di schiudere di nuovo le labbra <Mi dispiace.> è detto in modo imperativo, ma non era tenuto a dirlo. <Ma questo è perché no, non è vero che si possono delegare tutti i problemi a> alza di scatto il braccio destro, rivelando le dita solide chiuse in pugno, eccezion fatta per l’indice, puntato sul palazzo luminoso e alto al centro della città <a quel palazzo.> La voce è diversa, non pacata c’è del sacro furore in quella voce. Un altero, nobile, antico furore, che quasi non s’addice a quel biondo tatuato <Sono arrivato in un finto paradiso che si crogiola nei palazzi e nei negozi ma nasconde sotto al tappeto cuori spezzati, anime indomabili e…bende sugli occhi> Parla di se, parla di lui, parla dei pochi che ha conosciuto e che non sono riusciti a fargli cambiare idea sull’astio che prova per quel posto. Attimi di silenzio che gli servono per abbassare l’indice accusatore che viene coperto dalla manica della cappa. Quando parla, è il tono di sempre a condire la sua voce limpida <No, infatti.> come la prima volta che ha chiesto <io vengo dal villaggio di Oto> Villaggio, non settore.[chakra On] [Piedi della montagna] Dopo tanti anni di abnegazione, impari a rigenerare le ferite dell'anima ad una velocità impressionante. O meglio... impari ad arrestare l'emorragia e stabilizzare la ferita. Questo tipo di lacerazioni non guariscono mai. <No, non credo che serva in realtà.> Ammette sorridente. E spiegherà immediatamente il perchè. <E' soltanto un modo comodo per continuare a procrastinare qualcosa che non avrai mai la forza o la voglia di fare, essendone perfettamente cosciente.> Eppure le cose possono cambiare. Sulla tua strada puoi incontrare qualcuno o qualcosa che cambia drasticamente la tua vita. Nel bene o nel male. Trent'anni addietro Tenjiro ha incontrato qualcuno che ha influenzato drasticamente le tre decadi seguenti. Perchè questo non deve poter accadere di nuovo e in meglio? Lo sguardo perlaceo permane sulle iridi scure del suo interlocutore. Non teme il contatto visivo diretto e sostenuto, anzi. Arrivati ad una certa età, si comincia ad arrogarsi dei diritti che magari potrebbero anche non propriamente spettare. <Cosa vorresti fare?> Domanda retorica che non aspetta propriamente una risposta. Ne suggerisce una di tasca sua. <Scatenare una rivolta popolare per ripristinare la situazione precedente?> Ancora una domanda che non aspetta risposta. Anzi... gliela darà direttamente lui la risposta. Una risposta in perfetto stile Tenjiro. <Io non mi augurerei mai una faida interna tra villaggi.> Secco. Non c'è sorriso sul volto ora che si parla di cose così delicate. <C'è gente che, per amor del passato, sarebbe disposta a muovere guerra a quel palazzo.> Non lo indica più. Ormai è palese che sia il fulcro dei loro discorsi. <Ma è troppo semplice compiere un gesto del genere...> magari perchè si è in possesso del potere sufficiente per mettersi in salvo, o addirittura vincere la guerra <... mentre a scorrere è il sangue di tutti coloro che non hanno la forza per opporsi al flusso degli eventi messo in moto al di la del proprio volere.> E' un discorso complicato e forse sta esprimendo il concetto in maniera troppo astratta. <Per quanto abbia un solo occhio a disposizione...> ironizza ancora, alleggerendo il discorso. <... ho visto tanto. E ho visto gli stessi errori ripetersi ciclicamente. Lascia che ti dica... tra questi errori, non ho mai sopportato le guerre fondate su ideali personali, ma che sull'altare vedevano il sangue della comunità.> Forse si sta dilungando troppo. <E anche se fosse...> Lo guarda dritto negli occhi. <... anche se la popolazione stessa facesse fronte comune per riottenere ciò che è stato...> Indica le alte mura che proteggono Kagegakure. <Tra noi e la vecchia Konoha ci sono proprio le creature che ci hanno costretti a questa pacifica convivenza.> La situazione non è propriamente così facilmente approcciabile. <Ammesso che ci sia un modo per cambiare le cose...> appunto, ammesso che ci sia. <... richiederebbe sicuramente tempo, pazienza, abilità e ancora tempo.> Sarebbe un processo lento. Lui ci ha pensato, ma ormai è alla soglia del mezzo secolo... quella doppia dose di tempo non la ha nella dispensa. Sospira profondamente, accogliendo il risentimento dell'altro. Non può dargli totalmente torto, ma Tenjiro non è un animo ribelle e, di conseguenza non fomenta questo tipo di sentimenti. <Comprendo le tue perplessità.> Tuttavia il tono lascia presagire che ci sia dell'altro. <Ma devi anche capire che, oltre ai cuori spezzati, le bende e gli animi indomabili... ci sono anche vite che sbocciano or ora. Ci sono animi pacifici e desiderosi di calma. C'è gente che, all'ombra di quel palazzo, si sente al sicuro.> Si, sta decisamente parlando troppo. Tira un altro sospiro, prima di riprendere. <Rifletti su questo...> E gli donerà uno spunto per ragionare. <Quello che vedi...> indica Konoha estendendo la mano. <... è lo specchio della società. Il sentimento comune. Se la popolazione non fosse d'accordo con l'attuale soluzione, probabilmente si sarebbe già ribellata. Il palazzo starebbe andando già a fuoco.> E invece no. I villaggi esistono e coesistono in una nuova forma. <Questo significa che gente come me, o te... è una minoranza. Faremmo prima ad andar via, piuttosto che cercare di cambiare le cose. Sempre se ci fosse un posto dove andare.> Un'idea la avrebbe, ma è meglio che la notte la custodisca in gran segreto. Si stringe nelle spalle, aprendo la bocca per un'ultima volta. <Ho già visto quello sguardo, Shinsei-san.> Si prende un pizzico di confidenza. <L'astio non cambierà le cose... e non allevierà il tuo peso.> O se le cambierà, non sarà in meglio. Eccola, la corda giusta. Lo sguardo nero s’affila e come una lama nella notte affonda nel bianco perlaceo dell’altro. Lo osserva, i dettagli del viso vissuto, la barba, le labbra, il naso, ogni singola reazione. Osserva le labbra muoversi godendosi ogni movimento dei muscoli dei tendini, come se in quei dettagli potesse trovare chissà quale verità parallela da leggere. Le orecchie ascoltano quelle che, di fatto, sono le supposizioni dello Hyuga. Supposizioni su cose che il biondo potrebbe voler fare. Eppure mentre vengono enunciate, non una parola viene proferita per contribattere. Shinsei è intento a leggere altro, a leggere dell’uomo dietro a quelle parole, del calore che impiega nello spiegare perché eventuali cose mai proferite del biondo potrebbero fallire. Cos’è che lo muove così tanto in difesa di quel palazzo? Cos’ha perso di così importante da portarlo ad accettare di indossare da solo il giogo e difendere l’aguzzino? Cercano quei neri coltelli nella notte, senza trovare niente. Poi una pausa, un sospiro. Sbatte una volta le palpebre il biondo, e di nuovo parole da ascoltare, concetti da assimilare. Sui quali riflettere. Lo sguardo nero torna a guardarlo, e si socchiude appena nel sentire le ultime parole. Non un tremito, non una reazione a tutto l’intero discorso. Che lo Hyuga abbia parlato a una statua? Eppur si muove, Shinsei, compiendo di nuovo quel microscopico movimento che, nel gioco dei lampioni in una notte con troppa poca luna, regala l’oscurità al suo sguardo che non è più in quello dello Hyuga ma non è nemmeno più rintracciabile, nel suo elemento oscuro. <Grazie, Tenjiro> Non usa nomignoli, non li conosce. Ma pronuncia la parola prima del nome dell’altro con una gravità solenne. Quel tono di voce che lascia intendere che per lui è importante, quando ringrazia. <Voglio lasciarti anche io qualcosa su cui riflettere.> Torna più profondo e austero e… detta così, da uno sconosciuto nell’oscurità, ha un che di minaccioso <Simboli, mh?> richiama, con l’esatta dicitura, una frase già detta, ma rivolta ai volti degli Hokage <interessante, tu vedi un simbolo di sicurezza per le generazioni future, io un simbolo della paura dell’esterno che attanaglia tutti. Shinobi e persone normali> alza il volto di scatto <Shinobi e persone normali, Tenjiro Hyuga. Non sono la stessa cosa. Gli Shinobi hanno l’abilità di risvegliare ed utilizzare l’energia della terra, l’energia che è insita in loro stesso. E un simile dono viene represso per paura.> Potrà incontrarlo di nuovo, lo Hyuga, quello sguardo nero e profondo, adesso a solo un paio di passi di distanza, potrà percepirlo anche nel vibrare della voce, quel qualcosa in più. Ma no, non è astio. C’è una fredda lucidità nelle sue parole. Perché mai una persona appena arrivata dovrebbe avere astio? Ci sono persone che vorrebbero solo guardare il mondo bruciare. Senza astio. Con una tremenda lucidità priva di emozioni negative. <Buona serata, Tenjiro> mentre pronuncia queste tre parole si volta <Sei un…> mangiaramen? <uomo con cui vale la pena passare il tempo.> Sentenzia. Lo giudica. Comincia, lentamente come è arrivato, un passo davanti all’altro, comincia a camminare verso l’oscurità del vicolo dal quale è sbucato, la cappa sollevata dal vento. Eppur si ferma, un’ultima volta, alza il naso affilato, verso quel palazzo < “Tutto è luce”> l’ha letto, da qualche parte. Riprende a camminare, lento, fino a sparire, come un’ombra <Dove la luce è più forte, le ombre sono più profonde>. [END] [Piedi della montagna] Sbatte le palpebre un paio di volte, ascoltando le parole dell'altro. Esattamente come è stato per lui, attende che l'altro finisca in religioso silenzio. Rispetto dovuto a chi, a sua volta, ne ha avuto per l'altro. C'è del vero in quello che Shinsei dice, e Tenjiro più di tutti sa bene che non esiste solo nero e bianco. La vita è un'infinita scala di gradazioni di grigio. Le sfumature sono le più disparate. Per questo comprende quando l'altro espone la propria visione. <Il modo in cui ognuno di noi percepisce il mondo... è spesso unico ed inimitabile.> Salvo per i macro concetti. Quelli possono essere condivisi su larga scala. <Tuttavia, se posso permettermi una considerazione personale...> l'altro è libero di accettarla o meno. <Non è quel palazzo che va distrutto, se ciò che vuoi esorcizzare è la paura dell'esterno.> E lo dice, a sua volta, con una solennità che fino alle ultime fasi del discorso non ha mai avuto. <E' l'Esterno, che va affrontato. E' lì che vanno riversate la forza della terra e dell'animo degli Shinobi.> E questo è il suo pensiero nei confronti di Kagegakure. Quando riacquisterà le piene capacità da ninja, dirigerà le proprie attenzioni all'esterno. <Ricorda sempre che il timore nei confronti delle arti ninja, è nato perchè chi ne era il massimo rappresentante non le ha usate nel modo giusto.> Lo guarda, sincero e tranquillo. <Appena entrato in accademia scoprii di avere un'innata propensione per l'Arte del Fuoco.> Il Katon. A quanto pare sono le fiamme ad ardere nel Chakra di Tenjiro. <Ho sempre volutamente evitato di usarla.> Perchè è pericolosa. Perchè il fuoco distrugge. Perchè il fuoco uccide. Perchè il fuoco difficilmente si può controllare. Con tutto questo cosa vuole dire? <Se ci fossero più autocontrollo e consapevolezza, non servirebbe neanche parlare di repressione.> Scuote il capo, abbassando appena il kasa. <Sono proprio quei conflitti che ti ho citato, che enfatizzano e aggravano la necessità della repressione. Ottengono l'effetto opposto di quello sperato.> Un invito per l'altro a riflettere bene su cosa fare della propria vita. Sul ponderare bene i passi da muovere, in virtù dell'obiettivo da raggiungere. Alla fine sdrammatizza di colpo, solleva daccapo il cappello e, infine, lo sfila via. La coda corvina sventola al vento, mentre le labbra si schiudono un'ultima volta per il congedo. <Sono solo un vecchio shinobi che parla troppo. Ma per quel che vale, sappi che questa chiacchierata è stata piacevole e... doverosa.> Un aggettivo particolare, che probabilmente Shinsei non si aspetterà. Tenjiro soffre un po' della sindrome da crocerossina. Laddove un anima si può salvare dall'oblio, lui ci prova. Conclude con un'ultima battuta di rito. <Io preferisco la penombra, sai?> palesemente ironico. <Specialmente quando tira un po' di venticello. Si riposa da dio.> E sorridente lo guarderà allontanarsi. <Arrivederci ragazzo mio.> E con la stessa premura di un padre che non ha mai conosciuto il suo figlio, borbotterà a bassa voce quando Shinsei sarà ormai lontano. <Potrai ringraziarmi quando quegli occhi brilleranno di una luce diversa...> Lo recupererà. Magari potrà anche aiutarlo a riversare la sua collera contro le creature divine... e troverà chi lo affiancherà nel progetto di ricostruzione del passato. Tante congetture, nessuna certezza. La volta celeste ingloba tutto con la sua oscurità, custodendo il segreti del mondo e tutto ciò che non è più il caso di narrare. ||