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Il figliol prodigo

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con Rasetsu, Ryoma

11:56 Rasetsu:
 Partiamo dal presupposto che quanto meno non sta piovendo. Questa giornata potrebbe già essere degna di lode al Signore. Il lunedì, poiché successivo al sabato e alla domenica, è il suo giorno di riposo ufficiale. Il weekend fa solitamente bisboccia in qualche locale sino a tardi, fermandosi proprio nel suddetto quartiere per la notte sin quando al mattino non si sveglia coi suoi tempi. Quando gli va bene, dorme a casa di qualche prostituta che ha pagato la sera precedente. Quando gli va male, ad esempio come oggi, dorme su una panchina del circondario coperto da un giaccone cremisi che è riuscito a riacquistare coi soldi che guadagna in ospedale e che non spende in donnacce d'alto borgo. Difatti, è posato sulle sue spalle, in posizione fetale, cosicché possa coprire anche parte delle gambe e tenerlo al caldo. D'altronde, la stagione estiva è ancor ben lontana, quindi di notte si soffrono abbastanza le basse temperature. Sta dormendo, sia chiaro, incurante di chiunque gli stia attorno. Appare la sua zazzera di capelli rossi scompigliati, che ha sicuramente visto giorni migliori, magari con uno shampoo. Sotto al giaccone, vi sono un paio di pantaloni neri, sorretti da una cintura scura in cuoio. Una camicia bianca ne copre il petto magro, lasciando i primi due bottoni aperti in modo che possa prendere aria, in qualche modo. Gli occhi son chiusi, dorme come un bambino. L'arto mancino è piegato affinché l'avambraccio e la mano stiano posati sotto il collo e la guancia del rosso, trovando così una posizione alquanto comoda. E russa. Dannazione, potrebbero sentirlo dall'altra parte del globo per quanto casino sta facendo. E pensare che sta in una posizione alquanto tranquilla, totalmente normale, che magari dovrebbe riuscire ad evitare simili esposizioni. La bocca pertanto è socchiusa, facendo appunto fuoriuscire quel russare fastidioso. La sua fortuna è che il quartiere notturno, dato l'orario, molto probabilmente è vacante. La maggior parte dei locali son chiusi e non apriranno prima di sera.

12:17 Ryoma:
 Un mondo cambiato va ad affacciarsi agli occhi di chi, per anni, è rimasto congelato, svegliato ora dal torpore di un sonno lungo quanto una vita intera. La terra su cui da sempre ha camminato si rivela piena di sorprese e pregna di ogni tipo di novità abbandonando gli stilemi tipici dei ninja di un tempo in favore del progresso. La vita ha deciso di sottoporlo all'ennesima prova plasmando il carattere di una mente già disturbata, adesso ancor di più nell'avvedersi di non appartenere più neanche a questa terra. Abbandonato e lasciato indietro nel tempo senza possibilità di godersi neanche un solo e schifoso attimo di esistenza, un pesce fuor d'acqua simile ad un bambino appena nato. Spaesato e privato delle conoscenze più basilari, si aggira per un quartiere di Kusa non troppo lontano dall'ospedale, distorto dal degrado dell'eccesso; meretrici e drogati si aggirano per le strade privi di qualsiasi inibizione, anche la più bassa e becera, barboni e reietti della società, esattamente come potrebbe esserlo lui. Qual passo cadenzato lo spinge in avanti, le cobalte iridi sfrecciano da destra a sinistra e viceversa assimilando ogni più piccolo dettaglio di un loco del tutto nuovo ma simile, per certi versi, al Tanzaku di un tempo. I ricordi si ammassano in quella mente già stanca, ricordi di una vita passata e che mai più sarebbe ritornata ma è forse quella novità nel portarlo a notare colui che ancora aleggia nei suoi incubi. Addormentato su una volgare panchina, l'uomo dai capelli rossi si manifesta sotto i di lui occhi. Senza respiro, il cuore ferma il proprio battito ed un tumulto di emozioni si scatenano nell'animo dell'azzurro di Kusagakure. Alla propria mercè, qualcuno da ammazzare e togliere di mezzo, così vicino, così possibile e fattibile da essere un sogno ad occhi aperti ma i sogni più belli sono quelli che mai finiscono e che perdurano nel tempo. L'avanzata torna riprendendo il cammino cercando di avvicinarsi al Kokketsu con sguardo fisso su quelle labbra socchiuse; un russare fastidioso irrompe rovinando il momento idilliaco ma resta un peccato fargli continuare quel sonno. In caso di riuscito avvicinamento andrebbe a portare il proprio pollice destro tra i propri denti cominciando a morderlo con forza per farne fuoriuscire il liquido cremisi e solo allora, piegando le ginocchia, si abbasserebbe cercando di avvicinare il suddetto pollice alle labbra del rosso percorrendone la forma e sporcandole della propria vita <Assaggia>. Il viso si lascia andare in un sorriso appena accennato andando a scostare quel piccolo pezzo teschio sovrapposto alla guancia destra, lasciando intravedere una piccola ed insignificante cicatrice, in apparenza. Le vesti indossate comprendono un semplice e bianco pantalone largo nel ricoprire gli arti inferiori nella loro interezza e un paio di sandali shinobistici al fondo. Una giaccia bianca con maniche lunghe posta sulle braccia e sul busto, chiusa con una cerniera fino a poco sopra l'ombelico lasciando scoperto il petto e parte del ventre. Capelli brizzolati e scompigliati, corti e tenuti ne concludono l'aspetto.

12:40 Rasetsu:
 Sta ancora russando della grossa, incapace di svegliarsi specialmente se è andato a dormire alle prime luci dell'alba. La cassa toracica si alza e si abbassa a seconda del respiro, mantenendo la bocca socchiusa per via del tiepido russare che si è un minimo abbassato di intensità. Qualche passo lo avverte nel suo dormiveglia che precede il risveglio, qualcuno pare che si stia avvicinando alla panchina sulla quale egli riposa. Un rivolo di bava gli scende dalle labbra, poiché semichiuse come prima accennato, continuando il suo ronfare senza sosta. Sembra davvero un bambino che non farebbe del male ad una mosca. I capelli cremisi son tutt'ora poco più lunghi, superano il collo e si assestano per lunghezza ad altezza delle spalle magre, coperti in parte dal giaccone che ogni tanto si tira su neanche fosse una coperta. Soltanto pochi istanti dopo, sentendo quel pollice venir sfregato contro le sue labbra, il rosso inizia quanto meno ad affrontare le sopracciglia con far dubbio. Nella sua mente, iniziano le prime fasi del risveglio, quelle durante le quali sei praticamente un rimbambito che non sa neanche il proprio nome. Scuote appena la testolina, infastidito da quella vicinanza e quel dito che si sfrega, sentendo però qualcosa di caldo e liquido al contempo venir rilasciato. Strizza gli occhi e aggrotta le sopracciglia. Che diamine? Una domanda inespressa che rimane esclusivamente all'interno della sua testa. È solo in un secondo momento che questi aprirebbe gli occhi di getto, trovandosi davanti quell'essere sconosciuto e di chissà quale provenienza. Li sbarra immediatamente neanche avesse visto un fantasma, scattando immediatamente a sedersi. <WAAAAA!> La giacca cade al suolo di rimando proprio per via dell'essersi alzato così velocemente. Le labbra del Demone son coperte di quella goccia di sangue verso la quale non muoverebbe neanche la punta della lingua, considerando come potrebbe essere avvelenato o peggio. Piuttosto porterebbe il dorso della mancina a ripulire in fretta e furia, così da sfregare e rimuoverlo con facilità. <Ma chi cazzo sei?> Bofonchia a denti stretti, snudando quelle fauci appuntite come rasoi, neppur fosse uno squalo pronto a dilaniare la vittima che ha di fronte e che è caduta accidentalmente nella stessa acqua in cui egli nuota. Lo scruta dalla testa ai piedi, cercando di inquadrare meglio il soggetto, ma è in quel momento che sopraggiunge la spossatezza fisica e il mal di testa martellante per chi è dedito a bere fino a stare male.

12:58 Ryoma:
 Il suo intimo regalo non viene accolto come sperato, priva di goduria ed esaltazione è la reazione del mostro dei sogni i cui occhi, ancora assonnati, si aprono al mondo e la voce esce in un grido espandendosi per tutto il quartiere. Arti ancora piegati, iridi a seguire quei movimenti brevi ma ben delineati dell'altro con ancora il braccio allungato verso la panchina, pollice sollevato e sguardo sul viso del suo carceriere. Il minuscolo sorriso permane sul viso ancora per pochi attimi prima di sparire nell'etere lasciando che una certa sorpresa vada a manifestarsi. Lasciando che i ricordi, di ciò che gli è stato fatto, invadano la sua mente con il rosso come protagonista assoluto di quelle vicende; si rialza tornando in piedi, ergendosi in quel metro e ottanta di sangue e carne mentre il braccio incriminato viene avvicinato alle labbra, il pollice si sofferma su di esse per poi venire avvolto. Sprecare il sangue è un delitto, lasciarlo cadere o asciugare senza prima gustarne il sapore è un crimine. Labbra a muoversi sul polpastrello assaporando quel liquido di vita che scorre dentro il corpo con voglia e sete <Pensavo ti facesse piacere> voce angelica pronuncia quelle parole di chi, in apparenza, sembra innocente, puro e privo di ogni genere di peccato <Dopo tutto quello che mi hai fatto versare> quei ricordi avanzano con prepotenza prendendo possesso delle parole e della testa, pronuncia ciò che essi vogliono e non ciò egli vuole davvero. Il dito, oramai asciutto, viene abbassato presentando una ferita profonda, un taglio netto sulla superfice la quale lentamente inizia il processo di cicatrizzazione <Non ti ricordi davvero di me? Perchè io ricordo ogni singolo momento passato insieme, nel tuo laboratorio> sconcio e volgare quel ricordo? No, per nulla. Languido nel suo dire, malizioso persino ma non c'è niente di bello in quello che sta per dire, niente di eccitante <Le tue torture sul mio corpo, non ti ricordano nulla?> non entra mai nello specifico, troppo doloroso o troppo bello da ricordare ma l'altro sa, conscio che egli sappia ben più dettagli di lui in merito a quel passato, a quel trauma da lui causato. Neanche l'azzurro sa cosa provare dinanzi al mostro, un miscuglio di sentimenti ed emozioni totalmente differenti si uniscono e si scontrano per tanta ed inconsueta diversità.

14:38 Rasetsu:
 In un primo momento, non viene affatto riconosciuto. Come potrebbe? Sono passati anni, forse persino più d'un decennio dall'ultima volta che ha avuto a che fare con un uomo del genere. Dovrebbe davvero ricordarsene? Evidentemente, non è stato degno di nota o di lode da parte del rosso. Resta seduto sulla panchina, per un attimo in completa stasi, immobile di fronte alla figura dell'altro che ancor non riesce a riconoscere come invece sarebbe consono fare. Sforza la mente, spreme le meningi, ma c'è da considerare che s'è appena svegliato e che la testa ciondola tra il dormiveglia e il male che lo circonda come una tenaglia, considerando come l'alcol faccia da sempre il suo dannato effetto e che lui l'accolga come un marinaio alla deriva accoglie la nave di soccorso. <Mh?> Dopo tutto il sangue che gli ha fatto versare? Ma di cosa sta parlando? Non capisce, non riesce a collegare le due cose neppur volesse. <Nel mio laboratorio?> Ripete ad alta voce, mantenendo gli occhi sgranati come se avesse appena visto un mostro davanti ai suoi occhi, quando in realtà il vero mostro non è altri che Rasetsu in persona per quanto gli ha causato in precedenza. Tuttavia, una volta ripresosi quanto meno dalla spossatezza del risveglio, nonostante abbia bisogno sicuramente d'un po' d'acqua e di qualche antidolorifico, le iridi verdastre screziate d'ocra vanno a posarsi su quella maschera - o presunta tale - che Ryoma porta al lato del volto, nascondendo quella presumibile cicatrice o qualunque altra screziatura possa esservi sulla pelle altrui. Soltanto in un secondo momento, continuando a guardare quella figura che s'innalza di fronte al ragazzo ancor seduto sulla panchina, sembra che qualche informazione giunga finalmente a destinazione, costringendo il demone a ridere. <NYAHAHAHAHAHAH!> Una risata che potrebbe risultare inconfondibile alle orecchie di Ryoma, il quale, proprio perché passato sotto le mani del rosso, l'avrà sicuramente sentita un sacco di volte durante le sue giornate al laboratorio. L'espressione attonita e interrogativa muta verso una più sinistra, con tanto di sorrisetto sarcastico che gli vien mostrato con assoluta strafottenza. <RK-189.> Un nome in codice, un esperimento fatto e finito. Ora se lo ricorda alla perfezione. Come potrebbe mai dimenticare quello sguardo, quella maschera, quel modo di fare che gli sta tutt'ora dimostrando. Doveva soltanto lavorare di memoria, alla fin dei conti, oltre al riprendersi dal suo torpore. <Non pensavo fossi ancora vivo. Che sorpresa!> Si tratta d'una delle tante cavie da cui traeva sangue per gli esperimenti di clonazione, oltre a testare nuovi tentativi di sostanze stupefacenti incerte, anziché testarle su se stesso come avrebbe fatto normalmente. Si tratta pur sempre d'uno scienziato che non ha mai avuto scrupoli pur di raggiungere il risultato sperato, figurarsi se ne aveva nei confronti d'un altro essere umano. [ Chakra OFF ]

15:11 Ryoma:
 Ricordare non può essere più facile alla presenza del pazzo che lo ha reso ciò che è, non più un uomo ma neanche un mostro, qualcosa di mezzo, non vivo ma neanche morto. Martoriato nel corpo e nello spirito sprofondandolo in un'oscurità anche peggiore di quella in cui ha vissuto per i primi anni di vita. Li ricorda come fosse ieri, giorni passati in una stanza, rinchiuso e tenuto in vita con il minimo indispensabile in attesa di subire ulteriori vessazioni da parte sua la cui natura gli resta tutt'ora oscura. Esperimenti di vario tipo, test su test per ottenere un qualcosa che ancora gli sfugge mettendo in evidenza come la follia di quell'uomo vada oltre una concezione ritenuta normale, vada l'oscuro cammino intrapreso dall'Otatsu fin dai primi vagiti emessi. Sconcertato è la dimenticanza mostrata da Rasetsu, tanto crudele sadismo non pervenuto nella di lui memoria a prova del fatto di essere uno dei tanti passati sotto le affusolate dita del Kokketsu, non degno di nota, una singola nullità. Cocente è la delusione che il viso comincia a mostrare, rabbia l'animo inizia a provare; dopo tutto quello che ha passato, è questo ciò che gli spetta? Indifferenza? Ogni sofferenza non ha portato a niente di più che una singola domanda da parte sua? Se davvero è così, allora avrebbe cambiato idea perchè prima di giungere all'atto finale avrebbe fatto si di imprimersi a fuoco nella memoria del rosso facendosi ricordare ben oltre la vita terrena; un ricordo così vivido da essere costantemente reale. Solo dopo la memoria appare tornare manifestandosi in quell'emblematica risata, così strana e impossibile da dimenticare; iridi fisse e mano sinistra in movimento. Le dita si agitano in modo lieve venendo smossa mentre un leggero brivido va a percorrergli la schiena man mano che l'incubo si trasforma in realtà. Le pupille divengono man mano più sottili e piccole lasciando che odio e paura prendano il posto di qualsiasi altro sentimento provato fino ad ora. Impossibile parlare o esprimere qualcosa, quel trauma così profondamente radicato gli cuce le labbra e gli secca la gola a tal punto da impedire l'emanazione del più misero suono fino all'udire del nome affibbiatogli <Mi hai dato anche un codice> RK-189, questo è il nome utilizzato per riferirsi alla propria persona durante i mesi di agonia <Non pensavo mi credessi morto. Dopotutto mi hai forgiato tu> solo e soltanto frutto del passaggio del rosso <Sei passato dalla tortura al vivere per strada come un povero mendicante? Un'amara delusione> lasciando, per un attimo, ampliare il sorriso sul viso mischiato ad una nota di sadismo <Io che speravo di conoscere il motivo delle tue deliziose vessazioni ma a quanto pare..> indicando la panca su cui è seduto per poi andare, a sua volta, a sedersi, alla sinistra del mostro.

15:54 Rasetsu:
 Un omone tanto grosso che ha paura d'uno scienziato così mingherlino. Certo, al momento attuale, avendo perso gran parte della propria potenza, il rosso non farebbe paura neanche ad una mosca. Sulle sue vittime, era solito anche usare le illusioni affinché provassero timore e paura nei propri confronti. Non riusciva sempre, ma la stragrande maggioranza delle volte faceva il bastardo anche soltanto per divertimento, non per forza perché aveva bisogno di quegli esperimenti. Inoltre, si trattava d'esperimenti in laboratorio al quale aveva accesso soltanto lui, mascherando il tutto con i genjutsu anche verso i propri colleghi. Non sarebbe stato giusto che venisse scoperto quel suo lato, soprattutto se molti colleghi speravano in un suo licenziamento fin da quando venne assunto la prima volta. <Pensavi davvero che potessi ricordare il nome delle cavie da laboratorio? Avevo segnato ognuno di voi con un nome che potessi ricordare facilmente, con un elenco in cui era invece descritta ogni vostra particolarità: data di nascita, caratteristiche particolari, gruppo sanguigno, patologie pregresse e quanto potesse tornarmi utile.> Distoglie lo sguardo dal viso del ragazzo, giusto il tempo di chinarsi per raccogliere la giacca precedentemente caduta. Va da sé che verrebbe poggiata poi sulla panchina, colpendola un paio di volte con il palmo della dritta, sorretta nella mancina, in modo che possa togliere eventualmente della polvere raccolta caduta al suolo. La piega con delicatezza anche perché i ryo che possiede adesso sono centellinati, quindi deve stare attento a cosa compra, come lo indossa ed evitare di rompere altri capi di vestiario, valutando come debba ancora ripagare in qualche modo i pantaloni strappati che aveva rubato a Touma. <Sono passati comunque dieci anni e non eri niente di che. Quindi, saresti potuto morire quando tutto è stato distrutto.> In fondo, dei vecchi villaggi non è rimasto praticamente nulla e tutto è stato ricostruito all'interno delle mura di Kagegakure dove i due stanno oggi affrontandosi per la prima volta dopo un decennio. Aggrotta appena le sopracciglia quando si rivela essere agli occhi altrui un'amara delusione, portandolo a schioccare le labbra contro il palato e gli incisivi, pronto a scatenare la sua solita ira funesta su chi si crede meglio di lui od osa contraddirlo in qualche maniera. <Mi ero soltanto fermato a chiudere gli occhi un istante.> Sì, probabilmente è su quella panchina da almeno cinque ore, quindi è inutile che cerca di pararsi le chiappe in questa maniera. E' già tanto che non sia passato qualcuno a cacciarlo con una mazza della scopa, tipo qualche vecchietta del quartiere. L'ultima considerazione di Ryoma, invece, lo lascia alquanto perplesso. Motivazioni? Si gira a guardarlo, seguendolo con lo sguardo anche nel momento stesso in cui prenderebbe posto accanto a sé sulla panchina. <Cosa vuoi sapere? Il perché ti usassi come cavia? Mi sembrava alquanto ovvio. All'epoca, stavo provando a testare un nuovo esperimento legato alla clonazione. Il tuo sangue era utile ai miei scopi, tutto qui.> Si stringe nelle spalle, allargando le braccia verso l'esterno con fare assolutamente teatrale, mostrando un ulteriore ghigno che s'allarga sul di lui volto, riprendendone anche gli occhi che s'illuminano appena. <Mi eri utile, tanto bastava. Volevi una medaglia? Mi spiace, ma come te ne avrei potuti usare degli altri. Ora cosa vuoi, mh? Sei libero o ti mancano le mie attenzioni?> Sghignazza, provocatorio come suo solito, ma non reputa ancora idoneo lo spostarsi. Che lo colpisca pure, il demone si sente stranamente sicuro di sé soltanto perché l'aveva assoggettato a suo tempo. Ma le cose potrebbero essere un filino cambiate... [ Chakra OFF ]

16:30 Ryoma:
 Abbiamo trovato una cosa che non ricorda, il potere del rosso prima di tutto il casino ma è una forza che non serve a niente quando il vero terrore colpisce direttamente la psiche insinuandosi direttamente nella testa. La violenza fisica, giunti a questo punto, diviene totalmente inutile, qualunque situazione risulta obsoleta e anche dopo anni e anni, tutto questo permane. Radicato nelle profondità più oscure dell'animo del nostro, quel timore continua ad esistere condizionandone la vita, le scelte e gli approcci con chiunque si trovi a rapportarsi, Rasetsu compreso. Niente può fargli davvero paura come la figura dinanzi così come niente può farlo emozionare facendo scontrare le due emozioni impedendogli di mostrare apertamente sia l'uno che l'altro trovando una via di mezzo non sempre esaustiva e chiara neanche all'Otatsu. Le parole da lui proferite lo affondano colpo dopo colpo senza, però, reagire in maniera alcuna a quanto sente, permettendo a quel dire di scivolargli, apparentemente, addosso come l'acqua portando alla luce un nuovo quesito, forse più importante e decisivo ma la questione non muore li, tutto il contrario, va a rafforzarsi instillando in lui quell'idea di imprimersi nel rosso come una dipendenza totale e universale, una droga di cui non può fare a meno <E quali caratteristiche ti hanno portato a scegliermi?> cos'ha di tanto speciale dunque? Perchè si è ritrovato nel suo laboratorio all'improvviso? <Cos'ho?> non è abbastanza per essere ricordato ma lo è per essere sottoposto ad indicibili torture volte a creare qualcosa di nuovo o sperimentare qualche sostanza. Le cremisi discendono sulle altrui movenze in quell'intento di raccogliere la giaccia, semplice ma non lo perde di vista ne va a distogliere l'attenzione dal mostro <Sono passato dieci anni e sono ancora qui> quel niente di che diviene automaticamente una frase privo di qualsiasi tipo di significato <Esattamente come te, anche io sono sopravvissuto e dopo ciò che mi hai fatto, continuerò a sopravvivere> niente è abbastanza traumatico, forte e potente da spezzarlo e ucciderlo. Le azioni compiute dal rosso superano l'umana comprensione fino ad essere inarrivabili <Su una panchina con un cappotto russando come se fossi nel sonno più profondo> piccoli elementi che avvalorano la propria tesi contrastando quella altrui senza troppa fatica. L'essere calmo non va a renderlo stupido o inetto, solo un attento osservatore di ciò che lo circonda e dei comportamenti di coloro che passano sulla sua strada. Seduto alla sinistra, silente, lo ascolta facendolo parlare in totale e assoluta libertà come è giusto che sia, trovando in quelle parole le spiegazioni ricercato ma in modo poco esaustivo, per nulla convincenti. Il volto viene girato, le cobalte ancora rivolte a quelle di lui ricambiandone il sorriso e da seduto andrebbe ad alzarsi per porti all'altro in maniera frontale; il busto piegato in avanti mentre l'arto destro si allunga verso il viso di Rasetsu e con la mano aperta cerca di donargli una semplice carezza in maniera delicata e lenta <Mi mancano> in caso di riuscita farebbe scendere la carezza verso la mandibola disegnandone la forma e poi giù verso il collo <Le bramo> e solo quando la mano si troverebbe su di esso andrebbe a tentare di aprire le dita cercando di afferrarlo e, di conseguenza, stringerlo in quella morsa. In essa mette pressione il cui intento non è un vero strangolamento ma una presa di posizione andando ad avvicinare il viso a quello altrui esibendo un largo ghigno che ne prende tutto il volto, mostrando i denti e lasciando che il celato sadismo si impossessi dello sguardo ampliando la dimensione delle pupille <Io non sono una semplice cavia da laboratorio. Io sono il presente, il passato e il futuro da te costruito e che per sempre di perseguiterà> e la lingua viene portata all'esterno leccandosi le labbra, inspirando ed annusando l'altro <Il mio sangue è utile? Cosa ne dici del tuo? Occhio per occhio, prima ti ho fatto assaporare il mio, ora voglio assaggiare il tuo> allargando il sorriso ancor di più e nel farlo si può intravedere un'ulteriore porzione del viso coperto dallo scheletro lasciando spuntare un elemento bianco e innaturale.

17:08 Rasetsu:
 Aggrotta le sopracciglia nel notare il fare altrui, quella domanda che gli viene rivolta come se fosse davvero tanto necessario riuscire a capire il motivo che ha spinto Rasetsu a sceglierlo come un'eventuale cavia da laboratorio. Non comprende lo stato d'animo di colui che si comporta ovviamente come una vittima, essendo stato ferito e avendo ritrovato colui ch'era il suo carnefice. <La resistenza fisica, la corporatura, il tuo gruppo sanguigno non molto dissimile dal mio. Le caratteristiche erano varie e personalmente parlando non ho tutti i file a portata di mano adesso.> Stringendosi nelle spalle e trovando di fatto superfluo il solo parlare di ciò che ha spinto il rosso a prendere in considerazione Ryoma. Non vede la ragione per la quale debba riuscire a dargli tanta importanza quando invero si trattava soltanto d'un esperimento che sarebbe potuto riuscire meglio se non fosse stato etichettato come traditore, costretto nell'ultimo mese a vagare tra i confini di Oto e Kusa in attesa di poter entrare e superare il portone del villaggio del Suono. <Se continuerai a sopravvivere, sarà comunque un traguardo per me dato che potrò venire a cercarti> Afferma, avvicinando appena il viso in sua direzione con quel suo solito ghigno sinistro che s'allarga da un orecchio all'altro, nel tentativo - come sempre - d'incutere timore al prossimo come se da ciò traesse la sua energia, la sua linfa vitale. <e riprendere gli esperimenti da dove li avevo dovuti interrompere.> Convintissimo di questo, in effetti, il ritrovamento d'una sua vecchia cavia non potrebbe che farlo più contento di così. Non avrebbe senso neanche farlo fuori dal momento che potrebbe - appunto - tornargli un sacco utile anche fuori dalle mura ospedaliere. Ridacchia perché si sente ostinatamente sicuro delle proprie capacità, sicuro che chi ha di fronte tornerà a temerlo come un tempo. Non si sa bene da dove tragga questa sicurezza, forse dalle memorie di dieci anni prima nel suo ospedale dove poteva fare letteralmente quel che voleva senz'alcuna ripercussione. <ERO nel sonno più profondo e mi hai disturbato. Eppure t'avevo insegnato anche a non urlare quando ti ferivo e raccoglievo il tuo sangue.> Sbuffando dalle labbra come se avesse detto e fatto qualcosa di talmente normale da non doversene neanche vergognare. Gli sembra assolutamente giusto. Eticamente parlando non lo potrebbero definire neanche medico o scienziato, ma soltanto uno psicopatico a tutti gli effetti e avrebbero comunque ragione. Il problema sorge nel momento in cui il tocco di Ryoma si ripercuote sul proprio viso, passandovi come una carezza al di sopra, scendendo lungo la gola e soffermandosi su di essa, laddove le dita andrebbero a stringersi per saldare una presa. La forza non è ovviamente eccessiva, si rende conto di questo, altrimenti avrebbe già smesso di respirare da qualche secondo. <Cosa cazzo pensi di fare?> Sbraita a denti stretti, sgranando appena gli occhietti verdi che verrebbero incoccati in quelli chiari altrui. Digrigna la dentatura affilata, mentre non farebbe altro che puntare una mano contro il suo braccio, circondandolo con le unghie e coi polpastrelli, adoperando quella poca forza che possiede [ Forza: 5 ]. Mingherlino com'è, cosa potevate mai aspettarvi? <Lasciami stare, brutto pervertito.> Senti da che pulpito viene la predica, considerando come a sua volta non si possa reputare l'uomo più civile dell'universo. Ha commesso sicuramente anch'egli atti imperdonabili in tal senso che non vengono citati soltanto per via del pudore. Cerca d'allontanare il braccio altrui in qualche modo, facendo forza, usando persino le unghie per quanto gli riguarda, facendo sì che s'intrufolino nella carne di lui. <Col cazzo, il mio è pregiato rispetto al tuo.> Vuole allontanarlo, per quanto possibile. [ Chakra OFF ]

17:40 Ryoma:
 Nozioni prive della minima importanza contornano la decisione di usarlo come cavia, minuzie e dettagli irrisori, blandi e alla portata di tutti e lui non è tutti. Molte di quelle qualità le riconosce mentre altre sono del tutto estranee alla propria visione delle cose conscio di non avere un'enorme resistenza per quanto la corporatura evinca l'esatto contrario ma non è il fisico l'arma su cui punta <Recupera quei file e portameli, voglio leggerli> ponendo fine ai quesiti e alle domande per passare direttamente agli ordini perchè è di quello che stiamo parlando. Lo impone e lo vuole, una verità più profonda, per quanto schematizzata, è solo l'inizio di un percorso intrapreso più di dieci anni fa per divenire importante quanto egli si considera e la sola idea di essere nuovamente cercato, attirare le attenzioni del rosso, a tratti lo irrita e le scaccia ma d'altra parte brama quella ricerca con tutto se stesso. Si avvinghia a quelle parole, quella promessa come un patto fatto con il sangue tra vittima e carnefice mentre i sorrisi vengono condivisi da una vicinanza talmente minima da poter sentire i rispettivi respiri abbattersi sulla pelle <Puoi provarci> eccitato, estasiato, impaurito e seccato alla sola idea <Sarò qui ad aspettarti> non può farne a meno, una forza superiore glielo impone e un tormentato passato lo spinge a gettarsi tra le braccia del demonio stesso facendosi si che le grinfie si attorciglino intorno al proprio corpo <Infatti smisi di urlare di dolore> lasciando quel sotto testo alla libera interpretazione seppur venga accompagnato da un largo e suggestivo sorriso capace di dire tutto e niente. Il ricordo delle lunghe grida sono come il dolce suono di una sirena nel ripensarci; prima contornate dal dolore più estremo per poi sfociare in qualcos'altro di ben più marcato. Le dita stringono quella gola, poca forza ma non è di suo interesse arrecargli quel tipo di dolore quanto più sentire la possessione intorno al rosso. Sotto di se, suo, soltanto suo <Cominciare a restituirti tutto quanto, passo dopo passo ma a differenza tua, completerò la mia opera> sognante nel enunciare i propri intenti, convinto e soddisfatto ma quello è solo l'inizio. Fin troppo consapevole di non essere ancora all'altezza di ciò che la mente sta partorendo ma allo stesso tempo non è suo desiderio mettere fine a ciò nel breve periodo, al contrario, ha intenzione di procrastinare il giudizio finale il più a lungo possibile godendosi ogni singolo attimo. Per un singolo momento socchiude gli occhi alla pressione sul proprio arto, al tocco dell'altro, così debole <Oh, tesoro, questo è lo sguardo che avevi quando mi dissanguavi, non rammenti? Io non sono altro che il tuo riflesso nello specchio> mostrando i denti, perfetti, lineari, completi accompagnati da quel sorriso che di perfetto non ha nulla. Distorto dal rosso, reso strano da ciò che ha subito ed il desiderio di stringere maggiormente si fa avanti eppure la presa viene sciolta nel momento in cui le unghie perforano la carne. Non è ancora il momento di giungere a quello step, troppo presto, la strada da fare è ancora tanta <Il gruppo sanguigno non dissimile dal tuo. Abbiamo lo stesso sangue, lo hai detto tu. Siamo simili, ecco perchè mi hai scelto ed ecco perchè lo assaggerò> inspira gonfiando il petto, assapora l'aria per poi lasciarla andare <Ci divertiremo molto insieme, mio carceriere> piegando leggermente il capo in avanti, donandogli un ultimo sorriso e congedandosi. De saturare il tempo è un peccato, come detto, vuole goderselo a piccole dosi a cominciare da questo primo, di una lunga serie, incontro. [END]

18:24 Rasetsu:
 Siamo passati addirittura agli ordini. <Una cavia> Pronuncia il rosso, esterrefatto da quanto appena sentito. <che chiede allo scienziato> Riferendosi dunque a se stesso. <di fare qualcosa?> Lo sta guardando come se davanti a se avesse proprio un pazzo, qualcuno dal quale diffidare, qualcuno di cui non potersi fidare o che comunque non riesce ad arrivare al succo del discorso. <Col cazzo.> La risposta tipica da dare in questi contesti pare proprio che sia quest'ultima. Inoltre, pur volendoglieli dare, nonostante non sia questo il caso, non potrebbe a prescindere giacché lui non li possiede e non sa neanche dove possa andarli a prendere. Dovrebbe tornare al vecchio ospedale di Kusa, ma chi glielo fa fare? Tanto vale ripetere gli esami con la cavia che ha appena ritrovato, piuttosto che sprecare tempo prezioso per tornare alla vecchia Kusa, evitare di morire a causa delle chimere e poi tentare anche di tornare sano e salvo all'interno delle mura. Chi glielo fa fare? Cosa ne riceverebbe in cambio? E qualora arrivasse lì, chi gli dà la certezza assoluta che ci sia ancora qualcosa da recuperare? Nessuno, ecco. Ryoma continua a non essere per niente preoccupato all'idea che Rasetsu possa tornare a braccarlo, a farne di nuovo una cavia, la qual cosa destabilizza alquanto il rosso poiché reputa che una cavia, proprio perché trattata come mera merce, debba aver timore di lui e supplicarlo di smettere. A quanto pare, nei confronti di quest'ultimo, pare aver avuto l'effetto contrario tanto quanto indesiderato. Mantiene lo sguardo alto, austero, convinto d'essere migliore di colui che ha di fronte, incurante che gli stia ancora stringendo la gola fintantoché riesce a mantenere vivida l'attenzione. Non stringe troppo, quindi il pericolo che possa fargli del male è alquanto nullo. <Provaci, vediamo chi dei due muore prima, mh?> Si ritiene ovviamente più forte dell'altro, poiché fu lui a gettarlo in quel baratro in passato, quand'è altrettanto ovvio che non abbia più la stessa forza d'un tempo: pare che di tanto in tanto se ne dimentichi soltanto per palesare l'intenzione d'essere migliore di chiunque abbia di fronte. <NYAHAHAHAHAHAH!> Gli ride praticamente in faccia quando il ragazzo non fa altro che sottolineare come siano uguali, un riflesso nello specchio a sua detta, costringendolo a gettare il capo all'indietro. Erutta fuori dalle fauci di questi quella risata fastidiosa che riverbera per il quartiere notturno, tornando a fissarlo negli occhi intensamente soltanto in un secondo momento. Lo lascia andare soltanto in un secondo momento e il rosso ne approfitterebbe per rimettersi subito in piedi, in modo che possa prendere le distanze da questi, massaggiandosi distrattamente il collo tramite l'ausilio della mancina. Recupera in fretta anche la giacca posata sullo schienale della panchina, mentre gli rifila un'ultima occhiata di sottecchi. <Sparisci dalla mia vista.> Bofonchia, inoltrandosi nel primo vicolo che incrocia, affinché possa davvero sparire dal luogo almeno per il momento. Deve pensare. [ EXIT ]

Rasetsu sonnecchia s'una panchina nel quartiere notturno dopo l'ennesima serata brava, venendo svegliato da uno strano individuo che dice di conoscerlo. Dopo qualche attimo di esitazione, anche il rosso si ricorda di lui: si tratta d'una cavia del vecchio laboratorio di Kusa, un pezzo di storia d'una decade prima. Ryoma gli promette, a modo suo, che gli farà pagare tutto quello che gli ha fatto.


(e te pareva, no?)