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con Raido, Hoshiko

22:06 Raido:
  [Primo Cerchio - Appartamento] Quanto tempo è passato? Tantissimo, forse troppo ma alla fine si ritrova di nuovo nel proprio appartamento in quel di Kusa e non in un posto qualunque bensì nel primo cerchio, il più ricco e benestante tra tutti. Certo, non è paragonabile alla sua vecchia casetta nel bosco ma al momento ci sta bene e non ha mezza intenzione di cambiare stile di vita. Piuttosto modesto come appartamento ma è ciò che serve al Jonin al momento, qualcosa di piccolo e tranquillo per potersi ripristinare al meglio. L'appartamento in questione è formato da un piccolo ingresso avente una porta di legno con pomello di metallo, un corridoio che sfocia subito in un piccolo salotto con un tavolo rotondo posto vicino alla finestra, la quale si affaccia direttamente sul palazzo del governo. Tornando a noi, al fianco del tavolino vi è un divano in stoffa con una coperta piegata sopra ed un cuscino, in quanto, attualmente, ci dorme l'Oboro. Alla sinistra del divano abbiamo un cucinino con tutto l'essenziale, fornelli, frigo, mobili e mobiletti, scaffali, posate, pentole. Oltre il tavolo rotondo, alla di lui spalle, si affacciano due porte, una centrale che porta direttamente alla camera da letto contenente un lettone matrimoniale ed un armadio con vari vestiti e vari armi mentre nella seconda porta troviamo il bagno, composto da una doccia grande, un lavandino e tutto il resto. Una casetta normale dunque, niente di eccezionale ma neanche niente di troppo minuscolo e attualmente Raido si ritrova seduto sul divano con in mano la katana a doppia lama, una delle tante armi a sua disposizione. La mano sinistra la tiene ferma mentre con la mano destra ci passa sopra un panno nel tentativo di lucidarla e pulirla, renderla perfetta per qualsiasi tipo di scontro. Lentamente quel panno scivola su di essa come fosse una carezza anche se, ogni tanto, la strofinata diventa più forte per togliere eventuali macchie da essa. Al fianco del Jonin, precisamente sulla sua destra, è poggiato un kunai a tre punte, non si sa mai. Inspira ed espira cercando di rilassarsi dopo un viaggio durato giorno e non ancora concluso eppure essere a Kusa lo rinvigorisce totalmente, lo aiuta a non pensare a quello che sta per succedere, a rilassarsi ed a godersi un po' di quella vita che tanto gli è mancata in quei lunghi mesi di prigionia. Indosso non porta moltissimo, le sue vesti si riducono ad una maglia nera a maniche corte ma abbastanza lunghe da coprire la fascia che a sua volta copre il tatuaggio anbu; infine un paio di pantaloni neri, da shinobi, lungo le intere gambe. Scalzo e senza sandali, chakra ovviamente attivo e pronto all'uso. In ultimo, ma non per importanza, sul lato destro del collo sono impresse le tre tomoe nere del sigillo maledetto, adesso visibili non essendo più nascoste come è solito fare. A suo agio, molto a suo agio nonostante la presenza di Hoshiko al suo interno. Ha scelto di ospitarla per un po' e di seguirla nel suo percorso di crescita, un obiettivo non semplice ma è deciso a portarlo avanti. [Chk On]

22:36 Hoshiko:
 Troppa tranquillità vige nel villaggio di Kusa, eppure, nonostante l'assenza di Oboro, l'ospitalità donatale con l'appartamento e la sicurezza di non dover controllar le spalle ad ogni passo compiuto, riscalda il suo animo trascinandola nuovamente all'età che l'anagrafe segna su ogni documento. L'adolescenza. Un'ambiente accogliente, che trasuda sicurezza e stabilità; uscire e passeggiare tra la gente senza guardie alle calcagna con un genjutsu pronto all'uso, niente Capo Clan che con il solo utilizzo di un tocco mette a rischio la vita con veleni tossici o paralizzanti. Perchè allora, Oto, non riesce a trasmettere queste emozioni nonostante sia il luogo di nascita dove, solitamente, si desidera tornare anzichè fuggire? Quest'uomo quindi, diceva la verità, forse davvero l'Hasukage dal quale tanto a voluto allontanarsi, effettua un lavoro impeccabile per i propri cittadini evitando dunque ogni possibile perdita. Meditabonda, continua a crogiolarsi nel calore di un bagno il cui vapore appanna gli specchi ed i vetri delle finestre, ne arrossa la pelle delle gote, caccia via dalle ossa l'umidità assimilata all'esterno per l'autunno, ormai, volto a divenir inverno. Ancora non si sono incrociati dal ritorno dell'altro, probabilmente, non sapendo per quanto tempo sarebbe dovuto star via, neanche s'è posta la domanda su dove e quando avrebbe rimesso piede al Villaggio, concentrata a godersi la quiete nel mentre la ferita tra le scapole continuava a guarire sino a scomparire del tutto, senza lasciarne cicatricia. Passano un paio di minuti ancora nel riprendere conoscenza e affrettarsi a recuperar l'asciugamano, esso avvolge le grazie dall'acerbo seno sino ad arrestarsi a metà coscia, i lunghi e setosi capelli argentei ricadono sulla schiena seguendo l'intero tatuaggio rappresentante una Vipera che par attorcigliare le sue spire sulla colonna vertebrale; epidermide pallida spezzata dal candore roseo delle labbra, iridi scarlatte, più intense dei segni di storpiatura a rovinarle una bellezza mozzafiato, estesa sul lato sinistro, tra la mandibola e la clavicola. Unghie lunghe e pittate di nero, corporatura minuta dai fianchi leggermente più larghi e formosi, gli stessi che ancheggiano in quella passeggiata mirata ad abbandonare la stanza per spostarsi nel salotto dove, Raido, è intento a pulir la sua catana. Sobbalza alla rivelazione, un movimento azzardato per l'unico vestiario che sembra scivolarle via rischiando di denudarsi davanti lo spadaccino, fortuna vuole che i riflessi le permettono di acchiapparne i lembi, susseguito da un gridolino stridulo e prettamente femmine <MA SEI IMPAZZITO?> divampa, imbarazzata <mi hai fatto prendere un colpo, avvisare no mh?> solleva la mancina per poggiar il polpastrello sotto il risprettivo occhio, ne tira la palpebra coadiuviando la linguetta a fuoriuscir per simulare una boccaccia. Buonasera!

22:55 Raido:
  [Appartamento] Non sa che Hoshiko è in bagno ma è comunque casa sua quella, non ha bisogno di chiedere il permesso per rientrarci e sostarvici, tutto il contrario, fa letteralmente ciò che vuole. E' tranquillo come non mai in vita sua, una tranquillità senza pari sentendo quel divano come parte di se, morbido, accogliente seppur gli manchi il letto. Inspira ed espira, il petto avanza ed indietreggia lentamente mentre il palmo passa sulla seconda lama di quella katana, precisamente sulla punta cercando di togliere un po' di sporco accumulato, la gratta con una certa forza <Porca miseria, non si leva> digrigna i denti per poi serrare le labbra aumentando la forza e sperando di non spezzare la lama, cosa assai improbabile. In tutto ciò, non bada molto a ciò che avviene in casa e per questo motivo neanche si accorge della presenza di Hoshiko nel bagno e di lei che fuoriesce dal bagno stesso, troppo preso per i fatti suoi e per le sue cose eppure è la stessa genin che lo coglie alla sprovvista andando a gridare per tutto l'appartamento. Spalanca gli occhi e lasciando cadere a terra l'arma per lo spavento. Si, quando è rilassato anche lui può spaventarsi. Katana a terra, panno a terra ed una serie di imprecazioni attraversano la mente del Jonin, rigorosamente in ordine alfabetico. Sbuffa aria dalle narici, dalla bocca, da qualsiasi cosa abbia un buco nel suo viso per poi voltarsi per poter guardare la ragazza, sempre restando seduto. Ciò che vede è una ragazza nuda nel suo salotto con solo un asciugamano a coprire le di lei grazie. La destra viene sollevata andando ad impattare contro il viso, assicurandosi di coprire gli occhi in quel gesto <Avvisare per tornare in casa mia? Tu piuttosto, vestiti prima di uscire dalla doccia> ma la mano non può restare li troppo tempo e infatti viene abbassata. E' in casa sua no? Perciò non deve preoccuparsi di niente, uscire in quel modo è una scelta del genin ma non è tanto la situazione che richiama l'attenzione quanto il viso della Doku. Si ritrova a fissare quella parte di lei deturpata ma non brutta, non va ad imbruttire la sua figura, al contrario. Inspira trattenendo il fiato per qualche momento. Pensa e ripensa a cosa potrebbe aver passato la ragazza per ritrovarsi un simile marchio addosso ma non glielo chiede, non adesso almeno. Deglutisce <Questa situazione te la sei cercata tu, se provi a darmi del pervertito ti lancio un sandalo addosso, sappilo> l'avverte in modo preventivo andando ad indicarla con l'indice destro e fissandone gli occhi per qualche istante prima di tornare inevitabilmente sulla cicatrice. Alla fine sospira <Allora, cosa hai fatto in questi miei giorni di assenza? Girato nuda per casa tutto il tempo?> la frecciata gliela mena, è inevitabile una cosa del genere quando gli vengono servite su un piatto d'argento. Difatti si ritrova a sorridere, un sorriso puramente ironico e divertito. Si china a prendere la katana per riportarla sul divano e, poggiandola li, si lascerebbe andare contro lo schienale dello stesso, a peso morto <Sono stanco> commenta con fare serio, tra se e se nonostante il tono sia abbastanza alto da poter essere udito. [Chk On]

23:25 Hoshiko:
 Eleganti le dita che s'apprestano a richiudere l'asciugamano ed incastrarlo in modo tale da non farlo cadere una seconda volta, lo sguardo però mai abbandona il viso dell'uomo che, a quanto pare, continua a fissarle con insistenza la cicatrice. Le fa male, le provoca fastidio e disagio, più di uno studio accurato del fisico mezzo nudo esibito, poichè, il ricordo celato dietro tale scempio, è ancor più intimo di un rapporto carnale tra due persone. Imbronciate le labbra carnose nel mentre sbuffa rumorosamente cacciando l'aria in eccesso dalle narici <non c'eri in questi giorni...cosa ne potevo saperne che saresti rientrato proprio oggi senza neanche avvisare della tua presenza> va bene esser ninja, ma un gridolino o atteggiamento più rumoroso sarebbero stati graditi. Non è casa sua, ma sa benissimo che, nel momento in cui si decide d'ospitar qualcuno, il dichiarar un rientro è ritenuto educato...quanto il camminar vestiti va bene. Ma è femmina ed ha ragione lei. Schiocca la lingua biforcuta contro il palato nell'udire l'ironia che collega l'incontro nella foresta nera, d'un errore di calcolo per rapporti al quale non sa affibiare un nome preciso e sentimenti collegati a tali relazioni, nuove, da scoprire, ma la malizia l'ha imparata bene nell'esatto momento in cui ha conosciuto l'attrazione fisica. Leggero il sorriso sulle labbra, pallido tanto da alzarne malapena gli angoli, felino il passo effettuato per macinar le distanze vigenti tra lei e Raido - ancora - sul divano, posizionato più comodo e con il busto sullo schienale. <Quindi mi stai dicendo che in questo preciso istante tu non hai pensieri impuri verso di me?> voce divenuta più sensuale, danzano le anche divenendo ipnotiche, tenta di posizionarsi tra le cosce avverse e, flettendo il busto in avanti, cerca di poggiar entrambi i minuti palmi sulle sue spalle affinchè, i due nasi, quasi possano sfiorarsi <soli in una casa, lontano da sguardi fin troppo curiosi> iridi cremisi che si rispecchiano nelle chiare, e se solo fosse riuscita nell'intento, le fronti aderirebbero a tal punto da poterne avvertir la pressione mescolata alle carezze effettuate con il ginocchio verso l'inguine di Raido <Si, forse me la sono cercata io> ammette più come un pensiero espresso ad alta voce, ed infine, si lascia cadere al suo fianco, facendo attenzione a non allargar le gambe, logicamente, serrate. Ammira il soffitto <cosa ho fatto...dei giri, sinceramente mi son goduta un po Kusa poichè avevo bisogno di lasciar guarire le bruciature alla schiena.> ... <cosa sono quelli?> un cenno del mento verso i simboli del sigillo. Si, li aveva notati.

23:45 Raido:
  [Appartamento] Sa che potrebbe darle fastidio quel continuo sguardo sulla cicatrice ma non vi è cattiveria o altro nel suo viso, solo pensieri che ne attraversano la mente, pensieri che lo affliggono. Tanto giovane e con già dei segni tanto indelebili su di se. Non è un medico, non è in grado di toglierli ne di fare qualunque cosa. Alla fine lo sguardo viene abbassato, portato verso il pavimento ad osservarlo ed a respirare con maggior tranquillità mentre la genin parla, si lamenta cercando di avere ragione. D'istinto solleva nuovamente lo sguardo su di lei ricercandone gli occhi per poter controbattere a tono <Avvisare? Ho sbattuto la terra, mi sono spogliato di un'armatura che pesa quanto te probabilmente, sono stato in cucina e dovevo anche avvisare?> sconcertato da quello che lui stesso dice ma ancor di più da quello che l'altra dice <La prossima volta ti mando un piccione viaggiatore con scritto "tieni bassa la doccia che poi non mi senti tornare"> e non vogliamo metterci anche dell'ironia? Certa che la mettiamo e dobbiamo mettercela, a tutti i costi altrimenti non sarebbe lui...il nuovo lui. Sbuffa gonfiando le guance, scostando appena la katana per non aver impedimenti addosso ne vicino e si sistema meglio che può per rilassarsi, sciogliere il corpo ed i muscoli con le braccia abbassate, tenuta ferme così come anche le spalle. Non è in una posizione consona per il fisico ma non gli importa, ha solo bisogno di restare fermo per qualche minuto. La tranquillità, nella sua vita, non è di casa e Hoshiko comincia a muoversi, ne sente i passi e sente la sua presenza farsi sempre più vicina fino a vedersela davanti. Veloce e silenziosa come un serpente effettua quei movimenti e lo sguardo del Jonin non può far altro che guardarla, ammirarla e poi quella frase che insinua dubbi nella mente di lui risvegliando pensieri che non vuole fare. Troppa la differenza di età per poter davvero arrivare a tanto ma resta un uomo con degli istinti, con dei desideri e quella situazione non è l'ideale per reprimerli. Non risponde subito lasciando che faccia ciò che vuole, insinuarsi tra le gambe, farla piegare. Fermo, la guarda e l'occhio cade inevitabilmente su ciò che vi è sotto l'asciugamano. Scosta lo sguardo solo per notare come i palmi vadano a toccarlo con le fronti che si uniscono ed il ginocchio ad accarezzarne l'intimo <Potrei anche averli fatti> non lo nega <Così come potrei chiederti lo stesso> non abbassa lo sguardo ne si priva di quella visione arrivando a creare un piccolo sorriso che ne increspa le labbra, allargandole appena e concentrando le azzurre iridi sulla Doku. Non replica ma una certa soddisfazione si evince nello sguardo del Jonin per poi vederla lasciarsi andare al proprio fianco, sul divano. Il cuore batte leggermente più veloce, non lo ha messo in una posizione facile. Deglutisce chiudendo gli occhi, sospirando appena un po' <Come stanno ora?> riferendosi alle bruciature ma è la successiva domanda a fermarlo dal dire qualcosa di più. La destra si muove portando il palmo a coprire il marchio sulla propria pelle, dita che si stringono intorno ad esso <Questo...è ciò che mi rende un mostro, un demone. La mia maledizione> una spiegazione povera ma non saprebbe come altro spiegarlo. Guarda il muro avanti a se, lo fissa concentrando l'attenzione completamente sul sigillo <E' un potere maledetto che vive dentro di me, capace di donare grande forza ma ad un caro prezzo> concludendo. [Chk On]

00:21 Hoshiko:
 Le narici riescono a catturarne l'odore, potrebbe assaporarlo a tratti, ed è strana la fame che s'insinua nelle membra di chi, palesemente, risulta essere inesperta, acerba, un bocciolo appena schiuso che non conosce le intemperie del cuore. Percepisce calore da quei contatti, una sensazione dissipata nell'etere con il distacco effettuato nel posizionarsi accanto a lui <non ti ho sentito> porta chiusa, doccia, pensieri assillanti, un mix perfetto per la distrazione purtroppo. Rotea le orbite per aria lasciandosi sfuggir un riso cristallino che ne svela la dentatura perfetta <mi premurerò di lasciar la finestra apera, qualora tu decida di assoldar davvero un piccione che preannunci la tua venuta> arriccia il nasino, mutato è l'atteggiamento della Genin, più umana, scintilla che stava iniziando a spegnersi in un'ambiente ruvido come Oto con il quale, probabilmente, avrebbe strappato ogni contatto con la realtà vera per precipitarsi nell'odio, rancore e risentimento. Morbida sembra l'epidermide delle cosce scoperte, ancor peggio se la flessione delle ginocchia costringe le gambe a rannicchiarsi sino a lasciar svelato la parte inferiore del gluteo sodo, carnoso, appetitoso <parli delle ferite?> scivolano le cremisi nel mentre con le dita gioca ad intrecciar una ciocca argentea ed umida <bene, non ho neanche un segno per fortuna> sia mai avesse dovuto ribattere il tatuaggio al quale è fortemente legata, significativo e nel quale sono racchiusi pezzi di storia non solo propria, ma anche di chi, nel suo breve cammino, ha lasciato un marchio importante ed ancora vivo nell'animo. Curiosità si insinua nel ammirar come, l'Oboro, si vada a nascondere ciò che lui chiama Sigillo Maledetto, inarca un sopracciglio con perplessita, più volte ha udito l'appellativo utilizzato con sofferenza, ma l'espressione assunta sembra essere in netta contrapposizione con quella avversa più preoccupata <un Demone, un mostro...lo è solo chi utilizza tali poteri per far del male agli innocenti, per dar sfogo ai propri vizi e voglie schiacciando e massacrando il prossimo senza remore> ruota corpo per donargli le spalle, la chioma scivola verso il tessuto mostrando dunque la curva della schiena che s'accentua data la posizione assunta, i piedini pensolano verso il pavimento, sgambettano ad un ritmo tutto loro, sfogo forse di un celato nervosismo <tu non mi sembri cosi. Ma potrei sbagliarmi, chi lo sa..> sussurra a fil di voce cercando di soffocar l'istinto che, in quella situazione, inizia a batterle forte nel petto. Per rispetto, crede, alla persona che sino ad adesso, però, non ha avuto neanche l'accortezza di cercarla. <Beh,visto che siamo in vena di confidenze, da come guardi la mia cicatrice presumo ti sia chiesto il modo in cui me la son procurata> leggero il sorrisetto che compara sul viso, tora a fronteggiarlo semplicemente con un colpett di reni e, stronza, allunga l'arto inferiore destro per poterlo adagiare sulle cosce dello spadaccino <vediamo...> non vuol entrare nei dettagli, le motivazioni, il cannibalismo genitoriale. <Mia madre mi trascinò di faccia contro un bracere> termina serrando le fauci. Alcune cose non dovrebbero essere riesumate

00:46 Raido:
  [Appartamento] Il battito del cuore permane accelerato nel petto dell'Oboro, lo sente sfondare il petto e l'agitazione lo pervade completamente. Una situazione che conosce fin troppo bene ed in cui non si ritrova più da tempo ma cerca di fermare ogni pensiero od istinto, non vuole agire d'impulso o fare qualcosa. Cerca in se la calma, quella solita e razionale calma che da sempre lo contraddistingue, la stessa che la genin ha conosciuto settimane prima. Umetta appena le labbra passando la lingua su di esse con un movimento veloce e leggero allo stesso tempo, ammorbidendole <L'ho capito quando mi hai dato del pazzo ad alta voce> ammettendo con la solita ironia, non vuole essere troppo serio ne troppo pesante, specie per una ragazza che ha passato giorni infernali in un villaggio come Oto. La man sinistra si porta sul petto poggiando su di esso le dita con il palmo aperto <Mi prendi in giro? Credi sul serio che non sia capace? Avrai un intero stormo la prossima volta> fingendo una certa serietà che dura decisamente poco in quanto un sorriso va a crearsi sul di lui viso e lasciandosi andare in una piccola risata divertita, priva di pesantezza e di pensieri. Allo stesso modo ne nota il sorriso delicato, più tranquillo di lei e tanto basta ad illuminargli lo sguardo. Le pupille si dilatano un po' di più, felice di averle dato un po' di serenità riportandola in quella che, per lui, è la vera casa della Doku. L'occhio cade al movimento del ginocchio, cade sul gluteo in modo veloce, repentino, uno sguardo di cui non può fare a meno ma che evita subito, non si lascia distrarre sentendo, comunque, il battito sempre accelerato, altro che calma. Annuisce alla domanda, ovviamente parla di quelle <Meno male. Il tonico ha fatto più effetto del previsto, visto? Altro che caramelle dagli sconosciuti> andando a ricordare quell'incontro ancora una volta, ripetendo momenti e frasi ma in un contesto completamente diverso ed opposto. La destra carezza il dorso del collo, copre il sigillo e lo massaggia spiegando cosa significa per lui e cosa rappresenta un tale potere. Sorride all'innocenza ancora palese della ragazza <Le persone hanno paura e l'ho vista di recente. Hanno paura quando...muti> e lui muta in modo diverso dal solito. Ne segue i movimenti, il suo dargli le spalle, la chioma che ricade sulla schiena della ragazza, la schiena ben delineata. Non sa come mai, segue semplicemente l'istinto staccando la mano dal collo e, allungando il braccio, tenterebbe di toccare la di lei spalla con un dito, un semplice toccare per scivolare sulla pelle morbida <Non l'ho mai usato per fare del male, ho sempre cercato di sfruttare il suo potere per aiutare nonostante le conseguenze. Un uso spropositato non solo debilita il corpo ma potrebbe anche uccidere> fortunatamente non è mai arrivato a quel punto. In caso di riuscita, ora, farebbe cadere la mano mentre torna a poterne rimirare il visetto, sorride e l'ascolta in silenzio abbassando lo sguardo solo per quella mano poggiata sulla propria coscia. Deglutisce ancora. La sinistra viene smossa cercando di portarla sul dorso di quella di lei mentre la destra viene allungata nuovamente in un ennesimo tentativo di toccarla, in particolare di toccare la cicatrice con le dita in una leggera carezza. Ci prova ovviamente <Mi dispiace> sinceramente dispiaciuto <Le guardavo perchè...volevo sapere la tua storia. Così giovane, così carina e hai già un doloroso passato. Le guardo perchè loro possono farmi conoscere la vera Hoshiko, quella che si nasconde dietro la ragazza che ho davanti e perchè mi sento onorato nel poterle guardare> in quanto la maschera di lei è sempre sul viso. Il cuore batte sempre di più, le dita della sinistra accarezzano il dorso della mano di Hoshiko e con la destra continua ad accarezzare quel viso. [Chk On]

01:16 Hoshiko:
 L'aria vien rilasciata attraverso le labbra, esse tremano per un breve secondo, quel che basta per emanare una vera e propria pernacchia eseguita per sminuire l'affermazione proferita dall'Oboro <ancora con questa storia? E' stato solo un equivoco> permane di spalle, sorridendo seppur l'uomo sia impossibilitato a vederla date le spalle. Un brivido vien scaturito dalla carezza eseguita sulla schiena, lungo la serpe attorcigliata ad ogni vertebra della spina dorsale, cos'è questo desiderio che prima di allora non aveva mai provato? Sembra fastidioso, ma allo stesso tempo avvolgente, eppur ciò che batte nelle membra è quel ragazzo ancora ad Oto, forse ignaro della sua scomparsa, menefreghista, e per quanto abbia voluto comunque abbandonar la stessa retta per sviluppi personali, la possessività dimostrata avrebbe dovuto scaturir reazioni ben più forti del silenzio assoluto. S'ammutolusce dunque per qualche istante prima di tornar a fronteggiarlo, poggiando il palmo sulla sua coscia che, istintivamente, prende ad accarezzarlo con le mere punte delle unghie, essa risale, tuttavia raggiunto un certo limite, torna ad ascendere verso il ginocchio. Cremisi che mai lo abbandonano, come a volerne studiar ogni atteggiamento o mutazione dell'espressione che possa lasciarle comprendere le sensazioni provate dall'altro, è così difficile entrar nei pensieri di qualcuno, quanto potere possiedono gli Uchiha in occhi che permettono tale luogo proibito ai comuni mortali? <La paura è irrazionale, nasce quando qualcosa non viene compreso, quando si rischia senza poterne calcolare le conseguenze...è stupida, illogica, ma innesca lo spirito di sopravvivenza> non perchè quindi hanno dinanzi un mostro, bensì solo per ignoranza. Solleva parzialmente il mento,le salta un battito nell'avvicinanza alle sue cicatrici che odia mostrare tanto quanto lasciarsele toccare, irrigidisce la muscolatura, contrae la mascella, ma stranamente glielo permette seppur rechi dolore. Deglutisce, cala le palpebre lentamente per ritrovar la quiete, per spingersi oltre il limite ed iniziar una mutazione che prevede la cancellazione dell'odio, della vergogna per un gesto compiuto in buona fede e trasformato in un'incubo rispecchiato ogni giorno al mattino <Se tu conoscessi la realtà dei fatti, probabilmente mi disgusteresti esattamente come fece quella puttana di mia Madre> canino affilato ad affondar nell'inferiore, ma il polpastrello di Raido perpetua lo sfiorar dell'epidermide marchiata, scosta la nuca per indirizzar lo stesso alle fauci, le spalanca di poco per lasciar uscire la lingua biforcuta, divisa in due metà perfette che pittano la sua falange prima di racchiuderla attorno le rosee. Un po per sfida, un po per malizia, un gioco innescato dal desiderio mescolato alla perversione, al senso di colpa di un probabile tradimento. Che emozioni strane <ad ogni modo..> un cambio di rotta repentino la porta a sedersi, ancora una volta si porta sovravvanzata, lasciandolo dietro nonostante non abbia abbandonato ancora il divano, rassetta l'asciugamano che, data l'acqua assorbita, aderisce maggiormente sulle curve neanche fosse stato fatto su misura <uno stormo mi sembra esagerato, poi ti tocca pulire il bagno per tutti i bisogni che riescono a produrre quelle creature rivoltanti> stronza, ora lo ignora.

01:44 Raido:
  [Appartamento] Non mette in dubbio l'equivoco ma perchè smettere di darle fastidio e non continuare? Si priverebbe di un divertimento <Si si, come no. In realtà eri intimorita dal sottoscritto> facendole la lingua a sua volta ma in modo molto più pacato rispetto all'esuberanza della genin. Ha sempre una certa età lui e lasciarsi andare in simili manifestazioni non fa parte del suo carattere anche se ogni tanto può mostrare una parte più gioviale e meno trattenuta. Son momenti tranquilli e particolari, brividi sul corpo di lei ed il petto che diviene più pesante in lui mentre ne accarezza la spalla e parte della schiena con la stessa delicatezza con cui le parla. Non può fare a meno di toccare quella morbida pelle; è l'istinto che segue, non più la razionalità. Un conflitto in lui vi è in questo momento, una parte vuole che si trattenga mentre l'altra chiede a gran voce di lasciarsi andare e quel gesto è il risultato. Una via di mezzo molto mansueta, forse non priva di malizia ma non osa far di più, specie ora che è di spalle. Una carezza lunga qualche secondo per assaporare ancor di più prima di vederla girarsi con il palmo di lei sulla propria coscia, sente salire la mano, la punta delle unghie sulla propria pelle ed il battito diviene più forte, il calore del corpo aumenta, più accaldato, più preso. La mano sinistra segue quell'andamento continuando una lieve carezza sul dorso ma non può negare a se stesso che quel momento è difficile da reggere ne negare cosa lei stia facendo scaturire in lui. Non cessa di guardarla, di osservarla e gli occhi passano dalle cremisi di lei alla cicatrice e dalla cicatrice alle cremisi per guardare il viso nella sua totalità <E' vero, la paura fa sopravvivere. Tutti, volenti o nolenti l'abbiamo provata e siamo qui> anche lui, molto tempo fa ha provato una simile emozione, tanto forte quanto necessaria per poter tornare a casa sano e salvo, vivo soprattutto. Il tocco sul viso è lento, ci va piano notando come esso venga irrigidito e non osa, non va oltre quella semplice carezza, quasi come a volerla stuzzicare ma anche consolare <Non si giudica qualcuno per il suo passato ma da come vive il proprio presente> il passato è passato e non va tirato in mezzo ma il presente è qualcosa di fondamentale ed importante, qualcosa che va tenuto in considerazione <Non potrei mai provare disgusto, mai> e nel dirlo continua a toccarle la cicatrice ma fissa le iridi, senza provare disagio o altro, anzi. Quella visione non lo scuote, non prova ribrezza bensì si ritrova a suo agio con quella ragazzina ed in cuor suo sa che lo è. Cerca di adagiare, ora, l'intero di palmo su quella pelle marchiata a fuoco, a vita da una madre degenere e nel farlo, il pollice, scenderebbe cercando di toccare le labbra di lei, una carezza atta a ricrearne la sagoma mentre la lingua fuoriesce notandone la malizia e la sfida <Alla domanda di prima non mi hai risposto però> riportandosi alla primissima, sui pensieri impuri. Come può dimenticarsi di una simile affermazione, non dopo che è lei ad aver iniziato un gioco per poi essersi tirata indietro evitandola accuratamente ma la rotta cambia. Avviene il distacco e nuovamente si siede per rimettersi seduta al proprio fianco, venendo bellamente ignorato. La mano scenda e cala poggiando sul proprio ginocchio, sorridendo divertito e con il capo rivolto al divano, osservandolo <Almeno mi aiuti con le pulizie così ma magari sei troppo pigra per farlo> provocandola, dandole fastidio. Lei è stronza, anche lui un po' può esserlo <Tu pulisci e io osservo a braccia conserte> abbastanza stronzo. [Chk On]

02:24 Hoshiko:
 Meditabondo inizia a divenir lo sguardo, che sia la paura a spingere verso la vita? Il carburante che mette in moto il coraggio poichè altrimenti entrambi, nell'esistenza umana, non esisterebbero, dirottando la nave verso il baratro. Ed ancora accusa quelle carezze che confondono il proprio volere, maledetto istinto che s'insinua a contatti che accendono la fiaccola della passione puramente carnale, in fin dei conti, sono meri estranei con una chimica scoppiata durante una serata pre-invernale. Divien ruvida la pelle per quei brividi a drizzar le punte dei frutti acerbi, esse creano leggeri bottoncini ad elevarsi sotto l'asciugamano aderito al corpo, adorabili e segno indiscusso di una mutazione in corso, stringe le cosce come a voler sopperire al colore che le invade l'inguine, tuttavia l'esperienza precedente continua ad annodarle lo stomaco per il dolore provato durante l'atto. S'incurvano verso il basso gli angoli delle labbra carnose, le stesse schiuse per poter assaporar l'Oboro con la biforcuta a stuzzicarne la punta prima di interrompere bruscamente un gioco infuocato <Siamo qui per molti motivi...ma ti dirò, il vero terrore non l'ho mai provato, al massimo disperazione, impotenza...delle suppliche urlate verso una madre che continuava a deturparti con consapevolezza> senza neanche una traccia di pietà, ne non all'ultimo, quando il danno, ormai, era stato compiuto. Sospira nel mentre l'attenzione è proiettata verso il muro <non potresti provare disgusto...> ripete a tentar di convincere se stessa <Per ordine di Itawoshi, ex Capo Clan dei Doku, ho ucciso mio Padre e mi sono nutrita delle sue carni affinchè quella donna non venisse cacciata e derisa dai suoi simili> continua a raccontar piccoli pezzi senza mai stilare l'accaduto. Non ricorda bene, un trauma forte per una quindicenne. Un Kunai affondato nel petto più volte, ma non vi era rabbia, in realtà, non c'era nessun sentimento in quelle pugnalate ripetute, nel sentire il sangue ferroso colare nel suo esofago aumentandone la sete, nel masticare sotto le corone i nervetti dell'intestino a scricciolar continuamente prima d'esser ingoiato. Ruota il busto e, distaccando la gamba sinistra, cerca letteralmente di posizionarsi a cavalcioni su Raido, fronteggiandolo in tutto e per tutto, abbracciando i suoi fianchi con le cosce <pulire casa mh?> scuote il capo lasciandosi sfuggire un riso pacato che le permette di tranciar di netto collegamenti che potrebbero farla capitombolare in un'oblio senza uscita. Ripetuta è la domanda che ha accuratamente evitato nei precedenti dialoghi. Ha avuto pensieri impuri? Ed a fronte di ciò, cosa bisogna effettivamente fare? La razionalità non è mai una risposta, potrebbe morire domani in una eternità di rimpianto e dubbio. Lo sguardo ricerca le chiare nel mentre il battito rallenta, mani che con eleganza vengono portate all'asciugamano bianco per poterlo slacciale, flemmatico il tessuto ricade lungo i fianchi svelando ciò che per ora non è concesso raccontare. <Forse>

02:51 Raido:
  [Appartamento] Deve stare fermo, non può andare avanti, non può permetterselo. Quella lotta interiore, quel suo combattimento tra raziocinio e istinto. Vero, non la conosce, non sa neanche chi sia veramente e ciò che sente è l'istinto che vuole qualcosa da lei ma come può? Se lo facesse, come potrebbe guardarsi allo specchio la mattina? Cosa mai gli dice il cervello od il corpo? Il controllo è sempre un punto forte della sua persona ma adesso diventa difficile metterlo in pratica. Deglutisce smettendo di toccarla nonostante le proprie dita vengano toccate dalla lingua biforcuta di lei, non gli fa impressione. Nel corso della sua vita ha visto tanto e troppo per poter rimanere sconcertato da una sciocchezza simile, non dopo che in battaglia ha potuto osservare cose davvero in grado di debilitare un uomo. Hoshiko ha il suo fascino, questo non lo nega e lo ammette a se stesso. Il corpo trema, tremano le labbra e gli occhi si chiudono percependo quella voce che gli intima di andarsene, di cacciarla, mandarla a letto, la stessa voce che vuole farlo uscire da quell'appartamento per farlo andare via, tutta la notte probabilmente. Eppure c'è un'altra voce, una che insiste nel procedere, andare avanti. Cosa vuoi che sia? Nessuno ti avrebbe visto, nessuno avrebbe parlato, soli, in una stanza buia. Un semplice sfogo, niente di più, una semplice unione senza alcun significato. Inspira ed espira violentemente, scuote il capo scacciando, forse, per l'ultima volta il dibattito interiore che lo affligge dall'inizio di quella serata. Strofina le labbra tra loro con lentezza per renderle ancor più morbide, passa appena la lingua inumidendole <Non sarò io a fartelo provare. Solo i miei nemici dovranno avere paura di me, non gli altri. Solo chi fa del male a coloro a cui tengo, deve davvero avere paura> in quel caso il sigillo non basta, avrebbe svelato il vero se stesso, crudele e senza pietà, non avrebbe guardato in faccia a nessuno pur di raggiungere il proprio scopo ma sono tempi passati e non ha motivo di reagire in un modo simile. Nessuno tiene a lui e lui non tiene quasi a nessuno. Lo ha detto e con un cenno del capo lo conferma, non prova disgusto per il passato altrui, c'è solo da imparare e lui impara, sempre e comunque, anche da eventi traumatici. Quelle parole, però, vanno oltre il pensiero del Jonin il quale si ritrova a fissarla, ad osservare le labbra pronunciare le gesta di una storia crudele e sadica oltre ogni dire. Inspira trattenendo il fiato per qualche momento <Hai eseguito l'ordine di qualcuno che ti ha sfruttato. Mi dispiace per ciò che hai dovuto fare e subire> non vi è disgusto, ne paura o timore nei suoi confronti, solo un leggero sorriso <Non oso immaginare cosa hai provato ma il passato è passato, ora bisogna vivere il presente> lui ha deciso di viverlo, di prendere in mano il proprio presente e portarlo avanti senza sosta alcuna. Basta vivere nel passato e basta rimpiangere ogni cosa. Sospira e ben presto se la ritrova a cavalcioni sopra di se con le cosce che vanno a stringere i propri fianchi. Braccia larghe poggiate sul divano mentre la guarda dal basso verso l'alto. Cosa può fare ora? Il cuore batte e l'agitazione del corpo prende il sopravvento, il controllo è quasi nullo. La seconda voce surclassa interamente la prima, quel dibattito non esiste più, il vincitore viene decretato grazie alle movenze di Hoshiko mentre gli occhi seguono la strada percorsa dall'asciugamano ed il suo rivelare il corpo. Un semplice forse è l'ultima parola udita prima di tornar a guardarne le iridi cremisi con le mani che, lentamente, si sollevano per toccarne i fianchi e tirarla ancor di più contro di se mentre il viso si avvicina al suo. Il calore del corpo non ha eguali, il respiro è quasi affannato ma le labbra rimangono serrate senza distogliere lo sguardo e solo alla fine, quelle labbra, cercano un contatto con le altrui.