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con Ren, Eryk

13:58 Ren:
  [Albergo | Estemp] Avete mai pensato a cosa potrebbe succedere nel giorno dopo dei classici scenari drammatici dei manga? Una pioggia sottile batte sulla finestra della camera di un albergo al limite del centro, uno di quelli anonimi che accoglie i viandanti per il villaggio del suono. Molte cose hanno avuto un risvolto dopo la guerra, ed uno di queste è stato proprio l'avere minore affluenza di materiali da parte dell'Erba, a causa loro. Non è un problema, nella sua testa. Ogni tassello vien calato nel suo lecito posto con una precisione immane, snocciolando una storia che sembrava esser già stata scritta da molto tempo prima. I capelli le sfiorano un trapezio fragile, ed una canottiera intima bianco latte le scivola addosso coprendola fino a metà coscia, muovendosi tra grinze e pieghe che veste come se facessero parte di un insieme prestabilito. L'odore di caffè invade la stanza, lasciando tra le sue dita solamente un fondo già sufficientemente attinto come primo pasto della giornata. Ciocche sciolte, disordinate - il riflesso meno pallido di quelle lentiggini che sfoggia su un viso stropicciato da atarassia e sonno; esser intoccabili di tanto in tanto è doloroso - quando il riflesso delle emozioni ti pungola, ricordandoti di esser stata bene, per un attimo, per un solo momento. E se quello che avesse cercato per tutta una vita non fosse il tanto acclamato amore, ma solo un po' di disperato sangue? Lo spiraglio sulla perdizione è languido, un richiamo alle sue fila che pone dubbi sui precetti che s'è imposta da sempre. Sul candore che ha vestito, e che é tutt'ora convinta di vestire. Per la stanza, munita di un bagno con una piccola vasca - ci sono immense cataste di libri; storia, fatti, personaggi influenti, villaggi, guerre, carestie, malattie. Attuali e passate. E tutte le cataste hanno sopra un fuuda bianco, con delle iscrizioni sopra. Intere montagnette a portata di un foglio. E nella grigia penombra del mattino, tutto quello che le è rimasto è un uomo - e le promesse lasciate in un vicolo in tempesta. Lo sfumato e ubriaco pensiero del giorno prima è un grillo in testa neanche tanto fastidioso, se non fosse che perdere il controllo non le si addice per nulla. Il collo di un cigno, le gambe che fanno capolino - sono forse la cosa migliore che una maiko potrebbe mostrare ad un altro uomo. I piedi a tangere contro la pavimentazione lignea tipica nipponica, vestono delle calze in cotone leggero, color nocciola, alte fino a poco meno di metà coscia. In pigiama si potrebbe dire. Ed i lineamenti non sono ne duri, ne preoccupati, ne pensierosi. Sono solo il riflesso di una mente distesa. Una mente senza impulsi di sorta. Non c'è niente che la ferma ad Oto, a conti fatti. E allora perché non ritorna a casa? Perché non riprende il viaggio? {ck off}

14:15 Eryk:
 Se la seimei sembra a suo agio, il Doku, beh… non lo è, come potrebbe d’altronde? Si è mostrato più fragile che mai a quella persona che ha contribuito in maniera indelebile, esplica e implicita, a renderlo l’uomo che è, il ninja che oggi si è guadagnato un posto a Oto, eppure ieri sera quella richiesta lo aveva abbastanza spiazzato: stare con lei, dormire nello stesso letto, richiesta che per lui significa consumare un rapporto carnale, quindi è stato difficile interpretarla in maniera diversa, impossibile a pensarlo se non fosse che con Ren, con quel senso di protezione, quasi paterno se si può dire, che ha nei confronti di quella ragazzina dal crine rosso. Se la special è già sveglia e in pigiama, con caffè alla mano che stava facendo partire con il piede giusto la giornata, Eryk invece è letteralmente distrutto dato che la situazione non gli ha permesso di chiudere occhio quasi tutta la notte, come dimostrano quelle borse che sono ancora presenti ora sul viso del Doku che sta ancora dormendo a letto e che aveva ceduto alle grinfie di Morfeo solo un paio di ore prima dei fatti che stiamo narrando. I vestiti erano fradici e così, stranamente, è in pigiama, o meglio, solo la parte di sotto: un paio di pantaloni di cotone lunghi neri i quali sono stati ritirati e risvoltati su fino al ginocchio, non è a suo agio a dormire costretto da coperte o vestiario, come sa bene Tenshi che lo vede dormire in intimo perennemente, anche nei giorni più freddi del calendario. Uno dei due piedi è perennemente esposto da quella coperta, mentre l’altro è puntato con il ginocchio sollevato a fare da tenta a quella coperta che lo teneva nascosto per metà. Il petto esposto, nudo, con quei tatuaggi visibili sulla pelle color caramello e qualche segno più chiaro, cicatrici leggere ormai quasi guarite ricevute da quel battimani che gli ha dato il ‘benvenuto’ ad Oto da parte di Kimi, così come quella orizzontale nel basso ventre che Ren dovrebbe conoscere particolarmente bene. La mano destra è infilata sotto il cuscino e sotto la propria testa, con il gomito alto a formare un angolo acuto, mentre il braccio sinistro è totalmente disteso in orizzontale, dormendo scomposto e disordinato. Al polso mancino proprio quell’elastico che per lui è considerato ormai inseparabile, lasciando così quei capelli corvini scomposti ricadere sul volto e sul cuscino del Doku. Aveva passato ore intere a darle le spalle con le due schiene a contatto come si era messa lei ancora sotto gli effetti del suo veleno e fino a quando non ce la faceva più, era rimasto fermo immobile, proprio come una lucertola prende il sole, adatto a uno che è una salamandra infondo. Il chakra ovviamente non è impastato e in circolo, dato che sta dormendo!

14:48 Ren:
  [Albergo | Estemp] Le unghiette laccate di rosso, appena più lunghe e ordinate, passano a rassegna il bordo opaco di una tazza da ufficio molto sobria, grigia. Il tintinnio ovattato sparisce in un attimo, lascia posto al battere timido del tempo che pare averla assorbita totalmente, risucchiata in una realtà che - oh, solo i Kami sanno quale sia. Quel mondo parallelo dove si rifugia. Dove s'è creata una nicchia dolce, sicura, dove niente e nessuno può toccarla o anche solo vederla sanguinare. Chiusa, lo è sempre stata del resto - e non può che esser una novità una richiesta come quella di ieri sera. Non un allusione. Non un tentativo di stare con lui sotto panni diversi da quelli che hanno vestito; s'è disposta come avrebbe fatto solitamente, con la schiena rivolta verso di lui - a sfiorarlo, neanche troppo a contatto. È bastato sapere di averlo li, da qualche parte, nella sua stanza. Nel suo letto. Al sicuro. Ha pensato. Ha pensato tanto a lungo da subire fitte che la infilzavano da parte a parte nella testa. E se gli succedesse qualcosa? E se lo avesse spinto troppo più in la, di quel che Eryk avrebbe anche solo pensato di fare? Ma il seguito delle domande è stato messo a tacere dalla stessa salamandra, dallo stesso volere imprescindibile di esser lui stesso parte dell'immenso è frammentato progetto del crepuscolo. E allora s'è addormentata come la bambina quale è, rannicchiata come un riccio - ancorandogli il piede con il collo del proprio per mantenere un unico, fisso, contatto. È sempre stata così. Distante anni luce - a farsi bastare poco, pochissimo, per esser tranquillamente parte di questo mondo. E lo stesso è stato con Eryk. Non ha preteso niente. Non ha voluto niente. Non un abbraccio. Non grandi discorsi. Solo un piede ancorato al suo, per sapere che c'è. Che è lì. Ed anche lei è lì. Le palpebre si abbassano mige, come un gatto dormiglione, guardando il profilo rilassato del corvino tramite il riflesso. Come fa' a dormire così tanto? Oh, di certo non è nel lunario di Ren comprendere che dormire con una donna, per un uomo di questo stampo, non è considerato come veramente /dormire/. Del resto l'esempio della rossa, dell'amore carnale, non è dei migliori e dei più coloriti. Rabbia, egoismo, necessità. Non c'è niente di tutto questo e quindi, non esiste uno scenario possibile. Non esiste avvenenza da appiopparle addosso, per assurdo. Si muove silenziosa, i passi che la vedono lasciare la finestra e far ciondolare il caffè nella mano destra, come un mare nero/marrone in combutta. La schiumetta chiara sulle pareti della tazza, a creare una cornice allettante. Quanto basta per tuffarci ancora le labbra. Non è abituata a dormire tanto, come oggi - eppure si é alzata tardi, per colpa di qualcuno che ha bussato alla porta per consegnarle una lettera di Hanae. Deve ancora tutto incominciare, Eryk - e sebbene abbia paura, averlo li vicino e consapevole, la solleva dalla grande menzogna che racconta ogni giorno. Un conflitto tra sollievo e preoccupazione. La flemma la trascina accanto a lui, dal suo lato di letto - si posa li, spostando il peso su una natica sola ed accartocciando la gamba adiacente al letto per chiuderla su se stessa, contro il fianco della salamandra. Fa' attenzione. Vorrebbe non svegliarlo. Semplicemente stagli vicino. Forse dovrebbe uscire. Forse dovrebbe lasciarlo dormire, e magari fare le sue faccende. E ritrovarlo qui, al suo ritorno. Ma non riesce. Il viso, i capelli sciolti. L'elastico. Lo guarda, così simile a quello che anche lei porta al polso, appartenente a lui. Ciocche come l'inferno in terra, le colano sul viso pallido - senza occhialetti a fare la loro scena, abbandonati giusto ieri notte sul tavolino dove solitamente mangia, studia, scrive - da sola. <...> zitta, con la mano libera - ancora intorpidita dal calore del caffè, tenterebbe di spostargli qualche ciocca via dalla fronte, via dal cuscino, tutto nel tentativo di non svegliarlo. Se non con l'odore del caffè. E con il tocco del ginocchio lungo il costato.

15:12 Eryk:
 Non è di certo quel tocco di quel ginocchio minuti contro il proprio costato a farlo svegliare, ne tanto meno quel materasso che inevitabilmente si flette e sprofonda leggermente sotto il peso della Seimei, facendolo pendere in maniera quasi impercettibile verso l’esterno di quel letto. Quei capelli vengono smossi e messi quasi in ordine o per lo meno a esporgli quel viso così severo e aggressivo di solito che in questo momento, è tutt’altro che tutto ciò. Finalmente quel profumo unico di quella bevanda gli giunge alle narici e, come se fosse il boot per avviare il programma della sua testa, ecco che il Doku tra mugugni vari va ad aprire quegli occhi ambrati. La bocca si spalanca, enorme, mentre la lingua esce fuori, arricciandosi all’insù come un felino, mentre quelle narici sembrano guidargli il volto proprio verso la sorgente di quel profumo, manco fosse un animale selvatico. Si siede, allargando le braccia mentre sbadiglia di nuovo, stiracchiandosi così gli arti e la colonna vertebrale, per poi aprire definitivamente quelle palpebre e, con la vista ancora offuscata dal sonno, notare Ren di fronte a lui. <” …’giorno. “> non le dice tanto, è particolarmente taciturno e burbero da appena sveglio e soprattutto, dopo la nottata quasi insonne, si ricorda bene i dettagli della notte precedente, evitando così di fare un escalation clamorosa su cosa possa aver combinato con quel corpo che ha di fronte o come mai sia mezzo nudo, più semplicemente in pigiama. Scosta lo sguardo verso la finestra più vicina a vedere la luce di fuori che si riflette dentro anche per cercare a grandi linee di orientarsi e di capire che ora si fossero fatte, non che l’approcciarsi dell’inverno e le giornate più corte lo aiutino in questo processo. Alza entrambe le mani quindi, dopo che ha sbattuto quelle lunghe palpebre nere un paio di volte per scrollarsi di dosso la stanchezza. Comincia ad afferrarsi quei capelli, che sono particolarmente in ordine grazie a lei, per poi legarseli, come sempre, in quella coda di cavallo, in quel rituale che fa spesso, con il suo elastico.

15:40 Ren:
  [Albergo | Estemp] Ci vorrebbe una tazza ricaricata per l'altro, ed invece stringe solamente il fondo della sua. Cosa vi aspettate da Ren, del romanticismo? Lo guarda stiracchiarsi, svegliarsi lentamente - e tra le ciocche aranciate, quelle iridi di piombo lo seguono lasciando andare le ciocche tenute in ostaggio tra le falangi affusolate. Lascia il caffè nella mancina, tenuto dalla maniglia - e mentre si sposta leggermente indietro, lo riporta alle labbra come se fosse benzina per un vecchio catorcio scoppiettante. Gli occhietti arrossati paiono più rilassati, più distesi. Come se fosse la prima dormita dopo giorni di stress - ma no, non è così. È solamente molto impegnata, scoordinata coi tempi e con i momenti in cui sarebbe buono e giusto dormire. Il capo si abbassa piano, lascia scorrere le ciocche contro il viso. < Dormi parecchio, nh? > Chiede conferma, o forse é solo una lamentela gettata nel vuoto con un tono atono, piatto. Un colpo d'anca la porterebbe a tirar giù ambo le gambine dal letto, spostarsi con le terga verso il bordo - ed abbandonarlo del tutto. Lei - ed il caffè. Un buongiorno tutt'altro che frizzante. È una di quelle giornate che passeresti tranquillamente davanti ad una tazza di té, la tv -se solo esistesse- e una copertina di pile. Eppure lei é già in piedi e di conseguenza, lo sarà presto quello che fu, ai tempi, il suo allievo. L'unico, probabilmente, che esisterà nella storia della sua vita. Le labbra pigramente arrossate si schiudono, lasciano andare un piccolo sospiro - sparendo dietro il tavolo del cucinino a vista. È tutto predisposto. Il caffè è probabilmente l'unica cosa che le serve per sopravvivere. Il caffè e il cibo d'asporto. I ravioli alla brace, di manzo. Disordinata. Il chaos puro. Eppure ha un modo di fare che non lo è affatto, pure con i capelli sfatti e solo una canottiera lunga addosso. I vestiti fradici, appena svegliata - li ha appesi lì, con una gruccia appesa ad una sorta di armadio vuoto. Manco dentro. E per arrivarci le é testimone una sedia imbottita lasciata lì, contro l'armadio. Maglietta, pantaloni, la sua camicetta bianca in organza. Tutto in modo sistemato, maniacale. < Qualcuno a quanto pare è diventato velenoso. > La voce che spezza il silenzio, accompagnata dallo scroscio del caffè nella tazza - una nuova- destinata ad Eryk; l'odore intenso della miscela che usa, di quelle macinate a mano, invade la stanza con la violenza di un uragano - e la piacevole sensazione di mattino si ripresenta, ancora, ed ancora. Finché non s'attenua. Il capo basso, concentrato a far colare l'acqua bollente nel filtro contenente il caffè macinato, girandolo per creare aria, e non pressione, e quindi far cadere al di sotto poche ma stabili gocce nere e cremose. Allude a ieri notte, lo fa toccando piano - pianissimo, la situazione. < Non lo sapevo. > come se fosse in dovere di scusarsi per questo, o della sua assenza. Del non esserci stata quando Eryk ha risvegliato la sua innata. Del resto, per lei, è stata traumatica la prima volta. Non ha neanche idea di come funzionino le salamandre, o con quale processo diventano velenose - o perché. Sa' solo che é la loro specialità. Le palpebre addolcite dal profumo si sollevano sull'altro, sfilando il filtro e lasciando la tazza sul tavolo, ancora fumante. < Bevi il caffè? Non ho molto altro da offrire. Niente biscotti o spremute. >

16:09 Eryk:
 Dormi parecchio? Con che coraggio glielo chiede, se solo sapesse che ha dormito praticamente nulla… <”Dormirei ancora tutta la giornata, altro che…”> le dice per poi lasciarla andare via, verso quella macchina per macinare i chicchi tostati di caffè per poi preparargli quella bevanda, con quel profumo che come un pugno ben assestato, gli arriva alle narici. La destra va ad afferrare un lembo di quella coperta, spostandola. Si scosta in maniera tale da sedersi sul bordo del letto per poi alzarsi, scalzo, solo con quei pantaloni blu di cotone accorciati a modi di pantaloncino e su di essi i chiari segni del mattino per gli uomini con quel rigonfiamento che, per fortuna, Ren non vede dato che è impegnata a fargli quella bevanda. Si avvia quindi verso il bagno, chiudendo la porta dietro di sé per poi prendersi quei due minuti per liberarsi e soprattutto sciacquarsi il viso. Esce più o meno dopo che lei gli ha offerto quella bevanda, palese che la stesse preparando per lui. Si incammina quindi alle sue spalle, premendo il petto e il ventre contro la schiena minuta della Seimei. Silenzio, non le dice nulla per il momento. La destra si avvia verso quella tazza, sollevandola con indice e medio per poi portarla alle labbra e berne il contenuto, riappoggiandola in seguito su quel banco. Si allontana dunque da lei, non dandole ancora risposta mentre se si girasse, potrà notare come quel volto è di nuovo bruno, non gli faceva piacere ricordare che lo aveva abbandonato, a chi farebbe piacere dopo tutto?! Si avvia verso quei pantaloni e la camicia che aveva messo vicino al calorifero ieri sera e che ormai si era asciugata. Ravana nelle tasche e tira fuori quindi il pacchetto di sigarette e l’accendino, infilandosene una in bocca per poi accenderla. Si affaccia alla finestra più vicina, posando i gomiti sul bordo inferiore in modo da appoggiarsi, mentre le da la schiena, quella schiena così definita e ampia che può notare per la prima volta forse, una schiena con spalle e busto largo ma vita stretta, perfetta per portare il carico di responsabilità, anche di altra gente. Si allontana la sigaretta dalla bocca per poi esalare quel respiro e uccidere la conversazione sul nascere. <”Ti sei persa tante cose Ren, dal momento che hai deciso di mentirmi e partire…”> non ci gira troppo attorno, sono parole di una persona ferita e che comunque, la felicità di averla ritrovata, non può colmare quello che ha passato per mesi nel non sapere se stesse bene o dove sia, o quella sensazione di gelo nelle ossa al non trovarla all’Okiya quando è tornato da Konoha dopo un mese intero. <”Ti ricordi cosa ti chiesi, quella notta prima del mio esame, prima che te ne andasti?”> un piccolo sfizio che si vuole levare, per vedere se effettivamente quella promessa era solo aria, parole al vento, o se come lui, anche lei se la ricorda, portandosela tutt’ora dentro.

16:53 Ren:
 Non ci si aspetta totale comprensione, ogni uno ha la propria fetta di colpe, dove forse quella di Ren è ben più vasta di quella dell'altro. Il ventre appoggiato al bordo del tavolo si alza appena, lascia andare la sua tazza oramai vuota - se non pregna di un odioso fondino inbevibile - e quella piena destinata al Doku. Pure qui non differisce dalla realtà, chi alla mattina ha voglia di fare grandi discorsi? Soprattutto quando c'è così poco di comodo e leggero da dire? Il collo si stira appena, lo vede scomparire ed apparire senza neanche porsi troppe domande. Nella testa c'è ben altro, come uno stormo gracchiante di cornacchie che la porta ad incentrarsi quasi solamente su se stessa e su cosa dovrebbe fare per non perdere tempo. Tra le dita un foglio stropicciato riporta un vecchissimo articolo su Ryota Nara, padre di Furaya - e le sue ultime follie. Ricorda Kurona scendere in battaglia alle prigioni, per gli esperimenti condotti dall'uomo e dai suoi affiliati. Il trafiletto la cattura, le lascia andare un mugolio sommesso. Cade, una briciola di pane davanti ad un tavolo imbandito per l'evenienza del suo arrivo. E mentre gli occhi si muovono sui kanji, il corpo di Eryk la scuote dal suo stesso torpore. Quello in cui si nasconde. La testa fra le nuvole si trova a ruzzolare di nuovo nella realtà, passando la linguetta sulle labbra. Un atterrare morbido contro il suo osso sacro, dove le fossette di Venere permangono nascoste dalla canottiera. Le coscette si muovono, cambia peso da una gamba all'altra, finendo per smuovere pigramente i fianchi. Placida. Un limitare meno ebete del serafico. Una tavolozza piatta, come il mare in estate. Non può far altro che ascoltare le parole che le vengono rivolte, la nota pungente di chi non vuole parlarne - quasi lavativa. Corallo che le cola sul viso, quando lo rialza per inseguirlo con lo sguardo verso la finestra. Distolta quel che basta dall'articolo da abbandonarlo, gettato sul tavolo come un pezzo vuoto d'immondizia. Non le frega di Ryota, oramai - oramai Furaya s'è riscattata troppo. Amata ed eletta Kage del Fuoco. Vuole di più. Molto più di questo. Le dita scorrono sul marmo del tavolo, gelido, rialzando ventre e lombi. Gli stessi che si erano contratti appena al passaggio del venereo. < Non mi tenere il broncio. > Come se fosse facile, una richiesta molto simile al: Rientrando mi prenderesti del pane? È che la razionalità, una componente ben differente dalla passione di Eryk, la costruisce dalla prima all'ultima cellula. Il collo si raddrizza, i passi la portano a separarsi dal tavolo per tuffarsi in una di quelle cataste di libri. Uchiha. Oto. I kage. Le guerre- scarta passo dopo passo qualsiasi pezzo di carta, articolo, libro che le passa per mano creando un gran casino per tutta la stanza. Si chiude nel silenzio. La prende per scema? Certo che si ricorda, come potrebbe. <Nella mia intera vita ho avuto solamente un allievo, potrei mai dimenticarmi. Io. Dimenticarmi.> Bofonchia, dietro una montagnetta di libri. Illesa, ma letteralmente sotterrata. Cerca, cerca, cerca. E l'unica risposta che riceve è quel commento, retorico per altro - come se avesse offeso quella che a conti fatti, è un archivio vivente. Una giornata assieme, giusto Eryk? È questo che volevi? Quando riemerge, nel suo metro e sessanta - magrolina è disordinata - ha tra le braccia quattro enciclopedie sulle guerre più distruttive, ed uno sull'alleanza ninja, ai tempi di Kenji della Pioggia. Rette tra bicipite e avambraccio, pericolanti - ma ancora li, ferme. Le palpebre calano piano su Eryk. Sulla schiena. Sui lombi. <Eccotela la tua giornata con me. Non vorrai mica uscir---> Si blocca quando uno di quei libri minaccia di cadere, spingendosi piano avanti per riassestarlo, magari in modo più sicuro, sulla cima. Questa sarebbe una giornata più tipica, per Beto. Libri. Cibo d'asporto. Casa. Informazioni. Sono maledettamente importanti le informazioni. < A proposito ho sentito della luna rossa. L'ho vista. Della follia. So che tu eri a Konoha, me lo hanno detto le ragazze. Niente da raccontarmi?> letteralmente un cumulo di libri che cammina, gli da le spalle ed il capino aranciato si gira a cercarlo con gli occhi. Lame di piombo che lo percorrono, mentre solleva una coscia, puntellando la punta del piede contro il bordo ligneo del tatami. < Mi dai una mano? > Miagola, riferito alla calza. Una delle due s'è arricciata verso il ginocchio. Scivolata di poco - quel poco che basta a darle un fastidio immane. La carne appena stretta dall'elastico si fa appena più evidente, ma nulla di eccessivo. Incarnato roseo, adorabile. Come una creatura illibata, troppo acerba per certe cose. Per certi scenari distorti.

17:28 Eryk:
 Doveva forse aspettarselo Ren, che dopo quel crollo emotivo più unico che raro dato dalla felicità di rivederla, di saperla viva ma incolume, dopo che si è alleggerito il cuore che al vederla realmente e non come Beto, ci sarebbe stata quella resa dei conti da fare. Una richiesta che per lei è semplice ma che a conti fatti non lo è affatto, come potrebbe esserlo? Fuma mentre quelle sopracciglia folte e nere si arricciano in una smorfia facciale che esprime in pieno il suo disappunto. Già come può lei dimenticarsi? Chi lo sa, ha scoperto cose su di lei come chi è davvero solo ieri e quei modi che da fare da gattina non hanno appiglio sul Doku, tutto merito dell’Uchiha e dell’incontro che hanno avuto proprio il giorno dopo la sua partenza da Kusa, quando era stato appena promosso ed era andata a cercarla per farglielo sapere, solo per scoprire che era sparita. Forse era meglio se se ne fosse dimenticata, di lui e di quella promessa che si erano fatti, soprattutto dopo che quello che gli propone è rimanere lì, a casa, a cercare materiale per il Noctis e a interrogarlo su cosa è accaduto. Il medio puntella il fondo di quel filtro di sigaretta con l’unghia per poi lanciarlo via, fuori falla finestra. Si sposta con incedere deciso proprio verso quei vestiti ormai asciutti, infilandoseli con tranquillità, non come se fosse un amante pronto a scappare dalla finestra. Si abbottona quindi quella camicia bianca, per poi levarsi quei pantaloni del pigiama, sostituendoli con quelli neri della sera prima, mostrando quell’intimo aderente a quel bacino e a quel pube. Infine si china in ginocchio proprio per infilarsi di nuovo quegli anfibi. Ecco la risposta al suo invito. <”No, non mi ricordo proprio nulla. Ho subito in pieno gli effetti della luna rossa anche se Tenshi a quanto pare l’ho iniziata a frequentare proprio durante quel periodo.”> o almeno così voci dicono con quell’incontro sul monte degli hokage a Konoha. Non si dice niente di che di diverso, disordini che ci sono stati ovunque, Fenrir a guardia del portone di ingresso…solita roba. Le rivolge uno sguardo a vedere dunque quella gamba con la quale le ha richiesto un aiuto. Sospira per l’ingenuità della rossa, scuotendo il capo per poi alzarsi, azzerare le distanze con un paio di passi, e chinarsi di fronte a lei per rimediare. La destra le solleva il piede dal tendine, poggiandolo sopra la propria coscia destra in trazione dato che era appoggiato proprio su quell’arto. Entrambe le mani afferrano quindi quel bordo della parigina, alzandola fino alla lunghezza massima, sentendo sotto i palmi callosi e ampi, la morbidezza della carne della Seimei. <”Non ho intenzione di rimanere a casa e soprattutto se vuoi informazioni o senti i tuoi bambini, o te le guadagni.”> le dice, riappoggiando molto delicatamente quel piede sul tatami prima di alzarsi in piedi di nuovo e sistemarsi un attimo. <”Vestiti o ti lascio qui.”> le dice senza troppi giri di parole mentre, dato che si sta preparando ad uscire un'altra volta nelle strade selvagge di Oto, si prepara come fa ogni giorno. Mani che si infilano in tasca mentre si concentra sulla propria psiche interna, così come lei gli aveva insegnato tempo fa. Quelle due energia, così diverse tra di loro, vengono smosse e mischiate insieme, la fisica e quella mentale così da generare quel nuovo elemento conosciuto come Chakra, un qualcosa che gli da grande potere ma che li vincola incredibilmente come persone. Quell’energia dovrebbe essere in un primo momento concentrata proprio nel bacino del plesso solare, riempiendo quel pozzo fino a far propagarla al di fuori, irrorando tutti gli tsubo del suo corpo. [chk on]

17:55 Ren:
 <Mhn> Un mugolio le risale la gola, mentre il tempo snocciola astio non detto e questioni che sono in sospeso, evidentemente. Eppure non ci da' troppo peso, come chi è capace di farsi leggero di qualsiasi problema. Soprattutto se non legato a se' stesso. Un annuire placido da dietro quei libri, il cedersi del ginocchio in favore della salamandra, donandogli quei due secondi necessari per darle una mano con la calza. Quel che ne viene son le informazioni, irrisorie, sulla luna rossa. Una condizione che incredibilmente non l'ha sfiorata e che per assurdo, solo un maestro dell'illusione potrebbe spiegarle con efficienza. Gli occhi che vagano per la cucina rimangono stabilmente in una condizione alienata, soffocata da una fame che non ha pari. Da una sete che non vede risoluzioni. Il tonfo dei libri sul pianale bianco è l'unica cosa che sente, che filtra delle mura abbastanza alte per potersi chiudere, porcospino, a quella richiesta di uscire. Come se calasse l'ombra. O come se non lo avesse sentito. Pezzo per pezzo distende tutto sul tavolo. Dai libri, agli articoli interessanti. < È strano e al tempo stesso interessante, non trovi? > Quello che rivolge ad Eryk è invece un commento sulla luna rossa, come se qualsiasi cosa detta dal suo lato fosse stata totalmente respinta. O forse archiviata. Piuttosto, ecco, si alza appena dopo aver aperto i libri, cercato dei trafiletti - per muover gli occhi in sua direzione. Di certo non è sua intenzione evitargli di vestirsi, o di andarsene. Eppure il tono pungente del corvino le solletica le orecchie, lo guarda bieca per un attimo, storcendo le labbra. <Vuoi dei soldi?> Il guadagno, o la paga dietro delle informazioni non sono mai state pensate troppo a lungo, ed effettivamente - una paga per delle informazioni sarebbe più che lecita. Anche se nei soldi non sguazza. < Non credo gironzolerò per Oto. Ho da fare. Poi piove. > Ci gira attorno, lamentosa. E di certo non deve delle spiegazioni. O forse si? Ignora totalmente l'accaduto tra Eryk e l'Uchiha, come del resto la salamandra ignora del tutto il seguito di quel che era una coppia. O provava ad esserlo. E nonostante tutto. Nonostante il comune accordo, è normale non esser pronti. Non sa nemmeno che é tornata al villaggio. E lei non è manco mai passata a vedere dov'è, o cosa fa. Non lo evita, chiaramente, ma diciamo che se può evitare di incontrarlo è meglio. Un nodo. Un piccolo nodo di quelli che s'incastrano nel pettine procurando fitte atroci. Uno dei pugni posati morbidamente sulla pagine si serra, inconsapevole, cercando di non dare sfogo a frustrazioni. Sarebbe indecoroso. < Se non hai voglia di stare in casa lo capisco. Replicheremo la nostra giornata un altro giorno. Magari un giorno in cui c'è il sole, nh? > E sulle labbra si dipinge un sorriso, un sorriso distratto - che fa capolino tra le pagine del libro. Si stacca, lascia andare il tomo al tavolo con un tonfetto - per poi dirigersi /o nascondersi/ in bagno. {Chk off}

18:22 Eryk:
 Non la capisce…non capisce cosa ci sia di così interessante al passare a rassegna tutti quegli articoli lì, eppur dovrebbe capirlo dato che è simile a ciò che fa lui in laboratorio, sperimentando con ogni reagente e soluzione, sviluppando teorie e applicando ricette e miscugli già scritti, per non parlare deei manuali di istruzione di tutti quei macchinari che aveva a Kusa, apprendimento che è stato letteralmente più piacevole grazie a Ryuuma. <”…dei soldi? Che sono una prostituta? Favore per favore.”> le spiega in maniera abbastanza indispettita da quell’allusione che Ren gli ha fatto, non ah più bisogno di soldi, ormai è tornato a guadagnarseli da solo. Ne aveva bisogno sì a Konoha, anche se ha fatto di una necessità una virtù, condividendo da allora la camera con la Senjuu dai capelli rosa, così come è il loro intento replicare a Oto. Ascolta alla fine quella scusa, col fatto che piove(?) e che ha da fare. È mezzo intenzionato dal prenderla per la collottola e tirarsela appresso, o darle tante di quelle manate sul sedere da renderle impossibile sedersi e costringerla a uscire. Si limita solo a sospirare accettandone la decisione che ha intrapreso anche se non la condivide. Quel lavoro a quanto pare è importante, più importante di rimettersi in pari con il suo ‘unico’ allievo dopo che si è persa tutto di lui e della sua crescita. Domande infatti circostanziali su quello che le può essere utile alla rivista. <”Non sarà allora di certo io a interrompere le tue ricerche, la mia presenza qui in camera sarebbe solo una distrazione. Inoltre dovrei vedermi anche io con la kunoichi con la quale sono venuto al tempio. Dobbiamo prendere casa qui a Oto, temporanea o fissa che sia, sono stanco delle locande e della magione con Kimi e i suoi scagnozzi.”> le dice, come a farle capire che nel frattempo lui si è mosso, che per lui l’orologio non si è fermato e proprio come lui stesso è andato avanti inesorabilmente. La guarda dirigersi in bagno e, prima di andarsene, dopo che Ren ha chiuso quella porta della camera dei servizi, a sua volta apre la porta di quella stanza d’albergo in maniera tale che la possa sentire anche dal bagno, anche se per il momento non va via.[chk on]

18:50 Ren:
 Nascondersi non é il meglio, ma é comunque un buon metodo per non affrontare un problema, no? Si lascia la porta dietro, chiusa - e mentre piega lo stomaco su se stesso, gettando il viso nel lavandino - ripercorre le parole: Te lo devi guadagnare. Che vipera. Sempre a spingerla a fare qualcosa che possa ricalcare l'età che ha, come se avesse in qualche modo importanza. E addirittura dirle che se vuole qualcosa detto dalla sua bocca, deve pagare pegno in qualche modo. Gli occhi si assottigliano sullo specchio, il riflesso della stanchezza mentale, più che fisica. Lascia che l'acqua corrente annebbi il contenuto di qualche frase, buttandoci il viso sotto. Ruba un sorso, un altro, lo lascia scorrere sul viso a reclamare il colorito rosato che solitamente sfoggia con tanta nonchalance. Giusto qualche frammento di silenzio perso dietro lo sciacquarsi del viso con giusto una noce di quel sapone al gelso. Lo sfregare delle mani sulle gote, sugli occhi, sul muso, il collo. Uno sciacquarsi veloce, senza dilungarsi inutilmente e troppo su una cosa o sull'altra. Si cambia anche, giusto per avere un decoro - e mentre s'issa i collant sopra la vita, abbinati ad un quipao nero opaco ancora arricciato ad altezza dello sterno. Forza psichica e fisica, sfere complementari che focalizza a livello dello stomaco e della mente - direzionate al plesso solare; le mischia, le lascia scivolar l'una nell'altra andando a comporre il sigillo caprino. Lo lascia andare, torrenti in piena che abbandonano i kirakurei e sgorgano fuori dagli tsubo creando un ciclo naturale, come il sistema linfatico - ma parallelo, differente. Inspira - espira. Come se si fosse appena recuperata da un cumulo di macerie. <...> A parte qualche tonfetto, a parte qualche rumore - dal bagno non viene nessun suono. Nessun tipo di risposta. Totalmente egocentrica. Ad esempio, l'acqua - riprende a scorrere. Fino a sentir qualche bofonchío da dietro la porta. Prostituta? Aveva in mano il bicchiere dello spazzolino, lasciato cadere a terra. Un boato di vetro infranto è un balbettare timido <cosa-> che intende, con puttana? Non hanno mica consumato, non crede di dovergli fisicamente qualcosa. Si osserva, fortunatamente nascosta. Eppure non ricorda niente. Come se avesse avuto l'intenzione di fare qualcosa con Eryk. Solo l'idea la fa' sentire sudicia. Sbagliata. Fuori luogo. Si schiarisce la voce, infilandosi in bocca lo spazzolino e tentando di raccogliere senza farsi male i cocci di vetro. Uno dopo l'altro. Il silenzio che segue quel commento è quasi mortorio. Come se avesse smesso addirittura di respirare. Ma lo fa', eccome se lo fa'. Anche troppo. Spazzolino in bocca, dentifricio al carbone sparso sul muso - e quello che segue, è come una pugnalata nei fianchi. Prendere casa assieme. Allora lei, quella ninja, è per lui come Ekazu era per lei? Hanno bisogno di stare assieme, lontani da tutto? La porta del bagno si spalanca con un tonfo e per fortuna, si presenta con un minimo di decoro < Chi? >. Tolto lo spazzolino ancora in bocca ovviamente. Sillaba. E sillaba dopo sillaba esprime qualcosa che non si allontana troppo dal disappunto. O la preoccupazione ? < Prendere casa con chi, hai detto? > E dovuta uscire in fretta, con i capelli disordinati e i denti ancora sotto il trattamento dello spazzolino. La mancina lo sfila dalle labbra annerite, cercando con gli occhi probabilmente nessuno - ed una porta chiusa dietro le spalle. L'ha sentito, ed è terrorizzata. Eppure Eryk è lì, con la porta aperta e lei, dalla porta del bagnetto d'albergo lo guarda, sistemandosi il bordo della gonna contro la coscia. < Anche io e /lui/ volevamo farlo. É sbagliato. Come ti prendi cura di una casa se hai sempre da fare? Se sei obbligato a scappare, o nasconderti? Sarebbe stupido. Non farlo. > Un consiglio per un amico. Un consiglio chiaramente non richiesto ma che si sente in dovere di fare. E arretra, tallone per tallone, affacciandosi al lavandino di nuovo. Ma questa volta con la porta aperta. {impasto}

17:53 Eryk:
 La sua sensei sta travasando tutto quel discorso, prendendo pezzi randomici da quel discorso per tracciare un filone tutto nuovo di parole riarrangiate per mettergli in bocca discorsi non suoi. Non ha mai detto che la doveva pagare per le informazioni, e soprattutto non ha da dargliene dato che la luna rossa a lui l’ha colpito in pieno e davvero non si ricorda nulla, non è il miglior informato e possibile. <”Con la ragazza dai capelli rosa con la quale son venuto al tempio e qui a Oto. E allora, ti sembro forse un casalingo che mi devo prendere cura della casa? “> le chiede perplesso da quella reazione così anormale che Ren gli sta mostrando, consigli non richiesti come quel parere puramente soggettivo che si sente libera di dargli senza che lui glielo abbia chiesto in primo luogo. <”Se te e Ekazu non l’avete fatto è un problema vostro. Non ho intenzione di legarmi a quattro mura, semplicemente un appartamento dove andare a stare tranquillo senza rotture. Se dovrò andarmene da Oto, allora nel nuovo villaggio cercherò un'altra casa, semplice.”> le risponde anche perché probabilmente i due non condividono lo stesso concetto che ha di casa con la rossa che probabilmente gli attribuisce un significato più emotivo e profondo al semplice luogo dove andare a dormire e mangiare. Non scende in ulteriori dettagli anche perché superflui così come non la va a punzecchiare sul fatto che dopo che l’ha abbandonato non è esattamente nella posizione di potergli consigliare cosa fare o cosa non fare. La osserva mentre si allontana di nuovo con la porta aperta quela volta, chinandosi in avanti verso quel lavandino mentre si stava lavando i denti. Dato che stava sull’uscio della porta, ecco che si gira col capo solo quando sente quella che sarebbe la donna delle pulizie o un incaricato dell’hotel dove risiedeva Ren e, dato che non passa di certo inosservato con il gentil sesso e che in primo luogo non dovrebbe essere là, non essendo un ospite, broccolando le chiede <”Fate anche servizio colazione?”>

18:16 Ren:
  [Stanza d'Albergo] Forse ha ragione - non dovrebbe impicciarsi. E non è tanto arrogante da non comprenderlo da sola, attenzione. Forse vorrebbe solo esser più simile a lui, o forse vorrebbe lui più simile a lei ? Lascia cadere lo spazzolino nel bicchiere - ed allo stesso modo, lascia che le stilettate lanciate da Eryk la feriscano fino a renderla sanguinante. E quel riflesso stanco che la fissa esattamente, cosa vuole. Giudicarla. Dirle quanto stupida è stata. Quanto invece Eryk avesse ragione ricordandole che è solo una bambina. Il musetto imbronciato, le labbra perennemente piegate verso il basso. Quel taglio che le ricorda che forse papà, non era poi così contento di vederla. Ed una fissa alle ginocchia. < Ekazu... > Un sussurro le esce dalle labbra, come se sfiatasse l'ultimo dei suoi respiri. Ekazu, come sai il suo nome? Le ciglia calate a metà degli occhi la nascondono da tutto il resto, neanche bastasse nascondesi quì per esser clinicamente morta, inesistente. E lo ripete, quel nome - tra la domanda e la certezza. Che ne sa' Eryk, di cosa è successo. Di quanto ha sofferto e quanto ha amato quella casa, l'interno zero. Di quanto l'ha cercata, di fretta e furia, per avere un posto solamente per loro due? <Non hai idea di cosa stai parlando.> Arida in petto come nel ventre, qualcosa di snaturato e distorto - furiosamente sbagliato. Lascia andare quell'acqua in cui s'è sciaquata il muso, la manopola gelida chiusa con una o più mandate, fino a far smetter di lacrimare il rubinetto. Ha occhi iniettati di rosso color stanchezza - quell'unico spiraglio regalato a Eryk - ed il suo tentativo di rimorchiare della colazione, o forse una donna? Comportamenti che non la sfiorano nemmeno. < Io e lui avevamo una casa. Ma ora non importa. Non esiste più un /io e lui/. Ci sono io, e c'è lui. E' questo il punto. > Non affezionarti, non amare - o almeno non farlo come l'ho fatto io. In modo infantile e stupido - capendo solamente dopo, la vera importanza di chi avevo di fronte. Il collo snudato carezzato dalle falangi, torce appena i muscoli - il trapezio minuto e pallido - sfilando le mani a sbottonare la camicetta per aver una mise più alla mano, meno rigida, più da casa. I capelli composti. Le palpebre prive di colorazioni ambrate - risultano naturalmente bronzee, così come le lentiggini chiare su quel viso nordico. Tipico. <Facciamolo ora.> La bocca parla prima che la mente possa incappare in un pensiero chiaramente formulato. Facciamolo, punto e basta. Il cosa, il come, il quando. Come se non dovesse interessargli un oggetto o un soggetto preciso. <E' chiaro che non vuoi parlare. Ed è chiaro che c'è un problema. Parliamone ora. Potresti non rivedermi per molto tempo. Devo tornare a Kusa e a Konoha.> [ck on]

18:51 Eryk:
 Il suo charm non funziona troppo e alla sua richiesta riceve un due di picche. Sbuffa, sia per il mancato successo nello scroccare una colazione a gratis, sia per quello che gli sta dicendo. Si appoggia quindi con la schiena e il sedere all’uscio della porta, tirando fuori una sigaretta, un'altra da bravo fumatore incallito, specialmente quando è nervoso e ha bisogno di una valvola di sfogo per lo stress che non sia menare fendenti o distruggere cose, un regolarsi con un atto autolesionista come quel tabacco. Scrolla le spalle quando gli dice che Ekazu e lei si sono lasciati, non gli riguarda, così come lei non gli aveva detto che era fidanzata in primo luogo, non sarà di certo lui a chiederle come mai si sono lasciati anche perché non sono fatti suoi, e il tenerlo all’oscuro di tutto ciò che le riguarda in privato, è già abbastanza eloquente come risposta senza che Ren gliela dia in versione esplicita e loquace. Si accende quella sigaretta e la allontana immediatamente, espellendo il fumo nel corridoio. Non è uno a cui piace parlare tanto in generale, figuriamoci di mattina appena sveglio e, soprattutto dopo quello che ieri sera si sono detti quelle parole arrivano in maniera ancora più strana alle sue orecchie. Se sa che non ha voglia di parlare, esattamente cosa le fa credere che le da corda adesso? Quella minaccia di saperla lontana da Oto evidentemente, ancora in pericolo. Sbuffa un'altra volta quando sente che deve allontanarsi, alzando lo sguardo chiaramente preoccupato. <”Che ti devo dire Ren? Cosa vuoi sentirti dire esattamente, specialmente ora che mi stai per lasciare di nuovo per chissà quanto tempo? Pensi davvero che avere una risposta alle domande che mi sono fatto in questi mesi, ORA, mi possa essere d’aiuto? Inoltre sto facendo esattamente come mi hai detto di fare: pensare di essere solo anche all’interno della Yugure, anche con te, o no?”> Quel tono è diretto, fermo eppure non c’è rabbia in quel timbro, solo una nota più acuta di tristezza data a quella voce profonda e a breve tratti quasi tremolante. Che cosa si aspettava da lui esattamente o perché gli interessa che problema ha quando non si è neanche interessata di cosa ha passato senza di lei, senza che lui sappia se è stata informata da chi aveva vicino che lo conosceva, come Kimi o Ekazu…

19:16 Ren:
  [Stanza d'Albergo] Affronta tutto con lo stesso identico viso; le mani colgono sul bordo del tavolo un vecchio articolo di giornale dietro cui nasconde parte del viso. Il fianco s'accosta morbido lì, al marmo - lascia scivolare metà natica sul bordo, accavallando le coscette. Posata. Sfila gli occhi addosso alle poche notizie che svolazzano in giro per il suono. E la posta arrivata dal tempio della cascata è tanta da invaderle ogni singolo fuda accantonato quì e lì per la stanza. Chi li odia, chi ringrazia, chi minaccia, chi prega gli yokai - e non più i kami. Il tutto screma debolmente e la cameriera che Eryk aveva agganciato - sembra non avere nessuna voglia di attaccare bottone. Il giornale stretto tra le dita inizia a raggrinzirsi lentamente, piano - la tensione delle dita lo tedia a tal punto da voler quasi strappare il foglio. Quanti turbamenti. Quanti intoppi. Quanti ostacoli deve ancora superare prima di potere esser serena? Chiude gli occhi per un momento ed il tonfo del giornale sul tavolo sembra voler chiudere la questione piuttosto che aprirla. Lo ha fatto, alla fine: Ha voluto parlarne perchè è palese, il problema alla base di Eryk. L'esser stato abbandonato. L'esser preoccupato e non potere fare niente, per chi come Ren - è solo una marionetta in mano al destino. O il marionettista del destino stesso. Il fianchetto che scivola dal tavolo la vede muoversi verso una delle antine di quel cucinino. Fragile come lo stelo d'un fiore e delicato come la sua corolla. Le ciocche corallo che la carezzano in modo ordinato, gli orecchini ai lobi delle orecchie sembrano piccoli rubini in risalto contro l'epidermide della mascella. < Cosa posso fare - no, no, cosa /devo/ fare? > La tranquillità nel tono è innaturale, come se stesse pian piano ribollendo. Come il fischio innocente di una pentola a pressione che, insomma, se mal gestita potrebbe creare ingenti danni. Strozza dal collo una bottiglia di umeshu - dopo il caffè. Il giusto regime per rimanere sveglia e vigile, senza distorcere di troppo la realtà in cui vive. Il dolce liquore alla prugna versato in un dito orizzontale dentro ad un bicchiere di vetro che ricorda vagamente le fattezze del ghiaccio. Solo un disperato assaggio. E se prima il tono era migio, ora le grinze sulla fronte diventano più evidenti. < Cosa vuoi che faccia? Che ti chieda scusa?! Vuoi che rimanga qui, o sei disposto a venire con me? E secondo te io sono così stupida da metterti in pericolo. > S'incrina la voce, rotta dalla frustrazione. Ekazu, lui. E' lo stesso discorso. Non ha spazio, non ha tempo per il timore di perdere - o di esser persa. Non ha idea di cosa voglia esattamente. Non ha idea di cosa dovrebbe fare per far si che tra lei e Eryk, sia di nuovo tutto okay. Il fiato lo centellina attraverso un sorso di umeshu - e si muove con i piedi scalzi, lo spacco della gonna lascia in mostra i collant nero velato, tanto stretto da dar l'idilliaca idea della pelle al di sotto. I fianchetti si muovono dal mobile, varcano la stanza in direzione di Eryk. < Mi stai facendo impazzire, mi fai impazzire dal giorno zero! NON SONO IN GRADO. > Le riga il viso, la disperazione di chi ha tirato un po' troppo la corda. Lo ha già detto, lo dirà di nuovo, all'infinito. E quelle ciocche corallo, quel viso efebico arrossato - le lentiggini addirittura sembrano fuggire dalla sfuriata che lancia contro Eryk, avvicinandosi a lui per chiudere la porta che da' sul corridoio in un tonfo pesante. Sperando vivamente che lui nel mentre si sia spostato. La mano tremula, quella con il bicchiere - ed il liquido ambrato all'interno sembra intenzionato a vacillare più di lei. Non sono in grado, perchè continui a mettermi alla prova. < Non sono in grado di stringere le persone a me. Questo è quello che sono. Io sono Beto. E in quanto Beto, non posso stare ferma in un punto. Pensi di esser in grado di stringermi? Allora vieni con me. Pensi che farlo non ne valga la pena, allora tornerò. Tornerò sempre. E combattere sullo stesso fronte mi basta. E mi rende felice. > L'ennesimo sorso. L'ennesima arsura contro una gola che sfiata - che cerca le sue sigarette come se fossero ossigeno. Fosse riuscita o meno a chiudere d'entrata, girerebbe gli occhi verso Eryk - come se aspettasse da lui una risposta concreta. Cosa vuoi? Cosa dovrei fare? Cosa c'è che non va' nelle persone che ho accanto, che non sono in grado di capire quanto sia importante essere Beto, prima ancora di essere Ren. Solo, semplicemente, Ren. Lei, il suo mondo di nuvolette grige, il suo bicchiere di Umeshu, la sua sigaretta. Gli da' le spalle e si chiude in se' stessa, affacciata alla finestra su un vicolo del centro. E la curva dolce dei fianchi s'accentua, timidamente giunonica, mentre si piega sul davanzale. I gomiti, il capo fuori dalle finestre schiuse. I capelli che colano lavici lungo il collo, la schiena, la scollatura arida. [ck on]

19:44 Eryk:
 A quanto pare la corda si tira al punto da spezzarsi e Ren sbrocca, che sia lei colei che ha diritto di dar di testa o meno è tutto opinabile. La scolta in quel suo capriccio, in quello sfogo che onestamente non gli riguarda. Lo sguardo più parla e più si fa contrariato e deluso da quelle parole, ma per educazione la lascia finire, la lascia sfogare come la ragazzina di diciotto anni che è prima di essere Beto, Yokai, Ren o qualsiasi altro appellativo voglia adottare. <”Mettermi in pericolo? Ma chi ti credi di essere esattamente?”> domanda più che legittima mentre le risponde adesso, con un tono freddo e distaccato mentre non nasconde il suo essere contrariato con quell’espressione. <”Non te ne importava quando mi hai lasciato senza dire A, con un pugno di mosche in mano e una promessa vuota, al mio futuro, conscia di quello che volevo. Se non sei in grado di stringere le persone a te allora evitami sta partaccia che ti frega se mi metto in pericolo.”> Si stacca da quell’antro di quella porta, allontanandosi proprio però in sua direzione. La destra è serrata in un pugno al suo fianco mentre sull’avambraccio e in fronte son visibili le venature gonfie. La risposta è così semplice alle domande che ha posto, così come al dilemma della sua persona. Chi sa che lei è Beto oltre agli altri Yokai e lui? Chi la conosce come Ren e il solito problema di non poter scindere quelle due persone, quei due alter ego che adotta, perché lui ha conosciuto la Seimei e non lo Yokai, quindi fargli credere che ci sta solo quest’ultimo, è una presa per i fondelli bella e buona e un insulto alla sua intelligenza. <”Non ho intenzione di venirti dietro, non sono il tuo babysitter e Kusa e Konoha mi hanno già mostrato cosa possono offrirmi e non è niente che mi può interessare a progredire oltre.”> su ciò che pianifica, su quello che desidera e il suo motivo per continuare le sue avventure, anche a costo di mettere a repentaglio la sua incolumità. È inutile chiedere a un soldato o a un ninja di non andare in battaglia, di preoccuparsi per lui, figuriamoci per un rivoluzionario come lo è il Doku. Alza la destra quindi per poi abbassarla in direzione del capo rosso della Seimei, col palmo aperto in quello che dovrebbe essere un buffetto con annesse due carezze. <”Devi scrivermi quando torni. Non sono di certo io a dirti cosa non devi fare, così come non tollero che tu possa pensare di fare lo stesso con me. Almeno non farmi preoccupare per nulla quando sei al sicuro e sana.”> le spiega, rilassando i muscoli del viso, assumendo un espressione più calma. Non era una richiesta impossibile da fare e con la rete di informatori che Ren ha è facile rintracciarlo, soprattutto lì a Oto. Lui stesso appena avrà trovato dimora, momentanea o fissa che sia, si adopererà per farle sapere l’indirizzo. Una piccolezza a conti fatti ma tanto gli basta: saperla sicura quando non sta rischiando. Si volta, ha già parlato troppo per i suoi gusti ed era già dell’idea che questa conversazione non era da affrontare o almeno non in questa modalità. Si allontana, così come allontana la propria sigaretta dalla bocca, dirigendosi verso la porta. <”E prima che me lo chieda te chi penso di essere: penso di essere una delle poche persone che ci tiene veramente a te.”> Conclude così e, a differenza del nome che porta, questa volta non ha intenzione di mettersi al ciglio della strada per far passare beto-beto, intraprende lui per primo la strada di uscita, metafora forse di come mai i due sono così diversi e forse incompatibili, dato che se c’è una strada lui vuole essere il primo a percorrerla, anche a costo di scoprirla o batterla da sé. La lascia quindi alle sue faccende come le aveva già detto: era solo una distrazione per lei lì.

00:19 Ren:
 E' tutto come un incendo, avete prensente? Divampa velocemente e non lascia nulla se non ciocchi ardenti e macerie. Il nero pulviscolo che le macchia il viso di espressioni del tutto nuove anche per quel viso di porcellana. Un distorto bisogno le dilania le viscere e risale con il canto di guerra dei peggiori guerrieri - come il sangue ribolle quando lui le si rivolge contro. Quando la tratta come una ragazzina. Quando pretende di vedere in lei - quello che in fondo in fondo, ha sempre desiderato. Ren, la ragazzina. Ren dai tratti pallidi ed affilati. Ren e quella marea di lentiggini che la rende una creatura efebica - incapace d'odio, di cattiveria. Il fiore da proteggere prima ancora che si sozzi, in questo mondo lurido. Rimane zitta ingollando veleno quando lui la addita come non in grado di potergli dire qualsiasi cosa - non in grado di poter anche solo replicare a quello che sarebbe stato meglio o meno per lui. Sminuisce. Rende piccolo ogni sforzo fatto per avvicinarsi. Riduce in polvere ogni domanda, ogni traballante passo di Ren in sua direzione. Ed allora quel collo di cigno schiva la sua mano, diffidente - si mette nella posizione di chi è offeso, di chi si sente sudicio -- da quelle parole. Quel suo metterla continuamente all'angolo. /Il suo carattere/. Oh, è vero. Non possiamo rendere la salamandra quella che non è. Non possiamo rendere Ren, quella che non è. E lo sguardo che ora indossa - dannazione - è come vederla nuda nelle luci dell'alba. Ha paura. Ha paura di quel tocco. Ha paura di quell'uomo. Andiamo, Eryk -- era questo che amavi di lei, ricordi? In un certo senso, il suo esser una meravigliosa tazzina di porcellana crepata. Il suo esser distorta. Strana. Delicata. I fianchetti battono sul bordo della finestrella mentre arretra per evitarlo, evitar il suo riconciliarsi. Sai cosa? Non c'è bisogno. La mascella serrata gonfia quei petali di ciliegio in un amabile borncetto. Un dolcissimo orpello per il viso. E come schiva la mano, le sue carezze - schiva il suo trattarlo con la sufficienza con cui si tratta una ragazzetta stupida. < E perchè tu puoi appellarti a questo, ed io no? Perchè questa disparità, Eryk? > Perchè? A conti fatti ricerca nella bocca del Doku la risposta giusta a quelle domande. Perchè l'affetto di Eryk sembra aver un valore più grande dell'affetto di Ren? Forse perchè lei non l'ha mai mostrato. O forse perchè ogniuno di noi, a nostro modo - si ritrova ad esser egoista. Compresa la salamandra. S'acciglia - e quel visino sembra corrompersi di dubbio, di quesiti - di dolore. Fa' male continuare a perdere in questa scacchiera. E chiunque sia il suo nemico, ohinoi, continua a mangiarle i pedoni. Lo osserva. Quelle lame carezzano la pelle con la stessa freddezza immobile di un iceberg; dagli avambracci al collo. Dal collo al petto. Dal petto al basso ventre, dove aveva lasciato il suo nome. Ti ricordi, sotto la pioggia. /Niente può flettermi/. Pensava di avergli detto tutto. Pensava di avergli fatto capire chi era davvero Ren. Quella Ren che ad Eryk, probabilmente, non sarebbe piaciuta affatto. Ed ogni passo che consuma per circondarlo, le lancia una fitta atroce alle ginocchia. Ogni volta che ricorda quelle parole. Ogni volta che ricorda il suo odore. Ogni volta che ricorda l'effetto della sua pelle sotto le dita - o del suo fiato addosso. Quando chiude le palpebre, mangiandosi la figura della salamandra - si trascina il mondo all'interno. Lo frantuma sotto il peso del suo esser avvilita. Amore. Quest'amore. Lo ingolla per ricordarlo com'è sempre stato con lei: Arrabbiato. Speranzoso. Due facce che collidono tra loro - rendendola confusa, perennemente. < Come puoi permetterti di ridurre la mia richiesta di averti vicino - come se fossi il mio babysitter. Ricordati - che sono io che ti ho insegnato quello che sai. Non ho bisogno di un babysitter. > ... < Probabilmente ho bisogno di te. Che non mi lasci sola. > Forse non basta, alla fine. O forse il fior di loro - ha sprecato così tanto ossigeno fino ad ora, da far ridere tutta la platea. 'Cani che guardano la luna' - direbbe qualcuno. Così lo guarda da uno spiraglio minimo di ciglia, scuotendo appena la testa quando lui è oramai una sagoma in procinto di svanire. Addio. Addio Eryk. I passi muovono quelle maledette coscette affusolate verso di lui - il tentativo di avvilupparlo da dietro, di affondare nella sua schiena. Piccola. Sentirsi piccoli. E fragili. E al sicuro. Fa' ridere sentirne il bisogno, per una persona come lei. E consumerebbe ogni secondo di quell'abbraccio a senso unico come se fosse un'addio, addio per sempre. Le manine ad altezza del petto lo carezzerebbero - così candide. Così pallidamente puerili, innocenti. Come un dipinto sbiadito - che il tempo ha voluto cancellare; un bacio sulla nuca lo saluta. < Hai ragione, Eryk. Se non sono capace di stringere le persone -- dovrei per lo meno esser in grado di lasciarle andare una volta per tutte. > ... < Perdonami. > E lo lascia andare, una volta e per tutte - girandosi anche lei. Se solo cercasse di fermarla voltandosi - vedrebbe solo lo spiraglio di quel finestrone aperto ed ancora traballante. Ed un silenzio. Infernale. [END]

v e c c h i a giocata, dopo due mesi di rant da parte Eryk - eccogli la sua end.


/Anche perchè mi mancava la mia bambina./


Adieu mon amie.