Persino nell'oscurità è possibile trovare la luce
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Giocata del 01/09/2021 dalle 09:28 alle 18:41 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Casa di Kan - Camera -> Cucina (?)] Sono incamminati insieme, mano nella mano verso casa di lui. Indossa una maglietta particolare, sembrano due elementi cuciti insieme, una canottiera bianca che le fascia la spalla destra, su cui sembra cucina una t-shirt viola, che le copre la spalla sinistra e il resto del busto, su di essa diversi Kanji stampati di colore bianco, dal significato più disparato, paiono gli elementi del Chakra. Le gambe sono racchiuse in quei jeans strappati in più punti, lasciando scoperta la candida pelle, ai piedi delle scarpe da tennis bianche semplici. I capelli sono sciolti, lasciati cadere sulle spalle, con se ha una borsetta nera, contenente cellulare, chiavi di casa, portafogli e cuffie enormi blu. La mano libera viene utilizzata appunto per recuperare il cellulare, sul quale vengono digitate poche brevi frasi per la madre: "Sto andando a casa con Kan. Kushina è morta. Glielo hanno detto ora. Non rientro." Il mezzo di comunicazione viene riposto nella borsa, non attende risposta, non le importa di leggere nulla però i genitori si sarebbero preoccupati non vedendola rientrare. Gli occhi blu sono leggermente arrossati, a causa delle lacrime versate che ora sono cessate, come se in quel silenzioso moto debba esserci una qualche forma di rispetto verso il dolore altrui. Si conoscono da mesi, dapprima lui era quel tipo fastidioso che non rispettava minimamente il di lei spazio personale, poi è diventato il ragazzino interessante che fingeva di essere qualcun altro. Sfondato quel muro di distanza lentamente si erano avvicinati, tanto da considerarlo un amico, un confidente. Il bianco le si era affezionato, tanto, troppo, considerandola l'unica in grado di abbattere quelle finte barriere, l'unica a poterlo veramente sfiorare nelle profondità dell'animo. Innamorato di qualcuno occupato, fisicamente, mentalmente ed emotivamente con un altro, un ragazzo che aveva tutto ciò che potesse desiderare il Konohano e che per uno strano gioco del destino lo aveva lasciato. In quella strana relazione i due si erano uniti ancora di più, lei troppo fragile per stare in piedi, piena di dubbi, di incertezza, non libera di provare sentimenti diversi dal dolore, dal rammarico. Quel supporto silenzioso e sofferto offertole dal Genin ora doveva essere ricambiato, vuole ricambiarlo in tutto e per tutto, ora che per la prima volta è lui a faticare a reggersi in piedi. Giungono all'ingresso della dimora di lui, attende che apra la porta per poi trascinarlo all'interno con se. Toglie le scarpe e le abbandona all'ingresso, probabilmente imitata dall'altro, senza dir nulla tornerebbe a tirarlo con se, in direzione della camera da letto dell'albino. Una volta giunti a destinazione, se lui non avesse opposto resistenza alcuna si sarebbe finalmente rivolta a lui, sguardo blu a ricercare le dorate, labbra che dopo parecchio silenzio si schiudono per parlare con decisione, un tono che non ammette nessun tipo di replica: << Ora ti metti comodo e ti infili a letto. Io vado a preparare qualcosa da mangiare e torno >> Non aspetterebbe molto prima di riguadagnare l'uscita della stanza e raggiungere la cucina, sempre se non fosse stato lui a impedirgli di muoversi. [Camera] Andata via Saigo ha permesso nuovamente al dolore di farsi strada tra le viscere inondando il cuore dell'albino, riempiendolo di buio, oscurità. Nell'arco dell'intera esistenza mai una singola volta la mente è giunta a tal pensiero, vagliato, constatato ma da sempre ricacciato additandolo come impossibile, infattibile. Kushina, taijutser della foglia, una ragazza dalla forza estremamente immensa da soggiogare chiunque le si pari davanti; egli stesso ha sperimentato tale potenza ritrovando se stesso totalmente inerme, privo di possibilità eppure, il fato, ha scelto di privarla dell'esistenza riducendola ad un cumulo di polvere fino a renderla il nulla più totale. Mai, come in tal momento, la mancanza di un altro essere umano viene avvertita con tale forza e presenza, una parte di se muore con lei lasciando posto a un vuoto incolmabile difficile da riempire, una figura quasi impossibile da rimpiazzare essendo per molto tempo il proprio faro, colei capace di mantenerlo sulla retta via evitando sbandate troppo pericolose. La mano è stretta dalla Kokketsu nella via per la dimora, silenzio, nulle le parole proferite con labbra serrate, dorate fissate avanti a se non dando prova di niente, lasciando all'aria il mero compito di parlare per lui, al corpo, alle brevi espressioni facciali. Niente di niente emerge. Il vestiario del Konohano risulta atipico, strano ai più eppure originale nella sua bellezza effimera composto da un paio di blue jeans nel ricoprire gli inferiori arti, più smosso in zona polpaccio e caviglie e sandali shinobistici per finire la parte inferiore. Marrone cintura con fibbia dorata legata alla vita ed una camicia blu di lunghe maniche sul busto, bottoni inseriti nelle apposite fessure ma le ante della stessa risultano separate permettendo la mostra del fisico allenato del diciottenne. Polsini viola e bordi blu ed una giacca color del latte ricade su spalle, schiena e braccia i cui bordi inferiori risultano di un viola, esattamente come le sfumature sulle spalle. Albina chioma pettinata ma allo stesso tempo scomposta, lunga non oltre il collo. Portaoggetti legato alla cintola, fianco destro come parte selezionata trovando al suo interno fuda e inchiostri speciali, favoriti dal clan per portare avanti la suprema bellezza dell'arte ereditata al momento della nascita. Il passo prosegue con fatica; pesante l'animo da trasportare dinanzi alla porta d'ingresso la quale viene aperta con semplice fare dell'arto sinistro. Chiave girata al suo interno spingendo la porta all'indietro, oltrepassando la soglia chiudendola alle proprie spalle. Calzari tolti, lasciati al fianco del muro mentre accende la luce illuminando tutto l'ingresso, parte del salotto. Pesante il sospiro emerso, la dimora, se possibile, risulta ancor più vuota, privata di una parte essenziale di se. Viverci con una tale consapevolezza è ancor più arduo. Trascinato vero la stanza, cammina per inerzia seguendo Shizuka passo dopo passo, sempre rinchiuso nel proprio silenzio persino dopo esser stato trasportato in camera da letto e solo ora le dorate trasportano se stesse sul volto della rospetta la cui decisione non ammette repliche <Non ho fame> la replica giunge ancor prima di farle completare la frase <Ma fai come se fossi a casa tua, io vado a dormire> annuendo lentamente col capo, cominciando a togliere i vestiti del busto, prima il giaccone, successivamente la maglia restano totalmente a busto scoperto. [Casa di Kan - Cucina -> Camera] Si volta ormai sulla porta a quelle parole che lui le rivolge, le blu si poggiano sul corpo ormai mezzo scoperto dell'altro, le guance si tingono appena di rosso, il tono forse un poco più alto di quello che vorrebbe: << Devi mangiare qualcosa. >> Non è un'imposizione però il tono è alto ma molto più dolce di quanto vorrebbe fare. Si allontana, sgattaiola in cucina, mette su dell'acqua calda, fa bollire del riso, trova della verdura e decide di preparare un paio di ciotole di riso con le verdure saltate, niente di speciale, niente di pesante. Un poco mamma e un poco amica al momento passa parecchi minuti nell'altra stanza, lasciandogli il tempo di pensare, di riflettere, di disperarsi anche in solitudine. Perchè si, in fondo serve anche questo quando si perde qualcuno di caro. Trafficando un poco nella cucina trova un vassoio, prepara del tè caldo e lo poggia su di esso, insieme a due piccole ciotole di riso con le verdure. Nemmeno lei ha fame, ma non può pretendere che lui mangi se la rossa non fa altrettanto. Si comporta esattamente come se fosse a casa propria, in quell'abitazione che ha frequentato infinite volte nelle ultime settimane. Quando tutto è pronto torna in camera con il vassoio pieno, due bicchieri e solo un paio di bacchette. Si infilerebbe in quella camera pensando di trovarlo sdraiato a letto, forse fingendo di dormire, appoggerebbe il vassoio sul comodino accanto al letto per poi lasciarlo li, lasciare che quei profumi lo invoglino quanto meno ad alzarsi. Lei si allontana di nuovo, ha bisogno di indossare qualcosa di comodo per infilarsi con lui sotto le coperte. Si avvicina all'armadio, lo apre nemmeno fosse il suo, alla ricerca di una maglietta semplice e di un paio di pantaloncini comodi, evita totalmente quella maglia che lui gli aveva prestato già diverse volte, quella che era stato costretto a prendere dall'amica ormai defunta. La rossa non si farebbe nemmeno troppi problemi nel cambiarsi. Non ci pensa troppo, non vuole lasciarlo e già è stata lontana parecchio per cucinare. Dando le spalle al letto e al suo proprietario andrebbe a sfilare maglietta e pantaloni, restando in intimo, qualcosa di semplice, sulle tinte del bianco, puro e innocente quasi quanto la rossa. Andrebbe rapidamente a indossare gli indumenti altrui, che le stanno leggermente larghi ma non importa. Se nulla fosse successo ne frattempo sarebbe tornata all'attacco, verso il letto, avvicinandosi al suo occupante, poggiando una mano sul viso altrui prima di finalmente parlare: << Ti ho preparato qualcosa. Se ti tiri su ti imbocco io! >> Il tono nuovamente è meno giocoso del solito, è più dolce, più delicato, come se tutto sia fatto in funzione di quel dolore che lei può solo vivere di riflesso. [Camera] Il verbo di Shizuka entra uscendo contemporaneamente, stomaco chiuso, la fame risulta un solo lontanissimo ricordo per quella sera in cui tutte le altre situazioni risultano futili. Vivere con la consapevolezza di non poter più rivedere l'amica distrugge la voglia di vivere dell'albino il quale, mesi prima, probabilmente avrebbe reagito in maniera totalmente opposta assumendo comportamenti del tutto diversi. Ochaya come mero sfogo per abbandonare i dispiaceri lasciando crescere in se il sentimento di vendetta, divenendo tutto ciò che Kushina non può tollerare. La propria volontà, ovviamente, non viene ascoltata minimamente sentendo l'imposizione di lei, notandone il rossore sul volto al proprio spogliarsi. Non nega se stesso a tale azione, continua a farlo imperturbabile, bisognoso di mettersi comodo permettendole di lasciare la stanza. Continua con lo spogliarsi privandosi dei pantaloni, togliendo la cinta dalla vita ed indossando un paio di calzari da notte di un blu scuro, poco pesanti, adatti per il periodo autunnale in arrivo. Busto ancor scoperto, così permane scegliendo volutamente di non indossare altro non percependo il minimo sentore di freddo ne di caldo, vuoto persino in quello. Lento il passo nel portarlo all'interruttore spegnendo la luce, accendendo un piccolo lumino notturno illuminando la stanza quanto basta per potersi muovere al buio senza correre il rischio di impattare contro qualche mobilia o peggio, finire per farsi davvero più male del dovuto. Prende posto sul letto andando a sdraiarsi, adagia l'intero corpo su esso con arti superiori al di sotto del capo formando un rialzo al cuscino volgendo le dorate al soffitto. Il silenzio cala nella stanza isolando il pensiero da qualunque rumore, persino la Kokketsu e il da fare in cucina è lasciato a stesso con la mente intenta in un viaggio tra i ricordi ripercorrendo la vita con la rossa. Il giorno in cui l'ha conosciuta, il momento in cui è nata la duratura amicizia, i giochi dell'infanzia in sua compagnia, il crescere, le prime confessioni, le litigate; svariati i momenti da ricordare, bastano essi per permettere a una semplice lacrima di solcarne il viso discendendo sulle gote rigandolo inevitabilmente. Prima una dal destro, poi una seconda dal sinistro e nell'oscurità, avvolto dal silenzio, un tumulto di lacrime ne solcano il volto non donando sguardi nemmeno al ritorno della genin. Dorate pregne di tristezza, volto impassibile nonostante il silenzioso pianto, palpebre sbattute cercando un mero modo per far cessare tutto ciò, acquistare un minimo di autocontrollo in più, seguendo il moto della Kokketsu notando un avvenimento inconsueto. Con disinvoltura, ella si spoglia dinanzi all'armadio restando totalmente in intimo; seppur non proferisca parola alcuna, le dorate osservano, il muscolo cardiaco perde un battito prima di acquistarne uno del tutto nuovo. Rivestita lascia che si avvicini, per fortuna il tatoo non viene notato, ricercandone le azzurre, percependo il contatto sul viso. L'interesse verso il cibo è nullo eppure effettua un leggero colpo di reni riportandosi dapprima seduto e poi in piedi al cospetto d'ella. Mancina innalzata, palmo di essa prova ad adagiarsi sul visetto altrui, dita ne carezzano l'epidermide <Non voglio perdere anche te> non sa bene nemmeno lui cosa lo spinga a parlare. Dorate nelle azzurre, triste, innamorato allo stesso tempo di chi non lo ricambia, non importante, l'egoismo intrinseco del Sumi impedisce lui di lasciarla andare, troppa l'importanza assunta dalla rossa. [Casa di Kan - Camera] Alla fine non ha avuto modo di mettersi a letto, si è cambiata senza che i due si scambino una parola, nemmeno si è accorta che lui l'ha osservata mentre si metteva comoda a sua volta. Meglio così, sarebbe stato più complicato dover sopportare domande, complimenti o altro sul genere. Si avvicina al letto cercando di sollecitarlo nel mangiare. Inaspettatamente lui si porta a sedere, poi si alza e invece che lasciarle tempo di fare altro le si avvicina, le sfiora il viso con una mano. Quel tocco ha molto meno del possessivo dell'abbraccio di prima, sembra più delicato, più leggero, quasi a trasmettere quanto l'essenza stessa del Sumi stia vacillando. Un sorriso le si stampa sulla faccia, è sentito, ma non divertito come al solito, troppo dolce per esprimere appieno quello che le parole cercano di raggiungere: << Sei proprio stupido Bakan. Io non vado da nessuna parte, non puoi perdermi. >> Entrambe le mani di lei andrebbero ad appoggiarsi sulle guance di lui, rigate probabilmente in parte da quelle lacrime versate che non è chiaro se si siano fermate o meno. Le blu si fissano in quelle dorate, per qualche istante, forse troppo lungo da spiegare. Si mordicchia appena il labbro inferiore, sguardo che viene abbassato, mani che scivolano sul petto scoperto di lui. E' complicato, tutto lo è, la vita in generale. Quella confusione che stava prendendo una forma nella testa della rossa ora è tornata scomposta, lasciandola in dubbio su come agire. La destra andrebbe a prendere la medesima dell'altro, trascinandolo nuovamente con se, andando a gudagnare il bordo del letto, sedendosi su di esso fronteggiando il bianco. Andrebbe a girarsi verso il vassoio, prendendo una ciotola di riso e le bacchette, girandosi poi verso il Sumi nuovamente: << Apri la bocca >> Il tono non cambia, un misto di dolcezza e decisione che vengono accompagnati da un sorriso, mentre già sostiene un poco di riso fra quelle bacchette di legno. [Camera] Alzatosi, in piedi dinanzi alla ragazza con quel tocco sentito, non possessivo quanto pregno di dolcezza, bramando la presenza di lei nella propria vita. Il moto è guidato dal puro, semplice istinto umano, fermato al momento opportuno impedendo nuovamente di rovinare quel momento, di rendere nullo il rapporto creatosi lottando continuamente per restare fermo, al proprio posto, non avanzando nulla. Ogni giorno tale condizione diviene più difficile, ardua da sostenere; ama la compagnia di lei, passare del tempo insieme in modo continuo, costante risulta appagante ma quella parte di se ancora lotta, sceglie di non progredire, impossibilitato nel comprendere quando sia il momento più opportuno. Persino adesso, in preda al lancinante dolore provocato dalla notizia, combatte contro se stesso allontanando il pensiero, scacciando la volontà di portare avanti qualcosa di estremamente stupido, sbagliato, almeno nella pura teoria di fondo, quella nata dopo le recenti conversazioni con la rossa. Nulla la reazione nel sentire il nomignolo pronunciato, il volto permane su quello di lei, dorate non cessano l'intento di guardarla, ammirarla, assaporare con il mero sguardo la bellezza della Kokketsu. Non replica, niente viene esplicato per dibattere, neanche è consapevole di ciò che sta facendo, troppo preso da pensieri, da lei, dal lutto non totalmente metabolizzato, distrutto fisicamente, mentalmente. Lascia a lei l'intero comando della situazione, sente le mani sul proprio volto, un tocco leggero con lacrime il cui moto è cessato seppur il viso risulti ancora rigato, una bellezza deformata, priva della perfezione da sempre dimostrata favorendo una fragilità impensabile, provando la sensazione di impotenza, impossibilitato a far qualunque cosa in assenza di un sostegno. Con la mano di Shizuka nella propria torna seduto sul letto adagiando il corpo su di esso, distolto appena lo sguardo ritornando nei propri pensieri, silenziando ancora il momento, interrotto dall'altrui verbo la quale mostra bacchette sollevate e del riso prelevato. Scruta il boccone preparato, solamente per se, non può rifiutare non dandole giusta soddisfazione, non in quell'aiuto da lei donato. Lento lo schiudersi delle labbra avvicinando il viso al riso, inglobando lo stesso prelevandolo dalle bacchette. Masticare, inghiottire, imprese complicate quando la fame è assente, la gola otturata, nausea risale scuotendo il capo, cercando di allontanare il cibo <E' buono, davvero, ma non ce la faccio> ultimo dire tornando a distenere se stesso sul materasso, sdraiato, in cerca del relax eppure, con la destrorsa, ambisce ad un contatto con ella. L'indice carezza l'epidermide della coscia, lento il moto mentre risale verso l'alto, dirigendosi alla mano sulla quale sofferma il tocco. [Casa di Kan - Camera] Quella richiesta viene esaudita, come ogni volta. Schiude le labbra si sforza di mangiare quello che la rossa ha preparato ma con fatica. Ingoia il tutto, le da anche la soddisfazione di dirle che è buono ma si sottrae, andando a sdraiarsi, cercandola con quel tocco delicato, sfiorandole il corpo. La Kokketsu nemmeno ci si avvicina a quel riso, si volta di nuovo, appoggia la scodella e le bacchette sul vassoio e senza dire altro va a stendersi accanto al Sumi. Non sa nemmeno lei come interagire con lui, non sa come supportarlo al meglio in un momento del genere, così debilitante per il ragazzo che le sta accanto. Il respiro si fa un poco più difficoltoso mentre i minuti passano in silenzio, senza sapere bene come comportarsi, avendo perso quel ruolo da mamma che si era ritagliata. I cricetini nella testa non fanno altro che cercare una soluzione che pare non arrivare finchè smettono proprio di provarci. << Uffa sei tu quello intelligente non io! >> Sbuffa al suo fianco, come se fosse arrivata a un punto di non ritorno. Si alzerebbe con il busto, restando semi seduta sul letto, se lui non fosse sdraiato supino ella andrebbe a recuperare ognuna una mano di lui, costringendolo a girarsi a pancia in su. In mezzo secondo andrebbe a sedersi sopra di lui, le mani ancora intrecciate a quelle del ragazzo, mentre lo sovrasta completamente, in maniera totalmente ambigua ma con quegli occhi blu che lo trapassano per la serietà di cui sono intrisi. << Mi dispiace Kan. Non riesco nemmeno a immaginare cosa tu stia provando, non so come aiutarti. >> Stupidamente gli occhi tornano a velarsi di lacrime senza che per il momento scivolino in basso su di lui. << Quando io ho avuto bisogno di aiuto tu mi sei rimasto accanto nemmeno fossi la mia ombra. Ti prego lascia che sia io a prendermi cura di te adesso. Chiedimi qualsiasi cosa, farò qualsiasi cosa per aiutarti. >> Non ci arriva, non sa cosa sia meglio, non riesce a immaginare nulla di efficace per alleviare il peso che ora lui porta sulle spalle, perciò domanda. In un modo poco consono, poco convenzionale, molto istintivo; un modo decisamente da Shizuka. [Camera] La bontà della Kokketsu non è messa in discussione, il cibo da lei preparato risulta di buon gusto eppure le papille gustative del Sumi percepiscono tutt'altro. Nausea costante, malessere onnipresente seppur tenti, a proprio modo, di seppellirlo nei meandri del proprio corpo, nascondere l'essenza dell'anima alle azzurre d'ella impedendole di preoccuparsi più del dovuto. Azione al quanto complicata, la situazione stessa lo è tanto che la resa giunge poco dopo notandone il posare della scodella, lo sdraiarsi al proprio fianco percependone presenza, calore, la vicinanza e tanto gli basta. Inutile mangiare, parlare troppo, in tal momento il desiderio è altrove, la solitudine intrinseca del genin emerge ogni quel volta il pensiero diviene più pressante. Risorto dalla morte da solo, il destino ha optato finalmente per quest'opzione rendendolo solitario esattamente come professato, un colpo al cuore diretto. Lento il passare dei minuti, un tempo infinito in grado di rendere ogni respiro pesante quanto il mondo stesso. Conscio della difficoltà della Kokketsu, nulla può esser realmente fatto per allievare quella condizione, troppo presto, la ferita troppo fresca per poter esser anche solo curata, il sangue cola svuotandolo, indebolendolo <Mh?> la lamentela in arrivo perplime il geniale intelletto del genin le cui dorate scostano la posizione rivolgendole uno sguardo dubbioso, indagatore, non comprendendo la natura di una simile frase in un contesto simile. Il tempo di rispondere diviene nullo, tutto è svolto velocemente, pochi gli attimi ritrovandosi bloccato per le mani, la nana al di sopra, a cavalcioni, un gesto puramente istintivo in grado di sovrastarlo. Impossibile evitarne lo sguardo con il volto più rosso, il battito cardiaco in aumento, respiro affannato, la mente in subbuglio con il dolore intento a combattere con il sentimento provato nei confronti di lei. Deglutisce, inghiotte, butta giù tutto quanto cercando di resistere ad ogni tentazione. Ella non rende tal compito semplice, al contrario, ogni sua mossa riesce nell'aggravare l'egemonia della mente; lo sguardo pregno di tristezza, lacrime trattenute accentuano tal sentimento, egli stesso si ritrova con le iridi immerse, in procinto di lasciar uscire quelle lacrime l'ennesima volta, trattenuto fino allo sfinimento. Ode il verbo proferito, non aggiunge niente a quella prima frase, comprensibile il non sapere, non comprendere una sofferenza di tale levatura. Suppliche, richieste per poter essere aiutato, questo ottiene ma cosa mai può dirle? Non avanza richieste, non pretende nulla da lei in cambio, non pretende niente di più di quanto stia effettivamente dando. L'istinto questa volta ha la meglio, incomprensibile, è così, reprimere se stesso giunge ad un livello tale da risultare infattibile <Sei una stupida> espone un unico commento, tono vocale abbassato, roco prima di smuovere il busto in avanti, sollevarlo dal materasso avvicinando il viso a quello della rossa, un gesto improvviso mettendo da parte pensiero e raziocinio. Cerca di adagiare, alla medesima velocità, le labbra sulle altrui in un bacio semplice, casto a tratti ma veloce impedendole di ricambiarlo, di rendere quel gesto un mero riflesso condizionato, strapparle quell'unico una volta soltanto. In caso di riuscita torna con il capo sul cuscino, le dorate impresse in lei <Mi sono risvegliato da solo mesi fa e oggi ho avuto la conferma di esserlo ma allo stesso tempo, non è così> breve pausa presa lasciando assimilare quel concetto <Sarò un'egoista ma l'unica cosa che voglio è che tu continui a fare ciò che hai sempre fatto, ed essere la Shizuka di cui mi sono innamorato senza essere diversa da ciò che sei e che mi stia accanto. Sei l'unica, voglio solo te a sostenermi> sospiro pesante emerge, faticoso il parlato, voce roca, parole forse sconnesse mentre volge il viso verso la propria destra distogliendo, infine, quello sguardo, consapevole di aver rovinato tutto quanto per un mero gesto egoistico. [Casa di Kan - Camera] Si porta in una posizione che lo mette in seria difficoltà, è innamorato di lei da mesi no? E quindi averla sopra di se gli rende difficoltoso contenersi, il cuore che accelera, il respiro affannato il rossore sul viso. Tutto dovrebbe allarmarla, ma non lo fa, troppo concentrata sul voler migliorare il suo stato di sofferenza. Per questo poi ciò che accade risulta inaspettato, così rapido che tutto il resto poi sembra andare al rallentatore. Si prende un insulto, viene baciata e non ha nemmeno il tempo di ricambiare quel gesto perchè lui scappa, torna indietro come se pentito di essersi lasciato andare così tanto. Le parla, non chiede niente a conti fatti ma ancora una volta le apre il cuore, facendo si che quelle lacrime trattenute a fatica incomincino a scorrere, finendo inevitabilmente su di lui a causa della gravità. Le guance si fanno rosso fuoco, è in imbarazzo? Sì, parecchio. E' arrabbiata? Parecchio. << Guarda che qui lo stupido sei tu! Pure Yasuhiko la prima volta mi ha baciata meglio! >> Forse non era esattamente il migliore dei modi per dirlo...sopratutto dato il momento... Ma va beh ormai è fatta e il Sumi dovrebbe ormai essere ben piu' che abituato agli sbalzi della Kokketsu, a quella specie di peperino sempre pronta a cambiare direzione. La voce ormai è decisamente nervosa, di un tono piu' alto: << Io non sono piu' la ragazzina di cui ti sei innamorato Kan. Ogni giorno io cambio, mi modifico, cresco e cambio idea. >> Si interrompe mentre continua a piangere anche se il tono non si smorza minimamente: << Ora sono lì appesa a un filo invisibile che ho creato da sola, terrorizzata dal modificare quello che siamo per paura di pederti. E' stato così anche con Hiko. >> Si perchè alla fine la piu' grande paura della nanetta altro non era che cambiando qualcosa tra i due amici d'infanzia, andasse poi a rompersi qualcosa, così come è successo in fondo. Lui non ha il coraggio di guardarla in faccia forse nemmeno le rivolge le dorate ma il discorso non si ferma: << Non è il momento migliore per questa cosa, non vorrei che poi pensassi che l'ho fatto solo perchè sei triste, solo per tirarti su di morale. Ma di sicuro non ho intenzione di accontentarmi di quella specie di carezza. >> La destra si sposterebbe sulla guanci di lui, senza troppi complimenti cercherebbe di obbligarlo a girarsi verso di lei, che già si è piegata su di lui. Se fosse riuscita a girare il volto del Sumi, avrebbe lei provato a baciarlo, ma contrariamente a quanto fatto da lui avrebbe iniziato premendo con forza le labbra su quelle altrui per poi cercare lentamente di ottenere qualcosa di piu', insinuarsi fra esse con la propria lingua, cercando qualcosa di piu' intimo, piu' passionale, qualcosa per spiegargli che non solo non è da solo, ma anzi è anche amato piu' di quanto si aspetti. [Camera] Repentino il proprio osare, calcolato al millimetro evitando di andare incontro alla possibilità da lei enunciata tempo addietro. Ricambiare un simile gesto solamente per riflesso condizionato risulta una possibilità neanche lontanamente da vagliare, non interessa minimamente ricevere qualcosa in cambia solo per essere fatto. Tale è il motivo a spingerlo nel compiere un atto di velocità più elevata del normale un bacio a stampo, appena accennato atto nel placare il fervente istinto continuamente represse, una caramella in grado di assopire per un po' quel desiderio permettendo di proseguire con il corretto andare della vita, rendere il rapporto più ferreo e duraturo eppure si ritrova conscio di come quel misero gesto possa rovinare tutto quanto. A volte una singola azione, per quanto piccola, ha in se il potere di distruggere tutto ciò che si è costruito durante il cammino; per quanto l'amicizia con ella si sia rafforzata con il passare dei mesi, complice il lascito dell'Otino, un'azzardo di tal tipo permane rischioso ovunque lo si guardi e la reazione di lei non viene attesa. Il tempo di un distacca, di parlare riferendo ciò che realmente vuole ovvero nulla, esattamente come enunciato in passato, prima di ritrovare le dorate con il viso della Kokketsu totalmente arrossito, lacrime nuovamente sciolte rigano il dolce viso della ragazzina, ennesimo fallimento da parte propria. La promessa non è mantenuta per due volte nella medesima sera, un record impossibile da infrangere, speranzoso nel non batterlo mai in futuro eppure è il di lei verbo ad irrompere privo di tatto, di eleganza. Pesante il sospiro effettuato nel percepire il nome dell'otino <Non volevo saperlo e lui non aveva paura di perderti nel farlo> oramai è totalmente in gioco, una volta ha mostrato sincerità, mentire nuovamente sul provato rappresenterebbe un passo indietro rendendo nuovamente quel rapporto una mera conoscenza, una minima amicizia di contorno. Respiro affaticato percependo nervoso in lei, non solo tramite i toni decisamente più elevati ma dal volto stesso <Lo so Shizuka, lo vedo ogni giorno che passo con te eppure, in qualche modo, non fai altro che accrescere quel sentimento> per quanto possa cambiare, modificare lo stile o i carattere, la genin permane ciò che ha avveduto in tempi passati ma è la successiva frase colei capace di far comprendere realmente il cambiamento interiore della ragazzina, il provato, le sensazioni insite nel tormentato animo <Io provo la stessa cosa. Sono terrorizzato all'idea di perderti e dopo oggi, ancor di più ma non posso sapere se accadrà veramente. La mia unica certezza è che tu sei l'unica, la ragazzina che con la sua testardaggine mi ha dato qualcosa, la ragazza capace di vedere oltre la barriera, la donna che ha fatto breccia li dove nessuno era mai giunto> breve la pausa, prende fiato, sbatte le palpebre ripulendo le dorate dalle lacrime <L'unico modo per perdermi è quello di mandarmi via perchè, fin quando lo desideri, fin quando lo vorrai, io resterò al tuo fianco> rassicurazione? Forse, esprime la paura, il terrore, la decisione oramai presa da tempo, svelta le ultime carte nascoste della propria persona permettendole di continuare, di esporsi a sua volta. Sorpreso, stupito, preso in contropiede, nulla vien detto effettivamente. Labbra schiuse ricevendo un altro bacio, spinto, diretto, privo di castità. Pochi gli attimi in cui la mente ragiona andando ad abbassare le palpebre, il volto spinto contro quello di lei una volta girato, ricambia il bacio, insinua la lingua rendendo il tutto si passionale quanto possessivo. I superiori arti, se concesso, vengono mossi sul corpo della ragazzina avvolgendola, stringendola contro di se, portandola a se con possessività estrema, terrorizzato alla sola idea di lasciarla andare via, spaventato nel vederla alzarsi da quel letto per non tornare mai più. [Casa di Kan - Camera] Che sia destinata a iniziare una relazione sempre con un bacio pieno di lacrime? Forse ma quando le labbra femminili incontrano quelle maschili in maniera prepotente vengono ricambiate, ricercate e accolte. Entrambi condizionati da piccole paure, fragili, indifesi davanti a tutti quei dubbi che si presentano nel futuro. Ognuno con le proprie ferite e i propri dolori, ora piu' che mai. Infantile la pretesa di non dover ripercorrere lo stesso percorso precedente da parte di lei. Nuovo cammino invece per l'altro, qualcosa di inaspettato, inesplorato ed evitato totalmente all'inizio. L'unica, ancora così viene definita da quel ragazzino fragile che lei ha obbligato ad aprirsi, che con la sua testa dura ha forzato a cambiare. Forse si sente in qualche modo responsabile di quel cambiamento che sicuramente lo ha spinto a migliorarsi, ma pare averlo anche ferito. Ha ascoltato le parole di lui ma tutto passa in secondo piano quando finalmente i due si lasciano andare. Quando le braccia del Genin si stringono intorno al corpo della rossa tutto si spegne fuorchè le sensazioni provate. Lui la stringe in maniera decisa, con lo stesso grado di possessività utilizato poche ore prima, come se non aspettasse altro, come se non desiderasse altro. Lei dal canto suo si lascia andare completamente a quello scambio di effusioni, dimenticandosi di respirare quasi; istintivamente le braccia di lei si spostano dietro il collo di lui, le mani si infilano fra quei capelli bianchi, le dita a stringere il capo di lui, a premerlo in direzione del proprio con la stessa possessività dimostrata dall'albino. Sembrano passare minuti interi, senza la minima voglia di allontanarsi, con il fiato che si fa semer piu' corto. E' forse la mancanza di ossigeno a determinare il distacco di lei, che cerca di allontanarsi proprio per riprendere fiato, che ormai è corto, le guance rosse, gli occhi che non lacrimano piu'. La ricerca delle dorate è pressochè istantanea, mentre un sorriso le si stampa in faccia: << Questo era molto meglio >> Si allontana giusto quel tanto che basta per riprendere fiato, le labbra che mentre pronuncia quelle poche parole sfiorano quelle di lui. Praticamente ormai è sdraiata addosso a lui, restandogli appiccicata cercherebbe di scivolare semplicemente accanto al corpo del Sumi, nascondendo un pochino la faccia fra spalla e collo. [Camera] La sincerità stressante a cui è sottoposto giornalmente diviene inevitabile, mentirle è un'operazione pressoché impossibile da attuare con costanza, non dopo le svariate confessioni in quella nottata dedita all'alcol, con un disegno lasciato sulla scrivania capace di permetterle di giungere alla rivelazione. Un piano architettato andato totalmente in fumo protendendo verso una strada totalmente opposta al proprio modo di pensare, agire, muoversi in ogni ambito della vita, scegliendo la più ardua e meno macchinosa possibile, fatta solamente di parole. Il Kan del risveglio non risulta defunto, al contrario, dopo l'odierna scoperta è rafforzato, maggiormente incline alla distruzione dei limiti eppure più consapevole di come le catene possano essere plasmate a proprio piacimento, serrandone alcune, sciogliendone altre in base alle necessità. L'alleanza con Saigo è ciò, sfruttarla sfruttando la giustizia prima di aggirarla attuando la vendetta per la morte di Kushina ma il pensiero volge altrove, alla sincerità proferita alla Kokketsu. Paure e terrori esposti verso entrambi, il timore di perdere ogni cosa solamente per fare un'ulteriore passo in avanti in quella storia tormentata nata dal detestarsi a vicenda, dal solo desiderio di infastidire una ragazzina troppo piccola per comprendere il mondo, troppo innocente agli di chi ha già avveduto l'oscurità del villaggio immergendosi in essa divenendo parte del tutto. Adesso è li, dopo aver osato, li con Shizuka a sopraffarlo, lasciatasi andare. A sua volta le inibizioni vengono meno, la mente assopisce il pensiero, la logica favorendo interamente l'istinto, la bramosia di possederla, di averla non cedendola a nessun altro salvo se stesso, considerandola egoisticamente una proprietà esclusiva della sua persona. Un bacio spinto, passionalmente possessivo, braccia nello stringerla con maggior forza; il fiato corto non rappresenta un impedimento quanto un incentivo nel non mettere a tal contatto, prolungandolo per minuti interi, rendendosi quasi un tutt'uno con ella assaporando le labbra, carezzandone il corpo. Il distacco, inevitabilmente, giunge nel separare i due visi, un ultimo, leggero bacio all'inferiore labbra e le dorate ne avvistano nuovamente le fattezze, entrambi rossi eppure non percepisce imbarazzo, strana, inconsueta la sensazione. Muscolo cardiaco in frenetico movimento, il calore della stanza e del corpo in continuo aumento mentre mantiene la presa sul corpicino; labbra ad ampliarsi lentamente a tal verbo, arcata dentale appena mostrata in quel leggero sorriso, stranamente divertito <Avevo ragione, dovevo seguire l'istinto> in quell'attimo di pace, il dolore si acquieta, non svanito ma mitigato dalla dolcezza, dalla passione scaturita da una semplicistica azione. Lascia che ricada al proprio fianco adagiando il volto sull'altrui capo, presa ancora intatta volge solamente l'intera essenza nella direzione di lei, difronte, non perdendola di vista neanche un momento. Labbra avvicinate ulteriormente all'epidermide dalla fronte, adagiate lasciandole un altro bacio <Voglio spezzare quel filo invisibile, farò in modo che accada> ulteriore stretta, tono vocale sussurrato, basso, un singolo accenno <Perchè...sei mia> la possessività passa dal corpo alle parole, fatti con termini.
Giocata del 01/09/2021 dalle 21:46 alle 23:24 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Casa di Kan - Camera] Rossa in volto si muove accanto a lui, non viene mollata per nemmeno un secondo, viene inseguita col corpo, lui che la fronteggia rifilandole un bacio sulla fronte. Il rossore aumenta, come se quella dolcezza dopo quel bacio fosse qualcosa di troppo da sopportare. I cricetini hanno ripreso ad agitarsi in quella testa; si sono baciati. Anzi no lei ha baciato lui, lei ha cercato un contatto ulteriore, lei gli è salita sopra. Gli è salita sopra?? Ma che diamine le è saltato in mente di farlo! Tutto quanto viene rivisto al rallentatore davanti ai propri occhi costringendola a diventare paonazza. E ora? Non avrebbe dovuto farlo, non quella sera. La voce del Sumi la distrae dai propri pensieri, lo sguardo blu si volge al dorato con un'espressione stupita, incredula: << Perchè parli come se fosse qualcosa di ancora non avvenuto? Cioè.... >> Si interrompe, distogliendo lo sguardo e boffonchiando qualcosa, visibilmente tesa: << ...intendo di solito non baci qualcuno e poi cambi idea no? Cioè io non bacerei qualcuno che non mi interessa. >> Lo sguardo blu torna visibilmente imbarazzato sul viso altrui: << Nel senso.....non è un po' tardi per tornare indietro? >> Non contesta quell'espressione di possesso nei confronti della Kokketsu, non le dispiace essere considerata sua e unicamente sua. Però ora i criceti hanno ripreso il loro moto, le braccia di lei si muovono nuovamente attorno al collo di lui, stringendolo forte, appoggiando il proprio viso accanto al maschile, sfiorandogli l'orecchio con le labbra: << Mi dispiace...era decisamente il momento meno opportuno. Solo che è terribile per me vederti così, ogni tuo dolore si amplifica dentro di me ferendomi immensamente. Non posso sopportare che tu stia male, non posso permettere a nessuno di fartene, nemmeno a me. >> Le braccia si stringono attorno a quel collo in maniera sempre più possessiva, ricalcando il comportamento del bianco. << Non ti lascerò mai. Staremo insieme per sempre. Diventerò uno scudo impenetrabile per tutti e due lo prometto. >> La testolina verrebbe mossa addosso a quella di lui, le braccia rilascerebbero quell'intreccio per consentirle di fronteggiarlo, appoggiando la fronte a quella dell'albino, le blu a osservare le dorate. << Posso? >> La domanda vien posta buttando un occhio alle labbra maschili, come se le servisse un permesso per averne ancora. Il rossore non ha mai abbandonato quella faccia, ciò che fa si muove in bilico fra istintività e razionalità, una battaglia che solitamente in quel corpo vince la prima. Il visetto rosso, il volto arrossato del Sumi il cui dolore viene ammorbidito solo dall'altrui presenza. Mitigato più che mai, lo percepisce vicino a se insieme alla sensazione di benessere, contrastanti, completamente opposti eppure è tale compagnia ad essere necessaria per tenerlo sulla retta via, impedendogli di affondare, inoltrarsi nell'oscurità senza più uscirne. La serata ha preso una piega del tutto diversa, da semplice cena a rivelazione di morte a quello, un bacio, il primo tra loro, tanto atteso, sperato dal genin, arrivato in una situazione astrusa, surreale. Andare avanti direttamente in tal momento risulta assurdo, nonostante la consapevolezza di doverlo fare; domani, ogni cosa è rimandata al giorno dopo favorendo il momento odierno, beneficiando della compagnia di lei, soffrendo in compagnia. Denota lo stupore, l'incredulità creatasi sul volto, le azzurre parlano, ampliano il discorso proferito dalle labbra; tace udendo l'altrui verbo prestando ascolto, lento l'ampliarsi delle labbra ancora serrata, un mesto sorriso viene a crearsi comprendendo ogni sillaba fino in fondo, ricevendo l'informazione necessaria per portare lo sblocco mentale persino in lui, da sempre privo di inibizioni, adesso si rende necessaria una conferma <Lo so> al termine del vociare. Tono vocale basso, mai rialzato, un sussurro udibile solamente dalla rossa <Avevo solo bisogno di sentirmelo dire> può considerarla unicamente sua? E adesso? Cosa fare? Come agire dopo aver trascorso settimane, mesi alla ricerca di un modo per restare con lei? Se davvero è riuscito nel proprio intento, cos'altro può fare? Quale comportamento adottare? Un mondo totalmente nuovo si apre dinanzi alle dorate, varie l'esperienze da fare ancora, da sempre ripudiate ora lo travolgono come un fiume in piena <Per me è lo stesso ogni volta che vedo le lacrime solcare il tuo viso. Soffro nel vederti soffrire, non desidero altro se non vederti felice> la mano ne carezza l'epidermide della guancia, delicato, addolcito il movimento <Forse è stato il momento adatto. Probabilmente, per paura, avremmo procrastinato ancora> arrivando a quale punto? Non trova risposta, non la ricerca, scaccia quel pensiero oscuro dalla mente. Si lascia avvolgere dalla presa degli arti, sempre più stretta percependo in essi possessione, avvicina il viso all'altra, dorate incastonate nelle azzurre <Non ne hai bisogno, saremo ognuno lo scudo dell'altro, baka> abbandonando il rospetta, favorendo quell'epiteto in maniera non offensiva quanto giocosa, ironica ed al quesito non pone risposta. Labbra ricercando le sue, adagiate, spinge il volto per permettere loro in contatto ricominciando quel bacio dapprima interrotto, prolungandolo, stringendone la vita a propria volta tirandola contro di se, godendo quel momento. Spinto, per nulla carezzevole o soft, in esso imprime l'eterno desiderio di averla con se, per se, di possederla. [Casa di Kan - Camera] A quella semplice frase, quella necessità espressa a voce alta, lei arrossisce, il volto si corruga come se si stesse arrabbiando, mette il broncio come se la sua richiesta la mettesse in imbarazzo: << Stupido! Non c'era bisogno di sentirselo dire a voce alta! Diciamo che non ti sarà più concesso di andare a trovare le tue amiche ballerine. Ballo io e solo io per te! >> Lo dice con un tono quasi arrabbiato, che segue fedelmente quel faccino corrucciato. Lui ripete i discorsi di lei, come se entrambi fossero indissolubilmente legati allo stato d'animo dell'altro, uniti nella felicità e nel dolore. << E' il momento peggiore in assoluto! Di sicuro avremmo procrastinato ma avrei preferito perdere altro tempo se avesse potuto cambiare l'esito delle ricerca di quella tipa....>> Parla di Saigo. Vorrebbe cambiare il corso della storia, riportando in vita colei che è stata persa, solo per non vederlo versare delle lacrime così pesanti. Poi quell'affermazione, quel modo di proteggerlo, richiamando a quella promessa fatta sotto gli alberi di ciliegio. << Tu curami e io sarò immortale >> quelle parole riescono a essere scandite appena prima della femminile richiesta e del gesto di lui. Si porta verso di lei, la bacia con passione, entrambi coinvolti, entrambi in carenza di quel contatto bramato. Lei di nuovo si stringe a lui, il corpo della piccolina si spinge verso quello del Sumi, lui può chiaramente sentire la presenza dell'altra, che più il bacio prosegue più sembra avvicinarsi in maniera sempre più decisa al ragazzo. Si sta sciogliendo, tanto, troppo. Le mani di lui le trasmettono tutto quel desiderio, quella passione, quella bramosia che il Genin ha per la rossa; un desiderio che finalmente viene ricambiato nella sua totalità. Tuttavia è di nuovo la Kokketsu che cerca di interrompere il passionale scambio di effusioni, è lei che si allontana per necessità riconoscendo il desiderio di averlo per se, crescere in maniera esponenziale nel proprio animo. << Vuoi provare a riposare? Mi prenderò io cura di te. Starò attenta a che nessuno ti disturbi e proverò a scacciare gli incubi. >> Si sta offrendo di farlo rilassare, vorrebbe davvero che lui riuscisse a riposare un poco, la serata è stata lunga, piena di emozioni di diverso genere, difficile tenere a bada tutto ciò. La necessità di udire determinate frasi è essenziale, in alcun modo può farne realmente a meno ed ogni conferma l'avvicina ulteriormente a lei, a quel desiderio nei suoi confronti. Tutto, con estrema lentezza, assume l'aspetto della propria immaginazione, probabilmente con meno tristezza eppure il succo è quello ed ella stessa riesce nel compito di farlo sorridere, felice tale gesto, contento nonostante le dorate mostrino in se un miscuglio costante di emozioni differenti l'una dall'altra, in netto contrasto <Amiche ballerine? Quali amiche? Non ricordo di averne mai avuta qualcuna> leggero il ridacchiare sotto i baffi, persino all'affermazione sul ballare <Davvero? Spero di vederlo molto presto> mantenendo il contatto con l'altrui corpo, abbracciata, stretta a tal punto da risultare impossibile sfuggire da quella presa in solitaria <Tutto è andato come doveva andare. Persino nell'oscurità è possibile trovare la luce e io, ho trovato la mia> indice le tocca velocemente il nasino, ovvio il riferimento alla di lei persona, fin troppo palese. Impossibile cambiare gli eventi passati, troppo distanti, al di là della portata di chiunque; il destino ha scelto la direzione, l'unica soluzione è accettare tutto andando avanti, compiendo il cammino scritto millenni orsono. Ritorna la promessa fatta, la creazione di una squadra con lui nel ruolo di medico per curarla, renderla costantemente potente, imbattibile dinanzi a qualunque nemico le si pari davanti <Puoi starne certa> curarla è il minimo dopo il gesto compiuto quella sera, dopo il miracolo appena avvenuto riuscendo a farlo star meglio, far comprendere di non esser da solo avendo con se sempre qualcuno. Ennesimo il bacio rilasciato scacciando il pensiero del distacco dalla rossa, desideroso di averla mentre le labbra vengon smosse baciandone il superiore, l'inferiore, trattenendo ogni minima parte del corpo eppure la distanza nuovamente interferisce. Riconosce in lei il medesimo desiderio provato, breccia viene finalmente fatta dopo tanto, tantissimo tempo, una breccia impensata, sperata, finalmente creatasi <Si, ne ho davvero bisogno> per quanto quel desiderio cresca col passare dei secondi, la stanchezza emerge surclassando ogni altra sensazione <Shizuka, grazie> breve pausa rincastonando le dorate nelle azzurre <Grazie di esistere> ripetendo un concetto già espresso in passato, necessario anch'esso mentre le palpebre calano sugli occhi, il viso poggiato vicino all'altrui, labbra nel dare un bacio veloce, non volendo creare un distacco troppo ampio da lei <Ah, tralascia qualche dettaglio con Yuki, vorrei ancora poter guardare in faccia tuo padre> lasciando all'ironia il compito di farla sorridere stemperando il momento, alleggerendo il tutto, forse portandola all'imbarazzo ma ora, tutto, o quasi, è concesso. [END]