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con Fuji, Saigo

22:46 Fuji:
 La notte è calata, violentemente. Il silenzio ha pervaso i muri ed i corridoi rendendo ogni cosa un po' meno reale. Che fastidio le cose poco reali. Specialmente quando non c'è più un modo per capire se il tempo stia scorrendo o meno. Quell'appartamento, che il giorno prima ha ospitato una festa, era stato lasciato in uno stato più o meno pietoso. E senza alcun particolare motivo si è ritrovato in piedi immobile nel silenzio del luogo da lei abitato. Tra scatoloni e proprietà riacquisite, è rimasto immobile a fissare per diverso tempo i messaggi. Poi, quasi violentemente, è uscito, per andare a comprare una doccia cui componenti posano adesso di fronte all'entrata del proprio appartamento. Ha occupato il tempo, ma non è stato abbastanza per occupare il silenzio che d'ora in ora gli ha invaso lo spirito. Snervato ha lasciato stare la propria abitazione, per altro, ancora completamente in disordine, dirigendosi dove ha dormito con la Fragolina e dandosi ad un'attività che per lungo tempo l'ha occupato: riordinare, pulire, sistemare. Con fare sistematico ha utilizzato le proprie forze e quelle di Aozora per rimettere a nuovo ogni cosa e spolverare ogni angolo. Altre due ore sono state occupate, e tra una cosa e l'altra presso il pianerottolo potranno esser trovate due grandi buste di spazzatura pronte ad essere portate via. Poi, nuovamente: silenzio. Finito il lavoro si è seduto sul divano ed ha poggiato di fianco a sé la divisa cerimoniale della Shinsengumi appartenente a lei. Dopo un po' si è sollevato e nella totale assenza di suoni l'ha stirata e piegata, poggiandola infine nel posto di fianco al proprio nel divano. Aozora è seduta attorno al tavolo, in una posizione che fa sembrar si sia addormentata nascondendo la testa tra le braccia. "a- " Ed ora? Passano i minuti. Ed eccolo, rimasto a scrutare i monti oltre le mura attraverso le ampie vetrate presenti. Con l'arrivo del crepuscolo, primo accenno della notte, ha preso tra le mani il telefono e si è messo pigramente a rileggere ogni messaggio presente. 'E' stato bello conoscerti' Lo legge cinque o dieci volte. Forse venti. Ah, che importa. Ad un certo punto si è convinto da solo che ci siano delle implicazioni negative in quel dire. E' certamente morta. O ancora: ammonta a questo il nostro rapporto. Ed altri, troppi, pensieri che cumulandosi hanno portato comunque la stessa identica risultante: vuoto. Lui indosso ha un pantalone di chinos beige ed una maglia bianca cui maniche terminano poco dopo il gomito, allargandosi. Entrambe le braccia son scoperte, con la destra che regge in maniera lasciva il telefono. Sulla testa, invece, ha ancora il cerchietto da cameriera francese in pizzo bianco, preso direttamente dal vestiario da maid di Aozora. In qualche modo lo faceva sentire più a suo agio mentre puliva. Ancora con il dispositivo elettronico acceso, con il messaggio in mostra e ben visibile, inizia a vacillare. Il capo cade assieme alle pupille e si addormenta. Di tanto in tanto gli occhi si riaprono, pochi secondi, notando come il cielo sia più scuro. In prospettiva non riesce neanche a vedere l'orsa maggiore. La puerile debolezza della sua natura gli da ora un bisogno di lacrime. Chiude le gambe e si stringe quanto possibile al lato di quel divano, con la sensazione confusa e ottusa di una vertigine. Il freddo gli assale la nuca, penetrando la radice dei capelli e lasciandogli un brivido visibile sul collo. Se arrivasse, che parole le direbbe? Si è preparato mille discorsi. Ma alla fine, il mento cade e le palpebre nascondono il sipario del sentimento - gli occhi. Di nuovo preso dal sonno, speranzoso che il risveglio sia dolce oppure assente.

23:02 Saigo:
 Si era ripromessa di rispondere ai messaggi appena tornata al villaggio ma poi in realtà le informazioni raccolte l’hanno raccolta a perdersi nei pensieri e nella stanchezza che prova. Non hanno incontrato alcuna bestia ma non per questo è stato meno spaventoso del previsto. Ha ancora tutto addosso, sono appena rientrati dopo una lunga ed estenuante giornata di ricerche e non è andata alla sede, prima farà una veloce dormita, domani consegnerà ciò che ha trovato, presenterà le foto e il suo rapporto ma non oggi, è troppo stanca. Non pensa nemmeno alle parole scritte a Fuji quella stessa mattina prima di uscire. La mano schiaccia sull’interruttore del quarantottesimo piano iniziando così la risalita verso quella che è tornata ad essere casa sua. Si guarda nel grosso specchio, lasciando che tutta la stanchezza le cada addosso mostrandosi al suo sguardo rosso. I capelli sono lisci, dietro alle sue spalle e appaiono annodati in più punti, spettinati e rigonfi, non li spazzola da quando è uscita la mattina. Sulla candida pelle del volto lo sporco della terra e della lava rigato appena dalle lievi gocce di sudore versate sotto al sole, un paio di occhiaie importanti sui toni del blu spuntano in tutta la loro orrida presenza. Sospira appena andando a sistemarsi la chiusura un vita di quella giacca, la divisa informale. Nera con appuntato sul petto il simbolo della shinsengumi, sul braccio invece la fascia che ne indica il grado. Non c’è nulla sotto alla giacca, la pelle arrossata del costato si mostra in quella scollatura centrale formata dagli abiti. Ha preso troppo sole rispetto a ciò che la sua pelle può sopportare e già ne mostra i segni con quel lieve rossore. Inspira profondamente per cercare di annusarsi, non puzza per fortuna ma di certo non sa di rose, è normale ha lavorato. Sulle gambe quel paio di pantaloni eleganti e formali neri, a sigaretta, che scendono partendo dal suo ombelico, sono di un nero impolverato, sporco di terra esattamente come gli anfibi un tempo lucidi e bianchi, adesso dai toni del grigio/marrone per colpa della terra lavica. In tasca i sacchettini e tutto l’equipaggiamento, per fortuna non le è servito. La mano destra si porta nei capelli impolverati e cerca di ridare loro un po’ di forma e vita mentre sospira. “Dliin”. Le ante dell’ascensore si aprono alle sue spalle, osserva il corridoio dallo specchio qualche istante. Si volta dunque mentre i suoi occhi si posano su tutto ciò che è stato abbandonato sul pianerottolo, troppo stanca per rimuginarci sopra, porta la mano destra sulla porta di casa e la sospinge delicata. Non l’ha chiusa la mattina e per questo la trova comunque aperta. Le sue condizioni sono pietose motivo per cui ora si accovaccia, le mani dalle dita affusolate corrono lungo i lacci così da liberarsene ed entrare scalza sul pavimento lavato. Fissa lo splendore di quella casa tirata a lucido, illuminata solo dagli oggetti elettronici e la luce della luna che filtra dalle finestre. Entrando trova Aozora poggiata a quella penisola che le fa da tavolo. Tutto il contenuto delle sue tasche viene appoggiato su quel legno laccato mentre la punta del piede destro sospinge dolcemente la porta alle sue spalle così da lasciarla chiudere. Cerca con lo sguardo Fuji, se c’è la marionetta allora l’ha davvero aspettata a casa. Ha letto il messaggio. Lo vede sul divano, l’occhio che viene lanciato al termostato. Va semplicemente ad aggiustare la temperatura, alzandola in modo da non aver freddo, anzi in modo da poter stare comodamente a suo agio anche mezza nuda. Si trascina a questo punto verso quella figura addormentata. Per quanto tenga sempre la temperatura al massimo in fondo al divano c’è sempre una coperta pelosa. I piedi coperti solo da un paio di calze in spugna spessa vanno a muoversi sul tappeto grigio. Si allunga e semplicemente flettendo il busto vorrebbe raggiungere la coperta, per l’appunto, che poi andrebbe a tirare sul ragazzo. Non parla in questo momento, preferisce lasciarlo dormire in pace.

23:33 Fuji:
 Chiude gli occhi. Combatte, li riapre. Le palpebre calano e si impongono. Dai, Fuji. Manco fosse andato effettivamente in missione, o si fosse occupato di qualcosa di così complesso. Eppure sente di essere esausto. Dev'essere tutto quello che ha vissuto nelle ultime settimane che ha bussato alle porte della mente per esigere che i debiti di sonno vengano pagati. Che noia, perdere il controllo. Anche quando l'unico pegno da pagare è l'addormentarsi. Ed i pensieri gli colano addosso, perdendosi in un oceano informe. L'ultima cosa che vede col terzo occhio è una scena immaginaria; compone alcune frasi, sceglie con gli occhi il luogo più propizio da osservare. Prepara il suo sguardo, aprendo le labbra perché sia visibile la lucentezza dei denti e la freschezza delle gengiva. Vanitoso, in un modo tutto suo. Pronto a dominare ogni situazione con quei suoi modi di fare quasi verginali. E avrebbe pronunciato mille sussurri e cento verità, e nulla sarebbe andato storto. Lei gli avrebbe dato quello sguardo dolce e profondo che nasconde sempre tra i cigli, e tutto sarebbe andato per il meglio. Ma in verità, alla fine di quella scena, prima di chiuder gli occhi, s'è sentito soffocare. Il pensiero del Dio, della guerra, della morte. Le mani del tempo lo cattureranno di nuovo per compiere ciò che è stato lasciato in sospeso: Saigo, la sua vita. Poi, un calore lo prende tutto d'un tratto, come una lieve fiamma capace di ravvivar le sue pallidezze. D'istinto, tende la mano destra in avanti - forse sfiorando solo l'aria - ma facendo cadere nel processo il telefono che s'era scordato di intascare. La somma di questi stimoli lo porta lentamente a riprender vita, sollevare un poco il mento ed emettere un breve mugolio prima d'aprir un poco gli occhi. Ancor prima di lei, vede i capelli biondi. Li fissa con la confusione caratteristica di chi, ancora stanco, si risveglia. Poi batte le ciglia, stringendo un po' le gambe tra loro. Gli occhi si muovono: la fissa. "Sei viva?" la bocca permane semi-aperta, con un che di interrogativo nel tono che rivela l'incertezza provata verso quella visione. Potrebbe essere tranquillamente un'allucinazione, per quel che ne sa dei propri pensieri. Poi, qualche istante ancora e le pupille si dilatano un poco, riprendendo coscienza dell'ambiente circostante e della situazione. L'occhio si abbassa sul telefono caduto e subito dopo si rialza. Deglutisce. Un senso di sollievo gli fa perder le preoccupazioni più gravi. Se anche fosse fasulla, questa realtà gli andrebbe bene, anche se durasse solo pochi altri secondi. "Bentornata" sorride appena. Anche lei sembra stanca, a giudicare dalle occhiaie. Eppure si era preparato a così tanti scenari. "Volevo dirti un sacco di cose" ammette. Pronto a parlare, spinge un po' col corpo sul divano per affondarci, coperto fino alle spalle dalla coperta da lei posata. ".." Con tutte le cose che vorrebbe dire ed ogni concetto viaggiante in lui finisce per rimanere con la bocca semi aperta a fissarla con aria ebete e un po' sorpresa. E' sempre così, quando dovrebbe dire qualcosa d'importante. Gli si stringe un po' il cuore. Poi, la osserva. Non vede ferite o sangue, solo quel lieve rossore della pelle su cui si sofferma. E rendendosi conto di non aver detto nulla sposta un po' gli occhi di lato, abbassando il mento, come preso da un qualche strano imbarazzo.

23:49 Saigo:
 Lo sta coprendo quando vede quella mano muoversi nel vuoto, sorride appena immaginandosi i suoi sogni, lasciando che la stanchezza porti via ogni gelosia, ogni sentimento corruttore di quell’amicizia tra di loro. Gode semplicemente della vista per poi voltarsi. Non si accorge subito d’averlo svegliata, stanca gli volta le spalle e va silenziosa a fare un primo passo, ecco quindi la voce di lui che risuona nel silenzio dell’appartamento. Si volta appena così da osservarlo, il sorriso pacato ancora sul volto. Annuisce semplicemente. Sì, è viva e nemmeno lo avrebbe reputato possibile fino a qualche ora fa, è stato difficile, ha dovuto costringere i compagni al silenzio, tenerli d’occhio e forzarsi per lavorare con loro e non contro di loro ma è lì. Esausta e forse provata più dalla paura che prova sempre quando sta fuori dalle mura che dalla fatica stessa di quella camminata. Lo osserva ancora qualche istante mentre si desta da quel sonno, lasciando che la luce lunare che filtra dalle ampie vetrate le fornisca tutti i dettagli di cui ha necessario, nutrendosene quasi e tornando agli anni passati in cui avrebbe volentieri passato le giornate ad osservarlo dormire senza pretendere altro. Mentre l’affetto dei ricordi la sommerge torna a girarsi, un paio di passi verso la cucina, i piedi che si muovono esausti godendo di quella morbidezza del tappeto prima di tornare sul freddo pavimento, il riscaldamento dell’appartamento intanto inizia a lavorare circondandoli di un piacevole tepore per ora <grazie> per averla aspettata, per aver sistemato la casa, per essere lì al rientro da una pessima giornata. Insomma grazie anche del bentornata, sarebbe superfluo declinare oltre quella parola, basta così per adesso. Giunta al frigorifero ne apre l’anta, davanti la poca birra avanzata e in teoria la pizza della sera prima. Ha fame e nessuna voglia di cucinare. La destra si stende in avanti mentre il busto va a piegarsi, i capelli ciondolano quindi tra le sue spalle ed il terreno mentre flette appena le ginocchia per non tirare troppo i muscoli indolenziti. La divisa della Shinsengumi ancora addosso, impolverata ma sempre piena di dignità, l’eleganza di quella semplice giacca unita al suo modo di vestire, rende decisamente onore a quella nomea di agenti scelti. Estrae quindi il cartone della pizza avanzata e voltandosi l’appoggia sulla penisola <hai fame?> domanda prima di tutto. Lei sì. Sempre e solo grazie al piede destro mentre si volta per raggiungere lo sgabello sospinge l’anta così da richiudere il frigorifero. Si siede dunque trovando finalmente un singolo attimo di calma per quelle stanche membra <parlami pure> lo osserva attraverso le ombre della stanza. Il tono è gentile e piacevolmente colpito ma non porta con sé curiosità o tono indagatoria, semplicemente attende di sentire, qualsiasi cosa debba dirle. Ha letto i messaggi e si è accorta di quelli cancellati, dentro vorrebbe solo interrogarlo ma non ha le forze per sentire questa impellenza. Potrebbe essere presa per pazza per i suoi riferimenti al Dio, solo Haru li conosce per ora e nemmeno lui è riuscito a considerarli come informazioni sicure, infondo è solo una frase che le rimbomba per la testa, eppure è una frase che la tormenta da un mese ormai

00:20 Fuji:
 Il suo volto illuminandosi al riflesso della luna e delle stelle prende una bianchezza quasi funeraria, gelido ed un po' livido. Si riprendere dalla confusione iniziale, dal pensare d'essersi perso nei ricordi e non nella realtà. Eccolo, ora è sveglio. I piedi da prima scalzi sfiorano il pavimento: vorrebbe alzarsi. Viaggia con gli occhi da una parte a l'altra del divano, cercando il bastone che in verità ha lasciato di fianco ad Aozora. Sbruffa un poco, vedendosi costretto a premere con la mano meccanica sul divano per alzarsi in un movimento affaticato. Poi, stando attaccato ad una delle pareti, si ferma. Gli occhi si abbassano sul telefono abbandonato a terra ma finisce semplicemente per guardar in direzione della cucina, ignorando un problema del quale si occuperà dopo. Non ha neanche il chakra impastato, costringendosi a porre il massimo delle attenzioni sulle sue azioni. Per altro, il calore inizia ad attraversargli la pelle e scaldarlo. Il brivido sul collo sparisce, ma le orecchie rimangono un poco arrossate. Eppure non c'è così caldo. Quella vaga stanchezza che prende entrambi rende i suoi intenti più deboli e ammollisce anche la forza dei ricordi in lui suscitati da ogni pensiero su Saigo. Ieri, una grande scena di sentimento ed impeti abbandonati; oggi una piccola scena quasi muta. Gli pareva di essere sincero nei sentimenti quando le ha mostrato il dito medio. E si è ritrovato invece a prepararle un augurio di buona fortuna tramite Haiku. Di tutte le ire non rimane traccia. Camaleontico, chimerico, incoerente, inconsistente. Lui e lei. Qualsiasi sforzo verso l'unità gli sembra vano. "Sì, anche io" Così preso dall'assenza di vita, circondato solo dalla perfetta Aozora, ha dimenticato di avere dei bisogni da soddisfare. L'idea della pizza molle del giorno prima non gli fa neanche così spiacere. O forse è l'idea che qualcuno gli porga un pasto. Strano. Sorride, tenendo la mano destra lungo la parete e trascinandosi fino al raggiungimento di una delle sedie di fianco a quella di Aozora, ancora in quella posizione di sonno. Prende posto, poggiando entrambe le braccia sul tavolo e lasciando che il capo si poggia al di sopra di esse. Fissa in direzione della fragolina, assicurandosi di spostare lo sguardo all'ultimo momento per dare l'impressione di essere interessato alle cose che le stanno vicine più che a lei. Parlami pure. Annuisce ed inspira un poco, piegando il collo perché un lato del viso poggi sul suo avambraccio destro, schiacciandogli un po' una guancia. "Volevo rispondere a tutto ciò che hai scritto." E senza la volontà di tener alte le armi gli sembra molto più difficile. Anche la sola idea di veder questa mancanza risposte e certezze come una battaglia gli causa una certa miseria morale. Tanto che tra le labbra scappa uno sbruffo divertito. "Però sei stanca. Forse dovresti farti un bagno. " Annuisce un poco, sollevando per pochi secondi il mento e puntando gli occhi verso la stanza dove è presente la vasca. "Dovrei farlo anche ad Aozora.." Dalla fuga l'ha davvero trascurata. Si è accorto di aver incarnato il ruolo di spietato carnefice di sè stesso e della povera creatura. Le labbra si schiudono. Attende due secondi. "E forse, preferiresti che io consideri il messaggio nullo" ricordando l'ultima parte di quell'SMS.

00:36 Saigo:
 Apre il cartone della pizza, distogliendo per un istante lo sguardo dal aragazzo, in attesa della risposta a quella domanda, lei ha davvero un sacco di fame ma teme di aver esaurito le scorte di gelato, non le resta altro che quella pizza se vogliamo essere sinceri. Ad ogni modo la mano destra si porta su quella pizza informa di cui ha dimenticatoi gli ingredienti e che in quella penombra non riesce a scorgere. Ne prende una bella fetta e alza lo sguardo, pronta a portarla al divano ora che lui ha risposto. Lo vede però arrancare ed avvicinarsi. Testardo. Si limita quindi ad usare la mano sinistra per allungare cartone ed avanzi in sua direzione. Un primo morso di quel freddo alimento in bocca, è talmente stanca che non saprebbe nemmeno dire se le piace o meno. Abbassa appena lo sguardo e mentre mangia si limita a sbottonare la giacca. Lascia che le ricada intorno alla vita, la penisola tra loro unita alla sua posizione non permettono all’altro di vedere poi così tanto, solo si intuisce la presenza del reggiseno di pizzo nero sotto, quella bralette solita che abbina alla giacca. Torna ad osservarlo attentamente, non si nasconde, convinta ormai che lui non provi nulla nei suoi confronti, tolta l’attrazione non si sente imbarazzata adesso che di base si è mezza spogliata. Annuisce lieve <dovrei sì> replica poco dopo aver deglutito e masticato quella prima palla di gomma. Si volta appena alla ricerca di Aozora, cogliendone appena le condizioni. Non ha idea di come faccia a lavarla e per un attimo la sua mente partorisce un poi tutto, forse lei non piace perché è troppo umana, forse lui la preferirebbe fredda e distaccata. Ma allora Nene? Lascia scivolare quel pensiero con la stessa velocità con cui l’ha raggiunta e si infila nuovamente la pizza in bocca. Mastica silenziosa guardandosi intorno prima di fissarsi su di lui, chissà se è lei ad avere qualcosa di sbagliato o se è lui. Se lo chiede a lungo mentre mastica lentamente quel boccone che poi va a deglutire <potrei lavarla io> suggerisce <in due in vasca ci stiamo> ammesso che lei possa andarci in vasca, uno sguardo su Aozora poco convinta, di cos’è fatta esattamente? Si gonfierebbe immergendola? Non sa darsi una risposta, quindi, lascia in sospeso quella proposta che suona tanto come una domanda. Le piacerebbe tornare a lavarsi con la sua compagna di classe, ricorda quei pigiama party, le terme insieme con i genitori che le pulivano e le aiutavano, insegnando loro come si diventa donne, come ci si comporta da madri. Le due bambine avevano le bambole da accudire ed imitavano i gesti delle madri, ridendo insieme. I ricordi vagano nella sua mente, sbiaditi riportandola ad un tempo lontano e più sicuro. Scuote poi la testa alle parole altrui, a quella frase finale <se non l’avessi detto non avrei avuto il coraggio di dire tutto, era più facile così> una piccola clausola dettata dalla paura di tornare viva ed essere isolata, presa in giro ed allontanata. La sua insicurezza che è tornata prepotente nel momento dell’invio, si è nascosta dietro ad una frase consapevole che se fosse morta senza mai confessargli i sentimenti e le sue paure se ne sarebbe sicuramente pentita <rispondimi ora se vuoi> già solo se vuole, ha detto che non vuole spaventarlo, che non vuole fargli paura e vederlo così scappare, non vuole essere aggressiva per quanto solo la sera prima presa dalla gelosia e dal desiderio d’essere cercata ha tradito quel suo ideale, non che adesso abbia davvero valore, è troppo stanca per rimuginare

01:11 Fuji:
 Una volta mosso abbastanza, lei gli va incontro. La mano destra s'allunga per prender il cartone di pizza e quanto v'è dentro, annuendo poi lievemente. Il cartone vien poggiato sul tavolo, afferrando una piccola fetta e iniziando a mangiar con piccoli morsi. Per quanto possa far schifo a chiunque abbia un minimo di pretese, lei non si lamenta e lui appare persino un poco felice. La sera della festa era così preso dai suoi pensieri e dal veleno allucinogeno da aver dimenticato di mangiare. Il viso si sposta su Aozora, fissa i capelli, piega un po' il capo di lato, cercando di intravederne le linee del viso nascoste tra le ciocche lapislazzulo. Poggia la fetta di pizza sul tavolo, sentendosi già soddisfatto dai quattro morsi dati. Si sente un po' in colpa a godere di tutte queste cose quando la marionetta non ha neanche modo di sentire il piacere del gusto. Neanche del tatto, se è per questo. O dell'udito-- ok. Basta. Più ci pensa e peggio è. Non sarà facile trovare una soluzione ad un dilemma così immenso. Del resto, è conscio di voler essere creatore di vita. Ed è un compito che notoriamente è destinato ai Kami. Quelli veri. Non semplici shinobi capaci di devastare il capolavoro della natura. Niente da fare. Le proprie attenzioni tornano a Saigo, volendo distrarsi. E ciò avviene proprio mentre la fragolina decide di sbottonarsi la giacca e fissarlo con così tanta tranquillità. Gli occhi scivolano sui dettagli estetici più celati ed un sentimento convulso lo assale. Fotti, Saigo. Vorrebbe dirlo ad alta voce, ma finisce per far battere la fronte sul palmo della mano sinistra, alla ricerca di un punto di fuga. Per quanto si sia impegnato a replicar vaga morbidezza sulla protesi, impatti così li paga comunque. Rimane tre o quattro secondi a contemplare il nulla e poi rialza il mento, con un vaghissimo rossore sulla fronte. Parlando di bagno e manutenzione, i pensieri lo pervadono un poco. Idee, desideri, tanto preso che riesce a fissarla con il suo sguardo solito da pesce morto. "E' un po' complesso. Però potresti occuparti di lavarle i capelli, il viso e le gambe, per togliere la cipria. " Son alcune delle uniche parti 'scoperte' della marionetta, che richiedono una maggiore cura. Poi, dovrebbe anche occuparsi di tutti i meccanismi interni e del cambio periodico dei materiali soggetti a tensione e deformazione. Ma ora, non importa. Nel miasma di pensiero, continua a parlare, conscio della duplice natura delle sue parole. In parte marionettista, artista, alla ricerca di realtà. Dall'altra: Fuji, il tipo un po' invertebrato. "Io potrei aiutare te." In viso immobile e nello spirito urlante, come se stesse rivelando un grande peccato o qualcosa del genere. Totale professionalità, Fuji Chikamatsu. L'obiettivo è il perfezionamento dei tuoi strumenti. D'istinto, prende la fetta di pizza lasciata lì e da un morso un po' più vigoroso. Mastica con la bocca chiusa e torna ad affondare la testa tra le braccia, nella stessa identica posizione della marionetta vicina. Indistinguibili, quasi. La sola differenza è l'espressione del moro, nascosta perché non venga contemplata che da sé stesso. Si prende il suo tempo. Poi, rialza il mento, perfettamente serio in viso. Con la mano destra afferra e si toglie il cerchietto da maid che ha ancora sui capelli, poggiandolo vicino alla pizza. Ha sentito quelle parole, che lo hanno spogliato della leggerezza. "Allora vado in ordine." Rispetto a quel messaggio. Solleva l'indice. Punto numero uno. "Mi piaci." Il fiato gli muore in gola, ma tiene uno sguardo perfetto e falsato, neutrale. Sono semplicemente fatti. Se li tratta come tale non dovrebbe essere così difficile. Poi, solleva il pollice. "Voglio bene a Nene." Continua, senza fermarsi. Solleva il medio. "Non ti odio." Solleva l'anulare. Gli cade di dosso quella perfetta maschera neutrale. Finisce sempre a non sapere più che dire. Abbassa ogni dito alzato. "So cosa non vuoi." Cambiare le cose, con la possibilità che sia un progresso negativo. "E ho deciso che lo rispetterò. Non rispondermi per forza, ignora queste parole se vuoi." Dal non sapere che dire all'aver troppo di cui parlare. "Perché per qualche motivo sei diversa." Lo è sempre stata. Da quando si impegnava a ignorarla ai tempi dell'accademia. Ha parlato un sacco. Arresto forzato del sistema, improvviso silenzio.

01:31 Saigo:
 Mangia tranquillamente lei, una sera come un’altra, stanno solo affrontando il discorso dei discorsi. Non importa adesso, si fa un altro morso di pizza e con la bocca piena sorride di rimando osservando lui. Sembra felice e questo basta, proprio come quella in cui risvegliandosi l’ha visto sorridere, sta facendo il suo dovere, sta mantenendo la silenziosa promessa fatta a tutta la classe, nonostante tutto è lì al suo fianco e lo vede felice per qualche istante. Non chiede altro. I suoi timori, i suoi sentimenti, svanisce tutto. Annuisce durante il discorso sulla marionetta fissando Aozora nei punti da lui descritti, certo immagina di dover fare attenzione e dover essere delicata. Deglutisce lasciando ora la crosta all’interno dello cartone, gettandola con poca cura <va bene, ti aiuto> annuisce convinta. Non è un problema portarsi la marionetta in bagno e lavarle i capelli, le sembrerà di essere tornata bambina, le piace anche l’idea di ritrovare quell’intimità tipica dell’amicizia che ormai è da molto che ha smesso di provare. Ha sete. Si alza come se nulla fosse e torna verso il frigorifero, due lattine di birra rimasta e qualche bottiglietta di soju dalla festa. Non ha acqua se non quella del rubinetto ma per essere una sedicenne ad alcool è messa più che bene non c’è che dire. Da le spalle a Fuji quando parla, solo qualche cenno per confermargli che è effettivamente attenta. A quelle prime parole perde l’equilibrio, mentre sta poggiata sull’anta del frigorifero, ancora in piedi la si vede palesemente ondeggiare, spostare i piedi in modo da non cadere, le calze che scivolano lungo il pavimento allargando la base d’appoggio. La testa le gira d’improvviso ed arrossisce. Non adesso, non così. Ha smesso di farsi carina per lui, ha smesso di attirare le sue attenzioni, è sporca, ora ha anche il dubbio di puzzare un pochino e lui dice quelle parole. Non le trova però coerenti, insomma perché, quali segnali? Inspira profondamente cercando di razionalizzare quelle parole, di mettere tutto in ordine mentre la destra finge di non aver problemi. Con la mano appena tremante flette in avanti in busto e raggiunge le birre. Una lattina presa esita sulla seconda. No meglio il soju è più pesante. Prese le bottigliette torna a voltarsi, poggiandole poi rumorosamente sul banco della penisola. Lo fissa e finisce di ascoltare quelle parole. Riflette con attenzione alla disperata ricerca di una risposta. Espone la sua pelle nuda e parte della bralette con la giacca aperta. Apre la bottiglietta dopo aver allungato la lattina al ragazzo <> chiude subito la bocca. Perché? Non è la domanda giusta. Allora perché tocchi lei? Nemmeno. Mi stai prendendo in giro? Nononono. Suona tutto così sbagliato nella sua mente. L’ha rifiutata così a lungo che per lei era normale pensare di non piacergli e adesso la sconvolge <hai dimenticato una confessione> si aggiunge all’elenco mostrandosi completamente paonazza e buttando giù un primo sorso. Si siede successivamente davanti a lui, cercando di usare tutto il suo coraggio per fissarlo <e se le cose fossero già cambiate?> domanda appena ha deglutito <ieri ero gelosa> lo ammette distogliendo appena lo sguardo <perché tutti mi guardavano tranne te> è vero. Aveva le attenzioni di Ekko, quelle di Nobu ma le sue no, lui era sfuggente <non voglio essere la tua fidanzata> ammette poi serenamente. No niente legami, anche se è già stretta a lui più di quanto sia sano si rifiuta ancora di accettarlo <ma…> la frase cade. Non ha la minima idea di come esprimersi e far capire la confusione nella sua testa <qualcosa> non lo sta fissando si nasconde timidamente dietro alla bottiglietta che adesso con entrambe le mani porta davanti al volto

05:54 Fuji:
 Il mondo non è se polvere alle sue spalle, dentro quella stanza. Ultimamente gli eventi che han agito come strazi uno alle spalle dell'altro l'han portato a realizzare qualcosa di più su se stesso e su chi lo circonda. Ha scoperto come diventare qualcuno e sta attivamente perseguendo quello scopo. Fuji. Chissà se un giorno riuscirà a scrivere i kanji di quel nome. Chissà se un giorno riuscirà a credere alla morte. Ma ora, guarda l'ombra proiettata da Saigo sull'appartamento; gli occhi distinguono ogni componente e la colorano. Le lunghe gambe lisce; l'essere esigue delle ginocchia agevoli, la forma del petto e delle braccia. Poi, l'odore profondo, meno spiacevole di quel che pensasse. Non che sia un Inuzuka, ma i suoi sensi son stati affilati da lunghi addestramenti. E' un riflesso incondizionato, qualcosa di cui si rende conto quando ci pensa. Così come spostando un po' gli occhi sul vero corpo si accorge dei rami del collo e poi del colore sanguigno delle labbra. Il bianco dei denti e il rosso delle gengive s'esalta quando da l'ultimo morso alla pizza, lasciando poi andare la crosta nel cartone. La vede riallontanarsi verso il frigo e si ritrova a rifletter su ciò che successivamente viene pronunciato. Ecco, conosce i problemi in questo tipo di eventi. Se non altro esser avido frequentatore del teatro delle marionette gli ha lasciato qualcosa. Una grande amicizia preserva dall'indugio nel vano amore, difende in qualche modo la mutua libertà. Pronunciando quelle parole sta dando conferma a sè stesso sulla natura del timore e rimorso provato verso di lei. Tutto ha origine da passione soverchiatrice, che gli provoca un istintivo bisogno di celarla e l'illusoria volontà di soffocarla. Eppure le fenditure dolorose son già state riempite da qualcosa di perfettamente allineato, come si fa con i tronchi tagliati ai quali viene rimarginata la ferita con un ramo selvatico. Avvicinando la mano di carne al viso sfiora le palpebre un po' stanche, scendendo sul proprio collo e toccando anche le vene delicate. Dopo aver pronunciato tutte quelle parole ha la sensazione che sollevare la temperatura sia stata una pessima idea. Guardandola quasi barcollare non gli vien da ridere, in quanto è conscio che se fosse anch'egli in piedi la reazione sarebbe la stessa. Sente di essersi fatto scappare qualcosa di troppo. E vedendo la pelle altrui farsi rossa una sensazione unica s'insedia in lui e cresce fino alla pienezza. Sente la sua intima sostanza sfuggirgli da una fenditura irreparabile, quasi come si stesse portando via il sangue, le ossa, gli organi stessi resi una miscela gassosa abbandonata col fiato. Ha dimenticato una confessione. Senza esitare neanche un istante allunga il braccio meccanico e afferra la lattina data, aprendola con un colpo del pollice ed iniziando a bere fino al rimanere senza fiato, forse per giustificare più facilmente la fiamma rossa che gli corre sotto la pelle del viso. Sedendosi lei, lui trova l'energia per mettersi dritto. Gli occhi rimangono per un po' bassi, sollevandosi in concomitanza al parlato ricevuto. Lei era gelosa. Chiude gli occhi, come se le ciglia avessero preso fuoco con quelle parole. Pochi istanti, alzando poi il suo viso di creatura chiusa in sè stessa. La paura della felicità è infinitamente più grande della paura dello strazio e della morte. Lei lo sa già. "Un po' di tempo fa Nene mi ha chiesto se immaginarti con altri mi facesse male." Ricorda quelle giornate con una lontananza che le farebbe sembrare distanti anni, seppur in realtà siano forse passati due mesi, o qualcosa di meno. "Le ho detto che non mi fa male. Ma che è strano pensarci. Ieri ho provato la stessa sensazione. Non so più cosa dire o guardare. E penso che non abbia senso combattere per qualcosa che non posso avere." Vive dentro di se un silenzio che ogni volta diventa la più profonda pausa della sua vita. Viola il mistero dei ricordi abbandonandosi a quel bagliore che ora investe dall'esterno lei. "So cosa non vuoi." Ripete le parole pronunciate pochi secondi fa dopo la dichiarazione d'intenti altrui, con le ciglia che coprono lo sguardo affranto. E quando lei nasconde un poco il viso, lui prende le proprie labbra tra i denti alternamente, inumidendole d'una stilla tratta con uno sforzo penoso dal fondo della gola. Gli occhi paiono aver perso la pupilla, tremante. Segnato per altro dalle occhiaie che sembrano un prolungamento stesso dei suoi colori naturali, tanto in contrasto col pallido viso da esaltarne i pregi. Alza lo sguardo alle ultime volontà altrui, cercando gli occhi cremisi, ma trovando solo la bottiglia di Soju. 'Qualcosa' finirà per ferirlo. Sotto le costole sente già il becco di un avvoltoio invisibile che gli lacera il fegato. Qualcosa senza tutto. Oppure nulla. Soffrirà comunque. E' come ricevere una pena di morte e sapere che presto si riceverà la data d'esecuzione. Non ha che scegliere se avere nulla e rimaner serrato nell'ostilità e nel sogno; o se prendere 'Qualcosa' e godere del tempo rimasto. Ha la sensazione che se fosse stato semplicemente Fuji allora avrebbe atteso immobile la fine. Ma ora, è anche Saigo. E' anche Nene. Anzi, una parte di loro. Quella che ammira di più. Lui è il prodotto di altri prodotti, ed anche questo suo modo d'essere è destinato a collassare prima o poi, quando il vestito indossato cadrà. 'qualcosa' non suona così male. Silenziosamente si alza, utilizzando la mancina ed il tavolo come punti di stabilità e portandosi di fianco a lei. "..andiamo in bagno" Tende la mancina, offre il palmo meccanico.

13:16 Saigo:
 La mano meccanica la sfiora mentre passa la lattina, il freddo vicino al calore delle sue dita, lo osserva appena chiedendosi per un solo istante se sarebbe dovuta restar lì ed esitare, richiedere un contatto. Le parole del ragazzo esprimo un sentimento i gesti continuando a dire altro, esattamente come quando si sono ritrovati nel market, solo che lì erano i gesti a confonderla più delle parole. Però l’ha detto, deve fidarsi, non può fuggire da quell’idea che si accorge procurarle piacere. Gli piace. Dopo tutti questi anni è possibile che parte di quella bambina sia ancora lì da qualche parte e che ora stia festeggiando. Una parte di luce in quella miseria di ombre di cui si compone e fa scudo. Qualcosa è meglio di niente? Lo ferirà con quelle semplici parole? Davvero è stato giusto esprimersi e dire cosa ne pensa? Tante le domande che scorrono su quel volto nascosto dalla bottiglietta, mentre cerca un riparo per non dover sostenere lo sguardo e l’eventuale delusione del ragazzo. Lo sente però in quel discorso e pian piano lascia scendere la bottiglietta, apre appena le labbra tornando a fissarlo silenziosa e fa un sorso. Perché la vita non è mai semplice? Non se lo domanda davvero, un istinto passeggero che la sfiora appena e la abbandona velocemente così come quella stanchezza che pian piano sembra svanire. La tensione torna a dominare il momento, non ha modo per abbandonarsi al sonno, abbassare le sue difese. Tutto torna a svegliarla, le urla di aprire gli occhi e fare estrema attenzione ad ogni passo. Eppure lui non è geloso. Almeno questo è ciò che comprende dalle sue parole, forse non deve farsi troppe domande. Era pronta a cambiare per il rapporto, pur di tenerlo al suo fianco si è dichiarata pronta a lasciare che tutto si modificasse ma adesso esiste uno spiraglio che non le fa paura, cambiare poco. Può essere ciò che desidera aggrappandosi con tutta sé stessa a quella fittizia libertà di cui ha bisogno, non legarlo, poter continuare a dichiararsi libera seppur il suo cuore sia poi affrancato a quello di Fuji, altrimenti non starebbe nemmeno qui a farsi tutti questi problemi <eh?> esclama alla fine allontanandosi appena di lato. Scattando in piedi. Imbarazzata più che spaventata <cosa…> sì ha proposto qualcosa ma una richiesta così non se l’aspettava di certo. Insomma in bagno cosa vuole fare in bagno, lavarla davvero? Guardarla con Aozora? Immagini che si sommano nella sua mente, che si rincorrono dando vita a piccole scene una più imbarazzante dell’altra. Ma è disposta a fare qualsiasi cosa per quel sorriso? Lo ha promesso e sa quanto la faccia stare meglio vedergli in volto quell’espressione. Espira appena questa volta, un passo in sua direzione, allunga la mano destra verso quella del ragazzo, andando a toccare il suo palmo <a…> balbetta appena preda di quell’imbarazzo <aspetta> alza solo ora lo sguardo <io> e mo come lo dice? Lei che fa la grande, la grossa, che sotto consiglio di Nene più o meno ci prova con chiunque, lei che sembra sempre sicura di sé <io> prende un profondo respiro. Non riesce a dirlo guardandolo negli occhi quindi svicola, cerca solo la bottiglia di Soju poggiata sul legno laccato di bianco <non ho mai baciato nessuno> una semplice ammissione di cui in realtà nemmeno si vergogna ma che per qualche motivo le era rimasta bloccata in gola. Il loro bacio. Quello sfiorarsi veloce di labbra la colpisce come un pugno nello stomaco <non davvero almeno> tace. Il viso ormai completamente rosso. La sua mano in quella del ragazzo stringe appena il palmo di Fuji mentre parla. Ora è abbastanza sicura che lui dirà solo che stava scherzando, la paragonerà ancora ad un animale e se ne andrà ridendo.

14:16 Fuji:
 Cammina in silenzio, già dal principio, seguendo lo stretto sentiero attorno a quel tavolo e raggiungendola. L'odore della birra e del Soju si espande nell'aria, mentre l'animo si contrae convulso sotto quella specie di possente turbine di sensazioni. Gli occhi neri e vasti s'affacciano erroneamente su di lei, spostandosi immediatamente verso la finestra più vicina per osservare i deboli fanali del cielo. L'ombra di lei cade nel suo percorso, investendo in parte lui e causandogli un che di incerto e incognito. E rimane così, in piedi ed immobile, vicino eppure estremamente lontano. Non ha idea di cosa farebbe se non venisse assecondato. Non fermezza ma ebrezza; non silenzio ma clamore. Forse è solo affebbrato, data la stanchezza. Le domande scorrono in lui contemporaneamente al momento in cui scorrono dentro di lei, creando un parallelo dominato dalla sola tensione. La differenza è che all'esterno il moro rimane impassibile, acqua che scorre. Non sa più nulla e non da più nulla per conosciuto. Non sa se si trova in cima l mondo o semplicemente dentro a un labirinto. Il passo permane cauto, come dopo aver vissuto una vertigine. Trova il coraggio di guardarla. Paragonarla ad un'allucinazione della ragazzina che per lunghissimi periodi l'ha impestato più di ogni altro compagno d'accademia. Il mondo è andato avanti. Per qualche motivo prova un senso di amarezza. Lei si solleva di scatto, cambiando i giochi di luce ed orientando ad arte ogni bagliore e ogni ombra perché ciascuno dei due prenda a sè un ugual tono di chiaro e scuro. Nella conca dell'orecchio viene assordato prima dal battere del vento sugli ampi vetri, e poi dalle sillabe create in riscontro alle proprie parole. Sono attimi lunghi, terminati e resi silenziosi dal contatto tra la mano di carne e quella artificiale. I pensieri sfumano sostituiti dalla voce della fragolina. Con un lieve tremito arriva a sorridere, trasmettendo una bontà tale dal rischiarargli il viso. La testa è un poco inclinata verso la spalla sinistra e le ciglia son state serrate in maniera tale dal dargli un'aria limpida. Fresca. Come se fosse solo lei a percepire la pressione di quel momento. In realtà, ha caldo. La violenza dei desideri si attenua grazie al timore di ferirla; o essere ferito. Quando lo sguardo di lei si sposta sotto la pesantezza delle parole, il Chikamatsu cerca un nuovo appiglio per gli occhi, trovandolo nella sua mano sinistra che vien stretta. Deglutisce; e le sue dita d'istinto vengono piegate per stringere la piccola forma che ben conoscono. Preso dalla sensazione che l'Agente Scelto potrebbe venir meno, stringe un po' quella presa, la mantiene, poi la sospinge per farle perder equilibrio e ridarle lucidità. Ma le parole son già state pronunciate, la confessione sul bacio e quella maniera d'esprimersi che fa intuire l'esistenza di un duplice significato. Il vento soffia più violentemente sulle finestre, ma veramente pare che nessun suono possa ora giungere dall'esterno. "..." Si volge alla propria destra, traendola per la mano, senza parlare. Seppur lento, stabile, raggiungendo la parete su cui è costruita la porta del bagno. Poi si ferma, dinnanzi alla porta ancora serrata. Ha la sensazione che il perdono e la stanchezza si stiano tramutando in abbandono. Il senso sopraffae lo spirito. E a poco a poco, tutto ciò che rimane visibile a lui è la porta e lei. E' solo ora che da fermo tornerebbe a tirarle un po' il braccio, per spingerla ad invadere il suo spazio e obbligarla a cercare stabilità oppure far sbattere lui sulla parete. "Ora o dopo" pronuncia, ponendo una domanda, dando una risposta e ponendo infine due scelte; dando per scontato significati e sfumature di quanto pronunciato. "Io" Lui. Attimi di silenzio. Raccoglie le sue volontà, fissando la pelle esposta con più tensione nello sguardo. "voglio toccarti" Non a caso le ha teso il braccio meccanico. Così non può rendersi ebbro d'arte, di sensazioni. Della morbidezza e del calore della pelle. "Apriamo?" La porta della stanza vicina viene osservata con la coda dell'occhio. Non se la sente di prendersi da solo le responsabilità di quel gesto. Gli sembrerebbe quasi un'ammissione di colpa. Aozora, non ascoltarlo.

14:35 Saigo:
 Si lascia trascinare, lo segue quasi passiva con i piedi che si muovono, rossa in volta incapace di leggere oltre alla sua espressione. Sente solamente quella stretta sulla sua mano destra, quasi dolorosa e capisce. Non vuole farla scappare, si sta aggrappando a lei. Questo gesto è in grado di comprenderlo ed analizzarlo. Segue quelle luci, proiettano le loro ombre andando fino al bagno. Cammina mentre la mente si annulla completamente, muove stabili i passi osservando ed ammirando segretamente la resilienza che lo sta portando ad arrancare, portarsela dietro nonostante tutto. Quanto orgoglio appare da quei semplici passi, considerata la sua situazione non c’è altro modo per definirlo se non forte. Ai suoi occhi lo è sempre stato e torna semplicemente a ricordarselo. Sospesa nel tempo non si rende nemmeno conto di essere giunta alla porta, la strattona appena. Non se lo aspettava, l’equilibrio va a perdersi ma non vuole farlo cadere, non vuole fargli male quindi il piede destro si fa avanti, invadendo quello spazio e lasciando che il peso ricada su di esso. Si sposta in avanti quindi, si avvicina completamente a lui. Troppo vicina e al tempo stesso ancora troppo lontana. La mente non da segni di volerla aiutare, dubbi e timori che si sommano l’un l’altro e finiscono in qualche strano modo per annullarsi. Lo guarda negli occhi e lo ascolta. Come l’ennesimo colpo da incassare le parole del ragazzo la raggiungono. Sta lasciando tutto in mano a lei, non sa nemmeno come fare. Farà schifo baciarlo? Le piacerà? Come funziona? Troppo domande, meglio non pensare più, meglio annullarsi e lasciare che sia il suo corpo a reagire. Lo stringe ancora, senza lasciare quella mano metallica unico effettivo contatto tra di loro. Si sfiorano e sono estremamente vicini ma non c’è pelle unita in questo momento. Esta appena, se possiamo chiamarlo esitare mentre si perde con lo sguardo nella sua vita. Quelle labbra le sono piaciute quando scherzosamente le ha sfiorate, perché non riprovare. Non le sfuggono però le implicazioni di un gesto tanto semplice. La sua mano sinistra si muove alla ricerca dell’altra libera di Fuji, vorrebbe solo stringerne il dorso, essere lei ad assecondarlo. Vuole toccarla, lo ha capito. Quindi eccola che se fosse riuscita andrebbe solo ad annuire lievemente. Non deve spaventarlo. Non ha nemmeno idea di come poterlo fare in questo esatto momento quindi eccola considerarlo un cerbiatto nello stesso modo in cui considera sé stessa come un animale selvatico ed impaurito. Si muove piano cercando di suoi occhi per lasciare che sia quel senso di fiducia a trasparire dalle iridi rosse. Se fosse riuscita quindi ora prenderebbe la mano del ragazzo e la sposterebbe, lievemente, con una leggera pressione così da suggerire la direzione ma senza costringerlo davvero. Inspira profondamente e appena trema per la tensione che sente, non ha intenzione di riflettere sui mille stimoli che il suo corpo prova, finirebbe per perdersi in essi. Guidando attraverso il dorso quella mano a lei conosciuta vorrebbe solo far in modo che il palmo altrui si appoggia sul suo fianco sinistro, lì vicino alle ossa del bacino che spuntano in quel corpo magro e allenato. Che tocchi la sua pelle morbida, resa lievemente ruvida dalla terra dei monti ardenti, che senta. In quel momento, nell’istante in cui si toccano davvero andrebbe appena ad aprire le labbra trattenendo il respiro. Questo è diverso a tutte le mille volte in cui per scherzo si sono toccati, ha tutto un significato diverso <ora> replica semplicemente alle sue prime parole. Lo sguardo poi corre verso la stanza vicina. Vuole aprire? Non lo sa. Teme cosa succederà oltre a quella porta ma ancor di più teme cosa potrebbe non succedere tenendola chiusa. Prima o poi dovrà rischiare, fare un passo avanti e chi meglio di lui? Annuisce quindi a quella richiesta cercando solo di svincolare la sua mano destra da quel tocco. La porta scorrevole, se si fosse liberata sarebbe anche semplice andare a farla aprire, sospingendola appena con l’indice della mano, di quel braccio destro allungato. Ha più paura di perderlo che di cambiare

15:29 Fuji:
 Soli, più di prima, lui certamente invaso da un tremito interiore che si fa insostenibile. Il conflitto della ragione gli suggerisce tutte le implicazioni dei gesti, gli sussurra senza dolcezza cosa voglia dire apprezzare la pelle di lei similmente a come fa con le sue creature. E gli vien suggerito come ciò sia diverso. Del resto, si occupa di Aozora con amore e passione, ma senza istinto. Guidato da una logica fredda, come se anche egli fosse una marionetta programmata per eseguire dei compiti. Ed ora c'è ben poco che possa far da reminiscenza alla ragione, rendendo la sua volontà simile al rombo che pare sia in fondo alle conchiglie; simile al rumore delle sue vene. Distante, ma possente, forse grazie all'evoluzione naturale dei sensi. Chissà se anche lei può sentirlo, ma giurerebbe e scommetterebbe di sì. Vicini a quella porta scorrevole, perde forza quando anche la mano di carne vien presa, stretta e poi riposizionata. Avviene tutto rapidamente, e poi improvvisamente rallenta quando entra a contatto con le carni del bacino. Vuole parlare, ma non riesce ad esternare se non con sguardo sommesso e sorpreso la propria reazione. Tanto è profonda la sensazione che prova a contemplare la vita, l'accarezzare l'immagine voluttuosa, che ogni altra percezione si restringe. Il suo organismo vive e muta, così come i pensieri. Ora o dopo diventa una cosa estremamente relativa. Tutto ciò che riesce a emettere dalle labbra schiuse è un soffio destinato a cadere sul vicino petto ansioso. La stretta si fa un po' più forte, come a testare l'elasticità della pelle, smanioso di una reazione che ricerca da prima nello sguardo e poi nel punto toccato. Poi, occasionalmente, allenta la presa, comunicando indirettamente il suo strazio interiore e finendo comunque per farsi consumare dall'impulso di tornare a stringere. Assorto nella percezione tattile, potrebbe lasciare un breve rossore su quel corpo allo scivolar del palmo ancora più in alto e in profondità. Segue verticalmente la linea del corpo altrui, sentendo una certa tensione crescere ogni istante. Gli occhi salgono, da prima sul collo. Alcune pulsazioni visibili dalla carotide e qualche contrazione convulsa gli danno indizio che provano probabilmente stimoli simili. Poi, sale. Si ferma sulle labbra e le pupille si perdono quando queste s'aprono senza che lei prenda alcun respiro. 'Ora'. Ora. Sembra quasi inutile sentirlo. Subitamente solleva la destra lasciando che scorra sulla pelle altrui, la fa passare lungo i fianchi sfiorandole con le dita la schiena, presso il deltoide; poi, parte della collina del seno. Poi il collo, delineando con la punta delle dita lo stesso percorso delle vene tenui che traspaiono. Improvvisamente, istintivamente, le tiene il mento. E poi col pollice andrebbe a calcare al centro delle labbra. I cigli di lui, lunghi, spandono dal cavo degli occhi un'ombra che tocca la parte superiore delle gote. Gracile come un fiore, fine ed infantile, ma ora un po' meno. Da quando le cose son diventate così dolci e tristi? In qualsiasi caso, dovrebbe esser riportato alla realtà dal cenno altrui e dal conseguente svincolarsi. La porta viene aperta, con la mente che ripasserebbe i segnali dati da tutti i cinque sensi. Un po' alienato, decide così di entrare per primo quando gliene viene data la possibilità. E se ancora fosse a contatto allora avanzerebbe col piede di guerra, guardando dritto la larga vasca in legno presente ed il rubinetto. "Chiudi?" Non dovrebbe essere una domanda, ma viene presentata come tale. Tenterebbe così di staccare anche la mancina, per avvicinarsi al centro della stanza dove sosterrebbe sé stesso facendo toccare entrambe le ginocchia alla vasca. Il busto si piega un po' in avanti, una mano si allunga, aprendo il rubinetto. Rimane poi indeciso sul come muoverlo per regolare la temperatura. Ci vorrà anche del tempo perché la vasca si riempia. Calda, fredda, tiepida? "a-" si volterebbe appena, cercando Saigo con lo sguardo, sperando in una risposta. Ma forse la sua domanda non è neanche comprensibile. Acqua fredda, per ora. Osservando ancora lei, ma più impegnato a percepire il ricordo del tocco avvenuto pochi secondi prima.

21:26 Saigo:
 Quel tocco, quella stretta, la pressione che aumenta e diminuisce sulla pelle candida. Non respira. Le risulta tutto estremamente strano, diverso rispetto al solito. Appena il contatto viene meno sul suo ventre si vedrà il segno rosso e caldo di dove l’ha toccata, una pelle estremamente sensibile che spesso si porta appresso i segni più insignificanti, sente però vibrare quel particolare punto, lo sente andare a fuoco non per dolore oc ose simili ma proprio per quello che il semplice contatto con la mano altrui ha sprigionato. Non sa cosa fare. Si limita a fissarlo mentre apre quella porta. Lo segue entrando confusa, dubbiosa. Il bagno rappresenta sicuramente qualcosa, ma non sa cosa. Seguirlo o non seguirlo? Solo a lei la decisione adesso. Esita appena limitandosi a fissarlo mentre si muove per quel bagno, l’acqua che inizia a scorrere. Beh deve lavarsi lo sa anche lei, ma non pensava di puzzare così tanto. Confusa fa qualche passo per entrare, annuisce a quella richiesta e si limita a chiudere la porta alle sue spalle. Lo osserva iniziare a far cadere l’acqua, non fa però caso alla temperatura da lui scelta sta cercando di capire ma soprattutto è semplicemente persa nella sua figura. Le domande che si accumulano nella mente, la mano sinistra che va a sfiorarsi lì dove la pelle si è arrossata a causa di quel contatto. Trema appena, un tremore che non ha nulla a che fare con la paura, la tensione si fa nuovamente strada in lei, proprio come in quella notte, adesso però sa di piacergli. Non che sia abbastanza per calmare i demoni che continuano a farla dubitare, sa di potersi fidare di lui ma una piccola parte le sussurra che sbaglia ad affidargli così tanto. Non dice altro semplicemente muove le sue dita lungo il corpo, lungo i lembi di quella giacca che ora andrebbe ad abbassare dalle spalle. Esanime lascia le braccia ricadere ai suoi fianchi permettendo alla gravità di fare il resto. Si mostra a lui con quella bralette nera. Deve lavarsi? Non sa bene come agire ma si muove. Un passo in avanti verso di lui, verso la vasca e le dita veloci che corrono lungo la vita, sui pantaloni. Un gesto che ormai è abituata a fare e la gravità colpisce ancora, mostrando solo quell’intimo abbinato. Si scioglie dai pantaloni con quell’ultimo passo che la porta in sua direzione. Trema? Qualcosa di simile, il corpo viene scosso mentre il respiro si fa più affannoso, le labbra appena aperte, il pizzo la riveste, il nero contrasta con la pelle estremamente chiara e lei ora è immobile <cosa?> domanda solamente. Cosa vuole fare? Fin dove la condurrà? Cosa deve fare lei per assecondarlo. Tante domande che vengono racchiuse in una sola. Difficile decide ora mentre quasi si stringe, le mani che vanno a convergere davanti al suo ventre, nascondendosi appena. La ferita sulla coscia si è del tutto rimarginata lasciando solo un ricordo sbiadito lungo la coscia, diversa storia è per la bruciatura ancora in via di guarigione sul braccio destro, esposta ora, non più pelle viva e sanguinante ma solo sangue rappreso, raggrinzito, una forma più scura rispetto a qualsiasi altro colore che indossi. Un fiocco di neve macchiato dal dolore. I capelli ricadono lungo il suo corpo esposto accarezzandola ma soprattutto accogliendola, dandole quel poco di sicurezza che le sta permettendo di non correre fuori <parlami> anche se vorrebbe sembrare più sicura la sua suona come una disperata richiesta d’aiuto. Convincimi a restare, distraimi prima che la paura di sbagliare prenda il sopravvento, prima che le mie insicurezze mi facciano fuggire

22:21 Fuji:
 L'acqua fredda scorre, sfiorandogli un po' il pollice della destra, utilizzato per controllare la temperatura. Si volta un poco per guardare in viso il suo pensiero fisso, con una specie di voluttà interiore, con uno sguardo segreto di significato che la esamina e s'impunta silente sulla spalla ferita. D'innanzi al ricordo a quella ferita legato gli vien un piccolo sussulto al cuore. Però ha fatto bene a mantenere per l'acqua una temperatura fredda, spostata un poco perché diventi adesso poco meno che tiepida. Spiacevole per un corpo poco abituato ma certamente non in grado di ricordar a lei il dolore delle carni bruciate. Inoltre, a lui non dispiace l'acqua fredda. Attende, spostando nuovamente gli occhi e comportandosi per un momento come fa normalmente quando è solo a casa. Si muove, cerca una spazzola che dovrebbe aver sistemato da qualche parte vicina, balza da un cassetto all'altro per trovare in anticipo quanto gli potrebbe servire. Poi, sistema tutto sul soprammobile più vicino alla vasca. Si sente il cuore riempito di una tenerezza insolita alternata ad una violenza istintiva. Lo preme un bisogno desolato di veder le sofferenze altrui cessare, e si nutre dei momenti nel quale le gote altrui vengon prese dal lieve fiore del sangue sotto pelle. Poi, le vesti cadono. Ripensa a quella strana ansia che l'aveva invaso quando ha osato rompere la barriera dell'indifferenza con lei. Gli piaceva, non avere alcun tipo di tensione. Ma c'è qualcosa in questo stato di sofferenza condiviso che segretamente preferisce. 'Parlami'. Non gli viene nessun pensiero ricevuta quella domanda. Come avrebbe potuto dar voce al suo silenzio? La domanda lo assale. Poi, nell'ebrezza, sente la risposta esser pronta a straripare. Ma non osa rispondere immediatamente. Pur nel suo turbamento profondo sente come fossero particelle visibili in aria il panico e lo sconforto, sente di star camminando lungo un filo molto sottile. Eppure, speranzoso. Forse il cambiare le cose, il loro rapporto, è il metodo per ritrovare intera l'umanità deformata e menomata dalle miserie vissute da entrambi negli ultimi dieci anni. "..." Annuisce, guadagnando tempo. Tenta d'ingannare il rimorso con speranze e vaghe tendenze. Ma è dominato, davanti all'immagine di lei, da aspirazione fisica. Forse è quel lieve tremolio visibile in lei, o il respiro affannato. Tutto richiama ad una tensione che dentro il bagno diventa un po' più elevata. Ma lei è Saigo. La conosce. Ancora una volta sa cosa non vuole. E forse, se non fosse così umile, vorrebbe dire di sapere anche cosa lei voglia. Ma sa che al giorno d'oggi potrebbe sbagliarsi. Se le facesse un torto irreparabile e le desse un motivo d'odio non si perdonerebbe, specialmente dopo aver preso coscienza di cosa anche la propria coscienza non desideri. Gli occhi corrono sulla pelle mostrandosi all'apparenza privi di tono ed espressione. Ma il sangue che gli corre sotto le gote rivela una parte dell'arcano della mente. L'acqua continua a discendere, riempendo per metà quel largo contenitore di legno e permettendogli di veder il proprio riflesso distorto. Tutte quelle cose ovvie paiono avere una vita profonda quando la sua. Quasi vergognato da sé cerca di sfuggita con l'occhio fruscio, tremolii, mutazioni perpetue in quell'essere. La memoria della sensazione provata dal toccarle la pelle è così vivace che i nervi ancora ricevono il fantasma di quell'impulso. Deve anche dirle cosa vuole fare. "Se provi paura, fuggi." Alla fine la passione si ritira sotto il peso del sentimento più forte. Il legame durato anni ed anni. Che ha trasceso la morte almeno una volta. "Lo capirei." Lo capirebbe. E rimane immobile a fissar l'acqua scorrere come a darle il tempo di uscire. Se deve soffrire comunque, prima o poi, gli piacerebbe farlo avendo fatto prima qualcosa di buono a lei. "Hai fatto abbastanza, per me. Undici anni fa, all'accademia, mi sono sentito felice. Lo devo alla tua testa dura." Muove qualche passo, andrebbe quasi a ruotarle attorno, sfiorandole il braccio sinistro con la punta delle dita della mano destra con l'intento di tenerla informata anche mentre è alle sue spalle della propria posizione. Ora che sarebbe dietro di lei, fissa per poco i capelli sciolti. Dall'esterno può esser sentito il suono della pioggia che batte sulle finestre del palazzo. L'atmosfera si mistifica un po'. Poi, solleva la mancina, tenendo la gemella ancora a contatto col braccio altrui. Le sfiora i capelli, spostando lentamente un gruppo di ciocche verso il centro della schiena per rivelare la trama di pizzo della bralette. La sfiora. Risale poi con le fredde dita meccaniche sulla base del collo, delicato, soffermandosi. "Se vuoi.." Il dito scivola dal collo per toccare uno dei lacci elastici, sospingendolo lentamente perché raggiunta la spalla possa cadere da solo. L'altro laccio, se riuscisse, sarebbe facile da far cadere, ma non lo sfiorerebbe. E' come se stesse condividendo una parte di sè, quella più strana, intima. E gli sembra naturale che a lei, così viva, possa sembrar spaventoso. le labbra si schiudono nuovamente, terminando quanto iniziato "..posso farlo anche io, se mi aiuti." Abbassa gli occhi nonostante non ci sia ancora un diretto contatto visivo, nascondendosi tra le ciocche. La vasca è piena a tre quinti, ormai pronta.

22:42 Saigo:
 Non le dona una risposta, solo si muove. Lo osserva quasi magneticamente catturata dalla sua figura, da quel suo ostinarsi a non mostrare mai nulla. Deve leggergli dentro, imporsi passo dopo passo per comprendere cosa succederà. Il rumore dello scroscio d’acqua riempie il loro silenzio, mentre discende in quella vasca di legno. Allunga gli occhi combattendo con quella parte di sé che ora vorrebbe solo fuggire lontano. Cambiare le cose non è mai un bene. Ma sono già cambiate. Il suo peggior incubo è proprio questo limbo indefinito tra passato e futuro, un presente incerto di cui non può scorgere la direzione, non sa come finirà e questo la spaventa ma resta lì salda. Fissa l’acqua sperando sia abbastanza calda per accoglierla. Lui intanto prepara tutto il necessario, allora vuole davvero aiutarla a lavarsi come aveva detto all’inizio, quasi non crede ma da una parte sembra rilassarsi, davvero vuole solo questo da lei? Non è difficile accontentarlo, se solo non fosse lei in questo esatto momento a sperare in qualcosa in più. Perché non la tocca più, perché non la bacia più? Egoisticamente preferirebbe quei gesti, quella semplice realtà, la normalità di un rapporto. Invece è lì, mezza nuda davanti a lui, lasciando completamente il potere nelle sue mani, il più grande gesto d’affetto che sappia concepire è proprio lasciare il comando a qualcuno che non sia lei. Non sta decidendo nulla, serba per sé le sue speranze e null’altro. Arriva dunque quel tocco, tra i suoi capelli, sulle sue spalle sull’elastico. Guarda davanti a sé stessa, non ha ancora fatto abbastanza, non ha ancora così paura <resto> glielo comunica mentre lo sguardo va a portarsi sulla finestra del bagno. La luna nascosta dalle nuvole della pioggia che scorre sul vetro, osserva le lacrime del cielo ritrovandosi a non comprenderle, come può piangere in un simile momento? La bambina in lei è felice adesso, sa di averlo al suo fianco, sentire quel tocco la fa esaltare ma è l’adulta che tituba pur arrabbiandosi contro le nuvole. Non è il momento per piangere adesso, bisogna solo continuare e vedere dove li condurrà, come osa il cielo compatirli di già, con quale coraggio si mostra triste davanti a questa immensa fiducia che si stanno mostrando. Sorride alla sua confessione mentre la spallina cade lungo il suo braccio. Si muove così da liberarsi da quell’impedimento. Lui è stato felice grazie a lei, questo è un buon motivo per sentirsi felice. Le mani si incrociano davanti al petto ed ognuna prende un lato diverso di quell’indumento. Senza ulteriori indugi andrebbe solo a farlo scivolare oltre alla sua testa, lasciando che l’ombra alzi i capelli e poi si muova attraverso quel mare di rose. Lo sente successivamente poggiarsi proprio tra i suoi capelli e quella proposta poi. Arrossisce ma finalmente ha capito. Andrebbe solo a voltarsi, la pelle d’oca lungo la carne nuda, il freddo che la colpisce. Lo osserva, sorridente. Si avvicinerebbe dunque cercando di andare a prendere del calore anche dal suo corpo, <vieni con me> ed è con queste parole che nuovamente le mani si muoverebbero, verso i lembi del suo indumento. Andrebbe a prenderli, stringerli qualche istanti, respira velocemente, tormentata da quel momento indefinito di tensione che sta iniziando ad apprezzare. Cercherebbe dunque di far scivolare la maglia dalla testa del ragazzo, alzando semplicemente le braccia e trascinando tutto con sé. Se fosse riuscita adesso andrebbe lei a prendere l’iniziativa. Scoperto il petto del ragazzo si limiterebbe a poggiare su di esso la fronte, inspirando profondamente. Si sfila ciò che le rimane e approfittando di quella vasca farebbe un singolo passo per entrare, inginocchiandosi subito dopo per nascondere parte del suo corpo. Tende quindi le mani, entrambe verso di lui <raggiungimi> sorride. Non devono fare nulla che non vogliano, non sono costretti, entrambi liberi di fuggire in qualsiasi momento, l’ha compreso. Un brivido che l’attraversa a causa dell’acqua fredda, lo sopporta.

23:23 Fuji:
 L'ombra già occupa quelle forme, portandolo a sforzarsi per distinguere distintamente la macchia dell'ustioni. Le suggestioni delle basse luci soffuse creano vagamente un fantasma del corpo vivo di fronte a lui: una forma decisa ma eterea, con un capo biondo e sanguinoso. Alcuni pensieri, rapidi, senza legame l'un l'altro, gli attraversano la mente. Rivede nei sentimenti che prova una luce che gli balena negli occhi portandolo a ricordare ancora di più sul passato. I visi nascosti dai veli neri; le pallide e piccole mani dei morti. I funerali della classe 21-A. Chissà perché ha pensato direttamente a quelli. Poi, pensa al dirupo di Keimusho. Voleva raggiungerlo, poco più di una settimana fa. Ha immaginato fisicamente l'urto del corpo sulla pietra. Rabbrividisce, provando una ripulsione angosciosa che va mischiandosi alla dolcezza strana di quel momento. Riprendendosi, incontra gli occhi di Saigo fissi su di lui. Grandi e smisurati. Gli pare di poter leggere quello che esprimono. Per un momento allunga le braccia, le tende come a voler mettere le proprie braccia sotto quelle altrui, per stringerla forte contro il suo fianco. Ma ciò non è che un'immaginare balenata in testa, una luce pallida che potrebbe emergere ed essere visibile per un momento. In realtà, allungate le braccia, le solleva per aiutare lei a spogliarlo di quell'indumento bianco. Ed in un attimo la parte superiore del suo corpo è nuda. La mano meccanica viene esposta completamente e sollevata per coprirgli con fare obliquo le carni del petto, come a velarsi in preda a pudicizia. Poi, prendendo esempio, si fa coraggio. Rivela la pelle né calda ne fredda, senza grana o asperità, senza spessore, liscia. Quasi come se fosse un rivestimento pronto a cadere. Il tessuto si spiega e rivela, la pelle si corruga insistendo sugli organi, rivelando i complessi itinerari che legano ogni muscolo. Sente di star mettendo a nudo più della sua carne, una parte dello spirito. Pelle e luce sono in realtà l'ultima barriera issata per proteggerlo, per nascondere lo spirito: ciò per cui realmente percepisce una vaga vergogna. La vita stretta in quel corpo che nella sua asciuttezza si rivela magro. Gli addominali emergono appena e son visibili opaci le costole e le ramificazioni del collo. Una statua grezza, scolpita in materiali che non erano destinati all'uso. Sarebbe dovuto rimanere in quel lettino d'ospedale, se non nel campo di battaglia. Però lei è lì, ed ha deciso di non fuggire ma bensì poggiarsi sul suo petto. E' in grado di sostenerla? Nonostante basti così poco per farlo cadere. Nonostante la grande ombra proiettata alle spalle. L'attimo è uno e viene eternato da ogni luce. Alla fine annuisce un poco. Lei entra per prima nella vasca, gli sorride. Vede la pelle reagire alla freddezza, si fissa sul brivido e rimane immobile, come sorpreso. Non nasconde neanche quell'attenzione, semplicemente poggia una mano al bordo della vasca e lentamente solleva una e poi l'altra gamba per sfilare gli indumenti residui. Le da per tre quarti le spalle, mostrando le linee della schiena, il collo preso da un brivido, le gambe esili e ogni altro dettaglio di quella figura slanciata. Poi accetta quell'offerta. Prende le mani e s'immerge nell'acqua fredda. E' abituato, ma la reazione fisiologica è identica a quella altrui. Porta le ginocchia verso il petto e si sistema ad uno dei lati della vasca, fissandola. La tensione torna a farsi fisica. L'acqua lo aiuta a velare il calore della pelle, dissipandolo. Gli occhi si abbassano su quella figura e sente la necessità di stringersi un po' di più nello spazio angusto. Potrebbero anche passare minuti di silenzio, che non gli peserebbero. Le iridi nere trovano poi le ramificature del collo altrui, la forma dell'addome e delle gambe. "Io non so baciare" Non sa farlo. "Però" Alza gli occhi, fissa le labbra, quella bocca probabilmente ancora schiusa. Il suono del proprio sangue nelle vene gli rimbomba nelle orecchie. "però." La mano destra si solleva, sfiora il proprio fianco sinistro. E gli occhi riflettono la natura di quel gesto, impuntati sul fianco sinistro di lei. Che silenzio, ora.

23:43 Saigo:
 Si è poggiata, con delicatezza e ha osservato poi quel corpo nudo. Lo ha visto per la prima volta seppur non sia davvero la prima volta che ne scorge le forme. Ma ora ha tutto un altro sapore, un gesto differente nel suo palato mentre osserva quella fragilità che ancor di più riesce a confermarle la forza altrui. Lei non si sarebbe mai rialzata. Ma ora lui è lì. Tende le mani e lo aiuta ad entrare in quella vasca, similmente ora si adagia nell’angolo opposto fissandolo. Un tempo farsi il bagno nuda con lui non era che una strana mania da bambina, un sogno di cui non poteva concepire la reale intimità che in quel momento si sta formando. Lo osserva, incapace di sfuggire ai suoi movimenti e tace. Lascia che ogni parola superflua muoia nella sua stessa gola. L’acqua fredda è quella che lambisce la maggior parte di quel corpo, seduta con le gambe portate sul petto a coprire l’effetto della temperatura bassa sulle sue forme, l’effetto persino di quella situazione. Si stringe mentre si mostra completamente, senza rendersene conto sta lasciando che lui veda ogni singola crepa di quell’apparente sicurezza con cui si riveste ogni istante della sua vita. La stanchezza è ormai stata dimenticata dietro l’angolo della porta. Si muove infine, coraggiosa gli si avvicina, lascia che le ginocchia si poggino sul legno e poi sposta il busto in avanti, l’acqua, seppur fredda diventa il tramite di quel contatto e mentre il silenzio resta tra loro lei usa le sue mani come una bacinella, gentile si avvicina e lascia poi ricadere tutto sulla pelle altrui, iniziando dalle gambe. Lo lava in un certo senso, con quel gesto di estrema attenzione e cura che da piccola gli adulti riservavano a lei. Non vuole farlo scappare, non vuole spaventarlo. Si muove delicata quindi mascherando quell’egoistico desiderio d’esser toccata e di toccare, delicata lo accarezza mentre l’acqua ricade lungo la pelle di Fuji. La conversazione poi riprende, in quella posizione si ferma, immobilizzandosi di colpo. Nemmeno lui sa baciare. Arrossisce, se ancora fosse possibile, davanti al ricordo della sua prima confessione, è nato tutto così. Ricorda quando gli ha proposto di provare, forse è solo colpa sua se le cose sono cambiate, tutta colpa di quel corpo che non riesce a controllare e che adesso la spinge ad avvicinarsi. Può toccarlo? Può avvicinarsi oltre? Poggia le mani, allargandole, sul legno accanto ai piedi altrui e si avvicina ulteriormente a quel volto che ora cattura la sua attenzione <forse possiamo imparare assieme> torna a dominare quella parte di lei, prepotente e desiderosa di qualcosa, seppur ancora non sappia dire cosa. Non è la prima volta che sogna le labbra, non il primo di cui brama il corpo ma è l’unico da cui non scappa, non si ritrae a quel contatto e soprattutto la sua mente è sgombra da qualsiasi altra immagine, nella sua testa c’è solo ciò che vede e sta vivendo. Si sporgerebbe dunque appena più in avanti, guardandolo a lungo mentre cerca di raggiungere quelle labbra. Lui si tocca il fianco, lei invece cerca solo il bacio. Lenta, in modo da poter essere fermata in qualsiasi istante andrebbe a protendersi nell’altrui direzione, lo fisserebbe fino all’ultimo istante, per assicurarsi di non scorgere timore in quel viso su cui luci ed ombre giocano rendendolo desiderabile e assolutamente perfetto. Non ha mai pensato una cosa simile ma ora non c’è altro che desideri. Tremano appena le braccia che la sostengono a causa di quel rischio, la paura del rifiuto è sempre lì, la tensione poi non aiuta a renderla salda ma se ci fosse riuscita ora poggerebbe le labbra su quelle di lui. Un contatto che accompagnerebbe alle palpebre che calano, concentrata su ciò che proverà ora non ciò che vedrà. Lo dischiude appena quel bocciolo di rose prendendo l’iniziativa ma continuando a lasciare a lui il potere

11:44 Fuji:
 Si muove il meno possibile, per non increspare eccessivamente i riflessi distorti in quella vasca. Il viso è fermo in quanto espressione, senza sorriso, con il braccio sinistro completamente nudo posato ad uno dei bordi di quella vasca. Le sue ultime parole son state pronunciate con una leggerezza e tono che va in pieno contrasto con la gravità e profondità che sente in verità pendergli sullo spirito. Il suo nudo è isolato nello spazio, contiene ombre che per tre quarti lo coprono e per un quarto lo esaltano, rivelando un corpo immobile, un nudo che conduce ad un erotismo crudo, un sapore nuovo per loro che fino a poco tempo fa non avrebbero pensato nulla di momenti simili. Forse non si è mai soffermato ad osservare, perché gli sembra assurdo pensare di spostare gli occhi. Ed è strano sapersi osservatore mentre contemporaneamente, quasi audacemente, espone se stesso in una postura di riposo ma anche di concentrazione pensosa. L'acqua fredda non è particolarmente capace d'evidenziare i profumi ma gli par quasi di respirare i fumi residui dalla distillazione di un alcool, diventandone lentamente ebbro. Gli specchi dell'acqua diventano più interessanti, ed emettono un fine luccichio vitreo, una mobile trasparenza che viene utilizzata quando lo sguardo non è abbastanza coraggioso da rimanere fissato su di lei. Sussulta appena, stringendo le dita della mancina ai bordi della vasca quando viene gentilmente bagnato da un po' di quell'acqua. E' abituato al freddore, allora perché la pelle sembra contrarsi e rialzarsi? Come se qualcosa dall'interno volesse balzare fuori e fuggire. Giurerebbe di non essere lui. Lui non sente di morire, anche se crede che forse sarebbe stato meglio esserlo. Le ciocche bionde, rosa, diafane, immerse nelle vaga luce e un po' nell'acqua lo attraggono. Il colloquio incessante tra la sua anima e l'oceano in cui annega lo fa sentire debole, perduto. I piccoli movimenti del corpo increspano l'acqua, rapendo parole mai pronunciate dalle labbra. Il busto è appena incurvano verso di lei, rivelando la sua lunghezza e sinuosità. Guardandola, sente nelle orecchie un rumore continuo e prolungato che porta con se una parte di lui, come se qualcosa di sonoro sfuggisse dall'intimo della mente per riempire la stanza circostante. All'improvviso, la proposta. La faccia si risolleva, esangue, con gli occhi alterati da un che di ebbro. Forse potrebbero imparare assieme. Il petto canta ogni segreto con quel suo a lungo gonfiarsi e sgonfiarsi. Per un momento guadagna terreno immergendo di più il petto, le braccia e anche parte dei capelli nell'acqua, opprimendosi. Ritirata strategica. Eppure, nel moto altrui, in quell'avvicinarsi convulso, si ritrova a risorgere quasi immediatamente, porgendo la bocca, la gola e anche le palpebre socchiuse. Le mani s'allargano entrambe ai bordi della vasca, forse trovando le altre per sbaglio: tese, come se stesse cercando d'allontanare qualcosa, ma strette, come se tentasse avidamente di tenerlo stretto a sè. Poi: gli occhi. Quel movimento è tanto lento da poter essere letto. Chiunque dei due esiti porterà l'altro a fermarsi. Una luce macabra e dolce cattura la parte inferiore della pupilla. Un piccolo fremito gli muove allora le labbra, come se stesse preparandosi per il contatto; ed il suo sangue scorre rapido come se sentisse la presenza dell'altra fluire e mescersi a sé. In quei illusori minuti di incertezza un'ansia gli avvolge le membra e lo tortura di un dolore a cui sente attrazione. Certi suoi abbandoni son così inconsapevoli, così pieni di grazia e freschezza da rivelare che dietro gli occhi diventati tanto cupi c'è ancora qualcuno che non ha mai provato ogni piacere. C'è uno spirito che seppur invecchiato conserva il suo aroma indistruttibile, lo splendore sincero della giovinezza. La fiamma della passione dalla quale si sente falsato, intristito e artificiato. Pochi istanti prima del contatto un ginocchio viene distanziato dal petto, più disteso, col gemello che invece andrebbe ad esser spinto sul suo interno coscia, strofinando la pelle e nascondendo malamente qualcosa di lui. Le pupille si sgranano un poco, tremano. Tra vergogna e passione, incapaci di spostarsi più da qualsiasi altra parte. Le labbra stanno per toccarsi, e lui non cala ancora le palpebre. Fissa quel viso mentre i due fiati potrebbero ormai miscelarsi. La vicinanza è tanta che per illusione ottica vede le ciglia altrui allargarsi e quasi attaccarsi tra loro. Forse dovrebbe chiudere gli occhi? Sì. Fa calar le palpebre, che muoiano! Ma la vita s'impone su di loro quando il contatto avviene, così lento ed incerto. Le labbra si toccano e per la prima volta non si tratta di qualcosa di etereo, ma eterno. O forse è lei ad assumere funzione eternatrice? Il sapore è dolce, tanto che affogar in quel momento sarebbe per lui una di quelle morti esteticamente elevate, artistiche. Tutti i suoi dubbi si sollevano e gli urlano negli orecchi. Perché godere di qualcosa se prima o poi soffrirai comunque? Così sbagliato. Così illogico. Così..umano. E' questo che sta diventando? Che sciocco. Lo sa. La bocca lotta in quel tepore finché l'altra non viene aperta un po' di più. Ed ora? Non sa che fare, con quella bocca. Ma seguendo il desiderio esposto prima le sue mani cercano d'immergersi nei capelli, accarezzarne lentamente la profondità quasi per afferrarla, per impedire che si ritragga troppo in fretta. Eccolo, provare a morderla con le labbra, poggiando appena la lingua tra i denti. I sapori finiranno per mischiarsi comunque, generando un solo sapore di frutta matura, tremanti come la luna specchiata sui laghi. Una mano, infine, scende, passando dietro l'orecchio marchiato e poi al collo, ripassandone la trama in quella lenta ricerca del ventre, al quale arriverebbe senza passare per i fianchi, con il palmo ben aperto ed il pollice lontano dalle quattro dita quasi unite, pronto ad applicar un po' di pressione per tastar la pelle ambita.

15:52 Saigo:
 L’acqua è fredda. Così fredda che potrebbe tranquillamente giustificare i brividi che percorrono tutto il suo candido ed arrossato corpo. Il sangue che pompa con forza finendo per scaldarle le carni, dandole un insolito calore è solo dovuto a quelle gelide acque in cui ora è immersa, in cui si muove, le estremità che si fanno più fede lasciando che il corpo riscaldi solo la parte centrale, non è dovuta alla situazione a quello strano bagno con Fuji, no è il freddo. Solo il freddo giustifica ogni sua azione, si nasconde dietro a quel dito sperando quasi che l’altro non percepisca la realtà dei fatti, cercando di nascondersi ma così patetica da volersi svelare al tempo stesso mentre lo fissa e si allunga verso il suo volto. Un bacio. Solo un bacio. Solo un bacio? Non sa più nulla. Lei che ha sempre tutto sotto controllo, lei che si muove sempre dopo attenta pianificazione consapevole di dove la porteranno i suoi gesti in questo esatto momento è abbandonata al più semplice e basilare degli istinti. Il cuore e la ragione sono stati quasi accantonanti, stufa della continua lotta tra di loro, delle voci discordanti che l’han tormentata per ora si protende verso di lui. Mentre si avvicina lo vede effettuare quella ritirata strategica, che la stia rifiutando? Non ne ha idea ma non si sofferma sul dubbio, quasi istantaneamente riemerge e non si perde in inutili analisi, non è adesso il momento per riflettere deve solo ascoltare il suo corpo. Trema appena, il ventre stesso viene scosso da piccoli movimenti, ma è il freddo, può senz’altro dare la colpa a quell’acqua. Le punte dei capelli intanto nuotano intorno al suo corpo nudo, come un fiore di loro ha intorno la sua ninfea a proteggerla, la tiene a galla e ne esalta maggiormente la bellezza di quel volto dalle gote colorate di rosso, le labbra che sembrano quasi gonfiarsi, pulsare dolorosamente alla ricerca di qualcosa di misterioso quanto spaventoso ma così interessante da spingerla ad agire. Sboccia e si mostra mentre si fa sempre più vicina. Esita una frazione di secondo, un ultimo dubbio passeggero solamente sulle sue abilità e poi riprende velocità, compiendo quell’ultimo tratto come a recuperare il tempo perso. Dischiude appena i petali e lascia che le labbra si tocchino. Non si tratta solo di quelle adesso. Non c’è alcuna voce a guidarla mentre per la prima volta sperimenta quel viscido contatto. A freddo potrebbe ritenerlo addirittura disgustoso e sporco ma è l’istinto sopito in lei a condurla, muove lentamente i suoi muscoli, lascia che lui possa percepirla, toccarla. Si sente trascinata in quel momento mentre la mano dell’altro va tra i suoi capelli, si sente desiderata. Ora davvero. Lo percepisce con estrema chiarezza per via della forza con quasi la tratterebbe, non prova però a discostarsi assecondandolo e lasciando che la passione l’attraversi. Sorride lievemente quando il dolore passeggero l’attraversa per i denti altrui sulle sue labbra, le piace e ricambia lasciando che la sua lingua giochi con lui. Se la desidera che allora non faccia altro, ne vuole di più. Il fiore che preme per sbocciare ed essere il più bello di tutti, non sa baciare è la prima volta ma qualcosa le suggerisce di lasciare che lui si senta sempre assetato, mai soddisfatto. Essere desiderata con quella forza proprio da lui sembra riempirla completamente, scacciando l’oscurità da ogni suo angolo. Vibra la sua pelle sotto la mano altrui, si ritrae appena il ventre come se stesse trattenendo il fiato per sembrare più magra, si gonfia subito dopo, un tremore che la scuote che con la pausa non ha nulla a che vedere. Solo un bacio. Questo è davvero solo un bacio? Dubbi, timori, perplessità e tutte le sue insicurezze vengono a galla, ricordandole quanto è orribile in realtà, quanto immeritevole di tutto questo sia. Ma lo vuole. Confusione nella sua mente. Si staccherebbe a questo punto. Lo fissa mentre il sorriso svanisce e si ritrarrebbe <è fredda> una scusa, solo una scusa come un’altra <ho sonno> un’altra patetica scusa. Cercherebbe dunque di uscire dalla vasca. Qualcosa c’è stato ma la verità è che non è in grado di andare oltre, non oggi e non adesso è tutto così complicato. Non riesce nemmeno a riconoscersi, ha paura per l’ennesima volta. Persino con lui. Uscirebbe dunque dalla vasca, senza nemmeno preoccuparsi di rivestirsi o asciugarsi. Alla porta si arresta e prima d’aprirla andrebbe solo a sfiorarsi con i polpastrelli le labbra. Un nuovo brivido: perché una cosa così bella e giusta la sta spaventando così tanto? Vorrebbe davvero avere una risposta <buonanotte> l’ennesima scusa. Correrebbe quindi a letto, immergendosi in quelle coperte morbide ma leggere. Da le spalle al bagno ma lascia lo spazio a lui nel letto. Se volesse raggiungerla e dormire, non lo chiude fuori. Chiude poi gli occhi cercando di sedare il tutto con il sonno, andrebbe a toccarsi poi lì, ripercorrendo i movimenti del ragazzo, sfiorandosi dove i suoi polpastrelli sono stati, anche dietro alla nuca, curiosa di quel primo movimento fatto. Alla ricerca di qualcosa ma soprattutto di quelle strane sensazioni [forse end?]

17:28 Fuji:
 Il mutamento dei comportamenti è qualcosa che nella sua incomprensibilità riesce sempre a confonderlo; un enigma che lo tortura. Lei lo vuole, ma non vuole troppo. O forse non vuole, e sta venendo influenza da quegli istinti che inizialmente il marionettista stesso ha definito essere animaleschi. Poi, le domande ricevute dagli altri. Da Nene, per esempio. Gli risuonano alla mente. Cosa prova a pensare a certe cose? Deglutisce. Forse dovrebbe semplicemente confessare le sue nuove miserie. Una nuova infezione avvelena lo spirito. Che sia geloso? Da chi l'ha preso? Che importa. E' pronto anche ad ogni più atroce sofferenza; conosce il martirio che lo aspetta, sa che i supplizi dati da questi pensieri non sono nulla di fronte alla terribile croce alla quale lo spirito è legato. Un orologio ticchetta ricordandogli che prima o poi sarà davvero sveglio, davvero infelice. Dovrebbe continuare ad utilizzare il tempo saggiamente. Ed ecco che stranamente, come accade a volte, le circostanze iniziano a rassomigliarsi, riscontrarsi. Gli sembra di star vivendo adesso il giusto proseguo a quanto quella sera stava iniziando. La luce cupa è tanto simile e la casa effettivamente è la stessa. Gli occhi si abbassano, la fissano. Lei è nuda. L'ha toccata. In realtà la sta ancora toccando. La notte è lucida ed umida. La sala dove è presente la vasca è illuminata; lui è ancora là, a guardare in giù verso il chiarore dell'acqua su cui si riflette il proprio pallido viso ed oltre il quale può veder altro di Saigo. Un po' trema. Ed è difficile ripetere l'espressione tragica che gli fanno addosso tutte le luci e i sentimenti. Le ombre danzano e giocano su di lui, torturato da un'ombra informe. Torturato da tutte le cose che certamente torneranno a galla. Ha come un principio di cattiva ebrezza; un'istigazione sorda a fare qualcosa di audace e irreparabile. "..." Eccolo, quel bacio. Lungo. Pieno dello stesso fascino che ha la perdizione. Segue il ritmo delle labbra, le sfiora, fa per allontanarsi e poi ci si getta nuovamente. Le schiude. Le chiude. Deciso. Indeciso. Passivo. Aggressivo. La lingua danza a quel ritmo alterno. Eppure, sente ancora l'istigazione sorda che s'alterna alla voce della propria coscienza. 'Tu sai quello che non vuole'. E gli occhi si spalancano un poco, in concomitanza al momento nel quale lei si stacca. C'è freddo. Avrebbe dovuto alzare la temperatura. Ma le avrebbe fatto male a quell'ustione residua, forse. Gli occhi seguono i pensieri, ma infine si abbandona alla confusione poggiando la schiena sulla vasca. Al sonno non avrebbe comunque potuto porre rimedio. Lei si solleva, la vede. Vede ogni cosa. Penetra persino la pelle. La bellezza del suo sguardo forse non sta nella sua sola finezza ma nell'essere capace di esser disinvolto. Assorbire i pensieri, cancellarli. Renderli più propri che altrui. Frivolo e calmo, anche quando non lo è. Anche ora, momento nel quale tutte le torbide sensazioni provate gli risalgono al cuore come un'onda di fango rimescolata. Le parole gli risuonano ancora. Sa quello che lei non vuole. Lo sente, forse perché ha rubato un po' della sua essenza, rendendogli possibile associare i propri sentimenti a quelli altrui. Il gesto è impetuoso, rompe il silenzio. Avviene poco prima che lei si sfiori le labbra, poco prima di aprire la porta. Si solleva utilizzando come principale la mano sinistra e inclinando un poco la vasca nel processo, facendo cadere dell'acqua e per poco cadendo anch'egli. Non aveva altro modo, se voleva fare in tempo. E' nudo. Anche lei è nuda se è per questo. Il pensiero gli balena addosso e sparisce spinto dalle esigenze. Allunga il braccio destro tentando di tirar appena lei per il bicipite, così che forse, data la sorpresa, la costringa a ruotare un po' il busto per tenersi in equilibrio, finendo inevitabilmente per vederlo. Un po' convulso, pallido, con lo sguardo alterato da una specie di tensione e smarrimento. Non ha niente da dire. Voleva solo assicurarsi di prenderla e farla voltare. Gli occhi si abbassano dove le braccia dovrebbero aver avuto contatto. Poi si risollevano. Silenzio breve. "Ricordatelo." Solleva l'indice, portandolo di fronte al naso. Se fosse insignificante parrebbe invitarla al silenzio. In realtà, il significato è ben altro: punto numero uno. E' sicuro che lei capirà. E forse tenterà di convincersi che lui intenda solo il silenzio. Va bene così. La lascia, non che ci fosse alcuna vera presa. E poi rimane lì. Gli occhi vagano per gli interminati spazi della vetrata visibile ora con la porta aperta del bagno. Poi, vede Aozora, ancora sul tavolo. D'istinto la mancina cade sotto la vita per nascondere i suoi gioielli, con un'espressione vagamente indignata alla sua marionetta. Chiude la porta del bagno, ancora con lui dentro. Prende il telefono. Senza esitare si immerge nell'acqua ghiacciata e questa volta s'assicura che emerga soltanto la punta del naso e una mano tesa col telefono. Sfiora le proprie labbra con indice e medio e poi scende sul petto, sfiorando l'addominale destro e poi i fianchi. Segue l'incavo delle costole, così da avere un metro di paragone alle sensazioni ancora frescamente impresse al tatto. Poi altri pensieri lo prendono. Decide dunque di affondare completamente nell'acqua, fino al rimanere senza fiato. Poi, riemerge. Torna ancora a toccarsi. E nuovamente si immerge. Ad un certo punto accende il telefono e naviga Ninjagram, guardando il profilo di Manami e riflettendo. Poi, cambia, cerca altre cose. Ripete questo ciclo altre tre o quattro volte prima di uscire dalla vasca e ripeter un processo simile di fronte al solo specchio presente. Ad un certo punto calano le palpebre, ed il sonno torna a imporsi ricordando il debito lasciato. Se ci sarà spazio sa già dove infilarsi. Poi, il giorno dopo, uscirà nudo per il corridoio alla ricerca di un cambio nel proprio appartamento. {se end }

Saigo torna al suo appartamento dopo la missione per conto della Shinsengumi e trova Fuji svenuto dal sonno.

Si sveglia, parlano, tensioni; e finiscono per farsi un bagno assieme.


Dal diario della droga di Fuji

labbra
bacio
vasca
occhi
freddo
momento
davvero
corpo
bagno
realtà