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Waga Me no Akuma 我が目の悪魔

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Giocata di Corporazione

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con Fuji, Saigo, Nobu

22:48 Nobu:
 Ordini ricevuti forte e chiaro, come parte integrante della squadra e membri della divisione tattica spettava a lui e Saigo affrontare il discorso su i varchi e renderlo noto alla popolazione, esporre le loro scoperte, metterli in guardia, se così possiamo dire, da questi individui che hanno rintracciato e che per ora sanno essere tre membri diversi tra loro a giudicare dalle diverse serie di impronte ritrovate, così come quelle tracce di bestia divina. Teoria legate appunto alle tracce di chakra ritrovate così come quelle del varco, sicuramente aperto grazie all’energia speciale che governa quel mondo e che rende l’impossibile possibile per tutti. Non ha piacere a tornare all’oasi, tuttavia condividendo l’appartamento è meglio recarsi in un luogo diverso per parlare di faccende riguardanti la Shinsengumi, per questo ha optato per l’appartamento di Saigo, visto che sa già dove si trova e soprattutto è più spazioso rispetto al suo buco soppalcato, magari anche più discreto senza che fa venire una ragazzina in mezzo ai papponi, prostitute e pusher vari che abitano il quartiere del divertimento. Un po' gli manda di già la sicurezza di casa sua, di quelle mura non appena la visuale cambia e la sabbia si alza dal suolo, unendosi al vento in quel leggero fastidio che gli causa. Veste in maniera abbastanza semplice: sneakers bianche con dettagli rossi e neri, dei pantaloni della tuta neri, un hoodie rossa con le maniche tirate su all’altezza dell’avambraccio mentre il cappuccio è abbassato. Indossa un paio di occhiali dalle lenti tonde, polarizzate e gialle, così come un berretto total black con una cucitura dorata centrale, il brand del cappello sicuramente. Scarpe che lo conducono all’interno dell’ascensore, con l’indice che preme sul pulsante relativo al piano di quell’appartamento, a breve uscendo da quelle porte scorrevoli appunto.

23:10 Fuji:
  [Appartamento Saigo] Saigo è forse occupata con il suo lavoro ed i suoi affari. In ogni caso non è mai stata troppo tempo in casa, per cui non ha di che preoccuparsi. Questi ultimi giorni sono stati passati dal Chikamatsu a sparire per la maggior parte del giorno e tornare nel tardo pomeriggio all'appartamento per occuparsi delle principali faccende domestiche assieme ad Aozora, finalmente tirata fuori dal suo disastroso buco di casa. Indosso ha un largo maglione giallo con un box centrale sul quale è presente un'immagine in primo piano del muso di momo-chan. Grazie alla vicinanza alla famiglia Ryuuzaki ha acquisito più di qualche codice sconto.. Ed a tutti gli effetti si trova parecchio comodo. Aozora è ritornata ai suoi classici abiti eleganti: lunghi guanti neri che passando per un breve tratto di 'pelle' giungono alle corte maniche di una suit nera che cela una camicia bianca. Scendendo la marionetta ha un corto pantalone nero aderente ed un paio di stivali, mentre il marionettista ha un pantalone grigio che termina stringendosi appena sopra la caviglia; i piedi son semplicemente scalzi. In testa, inoltre, porta un cerchietto di pizzo nero e bianco, preso da uno dei tre set da maid. Gli dona. "Stavo pensando di cambiare il tessuto della tua pelle, Aozora" parla ad alta voce, rivolto alla marionetta, mentre poggia scopa e paletta in un angolo del largo appartamento per afferrar con la mano meccanica un grosso sacco della spazzatura. La fatica è relativamente nulla per gli arti superiori, ma con le gambe si vede ancora costretto a far strisciare i talloni per tenere l'equilibrio. Almeno si risparmia l'utilizzo dell'esoscheletro o della sedia o rotelle. Gli occhi passano sul corpo della marionetta, alle gambe e alle braccia, uniche parti cui gomma è ben esposta. Il musetto si contrae appena rivelando solo a sè una debole smorfia. Intanto, indice e medio della mano destra si muovono appena, portando di conseguenza la creatura di lapislazzulo a lavare un piatto ad una velocità talmente elevata da affilarlo e fargli perdere un quinto di spessore. Una gocciolina di sudore scivola sul lato del viso del Chikamatsu. Non perché abbia rovinato un piatto fondo, rendendolo piano, ma perché è circa l'ottavo piatto con cui accade questa cosa. "Sembri stressata" Forse avrebbe bisogno di una vacanza. Se solo potesse rispondergli. O se solo fosse viva. Batte le ciglia, quasi sentendo quanto è stato appena evidenziato. Un sospiro riempie l'aria, riuscendo finalmente a spingersi alla porta di casa, spalancandola e lanciando il sacco della spazzatura in un angolo del pianerottolo. Si affaccia un poco, con il visino soddisfatto, osservando il grosso sacco e senza far caso al lato opposto del pianerottolo, dal quale dovrebbe esser da poco sceso Nobu. Una lampadina si accende "Tanto Saigo non se la prenderà mai con te" Pollicione in su, rivolgendosi all'interno dell'appartamento.

23:51 Nobu:
 Esce dall'ascensore con il classico suono che è previsto da sistema quando si arriva al piano. Voce metallica che si ripete pure all'interno di quella scatola trianata da cavi, ben più spessi di quelli del marionettista che sta facendo le pulizie primaverili in una casa non sua. {Quarantottesimo Piano} come a dar conferma di quello corretto dove si è fermata, anche indicato da un display a led rossi su sfondo nero che lo indica... insomma, a prova di Kamichi proprio! Esce da quell'ascensore mentre la sinistra si infila in tasca a tirare fuori il cellulare. Lo sblocca nel mentre che si incammina su quel pianerottolo, passando davanti all'altro appartamento, qualora fosse presente, l'insegna di Monzaemon & Brianzon(?), un qualcosa che gli era capitato di vedere nelle storie da qualche parte su ninjagram, soliti AD e cookies che capitano in base alle ricerche e la geolocalizzazione. Non si ricorda tuttavia che è in corrispondenza dell'appartamento di Fuji come detto da lui quella sera della festa anche se era impegnato a fare altro, come ordinare le escort, tra qui Elisa my beloved... effettivamente dovrebbe chiedere a Ekko come recensirla sull'escort advisor di Kagegakure, non sia mai che sia scortese anche se, dalle risposte alle recensioni, l'escort asiatica sembrava proprio una persona per bene! La destra si infila a sua volta in tasca due volte, la prima per estrarre una di quelle sigarette al lampone mentre la seconda per l'accendino. Ne illumina la fine, aspirando dal filtro che blocca tra quei cuscinetti al cioccolato mentre clicca la sfera con indice e pollice in quel classico {click!} di quando si libera l'essenza di lampone, solo dopo il primo tiro, come al solito in quel rituale personalizzato di chi fuma. La sinistra nel frattempo apre la propria rubrica e va alla volta di Saigo, anche se si trova due recapiti salvati... < E adesso a quale numero dovrei scriverle esattamente? > si domanda tra se e se perplesso. Quel sapore di lampone intanto gli ripulisce la gola e le vie respiratorie mentre il fumo entra anche in casa, leggermente percepibile da Fuji qualora fosse all'ingresso. Si gode quella sigaretta, almeno metà, lasciando passare il tempo necessario senza rusharla alla fine. Un ultiro tiro, inspirando a pieni polmoni per poi flettere il medio destro e impattare il fondo del filtro con il dorso dell'unghia del dito appena citato, spedendo giù quel resto di sigaretta. Si volta fino a bussare alla porta con le nocche della destra un paio di volte, pacato, senza mettere fretta a chiunque ci sia dentro. < Saigo? Sono Nobu, volevo discutere di quella faccenda del discorso da tenere. Posso? > domanda, giusto a un volume appena più sostenuto in maniera da farsi sentire.

00:23 Fuji:
  [Appartamento Saigo] Rientra abbastanza in fretta, trovandosi pronto a dedicarsi alle successive faccende. Non c'è neanche così tanto disordine, anzi, l'appartamento di Saigo è già di base così vuoto che basta rimuovere qualsiasi cosa non sia una sedia o un tavolo per far tornare la zona al suo primario aspetto. Fissa un po' le pareti, ritrovandosi ad aggrottare la fronte e inspirare, come rendendosi conto dell'eccessiva basicità degli elementi. Forse è meglio dell'officina completamente in subbuglio, eppure... "Manca qualcosa, Aozora" Pronuncia pieno di convinzione, annuendo con la testa e muovendo le dita della destra perché anche la creatura di laspislazzulo faccia la stessa identica cosa. Ecco, ora sono in sincronia. L'ennesimo piatto viene mandato al diavolo mentre il marionettista s'avvicina al lavello per poggiare la mano meccanica sulla spalla della sua creazione, utilizzandola come perno del proprio peso mentre poggia gli occhi da una zona all'altra. Ad un certo punto si ferma sulla porta del bagno, adesso socchiusa. Un raggio di luce rivela parte della pavimentazione ed anche alcune delle assi di legno della vasca. Il mento s'abbassa, scuote il capo, prende il telefono. Apre Ninjagram e i messaggi privati recenti, aprendo le prime chat e trovando altri messaggio che lo portano semplicemente a scuotere di nuovo la testa. Si sente sotto attacco da qualsiasi lato. E allora torna a muoversi, supera la cucina e raggiunge la camera da letto. Per quanto pulita, è la sola stanza che non ha realmente ordinato. Il letto è ancora disfatto. Forse il materasso tiene ormai a sè un vago ribasso la dove la massa è abituata a stanziare. Si avvicina, si siede sul lato del letto appartenente alla fragolina e dopo un po' si corica, sollevando la coperta al naso ed odorandola. Poi, il gentile bussare. Panico. Fa per saltare giù dal letto ma ahimè saltare non è il suo forte, per cui si ritrova a tenersi malamente dal cadere battendo violentemente la mancina sulla parete del letto. Nel processo agita un po' le dita, portando Aozora a lanciare un piatto tenuto tra le mani oltre la sola finestra aperta, dirigendolo probabilmente al centro del grande bacino d'acqua dell'Oasi. Un piatto destinato a raggiungere luoghi inarrivabili per gli altri normali piatti. Non se ne accorge neanche il marionettista, data l'assenza di impatti. Ma la domanda lo assale senza motivo, come se avesse commesso un crimine. Chi è? Saigo ha le chiavi, ma di certo non ha quel tocco gentile. Non solitamente. "A-arrivo" Un paio di colpi di tosse, impiegando una quindicina di secondi per arrancare lungo i bordi della casa ed infine raggiungere la porta. Sente di discordi da tenere e robe. Nobu? Apre la porta, letteralmente la spalanca. Il capo si piega un po' di lato per inquadrarlo, soffermandosi sulla hoodie rossa e risalendo poi sul viso. "Ehy, R-" Ricorda i messaggi scambiati con Nene, correggendosi quasi istantaneamente. Se ha capito qualcosa è che si tratta di una faccenda strana, come Manami e Saigo. "Nobu-san. Saigo starà facendo casino da qualche parte" solleva un poco le spalle, tenendo una mano sulla parete e ruotando per aprire all'altro la strada. "Sei di fretta? Stavo per preparare del tè" Una gocciolina di sudore sul lato del viso. Non pensava davvero a farsi niente da bere. Eppure, qualcosa lo attrae. "Tra l'altro, ti stavo cercando" Ammette, sollevando un po' la maglia e svelando parte dell'addome, al solo scopo di darsi una grattata presso la zona addominale. Dopo tutto il tempo passato coi genitori si sente quasi adagio.

00:52 Nobu:
 Al secondo rintocco di quelle nocche contro la superficie lignea o metallica della porta, ecco che ottiene una risposta. La forza tra il primo colpo e il secondo è la medesima appunto, essendo nonostante le apparenze una persona educata almeno e, se non ha motivo, non è particolarmente rabbioso. Risposta che ottiene dall’altro lato di quella porta che lo divide anche se la voce è… strana, diversa, affannata e più virile di quello che si ricorda essere di Saigo Manami, proprietaria teorica di quell’appartamento total white che hanno usato abusivamente per quella festa prima della missione ai monti ardenti, fuori da Kagegakure. Sopracciglio sinistro che si inarca perplesso e, mentre Fuji apre la porta, spalancandola, ecco che Nobu allunga la sinistra in tasca a riporre il telefono mentre la destra rimuove quegli occhiali gialli dalla lente tonda, infilando una delle due stecche nel bordo della felpa rossa che ha addosso, così come il cappellino, piegandolo in due ma lo mantiene nel pugno dato che non ha tasche sufficientemente capienti per tenerlo. Ha quell’undercut moro appena appena scompigliato a differenza delle sopracciglia folte e more che sono curate, segno che comunque alla sua estetica ci tiene, così come quella barba sempre fatta e impeccabilmente glabra. Occhi azzurri che si posano sulla figura di Fuji non appena questa diviene in vista, palese ai suoi occhi, scrutandolo dal basso fino all’alto in quel cerchietto da maid. < Pfft… > si lascia scappare un accenno di risata a vedere come sia vestito se non per quell’accessorio totalmente fuori tema. < … ti dona, hai una carnagione poi particolarmente pallida, con gli occhi e i capelli neri un bel costume da cameriera, intero però, non ti starebbe così male sai? > Lo prende un po' per uno con fetish strani, magari ha la kink del cosplay, infondo chi è lui per giudicare i gusti sessuali degli altri quando letteralmente gli viene duro a vedere la linfa vitale altrui sgorgare fuori, specialmente se è lui a causarlo, l’unico caso in cui non è avvenuto è appunto con Kamichi e quel sangue nero, reputato sporco, impuro. Il marionettista gli spiega che appunto Saigo non è presente a casa, rimandandolo al problema originario: su quale numero le deve scrivere adesso? Qualcuno ha lasciato delle istruzioni? Magari deve scrivere a Nene a riguardo? No, meglio di no! Scuote il capo immediatamente al pensiero di vedere una scenata gelosa di Nene che gli chiede come mai ha bisogno di sentire Saigo e non lei, inoltre non sa se spiegarle che Kenpachi ha dato a loro due una missione possa bastare conoscendo quanto è testa calda la Doku. In sostanza un buco nell’acqua. Sta per ringraziare e allontanarsi, non vuole scomodarlo nel lasciarle detto che è passato da casa sua per discutere di quanto gli è stato ordinato, sono informazioni riservate dopotutto e, come già dimostrato con Ekko, non ne fa parola con nessuno delle attività della Shinsengumi o delle loro missioni, appunto informazioni classificate e riservate. < Mhhh… > Ormai si era fatto tardi in realtà e tornare a casa ora un po' gli seccava dopo la vasca che si era fatto e soprattutto rischiando di essere visto da Nora e Manabu dato che abitando nel palazzo prima di questo dove si trovano i due adesso. < … No, posso rimanere un po' in realtà, magari torna e la becco qui. Tutto bene Fuji? Ti vedo un po'…scombussolato? > gli chiede notando quelle gocce di sudore. La felpa di Momochan? L’ha vista e l’ha riconosciuta, come se fosse un'altra conferma oltre a quella crostata che era così familiare, del fatto che ha contatti con i suoi genitori. Sicuramente sa qualcosa, c’è da capire effettivamente quanto, forse gli può tornare utile infondo Fuji. < Ah si? E come mai? > Gli chiede, seguendolo nel caso lo avesse fatto entrare, chiudendo dietro di se la porta di casa giusto per non parlare con questa aperta, forza dell’abitudine con un gatto, Poldo sarebbe già sgattaiolato fuori come è già successo diverse volte per andare a quel chiosco di gyoza e street food che ormai conosce molto bene dati questi eventi ormai non così rari, specialmente da quanto Kioku si è trasferito da lui anche se stava pensando di lascarli la casa a quest’ultimo e andare a stare un po' da Nene…

01:30 Fuji:
  [Appartamento Saigo] Porta aperta, vicino a lui, offrendogli il profilo perché sia più facile potersi addentrare eventualmente in casa. Come se già fosse scontato l'esito delle sue parole. In realtà il momento di breve panico l'ha condotto a reagire utilizzando i primi segnali ricevuti dal cervello, senza neanche filtrarli. Le gambe, dall'essere un poco divaricate, si allineano quando gli vien fatto notare dopo un cenno di risata che l'accessorio da cameriera non è poi così terribile. Annuisce due o tre volte socchiudendo gli occhi e sfiorando un po' il cerchietto con la punta delle dita appartenenti alla mancina. Non che abbia un feedback tattico perfettamente identico a quello dei reali nervi, ma funziona per rendersi conto che ha ancora indosso quell'oggettino. "Ah." Attimi di silenzio, durante i quali gli occhi scivolano da una spalla all'altra dello Hyuga, risistemandosi infine sul proprio corpo. Fissa la felpetta di momochan, assottigliando lo sguardo e immaginando di utilizzare effettivamente il vestito preso al teatro. Non aveva mai pensato davvero di farne uso, fino ad ora. "Sì.." Si tocca il mento, carezzandolo con un'aria particolarmente seria ad accompagnarlo. Gli occhi si puntano verso la stanza da letto poco distante, ora socchiusa. "La gonna dovrebbe essere corta o lunga?" Ancora si fissa il corpo, passando alle gambe e risollevando poi il capo sull'Agente Scelto. Lo squadra palesemente e si prende anche il suo tempo. Alla fine i segnali d'entrata arrivano e decide anch'egli di spostarsi, sollevando lentamente in avanti una gamba e facendo scivolare l'altra alla posizione nuova per riuscire pian piano ad avanzare. In quel suo stato palese ma che non pone particolar sfida. Raggiunto un tavolo vicino andrebbe ad afferrar una sedia con la mancina, sollevandola con disinvoltura e spostandola, creando un posto dove il ragazzo possa prender posto. Fuji farebbe lo stesso, sistemandosi all'equivalente del capotavola e ruotando un po' il busto per ritrovarsi eventualmente faccia a faccia a poche decine di centimetri. La mano destra verrebbe poggiata sul legno, agitando un po' le dita che a loro volta portano Aozora a muoversi a velocità innaturali, facendole prender una teiera, riempendola d'acqua e sistemandola sui fornelli quasi totalmente immacolati. Il fuoco viene acceso, ed intanto il marionettista torna a dedicarsi alle parole ricevute. "Si vede?" Una breve risata segue quel suo dire, e la bocca vien nascosta dal dorso mancino come se il suo dire fosse oggetto di imbarazzo. "Sei mai stato bene, sapendo che l'oggetto del tuo bene finirà? Come essere alle terme due giorni. " Prosegue, sollevando due dita per rafforzare i concetti. Un gesto a se stante che in realtà serve anche a muovere Aozora, per spingerla ad afferrare da un cassetto un barattolino contenente all'apparenza qualcosa di simile ad una marmellata di pesche. Il vasetto viene aperto, rivelando un odore dolce più pungente e unico. "E' un tè particolare. Utilizza il cotogno, fermentato con zucchero e acqua per quasi un mese. Un vecchio mi ha insegnato ad aggiungere delle formiche rosse, pare aiuti a migliorare il sapore e aumentare la fermentazione." Solleva un poco le spalle, esponendo l'argomento in concomitanza al momento nel quale il profumo del vasetto dovrebbe aver raggiunto le loro narici. Ma non essendo ancora pronto, tutto ciò che fa è tornare a ripescare i dialoghi già avviati. "Pare che si debba bere quando ci si ricorda di qualcuno che non c'è." Prosegue, cercando gli occhi color ghiaccio del ninja. Implicazioni o meno, si ritrova comunque a rivelare tra un pensiero e l'altro il motivo del suo ultimo dialogo "Se dovessi preparare il tè a casa di Nora-san finirei sempre senza scorte di cotogno." Un messaggio che passa dalle sue labbra assieme ad un'espressione serena, quasi dolce in realtà, come di chi rievoca un piacevole ricordo. Si perde negli occhi ghiacciati altrui riconducendoli a qualcosa di più familiare. "Mi chiedono sempre come stai." Rivela infine, con l'acqua del tè che inizia a gorgogliare.

02:07 Nobu:
 Domande specifiche, tecniche e forse è proprio la persona giusta alla quale rivolgerle, non tanto per il mindset che deve utilizzare, bensì per quanto riguarda lo stile e l’apparizione. È strana l’analogia che abbiamo di fronte questa sera, da una parte abbiamo un uomo, che costruisce delle marionette per persone che ora non ci sono più, dall’altra invece, c’è un uomo che si crea maschere, creando dei sé che non esistono. Il motivo è diverso eppure quell’arte è così simile, rendendo quel divisorio così offuscato, con l’unica differenza che è la tangibilità delle opere create. Un giorno forse Fuji anche te ti userai come tela e darai vita a un opera mai vista prima d’ora, aspetta proprio quel momento anche perché lui non è una tela, sarebbe farsi un complimento non meritato, bensì è una tavolozza dei colori che tiene saldo e a furia di mischiarli ne crea di nuovi, sporcandosi pian piano anche il pollice nel buco che serve a tenere la tavola lignea, rappresentazione quasi della sua anima se così vogliamo vederlo, perdendo a ogni colore parte del suo naturale. Lo segue dentro casa di Saigo, non si fa domande sul come mai ci sia lui là dentro, per quel che ne sa i due sono conviventi, oppure, dato come erano intimi durante la festa, magari sono fidanzati, infondo non li conosce così bene, no? < Dipende dall’intento, dalla stagione. Il vouyerism è anch’esso di per se un qualcosa che attrae: la purezza e innocenza dietro una gonna lunga e cosa vi è celato dietro. Tuttavia anche una gonna corta abbinata a dei collant o delle parigine ha il suo fascino sbarazzino, da persona che vuole piacere, inoltre è chiaramente più comoda per le pulizie e per quando fa più caldo. > Risponde seriamente a quella domanda sullo stile, magari si sta informando per Aozora, no? Vede quella marionetta muoversi secondo gli ordini del Chikamatsu, sempre esterrefatto da quell’arte quando viene messa in moto da Fuji, così come lo stava portando alla festa in braccio come una principessa, quegli atteggiamenti con Nene così anomali per la Nene che lui conosce con gli altri… di sicuro i due si conoscono, ma quanto esattamente? Lo lascia finire in quella domanda e nella spiegazione del tè così particolare, con le formiche rosse che a quanto pare devono essere filtrate particolarmente bene per evitare che la chitina dell’esoscheletro finisca nell’infuso che poi va a bere, così come quell’acidità tipica delle formiche, che siano rosse o nere, deve essere bilanciata particolarmente. Di sicuro è una ricetta particolare infatti. Fa spallucce al primo quesito e dilemma che gli pone. < Non sono la persona giusta per questi discorsi filosofici Fuji: adotto una scuola di pensiero estremamente semplice ma a volte nociva. > Gli spiega, iniziando quell’introduzione al suo modo di vivere e di affrontare i problemi che la vita gli butta addosso, così come prendersi in casa Kioku per poi voler riavere la sua libertà per stare con Nene, quell’intimità prima che i due consumassero quel rapporto, dove per tenere le apparenze da bad boy, gli chiedeva la casa libera solo per farsi le seghe e liberarsi di quel libido crescente scaturito dall’attesa del rapporto con la Doku. Certo, poteva dirgli da subito che lo ributtava in mezzo a una strada oppure ora con il suo profilo social di sicuro può permettersi un appartamento, eppure ha procrastinato fino a quando ora il problema è lui che se ne vuole andare per stare con l’altra, riequilibrando il tutto in uno status quo abbastanza bislacco. < Vedi… > Gli dice aprendo la mano destra con il palmo rivolto verso l’alto. < Oggi sei felice, stai bene alle terme, no? > Allunga infine l’altra mano ma la tiene chiusa in un pungo < Tra due giorni non sarai più felice perché non sarai più con le palle in ammollo nei fanghi…> sbatte infine il pugno nella mano aperta che, per riflesso, si contrae con le dita ad afferrare quel pugno, levando quell’immagine di quei muscoli e falangi rilassate, sinonimo di benestare. < Se oggi che stai bene ti fai influenzare dai problemi negativi del domani, allora non riesci a goderti il presente. Se tra due giorni starai male, sono fatti del Fuji tra due giorni, semplice no? Carpe diem, yolo, cogli l’attimo… chiamala come vuoi, puoi anche dire che sono lazzarone e mi pesa il culo, sta di fatto che mi godo il momento. > separa alla fine quel pugno dalla mano, la quale torna a distendersi, rimanendo ben separata da quella che rappresenta i problemi. È un po' la tattica che sta applicando anche con i propri genitori, pensiero malato, necessità che diviene quasi virtù, perché non può accettare il rifiuto come risposta. Mani che sono ancora visibili che cominciano a tremare al nome di sua madre, mentre quei segni di nervosismo vengono accentuati ancora di più dal momento che Fuji gli riferisce di quanto sono preoccupati per lui. Infila di nuovo le mani in tasca a tirare fuori di nuovo tutto quanto, telefono e un'altra sigaretta che si accende dentro casa di Saigo, incurante che possa dare fastidio: ha bisogno di fumare. La sinistra ancora tremante avvicina quella fiammella flebile alla punta ma si spegne. Prova un paio di volte ad azionare la rotella ma niente, scintile ma poco gas, fino a sbattere l’accendino un paio di volte contro il palmo della mano destra violentemente, lasciandosi un segno rosso dove impatta. Ci riprova un'altra volta, l’ultima, ma senza riuscirci. Si alza di scatto, alza la mano sinistra oltre la testa e scaraventa l’accendino con tutta la forza che ha per terra, facendolo spaccare, con pietra focaia e rotella che saltano, così come la molla sottostante al pulsante di plastica che fa fuoriuscire il gas. < CAZZO, COSO INUTILE DI MERDA! > se la prende con l’accendino ma non ce l’ha davvero con quell’attrezzo. Respira affannato, guardando ora i fornelli, fornendogli il lato sinistro mentre può vedere quelle ciocche nere ricadergli su quel volto scuro sia di pelle che di espressione mentre le vene sul collo sono gonfie e pulsanti. Si avvicina al fornello già acceso e allunga quella sigaretta proprio per far si che questa si bruci per poi tirare a se il filtro e aspirare con forza a pieni polmoni. Due, tre colpi rapidi per poi un aspirata secca quando vede quel rosso e arancione del tabacco che si brucia. Si scorda pure di azionare la pallina al lampone, dettagli magari irrilevanti per chi non lo conosce ma per chi lo vede e lo vive sa quanto possa essere strano. < Dimmi Fuji, sono Nora e Manabu le tue terme? Pensi che parlarmene possa cambiare la tua situazione attuale? > gli chiede, voltandosi, guardandolo con occhi glaciali che celano una sete di sangue e una rabbia e collera tangibile. < Pensi che rintracciarmi e parlarmi di loro mi porti a tornare a ‘casa’?>

02:47 Fuji:
  [Appartamento Saigo] Ah, quale cosa nell'universo è capace di uguagliare l'accelerazione vertiginosa delle vite interiori? Rimane immobile in quegli atti, nel mezzo della stanza, un po' muto: ascolta. Un mondo inconcepibilmente vasto di sentimento e pensieri si agita dall'interno di quello spirito e viene emessa da ogni gesto e sguardo, dalle labbra, dai muscoli contratti. E' strano, essere così ossessivamente attento a quei segnali? O sollevare un po' il mento per aggiustare la prospettiva, nella speranza di cogliere qualcosa? Qualcuno di importante gli ha detto che se per lui è normale allora va bene. Eppure, non può che sentir uno strano borbottio al petto al pensiero da lui sospettato, al suo folle terrore. Le domande gli salgono alle labbra, scomode e terribili, vorrebbe domandare tanto, forse dominato dal suo pensiero d'arte, ma infine tutto ciò che fa è rimaner immobile con la bocca semi chiusa, mostrando i due petali sboccianti in uno stadio d'immobilità che li fa quasi parer di plastica. L'acqua gorgogliante lo riporta alla lucidità, spingendolo a sollevar un dito e farlo poi battere sul tavolino con dolcezza per far corrispondere in Aozora il gesto di prender tazze da te e avvinarle l'una e poi l'altra con acqua bollente, preparandole a ricevere poi la vera bevanda in una maniera tale che la temperatura di degustazione non venga alterata dalla freddezza della ceramica. L'essenza del cotogno, miele e formiche rosso son poi distribuire nella teiera e delicatamente mischiate, riempendo la stanza del suono prodotto dall'acciaio di un lungo cucchiaio sul fondo della strumentazione in uso. Il tempo passa, le domande riecheggiano alla testa del Marionettista e si ritrova ad annuire con vigore quando avviene una lunga presentazione riguardante l'utilizzo più consono che potrebbe avere delle gonne. Corte o lunghe. "Dovrei provarle" Gli sfugge dalle labbra, ma non c'è alcuna reazione nello sguardo. Tranquillità. Sembra che Nobu non lo trovi strano, forse sta solo fraintendendo. Ma se anche fosse un'illusione, andrebbe bene. Ah. Quanti pensieri, ancora. La mano sinistra si poggia col gomito sul tavolo ed il palmo viene utilizzato per sorreggergli il capo. Intanto, la gamba sinistra viene issata lentamente sulla gemella. "E tu, cosa preferisci" Domanda, quasi come fosse ovvio ricevere risposta, quasi dimenticando d'inserire l'interrogativo. Così tranquillo, di fronte a colori e sfumature così familiari. Tanto da portarlo ad allungare un poco le labbra, un sorriso modesto ma caldo, lo stesso che mostra solitamente a Nora-san. Non sa neanche perchè continua a visitarla. Se è per i dolci, per le paternali sulla vita, o semplicemente per apprezzarne le forme e la compagnia. Forse è solo un'abitudine. Forse dovrebbe smettere. Ma perché farlo ora? Tanto prima o poi succederà qualcosa che inevitabilmente lo allontanerà. Al quesito posto la risposta giunge, spingendolo a rivelare gli occhi nascosti tra le ciglia, abbandonando il sorriso per mostrarsi più serio e interessato. La filosofia in soldoni dall'altro esposta suscita ulteriori dubbi. Forse anche il moro dovrebbe dimenticare il domani. Il pensiero lo attraversa e le dita della mano libera dal peso del capo battono sul tavolo mentre Aozora inizia lentamente a versar il composto sulle tazze riscaldate, preparando un vassoio dove vengon poggiati cucchiaini e zolle di zucchero. C'è da dire che a giudicar dal profumo e dalla presenza di mele è probabilmente già dolce. "Se qualcuno continuasse a caricarmi i suoi problemi, senza mai aiutarmi, lo odierei." Riflette sul Carpe diem, ma ancor più sulle poche esperienze a lui note. Paragoni su piccola e larga scala che mischia con una certa indifferenza nella poltiglia dei pensieri presenti. "Comunque.. " sposta gli occhi altrove, lasciando trascorrere qualche secondo, in concomitanza al momento nel quale l'altro frantuma e libera con uno scoppio il gas contenuto nell'accendino. La frase viene interrotta, gli occhi si sollevano imputandosi sul segno rosso lasciato nella mano. Ferito. Immagini e informazioni si sovrappongono. Aozora muove un passo di lato, dando all'altro spazio sul fornello e spegnendolo poco dopo il bruciarsi del tabacco. Il tè viene servito in tre tazze e la creatura lo porta silenziosamente al tavolo, per poi prender posto all'estremo opposto rispetto alla posizione di Fuji. Lungo silenzio del ragazzo, ascoltando quelle parole. Fissando gli occhi glaciali e respirandone la collera. I propri occhi si spalancano un poco, come preso da una certa ebbrietà. Poi, lento, si solleva. Interrompe il ritmo con la sua lentezza, si avvicina poco dopo l'ultima gettata di fumo, tentando se riuscisse a raggiungerlo di allungar entrambe le braccia e usare i pollici per spostargli le ciocche dal mezzo del viso. L'occhio ricade sulla sigaretta consumata e poi sulla punta di capello che era più vicina. Quasi ad assicurarsi che nulla sia stato rovinato. "..Io penso tu sia la persona giusta." A distanza di parecchi secondi riprende la frase precedentemente iniziata, con una disinvoltura tale dal far quasi sembrare che abbia fermato il tempo per riuscire. Poi, lento, riabbasserebbe le braccia, spostando le pozze scure sul collo teso ed infine verso il tavolo, dove è presente il tè. "No, neanche io tornerei." Ammette ad un certo punto, muovendosi verso il tavolo sé e solo sé l'altro prendesse l'iniziativa in tale direzione. Ora fissa le labbra; il respiro affannato. "In realtà, non sono mai tornato." Si corregge, sfiorandosi i dorsi delle mani con le reciproche dita. "Non tornerò mai." Si corregge un'ultima volta, mostrando nelle sfumature profonde di quel nero una luce profonda, annegata nella complessa trama oscura. "Penso che vada bene così. Anche essere infelici va bene. So che tu rendi felice una persona." ... " Nene." Al diavolo i segreti. Non valgono molto per il chikamatsu. "Pensavo che sarebbe stato bello rendere felici Nora e Manabu, senza inventare una bugia." Sarebbe stato semplice, lasciare un messaggio falso. Ammettere che il loro figlio sta bene. Che cerca di renderli fieri. Che aspetta il momento giusto. E cosa ci sarebbe voluto? Qualcosa che Fuji non ha.

03:27 Nobu:
 I discorsi ovviamente sulla personalità, su come affrontare i problemi, sulla gonna lunga o corta si mischiano e si perdono in quel mare di discorso molto più grande che Fuji ha introdotto in maniera non propriamente delicata. Come quella perdita del lavandino a casa di Nene, aprendo però i portoni della figa che conteneva tutto quel mare di ricordi ed emozioni che preferisce non rivangare, non ricordare eppure sembra che quel posto di merda, l’oasi, ogni volta puntualmente sembri vomitargli addosso incurante della volontà del nostro choconinja preferito. Lo lascia fare con quel fare quasi familiare con la quale Fuji si accerta che Nobu stia bene. Si fa rimettere a posto i capelli, quelle ciocche, quel viso che ora, con quell’espressione arrabbiata è davvero a posto. Nene, l’ha nominata davvero. Chi è esattamente Fuji, perché sa così tanto di Nobu, di Ryota? Eppure lo conosci, sepolto in quei meandri di ricordi che hai lasciato in quella cassettiera a Suna, quando il soffitto che ti ospitava è venuto meno e con esso te, Fuji sai bene chi è, Ryota. Si lascia quindi sistemare dal coetaneo senza troppi se e ma. Lo guarda con una collera che tuttavia non è rivolta a lui, come potrebbe infondo, Fuji è solo il messaggero e si sa che questi non portano pena. Torna a sedersi a quel tavolo ma in maniera più scomposta, più a suo agio. Il sedere si allontana dallo schienale , così come le gambe si allungano in avanti e no, non per fare un dispetto all’altro che non ha la mobilità nelle proprie, ma semplicemente perché se ha parlato con Nene di lui allora deve saperne qualcosa per davvero e non solo le favole che Nora e Manabu gli raccontano su loro figlio. Guarda la marionetta servirgli il tè anche se in questo momento non ha ne la grazia ne la calma mentale per apprezzarne l’intrinseco sapore ed utilizzerebbe pure quella tazzina come posa cenere se solo non fosse estremamente da maleducati farlo, limitandosi quindi non snocciolare per bene quella sigaretta, magari sarà Fuji a far muovere Aozora a riguardo oppure no, non è casa sua, non sa se ci sono posa cenere vari anche perché non sa se Saigo è una fumatrice come lui. Inspira a pieni polmoni, buttando giù quel fumo con un suono particolarmente acuto che è ben udibile a nudo dal marionettista. < Sarebbe stato bello se solo fosse possibile Fuji. Fidati è meglio così, che pensino che sto bene, che mi sto facendo il mazzo là fuori, che voglio essere indipendente da loro per crescere o qualsiasi altra fantasia si raccontano. Per quanto possa fargli male non è niente a confronto col vedere chi sono da quando siamo arrivati qui a Kagegakure. > gli dice senza troppi giri di parole anche per testare e cercare di capire esattamente Nene che cosa gli ha raccontato, fino a che punto si è spinta. Ma come, non era l’unico? E allora che è quella morsa che sta provando al petto in questo momento, quella stretta che gli fa mancare il fiato e quella mente malata che lo riporta a quel gesto alla festa, quell’atteggiamento diverso che ha avuto con il marionettista proprio davanti a lui. Chi sei Fuji? Per me, per Nora e Manabu, per Nene? Come è possibile che una persona fino a un attimo fa estranea sia così intrecciata nella vita di qualcuno senza che questi lo sappia? Lo continua a guardare in quella scena muta, la mano sempre tremante dal nervoso mentre quello sguardo di ghiaccio cerca di discernere qualcosa, qualsiasi cosa riguardo al Chikamatsu come un cubo di Rubik. Ne cerca disperatamente una chiave di lettura e questa sua ignoranza lo sta mandando in bestia. < Se neanche te sei mai tornato allora puoi capirmi. Non so cosa Nene ti abbia detto, non mi piace che ti abbia parlato di me alle mie spalle, che mi abbia tradito la fiducia così con... > si ferma a prendere fiato, a cercare un termine, un appellativo che descriva il moro che ha di fronte ma non ne trova, non sa nulla. <… qualsiasi cosa tu sia per lei. Ma Ryota, il nome che hai provato a nominare, non è mai arrivato a Kagegakure, è rimasto a Suna nei detriti e proprio come il villaggio di lui rimangono solo macerie, cocci vari. > si calma finalmente. Butta la testa all’indietro per poi avvicinare di nuovo la mano, questa volta a palmo aperto a coprirsi interamente il mento e la bocca, con indice e medio ai lati delle narici e del ponte del naso mentre tengono tra le labbra quella sigaretta. Inspira e sbuffa fuori il fumo, ricordandosi solo ora di premere quella sfera con le prime falangette {click}. < Non fraintendermi. Mi va bene così e a differenza di quel gorilla velenoso penso che ammettere il problema, conviverci e voltare pagina sia già di per se una prova di forza. Se mai dovessi tornare a essere Ryota, ben venga, ma fino ad allora preferisco essere Nobu. Un po' come se la tua bambola si dovesse rompere e te la rimetteresti insieme ma con pezzi mancanti… non sarebbe la stessa cosa. Meglio un nuovo involucro dunque. > finisce di esprimere quel concetto, tornando ad abbassare il capo a guardarlo in viso. Inspira a pieni polmoni mentre abbassa anche lo sguardo alla volta del posacenere se fosse stato avvicinato da Aozora e, incurante di questo, si sarebbe comunque spento la sigaretta sulla lingua con un rumore tipico simile a quando si frigge qualcosa. Schiaccia il mozzicone, buttando infine solo questo già spento nel contenitore oppure lo appoggia sul tavolo, afferrando con la mano ora libera quella tazza, iniziando a sorseggiarla. Lo osserva, guarda Aozora e di nuovo Fuji, per poi abbassare los guardo al proprio telefono sul tavolo e sbloccarlo. Guarda di nuovo la chat con i suoi genitori e con tutti quei messaggi da leggere, probabilmente di loro preoccupati o fieri di lui, così come lo saranno tra qualche giorno quando andrà in podcast pubblicamente insieme a Saigo, motivo per il quale originariamente era lì al suo appartamento, proprio per fare un po' di brainstorming su che cosa dire e che topic trattare in quali dettagli. < Quindi, tornando alla domanda di prima. Coma mai mi cercavi? Solo per farmi sapere che Nora e Manabu ancora mi pensano e che la mia donna, nonostante io la renda felice a quanto dici, mi ha appena accoltellato da dietro nel fegato? Non mi sembravi così sadico. > china appena il collo di quarantacinque gradi alla sua destra a scrutarlo nella sua interezza, curioso appunto di chi sia, cercando ancora di ricordarsi di lui, dei tempi dell’accademia, di quel ragazzo con la quale ha frequentato prima che il prodigio andasse avanti mentre lui, figlio di mercanti, rimanesse indietro con gli studi fino a completare appunto il percorso accademico qui, nella città delle ombre. < Corta con parigine comunque. Chiedi a Nene per la conferma. > Sorseggia ancora quel tè strano fino a finire la tazzina, appoggiandola di nuovo al tavolo.

03:28 Nobu:
 [EDIT: portoni della figa = portoni della Diga* OMEGALUL]

04:14 Fuji:
  [Appartamento Saigo] Tace, prima di quelle prime parole di risposta; ed anche cinque secondi dopo averne ricevuta una, cadendo nella stessa confusa agitazione di ravvedimento e vaghi propositi. Ma non osa pronunciarsi troppo frettolosamente. Aspetta un evento nello spirito, un fenomeno naturale, a lui ignoto, per il quale avrebbe ricevuto una forza risoluta, tale dal farlo indugiare e dilettare nel conoscere e toccare qualcosa che sembra serenamente a pezzi. Il meteo è mite, il cielo è coperto occasionalmente da nuvole, ogni cosa è abbastanza visibile attraverso le ampie vetrate di questi appartamenti. Una notte velata, un poco snervante, un po' soffocante. Il termostato è stato sistemato da Fuji perché non influenzi l'originale temperatura della stanza, progressivamente più fredda al proseguir della serata. L'odore del te impregna l'aria. A poco a poco le cose nella sua testa tornano ad afferrar ordine e calma. "Perché non mi dici come stai davvero? Cosa stai facendo. Perché lo stai facendo. Lascia che i tuoi problemi passino agli altri, non solo a cosa sarai al prossimo risveglio." Tenta così di avvicinarsi, penetrare una seconda barriera riscontrata ora nei toni. Scavare più in profondità. Non solo Nobu, ma anche Fuji. Più lo Hyuga scava e più il marionettista scava, per rimanere al pari passo di quella discussione. Rivela, confida, senza mai suggerire troppo o uscire dalla sua linea di curioso creatore. Serve davvero del senso di colpa, per essere umani? La domanda gli s'attacca addosso come catrame, ed avidamente cerca la risposta tra le labbra dell'Agente Scelto. Eppure, sa di essere in quel punto dove normalmente la barriera s'innalza un po' di più, ha la sensazione che se continuasse a premere non farebbe che girare attorno a risposte simili o persino a rifiuti più diretti. Eppure, si guardano con lo stesso occhio curioso. "Puoi pensare che io sia Nene, se ti aiuta." Risposte giungono. Su chi sia Nobu e su chi era Ryota, il ragazzo morto nel deserto del villaggio della Sabbia, annegato tra i detriti. Ah. Lo capisce. Un argomento che gli sta così vicino dal fargli quasi sentir una fitta al petto familiare a tutti coloro che han perso qualcosa in quel periodo. "Mi ha detto solo una cosa di te, te l'ho detta. Tutto il resto è frutto delle mie personali conclusioni. " Preannuncia, sollevando la tazza di te con la mano sinistra, senza curarsi della temperatura grazie e forse per colpa della mano meccanica. Avvicina al naso la bevanda, sentendone gli odori e assaporandoli per due lunghi secondi. Ah. Un te che profuma di morte. Ecco perché non gli piace. Eppure, cosciente di ciò, lo avvicina alle labbra, sorseggia. Il sapore non è neanche male. Ma prova un'irrequietezza particolare nell'abbeverarsene. Sorseggia dimenticanza. Ma la pesantezza viene a farsi meno quando capisce a chi è rivolto l'appellativo di gorilla velenoso. Ci mette qualche secondo, ma finisce per scoppiare in una lunga risata che termina in concomitanza al mozzicone altrui poggiato sul tavolo. Una mano batte delicatamente sul tavolo allo scemare della risata, mentre Aozora andrebbe ad afferrare con entrambe le mani la tazza, senza berne il contenuto ma tenendola tra le mani. Il marionettista attende che la risata scemi del tutto per proseguire. " Lei si chiama Aozora, comunque.." sposta gli occhi sulla sua creazione, completando una vecchia formalità che possa togliere forse l'appellativo di bambola a quella simulazione in parte fallita di vita. Ma non fa in tempo, interrotto dal suono della sigaretta che brucia e viene spenta forzatamente sulla lingua d'egli. Sposta il mento, quasi di scatto, senza la sua solita flemma. Nuovamente si solleva lentamente in piedi, fissandolo "Non farti del male da solo" sembrerebbe un rimprovero, se non fosse che il basso tono riveli quel dialogo quasi come se in verità si trattasse di una supplica. Come fosse infastidito, turbato. Ma in viso i tratti son rimasti immutati, forse ha semplicemente arricciato un poco il naso. "Nene ti ha accoltellato al fegato?" Domanda poi, battendo un poco gli occhi. Non si capisce se abbia preso o meno alla lettera quel dire, ma gli occhi si abbassano effettivamente per un istante al addome altrui, osservandolo. "Non penso che lo farebbe, è più persona da riceverle, le coltellate. Al massimo tenterebbe di renderti felice.." Magari gli piace il dolore? Le domande ancora lo pervadono, ma si limita a piegar un po' il capo come a cercar implicitamente risposta a questo interrogativo. Una spiegazione dei pensieri dietro quel parlato. "Ah, sì. Chiederò, grazie Nobu-san" Annuisce ripetutamente, sorseggiando ancora il tè e annegando il tempo in quel dolce sapore. Con parte del muso ancora nascosto dalla tazza, rialza gli occhi. "In realtà sono un po' curioso sulla natura della recente missione della Shinsengumi. So che alcuni di voi sono usciti fuori dalle mura. Riguarda il killer?" Ah, ma forse son cose private. Il viso si fa crucciato: si forza a riflettere. Poi, un'idea. "Potremmo fare una domanda per una domanda. Se non è così confidenziale" solleva le spalle, propone e torna ad attendere.

19:07 Nobu:
 Forse dovrebbe apprezzare quell’interesse che Fuji sembra volergli dimostrare, forse dovrebbe accettare quella mano protesa in avanti con il palmo aperto, un aiuto da un estraneo a conti fatti. Si sa che a volte parlare con gli estranei dei propri problemi è più facile, eppure Fuji non è uno straniero, forse per Nobu, ma il contrario non può essere detto, dato che per vie traverse il marionettista sembra conoscere tanto, forse troppo dello Hyuga. Come sta davvero? Cosa vuol dire?! Non è forse una di quelle domande che fai di rito ma di cui in realtà non frega niente a nessuno, dividendo chi risponde in chi fa polemica e chi invece glissa e passa subito oltre il topic in questione? Problemi… ne ha davvero da raccontarne? Ci riflette a conti fatti e no, non vede come possa avere qualcosa da raccontare a Fuji, non vede cosa gli possa mai dire a riguardo su ciò che lo tormenta, su ciò che vede quando si fa come un maledetto, cosa la sua psiche gli comunica tramite le sue allucinazioni che si induce con la droga di proposito. Perché dovrebbe dirglielo infondo, a lui va bene così, lo accetta, gli piace il dolore, causarlo, riceverlo. L’adrenalina che ne scaturisce è la migliore delle droghe per lui, quella paura della morte di fronte alle bestie, quel battito cardiaco accelerato, quel sorriso che gli si è dipinto in volto. Si dice che di fronte a una situazione di pericolo, il settanta per cento delle persone rimane pietrificato, il dieci per cento compie le azioni che sono giuste da eseguire mentre il venti per cento restante compie azioni errate. Nobu fa parte di questo quinto della popolazione da quel giorno, buttandosi nel pericolo proprio per riprovare quella sensazione che lo ha cambiato. La sua non è solo una storia triste, un drama di un bambino che ha perso tutto e non sa come affrontare il futuro, bensì è anche una situazione di svolta, di non voler tornare quasi al passato, di guardarlo con un occhio nostalgico mentre con l’altro si gode il presente, si gode il suo essere Nobu. Scuote il capo in risposta alle prime domande, non vuole far carico a Fuji dei suoi problemi: non lo conosce, non si fida, inoltre è troppo vicino a sua madre e suo padre, deve estendere la menzogna anche a lui, far vedere che sta bene in maniera da non far preoccupare quei due che sicuramente lo stanno ancora cercando e aspettano notizie da lui anche se sanno che è vivo. < No Fuji, mi dispiace. Non puoi essere Nene. Nessuno può perché lei l’ho scelta io. Ha visto Nobu per come è e lo ha accettato, le ho parlato e la mia spalla la ho in lei se ne avessi bisogno. Anche se non sembra so cavarmela bene, e se c’è una cosa in cui sono confidente è la mia resistenza… > gli spiega, alzando la mano destra a darsi due belle pacche sonore sulla spalla mancina. <… come vedi, sono belle solide e ampie per portare da solo i miei problemi. > Conclude quel discorso. Nene gli aveva detto che si tiene tutto per se, è proprio quel tenere tutto per se che gli ha causato quel disturbo, quella sindrome, eppure accettare di dividerlo… no, di rendere a conoscenza una persona, di quello che gli frulla in testa, non vuol dire sbandierarlo ai sette venti. Si volta verso Aozora, un attimo perplesso a riguardo, gli sta davvero presentando una marionetta che lui sta muovendo, come se avesse un ego e un senso di personalità? China il capo educatamente a ricambiare il saluto, o meglio la presentazione, non giudicando Fuji né per i vestiti, né per le sue usanze o eventuali Kink. Torna a guardarlo perplesso dal momento che si preoccupa di lui, del suo farsi male da solo e, non vuole essere salty, ma deve chiederglielo. < Chi è a parlare, Fuji o Nora? > allunga le braccia, afferrandosi il retro dei gomiti con le mani opposte, cominciando a scrocchiarsi le spalle, lasciandosi sfuggire un verso di goduria e libidine quando quel rumore sordo e secco si protrae nell’aria. Fuji pare pure lui curioso su Nobu o meglio su cosa fa di lavoro e cosa stanno escogitando. < No Fuji. Non sono tenuto a discutere questioni della Shinsengumi al di fuori dei membri della corporazione. Posso dirti solo il motivo per la quale sono qui in teoria, ne sarà contenta Nora e fiero Manabu immagino. > gli spiega prendendo un attimo fiato, collezionando le idee per evitare di rivelare qualsiasi informazione di troppo che non può dire se non a tempo debito e con i mezzi giusti appunto, quello che stanno preparando lui e Saigo. < Dobbiamo tenere un discorso pubblico riguardo a ciò che è successo e le scoperte che abbiamo fatto con quella missione. Più di questo non posso dirti, sarà reso tutto pubblico a tempo debito tra non molto tempo. Se vuoi farmi altre domande però sentiti libero. Comincerei io però dato che ti sei già sbizzarrito.> sembrava per l’appunto un terzo grado fin qui quello che ha avuto nei confronti di Fuji. Si alza in piedi anche perché ha bisogno di calmarsi e di trattenersi in base alla possibile risposta che il marionettista potrebbe dargli in risposta alla prima domanda che gli sta per porre, quella più importante di tutte, di più della sua identità, dei suoi genitori che almeno Momo e Nora ha già visto, anche se questo nessuno lo può sapere se non lui, o forse sì dato che Nora potrebbe avergli detto di aver conosciuto la ragazza che è insieme a Nobu nella foto dell’app di messaggistica, appunto Nene in quella missione all’oasi, quando i due si sono rivisti e il chocoboy si è trasformato proprio in lei anche se Momo non si è fatto ingannare. Afferra il mozzicone e la tazza vuota, avviandosi verso il lavandino. Butta il cadavere della sigaretta per poi aprire l’acqua e cominciare a lavare la tazza che ha usato per bere quel tè strano. < Chi sei te per Nene e che rapporto avete? > Già: il suo presente è la cosa che conta di più e la Doku è proprio questo se non addirittura il futuro prossimo

20:00 Fuji:
 La stanza è avvolta dagli odori del fumo, da odori acuti e non troppo familiari per il naso del marionettista. Un po' nauseante. Ma è abituato, alla nausea. Si strofina un po' il braccio destro, con lentezza. Ognuna delle impressioni estranee passano attraverso il proprio spirito esterno come gocce d'acqua su una lastra arroventata, o rimbalzando o dissolvendosi. Poi, il tempo precipita. I dialoghi si susseguono uno dopo l'altro e ad ogni periodo completo è accompagnato un sorso di quel particolare tè. Sempre più denso sul fondo, ma forse è solo un'impressione. I fantasmi inerti di ogni cosa non detta permangono sulla punta delle labbra schiuse, occasionalmente schiacciate una contro l'altra. Per lunghi secondi ascolta tenendo l'espressione in viso preoccupata e interessata, curiosa, mostrando maggiormente il primo di questi elementi. La luce del sole, ormai morta, è sostituita dalle immense sfumature della notte, che rendono sui loro visi delle sfumature un po' più uniche, un po' più misteriose. Il marionettista non può essere Nene. La voce dello Hyuga gli rimbomba in testa producendo echi gradualmente più deboli. Le ciglia velano un poco lo sguardo che sembra rinnovare il proprio interesse nei confronti di quanto sta venendo pronunciato. "Lo vedo, che sono resistenti." Conferma, gettando l'occhio dove indicato e riconoscendo effettivamente un fondo di verità a quel dire. Poi, risale, non agli occhi ma alla pelle del viso. Dev'essere più coriaceo di ciò che ha potuto sfiorare fino ad ora. E per un momento di perde in quel vortice di idee che vengono allontanate da uno scuotersi del capo. "Alcuni materiali, seppur resistenti, sono fragili. Al posto di deformarsi sotto sforzo si rompono e basta. " Pronuncia quelle parole sollevando la mancina verso il soffitto e agitando un poco polso e spalla perché la manica del maglione di momo-chan vada a scendere da sola, rivelando quanto nasconde sotto. Un braccio che a primo impatto potrebbe parer normale, ma che, come sta avvenendo ora, rivela facilmente alcune linee di costruzione e giunture varie quando analizzato. Rivela la natura meccanica di quell'elemento e torna a poggiarlo sul tavolo. Si comporta come se ad ogni informazione acquisita dovesse ricambiare dandogli qualcosa. Ed un po' è curioso, pensare a quanto possa portare avanti questa cosa. "..." Alla domanda che segue rimette in viso un tenue sorriso sfiduciato. Tacque, per un periodo più esteso di quel che dovrebbe, come se fosse assente dalla stanza. In verità riflette, e contemporaneamente s'accerta che Aozora ricambi un cenno del capo all'Agente Scelto, facendo cadere nel processo alcune ciocche di lapislazzulo di fronte alle spalle. Poi, il moro si riprende, solleva un poco il mento e sospira. "Non lo so." Risponde, con un che di disinvolto e contemporaneamente alienato. Fissando un angolo imprecisato della stanza con una messa a fuoco convulsa e facendo passare un altro secondo. "Comunque siete simili. Attaccate prima di poter essere attaccati." Lascia sottinteso il soggetto, abbassando per un momento le palpebre. Ed in quell'attimo di cecità prosegue a parlare. "Ti comporti come se ti stessi mettendo all'angolo, in difficoltà. Come se fossi pieno di ferite ed io volessi infilare le dita tra le tue carni. " Ha percepito qualcosa nello sguardo altrui quando ed ancora ricorda vividamente la pelle scura arrossarsi sotto la pressione da lui imposta; ed ecco, che riporta l'attenzione su di egli, sul viso. "Io non voglio metterti in difficoltà. Ignorami, se lo faccio. Ok? " Agita già una bandiera, ed apre bene entrambe le mani, come se si trovasse ad un tavolo da gioco e stesse svelando tutte le sue carte. Pensieroso, ascoltando quanto è possibile rivelargli sulla Shinsengumi. Ci sarà un discorso pubblico. Qualcosa di importante, o delle semplici cerimonie. Del resto sono stati dieci anni molto lunghi e sono appena conclusi. Eppure, non può che incupirsi un poco il suo sguardo, una penombra generata dalla pesantezza del pensiero ma in senso letterale da ciocche nere che gli danzano di fronte al viso. La verità è che esistono le faglie. Che il caos di dieci anni fa non è sparito che dalla loro dimensione. Una pesantezza gli assale il respiro, spingendolo forzatamente a sospirare. E prima di rendersene conto, sta già ricevendo l'ultima domanda dall'altro. Una domanda che sa al marionettista di tanti sapori. Che lo spinge ad aprire un po' di più gli occhi e mostrarli intenti ed attenti ai movimenti che seguono. "Io" Una breve pausa, raccogliendo i pensieri e lasciando che straripino da loro attraverso la gola. Un po' ci tiene all'onestà. Come se l'unico modo di capire fosse essere capito. "Io ho mostrato a Nene il cappio attorno al suo collo. Sono la sua disillusione." ... Attimi di silenzio, poi, un sospiro. "Volevo stringerlo. Ma facendolo sarei rimasto senza abbastanza corda per il mio-" Ammette, ma pare interrompere quell'analogia. "In ogni caso, io e lei siamo simili. In tante cose. Ma non in tutte." Breve silenzio. "Per Nene..sono ciò che vorrei essere." .. " E tu ?" Rimanda l'intera domanda in poche sillabe, sollevando il mento, attento ad ogni cosa di lui. Un po' troppo, forse.

21:30 Nobu:
 Lo ascolta, tace, rispetta i turni di quella discussione comunque civile tra due persone educate e per bene. Non lascia che il suo essere rabbioso, da mastino, possa dar contro a Fuji. È interessante, ha informazioni, è chiaramente una figura inaspettata ma che si sta rivelando essere importante per lui, addirittura un tassello chiave attorno a un eventuale futuro per lui e i suoi genitori. Già quelle spalle sono resistenti e purtroppo neanche i suoi occhi speciali, il byakugan, gli consentono di vedere il fardello e il carico che ogni persona porta, abbastanza forse da far ingobbire una persona normale. Non osserva per ora il braccio ma lo capisce da un altro dettaglio: il rumore che fa quando impatta con il tavolo, così come quei movimenti del corpo che fa Fuji che non sembrano essere troppo normali o meglio naturali. Ci metterebbe davvero un attimo a vedere quei fili di chakra attivi muoverlo, rendere se stesso un burattino per muoversi e forse questo lo spaventa, gli spaventa il fatto che sia un burattinaio ad essere in contatto con i suoi genitori e con Nene, tuttavia Nene non gliene ha mai parlato e i suoi genitori sembrano far affidamento su di lui, almeno al punto da mandarlo a cercare Ryota, fargli una crostata e chissà che altro. Ricollega quel discorso sui materiali, tace e riflette, pensando a quella pubblicità vista così tante volte così come l’insegna di fianco all’appartamento precedente a quello di Saigo Manami: Monzaemon. < Non sono un esperto in metallurgia, ne tantomeno un fabbro… > anche se si diletta a guardare video sfide di fabbri che replicano nel dettaglio armi provenienti da giochi, opere video ludiche e quant’altro, dandogli un infarinatura molto ampia e imprecisa. < Un po' come l’acciaio che viene privato del carbonio all’interno per evitare che si frammenti in seguito ad un urto. Eppure se il lingotto è già compromesso allora non è meglio iniziare da capo? > Gli chiede curioso, alludendo appunto a quel negozio accanto mentre continua a guardare il top della cucina e il lavello. Si raddrizza appena con il busto. Incrocia le braccia al ventre, afferrando il lembo inferiore dell’hoodie rossa per rimuoverlo. Cotone pesante che si tira appresso anche la maglietta, esponendo quella schiena così cesellata, con fasce muscolari ben definite in un eleganza atletica da corridore: vita stretta, fossette di venere, colonna vertebrale intravisibile con quelle linee parallele che si estendono lungo tutta la schiena. Gabbia toracica che si allarga proseguendo in quei dorsali e quelle spalle che effettivamente sono appunto robuste ora che sono ben visibili. Fuji se stesse guardando potrà notare un qualcosa di particolare, quella schiena è imbrattata di inchiostro riportare appunto un drago, identità della sua famiglia, i Ryuuzaki, proprio a non dimenticarsi di essi così come anche la posizione non è casuale: sulla schiena, indietro, alle sue spalle. Piccoli dettagli che tornano a trovare un significato passando nuovamente da sceneggiatura con l’occhio di bue onnisciente che li mette in risalto per un breve attimo. Riabbassa quella maglietta a coprirsi di nuovo mentre anatomicamente parlando è in forma al punto tale da avere la percentuale di massa grassa rasente a una sola cifra di percentuale, oscillando tra il 9 e l’11, dipende quando ci da sotto con gli allenamenti. Ora con tutto l’addestramento della Shinsengumi è definito appunto. < Confido nel fatto che ho un background tale, una temperatura come si dice in gergo, in grado di rendermi forte e durevole. Nel caso dovessi spezzarmi allora sarà semplicemente da riforgiare, o prima di allora diventerò semplice un qualcosa di ornamentale. > fa spallucce a quel pensiero, infondo si è cambiato tante volte, mutevole e non particolarmente affezionato o legato a una corazza o vessillo di carne, in questo molto simile a Fuji. < Magari quando succederà potrò diventare anche io come Aozora, chissà. > una frecciatina o forse un desiderio, chi può dirlo, non è forse la stessa cosa, l’analogia ora di lui che si mette al servizio della Shinsengumi per far si che lo liberino da quel collare e museruola? E se avesse dei fili di chakra a muoverlo per dargli quell’ecstasy dell’adrenalina e del combattimento? Dilaga nel pensiero riguardo questo dettaglio proprio in concomitanza con quella pausa riflessiva di Fuji a una domanda che in realtà era retorica. Perché è incerto? Fuji mica lo conosce a Nobu quindi che cosa gli può importare se lui si fa del male da solo o meno? Non è la prima volta, non sarà l’ultima. Il pensiero del marionettista è qualcosa di giusto, corretto e probabilmente è proprio quello di cui una persona con il suo disturbo ha bisogno per curarlo alla radice. Il problema è che quella mano fondente non è pronta ancora a estendersi e chiedere aiuto. Ci è voluto tutto il suo io e la sua forza di volontà per chiederlo a Nene, per riconoscere di avere un problema ma non è pronto a farlo con il Chikamatsu e soprattutto non è forte abbastanza per fidarsi e farsi aiutare da uno sconosciuto. Prende nota di quel commento, immaginando che si riferisca proprio a Nene sul voler attaccare prima di essere attaccati anche se forse i motivi sono diversi tra lo Hyuuga e la Doku per assumere quell’atteggiamento che può essere chiamato da riccio o armadillo. Ignorarlo se lo stesse mettendo in difficoltà… < Perché, secondo te parlare con te dal nulla di Nora, Manabu e Nene non è mettermi forse in difficoltà Fuji? Non dovrei proprio parlarti se dovessi scappare da almeno un confronto verbale su ciò su cui sono disposto a condividere anche con te, dato che sai già troppo di me senza che queste informazioni vengano dalle mie labbra. > lo ammonisce verbalmente ma senza cattiveria, come a fargli notare che quel bel discorsetto è in ritardo e anche di parecchio, che i due sono già andati oltre e che quella soglia l’ha già superata dal momento che ha accettato quel tè e che ha sorpassato la porta di casa della Manami. Non aveva senso esprimerlo ora e anche ignorarlo non è un opzione in realtà, dato che facendolo darebbe ulteriori informazioni che il moro pallido potrebbe riferire ai suoi genitori, facendoli preoccupare per niente dato che non sa che rapporto ha con loro. Non capisce molto da quell’allusione astratta che fa Fuji riguardo al rapporto che ha con la Doku eppure dice che sono simili. Come, in che cosa esattamente sono simili? Esattamente Nobu, quanto conosci Nene? Te che ti professi come il suo compagno e che la rendi tua egoisticamente, che cosa sai di lei? Rimane in silenzio ad assemblare quell’informazione sul loro rapporto e riflette su cosa sia lui per lei e che cosa vorrebbe essere. Respira a pieni polmoni con quelle costole che si aprono espandendo la capacità della scatola toracica. < Non lo so più cosa sono Fuji. Vorrei essere quello che è lei per me, ma mi rendo conto che in realtà non è così. > Si gira infine a guardarlo. Il capo è inclinato appena sul lato destro mentre quegli occhi di ghiaccio sono aperti, spalancati e stralunati. < Voglio essere tutto per lei così come lei è il mio mondo. > Alza le braccia, passandosi quelle mani tra i capelli, con le dita distanti tra di loro a fungere da pettine, tirandosi le ciocche della frangia indietro a esporre il viso nella sua interezza. Torna seduto a quella sedia solo per guardarlo. Rimane con quello sguardo perso in quello del marionettista, dove in quelle iridi di ghiaccio azzurre dalle striature grigie e blu si può specchiare, mentre le pupille sembrano il baratro dell’abisso, di un nero senza fondo. Lo guarda come se lo volesse mangiare per assimilare ciò che lui è per lei, per renderlo parte di se stesso. < Ti dico io ora una cosa Fuji che non puoi sapere. Qualche settimana fa mi sono incontrato con Nora. Momo mi ha riconosciuto, ne sono sicuro, tuttavia lei no. Se dovesse parlarti di Nene, dato che dovrebbe averla vista in foto sull’app di messaggistica in foto da me, allora ero io quella sera con la spesa. Perché ti sei avvicinato a loro?> chiede ora curioso, passando all’altro topic da snocciolare che gli interessa: cosa ci fa lui nella sua vita e come mai c’è entrato, o meglio, sta facendo quasi di tutto per entrare?!

22:35 Fuji:
 I lunghi silenzi e pensieri lo scuotono. Al pensiero di metalli, tensioni e resistenze sente un un vago accasciamento dello spirito, come se l'anima stesse diventando una cosa un po' avvizzita, più miserabile. Quando gli vien indirettamente mostrato un dettaglio scolpito su quel corpo sente un qualcosa che lo porta ad ammollire lo sgurado; quasi come avesse pietà di qualcosa. Non di Nobu, nè di se stesso. Il capo vien piegato per permettergli di rivolgere le attenzioni alla più vicina vetrata. La fine di tutti gli sforzi gli sembra rivelarsi come una stanchezza vacua, un sentimento di forza che si dilegua e disperde nel tempo. A volte è certamente meglio iniziare da capo. Il marionettista è solito buttare ciò che si rompe, o ciò che non soddisfa i propri gusti. Ricorda di essere stato ammonito dalla Doku per questa sua tendenza. Saigo gli ha detto qualcosa di simile, riguardo il loro rapporto. Batte un paio di volte le ciglia, preso da un sentimento convulso e confuso. Alla fine lo sa, di non esser così bravo a creare. Un po' si sta rendendo conto della grande illusione delle sue opere e del suo vestito da essere umano. Ha visto per sbaglio tra quelle famose cuciture ricevendo uno sguardo severo da se stesso, tanto imponente dal dargli un senso di disillusione sottile. Non si è disilluso realmente, ma ha capito che prima o poi lo farà. Non oggi. Non ora. Il più a lungo possibile però. "Ogni volta che si riforgia il metallo si perde qualcosa. Quindi sì, penso sia meglio ripartire. Non sempre, però." In piedi, muove i suoi soliti lenti - ma non pigri - passi per avvicinarsi alla posizione altrui, quasi come fosse necessario respirare la stessa aria per poter avere un contatto più sincero. Per permettere all'altro di scrutare i propri occhi e viceversa per rompere l'abisso di ghiaccio che separa il marionettista dallo Hyuga. "Diventare come Aozora?" Retorico, ripete il dire altrui ed in realtà lo considera con una serietà disarmante. Ecco. Indirettamente Nobu ha preso un argomento che da tanto lo sta mettendo in difficoltà. "Dovrei capirti. Vederti per davvero. " ... "Sinceramente, quasi più di ogni altra cosa, dovrei toccarti. Penso sia qualcosa di simile all'amore. Pensi che gli Dei amino le loro creazioni? Noi?" Lui ama Aozora? Abbassa lo sguardo all'altezza dei fianchi altrui, preso da una specie di breve ebbrietà che lo conduce a pronunciar più di quanto serva. "Non penso me lo permetteresti." Nessuna delle cose pronunciate. Ed ha quasi la certezza che sia così, tanto da dedicarsi rapidamente ad altro. Impunta lo sguardo sul frigo, sollevando il braccio sinistro esposto e indicando il mobile con le dita. Invisibili, un paio di fili di chakra s'allungano, compiendo quanto segue: la maniglia vien tirata, aprendo il frigo. poi, due lattine di birra vengono sollevate per aria e lanciate con un moto parabolico in direzione sia di Nobu che Fuji. E' un lancio improvviso, per il quale il marionettista non da preavviso all'altro, ma è certo che non sia necessario. Il fisico appena rivelato è stato prova sufficiente a sostenere tale teoria. Le trasfigurazioni istantanee prodotte da questi minuziosi segnali portano il Chikamatsu a perdersi nella debolezza delle sue volontà, in cumuli di pensiero che risuonano come gridi brevi nella mente. Il sorriso sul suo viso appassisce un poco, senza tuttavia sparire completamente. Forse hanno già superato la soglia del buon senso. Annuisce, come a dargli ragione. "Sì, mi spiace. " I veli dei vapori fluttuanti dalla teiera vanno disperdendosi. Il te ha già perso parte del suo calore. Il tempo scorre, e l'idea lo fa impallidire un poco. Si stringe a se, come a farsi più piccolo, soffrendo da solo del carpe diem. Cogliere l'attimo. Teme di esser così avido da rimanere senza più nulla da cogliere. E a quel punto sarebbe solo nel silenzio della sua testa. Non gli rimarrebbe che pensare all'inevitabile. Gli è dolce, dolcissimo, quando sente l'altro parlare di cosa è per Nene. Le cose da cogliere aumentano, gli occhi s'accendono, brillano un po' di più, issandolo dal sonno della ragione. Dal generatore di mostri. Vede lo sguardo stralunato dell'altro, ci si dedica. Poi, fissa le ciocche mosse dalle dita. Ingoia un nodo di saliva. Anche Nobu lo sta guardando con uno sguardo perso. "scusami" Lo segue, si avvicina, prova a bloccare il tempo con quella sola parola, quanto basta giusto da poter guadagnare i secondi necessari a provare a sfiorarlo con la mano di carne sotto al mento, sul collo, per issarglielo un poco. La mano si ritrarrebbe rapidamente. E di rimando s'allontanerebbe di un passo. "Nobu-san, io penso che non riuscirai mai a essere tutto per lei." Pronunciate quelle parole il mento s'abbassa un poco, gettando su di lui delle ombre più larghe. Il sorriso appassito muore, lasciando in viso al moro una linea sottile e neutra. "Forse, il solo modo sarebbe uccidere qualsiasi altra cosa occupi i suoi pensieri. " Un pensiero lo coglie, come un fulmine a ciel sereno. "O uccidere qualsiasi cosa occupi i tuoi. Non solo in senso figurato." Ulteriore silenzio. Si sente di nuovo alienato. I messaggi scambiati recentemente gli rimbombano addosso. Sta dicendo cose strane? Non gli sembra. E' normale, è corretto. "La renderesti infelice, per essere felice? Se la risposta è no allora non riuscirai mai a renderti tutto il suo mondo. " Parla estraniandosi dal proprio singolo pensiero. Ricordando aneddoti, pensieri, sguardi. Infine gli vien rivelato qualcosa di più, qualcosa che non dovrebbe sapere. Il mento s'inarca verso l'alto, curioso e attento. Ascoltandolo e osservandolo come se fosse la loro ultima occasione d'osservarsi. Una rivelazione importante, intima. Sente un soffuso tepore prenderlo alle membra. E' piacevole? "Loro sono gentili. Mi fanno sentire bene. Non mi hanno mai fatto del male. Inizialmente ho preso la palla al balzo: un'offerta. Ero fuori casa e non potevo rientrare. Ultimamente mi trovo nel loro salottino ad ascoltar Nora-san e non ricordo neanche come ci son finito." Sembrerebbe un eufemismo, un richiamo al semplice istinto ad andare dove sta bene. In realtà, quegli episodi sconnessi tra loro son reali. Come avvenne al supermercato con Saigo. O con Nene, verso le 2 o le 3 del mattino.

23:23 Nobu:
 Peccato non sapere di questi discorsi che ha già affrontato e forse sì, forse è come ha detto l’altro e lui è la persona giusta per affrontare certi discorsi con la semplicità con la quale li evita proprio. È totalmente errato far di un idea altrui il tuo mondo intero, renderti conto che buttare ciò che non va bene per te sia sbagliato. Eppure non sono gli standard che ci imponiamo a spronarci a migliorare? Non è forse accettare lo status quo, qualunque esso sia, come sta facendo Nobu, un metodo per adagiarsi? La verità è che giusto e sbagliato, forte e debole, è tutto estremamente soggettivo e ci si limita a uno scontro di ego tra le persone, da una parte chi vuole imporre le proprie idee e dall’altra chi soccombe sotto di esse. Le sfumature di grigio sono rare, estremamente, con coloro che si mettono in discussione e spesso riescono a vedere le ombre e le luci di entrambe le opinioni in gioco. Probabilmente Fuji sta parlando di casi in cui non si è ancora sorpassato il punto di non ritorno, quando ormai quella crepa si è generata e la stabilità strutturale del metallo è pressoché compromessa in maniera definitiva. Un po' come le tazze dei cari che si dice che si scheggino quando succede qualcosa di grave al proprietario. Una tazza rotta, anche se rimessa insieme, avrà comunque le falle e, indubbiamente si parla di una tazza diversa da quella originale. Lo vede avvicinarsi a lui, condividere la stessa aria che lui esala, priva di quegli atomi di ossigeno, facendoli suoi e trasportandoli all’interno del suo corpo, di quell’essenza vitale che lo muove. < Toccarmi? Che conoscenza pensi di ottenere toccandomi Fuji? Anatomica di come sono fatto, delle pieghe che prende la mia pelle scura, dei miei pori come si dilatano al contatto del calore umano o della tensione che la mia cute può sopportare? Vuoi solo questo, un modello per creare una statua o una marionetta? > Non è forse di più quello che fanno i Kami dato che li nomina? Quello che fa il marionettista è sostanzialmente creare dei vessilli ma non si possono definire vere opere d’arte, non hanno ciò che distingue loro due da Aozora: un ego, un anima. Riflette su quella domanda. Lo vuole conoscere, capirlo. Di che amore stiamo parlando, non è come se fosse sua figlia, oppure Aozora è qualcosa di più di una semplice creazione nata dall’estro artistico di un burattinaio? < Per capirmi dovresti avere le mie mani dentro di te, con la tua linfa vitale sul mio viso, a bagnarli le labbra ed aumentare l’endorfina che ho in circolo. Un unione a un livello più profondo dalla quale difficilmente torneresti indietro. > Alza il braccio destro, flettendo l’avambraccio di novanta gradi a formare un angolo retto. Il palmo è rivolto verso il soffitto con le dita unite e tese tra di loro, come se quella mano fosse uno stiletto pronto a perforare il ventre a Fuji e smembrarlo. Allora vedrebbe l’estasi su quel volto, quella tensione distendersi per lasciar spazio all’euforia e alla libidine. Allungherebbe il giusto per arrivare a toccare con il polpastrello del medio, falange più lunga delle cinque, Fuji all’altezza dell’ombelico, punto che appunto è legato strettamente alla vita degli esseri umani. La sinistra cerca quel braccio meccanico per tentare di afferrarlo e se lo avesse fatto lo vorrebbe portare proprio al suo stesso collo, alzando il mento a esporlo per bene in modo che Fuji possa stringere le dita contro la pelle e i muscoli, sentire quelle vene pulsare vita all’interno del corpo dello Hyuga. < Non è forse questo il modo migliore per conoscersi, per capire chi è davvero una persona nel momento prima della morte? Dimmi Fuji, hai mai visto la morte in faccia? Non è forse bellissima? > gli chiede, forse in contrasto con lui che crea o ci prova a creare vita con quelle marionette mentre lui si diletta e vedere la vita sfuggirli tra le mani. Volevi vederlo, no Fuji? Sul volto del cioccolatino si dipinge un sorriso, spingendo il collo eventualmente contro il palmo della protesi appunto, con la carne che per la pressione si rigonfia appena, riflesso naturale. Sente il pomo d’adamo alzarsi a fatica contro quel palmo per deglutire la saliva mentre continua a guardarlo in faccia. < Mi stai davvero chiedendo se sono disposto a uccidere qualsiasi altra cosa? Se davvero sono io a renderla felice allora sì, sono disposto a distruggere tutto e tutti coloro che le recheranno dolore o piacere. Mondo? > chiede infine, scuotendo il capo appena mentre piega quelle dita per andare a impattare molto lentamente con le nocche contro lo stomaco in quello che è il one-inch punch alla Bruce Lee ma ovviamente fatto a rallentatore e senza forza dietro. < Voglio essere il suo cosmo intero Fuji. Non mi basta essere il numero uno, voglio essere l’unico, così come sto facendo di lei tutto il mio universo, per questo non puoi essere come Nene. > Si allontana con il collo appena finito quella spiegazione al marionettista. Flette il collo prima a sinistra e poi a destra di quarantacinque gradi, facendoselo schioccare, mentre la mano che prima doveva essere sul ventre del Chikamatsu, va a massaggiarsi la cervicale, passando infine quei polpastrelli contro pelo nella parte rasata del suo undercut. Si rilassa adesso, almeno ci prova a farlo pensando di nuovo a quell’amore di cui ha parlato prima Fuji. Lui ama Nene a un livello ossessivo quasi, così come ama anche i suoi genitori, al punto tale che quella domanda che gli pone è retorica. < Si, non è forse quello che faccio già con Nora e Manabu? Se ti sei chiesto come mai non uso più il nome Ryota è perché non mi rappresenta più e Nobu non è il loro figlio che si ricordano. Per questo nella loro infelicità di non vedermi e non avere contatti con me li proteggo da un’infelicità ancora maggiore.> quella di vedere che loro figlio non è più come loro si ricordano, che è diverso e si protegge anche lui da quella loro reazione, perché in quel caso sarebbero tre le persone a morire, ma non di quella morte che lui quasi idolatra e cerca per se stesso e per infierirla. < Sai bene che Nora è perspicace, una maschera con lei non funziona. Quindi Fuji faremo così: io tornerò a trovarli, nei panni di Nene, e te potrai continuare a trattarli come se fossero i tuoi genitori, come se fossi TE Ryota. > gli risponde proponendogli dunque quell’accordo alle loro spalle, per renderli felici, per rendersi felice nel vederli e per continuare a rendere felice Fuji. Tranquillo marionettista, hai il permesso di rimanere alle terme per ancora tanto tempo.

00:46 Fuji:
 Vicino, senza ancora toccarlo. Lo guarda; stupito e stranamente lucido, eppur ebbro. Attento a sorvegliare tutto ciò che sta accadendo dentro la propria coscienza ma ancor più sveglio sui sensi e le percezioni del mondo esterno. La nozione del tempo e del luogo sembra esatta. D'improvviso, come scoppia un fulmine da un cumulo di nubi, un pensiero viaggia attraverso la mente, scompigliandolo, sotto forma di immagini. Il contatto. Il toccare. L'analizzare. La cosa diventa ancora più strana quando viene effettivamente interrogato sulla natura di quell'azione. E' strano? Forse lo è davvero, se serve spiegarsi. Ma certamente non vuole che le proprie intenzioni rimangano abbandonate a speculazione, non tutte almeno. Se la sua arte venisse ridotta ad una replica senza vita allora non avrebbe senso creare qualcosa di umanoide. Farebbe soltanto elementi di simile parvenza all'esoscheletro, o a delle entità più adatte per il Bunraku. No. Meglio affrontare la cosa. Da vicino, vicini. "Non avrebbe senso conoscerti, se fosse così." Sarebbe in grado di replicare qualcosa di estremamente simile soltanto dal contatto, ma a quel punto starebbe effettivamente creando ciò che non riesce a creare. Qualcosa a cui non associa un concetto di vita. Di vera Beltà. Allora alla domanda posta precedentemente ne giungono ulteriori. Gli Dei amano le loro creazioni? Sì, ma solo se sono belle abbastanza. Se sono abbastanza vive. Se possono suscitare sentimenti mutevoli. E' una caratteristica unica delle cose vive. Una bella scultura susciterà sempre lo stesso sgomento, un bel quadro mostrerà un paesaggio sublime e potente, ma una cosa Viva sarà sempre capace di mostrare cose diverse. In un attimo la situazione evolve. Gli occhi s'abbassano sul braccio destro altrui, fissa il palmo in quella sua posa di guerra. Lo fissa, poi solleva il mento, ritrovando quello sguardo ebbro di istinti bestiali. Non gli è familiare, un'espressione simile. Non nel presente, almeno. Così si lascia trascinare, sarebbe pronto a scoprire se davvero vuole perforarlo. Se lo farebbe sanguinare. Quanto male farebbe. A Nobu piacerebbe? Deglutisce, attendendo. Ma l'azione avvenuta lo sorprende. E' la propria mano ad esser stretta attorno al collo altrui. Ah. Peccato che il tatto non sia così tanto sviluppato. Eppure, muove le dita, alla ricerca delle ramificazioni nel suo collo. Lo esplora ampiamente, senza vergogna, completamente immerso. Un vago senso di tristezza lo agita, ma tutto svanisce al pronunciarsi delle parole successive. Percepisce anche il pomo d'Adamo altrui combattere, in un riflesso naturale. Lui sorride. Il dubbio gli sorge naturale. Dovrebbe stringere? Gli farebbe piacere? Chi dei due è la vittima dell'altro, ora? Ah. Le domande straripano dagli occhi ebbri, tremanti. Ma ancor più le risposte. Sta capendo. Sta capendo. Prova sentimenti contrastanti. "Non capisco la bellezza della morte, Nobu-san. Non credo ci sia nulla di bello o naturale, in quel sentimento. Come può essere bello un fiore che appassisce." C'è qualcosa di severo nel tono, ed nelle dita che per un momento s'adagiano alle forme del collo. Ha mai visto la morte in faccia? La domanda echeggia come già è successo. Lo aliena. Una lunga serie di immagini si sovrappongono tra di loro. Ventuno immagini. Poi ventidue. Ventitre. Riportato alla realtà dal gentil tocco altrui al proprio stomaco. Gli occhi si spalancano, come se si fosse appena destato da un sonno profondo interrotto bruscamente. Fortunatamente è Nobu a distanziarsi col collo, ripristinando spazio sufficiente. Prima di poter parlare e pronunciarsi, giungono nuove risposte. Lui sarebbe disposto volentieri ad eliminare ciò che da piacere a Nene, per poter essere il solo. Ah. Si sente lusingato per lei. Tanto che una fiamma gli passa sotto la pelle del viso, scaldandolo un poco. Eppure, amarezza. Pensieri opposti, forse. Divergenza. Fuji non ha mai pensato che valga la pena imporsi. Provare ad essere il mondo- o addirittura, il cosmo. "Sei così avido. Non funzionerà mai questa forma di felicità." Il tono sembra quasi graffiare con dolcezza, come quei tocchi che irritano la pelle e contemporaneamente provocano brividi. Lo tedia e lo carezza contemporaneamente. "però capisco perché le piaci." Chiude quanto ha pronunciato precedentemente, raggiungendo nei secondi a seguire quello che sembra essere un accordo. Qualcosa quasi a senso unico. Sembra quasi una richiesta di aiuto, alle orecchie del marionettista. Tanto che finalmente l'espressione torna un po' più serena. "Sarei felice di aiutarti. Mi basterebbe poterti vedere, ogni giorno di più. Mettere le mani dentro di te, fino a dove ti sarà comodo." Sembra conveniente. E così attende.

18:54 Nobu:
 Non può capire il significato intrinseco di cosa rappresenti il tatto per Fuji anche perché è diverso per ognuno di noi, non sa leggere nella mente delle persone e, per quel che gli riguarda, lo sta già toccando, anche fin troppo no? Inclina di nuovo il capo ma sta volta lo sguardo è perplesso, come se ci fosse un qualcosa di non detto che serve a fare chiarezza. Forse il moro è fatto così, parla per enigmi, per frase non dette e con forme allegoriche e metafore, un qualcosa alla quale probabilmente dovrà abituarsi, imparare a leggere tra le righe, mettersi in dubbio sul significato di quello che lui vuole dirgli non fermandosi al primo impatto e alla prima soluzione che gli viene in mente, come un equazione che si tenta di risolvere, trovando il valore delle incognite, tuttavia controllandola con i campi di esistenza per determinare se possa essere la soluzione corretta. Sicuramente un processo tedioso e lungo, non istantaneo anche se un po' tutto nella sua cerchia hanno problemi di dialettica: Fuji come appena detto, Nene parla meglio con i pugni che con le labbra, Saigo l’ha insultato tramite messaggio a gratis per quel che ne sa lui! L’unico che si salva è forse Kazuma ma anche lui dava a Nobu del lei e inoltre quello che non dice a voce, lo dice con lo sguardo, come quella sera dove l’ha invitato a salire a casa sua. Forse dovrebbe chiarirsi con il basettone, non è bravo a dare un valore alle persone dato che questo oscilla da un polo all’altro con il suo interesse e soprattutto con le opinioni che hanno gli estranei di lui. Fuji non sembra condividere il suo pensiero e forse se lo aspettava appunto da una persona dedita a creare la vita come lui. Sorride appena mentre sul collo ha quei segni rossi della mano meccanica che fino a qualche attimo fa era stretta lì, per suo volere stesso. < Vedi la vera natura delle persone davanti a essa, davanti al pericolo. Inoltre durante gli ultimi attimi della nostra vita succede qualcosa a livello di chimico. È la fine, lo spegnersi di una candela e il fumo che espira al posto delle fiamme con il profumo della cera bruciata. > si ferma, vedendo quello sguardo nero riflettersi nei suoi occhi ma è chiaramente distante, perso in altro. Frame che passano davanti al riflettore di Fuji, in quella pellicola che sono le sue memorie e i suoi ricordi. Si distanzia il marionettista ma per un attimo dato che è Nobu ora ad alzarsi e avvicinarsi, cercando di afferrargli il viso con quelle mani che sono si esili ma enormi, abbastanza grandi che il volto del Chikamatsu sarebbe facilmente coperto dal suo palmo e dalle sue dita se lo volesse. La mano destra lo cerca di prendere dalla linea della mandibola, con il pollice lungo la sua guancia mancina mentre quelle dita dovrebbero raggiungere fino a dietro la nuca. La sinistra invece è più su, inclinata, appena accanto al suo occhio destro sulla tempia. Cerca di tenerlo fermo mentre si avvicina a lui, fronte contro fronte, naso contro naso con quegli occhi azzurri che fissano avidi, come lo descriverà a breve, per cercare inutilmente di vedere anche lui quei frame privati. < Esatto, proprio di questo parlo. Tu l’hai vista Fuji, eccome. Non ti senti speciale ad aver visto gli ultimi attimi di una persona? Sapere che sono parte di te per l’eternità e che tu, nell’oblio dell’ignoto, sono l’ultima cosa che hanno visto. Come se vi foste scambiati pezzi di anima in quell’istante! Non è forse qualcosa di estremamente romantico? > gli domanda mentre quegli occhi si muovono all’impazzata, quasi tremando mentre si concentra nel punto focale che sono proprio le pupille altrui, infondo gli occhi sono lo specchio dell’anima, no? Si allontana poco dopo, ignorando il fatto che stava respirando più velocemente per l’eccitazione, cercando di ricomporsi appena. Forse già questo gli fa capire come la pensa e soprattutto gli da un infarinatura sulla prossima risposta che gli darà, dandogli appunto dell’avido, dicendo che non potrà mai funzionare. Apre quelle braccia interamente, come a spiegare le proprie ali, con tanto di palmi aperti. < E perché mai? Tutto sarebbe parte di me, chi la fa stare bene, chi la fa stare male. Diventerei davvero tutto per lei e le darei pure la mia vita per lasciarle tutto quello che posso darle, perché lei per me è tutto. Non ho neanche bisogno di esitare se mai dovesse succedere. E se non dovesse andare bene, allora mi concederò io il mio momento più sublime con le mie mani sul suo collo e con la sua vita che passerà attraverso le mie dita. > un concetto molto semplice ma incredibilmente distopico, distorto e malato. Questo è quello che intende con essere tutto per qualcuno e quando per lui Nene è tutto: per lei farebbe tutto perché è la prima persona che lo ha accettato per com’è e, per una persona con i suoi disturbi, è la cosa che conta di più, di più dell’estetica o della capacità dialettica. Forse è per questo che gli piace a Nene, perché non ha nulla al di fuori di lei, perché la eleva sopra tutto e tutti o forse perché sono simili di carattere come da Fuji indicato precedentemente. La richiesta finale inoltre è strana, intima, come se gli stesse chiedendo di frequentarsi. Ci riflette e l’aiuto che gli sta chiedendo è di mentire alle persone che lo stanno facendo stare bene, di fare quasi da toppa e da spugna a quell’amore che i suoi due genitori hanno da dargli ma senza Ryota come recipiente. < Va bene Fuji, non so quanto potrai conoscermi, sono… abbastanza complicato. Non mi dai fastidio, sai già tutto ormai. Vediamo se ti stancherai prima te o se sarai in grado di vedermi davvero per quello che sono. > Chiara allusione alle varie maschere che Nobu indossa costantemente con gli estranei. Ora che ha visto la sua parte più oscura sicuramente dovrebbe essere facilitato nel riconoscerlo. Continua a riflettere in realtà, forse dovrebbe far si che Fuji parli di Nobu a Nora e Manabu, che gli dica che sono amici ma per vari motivi non li può vedere, forse davvero dovrebbe inventarsi qualche altra scusa, eppure da come gli sta parlando di loro due, non sembrano così disperati e per ora, sapere che sta bene può essere sufficiente.

20:00 Fuji:
 Ah. Mentre gli vien spiegata un'arte, le immagini continuano a sovrapporsi e proseguono. Un miasma di cose gli si para davanti, ma a capo fa un gruppo di uomini chini e vestiti di bianco che fissano i lasciti di diversi cadaveri. Cosa era accaduto? Perde per un momento la lucidità, si distacca dalla realtà rimanendo ancorato solo agli occhi color ghiaccio dello Hyuga. La parola morte è cantata nella sua testa da un sacco di voci, agitandolo. Lo sguardo del moro si fa ozioso, perdendo tristezza e pietà. In una specie di stupefazione ferale. La piccola bocca viene tòrta da un lato, assaporando con poco piacere una saliva amara. In un momento a lui poco preciso l'Agente Scelto gli è di nuovo attaccato, estremamente vicino. Così brusco. Un moto brusco porta il marionettista a tentar di poggiare la mano sul braccio di Nobu, come per trattenerlo, finendo forse per graffiarne un po' la pelle scura. Un lampo scuro gli passa sull'occhio, penoso e spontaneo. Non ha ancora imparato ad apprezzare il gusto delle cose troppo amare, forse. Le labbra si aprono, per rispondere, ma qualsiasi cosa possa venir pronunciata adesso gli par sbagliata, volgarissima, non acerba ma troppo matura. Si rammarica di non riuscire a simulare a comando un tono dolce e indulgente. E si sente colpevole dei piaceri provati. Finisce per fare scena muta, ricevendo già la domanda successiva. Non ti senti speciale? Lo guarda, nascondendo la luce tremante dell'iride tra le aguzze ciglia. L'ambiente prende un'apparenza spettrale, come se l'aria stesse inumidendosi, sfumando i colori in cui è immersa. Dal pallore del volto traspare una leggera soffusione di viola sotto la pelle. In viso porta la sua solita espressione profonda, significativa, appassionata. I suoi occhi suggeriscono sempre un sogno che materialmente non prenderà mai forma, che disillude. Chiunque tranne Fuji. Mentre il pensiero scorre al primo ricordo 'speciale', gli vien istintivo scuotere una sola volta, molto lentamente, la testa. Gli occhi tremanti di Nobu lo ancorano alla realtà, gli impediscono di concentrarsi troppo sui propri pensieri. In effetti è una buona cosa. Anche il respiro affannoso lo prende, sfiorandogli la pelle del viso e stimolando l'olfatto. Qualcosa inizia a formarsi, vago, informe: la risposta. Un'acuta puntura che accompagna il consueto fenomeno della sua esagerazione sentimentale. Ancora, perde tempo; e perde l'occasione adatta a rispondere alle domande poste nel presente, trovandosi costretto a memorizzar quanto udito in vista del futuro. In un momento solo già gli sta venendo presentato altro. Qualcosa di grande. Di tetro. Nobu. Ed egli non esiterebbe a rubarle la vita di dosso per vivere un solo sublime momento. I pensieri crollano come il castello di carte che sono, lasciando tabula rasa. Ed ora? Forse dovrebbe aiutarlo. Renderlo felice sarebbe interessante. Sa come fare. " ... " La mano destra si solleva un poco, con il polpastrello dell'indice tocca la propria fronte. Il lungo dito e la mano gettano nuove ombre indosso a lui. Ripete un gesto antico, nel quale permane per lunghi secondi. Gli occhi si sollevano mostrando un po' più del bianco della sua sclera. Ma prima di poter portare a termine quell'opera gli si presenta sulla bocca il riso. Innocentemente scoppia in una risata che da breve muta in una ilarità continua, di tutti i secondi che seguono. Sembra farsi prendere da quel sentimento con gusto, dal nulla, tanto da arrossire un po' di più in viso e costringersi a contenersi premendo con un braccio sulla bocca dello stomaco. "S-scusami Nobu-san, ho pensato a una cosa terribile.." un ultimo accenno d'ilarità gli sfugge dalla gola, riuscendo a tornar serio poco dopo. "Lascia stare.." Rivolto allo Hyuga ed un po' a sè stesso. Scuote di nuovo il capo, con vigore, come a riprendersi e destarsi contemporaneamente da un sonno durato troppo a lungo. "In realtà pensavo a quanto fosse curioso conoscerci. Qui. Oggi. Dopo aver preso già un ruolo determinante nelle nostre vite." Ammette successivamente, come un bambino incapace di nascondere troppo a lungo un segreto. E' facile al farsi scappare il buon senso dalle mani. E volentieri si abbandona al pensiero sincero. "Se qualcuno mi bendasse e mettesse in mano un coltello e guidasse le mie mani sul tuo petto, per trafiggerti.. Diresti di essere stato ucciso da me? O da chi mi ha guidato? O entrambi? " Secondi di silenzio, cercando di osservarlo nuovamente. "Anzi. Più importante. Mi odieresti?" Sembra essere la cosa più importante, oggetto del suo interesse, tanto che non esita a rispondere alle ultime parole pronunciate, quasi non ci pensa. "Non mi stancherò, mai."

20:35 Saigo:
 Ha finalmente concluso tutti i vari affari per cui era uscita poco prima dell’orario di pranzo. Dopo una giornata passata fuori casa ha comunque avuto la voglia di trascinarsi al market più vicino a casa con l’unico scopo di procurarsi delle birre e dei mochi gelato, giusto per variare un po’ dalla sua solita dieta. Non aveva però calcolato la questione età, motivo per cui dopo essersi sinistramente appostata all’interno della corsia degli alcolici alla ricerca di qualche anima pia disposta a comprare le birre ha deciso di uscirsene, prima di resta chiusa all’interno ancora una volta e porta a casa un magro bottino di dolci. Il volto è imbronciato mentre trascina pigramente i piedi fino all’ascensore. La destra si alza, coperta appena da una semplice giacca in pelle nera lasciata aperta, sotto si nota una lunga camicia in jeans a fasciarle il corpo magro, utilizzata come un minidress. L’indice della mano clicca sul bottone del piano corrispondente e poi si volta ad osservare il panorama mentre pian piano inizia la risalita. Gocciola appena il sacchettino che sorregge con la mano sinistra e quasi sfiora il terreno, creando una piccola pozza di umidità accanto ai suoi anfibi smaltati di bianco. Gli occhi rossi si riflettono in quel vetro facendolo diventare uno specchio, si osserva appena vestita ancora come quella mattina, la stanchezza nascosta da quel paio di leggings neri a fasciarle le gambe. Si aggiunga un pochino i capelli con la mano destra e spostando le lunghe ciocche sciolte finisce per mostrare appena la catena normalmente tenuta sotto ai suoi abiti, quella a cui è appesa la chiave di Fuji. Arrossisce appena la vede, deglutendo per via di quel bacio strano e del fatto che se lo ritrovi nel letto ogni notte, una presenza che immersa nelle braccia di morfeo è in grado di percepire ma a cui non riesce mai a replicare, se ne resta semplicemente lì domandandosi solo al mattino dopo se se lo sia immaginato. Non lo vede più ultimamente. Forse bacia davvero male e ora la sta evitando. Sospira mentre lo sguardo si perde in quel pallido riflesso che ora si trova ad oltrepassare, l’onda dei sentimenti la sta trascinando lontano, iniziando un lungo ed introspettivo viaggio. Viene riscossa da quel semplice campanellino che preannuncia l’apertura delle porte. Si risveglia così da quel lungo sonno apparente andando a voltarsi, senza attendere con calma la definitiva apertura si infila non appena c’è abbastanza spazio. Eccola quindi giungere sul pianerottolo e portarsi alla ricerca delle chiavi di casa in tasca, la destra che palpa le molteplici tasche presenti alla ricerca di quella familiare sagoma. Non che serva dato che sente la risata di Fuji provenire dal suo appartamento. Pazzo. Orami è diventato completamente pazzo, doveva aspettarselo si sono baciati, non poteva uscirne illeso. Si allunga, dunque, la mano verso l’ingresso e con una lieve pressione lascia che la serratura scatti e l’ingresso si apra a lei. La prima cosa a notare è la mancanza del solito calore, impazzerà lei se continua ad abbassarle il termostato. <cazzo Fuji la temperatura> non sta nemmeno guardando, all’inizio ha intravisto più figure ma la sua attenzione è stata deviata da subito verso la destra di quell’ingresso, verso l’aggeggino elettronico che le permette di controllare i riscaldamenti dell’appartamento. Nemmeno si spoglia o poggia il cibo, solo effettua un paio di passi mentre fa scivolare i piedi dagli anfibi abbandonandoli. La mano destra diretta quindi alla manopola per rialzare il riscaldamento in casa. Odia il freddo. Vuole sentirsi a casa per davvero, quindi a Suna. [abiti https://i.pinimg.com/564x/6e/01/a6/6e01a682f803094df9073068a035a757.jpg]

21:18 Nobu:
 Scuote il capo come a rassicurarlo che non è necessario che si scusi con lui, se ride e trova tutto quello divertente, beh, meglio così, vuol dire che lo trova di piacevole compagnia, no? Non sa leggere nel pensiero, può sovrascrivere giusto l’ultimo ricordo che hanno le persone di lui grazie a quello che gli insegnano nella Shinsengumi, tuttavia non è abbastanza per aver accesso a quel pensiero così terribile che Fuji ha avuto in seguito a quello scambio di opinioni civile. Gli rivela qualcosa ma non crede troppo che sia quello alla quale ha pensato davvero il marionettista, infondo è un qualcosa di bizzarro, non di terribile. Fa spallucce a riguardo quindi, prendendo la distanza quando sente quei passi avvicinarsi e quella porta alle loro spalle aprirsi per far si che Saigo entrasse all’interno, proprio la persona di cui aveva bisogno venendo lì, proprio nell’appartamento Manami. Sembra non averlo identificato ancora a Nobu, assorta nei suoi pensieri mentre si mette comoda, levandosi quegli anfibi che portava da chissà quanto. Se ci fosse stato Poldo sicuramente avrebbe annusato il tutto ed espresso il suo disgusto con un conato di vomito, come spesso fa. < Che domanda specifica. Ti odierei perché la mia vita appartiene a Nene come ti ho detto e voglio che finisca per mano sua. > Gli risponde tranquillamente, voltandosi per guardare Saigo che sta smanettando con il termostato… e lui che aveva pure caldo da levarsi l’hoodie rosso appoggiato da qualche parte sulla sedia. Si incammina verso la rosata , un paio di passi prima di arrestarsi e guardare Fuji di nuovo con la coda dell’occhio, voltato il capo giusto per farsi vedere in volto parzialmente. < Ma a parte questo non importa chi sia stato se te, il coltello o chi ti ha spinto e bendato. L’importante è che mi porti sempre con te. Il resto non conta. > termina così quel discorso, avvicinandosi a Saigo fino ad arrivare a posar la mano destra sulla sua spalla mancina, mentre è l’altra mano che si solleva con il palmo aperto per salutarla. Non sta a specificare che devono parlare della missione assegnata a loro due da Kenpachi. Dovrebbe essere abbastanza chiaro. Le chiede tuttavia una cosa, bisbigliando < Maaa… che numero devo usare per scriverti? Quello dove mi hai mandato a fare in culo o l’altro? Sono confuso. > Rimarrebbe così a parlare con la collega, presumibilmente con quest’ultima che creerà della privacy per loro dato i topic segreti da discutere. [End]


Incontro tra Nobu e Fuji a casa di Saigo. Nobu sembra disturbato da quanto il ragazzo sembra sapere, eppure, per qualche motivo, finisce a rivelarsi ancora di più.

Fortunatamente Saigo torna a casa, interrompendoli. Il marionettista si dedicherà a recuperare Aozora e uscire o nascondersi in una stanza