Sandhi - संधि
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Giocata del 15/03/2021 dalle 15:10 alle 21:30 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Palazzo - Ascensore] Liquido - riesce in qualche modo a sparire, a divenire un aglomerato d'antimateria di sensazioni e sentimenti che sembra prodigarsi nello allisciare lo schermo di uno smartphone le cui notifiche non hanno nessun sapore in particolare. Sono così sciocche. Eppure ci si lascia attirare così come finiamo anche noi per scorrere immense pagine di applicazioni sulla mobilia o sullo shopping, con il fine di non comprare nulla - ma infilando nel nostro metaforico carrello un sacco di oggettistica inutile. Una nuova spugna in crine. Una crema per i pori. Un nuovo mascara. Una poltrona in velluto blu con le rifiniture d'oro. Una ciotola per il cane - che poi, non ha manco un cane. Che diamine. L'outfit total black è un po' il riflesso incondizionato di questo periodo di vuoto immenso, che sensazione strana. Come stai? Ne bene, ne male - decretarmi in entrambi i casi sarebbe un errore. Ne parleremo dopo il bicchiere di troppo di soju e birra. Forse l'alchol può aiutarci a definire la situazione. Lo schermo, quel bagliore asettico riflesso sul viso latte - sembra scorrere una sfilza di notifiche sporadiche tra lei ed il choconinja - avete mai avuto la sensazione di dover lasciare andare qualcosa. E' strano. Si sente a disagio. Si sente come se fosse stata truffata - o come se stesse truffando a sua volta. Chi? Lui, lei, o tutti quelli che li vedono assieme? Ha dimenticato i guanti da qualche parte - distratta - probabilmente mentre con Saigo si sono apprestate a svaligiare un kombini di porcherie, robe vagamente sane come gli edamame saltati e salati - e quantitativi disperati d'alcolici. /Sarebbe meglio rimanere in incognito/ aveva detto - prima d'organizzarsi ad uscire. Due reclute della Shinsengumi ubriache in giro - che dire - non è la miglior immagine da dar di se. L'iride traballa tra le porte dell'ascensore - trascinandosi dietro un tavolino di ferro rotondo e piegato, di quelli che si possono portare in giro in caso di grigliate d'ermergenza, o per andare a pescare. Un cappellino da pescatore nero ammansisce con la sua tesa le ciocche d'ebano lasciate lisce e sfuse contro il viso. Carezzano il bordo del mento. Le labbra lucide di un gloss dai colori tenui, dalle pigmentazioni naturali. Le palpebre decorate di quelli che potremmo definire smoky eyes sembrano sfumar un effetto concentrico a quel colore che sorge, spezza il buio, fastidioso. L'indaco della veronica persica è gentile - sicuramente più della persona che li veste con così tanto sprezzo, con così tanta incoscienza. Nascosta in una felpa nera oversize i cui lembi davanti son nascosti in un paio di jeans dello stesso colore - ma a vita alta, con dei rinforzi a metà coscia e appena sotto le ginocchia di appena un tono in meno. Un antracite. < Ed alla fine ci sei uscita con quello? > Con chi? Quello del ramen? Quello ben dotato? Al suono dell'apertura delle porte alza un cartoccetto di milkstraw, latte di fragola, facendo gracchiare il fondo in modo fastidioso. < Sei troppo silenziosa Saigo, se ti ha spezzato il cuore gli faccio un nodo sul cazzo. > [ck off ][niente guanti, ma è molto vestita][riconoscimenti shinsengumi on: mostrina] In ascensore con la compagna, regge nell0incavo disegnato tra il petto il sinistro piegato un sacchetto contenente lattine e bottiglie dal contenuto non meglio specificato per lei, ha seguito Nene quasi passivamente in quel loro shopping compulsivo di bottigliette, non ha ben chiaro il significato di tutte questo e nemmeno della motivazione per cui alla fine ha ceduto ed è ora con lei, diretta verso la terrazza, un semplice tavolino portato dall’altra e chissà cosa da mangiare o bere. Sospira appena silenziosa assorta nei suoi pensieri, il pollice della mano destra scorre sullo schermo da sinistra verso destra, l’immagine ai suoi occhi cambia, un’altra inquadratura di quel monaco, un nuovo punto di vista ma sempre lo stesso identico punto interrogativo nella sua mente. Possibile che abbia davvero incontrato l’assassino? Il dubbio sull’eventuale salvezza di Fuji si infila nella sua mente ma così velocemente come è arrivato si impegna per farlo sparire. Aveva detto che si sarebbe rivisti a casa ma in realtà poi non ci è tornata ieri, è scappata nei quartieri del suo clan, cercando qualcosa su cui studiare ha approfittato della loro ospitalità ed è semplicemente rimasta lì, presa dai suoi dubbi. Questa la motivazione principale degli abiti abbastanza tipici che indossa oggi, sfortunatamente non ha trovato qualcosa di più moderno in quel luogo fatto di tradizioni e leggende. Un Kimono nero a fasciarla, l’obi in vita è rosso, lo ha allacciato in modo da permettere alla gonna di mostrare uno spacco centrale che le permette di fatto di muoversi e correre senza essere intralciata. Negli spogliatoi della shinsengumi ha lasciato invece il sacchetto contenete gli abiti del giorno prima. Muove i primi passi mostrando le sneakers rosa in netto contrasto con quella tradizione, i capelli fragola sono stati accuratamente raccolti in uno chignon dietro alla sua nuca, vestita come una bambolina esprime perfettamente lo stereotipo degli Otsotsuki, carnagione di luna, così candida da poter creare dubbi sulla propria provenienza e poi occhi rossi che si muovono vuoti. Non sta affrontando i suoi problemi e per questo non si potrebbe definire un volto triste solo estremamente apatico. Ha deciso di richiudere paura e dolore ma così facendo ha confinato anche le emozioni positive dietro ad una barriera fragile e a rischio collasso che le permette appena di restare in piedi. La fatica con cui ha ricomposto i pezzi, con cui ogni giorno si rialza dal letto e affronta la sua vita fatta di obiettivi <uh?> alza lo sguardo verso Nene. La osserva perplessa, per un attimo aveva addirittura rimosso i rifiuti accumulati di recenti <ah no sparito> scuote le spalle, non c’è segno di particolari sentimenti in merito, non riesce a sentire l’orgoglio che brucia, la sua solita voglia di rivalsa è tutto sedato <senti> cambia discorso lei poggiando le provviste a terra, dopo essere uscita dall’ascensore e aver raggiunto il punto definitivo. Flette le gambe e osserva a terra <siamo alleate vero?> non la sta osservando adesso ma ripone il cellulare tra il tessuto del kimono e dell’obi [Palazzo - Ascensore] Totale assenza. Forse ci siamo già appellati a questo stato emotivo, effettivamente - ma non è quello che riflettono entrambe? Ironicamente ci viene da chiederci cosa ci facciano assieme, quando entrambe sembrano non avere niente da dirsi, e forse il risolino isterico che la situazione lascia al suo narratore, si riversa in una visione paradossalmente romantica. Anche schiena contro schiena, si rimane in piedi, vero Saigo? Il vuoto tra le due s'è riflesso in tutti i momenti, da quando si sono incontrate nella fermata del distretto centrale - a quando tra le corsie del konbini si sono dette frasi di circostanza - quando Nene, scossa dal suo torpore di disagio alla volta di una se stessa che non conosce, ha accolto l'assenteismo di Saigo come cenno di qualcosa. Cosa? Cos'ha che non va'. Ah, non lo comprende - non è mai stata una grande empatica, però la mancanza è un vuoto nello stomaco; diviene una conca, dunque, pronta ad accogliere qualsiasi flusso le si rivolga contro. Il modo in cui l'accoglie? Un immenso punto di domanda per lei, per me - e per tutti voi. Il silenzio diviene assordante, la musica accogliente dell'ascensore vede elementi differenti divenire un contorno a due sagome speculari - eteree, ma maledettamente differenti. L'eleganza di Saigo, l'esser grezzo di Nene. Rosa, bianco, rosso. Vainblack. L'iride affoga, disegnata dal pugno rude d'un folle - si sposta con il fare mansueto di chi dorme, ma sarebbe pronto ad attaccare in qualsiasi momento. E' rumore d'ascensore che scorre, di piani attraversati, di plastica sotto l'incavo del petto di Saigo - del metallico tavolino eretto sulla schiena, con un gomito levato al di sopra del capo. Le duole la spalla, ma non pigola un cenno di fatica nel reggerlo. Ha dimenticato le sedie, che testa di cazzo. Nel ricordarlo, scuote il capo appena - rimarcando le frasi volate in direzione di Saigo come delle stoccare per svegliarci da questo sonno. Basta stare zitte, ho bisogno che mi parli. Che ridi. Che fai la frivola serpe come lo hai sempre fatto. E forse Saigo, vorrebbe la stessa cosa da Nene. Che ridere, se così fosse. I passi che la trascinano fuori dall'ascensore - verso il mondo esterno, la vedono in balia di una folata di vento che la smuove, ne smuove i vestiti - la felpa - la tesa morbida del cappello alla pescatora - il cappuccio - le provviste. Sembra animarsi buffamente e altrettanto poco buffamente, affrontare quella raffica che ovatta le parole di Saigo alle sue orecchie. Il rumore metallico di qualcosa che batte a terra, al di sopra del rimanente resto del mondo - sancisce il suo rialzar la schiena dalla stessa identica sua azione. Mollare le provviste sul tavolo. Ci vorrebbe un ombrellone. Si. Uno di quelli larghi. Ma poi continuerebbe a roteare e smetterebbe di concentrarsi. Potrebbe addirittura volare via, cadere in testa a qualcuno. O forse volare e basta. Sarebbe divertente. Dovrebbe trovarne uno, sarebbe il loro salottino privato. < ... > Siamo alleate? Questa domanda non è mai suonata così difficile e per risponderci, si vede costretta a domandarsi l'opposto. Saigo, è mia nemica? No. Gli occhietti sgusciano al di sopra della mascherina nera, tenuta sul viso per evitare le polveri e le influenze - ah no, solo per non essere riconosciuta da nessuno. < Lo spero, non mi piacciono i nemici. Eppure mi sento come se tutti vogliano esserlo. > Il tono rauco sporca la boccuccia, arcuando indice e medio per sfilarsi la mascherina e riporla nella felpa. Soju. Ci vuole del Soju. La bottiglia verde strozzata per il collo, un'altra - magari uno dei gusti scelti da Saigo, lanciata in sua direzione con un tiro mansueto, dal basso verso l'alto. < Non tu. > Lo specifica, rendendo ovvia la risposta - girandosi a camminare verso uno di quei bordi rialzati che danno a strapiombo sul nulla. < Hai sentito questa cosa del Killer? Ho presenziato ad uno degli eventi macchiati. Temo di essermi fissata, ma temo anche di non essergli troppo distante. Io ammazzerei i vecchi ninja, ma non con così tanta codardia. > O inventiva? Il tempo scorre strano negli ultimi giorni, si muove nel solo tentativo di non crollare, non rompersi definitivamente. Si ostina a non pensare a Fuji a ciò che è successo tra loro a quello che potrebbe rappresentare cambiamento e per questo rottura. Attende una risposta di Nene e la fissa, il telefono ormai riposto lontano. Non ha intenzione di distrarsi, l’obiettivo è davanti a lei, prendere quell’assassino potrebbe portarla sicuramente un passo più avanti nella scala sociale della shinsengumi, smettere d’essere recluta, avvicinarsi al consiglio e al loro potere. Una posizione che potrebbe fornirle quel poco di protezione di cui ha bisogno per trovare il coraggio di recarsi ai laboratori e cercare di capire se ha qualcosa di sbagliato nel suo corpo. Osserva l’assenza di sedie distrattamente lasciando che quel dettaglio vada a sovrapporsi ai pensieri sbagliati, guardando oltre e al tempo stesso focalizzandosi, cos’ha sbagliato, sicuramente ha fatto qualcosa, no non ora. La voce della ragazza la interrompe, rialza appena il capo verso la Doku lasciando che un lungo ciuffo si stacchi dalla sua acconciatura ed inesorabile decida di ricadere lungo la fronte, seguendo semplicemente la gravità e tagliandole a metà l’iride destra, occupando parte di quella visuale, mette a fuoco quel ciuffo per qualche istante, le immagini si sovrappongono e appaiono le palpebre di Fuji, sta per spezzarsi nuovamente ma all’ultimo la vede quella bottiglia, come a rallentatore, si dirige in sua direzione. Un gesto semplice, la necessità di salvarsi la faccia, l’altra non può nemmeno immaginare quanto quel lancio sia in realtà fonte di salvezza per lei. La destra si alza mentre il palmo si apre. Sbatte le palpebre un paio di volte sforzandosi di rimettere a fuoco il mondo il più velocemente possibile e così le dita dovrebbero andare a recuperare l’oggetto. Lo saggia nella sua mano, il peso, la temperatura, se studia i colori, le scritte cercando altro su cui concentrarsi, decriptando e creandosi un’illusione sul suo gusto. Ha scelto a caso, lei ancora minorenne, non ha idea di cosa abbia tra le mani. Lo svita usando la sinistra, sulla faccia si disegna una stupida espressione di fatica ed impegno. Uno scatto del polso sinistro le preannuncia d’essere riuscita, porta il collo verso il suo naso ed inspira. Restare sul qui ed ora è il segreto per continuare <già> distratta, ha ascoltato tutto il discorso <ti capisco ma è proprio dell’assassino che volevo parlarti> solo adesso lo sguardo torna a scivolare sulla figura di Nene, salendo dal basso verso l’alto sino a raggiungere gli occhi altri e lì fissarsi <ieri ho partecipato ad una ricerca di informazioni, sono state rivenute delle divise, oggetti di scena lo sai giusto?> la aggiorna su quelle che poi di fatto sono diventate informazioni di dominio quasi pubblico, non si aspetta certo di vederla scuotere il capo in risposta, quindi continua <uno dei compagni della missione aveva con sé una falsa divisa degli OMM> ammette <guarda> ed è con queste parole che andrebbe a tirare fuori il telefono cercando di affiancarsi alla ragazza. Se fosse giunta spalla a spalla mostrerebbe semplicemente le stesse foto che stava guardando fino a poco prima. Quel pelato, quel monaco, che mostra la divisa. In tutto questo un piccolo badge apparirebbe sull’altro dello schermo, una notifica, un messaggio da parte di “Demente” accanto al nome una piccola emoji di un uomo sulla sedia a rotelle. Avendo abilitate anche le anteprime si legge un “hey”. Passano dieci secondi prima che una seconda notifica sostituisca questa “sbagliato chat”. Nene potrà vederle chiaramente dato che le sta mostrando il telefono. La sua faccia si incrina appena leggendo quei messaggi, non avevano avuto più contatti Il sitematico muoversi del pollice a sferzar il tappo verde, facendolo volare in avanti quasi parallelo. Un bel tuffo nel vuoto, uno svolazzar di pezzi d'alluminio alla volta del nulla cosmico che le si propaga in avanti. Il realtà il discorso è talmente semplice da lasciar cadere le braccia: Sìì mia alleata, sono stanca di vedere solo nemici. Quasi un esasperante richiesta, un abbassarsi di spalle in direzion di una rassegnazione che le martoria le viscere dall'interno - le mischia la materia grigia che ora come ora, sembra annichilirsi sotto il pensiero di vedere in lei qualcosa che non va' - ed ad ogni modo, esser tanto egoista da ingollare il rospo per paura di risultare eccessivamente interessata. Sparito. Ci pensa con il doveroso ritardo a quello del ramen, il tipo di cui avevano così tanto parlato - ed al modo in cui l'ha lasciato decadere con la minima importanza a riguardo. No, è incrinata, si vede. Saigo non avrebbe mai abbandonato qualcosa di suo interesse. Per ore chiude gli occhi, soffoca l'intero villaggio delle ombre godendosi tanto il vento, quanto il pigro sole del mezzo giorno. Il primo sorso di soju è infame, fresco - ti ci riempi la bocca come faresti con della ramune, con la sola paura di sentir il solletico delle bollicine risalirti la gola ed il naso. Invece il soju no, scende che è una meraviglia. Il suo è all'uva - e l'odore non manca di presentarsi dopo quella falcata. La gola esposta al niente d'innanzi sembra offrirsi in pasto all'intera città. No, è falso, non sono il maledetto pasto di nessuno. < Si ho visto tra la richiesta di manovalanza, e avevo sentito un giornalista parlarne - delle divise. Io ho fatto una scaletta di supposizioni sulla base di ciò che s'erano fatti scappare quelli del Lato Oscuro. Tck. > Le labbra lucide, il gloss che impela il bordo vitreo della minuta bottiglietta che di tradizione, andrebbe diluita con della birra per gusto e leggerezza. Lo sguardo scorre sullo schermo una volta che il posto di Saigo si rende fisso al suo fianco, guarda la foto di quello che è uno strano tipo pelato, con la divisa degli OMM - a quanto pare falsa. Il mento sventola un cenno d'assenso - poi, lui. La notifica che balena sulla parte superiore della schermata che smuove l'epidermide in un tappeto di ghiaccio, ed una pellicola silenziosa le si smuove davanti agli occhi, finendo per distogliere lo sguardo dalla schermata. Che sensazione curiosa. L'ha ghostato. Non vuole saperne nulla e ora, di tutta risposta, ignora la notifica come se non fosse mai apparsa. < Che stile di merda sto tipo. > E' tutto quello che riesce a commentare facendo la stessa identica cosa - la schermata di Nene si riapre nella chat di Nobu sotto il nome di "Inugami", il cane infernale. E nel retrocedere tra le pagine, nel secondo titolo, escono i tre puntini classici con la scritta "sta scrivendo". Chi? Cos'avrebbe da dirle? Niente, non si sono nemmeno più visti dopo quella volta nel suo studio. La porta era chiusa, e lei non è entrata. La schermata cambia, piuttosto chirurgica, verso quella del sito forum del famoso KNS, dove un post sotto il nome di /ilikepies/ compare tra i preferiti. < In un certo senso che usi delle divise false a seconda dell'evenienza lo rende astuto ed anonimo quanto basta da sparire come se nulla fosse. Tra gli anbu è molto facile, basta avere una maschera per sembrare un fesso come loro - tipo io mi ci sono introdotta usando una trasformazione. A stento mi ricordavo come si faceva. Per fortuna mi ricordo qualcosa dell'accademia. > Si, beh, forse troppo poco a dire il vero. < Anche io ho aderito ad una delle missioni richieste, ci sto spendendo ogni neurone. E non so manco perchè. > Spira tra le labbra, lasciando a Saigo il modo di spaziare tra il notes dove sono segnate le sue teorie, e il forum. < Ho pensato con il suddetto giornalista d'ingaggiare il killer, avvicinarci a lui - creando un affinità. > L'iride barcolla nel vuoto ma alla fine, risponde alla fame di Saigo riversandosi nell'iride sanguigna. Totalmente differente. Arde di ghiaccio ora tacito, vacuo, come se mancasse qualcosa. Forse il riflesso. O forse, è meraviglioso così com'è. < Che ne pensi, Saigo? > ... < Potremmo uccidere anche noi dei vecchi ninja, ripercorrendo il suo stile. Potremmo così avvicinarci a lui, e poi far ricadere le colpe sul suo scranno. Avremmo due cose che entrambe vogliamo. > Il sangue? Ah no, la giustizia. La semplicità con cui Nene apre quella bottiglietta la fa quasi sentire un piccolo verme, priva di qualsiasi abilità. Lei che in quel tatto aveva comunque incontrato un degno avversario vede l’altra disfarsene come se nulla fosse. Quel momento la rappresenta, l’ansia che prova in determinate situazioni, per molti semplici e del tutto ininfluenti si rispecchia in quel semplice gesto. Un obiettivo significa pianificazione, inseguire una strada che già si sa dove ci condurrà e non lasciare tutto al caso, reagendo ad ogni nuova sfida che la vita ci pone davanti, lei non è in grado di fare una cosa così semplice, affrontare il presente senza averlo prima pianificato. Ne è consapevole, i suoi limiti sono quelli che conosce meglio ma non è in grado di agire per cambiarli, una sorta di semplice voglia di arrendersi la pervade in ogni istante della sua vita, lotta anche solo per svegliarsi la mattina e non rinunciare, una forza dettata più dall’istinto di sopravvivenza, non vuole affogare in quel mare di paura e dolore ma nuotare le costa molta più fatica di quanto costerebbe a chiunque altro. I messaggi di Fuji vengono lette da entrambe, finisce di mostrare quelle foto prima di chiedersi cosa dovrebbe fare. Apre quindi quella chat, la osserva pochi istanti e poi emula perfettamente il suo più classico atteggiamento rispondendo semplicemente, tre parole, due farsi e tanti insulti. Semplicemente fa cosa ci si aspetterebbe da lei, senza tradire le aspettative. Si sposta quindi ad osservare Nene e i suoi complottismi <si chiama Tsuyunotama Judo a quanto ho capito> aggiunge lei <potrebbe essere l’assassino o in contatto> i suoi sospetti sono semplicemente questi. Per ora non ha riferito le informazioni, le sta tenendo solo per loro due, non ha intenzione di far guadagnare punti a qualcun altro <oh sì quegli idioti di anbu mi hanno arrestata. Non sanno che pesci prendere> butta la bomba agganciandosi a quel discorso <chiunque sia è troppo intelligente per quei dementi> tutto il suo amore esplode, Orgoglio e senso di superiorità che si dipingono su quello sguardo salvo svanire nel momento in cui realizza. Ecco la sua seconda pista venir bruciata in un nanosecondo. Apre la bocca perplessa e anche indisposta al realizzare che tutto il suo piano geniale sta svanendo <ah ma…> lascia cadere quelle parole <tu…> continua pian paino il discorso <io…> sospira. Alza la testa e scoppia a ridere. Divertita da quanto si siano appena mostrate simili, hanno avuto la stessa identica idea, in qualche modo senza dirselo si sono semplicemente attirate nella stessa trappola <ti ho risposto io, pensavo che l’anonimo del post potesse condurmi da qualche parte> ridacchia ancora mentre va a riporre il cellulare dentro all’obi. Ora è il momento di bere. Si porta il collo della bottiglia tra le labbra, inclina appena il vostro alzando la mano destra e lascia che il liquido scenda lungo il suo corpo. Il gusto è acidognolo, le stimola la salivazione e nemmeno le piace troppo, mentre l’altra parla alza la bottiglia così da osservare l’etichetta. Ecco il pompelmo. Storce un pochino il naso prima di voltarsi perplessa verso Nene <sono debole Nene, mi troverebbero subito. Meglio arrestarlo, fare carriera e poi piegare le leggi per ottenere ciò che voglio> semplice, diretta e spietata. No non andrà mai pubblicamente contro i suoi superiore, attenderà solo il modo per fregarli e così anche per i ninja ritornati <io li odio ma devono soffrire non basta che muoiano, ma non ti fermerei mai se tu volessi farlo> scrolla appena le spalle. Consegnerebbe Nene se servisse per fare carriera? Non è una risposta che conosce, forse. Sicuramente ci rifletterebbe su Fermi tutti, è ora di spegnere i pensieri. E' ora di evadere dalle situazioni e mettere da parte il cellulare che inizia a lasciare piccole scie opache sullo schermo. La sudorazione è un involontario cenno di nervosismo - ma non per il discorso in se per se. E' il nodo di pensieri che la porta ad esser tale. Nobu. Fuji. Alleate. Echi che riverberano, trovano in essa assonanze e musicalità tale da continuare a sviolinarle nella testa. Il collo della bottiglietta incastrata tra indice e medio ciondola portandosi entrambi i palmi d'innanzi alla bocca - e forse tutta questa filosofia sull'esser forti o non esserlo, le è talmente distante da lasciarla indenne, per quanto ci dolga abbandonare Saigo nella sua figura più gracile. La ascolta e spegne il flusso dei pensieri, si rivolge al bosco dei ciliegi che da quì - è una macchiolina rosa ed informe - così come il diremarsi delle vie alla volta dei quartieri più disparati che spariscono all'orizzonte. Rimane zitta per tutto il tempo - fino a quando non è lei stessa a vacillar di ipotesi a risposte trovando nella corvina uno sguardo prima confuso - e poi progressivamente confusamente divertito (?). Il classico sorriso che s'allarga senza capire esattamente cosa stia succedendo -- ma poi la risposta arriva e, dal suo lato - scoppia in una risata vera e propria. < AHAHAHAHAH ! > Gli occhi si assottigliano, il corpo si riflette in un ripiego di se' stesso alla volta del basso, accartocciandosi per metà. < Non ci credo, siamo due coglione. Ci stavamo veramente dando la caccia a vicenda? > Il crollo d'un castello ha il suono delle sue risate - della mano in parte umettata dal sudore ad altezza del palmo - che finisce per carezzar con il dorso dell'indice l'occhio bagnato da lacrime divertite. E' un immagine assurda ma alla fine, sembra quasi che siano le sole ad aver arco e frecce puntate alla volta di una calotta cranica sconosciuta. Anche questo le accomuna - così come, del resto, troppe cose le mantengono distanti. Il calore del soju corre come sangue bollente, così come il suo modo d'agire s'estende pigro nella sua testa trovando delle vallate di nulla. Risposte. Motivi. Valenza. Che importanza ha? Che importanza avrebbe se salisse su quello scalino di marmo e guardasse in basso? C'è così tanta luce oggi, che il coraggio non le manca. Anche oggi, è un buon giorno per morire. Dovrebbe solo salutare Nobu, il suo Inugami - e Saigo, è importante salutarla. Ma è quì. Che importa? Il primo passo che la porta lontana da lei, è quello fatto dal piè destro per sollevarsi sul bordo spesso che da a strapiombo nel vuoto. < E di cosa hai paura, Saigo? > Una domanda così aperta, con così tanti discorsi, con così tanta carne sul fuoco - eppure scocca la sua freccia dritta al punto. L'assenza di terrore è in realtà, un grande deficit - e se solo fosse come lei, probabilmente, vivrebbe più a lungo. Farebbe scelte corrette. Farebbe le cose corrette. La pianta del piede ornata da suole di sneaker in tela nere, accuratamente allacciate, farebbe per roteare dando le spalle al vuoto e fronteggiandola - dal suo muretto rialzato. Cosa ti ferma? Cosa ti fa' pensare di essere debole? E da quando è importante essere forti? Le palpebre s'ammansiscono, finiscono per guardar il buco di quella bottiglia che vien fatto coincidere con le labbra. Ne beve un sorso. Uno dolce. Troppo. < Sali con me. Spiegami perchè non sei forte. > E il palmo che gli offre, quello che s'allunga verso Saigo per poterla portare in altro con se' - è lo stesso che poi rotea ad offrirle il polso coperto dal trappo della felpa, tenendola al sicuro. Principalmente da se' stessa. < Non mi toccare la pelle. > Annuisce alla risata di lei. Quel singolo ciuffo scappato dalla sua acconciatura ondeggia davanti al volto per quel gesto, si muove come possedendo vita propria. Ha bisogno di tornare alla normalità, alla sua personale normalità rimuovendo ciò che l’ha sconvolta e ricominciando come se nulla fosse. Sorride ancora alle parole della ragazza, mentre la sente ridere, la osserva. Il cellulare suona <così pare> replica alla ragazza mentre la vibrazione passa attraverso le sue viscere, deve rispondere e anche se una parte di sé spera davvero che non sia ancora una volta Fuji l’altra ne è dannatamente consapevole. Estrae il telefono distraendosi dalla visione che Nene potrebbe fornirle, il collo che si piega in avanti mentre lo schermo viene sbloccato. Fissa quelle parole, le osserva e dentro di sé monta la rabbia, una rabbia cieca scaturita dal dolore, da quella che percepisce come una stilettata. L’ha distrutta, ha messo in crisi l’unico rapporto che possedeva, le ha fatto temere di perdere persino il suo ultimo contatto con il mondo e adesso osa dirle una cosa simile, osa fare la vittima, come se fosse colpa sua. Lei che nonostante tutto non è scappata, che è rimasta pietrificata in attesa che lui decidesse di andarsene, che ha sopportato e in qualche modo si è rimessa in piedi. Si morde le labbra mentre l’altra continua a parlare. Tituba appena su quella risposta. Scrive qualcosa che cancella, lo fa ancora e ancora fino al giungerle quella voce quella domanda. Già di cosa dovrebbe aver paura? Dell’inevitabile? Di perderlo? Ma non è forse già successo? Le cose sono cambiate. Ha paura di questo, ha paura delle bestie, ha paura del Dio ha paura di non saperlo proteggere, ha paura del rifiuto. Lei ha paura di praticamente tutto <Niente> replica decisa, sul volto la solita maschera, imita uno dei tanti personaggi interpretati lungo la sua carriera come comparsa, come attrice. Non ha paura di arrivare un giorno ad uccidersi, di perdere tutto ancora una volta, non teme la solitudine. Il suo personaggio non teme nulla. Scrive dunque quel singolo messaggio ed invia. Mette in silenzioso il cellulare subito dopo, basta. Osserva Nene ormai salita lì sopra e semplicemente prende un nuovo sorso da quella bevanda. L’acido ora inizia a reputarlo confortevole, le piace il gusto del pompelmo ed il suo amaro retrogusto, non più schifata come prima, inizia ad apprezzarlo o forse sta solo facendo finta. Si catapulta verso di lei, sale esattamente come le viene chiesto ma non accetta il suo aiuto. Flette in ginocchio destro, allunga la gamba e la mostra nuda, attraverso lo spacco di quel Kimono sapientemente ricreato grazie all’aver tenuto i lembi del tessuto meno tirati di quanto la tradizione impone. Mostra la pelle candida e non prende la mano di Nene, non ha bisogno di nessuno. Una volta arrivata lì urla. Un urlo in cui mette tutta la sua frustrazione, la sua rabbia, il nervoso e anche la sua paura. Non è abbastanza. Urla. Vede le bestie attaccarla. Urla. Si sente sola. Urla. Abbandonata. Urla. Un singolo urlo con tutto il fiato che ha in corpo per far uscire tutto ciò che si tiene dentro, allentare in parte la tensione che la sta mangiando, divorando <mi manca il potere Nene> solo dopo le spiega, solo dopo essersi sfogata ed aver urlato tutto fuori può riprendere il filo del discorso Ah che visione ancestrale - il corollario di nulla che passa sul viso di Saigo la lascia da un lato interdetta e dall'altro riluttante. Come osa? Come osa con così tanta leggerezza definirla una sua alleata, e poi sfogliare le pagine di un copione in modo tanto plateale ed accurato? Rimane immobile - il gloss rosato su quel musetto zuccherino sembra svanire abbracciato alla bocca di una bottiglia che sembra avere un fondo tanto limitato. Non ti fa' rabbia, quando hai così tanta sete? Si trova a stritolare il collo della bottiglia tra quelle dita - ma la forza non è tanta da vederla frammentarsi. L'ennesimo sorso. L'ennesimo silenzio. Il vuoto che si apre tra lei e quell'adorabile fragolina è tanto da sentirla a passi abissali da lei. Non è capace di compensare la sua astuzia, non è capace nemmeno di fermare il prurito che l'anima come una marionetta muovendola alla volta del subbuglio - del crimine - solo perchè in esso si può dilianare e sanguinare. Può sentire il riverbero delle viscere bollire, il sangue affluire al cervello. Ora. Ora o muori. Le ciglia ricurve s'abbassano e quel polso offerto, batte la sua ritirata dandole l'onere e onore di alzarsi da sola - di urlar fuori dal petto tutta l'aria che ha. Lei tace. Non ha niente da urlare. Non sta nemmeno male. Ha solo qualche fissa - e di tanto in tanto è agitata. Ma ha il controllo della situazione e su questo, non c'è alcun dubbio. La tesa del cappellino sfarfalla al vento, la obbliga ad issare la mancina a fissarlo sulla nuca per non vederlo volare via. Due anellini d'oro spessi ai lobi ora tintinnano violenti, fugaci - accompagnano la musica del suo urlo che ricade nel vuoto con un pigro e insensibile accorgimento. Ed è tempesta. Ciocche nere che svolazzano come piume di corvo al seguito d'un attacco tra i boschi. E curiosamente dal lato opposto, Nene ha fame di veder le bestie correrle incontro - di vederle guaire, scalpitare, di sentirsi in pericolo. Nel limbo della morte. Vuol sentir l'ultimo fiato macchiarle le labbra. Ed il sangue annebbiarle gli occhi. Oh le manca--le manca -- le manca. " Wakatta. " Il mugolio che le carezza il palato risponde a quelle poche parole, quell'ammasso tra bugie e verità - dove lei percepisce il limbo d'esse con l'incertezza di chi qualcuno lo conosce, ma non con l'intimità di un amico. Spingerci così in la'? Rischieremo? Queste domande sono un punto d'arrivo e la strada battuta, ora, è costellata di punti in sospeso che nessuna delle due ha voluto riferire all'altra. Il caso fortuito vuole che quella mancanza di paura finisca per macchiar le labbra di vino speziato, quel bocciolo che si schiude inevitabilmente nel collezionar aria nel petto. L'azione che vien in seguito - è difficile da comprendere, da accettare; la misera mole finirebbe per abbassarsi di tre quarti - le ginocchia abbassate vedrebbero il peso distribuirsi equamente lungo il plantare sinistro ben poggiato su quel marmetto a strapiombo. L'arto inferiore destro invece s'allungherebbe verso - irrompendo con il perone se non fosse schivato, rovinosamente contro la caviglia a lei prossima di Saigo. Un movimento che va' dall'esterno verso l'interno, atto a sbilanciarla inevitabilmente alla volta di quel fossato sicchè il peso dovrebbe esser portato - al fine spontaneo di ritrovar una stabilità - proprio in avanti. Celere. Violenta. Sconsiderata. Eppure non pensa - c'è una leggerezza immane, nel suo voler gettare Saigo da quella vetta. Che fosse caduta, inciampata, o a strapiombo - no, non la lascerebbe cadere. Con la stessa velocità, così flessa, le prenderebbe ambo i drappi del kimono, le dita soffocano tra le proprie falangi quelle grinze, tenendola con un braccio solo. Forse è solo ubriaca e annoiata. < E cosa vuoi fare, aspettare che ti venga a trovare? > La lingua è la peggior lama - e quella della salamandra, è una tossina velenosa. Da quel vacuo pozzo d'oceano, immerso nel buio di un ombretto nero - finisce per adorarne il viso - per desiderar proteggerla, guidarla, averla come mente. Al posto di quella becera che si ritrova. Ma sono pensieri che fanno a pugni, mentre il palmo asfissia la seta del suo kimono. < Non avere paura è una cazzata. Saigo. > ... < Io ne ho molta. Fuori. La guerra. Mi fa' cagare addosso. E mi eccita al tempo stesso, a te no? Urla adesso. Urla come hai fatto prima. > ... < Però questa volta, urla tutto quello che meglio sai fare. Urla quello in cui nessuno può batterti. Non io. Non un Anbu. Nessuno. > Lo vede arrivare quel colpo? Sì, non se lo aspetta e quando la ragazza si muove per farle quello sgambetto, darle quel colpo semplicemente la osserva. Il viso muta mentre pian paino realizza che quell’impatto avverrà ma di certo non fa nulla per impedirlo. Stupore le attraversa gli occhi per poi legarsi alla rassegnazione, una certa leggerezza la coglie mentre, perdendo l’equilibrio, il suo corpo inizia a sbilanciarsi verso il vuoto. Si inclina, oscilla con i capelli che sospinti dal vento escono da quell’acconciatura, ciuffi che le accarezzano il volto come madri amorevoli pronte ad accompagnare i propri figli nel sonno. Dolcemente sottolineano i lineamenti gentili di quella carnagione pallida. Ciò che fa è ruotare sul piede ancora poggiato alla balaustra, rivolge la schiena verso il terreno e apre le braccia. Codarda fino all’ultimo è pronta a lasciarsi cadere. Ha finito di combattere, in lei una voce le suggerisce che è giusto così che questa è la strada da perseguire. La stessa voce con cui lotta costantemente in ogni istante della sua esistenza ora la guida verso la definitiva resa. Unico bagliore è la speranza di aver finalmente battuto il Dio, colui che continua a tormentarla con quelle parole, con quella semplice minaccia. I giochi sono finiti, non saprà mai se quelle parole fossero state o meno reali ma sa di aver messo fine a tutto. Che sia Nene ad ucciderla non le crea alcun problema, sono alleate infondo o no? Non si perde nemmeno a riflettere sul senso di quel gesto improvviso apre le braccia e si consegna al vuoto accettando quella fine come qualsiasi altra. Gli occhi si sposterebbero sulla ragazza, non c’è sfida nello sguardo solo la volontà di rimanerle nella mente, si è arresa ma il suo orgoglio le impone di lasciare almeno un segno del suo passaggio, per quanto inutile e breve possa essere stato. Qualcosa però ferma quella caduta, lo percepisce distintamente, il suo corpo ha finito di inclinarsi, ancora una volta qualcuno impone su di lei il valore, le impedisce di lasciarsi semplicemente andare. Osserva la ragazza, osserva il tessuto del kimono e semplicemente resta lì appena, spostando il suo baricentro, il peso del suo corpo, contraendo gli addominali così da opporre resistenza solo nel caso in cui l’altra volesse risollevarla <voglio solo vincere> non sta più parlando solo dell’assassino, sta dichiarando i suoi intenti verso il mondo intero e verso sé stessa. Vuole vincere su quelle voci, su quel desiderio, sulla sofferenza e su chiunque le si ponga davanti, schiacciarli come si farebbe con le mosche. Il potere è ciò che le serve, ciò che insegue da quando quel giorno si è ri9presa con la forte consapevolezza di non essere abbastanza. Gli altri morti intorno a lei Fuji incapace di muoversi e lei stupidamente illesa, la fortuita attivazione di un’innata. La mano sinistra si piega a formare il mezzo sigillo della capra <vuoi vederlo Nene?> domanda semplicemente andando così a cercare il richiamo del chakra, nonostante la situazione o forse proprio grazie ad essa. Energie fisiche che andrebbero a radunarsi nel basso ventre mentre l’aria le accarezza il capo, le braccia, il collo e il volto, mentre i capelli cullano la sua pelle docilmente. Le energie mentali dietro alla sua fronte mentre la rassegnazione prende il sopravvento e l’orgoglio riaccende la fiammella della rivalsa. Sposterebbe quelle due sfere verso la bocca dello stomaco dove vorrebbe andare semplicemente a farle unire così da richiamare il chakra e farlo entrare in circolo <non puoi tornare indietro poi> ammette semplicemente sciogliendo il mezzo sigillo. Ancora a braccia aperte, ancora sospesa verso la morte. Una lotta intestina la coglie, il desiderio di morire contrapposto alla necessità di mostrare a sé stessa di avere un valore. Orgoglio e Depressione. Due demoni, due mostri nella sua testa. [richiamo chk] No, no - è tutto così tremendamente errato. Lo sceneggiatore deve aver fatto un errore nel disegnar i tratti di Saigo e le sue movenze, disegnar quelle braccia che s'aprono abbracciando la sua dipartita ed il corpo che si concede alla fine. Che rabbia. Perchè solo Nobu ridisegna il proprio fuoco, il proprio ardore - perchè chiunque la circondi, sembra aver smesso di lottare? Il mondo è bianco e nero e si muove lento, come un vecchio film. Non c'è nessun suono adesso - e pure la mano che teneva il berretto, lo lascia andare in balia del vento che sferza il palazzo. Gli ululati ingollano Saigo e quella forma che tiene sul profilo del cornicione - e la sua mano ha forse l'ultimo straccio di pudore che potrebbe rimanerle, serrando i due lembi sul petto sicchè non possano aprirsi ed abbandonarsi ad esso. Urla. Sangue. Pianto. Blackout. Oh, le piace. Anche questo senso d'abbandono - anche il modo in cui ella abbraccia la fine secondo un criterio sconosciuto. Sente il brivido risalirle la spina dorsale a cullarla, annebbiarle gli occhi. Non puoi lasciare andare, è Saigo, non è un nemico. Ah, non lo è, lo abbiamo deciso assieme. E allora perchè l'ha fatta arrabbiare. Non lo ha fatto. Ah. Che stupida. Il polso ha un pigro tremito e quando gli occhi si riaprono, infimi - allungati, dal taglio serafico di chi vede tutto muoversi e non riesce a percepire più nulla se non un immenso, acre, disinteresse. Non è quello che dona a Saigo - no. Per Saigo, lei è fuoco e fiamme. E' fame cieca. E' l'ariete. Chi agisce senza pensare, ed usa tutto se' stesso per arrivar a segno. Perchè non lotti? Perchè non hai desiderio di sopravvivere? Che cosa vi prende a tutti quanti? Dammi un pugno, fammi sanguinare. Dalle labbra esce il sospiro frustrato di chi non riesce più - ma mantenerla in bilico con quel braccio, non le crea fatica. C'è qualcosa di disturbato nel riconoscere in Saigo la bellezza? L'esteta che è in lei osserva le ciocche amarla in modo perfido, osserva i lembi del kimono allentarsi su collo e spalle - lì ove le coscette si mostrano. Il baluginio dell'erotismo la trascina a fondo, è un macigno sulle spalle - ed anch'essa, non ne è esente. Le labbra contuse si schiudono, hanno un fremito - carezzate nella loro fossetta dritta dalla punta della lingua. Che meraviglia, la forza. Che meraviglia, schiacciare il prossimo. Avere il controllo. NO - fermati, spegni questi pensieri, narcotizzali. Lasciali lì, nella loro nicchia. Ma Saigo, oh - lei è meravigliosa. L'obi attira la sua attenzione, vede le pupille discendere rovinose alla sua volta. Deve apparire come un gatto d'innanzi al nastro con cui è avvezzo giocare, inseguendolo - torturandolo - lasciandosi deliziare. < Per vincere devi lottare. > Un brusio le lascia le labbra cercando di risalir la corrente - non si lascerà trascinare. Il respiro, quello è palesemente macchinoso. Nene cerca il controllo, lo ha - non è che lo cerca - lo ha, in pugno. < Spoiler: > Come nei film. < Tutti vogliono vincere. > Come hai intenzione di farlo, se non combatti? Se ti lasci andare, cadere. La mano vacilla mentre assesta il proprio corpo - mentre le gambe rimangono piramidali ad aver un baricentro più facile da controllare. Il proprio peso si flette indietro, ma non quanto basta per tirarla su - anzi, sembra fare un passo in avanti, facendola discendere - o nel tentativo di farlo. Di farle sentire il vuoto, l'adrenalina, quella sensazione che tanto affligge Nene. Ora, o muori. Allora facciamo un gioco, Saigo. Le vedi quelle falangi affusolate stringerti il kimono? Il mignolo si alza. L'anulare pure. < E ora non vuoi vincere, Saigo? Che ti prende?! NON VUOI VINCERE ADESSO?! > Vinci il vuoto, la caduta, vinci le dita che s'aprono - ora è il momento del pollice - pinzando quel drappo tra le centrali ed il palmo - facendole muover il busto a scatti, in una presa che se prima era salda, ora lo è molto di meno. Risalire sarebbe facile, forse impegnativo - certo, ma molto facile. Basterebbe scalarle il braccio e sforzarsi per riavere un controllo plantare contro la pavimentazione. La domanda che le arriva è tanto vaga da lasciarla confusa. Quelle fiamme, quelle screziature rossastre nell'iride di ghiaccio. Il ribollire di qualcosa, nascosto, subdolo. Finalmente il viso non guarda e basta, vede anche. Cosa? Di cosa parla. < Si. > Ah, che le importa. Che la trascini con lei, ovunque voglia andare - qualsiasi cosa voglia vedere. Non teme di morire. Teme di farlo senza combattere. [Kishiki 1] Si è rassegnata alla morte ma mentre richiama il chakra una fiammella arde in lei dandole la forza di non voler più morire. Vuole vedere in cosa è brava? E sia. Mentre l’altra gioca con sé lei non si aggrappa alla vita semplicemente ribalta quel combattimento, lo porta in un terreno a sé più favorevole. La bottiglia ancora nella mano destra. Osserva dunque quello sguardo, quel feroce modo di giocare con il suo corpo, non si oppone. Remissiva? No semplicemente subdola. Non vuole ferire Nene, la considera un’alleata e non avrebbe davvero motivo per farlo al momento, d’altronde è lei che ha deciso di non schivare come potrebbe prendersela? Ha lasciato lo schema da qualche parte, ha smesso di seguire la strada tracciata ed eccola qui. Inspira godendosi il vento che ulula intorno a lei, apatica rispetto alla possibilità di cadere ma sceglie comunque di mettersi in salvo. Si concentra verso il suo chakra che ora andrebbe a concentrare nel suo busto, comprimendolo lo farebbe esplodere successivamente, andando così ad espandersi, uscire dal suo corpo e correre tutt’intono a lei, lasciando che la realtà si modifichi, che vada a cambiare radicalmente. Gli oggetti e la loro posizione rimarrebbe intatta, questa volta però invece che sospesa sullo strapiombo sarebbe solo pericolosamente inclinata verso terra, un semplice terreno brullo. Aumenta il vento che sferza i loro corpi, che muove quel kimono, quei capelli sempre più ribelli, aumenta perché all’improvviso loro si trovano su un campo aperto in cima ad una rocciosa montagna. Quella che si disegna è un’arena di terra illuminata dai pochi raggi che filtrano attraverso quelle nuvole, così vicine da poter essere toccate. Insieme a loro anche il sacchetto ed il tavolino abbandonato sul tetto. Si è portata dietro tutti gli oggetti abbastanza vicini da venir compresi. Lì il gioco ha fine, semplicemente si rompe l’obi, sottoposto a pressione continua in un singolo punto, si strappa lasciando quindi che il suo corpo ricada indietro. Gli occhi non hanno mai smesso di fissare la figura della ragazza ma ora si sono fatti dannatamente chiari, quasi bianchi, come privi di iridi, potrebbero ricordare quelli Hyuga ma a mancare ci sono le tipiche venature, un sapore antico risplende in quelle pupille nere a contrasto. Braccia ancora aperte, schiena che tocca il terreno e solleva la polvere. I capelli si scuriscono a causa della sabbia da cui vengono assaltati, il viso stesso si macchia mentre la polvere lentamente ricade per effetto della gravità. Il nero kimono su fa man mano più grigio ed i suoi lembi sono gli ultimi a ricadere, sotto di lei l’obi rosso ormai rosso. Sai apre il tessuto scuro, mostrando parte di quell’addome, del seno coperto da un semplice reggiseno nero, stesso colore del resto dell’intimo. Se Nene volesse esplorare ai lati di quell’arena troverebbe solo strapiombi con spuntoni ad attenderla, catene montuose più basse rispetto alla cima dove si trovano ora loro <benvenuta> mormorerebbe lei limitandosi quindi a comporre successivamente i sigilli di cane, capra e drago per poi rivolgere i palmi al terreno e toccarli. Un boato si propaga in quel luogo altrimenti silenzioso, il terreno trema e andrebbe ad inclinarsi con la sua testa che ora si troverebbe più in basso rispetto ai piedi. Verso lo strapiombo, verso le rocce appuntite. Non alza le mani solo la guarda mentre lascia che quei pochi gradi inizino a formare una discesa verso gli spuntoni per Nene <volevi vedere in cosa sono brava, credi davvero mi serva urlarlo?> ripete le sue stesse parole. No non ha bisogno di urlare le sue abilità è la terra stessa a farlo per lei <ora capisci come so che prenderò l’assassino?> riporta su quello il discorso. Non è forte, non possiede il potere per uccidere ma può fare tutto questo[chk on][kishiki1][alterazione dimensionale terrestre][chk 26/30]
Giocata del 16/03/2021 dalle 17:46 alle 20:32 nella chat "Luogo Sconosciuto"
[Mondo bello, ma no] Cosa succede? Il palesarsi di un cambiamento è lento e macchinoso nella testa di Nene - sembrerebbe avere un blackout, ma no. E' reale. E' reale il devolversi delle vie - del mezzogiorno di fuoco occultato dalla danza tribale di gravide nemiche che assediano il cielo. Priva di una reazione reale che possa sfamare la bocca di Saigo - insegue i suoi movimenti, o a dirla tutta - insegue tutto ciò che cambia attorno a loro. La catena montuosa. Questa vetta arida. Il pavimento polveroso ricostruito nel terriccio arido baciato da una sola bava di vento. E' oltre alla sua capacità di comprensione, ma in qualche modo - prende questo scenario - e se lo mette nel taschino ipotetico di una giacca. Ne divora la beltà come se non ne vedesse mai. Le labbra si schiudono, purpuree - lasciano andare un amabile sospiro. E' bello. Molto meno bello è perdere il controllo, farsi scivolar il topolino dalle zampe. Mettere a fuoco quello che a conti fatti, è un comportamento sbagliato - se solo tenesse nell'avere accanto le stesse persone che finisce inevitabilmente per trattare male. La visione di Saigo sarà limpida, bagnata di quelle ombre e quella luce - rendendola una sagoma tanto delineata, quanto frastagliata. Il mento decorato si sottili diramazioni verdastre sta ammirando tutto attorno, quest'arena immersa nel nulla; deve essere bello essere così forti. Deve essere bello aver vissuto un po' meglio di lei l'accademia, ed aver avuto modo di sviluppar i propri innati talenti. Il boato della terra è la prima avvisaglia di un attenzione che vacilla dalla meraviglia, al senso più innato nella salamandra. Sopravvivere. Improvviso - o forse è lei che è distratta - il terreno sembra giocare in sfavore di quella posizione eretta, dove la mano non possiede più nulla - se non la bottiglia di soju oramai vuota che tintinna malinconica, reclamandone un attenzione oramai perduta. L'azione improvvisa, inaspettata, la sbilancia in avanti. E' un rovinoso cadere - di fianchi che si spostano anteriormente, di un esile pressione del proprio corpo / a tratti anche fastidioso, data la poca grazia di Nene / che porterebbe Saigo a mancar un soffio ai polmoni. E' lei la fautrice del danno, che sbilanciandosi addosso alla fragolina, dovrebbe farla slittar in prospettiva del burrone più prossimo al capo d'entrambe. Gli occhi lattei. Ci si perde dentro con un che di curioso, ma che le muor in gola. Tenterebbe dunque di posar una delle mani coprendosela con la felpa contro il costato dell'altra - e la gemella a spinger con tutta la sua forza contro il terreno per arrestarne la discesa. Pelle. Fame. Piccole pulsioni accendono fiammelle strappandole quell'espressione atarassica dal viso, quegli occhi vacui s'illuminano e riflettono lei, e le sue sofferenze. Le sue mancanze. Fosse riuscita a fermar quella minima caduta, quel minimo slittar di corpi, muoverebbe i fianchetti ad alzarsi - le ginocchia puntellarsi una oltre la coscia destra dell'Otsutsuki - e una sul lato sinistro della stessa. Stai bene? Che domanda stupida da porre. < Mi sembrava ti piacesse. > Urlare intende, ed il musetto, si stropiccia pigro in un espressione imbronciata. E' come una bambina incapace di comprendere cosa si dovrebbe fare, e cosa invece no. Le ciocche mozzate appena sopra la spalla ora, sarebbero il divertente preludio di un solletico. Ha un odore strano. Pungente. Ferroso. Ed anche dolce, come l'Argan. Il decorrer del palmo sulla terra l'ha lasciato solo appena infastidito, graffiato - e per quanto sciocca possa esser stata la sua azione, sarebbe comprensibile sapendo la ridotta conoscenza di Nene, delle potenzialità del Ninjutsu e del Genjutsu e soprattutto, di una Kekkai Genkai come questa. Tanto distante da casa sua. Gli occhi caracollano lì, nelle insenature di una pelle nivea come manto lunare, nei piccoli promontori che si muovono dettando il ritmo di un respiro placido. Nel costato che s'incorda e rilassa. < Credi in te stessa, Saigo. Io lo faccio. > ... < Se non lo facessi, non saresti mia alleata. > Saigo crede in Nene? Non ne ha idea, eppure in una nicchia del cervello - un sistematico pensiero annuisce alla domanda, perchè altrimenti non si spiegherebbe l'elevazione d'un rapporto che poteva essere neutrale, o indifferente. L'agitazione della caduta vien presa in contropiede da una calma ben poco analitica, quanto più - animale. Il posarsi del petto contro quello di Saigo, ha il riverbero dolce di chi è stanco. Di chi lascia i propri muscoli crollare, devastati dall'allenamento di questa mattina. Le spalle cedono, i gomiti pure. E' un peso piacevole ora, non più così rigido e scomposto. Potesse, poggerebbe la tempia al centro del petto. Mansueta. Come avere il demonio in pugno. <Ti sono cresciute le tettine. > Spezza la tensione e forse, mentre vomita miele da quella bocca - realizza una verità scottante. Le è piaciuto sentire Saigo urlare. Forse, quel ringhio, è l'annichilito animo -- forse, quell'urlo, è Saigo che non vuole abbandonarsi. Ma non trova una via differente. Però non parla, fissa il vuoto oltre quello spiazzo sul monte. Se si gettasse, sarebbe un buon giorno per morire? No. Oggi no. [Kinshiki 1] Dimostra il suo potere a quella ragazza, quasi a volerla impressionare ben conscia però di come quel mondo sia ai suoi piedi ma non abbastanza potente per portarla dove lei vuole. Non è che l’inizio di un lungo percorso, passi che devono venir compiti. Mentre il palmo lascia che il suo chakra fluisca nel terreno per inclinare quel piano osserva la ragazza, come a volersi guardare attraverso quegli occhi, nutrirsi di una sua immagine riflessa tanto distante dalla realtà di ciò che è da poterla illudere d’essere meglio. Si estrania ogni volta che recita, che indossa una maschera ed ora vuole solo avere una nuova pelle in cui entrare, qualcuno più forte, più deciso e in grado di resistere a tutto quei sentimenti che le squarciano il petto. Chiude appena gli occhi mentre l’altra inizia la sua discesa, non rassegnata ma quasi in contemplazione di ciò che ha appena colto. Si spezza appena il fiato e li riapre trovando lì l’altrui figura. Si è persa quella caduta, quel momento di poetico abbandono ma questo non le impedisce certo d’immaginarla con i capelli volteggianti, il corpo teso nello sforzo di non perdere l’equilibrio. Immagini che si susseguono nella sua mente come un film che sta dirigendo, si sofferma ad analizzarne ogni dettaglio immaginario prima di ascoltarla e sorridere appena. Credere in sé stessa? Non lo fa così come invece è molto piena di sé. Non riesce a venir a patti con quella sua personalità estremamente frammentata, sfaccettata fatta di componenti così in contrasto tra loro da renderla odiosa ai suoi stessi occhi <non si tratta della fiducia in me> replica a mezza bocca, muovendo le labbra così poco da lasciare quasi l’illusione che non stia davvero parlando, che la sua voce sia immaginaria. La fissa, così vicina a lei. Non c’è nulla che non vada nei suoi ormoni ora come ora, non perde la ragione, resta lucida <la mia è consapevolezza> non c’è tristezza nel tono solo placida resa. Ogni giorno si alza, si forza a non lasciarsi andare e non arrendersi pur di rimettersi in piedi ed iniziare lungo quella strada fatta di ostacoli, di sangue e fatica solo per correre più veloce, solo per diventare più forte e raggiungere l’obiettivo, un fine che ormai ha dimenticato ma forse è proprio questo il punto. La strada, gli obiettivi a breve termine la tengono intera, frammentata certo, incrinata ma comunque come unica parte, viva seppur si tratti infine solo di un lento e passivo sopravvivere. Non sarà un grande modo per tirare avanti ma è l’unico che ha trovato <so quanto disto dalla meta> non è vero. Non ha idea di quanto ancora le manchi proprio perché ormai non la vede più, sembra quasi che stia inseguendo un’ombra più veloce di lei ma continua instancabile perché prima o poi ci riuscirà, la fermerà, batterà la natura stessa. Il Dio, lui verrà annientato una volta per tutte insieme alle sue bestie. Che le dicano pure che è morto lei ormai si è convinta di essere ancora pedina nelle sue mani, prima o poi però sovvertirà quel gioco. Si appoggia al suo seno, sul suo petto e semplicemente lei andrebbe ad alzare la mano sinistra, la porterebbe verso la testa, la nuca di Nene in una dolce carezza. Non la segue con gli occhi, ora punta verso quelle nuvole che paiono prenderla in giro, vicine abbastanza da farti illudere di poterle toccare ma troppo lontane perché tu ci riesca davvero <ma nessuno vuole toccarle> replica lasciandosi andare ad un sorriso, già alla fine la loro alleanza era nata così, quasi per scherzo. Avrà tempo per domandarsi se ciò che hanno appena fatto significa che sono diventate amiche <aiutami a catturare quell’assassino Nene, diventiamo grandi insieme> una proposta che vien fatta sul filo della risata. Alterna rassegnazione e speranza, oh dannata speranza senza di lei non soffrirebbe più, senza credere di poter aspirare a qualcosa in più non finirebbe per scappare da Fuji temendo di perderlo per sempre [Mondo bello, ma no] Ed è silenzio dalla sua parte. L'annichilirsi del suo corpo ha trascinato dietro di se la mole esile di quella mente che si muove come una bandierina in tempesta. Le decisioni spesso e volentieri sovvertono le sue intenzioni dipingendola il mostro che potrebbe essere - se ci lasciamo spaventare dalla leggerenza con cui agisce. A dire il vero, ora come ora, si ritrova spoglia di pensieri ed azioni in canna ai danni di chiunque. Smorta. Stanca. Finalmente c'è del sollievo, c'è della pace. E l'oasi, diviene più chiara d'innanzi ai suoi occhi. Quelle notti con Fuji, il fallace riflesso di un uomo che sembra divenire pongo sotto il suo volere lasciandola in sospeso come chi si sente a disagio d'innanzi alla malformazione del proprio amore. Il petto di Saigo ha un canto dolce per lei - e paradossalmente - le piace udire tanto lui, quanto le sue urla. Disperate. Frustrate. Agguerrite. Non importa. La può sentire ammansirsi nel suo palmo, come un gatto - ed anche l'erotismo diviene piccolo davanti a tanta dolcezza. Davanti ad un momento che noi guardiamo con immenso stupore, ma che in realtà è - un altalena d'azioni deleterie e sentimenti negativi che s'annidano tra i pensieri della rosata. Ombre. Rumori. Il fischio all'orecchio della corvina è un piacevole compagno, un metaforico silenzio privo di densità che vien distorto dal battere di quel cuore. Il palmo nemmeno pizzica adesso, è solo stanca. Potrebbe dormire ora? No, non dovrebbe. Però le palpebre si spengono per lunghi attimi lasciandola armata di nessuna risposta. Consapevolezza. La meta. Lei non ha mai avuto l'indole di muoversi al miglioramento ma solo ad un banale rimanere a galla, nella media, esser un elemento che va' bene - tutto sommato - ma è anche estremamente sacrificabile. Ammutolita da un trenino insidioso di concetti che non ha mai avuto, che non ha mai nemmeno preso in considerazione. Sarebbe divertente se Nene diventasse forte. Diventasse abile. Come lo è Saigo. Ma non ha nulla a cui aggrapparsi, nessuna conoscenza da devolvere in favore di talenti - d'intelletto. Bestiale. < Non t'avrei fatta cadere. > Forse è banale dirlo adesso, ma le parole escono in un tono sporco di raceudine - come se le avesse spinte con ogni goccia di forza che possa ritrovarsi in corpo. E' importante dirlo. Non t'avrei lasciato cadere. Non ti permetterò di esser codarda. Non ti permetterò di nasconderti a lungo. Ti spingerò ad osare, a sfidarti, a metterti in dubbio. Una sfilza di concetti che possono esser amore, o possono essere il terrore di chi s'è nascosto in una routine che tutto sommato, ha retto abbastanza a lungo da farle credere di star continuando bene. Di aver retto, rotta e ciondolante, egregiamente la propria maschera impeccabile. Ma va bene anche se dice solo questo: Non ti permetterò di cadere. Che sia esso metaforico, o no. Che sia questo lo scenario di un amicizia, o il primo passo verso una strada infausta. Sconosciuta. Non è già Nene, un cambiamento? Non è già chiamarla al tuo fianco, un distorcersi del nefando quadretto che hai appeso nel suo subconscio. L'accarezza - e Nene diviene come latte tiepido e mile. Con le labbra serrate e il respiro che le accarezza il cuore. Cresciamo assieme. < Mhn. > Un verso di assenso, priva della dolcezza che meriterebbe. Priva dell'amore e del calore che chiunque avrebbe preferito. Sì, facciamolo. L'unico movimento, dopo più di venti minuti - è l'issarsi stanco della destra che le aveva tenuto il costato, oramai asciutta. Un premersi a palmo aperto e gonfo, contro la tettina più vicina. Apatico. Sbaglia a render oggetto sessuale tutto? Probabilmente le piace di più, del vedere Saigo come una vera persona. Un anima. Carne, sangue, pensieri. E' un passo enorme. Ma oltre non c'è più niente - una volta calata l'adrenalina. < Te le tocca Nene. > Le tettine. Uno smuoversi pigro, non propriamente desiderosa di abbandonare quel riposo. Eppure, qualcosa - le sussurra che non le è concesso. Ma ecco che tira fuori lo smartphone, allungando verso l'esterno il polso. Niente linea. Niente rete. Nessun messaggio. Una foto. E nella stessa foto, Saigo è così scomposta e così bella - Nene, sembra un corvetto con tutte le piume arruffate e lo sguardo pigro, assonnato. Arrossato. E' meraviglioso. < Oggi è il nostro giorno uno. Dobbiamo bere, Saigo. Fino ad andare a ballare nude in qualche locale. O va bene anche se mangiamo e mi racconti di questi stronzi che non ti toccano le tettine. Saranno tutti dei senza cazzo, sono sicura. Microdotati. > Uno scrollo di spalle, la bottiglia finalmente muore oltre il precipizio. Ruzzolante da prima. Si tirerebbe a sedere, decisamente inclinata verso di lei. E le donerebbe le braccia per fare lo stesso. Il resto? Ah, il resto lo conosciamo. E' finito tutto. E da ora, sarà come se non avessero mai parlato di niente. Uguali, entrambe - ma con un pezzo in più. [palazzo] Annuisce solamente a quelle parole. Se anche fosse caduta non le sarebbe importato, era pronta a morire, si è rassegnata da tempo in realtà, un giorno quella voce normalmente sommersa dalle sue urla e dal suo orgoglio riuscirà a vincere su tutto il resto, sarà troppo forte per venir contrastata e la sua vita giungerà alla fine. Consapevole di questo vive nell’assurda idea di potersi comportare come se non avesse nulla da pe5rdere, cerca strenuamente di non legarsi. Lei è come quel mondo. Solo, distante dannatamente vuoto ed arido. Infondo cos’ha davvero da offrire se non la sua resilienza? Esiste nonostante le bestie abbiano provata a fermarla, ama nonostante il dio abbia provato a toglierle tutto, mangia beve e si nutre anche se non ne ha voglia. Lei sopravvive e non è certo la sopravvivenza qualcosa a cui aspirare, semmai è una condizione innata dell’essere umani, qualcosa di inevitabile e che si possiede che lo si voglia o meno. Ci ha provato ad uccidersi quella sera, ha puntato la lama al suo collo, l’ha consciamente creata e modellata con il suo chakra e ha mirato alla sua giugulare, sapeva che avrebbe potuto mettere fine a tutto ma ha avuto paura, lei che nel momento decisivo se l’è fatta addosso e ha finito per colpirsi semplicemente la spalla. Lei che dapprima è sopravvissuta e successivamente ha scelto di farlo solo per il timore dell’ignoto. Un verme senza alcuna spina dorsale ai suoi occhi, un verme che si è preso però l’ardire di giudicare il male che un altro si stava facendo, rifiutandolo, spingendolo fuori da quel tunnel con quale coraggio? Con quale diritto adesso culla quella ragazza tra le sue braccia? Come osa coccolarla come se fossero amiche, si era ripromessa di fuggire da qualsiasi legame, qualsiasi amicizia. La solitudine fa male ma è meglio della perdita, lo sa fin troppo bene e ha deciso di camminare per un deserto solitaria piuttosto che vedersi abbandonare dai compagni, perché allora adesso si nasconde dietro il termine “Alleate” e l’accarezza? Passano molto tempo in silenzio in quella posizione, più di quanto sia abituata a fare e la stanchezza prende il sopravvento, il chakra utilizzato inizia ad essere decisamente troppo. Un rombo irrompe nel loro silenzio mentre il piano torna alla sua posizione originale, inclinandosi nuovamente, riportandole quindi in perfetto equilibrio, sempre una sull’altra, forse è proprio il rumore del terreno che viene spinto a muoversi che risveglia l’altra, la sente parlare e abbassa nuovamente lo sguardo su di lei, arresta la mano sul suo capo, poggiandola delicata e senza più muoverla, immobile poi. Da quanto è in quella posizione? Sin da quando è stata spinta giù. Proprio come qualche momento prima, che ora sembra sia avvenuto ere fa in un differente mondo, osserva passiva il gesto di Nene senza comprendere cosa stia per fare, quella mano aprirsi, avvicinarsi al suo corpo. Non si ribella. Apre la bocca, la spalanca perplessa, colta di sorpresa e poi incredibilmente scoppia a ridere. Una risata che sa di leggerezza, di libertà. Non fa male stranamente, non si sta nascondendo dietro ad una battuta per alleviare la sua situazione è solo divertita da quel gesto <grazie> replica senza opporsi ancora una volta. Quanto l’alleata, sia mai che venga definita amica nella sua mente, fa per alzarsi, rimettersi seduta allora e solo allora, la sua tecnica va sciolta. Il chakra intorno a lei che tiene aperto quel mondo dissipato. Improvvidamente le due si ritrovano a terra, ai piedi dell’edificio su cui erano, lontane dal tetto ed in strada. Gli oggetti si ridistribuiscono nel mondo moderno, il tavolino torna sulla terrazza, la sua bottiglia invece è ancora in mano, mezza piena <dovremmo andare nel locale di quel cuoco> cambiano discorso ancora una volta <e picchiarlo> rabbia? No. Orgoglio ferito il suo <e poi trovare quel Tsuyunotama ed incastrarlo, non ci interessa sia il vero assassino, l’importante è avere un colpevole> sorride. Già il punto è quello. Davvero è importante che lui sia anche il colpevole se ne hanno il sospetto? No infondo basta solo che vengano elogiate per l’ottimo lavoro svolto, se anche fosse innocente non sarebbe un suo problema