"The Fugitive" 追われる身
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Giocata dal 16/03/2021 18:16 al 17/03/2021 02:55 nella chat "Centro di Kagegakure"
[Megastore] È una giornata come tante altre, di norma non vi sarebbe alcun particolare motivo per trovarsi lì, in quel posto abbastanza affollato da poter risultare stretto, fastidioso, ma a quanto pare quando si parla di sconti particolarmente convenienti utili per poter far scorte di cibo, allora vale la pena sforzarsi di uscire dal proprio cunicolo affrontando i raggi del sole che di solito la invitano pigramente ad uscire, tutt'ora con scarsi risultati. Eppure, è oramai da qualche giorno che la giovane Naomi ha deciso di tentare di impegnarsi per crescere, maturare, cercare di responsabilizzarsi e diventare effettivamente in grado di badare a se stessa in tutto e per tutto, vuoi per le questioni di sangue vuoi perchè è semplicemente lo scorrere incessante del tempo che presto o tardi porta chiunque a crescere, ci sta provando veramente, tanto che appunto oggi è lì da sola, in un quartiere quasi mai visitato prima d'ora e senza nessuno ei suoi soliti due gatti ad accompagnarla, una questione tanto sottile quando futile agli occhi altrui, ma ben più tragica dal punto di vista della Uchiha che permane tutt'ora davanti al grande ingresso del konbini a più piani, alimenti e prelibatezze istantanee di tutti i tipi all'interno di quelle alte mura, sicuramente un luogo di perdizione ed infinite etichette colorare di tutti i tipi, ma la gente che entra ed esce passandole ai lati, in quel suo rimaner lì imbambolata a guardare verso l'alto come ad aspettare un qualche messaggio dal cielo, gli mette una certa ansia ed un filo di sottile disagio addosso, tanto che finisce per stringersi nelle spalle affossandosi nel proprio telefono retto nella dritta > Coraggio Naomi.. Puoi farcela.. < ha bisogno di un minimo di autoconvincimento, un sottile sibilare e sussurrare a bassa voce, soffia sulle labbra sottili quelle parole socchiudendo gli occhi per qualche istante sospirando pesantemente per poi inspirare , guardandosi intorno un'ultima volta per convincersi ad entrare, l'ultima esitazione nel cercar di racimolare un altro po' di audacia. È abbastanza nascosta dal rosso e spesso cappuccio che sormonta i capelli verde acido, riconoscibile giusto da quel crine particolare e dai lineamenti riconducibili da chi familiare a lei, corporatura snella avvolta in un rosso felpone di almeno due o tre taglie più grandi della sua, decorata con motivi bianchi da 'strada' che non attirano troppo l'attenzione; Felpa che cade su dei pantaloncini neri non troppo lunghi, decorati da una serie di cinturini e cinghie dall'aria moderna ma senza un effettivo e pratico senso, gambette fasciate da delle spesse calze nere che la fanno sembrare un poco più asciutta di quanto già non sia, senza contare le grandi scarpe sportive di quegli stessi tre colori a completare il tutto. Osa un passo ma ne compie soltanto mezzo, non ancora, un tizio che parlava al telefono gli passa di fianco dandogli una spallata non da poco, non esageratamente forte ma comunque abbastanza da scuoterla, e farla desistere dal proseguire ancora per una buona manciata di secondi, strizza il musino e solleva istintivamente le mani davanti al petto ma fortunatamente è ancora in piedi. Ed alla fine, eccolo lì. Parecchio lontano dai lussuosi grattacieli dell'Oasi e contemporaneamente distante da quel che precedentemente era il suo stato mentale caotico. E' il suo sguardo un'incarnazione del silenzio oscuro della lontananza: solo, un po' per scelta. Il telefono è appena visibile attraverso un rialzo nel tessuto dei pantaloni, ma è spento, da oltre un giorno ormai. C'è qualcosa di pacifico nel lasciarsi alle spalle la realtà, ma ci sarà qualcosa d'ancora più dolente nel momento in cui dovrà riaffrontarla. I suoi occhi, all'ombra dei lunghi cigli, sembrano soffusi come d'un olio purissimo e sottile. La bocca, un poco aperta, tiene esposto il color della carne più sanguigno. Ha indosso una giacca di panno azzurro cupo, guarnita d'un nero lucido sugli orli, sul collo dritto e su le maniche; un ricamo elegante. Tiene una mano nella tasca; e con l'altra, quella sinistra - meccanica - porta avanti il bastone da passeggio che nasconde la Shirasaya, permettendogli di muoversi ad una velocità sì penosa, ma costante. Una piccola passeggiata, in un luogo che gli è venuto in mente di visitare: un grande mercato. Il vento soffia sul suo viso smuovendo una manciata di lunghe ciocche nere ch'emergono da un cappello - anch'esso in panno - ben affondato sul capo. E così s'avvia in mezzo a genti sconosciute e non può far a meno di soffermarsi di tanto in tanto sui loro visi e corpi, preso da quel richiamo ed impeto all'arte del marionettismo che lo vedrebbe rendere ogni cosa attorno a lui un po' più bella di quel che realmente è. Si trascina verso l'uscita del konbini, ritrovandosi un po' per caso ad osservar la scena d'un uomo che batte sul prossimo senza curarsene. "ah.." Affascinato da quanto possa esser scortese uno spirito. Non è forse esso una delle cose più alte che possediamo? Se non la più alta? Come può allora apparir così rude e brutto? Se non altro, è certo che lo spirito delle sue creazioni non sia tanto scortese. Sotto la giacca indossa una camicia e dentro di essa, da qualche parte, tiene diversi fuuda che contengono alcuni dei suoi oggetti personali e delle sue monete. Al polso della destra, appesa senza nessuna particolare fatica, vi è una busta in plastica dalla quale emerge la sagoma di quattro o cinque lattine. Un occhio attento e familiare riconoscerà che esse non sono nient'altro che cola alla ciliegia. E' ironico, neanche gli piacciono poi troppo. Ma la birra ha un sapore improvvisamente terribile e allo stesso modo le sue solite sode al limone blande di sapore. C'è una dolcezza rinnovata nella ciliegia, qualcosa che seppur fiacco non gli dispiace. Alza un po' gli occhi, incuriosito dall'espressione che dovrebbe aver chi ha appena ricevuto un urto così sconsiderato: e vedrebbe dunque Naomi. S'accorge prima del colore dei capelli e degli occhi, spostando poi la concentrazione sul colore della pelle e delle labbra. E' certamente lei. E poi, quel modo così ..contemporaneo.. di vestire. Si sarebbe dovuto avvicinare anche se non avesse voluto interagire. Il bastone batte gentilmente sulle piastrelle, ci vuole un po', ma infine eccolo, a pochi metri di distanza. "Grazie" Un po' fuori contesto. Forse sarebbe più ideale approcciar chiedendo se stia bene, ma non è un pensiero che lo tange. "Per le bibite, l'altro giorno." Annuisce un poco, sollevando intanto la busta di plastica e mostrandogliela, carico di un sorriso indecifrabile, tipico di chi sta attraversando un gran deserto nella mente e nel cuore. Forse visibile a Naomi, qualora gli dia attenzione, è un vago e minuzioso tremolio delle gambe. Non dovrebbe andare in giro così per troppo tempo. { chakra on } [Megastore] E mentre il mondo la circonda e la avvolge con quella mandria di persone imprecisata numerosa, lei finisce semplicemente per farsi sempre più piccola, quasi fino a desiderare di poter sparire. Una macchiolina di un rosso acceso che si perde su quella tela confusionaria e caotica finendo in balia delle voci e dei rumori, di chi cammina con più accortezza e chi meno, come una fragile barchetta di carta messa su di un ruscello allegro e spensierato < Uff.. > sbuffa pesantemente quando quello gli viene in mente, dopo aver contratto i muscoli in maniera del tutto istintiva, cerca di rilassarsi buttando fuori l'aria dai polmoni con fare secco ed esasperato, respira ancora in maniera abbastanza regolare ma deve calmarsi, fucsia ad oscurarsi con le palpebre che le omettono dal mondo reale, deve chiudersi per qualche attimo in se stessa e fare pace, cercare di estraniarsi senza telefono o che altro, è una cosa che prova a fare spesso ed il più delle volte la salva dagli attacchi di panico, ma non sa nemmeno lei come ci riesce, tanto che il risultato ogni volta è il minimo indispensabile per non avere una crisi nei momenti dove quella che si potrebbe definire una lieve forma di agorafobia prenderebbe il sopravvento. Forse, un po' di meditazione le farebbe anche bene ma andate a farglielo capire, insomma. Ad ogni modo, cerca di scacciare dalla propria testa i pensieri nefasti, cerca di isolarsi in una bolla personale ma è tutto un via vai che a momenti pare assordante, sarà sera ma il posto è abbastanza frequentato e soprattutto aperto tutta la giornata, ragazzini che vanno e vengono, coppiette giovani, mariti e mogli che fanno scorte approfittando delle stesse offerte che l'hanno attirata fino a lì, c'è veramente di tutto e di più come se fosse una corrente antropologica con infinite sfumature, volti ed età, ma nessuno a lei familiare, per ora. Riapre lo sguardo, giusto in tempo per tentare di riemergere da quel buio dove, questa volta, pare non aver trovato rifugio alcuno, annaspa appena aprendo la bocca con un gesto secco, sgrana gli occhietti e riprendere manciate di fiato come se l'ossigeno fosse la cosa più preziosa del momento, nella sua testa un gomitolo ingarbugliato ed indistricabile di suoni ed immagini ad aggiungersi al caos annidatosi mentre cercava una briciola di pace dentro se stessa, ma no, è ancora troppo presto per osare tanto, avrebbe dovuto almeno portarsi Sharu. Eppure, con il suo lento e prolisso passo caratteristico, qualcuno in grado di salvare la Uchiha dal rischioso e maledicente primo attacco di panico vi sarebbe, è la figura del moro Chikamatsu che si avvicina con tutta la dovuta calma aiutandosi con il proprio bastone, il suono ligneo di tale oggetto non viene scandito dal trambusto generale, è solo un tocco che come tutto il resto riecheggia e si amalgama in maniera disordinata, facendo quasi venir gli occhi lucidi ad una Naomi con il petto a muoversi in maniera sempre più rapida ed irregolare < Ah- ! .. Eh? > il primo è un semplice vocalizzo spezzato, quell'inspirare classico che vien tagliato dallo spavento stesso, a momenti teme un vero e proprio voltarsi verso la figura che le si è rivolta ma al rapido riaffiorare di quella voce nella sua mente, come se vi fosse un pallido e flebile raggio di sole a rischiarare la cupa e tetra foresta di persone nella quale stava per soccombere, eccola voltarsi abbandonando quel fare lento e titubante, un lieve guizzo di gioia ed un pizzico di brio in quel risollevarsi dal cadere oltre il ciglio del baratro < Fuji-san!! > ed il suo tono di voce è un poco più acuto del solito, si fa appena rossa in viso e così, su due piedi, senza pensarci più di tanto lei si getta appena appena in avanti dopo averlo lasciato specificare riguardo le bibite. Giusto il tempo di concludere quella frase che lei rimarrebbe interdetta a guardarlo con aria in parte spaesata in parte sollevata, non ci pensa neanche troppo e nel vedere una figura tutto sommato familiare, della quale è convinta di potersi fidare, si getta appena con tutta la propria delicatezza, pesa poco e niente e non è nemmeno chissà quanto alta, allunga le braccina ed istintivamente cercherebbe di cingere il Fabbro all'altezza del busto. Un abbraccio semplice, che durerà poco, nel quale lei cercherà di rifugiarsi per brevi attimi nel cercare di riprendere aria, chiudendo gli occhi durante quell'abbandonarsi ad un inconsapevole oblio, tremando appena per poi accorgersi dell'impetuosità del gesto, del fatto che non ha ragionato più di tanto su quel rischiare di venir annegata dal mare di gente, finendo per aggrapparsi letteralmente al Chunin < A-ah.. Ecco.. Io.. M-mi dispiace.. > si scusa indietreggiando con fare appena brusco, decisamente rossa in viso e con lo sguardo a puntarsi di lato, in un punto morto verso terra nel quale rientrerebbe anche la busta che lui stesso gli avrebbe indicato con un cenno poc'anzi < Oh.. Sì, le bibite.. Ehm.. Sono contenta ti siano piaciute.. > e rimane lì con le braccia ritratte verso se stessa, premute contro il proprio petto e con i pugnetti rivolti verso di se, vicini tra di loro lì sotto al visino appena girato di lato. Non lo guarda, non ora, deve un attimo sbollire per realizzare quanto stupida e frivola possa essere stata. Son veramente gli occhi della notte, quelli del Chikamatsu, così inviluppati d'ombra dal dare l'illusione che sia orbo, poiché incapace d'assorbire e riflettere correttamente la luce. Son quei tremolii spontanei della pupilla a disfare l'illusione, rivelando come forse si tratti solo di un esotico gioco di luce. Quando il proprio nome viene pronunciato, in quell'attimo nel quale dura il sorriso blando, si sente solo con lei, in mezzo alla moltitudine di persone presenti. L'udito si fa meno acuto e abbandona i suoni più distanti, concentrandosi su quell'evento che così da vicino lo coinvolge. Se anche il vento soffiasse, capriccioso, non sarebbe in grado d'interferire così bene. Ella non risponde a seguito dell'esclamazione del proprio nome, spingendolo a sollevare un po' la mano destra e allungarla in un primo momento, come se volesse tenerla e riportarla alla realtà. Non tanto differente da quel che ha fatto a Kazuma, poi. E' in realtà un gesto estremamente egoista, scaturito da un singolo e solo pensiero ch'echeggia centinaia di volte in un secondo dentro di lui: Non pensare in solitudine, o non potrò sentire. Schiude un po' le labbra, pronto a pronunciar qualcosa; ma poi, vien colto dalla sorpresa del gesto che segue. S'accorge appena con gli occhi socchiusi di come l'altra si lasci sbilanciare in avanti, come se qualcuno l'avesse spinta appena sopra il centro della schiena. Cos'è, quel gesto? Perché è spontaneo? Come può riprodurlo? Un nodo gli si forma in gola, saliva, forse, ma più probabilmente son tutte quelle domande che non riuscirà a pronunciare. Non sei nella tua officina, marionettista. Non sei al sicuro. Interdetto da sè stesso, sente batter la figura verdolina appena sopra il suo petto. Le pupille si spalancano un poco e il tempo rallenta. Non è pesante, nè forte, ma per un momento il tremolio delle gambe si fa più violento, spingendolo a imprimer maggior forza sul bastone per mantenere la stabilità ambita. Se non fosse per la forza di legni e metalli che compongono l'arto artigianale sarebbe certamente a terra. La mano destra si ritroverebbe invece a poggiarsi d'istinto sulla spalla sinistra di Naomi, premendo un poco con i polpastrelli sul terminare della schiena. Che strani, poi, gli abbracci. Però dura poco. Non sa se esserne sollevato o meno. Su di loro piove una luce grigia; derivante da uno dei lampioni un po' coperti dal miasma di insegne e oggetti appesi tra i palazzi. Quando l'altra fa per levarsi, alla ripresa dei sensi, sposterebbe anche la mano che ne cingeva una spalla e parte della schiena. Forse, deve soltanto fare ciò che gli riesce meglio. Sorridere. Le labbra s'allungano e le palpebre calano un po' davanti alle pupille, rendendo l'atmosfera un po' più indecifrabile ma anche più calorosa, gentile. "Sì, davvero dolce" Per un momento sconnesso, pronuncia quelle parole come se stesse rispondendo a più di un'esclamazione, facendo scivolare uno dei manici della busta in plastica lungo il polso e poi giù dal pollice, portandola a penzolare per metà verso la strada. Poi, con la sinistra, non farebbe che afferrare una di quelle lattine per la linguetta, tra indice e medio. La porge in avanti, quieto, attendendo qualche secondo perché possa esser eventualmente afferrata e aperta dalla verdolina. "Naomi-san?" La chiama una volta quando nota il suo voltarsi. Che stia osservando altro? "Che-" Prima di poter pronunciare qualsiasi altra parola, si ritrova le spalle ad esser bagnate dal cadere improvviso della pioggia. Il mento viene sollevato e gli occhi alzati. " Una tempesta, ora.. " Farebbe così per avvicinarsi un po' più all'entrata, ritornando ad una posizione precedente. Questo non ci voleva. "Non posso tornare a casa" sospira, in un borbottio che un po' vuol essere uno sfogo e un po' un esser lamentoso, tipico suo. "Cosa è successo, prima?" Domanda di nuovo. S'era ben accorto di quel principio di panico. Come non rendersene conto, del resto? {ck on} [Megastore] Sono attimi di pace dei quali non si era nemmeno resa conto di aver bisogno, inconsci ma necessari ad evitare che quella gita al di fuori del quartiere dove vive andasse a rotoli. È in una bolla, sembra come nella più curata delle illusioni, l'atmosfera che va a crearsi è appena più imbarazzata ma allo stesso tempo più rilassata e privata, non tanto in senso intimo quanto nel senso di avere l'un l'altro qualcuno sul quale concentrarsi, per evitare di naufragare in quel mare di gente distratta. L'abbraccio non è ne troppo lungo ne troppo lungo, giusto il tempo per rendersi conto del proprio gesto e poi appunto scostarsi finendo in quel suo solito non riuscire ad incrociare lo sguardo di quel qualcuno verso il quale pensa di aver peccato, che sia in un modo o nell'altro, fugge rifugiandosi in punti morti della scena, o altre volte nello schermo del telefono. Uno scusarsi appena titubante, il suo solito mortificarsi che potrà oramai essere familiare a chiunque abbia avuto a che fare con la Uchiha che tutto ha di quei geni della famiglia del Ventaglio, se non le caratteristiche più importante, remissiva e priva di uno spirito combattivo. Aleggia con le fucsia sul terreno riprendendosi soltanto al movimento di quella stessa in plastica bianca, un fruscio che si accoda alle parole pronunciate in maniera vagamente distante da parte di Fuji, portandola ad annuire un paio di volte dopo un lieve sobbalzo -non sa nemmeno lei cosa intendere con quell'aggettivo, fatto sta che nel dubbio, arrossisce < Ahn.. Sì, la cherry cola, è veramente dolce.. Mh mh.. > e cerca di sviare così, convincendosi nel mentre a tornare con i cristalli Shoton su quelle nero pece di lui, sbatte un paio di volte le palpebre al suo esser perplesso a causa del di lei guardar altrove, ma la risposta sarà un semplice e vago scuotere della testolina verde acido < Oh.. Piove. > quasi in concomitanza con il suo affermare quella tempesta, solleva lo sguardo ed un paio di gocce gli cadono sulla punta del naso senza chieder nulla a nessuno, si perde per qualche attimo in quell'osservare il cielo che con pigrizia inizia a battere un ritmo progressivo sulle superfici, facendole storcere il nasino e smuovendola al seguito del Chikamatsu in un quel volersi riparare a sua volta con la larga tettoia dell'entrata < Prima..? Ah.. Non è niente, è solo che.. Non mi piace quando c'è troppa gente. > la fa breve, tagliando corto e parlando in maniera spiccia, con un'espressione sul viso di chi non può farci nulla a riguardo solleva le spalle per poi stringervisi appena dentro, cedendo per qualche istante all'irresistibile richiamo del telefono rispondendo ad un paio di messaggi in maniera assurdamente rapida, non volendo di certo mancare di rispetto al Fabbro alienandosi nel suo mondo, considerato che dopotutto è una persona con la quale ritiene piacevole l'averci a che fare < Quindi.. Sei venuto da solo.. Ho provato a scriverti in realtà.. > ma a quanto pare non ha ricevuto risposta alcuna, eppure in cuor suo era la migliore delle idee quella di approfittare della svendita di oggi per visitare il megastore < Piuttosto, cioè.. Fuji-san ma.. La sedia a rotelle? Cioè.. Dovresti aspettare che smette? > sguardo che istintivamente volge verso il cielo, il tono è lento e timido, non vuole sembrare invadente con quella domanda e mai lo vorrebbe, pone delle pause anche più prolisse tra un segmento della frase ed un altro, domandando in maniera quanto meno lecita, un dubbio onesto derivante dall'averlo visto la prima volta con e la seconda senza, capace di camminare ma a suo avviso molto limitato, sfortunatamente. Intorno a loro, ad ogni modo, oramai è come in un quadro dove tutti tacciono, le voci giungono ovattate e le figure sono come appannate, non gli interessa di niente e di nessuno e se gli occhi non vengono ripescati dalle luci del display del telefono rimangono dunque posate sulla figura del moretto, con il sottofondo di un vago e minimo, placido sorrisetto, forse il confermare quell'essere scampata al cedere a quel marasma di persone. [Megastore] edit: nel vedersi porta la lattina da parte di Fuji, accetterebbe con un sorrisetto appena più tirato del solito, tenta di essere onesto e molto meno un gesto di semplice circostanza, senza nervosismo, ringraziando con un semplice quanto fragile < Grazie.. > Quante cose assurde stanno accadendo, ultimamente. Il pensiero lo avvolge e ancora adesso lo stravolge. Torna indietro con l'occhio della mente soltanto per rivisitare una pellicola impostata per scorrere troppo rapidamente per poter essere realmente goduta. E poi, il problema gli vien spiegato. Tutta quella gente fatua, d'intorno, può causar disagio, se non addirittura ira. Non è troppo differente da una delle domande ricevute al suo primo privato incontro con Nene riguardo lo status di Saigo. Lo comprende un po' meglio, se ne sente persino umiliato. Lo scroscio della pioggia copre un po' i dialoghi di Naomi, spingendolo a tendersi un poco in avanti col viso per comprendere veramente cosa stia ascoltando. Poi, al termine di quei dialoghi, sorride, con il capo poggiato su una spalla con un che di acquiescente, con duplice funziona. Gli angoli esterni delle palpebre si restringono un poco; con intervalli nei quali la palpebra inferiore si lascia andare ad un piccolo tremolio involontario. Mette a fuoco quella figura, gli occhi umidi, come se fossero velati da una lacrime incapace di sgorgare. "A me piacciono, gli sconosciuti. A chi importa se fanno del male." Pronuncia rivolgendo lo sguardo verso la zona esterna, verso le strade che rapidamente s'affollano di ombrelli e colori per poi svuotarsi gradualmente. Si perde nuovamente nell'osservazione di visi, movimenti, azioni, con lo stesso occhio ebbro che avrebbe un monaco osservando in viso il divino; o forse, come un poeta osserverebbe la vera Beltà. In questo son certamente diversi.. "Eppure.." Scuote lentamente il capo, abbassandolo poi sulla verdolina e sorridendo mestamente. "Odio più facilmente chi conosco." Ammette, abbassando gli occhi fino ad inquadrare il proprio pantalone e poi la tasca del pantalone dove riposa il suo dispositivo elettronico fidato. La mancina rimane ancorata al bastone e continua ad essere utilizzata con la sua grande forza per tenerlo immobile ed in equilibrio, mentre la gemella sfilerebbe il telefono, rivolgendo lo schermo in direzione di Naomi. "Scusa, l'ho spento da un po'.. " Preme il pulsante di stand-by, ma non accade nulla, a dimostrazione del fatto che al momento si sia un po' tagliato fuori da ogni cosa. Ha lasciato le chiavi di casa da qualche parte tra il cumulo di materiali grezzi fuori dal corridoio esterno dell'officina. E poi, persino Aozora. Si sente cattivo. Lo è e basta, altrimenti non si spiegherebbe ciò che fa. Avrebbe spiegato a Kaneko la verità, ed invece vuole far qualcosa d'ancor più malato, avvicinandolo. Segue lo sguardo altrui nel fissare il cielo, gonfiando contemporaneamente la cassa toracica e lasciandosi scappare un respiro di vita più pesante degli altri. "Pensavo sarebbe stata una buona idea uscire solo con il bastone." Un paio di goccioline di pioggia gli scivolano sul lato del viso. Ed invece eccolo lì, con quel vago tremolio. Se non fosse per il braccio meccanico non sarebbe durato neanche la metà del tempo. "Non ridere, per quello che ti dirò." Pronuncia quelle parole, mettendo le mani avanti e battendo il bastone ai suoi piedi. La avverte. "Ma non ho letteralmente idea di dove andare." Si lascia scappare un secondo sospiro, arcuando le sopracciglia e chiudendo gli occhi qualche istante, tanto quanto basta dal dargli un'aria affranta. "Lasciamene un po', comunque.." Lamentoso, con gli occhi che s'abbassano sulla lattina e poi tornan dritti verso l'esterno, fissi sulla pioggia che cade e s'uniforma ad alcune pozze. "Mi da fastidio, il modo in cui si formano le pozze d'acqua." Smetti di poter distinguere ogni singola goccia, come se non avessero mai avuto valore. {ck on} [Megastore] Afferrata la lattina, l'indice della dritta si porterebbe a stuzzicare la linguetta fino a forzarla per andare a creare la creare il classico ritaglio nella lamina di alluminio, traendo soltanto un breve sorso giusto per rifarsi da quella vaga arsura che aveva causato quel rischiare un attacco di panico. Lo guarda con aria assorta, come se tutto intorno a loro, tutto ciò che si muove, gli facesse semplicemente da cornice nella figura più alta di lei, non così tanto distante con l'età e ne tantomeno in termini di fisicità, considerando che entrambi sembrano relativamente esili, di certo per nulla in grado di incutere timore, probabilmente neanche ad una mosca. Ascolta e registra quelle parole che lui gli rivolge con una spontanea tranquillità, sgrana gli occhietti ed un pizzico di dovuta incredulità gli tine i lineamenti portandola ad alzare un sopracciglio, non sa neanche lei come reagire di preciso ad una frase simile, sembra farla facile lui, già, tanto che dentro di lui per un istante si muove un qualcosa di insolito, è un barlume minimo e distante di quella fiamma maledetta dentro di lei, forse una punta dell'invidia degli Uchiha, di quei sentimenti malevoli e nefasti che questa volta trovano un rifugiarsi ed un giustificarsi nella comodità con la quale Fuji sembri rapportarsi agli estranei, o meglio, se non direttamente a loro anche soltanto all'idea di averli attorno. Dev'essere una cosa da artisti. < E-eh? Sta scherzando vero..? Perchè.. Perchè non dovrebbe importarti sei ti fanno del male? > gli sconosciuti, gli estranei, sono l'incognita più grande ed imprevedibile in questo grande sistema nella quale si trova, questo ambiente sin troppo realistico e distante dal suo mondo virtuale, lì dove invece ogni cosa può essere eviscerata e calcolata, variabili e costanti, cose tangibili e non complesse ed allo stesso effimere come le persone, che vanno e vengono, alcune restano ed alcune invece se ne vanno ancor prima di poter lasciare un segno, qualcosa. La cosa più strana, però, è in realtà il concetto che gli rivolge dopo, un qualcosa che lei non potrebbe comprendere tanto quanto non comprende il suo primo dire, assottiglia lo sguardo ed inclina la testa di lato, le braccia lungo i fianchi e le fucsia a studiarlo in maniera curiosa, cerca di sforzarsi per capire il suo punto di vista o semplicemente cosa possa intendere con quel dire, senza andare troppo nel profondo a cercare un significato intrinseco, guardandolo per lunghi istanti con diverse domande nella propria testa, vorrebbe provare a chiedergli qualcosa di sensato, che potrebbe portare quella porzione della conversazione ad un evolversi concreto, ma tutto ciò che le esce dopo un paio di secondi a pensare, con assoluta innocenza e soltanto una spolverata vaga di rosso sugli zigomi, domanda < Quindi.. Odi anche me Fuji-san? > domanda con la naturalezza e la semplicità con la quale porrebbe il quesito una bambina, senza presumere che ci sia una risposta corretta o una specifica che voglia sentire, un chiedere a cuore aperto che sorge spontaneo e che vorrebbe indietro la pura verità, senza che nemmeno la Uchiha realizzi di preciso il perchè di tale domanda, gli è venuto da chiederlo e basta, per provare a capire meglio < Oh.. Capisco, come mai..? Tutto.. Bene..? > sì, insomma, gli vien da preoccuparsi un minimo a quel vedere il dispositivo spento, per lei è qualcosa di molto più grave di quanto si possa pensare, figuriamoci se può fare a meno di un qualsiasi schermo Naomi, nossignore, tanto che appunto torna a premere sul display di tanto in tanto in quei brevi momenti di silenzio dove non si perde nei meandri confusi del proprio animo. Quando giunge la risposta a quel domandare dove sarebbe la sedia d'argento, lei lo guarderebbe nuovamente inclinando la testa, con aria dubbiosa ed allo stesso tempo pensierosa come in un cercare un effettivo lato positivo nella sua idea, anche se alla fine torna dritta con la testolina solo per scuoterla lievemente facendo dondolare le ciocche acide < Mh.. Non.. Credo sia stato molto saggio.. Ma.. > nuovamente a cercare il suo sguardo, il suo viso, perchè appare così tormentato nonostante allo stesso tempo sia visibilmente tranquillo? Lei non capisce, non potrebbe capire nemmeno sforzandosi probabilmente, continua il proprio dire in sospeso dopo una pausa nella quale è rimasta a labbra schiuse, con lo sguardo di lato a pensare alle parole più adatte, tornando indi su di lui < Dove vorresti andare Fuji-san? > o forse sarebbe meglio chiedergli da chi o cosa voglia scappare, ma Naomi non è una persona capace di andare a scoccare quesiti mirati per sondare l'animo delle persone nella maniera più efficiente ed egoista < Ah.. Sì, certo. > un ultimo sorso, comunque breve, alla lattina di cola per poi passargliela allungando appena il braccino, finendo a sua volta con lo sguardo verso le stesse pozze da lui adocchiate < Beh.. Non è tanto diverso da un ammassarsi di persone.. > solleva appena le spalle, nel commentare, valutando che effettivamente una pozza indistinta ed omogenea come quella non è poi così differente dalla folla che vi era fino a poco fà attorno a loro, la quale ora, lentamente va diradandosi. Così tenui, quelle figure. La pioggia vien assorbita dal tessuto di panno lasciando appena il segno del bagnato. Carico nell'animo di una sensazione violenta e divina, come una vita che si dilata oltre le sue membra. Se solo potesse scucire il suo vestito, lo farebbe immediatamente. Ma ad ogni piccolo evento, delusione, cambiamento, sembra che quelle cuciture gli aderiscano un po' di più. Non gli piace, lo mette a disagio. Può metter un guanto alla mano sinistra per nascondere le linee di costruzione del polso, ma sarebbe impossibile coprire lo sguardo così insofferente. Si rende conto d'esser stato notato. Per fortuna è la sola cosa che sfocia in lui, o sarebbe un problema. Alla foce di tutti i fiumi l'acqua è un po' più amara. In tanti passano con passo incurante, di fronte all'entrata di quel grande konbini, non sapendo che l'ombra dello sguardo del marionettista segue i vestigi d'ogni passeggero sino all'angolo dove li perderà di vista. Che gli importa, ai passanti, della sua arte? O a lui dei loro sentimenti? Alle proprie spalle si sente sfiorato, è la propria ombra. La sente, che lo fissa. Chissà se lo odia, oppure no. Ascolta le acque. E ad un certo punto si sente orbo e sordo; come se tutto si allontanasse, col suolo che affonda e si dilegua assieme ad ogni altra vita. Ma non è solo. In quel piccolo spazio, isolato da ogni cosa, oggi c'è Naomi. Anche lei è curiosa? Chissà, se può trovare qualcuno in grado di capire quelle parole. O meglio, lui. "Questo bastone è una Shirasaya." Replica, battendo il legno sul pavimento perché attiri l'attenzione di Naomi. Gli occhi rimangono fermi e dritti, distanti sulla struttura dall'altra parte della strada. Con il pollice del braccio che tiene il bastone compie una breve applicazione di forza, rivelando per un istante lo scintillio della lama nascosta. "Adesso ucciderò chiunque passi di fronte a me. " Sussurra freddamente, abbassando lo sguardo sulla testolina verde e sollevando dal terreno l'arma. Attimi di silenzio, frazione di istanti. Qualcuno gli passa di fronte: una donna con in braccio un bambino. La mancina stringe un po' di più il fine legno, e poi: niente. Batte in terra. "Maledirebbero la loro sfortuna, prima che me. O i Kami. O la società. Lo farei anche io. Sarebbero confusi." Anche la mano destra si porta adesso sul bastone, mettendolo di fronte al proprio corpo e facendo si che lo sorregga per intero, permettendogli di piegare un po' in avanti il busto. E finalmente, rivolgerebbe lo sguardo alla verdolina. "Ma se decidessi di ferire te e te soltanto..Allora sì, al posto tuo mi odierei. Perché sarebbe ingiusto. Ma non soltanto.. " Lascia che le sue parole sfumino, sottintendendo la grandezza di quel discorso e quanto non possa esser completato adesso. "Se qualcuno di loro" Pronuncia successivamente, fissando un qualsiasi passante "dicesse di odiarti, ti farebbe meno male che se io lo-- " Poi, le parole pronunciate poco prima da Naomi gli risuonano alla mente, come se fossero state percepite con un leggero ritardo. 'Quindi, odi anche me?'. Inspira e riempie la cassa toracica, una volta ancora. Lo sguardo torna a rasserenarsi un poco, con gli angoli delle labbra che s'allungano e incurvano positivamente. "No. Ma ora puoi vedermi un po' meglio. Come se una goccia d'acqua di una pozzanghera splendesse. Questo ti da la possibilità di ingannarmi ed essere ingannata da me. " Ora che ha rivelato qualcosa in più, ora che lo riconosceresti tra le strade anche forse soltanto dalla voce.. "Sarebbe crudele da parte tua, farmi male. E allora ti odierei." Termina quel discorso tentando di posar la mano destra sopra la testolina verde di lei, sollevandola e facendola ribattere gentile una seconda volta prima di tornar dritto. Il telefono è di nuovo in tasca, s'avvedrebbe dunque di prender il lascito della lattina di lei per avvicinarla alle labbra e sorseggiar silenziosamente. Mentre la cola è inclinata sul suo viso, la guarda negli occhi, ascoltandola e mantenendo un'espressione serena. Una goccia di pioggia cade dalla punta dei capelli sul viso, percorrendo lo stesso sentiero di una lacrima. "In un posto sicuro." Ecco dove vorrebbe essere. "In effetti no, non è così diverso." {chakra on } [Megastore] La pioggia non accenna a concedere alcuna tregua in quel far da sottofondo all'atmosfera serena che si è creata in quel piccolo spazio a se stante dalla realtà, non le interessa più di nulla in particolare e l'idea entrare dentro per affrontare le proprie paure e le proprie ansie per oggi sfuma, si dissolve come un origami fatto male da un bambino con della sottile carta di riso, lasciato silenziosamente a disfarsi sotto le gocce incessanti di quel modesto diluvio, rivoli di vento a spirare negli spazi vuoti del cappuccio facendo danzare le ciocche verdi. Naomi non ha ancora afferrato bene la personalità di Fuji, lo considera simile a se stessa quanto allo stesso tempo infinitamente distante, ognuno dei due capace di estraniarsi in un mondo a se stante, similitudini in un astrarsi per chiudersi in qualcosa di totalmente differente. Sgrana appena gli occhi al suo citare e rivelare cos'è effettivamente quel bastone, o meglio cosa non è, ovvero un semplice ed innocuo bastone da passeggio, nasconde al suo interno una lama e quando lei vi punta gli occhi sopra sbattendo le palpebre un paio di volte, cercando di afferrare il motivo di un'evidenziare di tale oggetto, ecco che giunge quel gelido sussurro, convinto, sembra fin troppo serio per qualche istante tanto che la Uchiha sobbalza e smuove un mezzo passetto all'indietro, dritta davanti al busto e viso ad impallidirsi, bianca cornice di quei cristalli violetti che si riducono a granelli per lo spavento, più istintivo che veritiero, forse sin troppo semplice da illudere, la ragazzina < E-eh?! C-cosa stai dicendo Fu- ..? > ma è lui stesso a sgretolare quella frase, riprendendo a parlare dopo aver toccato nuovamente il terreno con il bastone, un rintocco ligneo che la riporta su quell'arma nascosta per poi risollevare lo sguardo su di lui, dopo un sottile brivido ed una risatina vagamente nervosa < Ci ero.. Quasi cascata.. > e distoglie lo sguardo di lato nella sua ingenuità, per poi affossarsi nel telefono e riemergere in quel continuare ad ascoltare tutto quel breve monologo di lui. È un dire realistico quanto astratto, forse sin troppo profondo e filosofico dal punto di vista di Naomi, giovane e spensierata a tal punto da trovare difficile lo stare dietro a discorsi tanto complessi, dal suo punto di vista, roba che neanche con lo Sharingan avrebbe alcun vantaggio < Mh.. Ma io non credo che Fuji-san mi farebbe mai del male.. Degli altri invece non posso mai esserne sicura.. > fino a quando non rischia di conoscerli, questo è ovvio, si stringe nelle spalle e nel guardarsi intorno porta la mancina sul braccio destro ad aggrapparsi all'altezza del gomito, dondolando appena a destra ed a sinistra con la figura ritornando poi su di lui quando parla delle possibilità di ingannarsi a vicenda. Si acciglia, è un broncetto perplesso quello che mette su che ha un che di adorabile, sono discorsi che dal suo punto di vista risultano troppo cupi e malfidenti, è come se ai suoi occhi il Chikamatsu sia stato maledetto tempo fa da una qualche creatura mistica, forse proprio nella sua quest fallita per salvare il mondo, una magia nera che gli è stata castata riduce i suoi pensieri in quel volgere verso qualcosa di troppo scuro. Che poi forse, è solo il pensare dei grandi, il rendersi contro della realtà. < Perchè.. Perchè Dovrei ingannarti..? Nao dice sempre la verità. > e solleva il labbro inferiore che sporge appena, vagamente mortificata in quel puntare lo sguardo verso terra, le punte delle scarpe a toccarsi, sguardo che si perde per qualche attimo sulle gocce che si infrangono sull'asfalto sospinte dal vento fino lì, poco oltre alla tettoia < Haha! Ma io non ti farei mai del male Fuji-san! > ed è la risposta nuovamente spensierata ed ingenua che da al Fabbro, il tono è come al solito onesto e quanto più puro possibile come quello di una bambina, tanto che la risatina che precede le sue parole è spontanea e va ad indicare quanto sciocca possa essere quella frase di lui nella testa di lei, genuina, incapace di comprendere appieno quante cose al mondo possano far male, continuando poi, con un filo della sua solita titubanza < Mh.. Qualcuno ti ha ferito Fuji-san..? Ed ora lo odi..? > prova a tastare il terreno, a cercare di carpire qualcosa su quello stato d'animo, per quanto non è che sia così empatica ne tantomeno capace di estrapolare i sentimenti altrui per dare consigli concreti < Un posto.. Sicuro..? Da cosa scappi allora..? > inclina nuovamente la testa di lato, perplessa, non riesce a comprendere e domanda con innocenza, non vuole andare troppo nel personale ma allo stesso tempo è incapace di bloccare domande potenzialmente scomode, infantilmente sincere. Tutti quegli scenari si svolgono di fronte ai propri occhi con totale realtà; come se stesse osservando due differenti pellicole di film separarsi in scenari alternativi e differenti. Se avesse davvero compiuto le sue parole, avrebbe capito? Mostrandole tramite il suo stesso cuore ciò che è stato descritto sarebbe forse stato capace di farle sentire la stressa cosa? Allora sarebbe stato beato, come lo è stato quando ha riconosciuto qualcosa di sè osservando la polaroid della signora Kaneko. L'arte sarebbe straripata da ogni dove, lasciando in mezzo a quella strada uno scenario magnifico. Ah. Ma se anche lo avesse fatto, sarebbe stato tenuto a freno dalla stessa entità che ha salvato la vita a Nene. Ed ecco che cade negli stessi dolori provati quando è rimasto di fronte all'occhiello della porta ad aspettare qualcosa di mai giunto. L'amarezza del non esser stati capiti. O ancora peggio, del pensare che nonostante l'avvento della comprensione le cose siano comunque andate come sono andate. Una vaga oscurità gli prende i bordi dello sguardo, il tempo gli scivola di dosso come sabbia dalle mani. Ma prima che l'ultimo granello cada viene riportato ad uno stato di realtà. Ci era quasi cascata. Al pronunciar di quelle parole gli vien naturale ridere un tenue riso che sulla sua bocca afflitta prende grazia e sorpresa rinnovata. Così caloroso. E tanta è la risata che un po' si piega, tenendosi lo stomaco e finendo per asciugarsi una lacrima -questa volta, vera- dall'angolo più interno dell'occhio destro. "Come cascat-ahah-" Si gode ancora un po' la cosa, allontanando da sè ogni ombra e finendo per riprendere i sensi quando una frase lo colpisce, rompendo irruentemente il ridere e facendo sfumare quell'espressione ad una più composta. Ora sorride, come se qualcosa gli fosse scivolato di dosso. "Lo prometti?" Prometti che non gli farai mai del male? Allunga a seguite il braccio di carne, quello destro, con il pugno chiuso ed il solo mignolo allungato in avanti. E' il modo che i bambini hanno di fare delle promesse, incrociare i mignoli. Attenderà qualche secondo, pronto a stringere il dito altrui e fare su e giù qualche volta. La fisserà negli occhi. Poi, sentendo le domande successive, si fa un po' più quieto. Attende dei secondi prima di rispondere. "Ho scoperto che le persone più forti sono quelle che fanno più male. Ma so che sono anche fragili. L'ho scoperto da Nene. Qualcuno me lo ha confermato. Preferivo rimanere ignorante.." Tra mezze verità si ritrova ad aver due goccioline di sudore che gli scivolano dal lato del viso, un po' in difficoltà anch'egli. "Se rendo qualcuno fragile, gli faccio un torto. Allora avrebbe il diritto di odiarmi, come dicevo prima... Io non voglio tradire nessuno. " Si lascia andare a questa breve confessione, frutto dei sentimenti raccolti ed identificati. "Se devo essere odiato, voglio prima fare un torto." Come avvenne con la Doku, quando ricercò dell'odio. Alla fine ha capito di non voler essere odiato neanche da lei. Da nessuno. Neanche da Kazuma. Neanche da Naomi. "Non so dove andrò, cercherò di improvvisare come ai vecchi tempi ahah " risatina nervosa, insicuro delle sue possibilità. "Scusa lo sfogo, eh. Ti starò confondendo.. " [Megastore] Probabilmente ci vuole un traduttore per mettere i due in sintonia, o meglio, è Naomi in realtà quella più semplice nel modo di pensare e che risulta più facile da comprendere, a differenza di un enigmatico Fuji che si annida e divincola nei propri crucci ed in suo riflettere serio e maturo quanto in un certo senso, come già detto prima, cupo. Saranno le esperienze che li hanno forgiati, entrambi che faticano in quel provare a stare al mondo, anime forse sin troppo pure intorbidite da paranoie e difetti personali che li tengono ancorati ad uno scuro fantasma che in qualche modo lì perseguita, distogliendo lo sguardo soltanto quando si concedono qualche sincero sorriso o qualche mesto ridere. Si ritrova dunque a prendersi qualche attimo per riflettere immergendosi in una breve riflessione personale: cosa vuol dire odiare qualcuno e cosa vuol dire invece amarlo? Ha mai odiato lei? Ha mai amato? Vuole quanto più bene possibile a Nene e lo si può praticamente definire amore come sentimento, ma l'odio è tutta un'altra questione, senza contare che l'amore fraterno esula il contesto originario del sentimento in sè. Un lieve scuotere la testa, quasi impercettibile, accantona quei dubbi che raramente si pone senza volersi soffermare più di tanto a cercarvi delle vere e proprie risposte poichè altrimenti ci metterebbe ore, tralascia le domande per se stessa e piuttosto ridacchia di rimando a quel di lui concedersi uno spensierato ridere, leggero e dolcemente irruento < Haha, sì sì.. Sembravi tutto serio, monkaS .. Eh? > ed osserverebbe quindi quel mignolo che egli gli porge, lei dopo quel ridacchiare si trova ora con le mani lì vicino al visino, poco sotto, lo guarda inizialmente con aria appena vaga e perplessa, un battito di ciglia e non ha neanche bisogno di pensarci, soltanto non si aspettava il giurare fisicamente, gesto al quale - per quanto possa definirsi infantile - lei tiene < Ma certo! Ed io ed Aozora sconfiggeremo chiunque ci prova! > il tono è entusiasta ed il faccino musino altrettanto, un velo rossastro sugli zigomi e la solita spensieratezza, lo prende in un certo senso come un gioco ma crede veramente e fermamente a ciò che dice, poichè semmai dovrà usare i propri occhi per difendere qualcuno a cui tiene allora non esiterà di certo a farlo < Piuttosto.. Dov'è Aozora? > ora che ci pensa, si guarda intorno, come a cercarla manco si fosse nascosta per farle uno scherzo, per quanto chiaramente è abbastanza chiaro ed evidente che la marionetta dai capelli oltremare non sia lì con il Fabbro < Mh.. E quindi le persone più deboli.. Sono quelle più resistenti.. Ma che fanno meno male..? > a rigor di logica, cerca di seguire il discorso di lui arrovellandosi, non è stupida, basta soltanto mettergli giù le cose nella maniera quanto più eloquente possibile che lei tutto sommato ci si appassiona pure, più o meno a qualsiasi questione o argomento < L'hai scoperto da.. Nene..? Mh.. Interessante, credo.. Comunque, nessuno ti odierà Fuji-san, sarebbe sciocco. > e tantomeno lei potrebbe mai pensare che il moretto possa tradirla, in termini di amicizia, è una fiducia reciproca dove comunque vengono posti dei paletti perchè sì, perchè ognuno ha i propri dilemmi ed i propri problemi ed è giusto far così per evitare di farsi più male del dovuto, in caso qualcosa vada storto < ... > qualche attimo di silenzio, ci pensa, non è per /nulla/ solita a fare o anche solo a pensare una cosa del genere, sorella molesta a parte si possono contare sulle dita di una mano le volte che a proposto tale soluzione a qualcuno, manine che si portano sulla parte bassa della felpa e la afferrano, si muovicchiano, stringono e la stropicciano mentre lo sguardo si punta di lato, inclinato verso terra, chiaramente rossiccia in viso < S-se vuoi.. > deglutisce con il dovuto nervosismo, sente una vaga e leggera vampata di calore ma non si tira indietro, oramai ha getta il sasso e non può mica nascondere la mano < P-puoi venire a.. Ehm.. A casa mia.. > sì, l'ha detto. E soltanto verso la fine di quel timido ed imbarazzato dire poserebbe quindi gli occhi di nuovo su quelli nero pece, fucsia sullo scuro colore neutro, scuotendo la testolina con fare vago e leggero, un sottile sorriso mentre assottiglia lo sguardo osservandolo con un filo di profondità in più < Non importa, si vede che sei.. Stanco.. > fisicamente o emotivamente? Chissà. Forse entrambe le cose. E' un fino piacere e dolore riuscire a confrontare il sentimento presente a quello passato: immagini vecchie ed antiche. Simile al giorno in cui si ritrovò a leggere un articolo sulla propria fucina nel giornale pubblicato dal ragazzo del clan Nara; forse, soltanto più malinconico e intenso. Quel che pronuncia oggi son segreti della sua identità che si schiude, storia dei suoi sogni e deliri. Finisce a pronunciarsi troppo e le reazioni della piccola testa verde lo conducono ad una risata che finisce in pianto allegro. Asciugata la lacrimuccia e ascoltate le prime parole altrui s'accorge del cielo che va schiarendo, rivelandosi più oscuro di quanto fosse quando l'aveva osservato all'inizio di questo incontro. Annuisce un po' al dire altrui, trovandosi a piegar un po' il capo di lato ad uno dei vocaboli ancora troppo ricercati.. " MonkaS?" Ripete con fare confuso, incarnando in verità la vera essenza del memino. Naomi potrebbe pur pensare che lo stia usando bene. Poi, una mano viene issata. Le persone in strada son diminuite rendendo quello scenario un po' meno soffocante per entrambi. La punta dell'indice destro si pronuncia al cielo, indicando all'altra la costellazione del Gran Carro. "Quelle stelle, vedi, ci son sempre state nei momenti belli." Forse è solo una coincidenza, forse è qualcosa di cui s'è convinto. "Raramente in quelli brutti." Si pronuncia ancora, come se stesse incolpando quel cumulo di luci distanti di qualche peccato. Ha il diritto di odiarle. Col palmo sembra volerle afferrare, pochi secondi prima di far cadere le braccia lungo i fianchi. Poi, c'è lo stringersi dei mignoli. Una promessa fatta sotto il Grande Carro. Qualcosa a cui Fuji dedicherà sempre speciale attenzione. "Aozora..è in buone mani." Sorride, un po' abbattuto. L'ha lasciata al suo appartamento, dove prima o poi entrerà Saigo. Si sente meno colpevole a saper d'avergliela lasciata lì, ricordando il giorno in cui al suo rientrò la trovò a dormirci di fianco. Si sarebbe sentito avido a prenderla e portarla via. Avrebbe dato un motivo valido per odiarlo. "Sì, ho capito molto grazie a lei." Annuisce un po' alle riflessioni altrui ed al commento su Nene. Il telefono rimane spento. Fissa un po' la sagoma incastrata nella tasca del pantalone. Chissà, se è il caso di accenderlo. No. Sarebbe egoista a farlo, gliel'ha detto. Non vuole essere egoista. Come non vuole ricevere odio. "A..casa tua?" Batte le ciglia un paio di volte, preso alla sprovvista da una proposta simile. Negli ultimi giorni ha accettato la gentilezza di una coppia di genitori conosciuti ai tempi in cui ancora frequentava l'accademia di Suna. Ma non può occupare quel divanetto per sempre. Non può neanche trasferirsi da Naomi. Nè rientrare a casa. Non c'è niente che possa davvero fare. Se non guadagnare tempo. Per chissà quale motivo. "Mi farebbe piacere, sì.. Sono bravo con le faccende di casa- Sono anche low budget, per quanto riguarda il mantenimento. " Da solo vive di pane e strutto, più qualche occasionale birra e soda. Ma qualsiasi sia il caso, non vuole essere un peso per nessuno. "Grazie, Naomi." Via gli onorifici, hanno fatto una promessa con il mignolo dopotutto. Le ha affidato uno dei doni più grandi: fiducia. "Ha smesso di piovere. Se hai un ombrello posso tenerlo io-" Sarà pronto a seguirla, trascinando dietro le lattine ed il suo stesso peso. Un capitolo si conclude, altri si aprono. { se: exit }
Giocata del 17/03/2021 dalle 15:27 alle 16:27 nella chat "Centro di Kagegakure"
Sono sfaccettature personali che probabilmente vengono fuori con pochi, pochissimi individui, considerando che già ne conosce pochi, figuriamoci il dover restringere il campo solo tra chi ella si possa fidare. Anche solo di sentirsi se stessa, anche solo di sentirsi sicura qualora le cose, per un motivo o nell'altro, si mettano male. Fragile, cauta e timorosa del mondo che la circonda, mossa da una grande curiosità ma allo stesso tempo relegata da un timore maggiore che come un'oscura torre troneggia si di un qualcosa di più misero ed adombrato da quell'emozione negativa e limitante. Un giorno, crescerà quanto basta per poter muovere dei saldi e confidenti passi nel mondo senza problema alcuno, per ora continuerà ad aggrapparsi alle figure che considera preziose, alcun di più ed alcune di meno, perdendosi in quelle brevi risate, preziose e sincere, in sintonia con quell'umore di Fuji, forse entrambi cercano di risollevarsi ogni volta dalla loro perdizione, da quel chiudersi dentro se stessi tentando di avvicinarsi agli altri, eppure per ironia della sorte eccoli lì, due persone con un complicato concetto di ciò che è un legame, dissonanti nel pensare ma allo stesso tempo capaci di trovarsi sia in quei momenti di silenzio sia in delle genuine risate spontanee, quasi come se le corde dei loro violini venissero pizzicate sin troppe poche volte per suonare quelle note, impolverate, arrugginite. Ed è quando lui ripete quella parola che non comprende come si deve, confuso, che lei rinnova il proprio ridere con un ulteriore sfogo a cuor leggero, note argentate che si susseguono in quel ridere di gusto come una ragazzina dovrebbe sempre fare, spensierata e senza cruccio alcuno, molto probabilmente divertita da quel suo andar a lasciar trasparire l'espressione stessa del meme, tanto che se lei non conoscesse il moretto potrebbe dire lo stia facendo apposta < Hahahahaha! Oddio, è una delle solite espressioni del web, poi ti faccio vedere.. > e quasi dovrebbe trattenere anche lei le lacrimucce dovute a quel ridere, braccia a portarsi sul ventre in quel sentir che i muscoli paiono infastiditi, intorpiditi dal fatto che si sta concedendo un divertirsi tanto distante dal solito sorridere o ridacchiare a tratti. Solleva dunque lo sguardo, più tardi gli mostrerà il meme in questione, per adesso invece posa gli occhi proprio su quelle stesse osservandole come a disegnare una linea nel collegare i puntini luminosi < Oh.. Allora questo è un momento bello no? > e lo domanda con aria retorica, senza effettivamente pensare in maniera diversa da ciò che gli dice, per lei è così e non vi sarebbe manco bisogno di una particolare o concreta conferma, tanto che annuisce a sottolineare la propria convinzione, continuando verso Aozora, tirando semplicemente un sospiro di sollievo che è un tacito rasserenarsi e fidarsi di quelle parole, magari chiederà dopo, ma per ora il sorriso lieve le basta. L'aver capito molto grazie a Nene, invece, un po' la lascia perplessa, considerato che conosce i modi con i quali la sorella fa capire le cose alla gente e non è che siano tra i più.. Consoni, ecco. Sorvola, non domanderà nulla nemmeno su questo punto perchè per ora + lì a crucciarsi e a tormentarsi, la felpa viene stropicciata di continuo e poi ridistesa per essere nuovamente tormentata, ma alla fine glielo chiede < S-sì.. Non è molto grande ma in due.. Ci si stà.. > e niente, sappiamo tutti che lei è sin troppo gentile per evitare di offrire un aiuto a qualcuno, tanto che si contrappone con il suo essere diffidente e quant'altro, un conflitto che vien superato dal semplice fatto che quel qualcuno che sta invitando è Fuji. E quindi, si fida, oltre a voler sinceramente poter aiutare il moro a tenersi alla larga da qualunque posto o persona possa intristirlo o ferirlo < Ah, tranquillo, tanto faccio scorte di cibo per settimane.. E.. Di niente. > è un piacere, ma questo non lo aggiunge perchè è come se fosse sottointeso, andando ad infilare la dritta sotto alla spessa e larga felpa, tirandone fuori un ombrellino piccolo, di quelli retrattili, volendo dunque aprirlo per porgerlo al ragazzo < D'accordo, allora andiamo, sono sicuro che i gatti a casa avranno fame. > il grande konbini passa in secondo piano, le spese e gli sconti non le importano più perchè ha qualcuno con il quale tornare indietro ed evitare la gente, i fastidi del mondo reale, cercherebbe di aggrapparsi appena al braccio di lui, forse, nel mentre he camminano, senza mai voler risultare un peso ma volendo semplicemente farsi piccola per stare sotto quello stretto ombrello, parlando del più e del meno sulla via di casa, inconscia di quello stesso bramare una vicinanza che di norma cercherebbe si e no solo nei migliori momenti con Nene, mentre ora.. Ora è diverso, non sa perchè, non sa come e nemmeno se lo domanderà, ma qualcosa dentro di lei, una virgola che non è quella nere delle tomoe, è cambiato. Nel bene o nel male? Lo scopriremo solo nelle prossime puntate. { End <3 }