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con Saigo, Nobu

20:32 Saigo:
  [Appartamento] Il telefono è appoggiato sulla grossa penisola bianca ora in penombra. Lo schermo giace spento, le uniche luci ad illuminare quel grosso open space che viene utilizzato sia come cucina che come salotto è il piccolo lampadario a muro che emana una calda luce giallastra, posizionato proprio accanto alla porta d’ingresso emana un calore apparente verso il suo volto. Lei se ne sta infatti seduta sulla poltrona bianca, il tappeto peloso grigio a collegare il divano che ora è stato aperto mostrando così quel letto, rifatto con una precisione quasi maniacale, lenzuola bianca e prive di qualsiasi fronzolo, sterile quasi. I capelli rosa ricadono come una coperta su quella figura dalla carnagione chiara, avvolgono le sue sottili spalle, seduta in maniera scomposta appare decisamente inclinata verso il lato destro. La gamba destra è piegata, il tallone ed impattare sulle sue natiche, la pelle chiara di quell’arto tocca il tessuto del sedile mente la gamba gemella è flessa, parallela al terreno, tallone poggiato sulla caviglia destra. Se ne sta con il braccio destro piegato e poggiato a quel bracciolo mentre la testa ciondola appena da quel lato, nelle mani quello che sembra essere un libro, nessuna informazione interessante tra quelle righe da cui spesso alza lo sguardo dando quindi movimento alla sua stessa figura, un lieve ondeggiare dei capelli quando il mento si alza e orienta verso la sinistra così da poter guardare oltre alla sua spalla e fissare quell’altra fioca fonte di luce provenire dalle enormi vetrate, osserva così la luce della luna che fredda giunge fino a lei. Sta facendo la cosa giusta? Si è offerta di ospitarlo rischiando così di instaurare un legame, eppure nel momento in cui l’unico amico che reputa d’avere svanisce le è sembrato normale attaccarsi ad un altro essere umano. Non Nene, incapace di supportarla come di deve, lontana anche lei, meglio Nobu. Infondo l’alleata le ha detto di trattarlo bene, in qualche modo anche questo è aiutarla, offrire una mano a quel collega che a conti fatti è poco più che uno sconosciuto. Indosso solamente una grossa camicia bianca di un leggerissimo cotone, sono almeno due taglie in più di quella che è la sua e il taglio è palesemente maschile, le maniche sono arrotolate così da liberare i suoi avambracci. Il polso destro è teso mentre regge quel libro in attesa. I bottoni sono quasi tutti allacciati, tranne quelli più vicini al colletto, lasciati semplicemente aperti così da formare uno scollo su quel petto ancora acerbo vista l’età, si vede quindi chiaramente quella lunga catena argentata e la chiave che porta appena, ricade sempre tra il seno e si mostra grazie a quella camicia, libera nei suoi abiti. Non sa nemmeno lei se abbia più senso portarsela dietro, considerando che è stata abbandonata per una seconda volta ma forse è solo temporaneo, si sforza di capirlo, cerca una ragione per tenere duro e si aggrappa a quel semplice simbolo. Una chiave indossata quasi tutto il giorno e tutti i giorni, diventata ormai parte dei suoi abiti, capace di farla sentire al sicuro quel tanto che basta per spingerla ad indossarla ancora. Non sa cosa sia successo a Fuji, non comprende la sua sparizione ma ci prova. Ora sta accogliendo Nobu in casa sua, sta seguendo ciò che Haru inizia a farle credere come giusto: i legami non fanno sempre male. Deve solo sceglierne pochi, scegliere qualcuno che possa sopravvivere da solo, qualcuno che non tema di perdere ed è questa la sensazione che lo Hyuga le ha trasmesso. Libero, indipendente e forte, abbastanza da poter provare a considerarlo come un amico senza il timore di non essere abbastanza, lui potrebbe essere forte per entrambi. Haru, Fuji. La mente per qualche istante si offusca davanti al ricordo delle sensazioni che prova con loro due, diametralmente opposte eppure in qualche modo ugualmente importanti, spera di non dover mai scegliere, egoisticamente spera di poter avere entrambi senza arrivare mai a mettersi un guinzaglio

21:07 Nobu:
 Era forse questo il passo di cui aveva bisogno, sparire, prendere le distanze, cercare di voltare pagina. Sono passati undici giorni ormai da quel messaggio, da quella fine non desiderata che è arrivata a ciel sereno e ancora oggi è alla ricerca di capire. Per quanto ancora scapperà da quella risposta che gli è già palese? Per quanto tempo fingerà che quelle parole di Nene per lui non sono vere, che non era solo sesso. Ecco, forse dovrebbe smetterla di cercare delle risposte in altre persone, impossibilitate a dargli quelle emozioni in quanto non sono la Doku, o forse è perché lui stesso non è aperto alla ricezione di esse. Ci riflette con ogni passo che lo portano fuori di casa, quel monolocale che aveva condiviso con Nene e che ora gli fa troppo male anche solo vedere, quella vicinanza al suo appartamento. La deve smettere di pensare a lei, così come lei gli chiede di iniziare a odiarlo, lui deve iniziare a pensarla come quel sasso insulso che le ha detto di essere, eppure se entrambi si stanno chiedendo a vicenda il contrario, di odiarsi e allontanarsi, allora non è un forzarsi a farlo? Non lo capisce, non è uno psicologo e la sua testa è un casino totale: vampirismo, assuefazione dall’adrenalina, dall’esperienza di morte, dalle droghe, dal tabacco, dall’autolesionismo. Eppure questo dolore non è un dolore che gli reca piacere e non se lo sa spiegare… forse… forse dovrebbe davvero chiamare Nene e dirle di andare a letto con lui, provare a vedere che ci è già andato oltre o forse lo vuole fare per vedere solamente se nei suoi occhi può vedere qualcosa. Un pensiero ultimamente gli solletica il palato, la psiche, il retro del suo riflettere: usare il sigillo per cambiarle i ricordi, renderla sua anche se sarebbe falso. Che importanza ha la verità quando lei stessa voleva qualcosa di falso da lui e gli stava dando qualcosa di falso, di vuoto, di debole. Perché le persone devono diventare forti? Lui quel nome lo aveva abbandonato, non ne stava facendo la sua ragione di vita, stava già voltando pagina con quel nuovo nome dal nuovo significato, con l’impegno nella Shinsengumi e tutto e, è così strano amare una persona debole, innamorarsi di un dettaglio sbagliato, che non dovrebbe esserci? Farsi forza della debolezza altrui per usarla come piedistallo per mettersi in mostra se stessi? Neanche dottor stranamore può bastare con i problemi di cuore. Come si ama? Cosa vuol dire l’amore? Che differenza c’è tra questo e l’ossessione? Cosa è per Nobu , Nene? E Fuji? Perché si è interessato così di lui? Dovrebbe contattarlo, rivedere i piani, quel progetto di andare a trovare i suoi genitori, ma non gli è passato per la testa in tutta onestà con quanto è accaduto, con quanto si è concentrato sulla Shinsengumi e sulla sua carriera, su quegli allenamenti fino a sanguinare appunto. Pensieri che aleggiano nella testa pesanti come catene che bloccano i carcerati del braccio della morte, rendendo l’anima talmente pesante e ancorata a quelle celle al punto da privargli dell’abbraccio di Morfeo e così, dopo che era andato a correre, eccolo che ha preso la decisione e contattato Saigo, la prima persona che gli è venuta in mente in questa situazione, una collega che può capire le sue ambizioni anche se magari non il motivo per la quale si sta prodigando così tanto di recente. Ha infilato Poldo nel trasportino di plastica bianco, ha preso un paio di ricambi di vestiti e la divisa per il giorno successivo per andare di nuovo alla sede principale. Si ferma per strada a un kombini sempre aperto, fa un paio di passi verso le celle frigorifere per prendere a Saigo dei mochi gelato, un pensiero per non presentarsi a mani vuote, qualcosa che può apprezzare senza un significato particolare alle spalle come potrebbero essere i cioccolatini. Evita il gusto cioccolato appunto, concentrandosi più su gusti tipici come i fagioli rossi di azuki, il macha, il mango e il latte. Paga senza prestarci troppe attenzioni, così come non si è preoccupato di lasciare un messaggio a Kioku della sua scomparsa, ormai era autonomo, che prenda la casa come regalo. Si allontana dal negozietto e infine arriva all’oasi. Non si preoccupa di nascondersi le fattezze visive nonostante i genitori abitano lì, adesso a qualche palazzo di distanza dalla sua nuova, provvisoria, dimora. Preme il pulsante dell’ascensore, aspetta che arrivi, per poi passare lo stesso dito sul pulsante rispettivo al quarantottesimo piano. Passano un paio di minuti fino all’arrivo e, non appena si aprono quei portelloni metallici, ecco che si incammina per quella veranda condivisa tra l’officina che segue anche su Ninjagram e casa Manami. Stesso dito che si alza un ultima volta alla volta del citofono a bussare. Quando Saigo aprirà la porta potrà notare Nobu con dei pantaloncini da corsa blu elettrici con le tasche dove tiene un paio di oggetti come portafoglio e cellulare. Scarpe da corsa ai piedi e una canottiera nera. I capelli sono sudati, le aveva detto che stava tornando da un allenamento. Sulle spalle uno zaino con dentro il vestiario. Mano sinistra che tiene appunto il trasportino con Poldo dentro che miagola, stanco di essere sballonzolato in giro, mentre la destra, che aveva premuto i pulsanti, si alza a esporre il sacchetto con i mochi gelato, senza dire troppo.

21:32 Saigo:
 Si sente sola, abbandonata ancora una volta ma adesso sta tenendo botta. La prima volta è crollata, si è fatta in mille pezzi e ha rischiato di distruggersi, l’ha cercata quella distruzione e poi tutto è cambiato. Non si sofferma mai a pensare su quella notte in vasca, mai osa ripercorrere con la mente quel bacio, come se fosse davvero incapace di processare quella dichiarazione lei salta subito al dopo, a quel semplice abbraccio, all’essersi addormentati distanti e vicini per poi non rivederlo mai più. Eppure la presenza di Fuji aleggiava sempre in quella casa, tanto da spingerla a dormire lei stessa su quel divano letto dopo aver incontrato Haru. Poi è svanito. Si tocca distrattamente la chiave mentre fissa fuori da quelle enormi finestre, le manca. No non deve mancarle. Si convince, si è già fatta ferire una volta e non è disposta a farsi ferire ancora, lei sta bene, lei non è legata. Ma è così sola da aver accolto Nobu, Nene le ha detto che sono simili, non sa come ma in lui può rivedere parte del suo dolore. Lui si è lasciato con la ragazza, nei film questo porta sempre a sentirsi soli, la stessa sensazione che prova lei ora. Magari due cuori mal messi possono farsi da spalla a vicenda, aiutarsi e supportarsi esattamente come dovrebbe essere. Il ginocchio sinistro ciondola durante quella riflessione e la mano destra perde tensione tanto da causare un reclinarsi del polso con successivo tonfo del libro. Si è appisolata per un istante. Nemmeno si è resa conto di aver chiuso gli occhi, il rumore del dorso di quelle pagine sul pavimento, cadendo appena oltre il peloso tappeto grigio, la riscuotono. Deve aspettare il suo ospite. Lascia così la chiave che ricade sul suo petto, mostrando solo in parte l’accennarsi delle due collinette ai lati, una curva appena iniziata, acerba ed ispida. In quel luogo lei può essere libera e questa sensazione passa anche attraverso i vestiti, attraverso quei piedi scalzi ed il termostato sempre impostato si alte temperature. Forse chiude ancora gli occhi qualche istante mentre la testa si perde invece nei ricordi del tocco di Haru sulla sua nuca, ha la certezza di essere ricambiata eppure per qualche motivo lui esista e lei non prende ciò che davvero vorrebbe. Quanto è stata stupida a chiedergli di leggerle un libro, l’avrà sicuramente presa per scema. Le nocche di Nobu intatto impattano sulla porta portando le sue palpebre a riaprirsi e mostrare i suoi occhi rossi. Si alza, andando a ruotare il busto per permettere alle punte dei piedi di posarsi delicatamente sul tappeto. Un paio di passi veloci e apre la porta, non era chiusa a chiave. Si mette in faccia un gentile sorriso di circostanza, come se non avesse appena rischiato di cadere nel baratro. I capelli sono scompigliati, le ricadono davanti al volto e lungo tutta la schiena, contrastano con la perfetta cura che mostra quando è in divisa. Struccata e con un paio di livide occhiaie tende le labbra. Sul corpo magro ricade enorme quella camicia in cotone bianco, un lieve gioco di trasparenza viene fornito dal contrasto tra la calda luce della lampada e quella fredda della luna, delineandone semplicemente la siluette ma senza far vedere davvero altra. Le arriva poco sotto le natiche, fungendole da camicia da notte, lasciata aperta tanto da poter arrivare alla sua vita, lì ben visibile la chiave di casa di Fuji <oh non dovevi!> allunga la mano destra verso il sacchettino. Cibo. Ora che vede quel pacchetto lo stomaco brontola ricordandole di non aver ancora fatto lo spuntino di mezzanotte <e lui è il tuo coinquilino giusto?> piega appena il busto in avanti lasciando che lo sguardo curioso si porti verso il trasportino di Poldo. Avere un animale è giusto? Legare a sé un altro essere vivente è la cosa da fare? Non dovrebbe aspirare invece a vederli sempre tutti liberi, infondo anche loro possono ferire. Nobu però le sembra così forte e forse è perché non sarà mai solo finché avrà Poldo a differenza sua. Legarsi porta a soffrire ma permette di evitare la solitudine, deve solo capire cosa sia meglio. Si rialza e si fa da parte saltellando poi leggera verso la penisola bianca dove, come suo solito, appoggia il cibo <benvenuti! Se vuoi farti subito il bagno è in fondo al corridoio> e con la mano libera va ad indicare effettivamente la direzione <altrimenti posso offrirti qualcosa?> non chiede. Non gli domanda perché tutta questa fretta, non indaga oltre, non sono affari suoi e poi mai vorrebbe che qualcuno infilasse il dito nelle sue piaghe <ahn se vuoi ci sono delle caramelle> quelle di Nene idiota. Stanno in un piccolo vasetto trasparente proprio al centro della penisola, gommose e senza alcun bigliettino, le sono state lasciate ma a dirla tutta lei ancora non le ha mangiate. Se Nobu si avvicinasse al lato esterno di quel ripiano bianco potrebbe notare come nell’angolo interno della cucina a terra siano stati posizionati due piatti fondi, uno è pieno d’acqua l’altro vuoto. Infondo non ha la minima idea di cosa mangino i gatti

21:59 Nobu:
 Quella porta si apre e a mostrarsi è Saigo, più umana di come l’ha mai vista a conti fatti: capelli scombinati, occhiaie, viso assonnato e nudo dal trucco. Forse dovrebbe farci subito l’abitudine a vederla così, diversa dal suo solito, da come l’ha vista in missione, nei giorni successivi, in sede centrale. Chiude quegli occhi azzurri con le palpebre gonfie e quella sottostante leggermente nera, segno che non dorme troppo di recente. La guarda di nuovo, con lo sguardo che solo ora in un secondo momento si abbassa alla volta di quella camicetta aperta con niente di intravedibile ma allo stesso tempo che lascia qualcosa all’immaginario di Nobu, non che ci presti particolarmente attenzione a tutto questo, non è in un mood particolarmente erotico a conti fatti da parecchi giorni, non si sente apprezzato, capito, dopo che il requisito base è venuto a mancare. Sguardo che si abbassa su quei seni acerbi e abbozzati nascosti dal cotone bianco, sui fianchi ancora coperti per poi finire sulle gambe nude così come quei piedi lo sono e si sentono liberi di calpestare il pavimento. Non appena Saigo afferra quella busta coi mochi, ecco che la stessa mano, ora libera, cerca di alzarsi proprio verso quei capelli color fragola nel tentativo di darle una sistemata veloce. Gli fa strano vederla così, gli fa strano perché è la seconda volta che vede una Saigo non perfetta dopo che l’ha riaccompagnata a casa che era ubriaca. Se non si fosse scansata quel gesto potrebbe essere percepito anche come un paio di carezze in capo con quelle dita lunghe e larghe che passano tra i capelli. < Eri spettinata. > le dice a spiegarle, come se una giustificazione fosse dovuta. La segue all’interno, chiudendo la porta, nel suo immaginario, nella speranza di illudersi da poter chiudere fuori i suoi pensieri, le sue paranoie, i suoi problemi, o forse deve fare così, deve far si che appunto non ci sia un seguito, che finiscano lì anche perché Nene se li starà facendo? Perché vuole che sia sempre con se nei suoi pensieri anche quando non dovrebbe essere così? Appoggia il trasportino di Poldo come prima cosa sul divano letto aperto e fatto perfettamente, pulito, immacolato, puro. Come tutto ciò che è puro per Nobu questo è qualcosa di inconcepibile, qualcosa di sbagliato, trovando il piacere e il sollievo solo in quello che è sporco, oscuro, sbagliato, un po' come lui insomma, così come odia la neve ma ama la pioggia. Apre quella gabbietta. < Si si, lui è Poldo appunto. > le risponde, sorridendole per poi far uscire proprio il gattone che in maniera circospetta comincia a muoversi in giro. Si abbassa, cammina quatto quatto per poi infilarsi per il momento sotto il divano. < Si deve ambientare, fa sempre così. Appena avrà fame verrà e si farà vedere. > le spiega dato che magari non sa il comportamento dei gatti quale sia. Si leva pure lo zaino, lasciando vedere quella schiena e quell’accenno di tatuaggio visto che appunto è ben visibile in mezzo alle scapole che sono scoperte dato che ha una canotta. Dovrebbe farle la ramanzina che mangia solo dolci, che gli offre caramelle… ma a conti fatti il suo corpo stesso non è un tempio, ingerendo droga e alcolici e proprio quella scatola metallica che Nene gli ha proibito di aprire è lì e all’interno di questa la foto che le aveva fatto, per pensarci due volte prima di drogarsi di nuovo, di farsi male come quella sera, di farla preoccupare. Ha smesso di pensarci in realtà, così come ogni giorno si spinge oltre al limite in palestra, così come si è già drogato ancora e ancora fino a dover comprare nuove pastiglie perché le sue le aveva finite. Si leva quello zaino di dosso, tirando fuori la divisa piegata della Shinsengumi, appoggiandola in un primo momento sull’isola. Fa la stessa cosa in un secondo momento con un altro paio di pantaloncini, una maglietta a maniche corte, un paio di calzini e gli slip, i quali sono in cima alla pila di vestiti appunto. < Se hai una birra fredda la accetto volentieri che a casa tua fa sempre caldissimo. > le dice, accettando comunque l’offerta di farsi la doccia anche perché ne aveva bisogno. Afferra il ricambio e una busta, come quando dormi a casa di amici, per i panni sporchi. < Il bagno? > le chiede mentre afferra già i lembi inferiori di quella canotta e se la leva, con difficoltà per quanto gli va stretta adesso che è sudato soprattutto.

22:22 Saigo:
 Sorride come si dovrebbe fare, accogliente ed ospitale celando quella disperazione che l’ha portata ad offrirgli il divano, lei non vuole essere sola. Sa di esserlo e lotta con tutte le sue forza per rimanere tale ma poi una volta rientrata in quella casa teme la solitudine, il dover fare i conti con sé stessa ed i suoi incubi, con quella presenza ingombrante che sente sulle sue spalle e che teme un giorno riuscirà a sopraffarla, sta affogando ma ogni mattina torna in superficie, vive come se la sua caviglia non fosse attaccata ad un peso in cemento e poi a casa si lascia solo morire. Ora ha qualcuno che potrebbe rappresentare una flebile speranza, qualcuno che vede e percepisce come forte, nonostante la palese stanchezza che dimostra. Lui va a sistemarle i capelli, un gesto senza valore, comune dal quale non fa in tempo a ritrarsi perché inaspettato e che accoglie con una faccia incuriosita. Non le ha dato fastidio, per un istante ha sentito come se qualcuno le avesse allungano una mano per aiutarla a sopportare tutto ciò che la sta trascinando verso il fondo. Si è preso cura di lei. Qualcuno l’ha aiutata ed è per questo che è riconoscente, non ha lottato con le unghie e con i denti per quell’attenzione, non ha bramato quel momento è solo giunto inaspettato e come il calore della sua casa è arrivato a riscaldarle l’animo. Annuisce alla spiegazione sorridendo incapace di ribattere o processare. Non ha provato la stessa sensazione di quando Haru le ha sfiorato il volto, è stato come con Fuji prima di quella fuga. Non c’è stato nessun sussulto in lei si è solo sentita accettata, persino in quel casino che è ora. Raggiunge così la penisola andando quindi ad estrarre i mochi gelato <dovrei avere anche della pizza fredda> qualche avanzo di qualche sera in cui il corpo sentiva la necessità di ingerire carboidrati, insomma non è che mangi solo dolci, quasi ma non esclusivamente. Apre la confezione e si butta il primo mochi gelato in bocca. Il caldo della sua pelle contrasta e aumenta la sensazione di freddo data da quel cibo, le guance arrossiscono appena e lei socchiude le labbra per sbuffare fuori una nuvoletta fredda mentre annuisce a quella richiesta. Birra. Si volterebbe quindi mentre la sensazione di calore emanata da quel ragazzo permane su di lei, inconsciamente crede di aver appena presa una delle poche decisioni sensate della sua vita portandosi un collega in casa. Di tanto in tanto cerca Poldo con lo sguardo, incuriosita dal suo atteggiamento ed attratta da quell’animale, appartiene a qualcuno eppure non sembra soffrirne, in più è così peloso e carino. Vorrebbe toccarlo ma al momento si è messo in un posto irraggiungibile visto il basso livello di confidenza con lo Hyuga, un giorno magari non avrà remore a mostrare le sue chiappe al vento. Per adesso si limita ad estrarre una bottiglietta di birra dal frigorifero, cercando successivamente l’apribottiglie. Mastica il mochi gustando ogni singolo aroma nella sua bocca, la scelta casuale è capitata sul mango. Buono il mango. O meglio buono il dolce al mango, non è sicura di aver mai provato il frutto, da piccola forse. Rivoltandosi per poggiare la birra lo sguardo cade prima di tutto sugli abiti lì poggiati. Che pessima ospite non ha pensato ad un luogo dove farglieli riporre, corre verso la libreria bianca sul muro accanto all’ingresso con il televisore al centro. La base è composta da ante e ci riflette, dovrebbero essere vuote, lei di certo non ci ha messo dentro nulla. Mentre sposta le rosse iridi coglie di sfuggita il movimento di Nobu che la porta a deglutire con forza e poi tossire un paio di volte per liberarsi le vie aeree, rischiando di soffocare ancora una volta. Sta dal lato opposto della penisola, quello interno, con le spalle rivolte ai fornelli. Arrossisce mentre lo sguardo cade palesemente verso il ventre del ragazzo. Eccolo il suo punto debole. L’immagine si fissa nel suo sguardo e poi torna ad accumulare tutti quegli stimoli visivi avuti negli ultimi tempi, Ryosei, Aki e persino Haru evita accuratamente il pensiero di Fuji, non è pronta a rifletterci. Si sente andare a fuoco e torna ad indicare il bagno a quella richiesta, la bocca appena appena aperta <u a u> mormora prima di rendersi conto di aver parlato. Si maledice e trova la forza di distogliere lo sguardo alla ricerca di qualsiasi altro dettaglio <cioè uau i gatti> non ha idea di cosa stia dicendo, apre un secondo mochi gelato a caso e se lo butta in bocca, almeno così starà zitta

21:43 Nobu:
 Adocchia quella birra che è stata preparata per lui così come ascolta cosa prevede il menù… pizza fredda. Non è esattamente il massimo in questo momento anche perché è notte fonda, parliamo di eventi avvenuti circa alle tre se non più tardi considerando il tempo di arrivare all’oasi, prendere Poldo, il trasportino e i vestiti. Sicuramente dovrà educarla a mangiare meglio visto che ogni volta la trova con dolciumi, che sia il gelato della prima sera in riunione Shinsengumi, i mochi successivi e le caramelle ora, era chiaro che Saigo ha un debole per ciò che è dolce, non ci vuole un genio a collegare i punti soprattutto se si ripetono ormai in un pattern definito ogni volta che la Manami si deve sfamare. Non presta troppo attenzione a quel commento su di lui e poi sui gatti, come se si fosse salvata in corner. Ora che ci pensa tra l’altro si ricorda dov’è la doccia, si ricorda dov’è il bagno: aveva passato lì l’ultima notte insieme con Nene. Incedere che appunto si arresta quando arriva sulla soglia del bagno a vedere quella vasca di legno. Forse non è stata una buona idea venire da lei, forse doveva essere meno impulsivo, meno avventato… forse dovrebbe trovare il libretto delle istruzioni su come si vive dopo che tutto il tuo mondo ti crolla addosso. Mano destra che stringe il frame della porta, proprio sotto il cardine superiore. Dorso delle unghie che si tinge di bianco per la pressione mentre Nobu si morde il labbro inferiore con quei canini che lo vanno a perforare sul lato destro, passandosi la lingua a raccogliere quel liquidi che definisce chi è vivo da chi è morto. Ferro, allora è ancora vivo? Non è forse quello il senso della vita? Non è forse quello che ricerca nell’avventura, il pericolo della morte, la linfa vitale sgorgare? Non lo sa più, si dovrebbe sentire vivo in questo momento, tuttavia è più vuoto del solito, anche sotto quelle maschere che di solito utilizza. < Dammi cinque minuti. > Le dice, in realtà dovrebbe dirle ‘se non mi vedi tornare forse è il caso di preoccuparti, di controllarmi, di verificare che non abbia provato a vedere se effettivamente sono vivo’. Eppure lei lo vede quasi affidabile, forte. Strano anche solo pensarci, forse sarà che è bravo a nascondersi, a fingere, come lei che è un’attrice probabilmente. Rimane qualche secondo, anche mezzo minuto lì a guardare la vasca di legno dove ha passato appunto quell’ultima sera, quell’ultima notte con Nene e infine fa quel passo, il primo che è forse il più difficile, come ripartire da fermo quando tuttavia si è in salita e la tua macchina non è esattamente con un motore performante o con una potenza elevata. Panico che prende il piede e risale sulla gamba, il busto, il cuore. Sparisce con altri due passi, lenti, pesanti, all’interno della porta. Mani che si muovono a rilento sui pantaloni, sull’intimo, denudandosi per poi inciampare e impattare con la schiena contro la superficie lignea della porta. Si lascia scivolare giù contro il pavimento fino a toccare per terra. Alza appena le gambe, puntandole in maniera a appoggiare i gomiti sulle ginocchia rialzate per poi infilarsi quelle dita lunghe tra i capelli corvini, stavano ricrescendo, doveva tagliarli a breve. Si guarda nel riflesso di quel pavimento pulito con la luce fredda del bagno che distorce l’immagine, lo fa vedere diverso, forse per quello che è davvero e , quell’immagine bianca, pura, accostata a se stesso, lo disgusta. Vorrebbe vomitare, vomitare alla vista di quello, vomitare tutto il malessere che sta provando, tutta la confusione che lo invade. Perché sta così male? Se Saigo gli dovesse dire qualcosa rispondere con un semplice < Sto bene >, una menzogna, forse a convincersi, a convincere anche lei perché forse Saigo ha bisogno di lui così, stoico. Forse ha bisogno anche lui che qualcuno abbia bisogno di lui in realtà, il sentirsi utile, apprezzato, compreso. Un qualcosa che non può sentire per davvero fino a che appunto non si dimostrerà per quello che è. Eppure è un qualcosa con la quale è rimasto scottato al punto tale da non volerlo più fare, non volersi mostrare debole, umano, fragile per come è in realtà. Già troppe persone lo sanno, persone che lui non voleva lo sapessero, come quello sconosciuto, Fuji, che è entrato nella sua vita con un ariete, senza invito, buttando giù ogni barriera possibile, ogni forma di privacy che potesse avere. L’altra persona, l’unica con la quale si è aperto l’ha abbandonato quando l’ha fatto, chiedendo a lei di fare il solito. Voleva una menzogna, voleva forse che le cose continuassero così, false, con quella maschera che porta sempre. Così sia dunque, quella maschera diventerà il nuovo Nobu, il Nobu che tutti conosceranno, non ripeterà lo stesso errore di esporre il fianco, di concentrare le proprie forze per chiedere aiuto. Più ci pensa e più gli comincia a fare male, al punto da portarsi una mano, la destra, a stringersi il petto, per poi buttare giù la testa, in mezzo alle ginocchia, appoggiando la fronte sull’avambraccio sinistro. Cinque minuti passano in realtà così con lui che rimane assorto nei suoi pensieri, godendosi il freddo che ha contro il sedere nudo dato dalle mattonelle del pavimento. Ripensa a che fare, a cosa sta provando, a come deve comportarsi in futuro. Ormai gli era chiaro, non era per lui come Nene gli aveva detto, quella ragazza che aveva preso solo per farci sesso non lo stava prendendo. Magari proprio questo era un approccio sbagliato, stava cercando di capire lui le sue emozioni con Nene replicando il rapporto che lei gli ha descritto avere con lui. Prima di alzarsi tuttavia ci riflette… in sti giorni non le è mai mancata, quando lo contattava era più che altro un peso per lui e non un piacere. Forse dovrebbe lasciarsi trasportare, forse si era imposto lui dei paletti inconsciamente con questa ragazza, imponendosi di non voler provare quelle emozioni, forse tutto questo era falso, questi undici giorni. Si alza finalmente, infilandosi nella doccia però, non la vuole quella vasca, ha un sapore nostalgico e se solo ci entrasse potrebbe risentire il profumo della pelle della Doku che ha amato e che si sta rendendo conto di non essere riuscito a odiarla o lasciarla andare. Apre l’acqua ma è acqua fredda, non gli importa. Si butta sotto il getto, alza lo sguardo verso la pompa dell’acqua e lascia che questa lo bagni. Lascia andare la sua di acqua da quei dotti lacrimali, che vengano spazzati via insieme all’acqua, che vengano spazzati via insieme a Ryota e a Nobu. Poldo nel frattempo rimane circospetto sotto al divano letto e, non appena Saigo non sarà più in vista proverà a uscire poco poco, sempre intorno al divano, per cominciare ad annusare il nuovo appartamento.

22:01 Saigo:
 Lascia che il ragazzo raggiunga semplicemente il bagno, inconsapevole della fatica che lì lo aspetterà. Quale immensa fortuna il suo continuo rifiuto verso la realtà, non essere in grado e rivedere le immagini e le scena, sapersi imporre fintanto che è sveglia ciò che può o non può ricordare è un talento immenso di cui nemmeno si rende conto. Non importa quante volti si lavi in quella vasca, quanto spesso ripercorra i luoghi condivisi in quella sera che l’ha portata a sentirsi più lontana da Fuji, non c’è alcuna consapevole sofferenza. Lei è forte. Non si farà ferire da quella distanza che non è in grado di comprendere e di cui continua a darsi la colpa, questa volta non potrà farle del male. Se non ci pena non è mai esistito. Così non comprende il gesto di Nobu e le sue parole davanti a quella porta, potrebbe coglierle se solo fosse meno concentrata su sé stessa e sulla sua necessità di non sentirsi più sola. Lo osserva ancora con il volto abbastanza arrossato ed annuisce a quella prima frase. Si butta un altro mochi in bocca, mastica lentamente. Forse è il caso di abbassare il termostato. Lascia che gli occhi si distacchino dalla figura del collega, lui che rappresenta un porto tranquillo. Non qualcosa che avrebbe scelto, non l’amico che tanto rifugge solo qualcuno di abbastanza forte per starle accanto senza tentare di stringerle un guinzaglio intorno al collo. Se ora lui se ne andasse di casa cambierebbe qualcosa rispetto a prima? No. Questa semplice e lampante risposta le permettono di stare bene, si sente tranquilla davanti alla realtà che non potrebbe soffrire di un suo allontanamento, che sia questa la vera amicizia? Non sentirsi soli in compagni di qualcuno che però non è in grado di spezzarti il cuore solo con una parola o la sua assenza. Non ha una risposta e le va bene così. Mastica quel boccone con gusto mentre si distrae e inizia a camminare su quei pavimenti tiepidi, aggira la penisola lei silenziosa mentre sorride spensierata, ritrovando un momento di pace e serenità che percepisce come solo suo. Una calma apparente, prima della tempesta che questa notte la coglierà, che la spingerà aggirarsi e rigirarsi quasi insonne, preda dei suoi incubi ma comunque calma per ora. I capelli ondeggiano per quei suoi passi quasi felini, felpati e silenziosi mentre finalmente raggiunge il termostato. Abbassa di un paio di gradi la temperatura causando l’immediato spegnimento dei suoi riscaldamenti, forse se ne pentirà ma ha abbastanza coperte per superare la notte. Un tonfo poi giunge alle sue orecchie. Il busto ruota appena verso quel corridoio, ascolta qualche istante come alla ricerca di altri suoni, che sia scivolato? <Tutto bene?> tende le orecchie in direzione del bagno dopo aver lanciato quell’urlo, la voce non è segnata da preoccupazione. Una risposta a rassicurarla, una risposta falsa oltre alla quale potrebbe scorgere se ancora una volta ne avesse le facoltà. Concentrarsi e preoccuparsi per Nobu adesso significherebbe esporsi, creare un legame più profondo di quella semplice convivenza momentanea, una relazione sulla quale sarebbe costretta a riflettere invece di viverla come se non significasse nulla, le sue illusioni sarebbero costrette a spezzarsi. Cerca Poldo. Si piega lei, ginocchia e terra e gattona dopo aver ingoiato il mochi verso il divano, vuole vedere il gatto peloso. Ora che sa di avere della privacy è libera di fare quel movimento che mette il suo intimo in bella vista, le semplici mutande azzurre indossate che spuntano insieme alle natiche, ma è da sola in sala. <miciomiciomicio> sussurra in sua direzione cercando di attirarlo, la guancia destra poggiata sul tappeto peloso grigio, il collo che inclina la testa verso quel lato, occhi rossi alla frenetica ricerca del movimento del felino.

22:56 Nobu:
 Poldo che prima era zompettato fuori con fare circospetto torna a nascondersi. Fossero ancora a casa probabilmente sarebbe fuori, seduto sul tappeto al di fuori della vasca, quel fare che di solito, non appena apre il box trasparente e sigillato dal silicone, poteva trovarlo lì a guardarlo per essere accolto da un caloroso [Maaao] con voce mezza rachitica, come a chiedergli dove fosse sparito, a dargli da mangiare. Ecco, Poldo è uno di quei gatti abbastanza autonomi ma che ha sempre bisogno di rimanere a contatto con lui, di stargli vicino anche se non attaccato. Quando poi ha i suoi momenti anzi, si butta e diventa quasi morboso, specialmente quando magari è Nobu impegnato a fare altro. Forse ha bisogno di un amore così, incondizionato? Come quel gatto che dipende da lui ma che ama comunque come se fosse suo padre? Non sarebbe male, si sentirebbe forte, speciale per qualcuno anche se lì la linea tra dipendenza e amore diventerebbe talmente sfocata da non essere distinguibile tra le due. Appena si sente chiamare Poldo ecco che scappa di nuovo sotto al divano letto, rimanendo tuttavia incastrato con il culone di fuori per quelli che sono due secondi: era stato troppo veloce e siccome è così grosso deve proprio strisciare per infilarsi, regalando a Saigo quel sederone in bella vista e così morbido proprio. Passano quei cinque minuti che Nobu aveva detto erano necessari per lavarsi sotto la doccia, come può sentire se solo prestasse attenzione ai rumori sottili provenienti dalla camera adiacente, dal bagno. Esce fuori, nudo, afferrando appunto il primo asciugamano che trova ma… ovviamente… niente accappatoi extra e lui, beh, non l’ha preso, non ci ha pensato. Si va a tamponare appena quei capelli corvini leggermente lunghi su in testa, con i lati e il retro rasati anche se stavano ricrescendo, giusto per levare l’acqua in eccesso per poi legarsi quell’asciugamano in vita a coprirsi ciò che deve rimanere coperto. < Saigo > la chiama alla sua attenzione, spostandosi verso la porta del bagno ad aprirla e rimettersi propriamente sull’uscio, praticamente nudo se non fosse per quell’asciugamano bianco. V nel ventre che risale lungo l’addome con quei tasselli appena intravedibili così come quelle costone della gabbia toracica e quell’accenno di pettorale. La pelle bronzea è imperlata da gocce d’acqua ma quello che può vedere meglio ora che gli da il viso, il fronte, è come lungo tutto quel costato e addome ha abrasioni, lividi, segni di lotta violacei e giallastri qui e lì. < Non ho trovato un accappatoio e neanche gli altri asciugamani, non è che me ne puoi allungare uno te? > le chiederebbe, teoricamente trovandola già in piedi dato che l’aveva chiamata, senza quell’intimo in vista anche perché se così fosse, alzerebbe l’arcata sopraccigliare destra con fare perplesso, chiedendosi che cosa ci facesse così per poi scuotere la testa, nel caso avesse visto cosa non era da vedere. Prende un respiro e guarda altrove, aspettando che lei si avvicini, la aspetta, è casa sua, sa lei dove sta il tutto.

23:30 Saigo:
 Lei e Poldo diventeranno amici, ne è sicura. Per questo lo chiama e resta a fissarlo anche quando il gatto decide di scappare nuovamente sotto al divano. Oh andiamo vuole solo toccarlo. Allunga la mano destra verso quel culone che le viene messo lì in bella vista aprendo appena la bocca estasiata e proprio quando il suo indice sta per sfiorare il pelo eccolo svanire completamente. Sbuffa indispettita <oh andiamo e fatti toccare le chiappe> frase che potrebbe comunque venir sentita da Nobu che proprio in quel momento andrebbe a chiamarla. Con la stessa velocità di chi viene colto in fragrante fa di tutto per raddrizzarsi, andando quindi a poggiare sul tappeto con le ginocchia ma quantomeno ritrovano una posizione abbastanza eretta, quel che serve per nascondere le sue di chiappe. Alza lo sguardo allungandosi ancora verso il corridoio <s…sì?> balbetta appena guardinga, che sia stata colta in fragrante mentre cercava di molestare il gatto? In qualche modo la colpevolezza le si legge abbastanza palesemente in faccia, si convince anche che il gattone se la stia ridendo da sotto il divano per tutta risposta. Sposta quindi le rosse iridi verso la voce e il luogo da dove proviene per poi ritrovarsi davanti lo hyuga così, quasi come mamma l’ha fatto, un asciugamano striminzito davanti alla vita, bagnato, mezzo nudo, allenato, con quella v ben definita davanti ai suoi occhi. Forse ha anche altre parti del corpo ma sarebbe troppo credere che le stia osservando, si è focalizzata proprio lì, sul suo punto debole. Arrossisce appena ma senza sentirsi in colpa, Nene infondo le ha detto che può farlo, lo ha detto vero? Non ne ha idea e al momento nemmeno riesce a pensarci. Oh che bella la sua vita, ha osservato così tanti fianchi di uomini, quella freccia che gentilmente l’invita a scoprire cose nuove, potrebbe chiederlo no? Apre la bocca. La richiude. La lingua ad umettarle le labbra mentre deglutisce, sente stranamente la bocca impastata. Con molta forza di volontà alza lo sguardo sugli occhi di Nobu <sì?> replica. Le ha già detto cosa vuole solo che non l’ha propriamente cagato, persino il gatto adesso è sparito da quel pensiero, oh andiamo lui è vero che al momento è tanto concentrata sul bacio con Fuji ed il quasi bacio con Haru, è vero che non vuole complicare e rendere strane le cose ma non riesce davvero a trattenersi <ah sì> ora ha ricordato quello che le è stato detto. Si alza andando a deglutire ancora, fa stranamente troppo caldo persino per lei <vado> non si rimprovera nemmeno troppo d’essersi dimenticata di preparare il bagno, alla fine è andata bene <se ti serve ho anche un pigiama per te> innocente. Si sta trattenendo con tutte le sue forze per non rendere sessuale quella situazione, non vuole che lo diventi. Lui rappresenta la compagnia di cui pensa d’aver bisogno, la fuga dalla solitudine, un rapporto quasi sano dal suo punto di vista. Due colleghi, un coinquilino, qualcuno che le sistemi i capelli con gentilezza facendola sentire nuovamente apprezzata come persona e non solo più quel misto di delirio ormonale e crisi esistenziali che è. Magari però un bacino..NO. Si alza di scatto quindi e senza dire altro si precipita verso l’armadio di camera sua, ravana nell’armadio per poi uscire parecchio tempo dopo con un grosso asciugamano da mare su cui è disegnato un cono gelato rosa. Letteralmente la prima cosa che le è capitata sotto mano. L’allunga verso di lui <serve altro?> sorride. Fissa con attenzione estrema il corpo di Nobu, arrossisce e fa finta di niente

00:13 Nobu:
 Sarebbe facile usare Saigo in questo momento, sarebbe così facile sedurla, farla sua , renderla una sua preda, assoggettarla a quello che è un istinto animale che comunque non sente richiamato in se stesso, neanche con quella camicetta che copre appena l’intimo della collega, neanche con quel seno acerbo intravedibile con un minimo di fantasia. Quelle gote rosse non passano inosservate all’occhio attento di Nobu tanto da guardarsi e rendersi conto. < Ah, scusami. Avevo già messo i panni sporchi nel sacchetto e non mi andava di indossare dei vestiti sul bagnato. > Le spiega, allungando la mano destra mentre la sinistra si prodiga a tenere su quell’asciugamano per evitare che qualsiasi destino beffardo possa far capitare eventi inaspettati di cui i due poi si pentirebbero. Dita affusolate e allungate che si stringono sulla stoffa di quel telo da mare di quel colore che ricorda la carnagione di una persona normale, in contrasto con la sua così diversa, amato e baciato dal sole per l’appunto. Si avvolge per bene con quel asciugamano, ricambiando tuttavia il sorriso, mostrando la dentatura bianca e curata, chiudendo appena gli occhi. Quei sorrisi che ti sforzi a fare per far finta che sia tutto a posto mentre al tuo interno stai urlando che fa male, con i conati di vomito che vengono ingoiati forzatamente, causati dal malessere e dallo stress. Ha sentito la parte delle chiappette ma è il minimo che può fare: lasciare correre dopo che lei li sta ospitando per qualche giorno. < Un pigiama? > domanda perplesso, non vede come Saigo possa avere indumenti che possano andare a Nobu in realtà. < Pensavo di dormire in intimo o con i vestiti per domani al massimo. Se è qualcosa che mi può andare però va benissimo, ne approfitto volentieri. > le direbbe anche per allontanarsi da lei, per tornare dentro e mettersi almeno l’intimo. La aspetta tuttavia, alza quegli estremi del telo da mare per portare quei lembi di cotone alla volta dei capelli corvini, ancora umidi per potersi infine asciugare almeno quanto necessario per non ammalarsi totalmente. Fa lo stesso con il corpo, non preoccupandosi troppo che Saigo fosse lì o che si sia allontanata per andare a prendergli quel pigiama nonostante non si aspetti niente di che in realtà. Si gira, appoggiando appena la porta, accostandola per poi afferrare quegli slip e infilarci in un primo momento le gambe per poi tirarli su, con ancora l’asciugamano bianco a coprirsi le nudità, rimosso solo ora che si è coperto con il proprio intimo e che non c’è più nessun pericolo di patatrac o incidenti vari tra i due. Ha bisogno di altro? Quella domanda lo coglie alla sprovvista. Non sa come prenderla, a livello materiale? A livello emotivo? O semplicemente limitato alla sfera dei possedimenti e abilità di Saigo, qualcosa che lei può dargli per farlo sentire bene? Non le chiede niente, rimanendo però in silenzio più del previsto, facendole capire che in realtà ci stava pensando a che cosa potesse dargli. La felicità, la gioia, la comprensione. Il sentirsi importante per qualcuno, elevare una persona su un unico piedistallo. Si dice che gli eroi ti sacrificherebbero per salvare il mondo mentre gli anti eroi o gli antagonisti sacrificherebbero il mondo intero per una persona sola. Lui è chiaramente uno di questi, non gli importa niente se non di una persona e si rende conto che quelle mani, per quanto grandi possano essere, possono trattenere al loro interno solo una vita al di fuori della propria, o meglio neanche, dato che per come è fatto la sua vita viene data proprio alla persona che lui ama. Saigo, puoi essere quella persona? Ripensa a Fuji e a quelle parole sul rendere felice Nene. Forse è davvero incapace di renderla felice come diceva, in una maniera che non funzionerebbe, ma allora come si fa? E se effettivamente la sua vita l’ha data a Nene allora in questo momento Nobu non è forse morto? Per questo quando si è leccato il sangue dal labbro non ha percepito niente, non ha percepito nulla al di fuori di quel sapore ferroso, nessun brivido, nessuna passione, nessuno shock all’interno della spina dorsale che lo faccia sentire vivo, neanche con quella punta di autolesionismo. < No. Grazie Saigo. > La ringrazia, come si ringrazia un amica, dandole un altro sorriso, con la mano destra che si avvicinerebbe ancora una volta alla ricerca di un buffetto su quei capelli rosati e scombinati ancora ora che si era agitata e messa per terra per cercare di accarezzare Poldo. Si leva quel telo da mare e asciugamano, aspettando comunque Saigo in una visione per lei non troppo dissimile a quella precedente, con l’asciugamano bianco sostituito da uno slip che lascia anche intravedere le anche e le pieghe delle ossa. Inspira a pieni polmoni, per la prima volta per poi accasciarsi un attimo, probabilmente causato dall’espandersi della cassa toracica fino a impattare con l’ematoma viola che ha sul costato causandogli un dolore lancinante, pungente. Ok Nobu, sei vivo ancora.

00:32 Saigo:
 Non ci ha pensato bene in effetti. Si è precipitata presa dal momento e ha offerto asciugamano e pigiama ma se consideriamo che persino lei si è abituata a dormire in camicia da uomo come potrebbe mai pensare di offrire degli abiti a qualcuno per la notte? Non sa perché però senire che è pronto a dormire con gli abiti del giorno dopo in qualche modo la tocca nel profondo. Un cucciolo da salvare, da aiutare. Lo osserva qualche istante mentre si chiede se sia giusto rifarsi su di lui, lasciare con ogni trauma ricada su quelle spalle grosse, su quel fisico muscoloso e livido, su quegli addominali, no. Si domanda solo se sia giusto sostituire Fuji, o meglio ciò che prima era Fuji. Una persona di cui non doveva dubitare, di cui non aveva paura e che vedeva come un eroe, stoico nella sua resilienza, capace di continuare lì dove lei avrebbe gettato sicuramente la spugna, lui rappresentava la sua forza e ciò a cui aspirava, fino a quando non è caduto. Anzi no fino a quando non l’ha ferita. Lo ha perdonato, è tornata da lui, ha chiesto e avuto le risposte e poi si è allontanata poco alla volta ancora una volta riaprendo quella ferita mai guarita, come se lei avesse una qualche grava malattia che le impedisce di curarsi del tutto, non si rimarginano mai i suoi dolori, restano lì a volte più silenziosi, altre invece urlano con tutta la loro forza ma sono sempre nella sua mente. Lui potrebbe essere un buon modo per soffocare quel bisogno di sfuggire a sé stessa e alla sua solitudine, non lo conosce e può fidarsi perché convinta di poterne fare a meno. Perché non farlo? Lei è sempre stata tremendamente egoista e allora perché dovrebbe cambiare? Solo perché Haru le ha detto che i legami sono importanti? Perché Fuji l’ha convinta che le cose possono cambiare in meglio? Anche se ancora non è convinta siano andate in meglio resta lì silente a fissarlo mentre attende solo di decidere. Il pigiama sono solo abiti ma non per lei. Decide di essere egoista. Si volta quindi e senza aggiungere altro si catapulta nuovamente nel suo armadio, ha giusto un paio di magliette da uomo, nulla di particolare, abiti usati in case perché comodi, non è una ragazza così curata o femminile quando nessuno può vederla. Se ne torna quindi con una t-shirt una semplice XL che a lei fa effettivamente da vestito, un rosso slavato per via degli utilizzi ed il suo profumo addosso, usata così tante volte da esser ormai diventata parte di lei. L’odore dell’ammorbidente unito a quello dello shampoo delicato per capelli. La allunga a Nobu pronta a tornare a fissarne il corpo ma quell’esitazione, quella risposta e soprattutto il buffetto tra i capelli cambiano ancora tutto, improvvisamente non le interessa più il fatto che sia effettivamente uno gnocco mezzo nudo nella sua casa. Se ora se ne andasse da casa sua cambierebbe qualcosa? No. Si ostina a dirselo eppure qualcosa forse le cambierebbe perché ogni volta che le mostra quel semplice gesto amichevole lei lo lascia entrare un pochino di più nella sua testa, non è Fuji ma forse può ritrovare quello che crede perso nel loro rapporto. Nobu non le ha mai fatto male e forse può curare ciò che è stato del suo passato. Istintivamente in quel pensiero va a grattarsi appena la nuca, l’indice destro che passa su quel segno, non sa di averlo e lei si limita a sfogare quel mare di pensieri ed indecisione con un piccolo tic nervoso, si gratta il capo. Quanta ironia se sapesse che si gratta proprio il punto che ha dato vita alla maggior parte dei suoi complessi, se solo sapesse che lì il dio l’ha segnata <se non ti serve altro allora posso lasciarti dormire, domani magari posso accarezzare Poldo> quasi speranzosa lei mentre lo cerca con gli occhi. Vuole capirlo, perché quell’animale si è legato a qualcuno? Essere soli e liberi allora è davvero sbagliato ma soprattutto per non essere più soli è necessario rinunciare in parte alla propria libertà?

01:11 Nobu:
 Se solo sapesse cosa sta passando Saigo, forse per debito o per riconoscenza di presterebbe pure, si farebbe usare per dimenticare il dolore o forse per affrontarlo. L’idea stessa di sostituire una persona cara non vuole forse dire riconoscere che quella persona in realtà ti faceva stare bene e che quindi non hai bisogno esattamente di lui ma di quello che lui rappresentava? È difficile a dirsi, le analogie tra i due sono tante, parecchie, due cuori feriti che forse si dovrebbero cercare per mettersi i cerotti a vicenda ma che difficilmente sarà così per motivi già spiegati. Saigo ha paura di legarsi alle persone, al rapporto che lega due invidui, alle complicanze intrinseche, alla vita che appunto che ti spinge ad avere comunque un occhio di riguardo verso l’altro tuo compagno. E forse va bene anche così, con Nobu che difficilmente si mostrerà per quel cane rognoso che è, quella rabbia, ira e ferocia saranno celate come sempre. Potrà scoprirlo ovviamente, così come lo scoprì Nene standogli al suo fianco durante le sedute di cacciatori di taglie eppure Nobu in questo momento non sta cercando un rimpiazzo della Doku. Non sa neanche lui che cosa sta cercando, forse il coraggio di ammettere che la sua decisione l’ha già presa, il coraggio di perseguire quella persona che ti fa stare bene e che lo stava rendendo quello che aspirava a essere. Difficile da dirsi, è come inciampare in un imprevisto ed essere sbattuti in prigione. Tutto il progresso che hai fatto viene cancellato e torni indietro su quel tavolo da gioco con una consapevolezza diversa rispetto a quando tornerai libero di muoverti. Saigo difficilmente potrà entrare, non tanto perché Nobu non è aperto, alzi, in questo momento è letteralmente un colabrodo. Sta tenendo insieme i cocchi della maschera con lo sputo mentre può sentire i granelli nelle fessure cominciare a cadere, lasciando i segni di quelle frazioni. Il suo problema è che lui ha solo uno spazio in quel cuore, non l’ha frammentato, non l’ha ripartito e associato a diverse unità, come si fa con una unità di memoria di quei computer nuovi. In questo momento quel posto è allocato, non se ne rende conto ma è così, è ancora in fase di valutazione, di comprensione. Qualora visualizzasse le proprietà di quello spazio di stockaggio di emozioni, sotto proprietario che nome vedrebbe? Forse dovrebbe resettare tutto alle impostazioni di fabbrica e rendersene l’unico proprietario, se lo meriterebbe in realtà. Inoltre a tutto questo la sua soglia di ingresso è veramente troppo alta dato che Nobu probabilmente non sa amare ma si sa solo ossessionare con una persona, rendendola, come spiegato a Fuji, il suo intero cosmo. Forse è per questo che non la riesce ancora ad odiare, vorrebbe dire odiarsi da solo e lui già si odia per non essere più quel Ryota, per non essere forte. È davvero così importante però essere forte da solo? Perché è così difficile da capire , perché le persone sono così diverse, così impossibili. La sua strategia a riguardo era appunto ignorarle, non fregarsene di tutti quei sassi attorno a lui, non ti fermi mai a vedere tutti quei dettagli inutili che vanno a comporre lo scenario, non ti fermi mai a pensare a cosa questi potrebbero pensare, anche perché il pensiero di non essere accettato è qualcosa che non tollera e, non può essere accettato da tutti. Nene forse non l’ha accettato, non le andava più bene? Dovrebbe davvero essere solo una scopata per lei forse. Pensieri che tornano lì quindi, a quell’idea di farsela un ultima volta, vedere se a lei questo effettivamente vada bene, verificare che per lei sia stato solo quello ma soprattutto per vedere se a lui tutto quello possa anche solo lontanamente bastare. Era lui ad aver complicato tutto, voleva conoscere la persona che aveva con se nel suo cuore così come si era esposto a lei. < Dagli del tempo, si deve abituare > le risponde, non specificando però il soggetto, lui, il suo cuore, il suo gatto. Può essere interpretato in tutte le maniere possibili infondo, per questo non se la sente di dire a chi si riferisce. Afferra quella maglietta XL indossandosela anche se gli va praticamente giusta, lasciando quelle gambe scoperte e quello slip in vista per qualche secondo. Afferra infine i suoi pantaloncini e se li va a mettere proprio per evitare di rimanere praticamente nudo di fronte a lei, non è corretto, non la vuole usare per sostituire nessuno e ha già un debito nei suoi confronti. < Buonanotte allora Saigo. > Le risponde, congedandosi, spostando quelle membra stanche a letto. Alza con la sinistra quelle coperte, sdraiandosi sopra. La mano destra va ad alzare il pezzo di tessuto che ha sul petto ad annusarlo, sentendo quel profumo di ammorbidente e il suo solito che usa Saigo. È un odore piacevole tutto sommato, un odore che dovrebbe solleticargli il cuore se uno ci pensa razionalmente ma che in questo momento lo lascia indifferente se non con un pensiero sul giorno seguente in sede centrale se dovesse odorare di quell’odore. Afferra quindi quella maglietta dai lembi inferiori, incrocia le braccia e se la leva, ripiegandola però in maniera minuziosa e perfetta, appoggiandola da qualche parte per non sprecare la sua gentilezza. La casa è comunque calda. Torna sotto quella coperta. Braccia che si arroccano alte con mani che si infilano sotto il cuscino e sotto la testa, incrociando le dita tra di loro. Occhi bianchi che fissano il soffitto alla ricerca di risposte da chi sta lì in alto, non essendo mai stato così vicino all’astro celeste e al creato. Flashback di quella festa che lo continuano a investire mentre il tempo passa e quelle palpebre si chiudono solo per idratare la sclera. Minuti che passano nel buio totale, con Poldo che esce da sotto il divano e salta ai piedi di Nobu, sdraiandosi lì tranquillamente. Scombussolato anche lui da quel trasloco, non affamato. Ah, come vorrebbe una sigaretta in questo momento, come vorrebbe sporcare quelle coperte così perfette e immacolate, come vorrebbe anche solo poter chiudere gli occhi e addormentarsi senza stare male. Quelle occhiaie cominciano ad accumularsi intanto mentre i minuti passano e la notte non lo inghiotte, lasciandolo lì, naufragato sulla spiaggia con nessun luogo dove poter andare.

21:04 Saigo:
 Annuisce a quella frase e dopo aver lasciato la maglietta nelle mani di Nobu si congeda. Buonanotte. Si sdraia nel suo letto che da qualche notte a questa parte ha iniziato a sentire troppo grande, una pizza e mezza che inizialmente non era disposta a condividere ma che è stata conquistata quasi a forza, da un amico che sempre più somiglia ad un fantasma. Aveva iniziato ad avere una sola certezza, sapeva di non essere abbandonata perché ogni volta che rientrava per andare a letto lo avrebbe ritrovato qui, ogni giorno le avrebbe pulito la casa e in qualche modo questo le rendeva più semplice la distanza tra loro. Non ha idea di cosa sia successo ma a prescindere non era sola. Adesso invece è sdraiata al centro del letto e si sente nuovamente sola. Apre le braccia e si mette a fissare il soffitto come una stessa. Così brava ad evitare i pensieri durante il giorno e così pessima durante la notte, fintanto che starà sveglia però è in grado di tenere il filo della sua mente, poterla in parte direzionare e questo sa che le impedirà di avere incubi. Le luci sono spente ma le tende sono spalancate così che nella camera filtri la luce di quella pallida luna ad illuminarla, deve concentrarsi su qualcosa di piacevole. Non lo trova. Haru è così vicino da spaventarla quando in quei momenti vorrebbe solo parlarci e sa di non poterlo contattare, si sta stringendo un cappio intorno al collo ed è negli istanti di solitudine che comprende quando vicino sia il baratro che la porterà a spezzarsi il collo, lui è distante e non sarà mai a sua portata facilmente, forse è anche questo ad attrarla a spingerla ad avvicinarsi ma vorrebbe solo potergli parlare, confidare le sue parole e poi ritrovarsi tra le sue spalle. Le sembrano così grosse, così solide specie se paragonate a quelle di Fuji che invece percepisce sempre come fragili, il contatto tra loro è così. Ogni volta che allunga la mano verso il marionettista teme di vederlo frantumarsi sotto al suo tocco ed è ciò che sta succedendo, è bastato un solo bacio per vederlo svanire pian paino dalla sua vita. Ora non è lì. Si volta verso il lato che ultimamente occupava lui, cercava una barriera una sua presenza ma finiva sempre per abbracciare una parte del suo corpo in perenne tensione tra la necessità di essere libera da qualsiasi legame e la voglia di essere stretta e protetta. Sospira appena mentre le palpebre lentamente calano coprendo quelle iridi rosse. Non si rende nemmeno conto che sta per addormentarsi mentre i pensieri si fanno più nebulosi ed il filo del discorso si dirada. Chiude gli occhi e si abbandona alle braccia di morfeo. Lui. La sua voce e quella frase “con te non ho ancora finito” solo un flash prima di vedere tutti i suoi compagni morti, di vedere la stessa Nene insieme a quei cadaveri e poi lo sguardo di quel demone, di quel finto Dio che ogni notte assume una forma diversa. Si spaventa e si volta sul fianco sinistro alla ricerca di qualcuno da abbracciare per calmarsi ma non trova nessuno. Spalanca gli occhi e guarda nel buio davanti a lei, ansimante. Non deve addormentarsi forse è meglio <Nobu?> titubante alza la voce in modo che viaggi fino al suo salotto, fino a quel collega che a conti fatti non conosce. Un flebile suono come se fosse indecisa se provare davvero a farsi sentire o meno <sei sveglio?> e se le rispondesse? Andrebbe davvero da lui alla ricerca di quel conforto che non trova più nell’amico di una vita? Può davvero sostituire il rapporto che aveva con Fuji ed è semplicemente andato perso con gli ultimi eventi? Lui correrà da lei o l’abbandonerà? Era così facile la vita prima di aprirsi al mondo, fintanto che il suo vicino di casa era l’unico mondo che conosceva per lei le cose erano mille volte più semplici. Le manca anche Aozora

21:46 Nobu:
 Maledetta notte, maledetto sonno, maledetto silenzio che dovrebbe portare consiglio e invece porta solo dubbi. Cerca quelle imperfezioni nel soffitto bianco, puro e immacolato per sentirsi a suo agio. Forse dovrebbe prendersi una delle sue pastiglie, calarsela e addormentarsi quando non capirà più niente. Il coraggio artificiale come viene spesso chiamato, qualcosa che lui non ha ora, coraggio di affrontare quella sensazione o di affrontare Nene che per di più si era allontanata del tutto. Sicuramente è l’unico che ci rimane così ancora a rimuginarci sopra, sta cercando lo switch per rilasciare quel bagaglio che si stava portando dietro con mesi di ricordi ed emozioni. Magari deve fare come ha detto a Fuji: ucciderla se non è lui in grado di renderla felice e poi uccidersi a sua volta, non è forse questo un pensiero alla Nobu vero e proprio? Poldo sembra percepire quel nervosismo e quell’ansia, quel gatto come quasi tutti gli animali domestici in realtà, hanno un rapporto di simbiosi tale da essere più o meno delle spugne. Si alza stiracchiandosi, allungandosi con le zampe anteriori mentre inarca la schiena e lascia uno sbadiglio. Si muove con fare pigro, con quel peso che lo fa sprofondare nel materasso a ogni passo fino a incastrarsi tra il busto e l’ascella sinistra di Nobu, appoggiando il muso proprio sul bicipite. Si appallottola, chiudendo gli occhi di nuovo mentre comincia a fare delle fusa appena appena delicate, percepibili per le vibrazioni che ha e perché intorno a loro regna un silenzio che fa da sovrano a quel salotto. Senza neanche pensarci due volte ecco che la mano destra si alza, muovendosi contro quel pelo caldo e lungo arancione che ha sul dorso del collo e della testa, coccolandolo per distrarsi a sua volta. Ultimamente si sta addormentando spesso così, abbracciato al suo gatto a dargli attenzioni per darle a qualcuno, perché lui non se le da da solo purtroppo, non abbastanza narcisista a quanto pare, inoltre Poldo è sempre contento di riceverle dopo cinque anni che sono insieme, da quel giorno in cui lo ha salvato dal cassonetto della spazzatura, con la pioggia fitta che ne copriva il miagolio. Una richiesta di aiuto, di attaccarsi alla vita, un gatto forte aveva pensato, prendendolo con se, meritava di vivere. Possiamo dire lo stesso di Nene, di Saigo o anche solo di Nobu? Così deboli e fragili? Invidia la Doku per la leggerezza con la quale ha troncato la felicità dello Hyuga, l’egoismo o forse lo ha fatto per il suo bene, per farlo crescere e diventare più forte, indipendente da lei e da tutte le persone. Se glielo chiedete ha affrontato quel quesito talmente tante volte da essersi fatto talmente tante opzioni di risposta che svariano al punto da avere una classifica tra quelle che preferisce e quelle che odia di più! Quel silenzio viene però interrotto da Saigo che lo chiama. Quanto tempo è passato da quando si sono dati la buonanotte, quanto tempo è stata addormentata prima di svegliarsi, che ore si sono fatte? Non le risponde in un primo momento, non saprebbe che dirle. Era sveglio, incapace a dormire esattamente come le aveva detto tramite messaggio: è un periodo che dorme poco. Non si alza per andare da lei, ha Poldo che ha bisogno di lui e lo inchioda a letto, inoltre non è in uno stato psicofisico esattamente ideale per alzarsi, andare a letto da lei. < Si. > risponde semplicemente due lettere, una sillaba, quello che basta in realtà a farle capire che lui c’è ed è sveglio, disposto ad ascoltarla, a tenderle quell’orecchio che è il massimo che ora può fare. Poteva fingersi addormentato, poteva fingere che aveva la musica con gli auricolari o altre milioni di scuse. Non l’ha fatto, le ha risposto. Ci sono Saigo anche se effettivamente si può dire davvero che ci sia, che sia del tutto registrato in questo momento, che possa dar manforte a qualcun altro?

22:21 Saigo:
 Forse sta dormendo. Forse lui è riuscito lì dove lei invece ha fallito. Prende le coperte e si appallottola in esse, si stringe con le gambe che vanno a portarsi verso il busto mentre le braccia portano le coperte oltre la sua testa, oltre ai suoi capelli. Perché ogni volta che chiude gli occhi deve venir sopraffatta in quel modo, perché non può semplicemente trovare pace? Mentre si nasconde dal mondo intero e dalla sua mentre, quando tremante perde la speranza di avere un supporto, qualcuno a distrarla una voce arriva dalla sala. Dovrebbe alzarsi, raggiungerlo, mettersi tra lui e il gatto e farsi coccolare proprio come un animale domestico. Non lo farà però. Piano piano le mani si abbassano mentre la fronte spunta nuovamente, svelandosi centimetro dopo centimetro lasciando che poi solo gli occhi siano nuovamente nel mondo esterno, in quel luogo buio e pericoloso per lei. Le ha risposto ma non si alzerà. Non è Fuji, da lui sarebbe corsa, si sarebbe messa a dire cose senza senso piagnucolando infastidita e spaventata e poi si sarebbe addormentata dopo essersi sfogata picchiandolo ed insultandolo. Non si espone però fino a quel punto, aprirsi a lui l’ha portata ad essere ferita una volta ed abbandonata pian piano ora, non gettata ma semplicemente lasciata indietro, chissà poi perché. Cos’ha fatto per meritarselo? Non ci deve pensare, non deve rimuginarci <a che pensi?> domanda quasi timidamente dalle sue coperte, la voce risuona quindi più ovattata mail tono è sempre abbastanza alto per poter interrompere quel silenzio assordante nella casa. Distraimi. Una richiesta la sua, quasi una preghiera nella speranza che le basti sentire una voce, un discorso per potersi addormentare in pace senza esser preda quasi subito degli incubi. Prima o poi il dolore arriverà, perché arriva sempre, vuole solo posticipare il più possibile quel momento. I capelli sono sparpagliati sul cuscino mentre lei lascia che il naso si mostri e vada ad annusare l’odore di quelle coperte, la bocca intanto viene aperta così che parte del lenzuolo venga mangiucchiato, proprio come quella bambina che è stata rinchiusa in una torre d’avorio per essere protetta e non è mai riuscita a crescere. Ecco chi diventa spesso la notte: Manami. Colei che ha perso tutti e tutti e continua a rivivere quel giorno ora dopo ora, che continua a provare a salvare tutti i suoi compagni ma riesce a strapparne uno solo dalle grinfie delle bestie, colei che ha fatto qualcosa di strano, di mai visto fino a quel giorno e poi è svenuta, troppo debole per rendersi davvero utile ma abbastanza forte per sopravvivere all’attacco nella maniera più codarda possibile: fuggendo lontano, in una dimensione tutta sua, un mondo che le appartiene ma che sente comunque come estremamente ostile. Stringe le lenzuola con le mani e lascia che l’odore del detersivo delicato la tenga lì senza farle chiudere gli occhi, impedendo al sonno di avere la meglio, di vincerla. Magari se si mangiasse un po’ di gelato passerebbe tutto. Parla attraverso un corridoio con uno sconosciuto, solo così può sopportare quella sua debolezza, può permettergli di aiutarla senza temere di venir ferita perché non lo vede, non è in grado di percepirlo realmente è troppo lontano, evanescente. Lei è libera quindi. Se ora se ne andasse cambierebbe qualcosa? No. Allora può farlo, va tutto bene. Ma se si alzasse e si facesse consolare davvero la risposta potrebbe cambiare e allora non andrebbe più bene

23:25 Nobu:
 Che domande, a cosa può mai pensare una persona che ti messaggia nel cuore della notte, dicendoti che vuole nascondersi da tutto quello, che non dorme e che ci sta male. Domanda meno sensibile non poteva farla Saigo. Il problema è che il pensiero di raccontarle tutto non lo accarezza nemmeno. Ha imparato la lezione che esporsi è solo un problema, che forse non può essere accettato per quello che è diventato per davvero visto che, colei che pensava lo avesse fatto, in realtà era solo interessata a una finzione alla fin della fiera. Aveva avuto ragione tutto questo tempo: per non perdere le persone a cui tiene deve mentire e tenerle distanti. Così come sta facendo con i genitori, con Nora e Manabu che ora sono così pericolosamente vicini eppure non lo vedranno mai. Loro tuttavia lo conoscono, nato da loro, non può mentirgli senza che se ne rendano conto, ma gli altri? Gli altri non lo conoscono, è un punto di domanda, un incognita e così rimarrà evidentemente. La mancanza di sonno e di lucidità gli fanno impugnare quel telefono, aprire l’app di messaggistica e cominciare a scrivere un messaggio a lei, alla Doku che stava ottenendo quello che voleva forse. Non tanto il suo odio, ma i suoi pensieri, quello si. Si prende il suo tempo in realtà, lasciando attendere Saigo anche perché non sa cosa risponderle, non sa che cosa dire per non dirle la verità, per non farla entrare nella sua vita, troppo complicata, senza posti liberi in quel momento. Forse è rimasto qualche posto da spettatore ma è come provare a vedere una partita al di fuori delle mura dello stadio, e non parliamo di uno stadio di qualche paesino che dal balcone che si affaccia sopra hai spettacolo gratuito, ma uno stadio riconosciuto mondialmente, con almeno settantamila posti a sedere, almeno due se non tre anelli e tutto quello riservato per una persona sola. Rilegge quelle parole prima di mandarle, sono parole insicure come lo è lui ora infondo. Preme invio prima di rimpiangere subito quella decisione, mordendosi la mano e il dito incriminato. < Pensavo alla Shinsengumi, alle persone che sto tirando in mezzo, mi facevo un paio di calcoli, ripetevo informazioni come a chi ho detto cosa e viceversa. > le spiega, inventandosi una scusa che possa essere almeno credibile, guardandosi bene dal dirle la verità ma ripensando a come lo conosce lei, come lavoratore dedito e appunto concentrato sul suo obiettivo finale. < … > le sta per chiedere pure a lei che cosa non va, come mai non riesce a dormire ma ha un blocco. Parole che muoiono in gola reduce da quello che è successo in precedenza, quando si è avvicinato a una persona e questa è stata la fine. Non sono fatti suoi, sono colleghi, non lo vuole sapere. Si limiterà a ripagarle l’ospitalità con falsa gentilezza e attenzioni, come quella che sta per fare ora. Apre la fotocamera frontale, imposta il flash e si fa un selfie. Saigo potrà notare quella luce improvvisa rimbalzare contro le pareti bianche, visibile anche dalla sua camera probabilmente. La schermata del suo telefono dovrebbe illuminarsi appunto con un nuovo messaggio da parte di Nobu. Se lo dovesse aprire potrà vedere appunto Poldo appallottolato contro di lui con un Nobu sorridente che guarda l’obiettivo. La prova a distrarre come meglio riesce rimanendo lontano, facendola concentrare su altro, su quel gatto, su cose inutili. Non ha la premura di chiederle se ha bisogno che vada da lei, tuttavia le scrive un semplice [Se vieni piano piano puoi sentirlo fare le fusa, ma non farti sentire altrimenti si nasconde di nuovo.] un secondo messaggio, un apertura per lei, forse per intavolare un discorso su qualcosa che non sia pesante per entrambi e che gli serva a tutti e due per distrarsi. Strano pensare come i loro problemi sono legati tra essi e come loro due inconsciamente si stiano avvicinando di rimando senza saperlo. Un filo rosso di Arianna li ha collegati in quella sofferenza ma oltre a rispondere a un esigenza momentanea non hanno altro i due, e va bene così.

23:43 Saigo:
 Silenzio. Forse si è addormentato. Sospira e torna a buttarsi sotto alle coperte mentre pian piano le sue palpebre calano, chiude gli occhi, si sta per addormentare e lo sente quel fiume leggero trascinarla dolcemente, cullarla con la sua corrente ma riapre di scatto gli occhi. Non vuole vedere. La paura ancora una volta l’abbatte, la blocca lasciandola ora con gli occhi ben spalancati sotto ad un muro fatto di coperte. Rivolta verso la finestra da le spalle alla porta della stanza ed ignora qualsiasi cosa. Si sente al sicuro in casa sua perché sa di poter fuggire ancora una volta come quel giorno, sa che le ci vorrebbe poco per andarsene, abbandonare tutto in favore di un mondo vuoto e al suo comando, il suo personale dominio di terra, non teme d’essere colpita alle spalle lei ha solo paura di perdere ancora tutti. Non ha più nessuno ma le resta la paura dio perdere. Quelle maledette parole le rimbombano nella mente come un presagio oscuro e forse il dio sta già agendo, facendola sbagliare, portandola a scappare e finendo per perdere la sua unica amicizia. Non doveva sapere, non doveva spingersi a tanto. Se si fosse limitata a far finta di niente come avrebbe dovuto ora Fuji non la starebbe evitando, non sarebbe semplicemente fuggito dalla sua vita come invece a lei pare stia facendo. La voce di Nobu arriva, interminabili minuti dopo. Lo ascolta lasciando che anche la sua mente si concentri su quell’argomento, piano piano torna a mostrare il capo e farlo uscire fuori dalle coperte <stavo pensando di chiedere ai fabbri una lista di zambato vendute o riparate ultimamente, magari può essere utile> replica lei come se nulla fosse. Mente proprio come Nobu le mente, dovrebbero potersi comprendere con estrema facilità dal momento che stanno adottando lo stesso metodo per difendersi ma è proprio questo ad impedirle di scorgere la verità. Lui si nasconde e fugge almeno quanto lei. Un flash poi proveniente dalla sua sala, la luce che si accende e spegne velocemente a turbare quel delicato equilibrio della luna e poco dopo la sente la vibrazione del suo telefono squarciare quella notte. L’ha lasciato sulla penisola bianca in cucina, lì dove lo ha accolto per poi venir distratta da Nobu stesso <scusa> mormora in riferimento a quel rumore. Non sa che è stato proprio lui, non ne ha idea. Vorrebbe fuggire da quel suono, teme di leggere quel messaggio, potrebbe essere qualcuno che la cerca, qualcuno che non si sente pronta a vedere. L’ultima volta però l’ha dovuto raccogliere. Si scopre e silenziosa adesso tenterebbe di sgattaiolare fino alla sala, attraversando il corridoio in punta di piedi, muovendosi piano e al buio, conosce bene quella spoglia abitazione. Nulla a comunicare il calore della casa o l’affetto, mura e mobili perfetti che non le danno alcuna sensazione, a cui non deve legarsi. Andrebbe così a raggiungere il telefono, limitandosi ad un sorriso in direzione di Nobu. Lo osserverebbe e si fisserebbe su Poldo, se fosse rimasto al posto mentre allungherebbe la mano verso il telefono. Solo a questo punto andrebbe ad sbloccare lo schermo per leggere il suo messaggio. Silenziosa sa di aver vanificato ogni cosa. Prende il telefono e andrebbe a sedersi sulla poltrona, lì vicino ai piedi di quel divano letto. Si raggomitolerebbe su di esso silenziosa appoggiando il capo sul lato destro, i piedi entrambi sulla seduta, si fa piccola piccola in quella notte che tanto la spaventa

23:58 Nobu:
 Ascolta quelle parole, non aveva in realtà voglia di prendere e fare una conversazione lavorativa a quelle che sembrerebbero essere tra le quattro e le cinque di notte, va bene che si stava occupando i pensieri con la Shinsengumi ma questo era anche troppo. Si limita a rispondere però per educazione, distraendosi quanto basta, occupando la testa con altri pensieri che la notta e il silenzio fanno riaffiorare in realtà. Pensieri che non vuole anche perché più pensa e più si confonde. Davvero deve limitarsi a odiarla e se così fosse che cosa risolverebbe? Appoggia il telefono al letto e si va a scombussolar quei capelli ancora umidi fino a quando la sente arrivare, prima ancora che possa risponderle verbalmente. Dal suono così vicino della vibrazione e il telefono illuminarsi capisce solo ora che lo aveva lasciato in sala. La vede camminare agiata a casa sua nonostante quell’ospite ingombrante. La sente scusarsi e in realtà è lui a scusarsi, appena prima lei possa leggere il messaggio e vederlo. < Scusa te. > Già, scusa che sono stato io a scriverti e non chi volevi che fosse, perché difficilmente si sarebbe alzata per lui e difficilmente avrebbe spezzato quello spazio che c’era tra di loro, venendo così vicino a lui da poterla guardare in faccia e seguirne il corpo mentre si appallottola sulla poltrona vicino a dove stava dormendo. Scuote il capo contrariato, alzando un attimo poldo dal lembo superiore della coperta, mettendolo sul materasso per poi tirare quel lenzuolo e quella coperta, disfacendo quel letto perfetto. Appallottola il tutto e lancia lenzuolo e coperta a Saigo, così come le tira anche il cuscino. < Copriti, io tanto ho caldo. > le comunica con quel bisbiglio per poi voltasi ad abbracciare poldo. Si allunga con il viso, strusciandoci contro la propria guancia con il gattone addormentato che si volta a dargli un paio di leccate in viso, principalmente sul naso prima che Nobu si allontani, troppo ruvida quella lingua felina. < Comunque è una pessima idea. I fabbri non devono registrare a chi vendono le armi o i lavori che fanno riparandole. Potrebbe essere anche un arma vecchia o uno particolarmente bravo da occuparsene da solo. > insomma non è una lista che perseguirebbe a conti fatti, troppo generica e inaffidabile. < Piuttosto sto pensando di inoltrare una richiesta domani mattina a Unohana di farmi avere i registri e le richieste di uscita da Kagegakure per la settimana relativa alla faglia. Almeno avremo una lista di nomi, a patto che gli anbu abbiamo pattugliato bene i limitari e che non siano usciti clandestinamente. > le risponde, strofinandosi appena il braccio destro dove è esposto.

00:22 Saigo:
 Si siede e lo osserva, scuote appena il capo a quelle scuse, in realtà è meglio così. Anche se una parte di lei si sente ulteriormente messa da parte, se non lo contatta lui certo non pensa a scriverle, non pensa nemmeno più ad andare a trovarla, quando è cambiato tutto? Quando ha perso l’amico per cui avrebbe dato tutto? L’amico a cui si è concessa spinta dalla necessità di tenere in piedi quella relazione, disposta a baciarlo pur di non allontanarlo. Piccola stupida ragazzina. Accoglie la coperta ma poi rispedisce al mittente il cuscino <non mi serve> ammette limitandosi ad usare lo schienale come poggia testa <tanto adesso vado> lo dice eppure quando il ragazzo inizia a parlare lei si limita a chiudere gli occhi. Può farlo perché non è sola e poco importi che non stia stringendo qualcosa finché la voce di Nobu guiderà i suoi pensieri non dovrà preoccuparsi dei suoi incubi. Annuisce appena appena alle sue parole mugugnando una risposta poco precisa, ha compreso però ciò che le viene detto, forse ha ragione, forse era un tentativo stupido. Un tentativo che l’ha portata a scrivere a Fuji, forse lo ha fatto solo per quello. Non lo sa ma non ci pensa ascolta solo il suo discorso, i suoi pensieri, i prossimi passi sul campo e ad un certo punto non sente più nulla. Lì raggomitolata sotto a quella coperta si concede di dormire almeno qualche ora, sperando che gli incubi vengano scacciati da quella presenza, da lui e il gatto. Sperando di potersi liberare del peso per quelle ore necessarie. <puoi restare> borbotta poi più nel mondo nei sogni che altro. Non lo prega ma si espone, glielo dice: lì potrà considerarla casa sua almeno fino a quando questo le permetterà di dormire. Non sarà un sonno profondo, potrà comunque essere svegliata in qualsiasi momento, proprio perché troppo tesa per cadere completamente tra le braccia della notte, troppo spaventata per perdere completamente il controllo sulla sua mente. Si addormenterà come un viaggiatore in attesa della sua fermata, come qualcuno distrutto ma ancora abbastanza cosciente per poter riaprire gli occhi alle prime avvisaglie di necessità e probabilmente con le prime luci dell’alba che filtreranno da quelle finestre si limiterà a piegare la coperta, lasciarla sulla poltrona e tornarsene in camera sua così da lasciare a Nobu la sua privacy, qualcosa che gli ha rubato durante la notte [end?]

00:44 Nobu:
 Non le serve? Cosa ti serve allora Saigo? Non essere lasciata sola? Anche te stai soffrendo di solitudine? La invidia, invidia come anche per poco riesce a trovare il sonno, il riposo tanto agognato, anche se effimero e di una leggerezza di cristallo, trasparente al punto tale che il minimo dei rumori con quella vibrazione del suono, lo farà infrangere. Invidia come stia già cercando forse di fare quel passo in avanti, di come ha la forza di voltare pagina accogliendolo. Invidierebbe il fatto che non è sola, che è circondata da persone che la desiderano a differenza sua, come se fosse un brutto anatroccolo o, nel suo caso, un cane rabbioso che ringhia dietro alle sbarre di una gabbia di un canile. Mostrando i denti per proteggersi appunto. Fuji glielo aveva detto: lui e Nene sono simili: attaccano prima di essere attaccati. Forse è per questo che non si riesce ad accettare, che non riesce a dormire ma anche perché non riesce a odiarla, vorrebbe dire odiarsi, di nuovo, partire di nuovo da capo. Non è disposto a farlo, non ne ha le forze. Forse dovrebbe andarsene pure da lì, quella situazione lo fa sentire strano, come se Saigo fosse preoccupata per lui a dormirgli vicino, su quella poltrona. Per non parlare del fatto che l’ha sfrattata dal suo letto. Quel cuscino che aveva tirato fa in modo che scatti con le braccia per prenderlo ma con questa azione, desta dal sonno Poldo che si va a infilare rapidamente sotto il divano non appena intravede Saigo così vicina, non sentendosi sicuro. Può restare, così gli dice. Parla con lui o con qualcun altro? È una richiesta a lui Nobu o a chi l’ha conciata così, il marionettista vicino di casa che alla festa era oggetto della sua gelosia. Si gira nel letto, ansimando per il dolore che gli causa il costato livido. Dovrebbe imparare a farsi curare dopo ogni seduta di allenamento, un dettaglio spesso superfluo alla quale ricorre solo se prettamente necessario, se ha il viso tumefatto. Non può macchiare l’immagine della Shinsengumi, non gli è consentito farlo. Il suo corpo è un po' l’emblema di quella corporazione: viso pulito ma tutta la sporcizia è stata sbattuta sotto il tappeto in realtà. Si trascina un attimo si, appoggiandosi con il sedere contro lo schienale. Volta il capo ad osservarla in realtà, vedere come dorme quasi beata, cercando come il peggiore dei ladri, di rubarle un po' di sonno ma niente da fare, anche questa notte non dormirà. Non era solo un problema con le mura di casa conosciute. Kioku magari non si accorgerà neanche della sua assenza, non lo aveva avvisato ancora. La guarda e infine afferra il suo telefono e si alza dal letto. Si sposta ad afferrare dall’isola le sigarette e l’accendino, spostandosi fuori da quella porta, accompagnandola dolcemente per non fare rumore e privarla del tanto desiderato ristoro, così anche per non far scappare poldo. Tira fuori una sigaretta dal pacchetto portandola alle labbra con la destra, mentre la sinistra allunga l’accendino, azionandolo con il pollice. Illumina la fine e aspira a pieni polmoni, una volta… due. Guarda quel pianerottolo e la porta accanto, Monzaemon, Fuji. Già, Fuji era bravo a capire le persone, parole di quel vocale di Nene che tornano nella sua testa, così come aveva capito la Doku. Lui si sa avvicinare in punta di piedi fino ad entrarti dentro senza che te te ne accorgi, è la persona giusta per affrontare certi discorsi, per aiutare Saigo a differenza sua. Si incammina verso quella porta fino a sbattere le nocche della sinistra contro la superficie metallica nel bel mezzo della notte, circa alle cinque del mattino. Prende un altro tiro di sigaretta, no, non ci sarà nessun click questa notte. [End]

Come da titolo: l’improvvisa realizzazione del fatto che ognuno di noi sia portatore di una sua complessa storia personale.


Potranno due malati curarsi a vicenda? Capiranno mai quanto le loro sofferenze siano simili?
In ogni caso Nobu ha conquistato il mio cuore.