Provocazione
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Giocata del 05/07/2021 dalle 15:37 alle 20:16 nella chat "Ospedale [Kusa]"
Il giorno giunge infine, dopo aver operato negli ospedali seguendo ogni possibile medico, aver aiutato un uomo morente impedendo la dipartita prematura, adesso deve cominciare con il lungimirante piano nei confronti di Rasetsu, presentarsi ad egli in qualità di sua spalla, aiutante. Divertimento primordiale messo in scena dal Sumi i cui obiettivi vanno ben oltre la normale concezione umana, apparentemente futili e stupidi ma l'aver in pugno qualcuno nei modi più beceri, rappresenta un modo innovativo, inaspettato con cui raggiungere i propri fini. S'aggira per l'ospedale del quartiere Kusano alla ricerca del Kokketsu ripensando a come attaccar bottone con fare diretto, deciso oppure sfruttare uno dei suoi innumerevoli metodi, magari essi sono la soluzione per accentuare un divertimento continuo. Il vestiario del Konohano risulta atipico, strano ai più eppure originale nella sua bellezza effimera composto da un paio di blue jeans nel ricoprire gli inferiori arti, più smosso in zona polpaccio e caviglie e sandali shinobistici per finire la parte inferiore. Marrone cintura con fibbia dorata legata alla vita ed una camicia blu di lunghe maniche sul busto, bottoni inseriti nelle apposite fessure ma le ante della stessa risultano separate permettendo la mostra del fisico allenato del diciottenne. Polsini viola e bordi blu concludendo con un camice bianco ospedaliero nel cui taschino sul pettorale sinistro è pinzato il badge con il nominativo Kan Sumi. Albina chioma pettinata ma allo stesso tempo scomposta, lunga non oltre il collo. Portaoggetti legato alla cintola, fianco destro come parte selezionata trovando al suo interno fuda e inchiostri speciali, favoriti dal clan per portare avanti la suprema bellezza dell'arte ereditata al momento della nascita. Occhiali di nero colore, lenti rettangolari, sottili concludono l'outfit, sul viso nel donare un aspetto particolare al genin. Avanza in quei corridori, cenni del viso ai medici, oltrepassa stanze di degenza entrando, parlando con pazienti, valutando le condizioni da riferire ai superiori prendendo una decisione sul modo di agire nei confronti di poveri sfortunati come posson esserlo loro. [Portaoggetti: fuda e inchiostri speciali][http://pm1.narvii.com/6638/4b125a0162bfe16c713075f0a5185a15c5f7ead6_00.jpg] Il rosso indossa un normalissimo completo, divenuto ormai parte integrante della sua routine quotidiana. Il suddetto è formato da una camicia nera a righe rosse, sormontata da un classico bianco camice con tanto di tasconi e badge sul pettorale sinistro, rappresentante il suo brutto muso e il nome con cui s’è registrato: Rasetsu Kokketsu. Nelle tasche, ci ha infilato qualche tonico (tre tonici coagulanti e tre tonici per recupero del chakra), qualche pasticca venduta da un suo spacciatore di fiducia - ormai ne conosce un paio dai quali si rifornisce, mantenendosi però nel suo limite autoimposto – e i documenti che s’è fatto fare. Che cittadino modello, eh? Scendendo, troviamo un pantalone completamente nero, sorretto da una cintura in cuoio dello stesso colore. Dal fianco, pende una catenella argentata, agganciata ai passanti. Tutto sommato, non gli dispiaceva ed è meno fastidiosa dell’altra che aveva al precedente jeans. Ai piedi, infine, calza un paio di semplici scarpe eleganti. Si sente finalmente a suo agio e ha lasciato spettinati i capelli, una zazzera che probabilmente ha visto giorni migliori – come al solito. Gironzola per i corridoi dell’ospedale, affatto in grado di mantenere alta la concentrazione durante il pomeriggio. E’ probabilmente a causa del pranzo, il quale ha causato della piacevole e al tempo stesso fastidiosa sonnolenza che gli comporta mancanza d’attenzione. Difatti, ha affrettato il passo or ora affinché possa raggiungere la macchinetta del caffè posta in uno dei corridoi dei piani superiori. Ne ha necessità come un eroinomane va in cerca della sua tanto amata droga. L’importante è procurarsela, ma inizia a tastarsi le tasche dei pantaloni e del camice piuttosto freneticamente. <Oh cazzo.> Non si rende neanche conto di quel che sta per fare se non dopo aver sollevato la mancina, continuando a tastarsi gli abiti con la gemella. Sbuffa ancora, infastidito, mettendo oltremodo in risalto la dentatura affilata che si ritrova. <Oh, hai qualche monet—Oh cazzo.> Ed è soltanto l’inizio. Sgrana gl’occhietti verdastri, focalizza or l’attenzione altrove pur di far finta di niente, pur di fingere che non l’abbia assolutamente visto. Perché Kan è lì e lui vorrebbe essere totalmente altrove in questo momento. [ Chakra OFF ] Una camera cafè quella manifestatasi dove il Kokketsu si appresta ad andare, desideroso di ricevere quella mite bevanda per riprender le forza, eccitante pomeridiano in grado di donar energia anche al più svogliato degli uomini ed il povero rosso vien intercettato dal radar visivo del Sumi le cui dorate pongono l'attenzione sulla figura a pochi metri da se. Il giro delle stanze, per quella misera parte di corridoio, ha il suo giusto fine e minuti di relax risultano necessari per riportare l'attenzione su chi veramente lo merita eppure non può far a meno di esibire un sadico sorriso nel notare la pienezza della visuale nei confronti del genetista. Tira su col naso, collo ripiegato sulla destra e sulla sinistra portando allo schiocco le ossa presenti in esso, dando ufficialmente il via al vero pomeriggio. Passo in continuo aumento, distanze accorciate ad ogni secondo passato fermando l'essenza solamente a pochi centimetri dall'uomo, poggiando la schiena contro la macchinetta alla destra dell'uomo, mostrando la presenza, il medesimo vestiario, identico badge a qualificarlo come membro ufficiale di tal posto, perfettamente in regola <Ma ciao pagliaccio, chi non muore si rivede> esprimendo tutta la felicità da lui provata in un'unica frase accompagnata da un risaltante sorriso capace di prendere l'interezza del volto, divenendo quasi totale nella sua forma. Arcata dentale completamente esposta all'esterno accentuando ancor di più la perfetta bellezza angelica donatagli dai Kami nel momento della nascita <Hai finito di correre nudo per le strade? O c'è qualche altro marito che ti insegue?> rimembrando un giorno importante, decisivo per tenere in pugno l'uomo, ottenere tutto il necessario da egli in ogni singolo momento della giornata senza mai dover pregare, inventare metodi alternativi per aver ragione e potere <Visto?> mancina solleva la tunica portandola all'altrui attenzione <Adesso siamo colleghi, non sei contento? Mi avrai intorno tutti quanti i giorni per ogni singola ora del giorno, eccitante mio pagliaccio nudista> questo è soltanto l'inizio dell'inferno in cui ha deciso di farlo sprofondare. Se solo potesse minimamente carpire le intenzioni del Sumi, immaginare cosa realmente abbia in mente di fargli passare, pregherebbe i Kami di ridurlo a brandelli in quell'esatto momento. [Portaoggetti: fuda e inchiostri speciali] Inspira profondamente. Deve cercare fin da subito una papabile via d’uscita, altrimenti rischia di restare intrappolato nella trappola che s’è scavato con le sue stesse mani. L’impazienza d’andarsene, però, potrebbe fargli commettere degli errori madornali, motivo per il quale tenta di mantener alta la concentrazione, preoccupandosi di chi ha di fronte – assolutamente – ma evitando che possa anche solo darglielo a vedere. Fa roteare gli occhi verso l’alto, prima di riportarli sulla macchinetta contro la quale andrebbe ad appoggiare la fronte. Forse spera che così facendo possano scendere magicamente delle monetine o direttamente il caffè che sogna d’avere e di bere. <Chi l’ha detto che non sei morto? Mi stai immaginando, è tutta una tua illusione.> Allargando persino le braccia verso l’esterno in maniera del tutto teatrale, come se stesse facendo un “Bula bula” che non ha né capo né coda. E’ stupido, che ci vogliamo fare? Si stacca dal freddo metallo del macchinario che non funziona finché qualcuno non ci metterà una monetina all’interno, allontanandosi e prendendo un paio di metri di distanza dalla figura di Kan, poiché questi s’è avvicinato anche fin troppo a sé stesso. Non intende starlo a sentire più del necessario. Assottiglia lo sguardo poi nel notar il di lui vestiario, per non parlare del badge che porta sul taschino e che lo etichetta come un evidente medico facente parte di quella struttura. <Non so di cosa stai parlando.> Al contrario, se lo ricorda benissimo, ma ciò che ha dimenticato è che lui fosse presente assieme a Sango. D’altronde, era talmente impegnato a chiedere aiuto che l’ha fatto in maniera inconscia, a prescindere da chi avesse davanti. S’imbroncia perché è infastidito dal modo di fare altrui. Non c’è storia. Non andranno mai d’accordo. <Col cazzo che siamo colleghi. Chissà a chi hai rubato quel badge.> E agita la mancina nell’etere come a sottolineare quanto stupido possa anche solo essere per fingere d’aver qualcosa che non gli appartiene e per far finta che sia qualcuno che in realtà non è. <Sarebbe eccitante soltanto se tu avessi un paio di tette da mettere in mostra per tutto l’orario lavorativo e soltanto se non indossassi niente sotto al camice.> Punto, set e partita. Incrocia le braccia al petto, portando la schiena a poggiare contro il muro antistante la macchinetta del caffè, in modo che possa tenerlo d’occhio ed accorgersi d’ogni suo movimento. Non si fida e come potrebbe? D’altro canto, è nella natura umana vendicarsi di chi t’ha fatto un torto, no? <Visto che sei qua, non hai qualche monetina con te? Almeno ti renderesti utile.> Purtroppo non capisce e non matura affatto dai propri errori, altrimenti saprebbe che comportarsi in tal modo è tutto fuorché positivo. [ Chakra OFF ] L'odore sottile a dolce della vendetta avvicina sempre di più la propria essenza alle narici dell'albino, il momento sta arrivando, necessita solamente del giusto appiglio per far partire il poco lungimirante piano da lui messo in atto, consapevole del finale risultato immaginato, di come il rosso possa finire a terra implorando pietà, chiedendo scusa, rivelandosi utile magari. Egli è, senza ombra di dubbio, un cretino con informazioni maggiori di quanto si possa pensare, la curiosità risiede solamente in un termine portato avanti da egli e dalla piccola Shizuka, una parola in particolare con il potere di scatenare il bramoso desiderio di informazioni da parte del Sumi. Purtroppo non giunge ancora il momento di porre domande troppo approfondite, deve attendere, anche in codesto, il propizio momento di esecuzione <Faresti schifo anche ai miei incubi per poter essere un'illusione> è vivo, dannatamente vivo, pensare di sognare, di vedere il Kokketsu dopo la morte risulta impensabile. L'inferno per l'albino è profondamente diverso, la presenza di Rasetsu oltrepassa tale luogo giungendo in contesti di pura fantasia mentale. Ancor poggiato a quella macchinetta, segue il moto altrui con lo spostamento per mettere una distanza abbastanza ampia da impedire qualunque tipo di contatto ma la successiva frase amplia il sorriso. Destrorsa diretta nella tasca del calzare tirando fuori uno smartphone, galleria viene aperta, sezione video e uno di esso messo a grande schermo <Parlo di questo> capovolgendo lo schermo portato alla vista del Kokketsu, indice mancino ne schiaccia il tasto play riproducendo il suddetto con gli avvenimenti di quel giorno. Il rosso corre nudo, inseguito da un uomo le cui minacce son ben chiare ma una parte inedita viene a mostrarsi, ovvero il rosso in un vicolo mentre vien pestato dal carnefice per averlo cornificato <Ho pagato un uomo quel giorno per filmare tutto, lo guardo ogni sera prima di coricarmi e rido> da notare come nel video l'intimo dell'uomo sia del tutto pixellato. Finita la riproduzione il cellulare permane nella destrorsa con dorate fisse sull'altrui viso in attesa di scorgerne una reazione <Oh no, invece siamo colleghi e ti dirò di più, il direttore mi ha messo come tuo compagno all'interno dell'ospedale, ciò vuol dire che attaccheremo insieme e staccheremo insieme. Se non mi credi vai da lui a chiedere> sorriso ancor più amplio <Bello no? Da oggi in poi, per te, sarò come le emorroidi, un dito in culo per la vita> mai paragone può definirsi più azzeccato di questo, veritiero, diretto, esemplare su quello che sarebbe stato da tal giorno in avanti. Ginocchio destro piegato trasportando l'intero peso corporeo su esso, facendo riposare il resto mentre ode il verbo altrui sulle fattezze femminili, seni <E cosa ti serve se poi vai in bianco lo stesso?> rilancio e vittoria immediata da parte dell'albino eppure il momento propizio giunge solo sul finale. Medesimo sorriso ancor più largo, per quanto risulti possibile una simile operazione <Te le darei anche ma rosso cretino mi ha rubato il portafoglio all'Ochaya> alzata veloce di spalle <A proposito, il portafoglio me lo ridai prima o dopo l'aver caricato quel video su ninjanet?> inizia la fase del ricatto. [Portaoggetti: fuda e inchiostri speciali] No. Non andranno assolutamente mai d’accordo. Sono partiti col piede sbagliato ed è così che resterà la loro intera esistenza: pronti ad azzannarsi. In realtà, più che azzannarsi, non fanno altro che infastidirsi reciprocamente. Tuttavia, ha cominciato il demone, quindi non ha che da incolpare sé stesso per quant’accaduto. <Secondo me, mi sogni ogni notte, altroché!> Esclama, lasciandosi persino scappare una piccola risatina dalle labbra sottili, mettendo altresì in risalto la dentatura bianca ed affilata, neppur fossero denti di squalo che, alla fin dei conti, non causano neanche tanto male. E’ costretto però a voltare il capo, a chinar dabbasso gli occhi verdognoli da dietro le lenti dalla montatura cremisi affinché possa guardare il video che Kan gli propone. <…> Strabuzza le palpebre, di nuovo. Mette a fuoco la figura dai capelli rossi che sta correndo letteralmente nudo, con quelle chiappe chiare al vento che viene inseguito da un altro uomo, uno che tale possa effettivamente venir definito. Come può anche solo riuscire a dimenticare le mazzate che s’è preso quel giorno? Il tizio s’è pure lamentato perché gli aveva sporcato i vestiti di nero, la qual cosa ha fatto sì che ingranasse con qualche altro cazzotto in più, assieme ad uno sputo, giusto per condire. <Sei vergognoso, non hai aiutato un COLLEGA in DIFFICOLTA’!> Guardalo. Al pagliaccio è appena caduto il naso rosso. Dovrebbe proprio chinarsi a raccoglierlo. Prima, fa finta che il fatto ch’egli sia un medico sia una totale farsa, salvo poi assecondarlo e pretendere che, in quanto tale, l’aiutasse. Kan, invero, ha fatto meglio di quanto si sperasse: lo ha letteralmente preso per i testicoli. <Cosa vuoi fare con quel video, mh? Mast*****ti mentre sei in pausa?> Lo provoca ulteriormente, come se non bastasse quel che sta patendo in questo momento. Fa schioccare la lingua contro il palato, indelicato come al solito, neppur preoccupandosi d’abbassar la voce in un corridoio nel quale v’è gente comunque ammalata che soggiorna in quella struttura. <…> La mascella quasi gli scivola a terra per quel che ha appena sentito dalle sue labbra, tanto da farlo scattare immantinente in piedi. Stringe i denti tra di loro con forza. <COL CAZZO!> Incurante, ancor una volta, che la gente nel corridoio possa sentirlo o dirgli d’abbassare la voce. Non darebbe in alcun modo retta, sia chiaro. Pretende ancora che venga ricordato come il Capo dei Genetisti ch’era una volta. <Io faccio il mio lavoro e tu fai il tuo, non voglio averti tra i piedi più del necessario. Piuttosto, mi faccio spostare nel distretto dei mangia-ramen.> Senza neanche immaginare che, per l’appunto, Kan sia proprio uno di quelli che ha appena menzionato in maniera tanto negativa. Stendiamo un velo pietoso! Gli viene soltanto da brontolare per via di tutte le affermazioni scherzose e derisorie che il Sumi gli rivolge, mantenendo le braccia incrociate al petto come un infante troppo arrabbiato per riuscire a spiccicare qualcosa. O forse non ha neanche inventiva. <E chi ti dice che io vada in bianco?> In effetti, spesso e volentieri è stato possibile sorprenderlo con delle donne, tuttavia a pagamento. E’ questa la differenza. Si stringe nelle spalle tutto tronfio perché crede d’averla fatta franca con una risposta del genere, quando in realtà si merita soltanto altri insulti. Anzi, quelli se li merita circa da quand’è nato, ma in effetti ci ha pensato la madre. <Mh? Che portafoglio? Non so di cosa stai parlando.> Bofonchia, facendo spallucce e sembra stranamente SERIO. Per una volta in vita sua, almeno. E la minaccia passa in secondo piano proprio perché pare fin troppo interessato a capire per quale motivo avesse dovuto rubarlo proprio a lui, manco fosse uno shinobi di Napoligakure. [ Chakra OFF ] Provocare un provocatore è un'esperienza eccitante quanto pericolosa, non puoi prendere in giro qualcuno il cui intelletto lo spinge a farlo di professione. Fin da una tenera età ha preso in giro una moltitudine di bambini, ragazzini, ogni giorno dell'esistenza ha preso la parte del bullo della situazione fregandosene dei sentimenti altrui <No però ti penso quando sono stitico> in qualche maniera, comunque, il pensiero vien rivolto così come l'associazione fatta alla persona del rosso mettendolo nuovamente, si spera, a tacere, facendo capire chi effettivamente comanda in quella disputa e chi comandi realmente chi. Estremamente tranquillo, a proprio agio, forse per il luogo pubblico, forse perchè consapevole di non aver nulla da temere, sicuro di una reazione inesistente da parte del genin eppure il divertimento non fa che aumentare, momento dopo momento si ritrova pregno di ilarità, ironia, voglia di osare più di quanto non stia già osando. Video in riproduzione, espressione goliardica sul volto del Sumi nel constatare la sorpresa altrui ad una tale visione celestiale <Perchè avrei dovuto? Cosa avrei ottenuto in cambio?> nulla viene fatto per nulla, quando si è bravi nel risolvere una situazione, nel compiere un determinato gesto, allora il compenso è dovuto, obbligatorio e non attende altro se non avanzare con le proprie richieste <No ma mandarlo a tutta Kagegakure, si> continua l'avanzata del proprio ricatto <E poi, detto in confidenza, lo hai talmente piccolo che non riusciresti a far eccitare neanche una ninfomane> tono vocale reso inferiore, permettendo soltanto al Kokketsu di carpire quelle parole, un semplice commento sulla situazione intima dell'altro, ben visibile da quel video, non contando il ricordo reale dell'avvenimento, tutto calcolato nei minimi particolari. Ennesima la reazione di stupore ad una notizia sconvolgente per l'altro, esilarante per l'albino, eccezionale per il desiderio di rompergli le scatole fin quando morte non li separi <Abbassa la voce, siamo in un ospedale, disgraziato> rendendo il sorriso, se possibile, ancor più marcato <Oh davvero? Molto piacere allora, mi chiamo Kami Sumi e vivo a Konoha> una persona silente può sentire l'abbattersi di un martello sul capo del futuro genetista <Ma non preoccuparti, il direttore ha detto che farò avanti e indietro per i vari ospedali, quindi, non ho una sede fissa e tu verrai con me ovunque. Non sei contento? Ci divertiremo molto insieme> pregustando ogni singolo attimo futuro da passare con l'altrui figura, esperienze idilliache da assaporare una dopo l'altra senza perderne neanche una <Al posto di scopare stavi mettendo parrucca e naso rosso a un ragazzo in coma, devo continuare?> la logica dice questo, le informazioni proferite risultano schiaccianti, impossibili da controbattere ma è la reazione indifferente, quasi inconsapevole a dar palesemente fastidio <Sai, non mi da fastidio aver perso i soldi ma li dentro c'erano i miei preservativi e quanto è vero che Hashirama Senjuu ha creato Konoha, li rivoglio> improvviso cambio espressivo, sorriso svanito, dorate puntate nell'altrui spettro visivo <Ma come vuoi> destrorsa sblocca il cellulare digitando una svariata combinazione di numeri, portando l'oggetto all'apparato uditivo <Ehi Matsumoto, si son io> iniziando a parlare <Si si, ascolta, ricordi quel video che ti ho passato? Bene, comincia a caricarlo su ninjanet, spammalo un po' ovunque. Tu sei bravo in queste cose> dando il via all'inferno sceso in terra <Come? Lo so ma il cretino fa finta di niente, io sono buono e caro ma a volte bisogna essere stronzi>. [Portaoggetti: fuda e inchiostri speciali] Purtroppo è vero, Kan è un provocatore seriale. Potrebbe infastidire chiunque con poche e semplici parole, esattamente come sta facendo con il demone dal rosso crine. E questi, inoltre, viene oltremodo infastidito per davvero, non riuscendo neppure a trovare le parole giuste con le quali controbattere. <Che simpatico.> Bofonchia di nuovo alla volta del Sumi, il quale sancisce che il rosso possa stimolarlo esclusivamente per la sua stitichezza. Mica male come risposta, dimostra di saperci fare ben più di quanto possa fare Rasetsu, il quale si scoccia solitamente in fretta. Un tempo, era bravo ad incutere timore, attualmente non riesce a fare neanche questo. <Avresti evitato che io diventassi il tuo peggior incubo d’ora in avanti qualora ti permetta davvero di mandare ovunque quel video.> Gli sembra anche abbastanza ovvia come motivazione, rivolgendogli un’occhiataccia di sottecchi come se ciò bastasse a tenerlo tranquillo – o ad intimorirlo, come vorrebbe invece fare. Eppure tornerà quel tempo in cui la sua forza sarà abbastanza da tormentare chiunque lo ha infastidito per questo periodo. Tornerà ad essere il “Kokujin” – l’uomo nero. L’espressione che si palesa sul volto del rosso è d’esclusiva rabbia che vien totalmente rivolta all’interlocutore in questione. Non gli importa di ciò che il resto della gente possa pensare di lui in questo momento. Non sta attivando il Chakra soltanto perché non lo reputa ancora necessario e Kan non gli risulta essere neanche una minaccia concreta. <Ti mando il numero d’un paio di puttane con le quali sono stato se vuoi, almeno cacci via quella frustrazione che ti ritrovi nei miei confronti.> Fa schioccare la lingua contro il palato e sta totalmente cessando di scherzare. Ogni frase pronunciata dalla sua voce è di quanto più serio possa esserci, allo stesso modo lo sguardo è ben focalizzato sul Sumi. Non distoglie l’attenzione da questi neanche per un istante. Adesso basta, no? <Kan Sumi delle mie palle> Gli tende direttamente la mano sinistra in avanti – la mano del traditore – per potergliela stringere e presentarsi a sua volta. Ne ignora la ramanzina relativa all’abbassar la voce poiché, come già detto, non gli interessa d’alcunché adesso. <il mio nome è Rasetsu Kokketsu, Capo genetista dieci anni or sono.> E attende che questi possa prenderne la mano e stringerla, qualora prediliga farlo. Il sorriso s’affila sul volto del giovane, marcandone i lineamenti già magri e sottili di per sé. Negli occhi, le venature nerastre affiorano – sarebbero rosse in un comune umano, ma lui d’umano ormai non ha un bel niente. <Se credi che io mi faccia comandare a bacchetta da un medicastro del cazzo appena assunto, ti stai sbagliando di grosso. Io faccio il mio, tu fai il tuo. E non ti voglio tra i piedi neanche per un istante, intesi?> Credi davvero che tutto giri in questo modo soltanto perché lo vuoi tu? Non sei più nessuno per la comunità ninja, non lo eri neanche prima. Anzi, un tempo, avrebbe avuto soltanto una famiglia che si fidava di lui e niente più. Per il resto della società, feccia era e feccia rimane. In molti, avrebbero preferito vederlo morire che tornare tra i vivi. La vena sulla tempia inizia ad ingrossarsi nel momento in cui Kan parla ancora di quell’insulso portafoglio, così come quando chiama al cellulare un tal dei tali che pare aver pagato anche per far divulgare quel video farlocco. <Spegni immediatamente quell’affare o te lo ficco su per il culo, ti mando in gastroscopia con codice rosso.> Son davvero belle le minacce che provengono dalla sua bocca, addirittura divertenti, se non fosse per la rabbia crescente che mostra e che sta diventando man mano palpabile, seppur il Sumi non sembra poi tipo da impaurirsi per così poco. [ Chakra OFF ] Il fastidio nel volto del rosso è palese, presente, crescente secondo dopo secondo, poche parole bastano nel mandarlo su di giri, colpire i punti giusti nel momento giusto, esso è il segreto per aver una vittoria semplice e diretta con il minimo sforzo. Per fortuna l'uomo risulta prevedibile, il cringe fatto essere umano mentre il Sumi presenta un intelletto superiore, in possesso di un genio mal sfruttato ma pur sempre di genio stiamo parlando <Modestie a parte> simpatico quanto un morso sulla coscia, poco gli interessa, sta trionfando su colui che ha cercato di bullizzare un bullo, di ergersi sopra una montagna pur essendo nient'altro che un piccolo fuscello appena spuntato dal terreno. L'ilarità del verbo successivo rasenta la perfezione, una minaccia degna del Sumi, messa male in pratica, parole sconnesse, prive di vero terrore; la reazione non si fa attendere, l'albino smuove il corpo, passi vengon fatti per avvicinar se stessi alla controparte, mancina innalzata cercando di poggiar il palmo sul gomito destro del rosso e, in caso di riuscita, tenta di spingerlo in avanti <Ma va a cagare> racchiudendo tutta la paura di una simile frase in un gesto tanto esplicativo quanto divertente ed è solo in caso di riuscita il suo andar a mettere l'ennesima distanza, non di metri bensì centimetri, permettendo all'uomo di respirare, di avere una zona di confort per poter andare avanti. Ancor la rabbia avanza, forte e possente come la bellezza della propria arte, distruttiva nell'altrui mente, una rabbia viscerale <Ecco, vedi perchè vai in bianco? Tu hai bisogno di puttane, io lo faccio gratis come all'inaugurazione dell'Ochaya ad esempio> non entrando in particolari scottanti ma ricorda benissimo quella notte, di come sia passato dalla cubista all'Ishiba nel giro di pochi minuti <Frustrato nei tuoi confronti? No no, al contrario, tu per me sei un genuino divertimento. Sei il classico sfigato da prendere di mira> se non esistesse un Rasetsu bisogna crearlo in laboratorio, forgiarlo esattamente per come è adesso, facile da buttare giù, semplice da schernire, impossibile da temere, esilarante da vedere <Le tue palle sarebbero molto fortunate ad avermi, non scherzarci troppo> sinistra palpebra abbassata in un mero occhiolino ai danni del Kokketsu, chi vuol intendere intenda eppure la presentazioni vengon fatte in via ufficiale, nome, cognome, professione <Io quella mano non te la stringo, chissà dove ti sei toccato> pur apprendendo un'altra, piccola nozione sul passato, sul ruolo di dieci anni fa, prima del disastro, del casino perpetrato dagli antichi ninja. Volta piegato sul lato, destro in particolare nell'udire il verbo rabbioso portato avanti <Tu invece ti farai comandare, Rasetsu> vocale tono decisamente più basso, serioso <Se vuoi continuare a fare tutte le porcate che sei solito metterti in atto> riferimenti al loro primo incontro <Farai ciò che ti dico perchè questo video, non è altro che la punta della montagna di sterco che posso farti piombare addosso, intesi?> lasciar libera una fonte estrema di informazioni come può esserlo il Kokketsu è da folli, inoltre egli rasenta un'arma, un mezzo per raggiungere un fine, un obiettivo, passando dai più blandi ai più importanti. Chiama, un'oratoria con una persona al capo opposto della cornetta riuscendo a scatenare la reazione del rosso <Aspetta Matsumoto> arto sinistro superiore allungato in avanti, mancina aperta, dita unite mosse all'indietro con fare ripetuto <Ridammi ciò che è mio e lo spengo, adesso.> impaurirsi? Cose da dilettanti. [Portaoggetti: fuda e inchiostri speciali] A breve, potrebbe anche esplodere per quanto lo riguarda. Del resto, reputa che non abbia niente da perdere in un mondo che neanche lo riconosce. Al contrario, rischia ben più di quel che pensa, peccato che non riesca ad arrivarci mentalmente. Un nuovo sbuffar d’aria proviene dalle labbra del rosso, il quale preferisce non commentare oltre, rendendosi conto che – forse – qualche volta riesce ad essere anche più intelligente d’altre persone. No, in realtà, rammenta d’un detto particolare: bisogna ignorare le persone che ci fanno arrabbiare, poiché rispondendo scenderemmo soltanto al loro livello e – si sa – lui si reputa ben superiore di chiunque gli si piazzi davanti. <Ochaya? Quel locale nuovo che hanno aperto al quartiere notturno?> Domanda, portando la testolina cremisi a piegarsi da un lato. Solleva la mancina, giacché l’altro non sembra essere poi tanto incline a stringerla per motivi tutt’altro che seri, tamburellando con i polpastrelli sul mento glabro. Riporta sol in seguito l’attenzione sull’individuo, il quale sancisce come Rasetsu possa essere soltanto un “genuino divertimento”. <Stai tirando troppo la corda.> L’avvisa, come se ciò bastasse per evitare che Kan possa rompergli le uova nel paniere, quand’è evidente che non potrebbe riuscirci in alcun modo. Bisogna trovare un pretesto diverso, qualcosa che possa veramente dargli fastidio – rendendogli magari una normale giornata un inferno. Tuttavia, dovrebbe anche far attenzione al luogo di lavoro, nonché alle mansioni che dovrebbe realmente svolgere, altrimenti perde l’uso del laboratorio e non può affatto permetterselo. <Beh, allora fammi provare, no?> Un sorrisetto sornione compare sul volto del ragazzo nel momento in cui asserisce che le sue palle sarebbero oltremodo fortunate. E dunque perché mai non chiedere che questo avvenga? La provocazione è alla prima pagina d’un ipotetico statuto che riguarda entrambi. Non riescono a vivere senza. Assottiglia per l’ennesima volta l’espressione nei di lui riguardi, arcuando persino un sopracciglio verso l’alto. E così, qualcuno ha osato minacciarlo – per la prima volta, la sta prendendo più seriamente del normale, forse comprendendo la reale minaccia che proviene da quelle parole. <Non so affatto di cosa tu stia parlando, quindi puoi anche continuare a minacciare a vuoto, ma non otterrai in alcun modo l’effetto sperato.> Si stringe nelle spalle, compiaciuto della risposta che gli ha appena dato pur consapevole che, con molta probabilità, ha sicuramente qualche asso nella manica – anche per quanto riguarda le ipotetiche risposte che potrebbe dargli da qui in avanti. <E’ inutile che insisti. Non ho il tuo portafoglio. Quindi, puoi anche continuare all’infinito, ma non ne caverai un ragno dal buco. Te l’avrà rubato una prostituta in quel locale, cosa vuoi da me?> Retorica la domanda appena espressa, costringendolo a staccarsi dal muro con un colpo di reni, probabilmente pronto a prendere tutt’altra direzione affinché possa allontanarsi da Kan – ma non ancora. [ Chakra OFF ]
Giocata del 06/07/2021 dalle 15:38 alle 17:56 nella chat "Ospedale [Kusa]"
Risposta non giunta, purtroppo, si ritrova a gustare l'altrui silenzio intravedendo la rabbia in quello sguardo, odio e fastidio uniti, in attesa di trovare una valvola di sfogo il cui arrivo risulta ben lontano. Ha sognato quel giorno fin dal proprio risveglio, rompere le scatole all'uomo che ha osato dargli fastidio nei momenti più fragili dell'esistenza, approfittandosi di un ragazzo inerme, impossibilitato dalla vita nell'effettuare una qualsivoglia reazione, spontanea o di riflesso <Cominci davvero a sorprendermi, devi aver bevuto più di me per non ricordare nulla> la memoria, per quanto possa essere offuscata dai fumi dell'alcol, gli consente di ricordare ogni minimo avvenimento <Si, quel locale e c'eri anche tu al suo interno. Ti sei strusciato addosso, subito dopo mi hai preso il portafoglio. Non ricordi neanche il mio chiamarti sbirro?> probabilmente un insulto riesci a rimanere impresso con maggior forza, un ricordo più vivido di quello non esiste, in particolar modo per tipi come loro. Strana la situazione, estremamente improbabile la dimenticanza di una serata come quella, bere così tanto alcol da causare un'amnesia è un evento più unico che raro <La sto tirando così tanto da doversi essere già spezzata eppure siamo ancora qui> rendendo l'ampiezza di quel sorriso talmente ampia da poter esser scambiato per un albino con paralisi facciale. La provocazione è il pane quotidiano, sa quanto può spingere oltre la parola, una volta giunto il limite esso va superato per osservare una reazione più interessante, esattamente come il successivo verbo <Oh> passi vengon effettuati accorciando ulteriormente le distanze <Allora seguimi, se hai le palle> cacciarsi in simili guai è pura gioia, goduria, consapevole di poter fare di tutto e di più. Una sola frase mentre il passo porta ad una distanza, destra indica una porta poco più avanti verso cui comincia a dirigere se stesso, lento ma effettuato con una certa decisione fino a giungere in quel ripostiglio accertando, comunque, il seguito del Kokketsu. In caso esso venga fatto, la mancina va ad aprire la porta inoltrandosi nella stanzina aspettando di vedere il rosso far la medesima cosa. Chissà se in esso vi è veramente il coraggio di chiudersi in una stanza da solo con l'albino, quali sbandate mentali possono indurlo nel compiere un simile quanto audace atto come quello <Santo cielo, è questa la risposta che volevo. Lo senti il brio della sfida? Tu vuoi fare il gradasso con me, è eccitante. Vedrai, molto presto mi chiamerai capo, signor Rasetsu Kokketsu> deciso, ora più che mai a sopprimere l'altrui animo <E chiedere scusa in ginocchio a Shizuka Kokketsu per qualunque torto tu le abbia fatto> il motivo di tale frase non giunge alla verità, esso è mantenuto segreto come dovrebbe essere, troppo presto per rivelare i piani del geniale intelletto del Sumi <Voglio il mio portafoglio e lo voglio adesso. Non m'interessa se non ti ricordi o se fai finta di niente, lo hai tu, ti ho visto e lo pretendo perciò comincia a ricordare perchè non ti mollo fin quando non torna nella mia tasca>. [Portaoggetti: fuda e inchiostri speciali] Non che ci voglia molto in effetti, ma inizia davvero ad essere stanco – esausto d’aver a che fare con qualcuno del genere. Non funzionano assieme, c’è totale assenza di feeling. Al contrario, nel rosso sta montando soltanto una crescente rabbia che gli causa non poco fastidio. Digrigna i denti, mantenendo il contatto visivo col diretto interessato prima che possa anche soltanto accadere qualcos’altro. Non intende tirarsi indietro, ha già sancito che non possiede quel portafogli e non vuole altresì ripetersi. <Mi sono stufato. Non m’interessa che tu sia così svampito da aver perso il tuo portafogli e che ti faccia comodo accusare me.> Questo è meramente il suo pensiero. Non crede assolutamente d’aver fatto qualcosa del genere, anche se in realtà non sarebbe poi tanto diverso da quel che fa di solito – rubare, alla fin fine, è diventata quasi la sua specialità. Tuttavia, pretende d’essere ascoltato e reputa di non aver fatto assolutamente nulla di quel che viene menzionato dal diretto interessato. <Strusciarmi addosso a te? Non sei neanche in grado di mantenere fede alle tue minacce.> Agita la dritta nell’etere, tanto per farla ondeggiare e fargli comprender come sia futile ogni sua singola parola, dal momento che questa non viene messa in pratica neanche per errore. Fa roteare gli occhi verso l’alto nel momento in cui cita l’argomento inerente alla corda, la quale è prossima alla sua rottura da ambo le parti. <Stai sfidando la persona sbagliata, te ne renderai conto troppo tardi.> Si stringe nelle spalle, palesando un altro dei suoi sorrisetti composti perlopiù da tutti quei denti affilati che si ritrova, neppur fossero effettivamente dei denti da squalo che potrebbero ferire al minimo contatto – al massimo, conoscendolo, sono in grado di rompersi appena sfiora un muro con la faccia, la qual cosa è accaduta sicuramente parecchie volte. <Ah, allora un po’ di palle le hai, ah?> Indicando lo sgabuzzino verso il quale il bianco s’è diretto con un cinico cenno del capo, lasciando ondeggiare i cremisi ciuffetti che gli sfiorano ormai di nuovo le spalle. Si scosta dal muro a sua volta, d’altronde deve dimostrare di non aver alcuna paura nei suoi confronti – e difatti non ne ha. S’è cacciato in guai ben peggiori, sfidando l’autorità di Yukio Kokketsu in persona, figuriamoci se ha timore d’un ragazzino che puzza ancor di latte. Distende l’arto mancino, in modo che il palmo della corrispondente mano vada ad appoggiarsi contro la sua spalla più vicina. Non farebbe altro che spingerlo, indurlo dunque ad avvicinarsi al ripostiglio precedentemente citato. Non v’è foga nel movimento, bensì più che altro una calma serafica – della serie, non ho niente da perdere. Andiamo. <E che cazzo c’entra quella mocciosa adesso?> Spalancando di getto le palpebre al sentir del nome di Shizuka, poiché è insensato che abbia tirato fuori il suo nome dal nulla. Cosa c’entra adesso? <Puoi anche spogliarmi nudo e cercare quel portafogli nel mio buco del c**o. Ti sto dicendo che non ce l’ho io.> Punto e basta. Odia aver a che fare con gente tanto insistente, soprattutto durante il suo orario di lavoro che potrebbe tranquillamente passare a far esperimenti sui cadaveri – un po’ come faceva una volta. [ Chakra OFF ] Il punto giunge ad un nulla di fatto, egli non molla la presa, convinto di non averlo preso eppure la visione è ben chiara nella mente, se non lo ha lui, chi? E' mai possibile l'aver confuso il rosso con un'altra? Dopotutto, prima di intravedere il Kokketsu, lo sguardo si è posato su un'avvenente donna dai capelli rossi, se fosse tutto un gioco della mente? Un brutto scherzo dell'alcol? Può darsi, c'è un solo modo per scoprirlo, tornare all'Ochaya, parlare con chi gestisce la sicurezza giungendo alla soluzione. Povero Rasetsu nel caso abbia mentito <Non mi fa comodo, a dire il vero non mi sarei mai aspettato che un simile rifiuto di pattumiera come te potesse compiere un simile atto ma facciamo così, ti lascio il beneficio del dubbio. Se ho torto, buon per te ma se per tua disgrazia ho ragione, prega tutti i Kami che conosci perchè nessuno mi prende per il culo passandola liscia> una questione aperta, fino a quando, purtroppo, non si sa, eccitante, seccante, quasi interessante sotto svariati punti di vista. Quel cocktail bevuto deve contenere al suo intero i migliori alcolici in circolazione per ridurlo in quello stato <Ne sei sicuro? Ho promesso che sarei stato un dito in culo per te ed eccomi qua, mi è basta una chiacchierata con il direttore per essere assunto come tirocinante e farmi mettere in coppia con te. Penso di star mantenendo fede anche troppo bene> dopotutto ha ragione, ogni promessa sta venendo mantenuta a pieno regime, non osa venire meno agli obiettivi preposti, essere un fastidio per l'altro, divertirsi ai danni di un uomo incolume come il genin è tanto, tantissimo. Trattiene la risata, una frase priva di senso, una minaccia esente del timore, in essa vede solo l'essere umano arrampicarsi sugli specchi per avere un attimo di rivalsa nei confronti di chi lo sta mettendo al muro <La stessa persona che si è fatta inseguire nuda per il quartiere notturno davanti a decine di persone?> se ci fosse un uomo con una batteria, in tal momento essa verrebbe suonata, non solo il tamburo, anche i piatti creando un suono di vittoria incontrastata. Vien seguito all'interno dello stanzino, da soli, privi di occhi indiscreti, di orecchie indiscrete, la solitudine è un'arma a doppio taglio, tutto può esser detto e fatto senza lasciar prove dell'accaduto. Dorate incastonate in quelle dell'interlocutore, ne scruta meglio il viso, è brutto? Abbastanza, salvo per alcuni lineamenti il cui fascino risulta indiscusso, persino per la perfezione fatta persona come il Sumi <Mi ha detto di dirti di starle alla larga, non ho ben capito i motivi per cui ti disprezza così tanto seppur possa immaginarli ma quella ragazzina non merita di avere intorno uno come te, perciò lasciala in pace d'ora in avanti> sancendo non una minaccia bensì un semplice avvertimento senza dilungare troppo il verbo, ha bisogno di comprendere se l'altro è intenzionato a farlo. Di nuovo, cerca un accorciamento di distanze provando ad arrivare a pochi centimetri da esso, i respiri possono scontrarsi <Non ti credo Rasetsu ma come detto, ti lascio il beneficio del dubbio e comunque, scemo rimbambito, ti ho rimorchiato con una facilità imbarazzante visto che mi hai seguito qui dentro> tornando al distanziamento sociale <Altro motivo pratico per cui io scopo gratis e tu no, ci vediamo nella stanza 237 del nostro prossimo paziente> ultimo il sorriso fatto ai danni del povero rosso dandogli le spalle, mancina apre la porta portando all'esterno la propria persona, dirigendosi nel corridoio <Vedi di non mancare o faccio rapporto al direttore> incamminandosi nella direzione della stanza, luogo lavorativo di entrambi. Devono assistere un paziente e un medico, quale miglior occasione. [END] E’ interessante anche l’investigazione che Kan vuol portare avanti pur di riaver indietro i suoi preservativi – capite, non il portafogli. C’è qualcosa di ben più importante del vile denaro. Quando il Sumi riprende a minacciarlo (anche se, in effetti, non ha mai smesso per davvero) il rosso solleva la mancina affinché possa emulare il becco d’una papera. Sghignazza sotto un paio di immaginari baffi. <Ci stiamo cagando sotto.> Bercia in sua direzione, mantenendo quel sorrisetto sarcastico sul viso come se niente fosse. Ovviamente, continua a dimostrare la mancanza di paura nei di lui confronti. D’altro canto, per quale motivo dovrebbe averne? Per qualcosa che reputa di non aver in alcun modo compiuto? Insomma, deve anche ricordare quel ch’era un tempo: un uomo nero di cui erano gli altri ad aver timore. Va da sé che il demone non creda che Kan sia un problema per lui, a prescindere dal fatto che si sia fatto assumere esclusivamente per dargli fastidio in maniera così eclatante. <Allora vedi che lo hai fatto per me? Vuoi veramente così tanto il mio c**o da abbassarti a questo?> Sghignazza perché ormai la partita è in ballo, pertanto tale vale giocarla altrimenti ci si rovina qualunque divertimento – e difatti è passato dall’incazzatura crescente al divertimento più totale da un istante all’altro. I suoi sbalzi d’umore c’erano un po’ mancati, dopotutto. Essi vengono maggiormente accentuati durante l’assunzione di sostanze stupefacenti, mentre di solito son abbastanza controllabili se ci si mette d’impegno – la qual cosa non avviene quasi mai. Decide di vivere secondo il proprio libero arbitrio, andando contro anche a determinati leggi qualora queste ne minaccino la libertà, per l’appunto. <Quello è stato un errore di percorso che non ti riguarda.> Bofonchia circa l’evento che l’ha visto ritratto anche nel video che il signorino vuole divulgare per tutto il Ninjanet, seppur al rosso questo non dovrebbe importare – s’è sputtanato in ben altre occasioni, dopotutto, no? Però, è una questione d’interesse personale, d’orgoglio. Sì, potremmo metterla perfettamente su questo piano. All’interno dello sgabuzzino, la distanza tra i due è resa ovviamente vana. A proposito di Shizuka, è costretto nuovamente ad alzar un sopracciglio con espressione sorpresa. <Se la mocciosa ha problemi col sottoscritto, può anche muovere quelle chiappe che si ritrova e venirmelo a dire in faccia.> Punto e basta. Non accetta che qualcun altro faccia da tramite, tanto meno considera richieste del genere quando reputa di non star facendo assolutamente niente di male. Per lui, ovviamente. Il parere della gente non gli importa, a meno che non sia importante per sé stesso. Restano dunque ben vicini l’un all’altro, grazie al movimento di Kan che si prodiga nell’avvicinarsi ulteriormente, la qual cosa appare come una vera e propria provocazione ai di lui danni. Non gli suscita ancor nessuna risposta. Non allunga le mani, le quali restano sprofondate all’interno delle rispettive tasche – non ne ha timore. <E questo lo chiami rimorchio? Mah.> Non si capiranno mai. Sarà una perenne provocazione derisoria per entrambi. Già non lo sopporta oltre, vuole vederlo sparire prima che sia troppo tardi e la sua pazienza vada a rotoli. Sta di fatto che s’attarderà fuori dalla stanza – ovviamente – prendendo ALMENO un caffè o costringendo Kan a comprargliene per farlo zittire un istante. Solo dopo, s’adeguerà agli orari lavorativi pur lamentandosi continuamente di non poter far quel che vuole. [ EXIT ]