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[ Oh, e invece ti vedono bene. ]

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con Ren, Eryk

16:52 Ren:
  [Piazza Kunimitsu] È come non essersene mai andati, a dire il vero. Come se la guerra, il pavimento in frana e la roccia gelida delle prigioni - non l'avessero mai veramente toccata. La statua di Kunimitsu alle sue spalle getta una silouhette scura a terra, la ingloba - rendendola niente di più e niente di meno di una macchiolina bianca nel vi vai plumbeo di casa. E dietro la maschera il signor Beto inspira, se ne riempie i polmoni - lasciando che le ciocchette pallide dei capelli corti e tenuti ordinatamente all'indietro scivolino sfiorati dal vento. Sembra esserci il sole, macchioline qui e li - a render la piazza maculata. Eppure non si lascia sfiorare. Come se tutto sommato, rimanere nell'ombra, fosse una condizione tanto piacevole da non potersene privare in alcun modo. Ne é passato di tempo, non é vero? E nonostante l'avremmo appellato con qualche miserabile situazione, questa volta non si può dire che sia scappato da chi o da cosa. È semplicemente tornato a casa. Ha preso una boccata d'aria - e s'è chiuso in se stesso a metter impilate le informazioni ricavate da quel buco di ragno che é il mondo ninja, solo per poi far uscire un edizione nuova e ebbra di fresche informazioni. Ma il quesito posto fino ad ora é un altro, non é vero? Perché il narratore scrive al maschile? Perché il Signor Beto, Beto-San o Beto Beto, é un uomo. Un uomo alto ed asciutto, con il classico portamento del diplomatico. Imperiale. Capelli bianchi e tratti pallidi nascosti da quella che oramai é divenuta un effige. Il bianco sorriso. Lo stesso tetro ed immobile sorriso che s'é mostrato accanto alla luna e la farfalla la notte dell'attacco alla magione del Kokukage. Uno stelo bianco tra le labbra fa' capolino dalla maschera, si muove piano - come il respiro di chi lo stringe in modo quasi spasmodico, ciondolando il capino di tabacco come se fosse un filo d'erba al vento. Alla fine, dopo tutto quel trambusto - non c'è stato niente d'eclatante, eppure come la spieghi tutta quell'eccitazione? Quel brivido le percorre ancora la schiena, la pugnala - più e più volte, spingendola a ritornare li. Tra le urla della libertà. Nella consapevolezza di star facendo la cosa migliore, ed al tempo stesso, la peggiore. Ogni uno ha il proprio modo di vedere le proprie azioni, e chi tra gli uomini è veramente capace di giudicare l'operato? Chi potrebbe esser tanto puro e tanto giusto? Oh, nessuno. Nemmeno lei, a quanto pare. Il collo nervoso si tende, si piega. Nasconde le mani sotto l'haori bianco della Yugure, infilando le prime falangi delle dita nelle tasche del pantalone tradizionale, ma totalmente privo di Hakama. Lo stesso vestiario di chi, dietro di lei - porta un enorme sacchetto di juta sulla testa, con disegnato lo stesso identico sorriso. </ Sono partiti, a quanto pare. Ma la situazione non é delle migliori./> La voce rauca di Pomyu sfarfalla nell'aria, gli accarezza le orecchie e lo spinge ad annuire pigramente. < Aspetto solo che non ci facciano entrare. Anche se una parte di me, desidera fortemente andare a Konoha. Proprio adesso. > Flessa, la voce che sarebbe stata denso velluto, ora è quella baritona di un uomo, un uomo vero e proprio. La patina di chakra finemente tessuta sul corpo minuto della Seimei, rimane salda - e ben distante da qualsiasi possibile sbecco. Ripiega le labbra piano, tentenna - e chi da dietro muove qualche passo lateralmente - immergendosi nella luce della piazza. < Siamo appena tornati a casa. Non ho intenzione di ripartire. Soprattutto sono sicuro che /devi/ vederti con lui. Con il Gashadokuro. Con tutte le persone che hai abbandonato. > [ck on] [Pomyu: se men più di 60 in trasparenza] [trasformazione on: Beto-san] [haori yugure]b

17:24 Eryk:
 Si sta ancora ambientando la nostra salamandra corvina a quel posto, Oto, casa del suo clan e teoricamente quindi casa sua, eppure come già ribadito diverse volte da quella voce profonda, roca e virile, la sua casa non è definita da quattro mura o dal pavimento di legno liscio che calpesta ogni giorno. Forse è più definita dalla vicinanza a persone a lui care, ma anche lì, il termine casa è un qualcosa che non ha mai identificato, reputandosi a tutti gli effetti un vagabondo, anche di cuore infondo è così, legandosi difficilmente a una persona, tre fin ora con due di queste che sono sparite dalla sua vita, quel Koshirae, primo amico che poteva considerare tale e la sua Sensei. Continua a camminare, con quegli anfibi neri che lo portano alla piazza recante la statua della buon vecchia Kunimitsu, che bona. Si ferma a uno dei tanti tabaccai che sono presenti per il villaggio, in attesa che Tenshi lo faccia felice e replichi la miscela di tabacco che lui fuma e che non è venduta qui a Oto se non raramente di contrabbando, una miscela che in bocca è unica anche se quel fumo è grigio e indifferente dalle altre miscele di tabacco in commercio. Compra un pacchetto di sigarette qualsiasi dalla confezione nera, un pacco da venti ovviamente dato che è un fumatore incallito e lo è sempre stato. Si volta, proprio in direzione della piazza, compiendo un paio di passi che risultano in quell’armadio impattare contro un paio di quelle persone che sono lì in zona, i quali lo guardano male di riflesso, per poi rendersi conto che è un armadio di oltre un metro e novanta per novanta chili di muscoli dal fare abbastanza intimidatorio, e così, procedono dritti per la loro strada. Si appoggia a un palo, facendo un po' come gli orsi, usandolo come albero per grattarsi un filo la schiena, in mezzo alle scapole, prima di appoggiarcisi contro e buttare lo sguardo di quelle iridi ambrate su quella folla. Spicca in mezzo a tutti per carnagione, aspetto e altezza. I capelli neri sono raccolti come sempre in quella coda di cavallo alta con sempre qualche ciocca ribelle che gli sfugge e ricade su quel viso bruno. Non visibile all’occhio, in mezzo a quella chioma scura, l’elastico che gli fu dato in dono mesi orsono, da allora mai più cambiato o sostituito con altri, troppo importante per lui e quel dono, dato il tempo, si è trasformato in un memento da parte della persona a lui cara. Le gambe lunghe sono coperta da un paio di jeans neri leggermente strappati sulle ginocchia. Il busto scolpito nei muscoli e dall’inchiostro, invece, è coperto da una camicia bianca di cotone puro, con quelle maniche risvoltate fino ai gomiti, esponendo quegli avambracci pieni di tatuaggi e spessi come un bicipite di una adulto mediamente allenato. Le mani giganti vanno a levare la pellicola protettiva dal pacchetto, alzando il coperchio e prendendo così la prima sigaretta del pacchetto, girandola al contrario per poi rimetterla dentro, un rituale comune tra chi come lui consuma tabacco regolarmente. Prende così un'altra sigaretta, portandola alle labbra con la destra mentre la sinistra rimette in tasca quel pacchetto nuovo, dandosi il cambio con l’accendino. La mano destra si pone a palmo aperto in maniera da fargli da scudo contro il vento, mentre il pollice della sinistra rotea la rotella dell’accendino che con la pietra focaia e il gas, accendono il fondo di quella sua droga. Rimette tutto a posto, scostando con la destra la sigaretta per poi buttare lo sguardo sulla folla, notando come una persona sia seguita da un individuo semi trasparente, qualcosa di comune in quella settimana a quanto pare, anche se è quello che indossa che lo incuriosisce, riconducendolo al Bakeneko che ha avuto modo di incontrare. [chk on]

17:46 Ren:
  [Piazza Kunimitsu] Glaciale come se quel brivido l'avesse del tutto abbandonato - e pur ravanando, pur cercandosi a fondo - non riesce a sentir altro che un insolita patina piatta. Come se fosse perennemente in attesa. Perennemente privo di qualcosa, che non saprebbe spiegarsi. E quelle parole, le ultime di Pomyu, la vogliono pungolare li dove é più irritabile del solito. Stringe le spalle larghe, avvicina i gomiti verso lo sterno - lasciando che l'haori ciondoli in balia del vento, appeso alle spalle. Non risponde. Quali legami? Quali affetti? Da chi dovrebbe tornare? Un piccolo cenno di diniego con il capo, lasciando che la questione ottenga da quella figura, solo un tacito disprezzo. Si sta così bene. Come l'acqua che scivola via di dosso. Accarezza, si lascia macchiare, eppure torna sempre alla sua originale forma - in un modo o nell'altro. E quando apre le labbra, lasciando danzare la sigaretta - è solamente per sospirare. < Sì, dovrei incontrarmi con lui. > Esclusivamente di Hanae parla, lasciando che il resto decada. Una moneta lanciata in un pozzo. </ Aish.../> le labbra di Pomyu si sporcano di disappunto mentre macina il terreno circostante, tirando su un bauletto da viaggio e mostrandolo a Beto, di sfuggita. Come a comunicare qualcosa d'impalpabile, se non al diretto interessato che risponde di tutto punto con un semplicissimo cenno del capo. Andrebbe infatti non troppo distante, l'altro. Una delle traverse del centro, ingollato dal buio - diretto al loro alloggio provvisorio. L'ennesimo. C'è qualcosa do romantico nell'idillio di viaggiare, dopotutto. Come se appartenesse al mondo intero e non ad un semplice luogo. Le labbra che stringevano pigramente la sigaretta si fanno leggermente più serrate, e con un movimento flemmatico della mano, andrebbe a dar fuoco a quell'apice spento. Lo sfrigolio rompe il silenzio, lo stesso silenzio affogato nei fiumi di persone che passano per la piazza guardandolo di sfuggita e con indifferenza. È come coesistere ed esser consapevolmente parte di un microcosmo, pur nel desiderio di guardarlo da fuori con la stessa e medesima insofferenza. E forse, è un po quello che tende a fare. Quando rialza gli occhi, quegli occhi di piombo fuso - cadono inevitabilmente su chi è in traiettoria: Eryk. Rimane immobile- con le labbra ferme. Non espira ne inspira. E forse, sono le viscere a tremarle. Eryk é una salamandra. E dovrebbe sapere che il clan é stato richiamato dalla Yurei a ripresentarsi nel suo luogo d'origine. Oto. È come uno schiaffo in pieno viso, a freddo e di nocche. Ingolla saliva e palliativo, lasciando che il fumo le solletichi e graffi la gola. Perché? Perché adesso? Lo guarda, per un istante - lasciando che la mano impiegata ad accender la sigaretta al mentolo discenda pigramente lungo il fianco. Lasciare andare é così facile, quando non sei obbligata a vedere i diretti interessati. I passi che aveva incalzato continuano dopo un debole vacillamento, lo portano vicino - quanto basta per poterlo guardare meglio, al di la della folla che passa, cammina, parla, si confronta. Tra persone e allievi che tornano dall'accademia, ai vari dojo - o case che siano. La distanza che potrebbe far riferimento ad un marciapiede di distanza, o qualcosa del genere. E noi lo sappiamo, ma Eryk forse - forse non riesce nemmeno a collegare quell'uomo alla figura di Beto Beto, non ora almeno - eppure solleva il polso libero da impicci e con un movimento leggero, farebbe un cenno di saluto con indice e medio a partire dalla fronte, verso l'esterno. Curioso esser salutati da una figura enigmatica. La cosa più curiosa, è che anche lui ha un elastico, ma al polso. E non un elastico qualsiasi. Solo un cenno di saluto, spaccando la posizione in passi che lo vogliono vedere allontanarsi dalla piazza principale. E da Eryk. [ck on] [Pomyu: se men più di 60 in trasparenza] [trasformazione on: Beto-san] [haori yugure]

18:21 Eryk:
 Già strano vedere una persona salutarlo in quella maniera quando lui stesso non lo conosce e non lo riconosce, come potrebbe infondo? Beto-san non è mai stato incrociato prima d’ora e soprattutto quando luii e Tenshi sono stati al tempio proprio per cercare quella persona, questo non era lì ad aspettarli. Che dire quindi, Beto per lui è uno sconosciuto, o meglio sa che è una donna, a differenza di quello che crede e proprio questa nuova informazione non fa ricollegare la figura che ha davanti a quel nome che ha tanto cercato. Vede quella figura che lo seguiva allontanarsi e infine quel gesto. Non ci da troppo peso se non fosse per i vestiti che porta addosso e così ricambia quel gesto con un cenno del capo, come ad annuire. Quando questa persona inizia ad allontanarsi, ecco che lui si spinge via con un colpi di reni ed ecco che quindi si avvia proprio verso quella figura. Si muove proprio ad accorciare quella distanza, spostandosi da quella piazza per poi arrivare nel vicolo che in teoria dovrebbe imboccare in questo momento proprio per seguire quella figura che si era allontanata dall’uomo. Se fossero ormai in quel vicolo ecco che allontanerebbe la sigaretta dal volto per poi buttare fuori il fumo dalla bocca e aprire le labbra così da far uscire quella voce che lei dovrebbe conoscere molto bene. <”Deduco che la Yugure abbia una risposta per me?”> le chiede secco, quella richiesta che aveva fatto a Bakeneko di essere contattato e conoscere di più su di loro, se effettivamente quegli Yokai potrebbero essere le figure che possono aiutarlo a buttar eil mondo in quello stato apparentemente selvaggio e caotico ma totalmente libero e casuale che cerca, a proseguire in quell’utopia e soprattutto a trovare compagni per quel viaggio come lui aveva già trovato una di questi nella rosata Senjuu. Non dice altro, rimanendo lì fermo a guardarlo da dietro, dando per scontato, se l’ha salutato, che lui sapesse chi è il Doku.[chk on]

18:35 Ren:
  [Piazza Kunimitsu] E mentre il cielo imbrunisce, i passi la portano a sparire nella tela di ragno che è il suono, tra i viottoli stretti e gli archetti in pietra che conducono in basso, in alto, e di nuovo in basso - dislivellando le vie tra interrato, sotto terra e costruito in superficie. Si lascia dietro una scia di fumo perennemente diradata, una nota di eucalipto e inevitabilmente - di gelso. La verità è che non avrebbe voluto rivederlo. Non avrebbe voluto vederlo su questo tipo di cammino, come se si fosse in qualche modo convinta che quello sperimentato poco più di un mese fa' fosse stato una sorta d'addio non detto, non propriamente dichiarato. È un porisma; un teorema complesso con un illogica ma coerente spiegazione che non porta proprio da nessuna parte. Così arresta i passi l'improvviso, come il caos delle piazze scema dietro le spalle - come il vociale perenne ed amalgamato diviene solo un disturbato e fastidioso ricordo. La mancina tira indietro delle ciocchette bianche di capelli, le lascia passare tra le falangi e ricadere sulla nuca, li dove dovrebbero essere. Ed il cenno, i passi della salamandra che fanno eco ai suoi - il muoversi del busto per tornar sui suoi passi - o almeno solo apparentemente. Il tempio. Forse pensava che non lo sapesse? Per certo chi va, chi viene dal tempio della cascata - è segnalato. Così come le lettere lasciate. Così come ogni sono portato, ogni richiesta mossa - cercando in un corpo, il dio che in terra non è mai veramente esistito. È davvero particolare come le persone reagiscono a qualcosa di nuovo, cercando la speranza persa - o cercando l'appiglio, che li porti ad esser chi vogliono essere. La libertà è così ricercata. In tutte le sue sfaccettature. Però la domanda giunge nuova alle sue orecchie, non essendo in contatto con Bakeneko da /quella notte/, in cui l'ha cercata, prima di scendere in guerra. Come non sa' che l'altro è a conoscenza del suo reale, o fallace, sesso. Arcua piano le sopracciglia, lasciando cadere un ciocchetto di cenere dalla punta della sigaretta. < Nessuno mi ha riferito delle domande poste al tempio della cascata. > È la prima cosa che deduce, alzando la mancina a grattarsi il mento da sotto la maschera di porcellana. Come se dovesse ricordare qualcosa che è rimasto lì, sopito, per troppo tempo. E la voce gratta le pareti della gola, finendo per accostare all'archetto di pietra del viottolo, la spalla destra, abbassando la sigaretta dalle labbra. Ha movenze delicate, eleganti - come se fosse stato un alto rango, o un nobile. L'ombra del vicolo che abbraccia entrambi, è la giusta amica per brancolar nel dubbio, per depistare il venereo - o almeno provarci. < Se avete posto una domanda, è giusto avere una risposta. > non è questo che fa' Beto? < Del resto, non è per questo che siete venuti alla cascata, tu e la tua amica? > [ck on] [Pomyu: non in vista] [trasformazione on: Beto-san] [haori yugure]

18:56 Eryk:
 Domande, tempio della cascata? Esattamente quell’uomo di che sta parlando? Scuote il capo mentre si riporta la sigaretta alla bocca e lo guarda, ne osserva le movenze delicata, qualcosa di completamente diverso da ciò che è lui, diametralmente opposto alla suo essere schietto e onesto, anche a costo di essere eventualmente grezzo, qualcosa che non gli interessa se lo dovessero mai definire come tale in tutta onestà. Itsuki non aveva menzionato nulla di quelle lettere e quella visita al tempio, né Kimi quando ci parlò o Ekazu quando lo vide spalmato contro il muro esterno di Oto perché reputato un traditore,dopo che appunto quell’escursione al tempio ha lasciato il tempo che ha trovato e solo amarezza e rabbia nelle membra del Doku. Chi è quindi quella persona che aveva davanti che sapeva di lui e di Tenshi? Ride, giusto qualche istante a quella risposta per poi dirgli <”Ha importanza ormai? Le risposte le stiamo ottenendo in un'altra maniera, soprattutto dopo che quel viaggio al tempio della cascata si è rivelato essere un buco nell’acqua. “> gli risponde serio, impassibile, privo quasi di emozioni in quel tono e quel timbro di voce così bruno. Allontana la sigaretta dalla bocca, esalando quel fumo per liberarsi i polmoni e l’esofago da esso. <”Piuttosto te chi sei? Né Kimi, né Bakeneko sapevano nulla del nostro viaggio…”> fa ora una domanda all’individuo mentre quegli occhi color ambra lo squadrano dall’alto verso il basso come a cercare di capire chi fosse, se lo avesse mai visto o se nel tratto di strada lo avesse incontrato, chiesto informazioni a riguardo del tempio o chissà che altro, eppure nulla, non si ricorda di averlo mai incontrato prima d’ora. Una domanda gli aveva posto e dunque, ad essa, ora si aspetta una risposta esaustiva anche se, qualsiasi risposta questo individuo gli possa dare, beh, non sarà di certo considerata tale in base alle informazioni contrastanti che ha e a ciò che credeva, a ciò che ha visto a quel tempio vuoto e disabitato e all’identità legata a quel nome che per mesi ha cercato: l’autore di quel giornale che non ha avuto per mesi un seguito, l’inizio di quel processo di ricerca per quel crepuscolo. Alza lo sguardo al cielo a guardare come il clima è cambiato in questa settimana, quelle tinte soprannaturali e quelle figure che cavalcano la volta celeste, animali che non dovrebbero avere quell’aspetto e quelle dimensioni, mentre i rumors di avvistamenti di anime e incontri del terzo tipo continuano a farsi largo tra la piazza. [chk on]

19:18 Ren:
  [Piazza Kunimitsu] Si aspettava davvero che non lo sapesse? È improbabile che qualcuno vada nel luogo di ritrovo di Beto, e nessuno glielo riferisca. E gli occhi dal taglio addolcito donano un aria serafica, quasi rassicurante - o a suo modo enigmatica. La rabbia, o forse sarebbe meglio appellarlo come sconforto - di Eryk, diviene un apostrofo amaro sulla sua bocca - e lei lo osserva come si dovrebbe fare con una persona che non hai effettivamente mai visto prima. Lo sfrigolio della sigaretta, la vampata rossa che decora le pareti rocciose lasciate alle spalle. Chi sei? Non pensava di dover risentire questa domanda, ed in un certo senso si riscopre a tratti altezzosa. Non puoi dar sempre per scontato che tutti ti conoscano, del resto? Come non puoi dar per scontato di esser amato da tutti. Abbassa solo il capo, qualche grado, lascia che la testa penzoli poco più sotto di quella di Eryk - una realtà così differente. Eppure si prende un istante. Il silenzio. Un vacillare pericoloso tra quesito e spazientirsi - e domande fondamentalmente superflue. <...> La sua domanda cade, lascia un vuoto in contropiede che rimane tale per alcuni minuti, fino a che non è la cenere ad abbandonare di nuovo l'apice di quello stelo. Filtra aria tra i denti, un sussurro - un sibilio - che come è nato, così muore. < Posso capire l'amarezza. > Di far un viaggio e non trovarlo li, dove ha promesso di accogliere chi o cosa lo cercava. E la voce baritona, piena - riverbera nel vicolo. E tutte queste voci, tutto questo tetro scenario che vede assottigliarsi il velo dell'ade - la lascia indenne per semplice abituè. Non ne sembra turbato, nemmeno interessato. < Anche l'uscita del Noctis è avvenuta in ritardo. Tornare a casa é stato... Come dire?> Cerca le parole, la maschera bianca - ravana in un cassetto trovando solo cattivi termini. < Emozionante. > Sì sa, una cosa non la senti e non la comprendi finché non è tua. Finché non la vivi, del tutto, pienamente. Quanti di noi sono stati buttati fuori? Quanti di noi sono stati lasciati in terre che non capiscono, che non riescono a vivere, veramente? Lascia stare il discorso, un ammansirsi tra voce e sguardo, spalle - ripiegando sul fulcro della risposta: < Beto Beto, del Crepuscolo. > Proprio colui, o colei - che stava cercando? Ilare per certi versi dover tornare all'origine per ottenere una risposta, no? Del resto Itsuki si sarà limitato ad avvisare Goshadokuro, di queste fantomatiche domande, o di questa curiosità di vedersi affine a qualcuno, a qualcosa. E perché allora cercare Beto, forse per un tramite con la Yugure? Il fiume di domande s'arresta - così come solleva la mano. Come se questa potesse rallentare. < In ogni caso se hai posto delle domande, e non hai ricevuto delle risposte - potrebbe voler dire che son state indirizzate a chi dovrebbe invece risponderti. Però, sono curioso. > lo osserva, da quell'antro buio- scava piano nel petto di Eryk, sotto la carne. < Cosa volevi chiedermi? > La tua libertà? Oh, lo sapeva. Lo sapeva che sarebbe arrivato a tanto per così poco. Per assicurarsi una vita senza catene. Senza doversi nascondere.

[ck on] [Pomyu: non in vista] [trasformazione on: Beto-san] [haori yugure]

20:25 Eryk:
 Sente quelle parole ma non lo ascolta, ha imparato a dubitare di quelli che fanno della dialettica la loro arma principale, lingue d’argento con un veleno più tossico di quello che secernono le sue ghiandole salivarie per quella condizione congenita che caratterizza lui e quelli come lui in qualità di Doku. Non gli importa delle tarantelle che ha passato, del fatto che è emozionato da Oto, non è lì per farselo amico e nel suo immaginario, lui sta studiando la Yugure così come loro lo stanno valutando, per lui, tutto sto copione non è niente di più e niente di meno che quello che è stato con Tenshi, un valutare l’opzione di condividere il percorso con qualcuno fino al traguardo che si è preposto, non necessita di loro per farlo anche se quegli Yokai sono la via più diretta per arrivare ad esso. A quella presentazione però il bianco che ha di fronte può vedere come quel volto si imbrunisce e in fronte e al lato destro del collo, le vene si ingrossano, così come quei pugni che si serrano nelle tasche, visibili dalla piega del tessuto e da quegli avambracci esposti che si gonfiano esponenzialmente. È a tanto così dal convogliare il chakra nelle fibre muscolari delle gambe e scattargli addosso per invitarlo in tête-à-tête tra le nocche della sua mano destra rinforzate da entrambi i tipi di chakra che possiede, e quella dentatura bianca come quel crine. Gli ci vogliono un paio di secondi per ricomporsi, rialzando le sopracciglia nel processo mentre lascia cadere la sigaretta per terra, calpestandola con la suola di quell’anfibio per ucciderla. Sbuffa una volta mentre la destra esce dalla tasca del pantalone col palmo aperto, passando sul viso in un movimento discensionale attuo a rilassare i muscoli facciali per donargli nuovamente quello sguardo freddo e distaccato e non più aggressivo che aveva fino a un attimo fa. <”Come ti ho detto, non ha più importanza e non sono qui per saziare la tua curiosità. Inoltre che risposte pensi possa ottenere da una persona che non si presenta neanche com’è realmente?”> conclude freddo, lasciandolo con quell’allusione che il Doku è a conoscenza che quello non è Beto o che almeno quello non è il suo aspetto, tutta colpa di Itsuki che si è fatto scappare involontariamente il sesso femminile di colei che risponde a quel nomignolo. Una gaffe troppo spontanea per essere architettata sulla quale il bakeneko ha cambiato subito discorso quando la salamandra corvina gli ha chiesto spiegazioni su quel sesso femminile. Ovviamente Ren non può sapere di questo incontro, lasciandola nelle sue turbe e illazioni su che cosa il Doku abbia voluto dire con quelle parole. Lei stessa l’ha lasciato che era solo un allievo, dicendogli che non era pronto, eppure eccolo lì davanti a lei. Le mani si alzano in quello che è un rituale o un tic nervoso che spesso ha, slegandosi quei capelli neri che cadono selvaggi sul viso del chuunin, mentre tiene quell’elastico, a lei familiare, tra pollice e indice della mano destra, ricomponendo piano piano quell’acconcatiura, cercando di farla in maniera migliore. <”Pensavo che foste arrivati a una decisione o a dirmi il giorno e il luogo su cui poter incontrare colui che potrà colmare la mia sete di risposte… girano voci di avvistamenti in città e nei vicoli. Penso che dovrò semplicemente recarmi lì di persona e vedere, è più adatto a come sono rispetto a tutta questa segretezza.”> le dice infine facendo ovviamente riferimento ad Hanae.[chk on]

22:50 Ren:
  [Piazza Kunimitsu | Traversa] Come passa il tempo. Forse le è sembrato in realtà un battito di ciglia - forse la frenesia l'ha trascinata in un baratro dove il tichettio, i mesi, la lontananza - sembravano tutti in realtà delle piccolezze. E in realtà, in cuor suo, sa' benissimo quanto poco Eryk sia interessato a tutto quello che riguarda un figuro che esulerebbe la sua essenza. Le ciglia s'abbassano sul ciottolato, scorrono piano nella venatura ferrea dei sampietrini che continua a pestare. Lascia che sia lui a parlare, assieme ad un silenzio che mano mano - va' in crescendo dalla piazza, alle vie, alle sue traverse. Ed il cuore pulsante si spegne, lascia che quella vitalità divenga un tetro lamento decorato dallo straccio rossastro di una luna mai vista - sì - ma tanto pittoresca da obbligarlo ad issare il mento affilato. Una vera forma? Le prime parole del corvino lo lasciano interdetto - e per un istante, con il capo lievemente in arretramento, sembra guardarlo torvo. Sospetto. Che intendi? Che cosa sai? E come lo sai? Eppure decide di rimanere zitto, e non pronunciarsi. Del resto se Eryk sapesse di lei, si comporterebbe in modo differente. E qualcosa, nel profondo, le dice che sarebbe molto più iracondo di così. La lingua carezza con veemenza il palato, lasciando andar un colpo di risata - non troppo dissimile da quello che sarebbe invece un colpo di tosse. E un altro. E un altro ancora. Ma no, non è covid. E' solo una risata. < Allora mi dispiace, ma non ne sono a conoscenza. Io t'ho avvicinato per quel che riguardava Takigakure - ma vedo che hai già risolto. > Quante cose vorrebbe dire, quante cose le stanno bastonando il cervello nel tentativo di uscire - o dalla bocca, o dalla calotta cranica. E ingoia l'amaro del silenzio mentre questo si lega i capelli. I polsi. I capelli. Quell'elastico. Lo puntella con gli occhi, così come insegue - adorante - ogni minimo movimento dell'altro. Non dovrebbe essere qui. Non dovrebbe essere ancora sulla sua strada. E' stato promosso. Ha sposato veramente la via del ninja. Un corollario di quesiti, di curiosità, di rabbia. Perchè queste strade s'incrociano di nuovo? E nonostante tutto. Nonostante non abbia voluto incontrarlo, alla cascata - eccolo. Come un sasso nella scarpa. Come un bacio sulla nuca. La destra si solleva, mentre la mancina sfila dalle labbra la sigaretta, così come dall'incavo della maschera bianca. E' la mano di un uomo quella che si muove, che tenta d'allungarsi contro la tempia di Eryk, lì dove le ciocchette color carbone sono più corte, morbide. Sorvola, con un tocco denso. E scivolerebbe pigramente verso il basso. La guancia, la mandibola. Mi sei mancato, stupido stronzo. Tu, e il tuo carattere di merda. < Se mi vedessi come sono realmente, dubito che crederesti ai miei occhi. E dubito che il Signor Beto - possa continuare ad avere un senso. > Se svendesse quella forma, quella di una ragazzina minuta - e i suoi capelli rossi. E le lentiggini. Ed un portamento austero. Quanto sarebbe ironico, nh? Quanto sarebbe ironico trovare quella riservata sensei - proprio nel cuore pulsante della rivoluzione? Dagli spalti salirebbe un riso isterico, un plot twist degno, quanto improbabile. Fosse riuscito o meno ad accarezzarlo, raccoglierebbe la mano nel pugno, ritirandosi lentamente verso il petto. Una boccata nociva. La stessa boccata di mentolo. La stessa mistura di tabacco. Il proprio male, lo si sceglie con minuzia, no? A morsi strappa via un discorso che vorrebbe lasciare marginale, per quanto il sangue ribolla nel pensiero che qualcuno l'abbia tradita. E gli unici a saperlo sono Ekazu e Itsuki. E, ovviamente - Hanae. Gli incisivi torturano il labbro inferiore, lasciando che il fumo esca taurino, splittato dalle narici. < E quindi. > Incalza. < Hai scelto la Yugure. O aspetti quella risposta, per scegliere queste fila? > [ck on][modalità beto on]

23:38 Eryk:
 Un po' in ritardo quelle parole, quell’incontro? Infondo se lo sapeva e non l’ha voluto incontrare al tempio quando lui l’ha cercato… esattamente cosa gli fa pensare che ora Eryk possa voler qualcosa da lui? Dopo che quell’ingresso a Oto se l’è guadagnato letteralmente col sangue dopo che Kimi gli ha dilaniato le carni con un jutsu Fuuton che neanche ha visto partire e che solo la sua conoscenza medica e la sua tenacia a non morire l’hanno tenuto in vita, curandosi disperatamente per chiudere le emorragie da un lato e ricucire i tessuti muscolari, ossa e parti del sistema circolatorio totalmente distrutti a causa di quel battimani. Non si scompone neanche troppo a quella carezza che riceve che ha un che quasi di nostalgico, mentre quelle iridi ambrate si posano su quegli occhi di piombo, così come quelli che a Kusa rappresentavano tutto per lui di quella ragazzina minuta. Si lascia quindi accarezzare vedendo oltre quella patina, quel sesso che non è reale <”Avere un senso? Il significato di Beto ha smesso di esistere per me dal momento che non ti ho vista al tempio…”> gli dice, usando appositamente il femminile per farle intuire ciò che sa per poi scuotere la testa <”… no, ha perso il significato ancora prima, quando la mia debolezza non mi ha permesso di venire indisturbato da te, quando la Yugure era solo un sussurro nella notte raccontato nelle pagine della tua rivista.”> le spiega mentre la propria destra esce dalla tasca per muoversi proprio, approfittando della distanza pressoche minima tra i due, verso il collo di quell’individuo che aveva avanti se non si fosse scansato. <”No. Ho scelto la mia libertà come ho sempre fatto. Se la Yugure avrà i mezzi per avvicinarmi ad essa ben venga, altrimenti il mio percorso continua comunque a prescindere da voi, dalla vostra mezza luna e dal bianco.”> fa ovviamente riferimento a quei vestiti mentre quella voce bruna e cruda come sempre arriva diretta senza giri di parole, dicendole praticamente senza mezzi termini che loro sono solo un mezzo per lui, come è giusto che sia: degli Yokai tentatori. Non è qualcosa alla quale è disposto a cedere, a rinunciare, altrimenti tutto il senso della sua vita verrebbe meno e l’essere uomo è appunto continuare per la propria strada e affrontare le conseguenze delle proprie decisioni, assumendosi le responsabilità che derivano da esse. <”Sai, prima di andarmene da Kusa, Yukio mi ha offerto la posizione di eremita. Ruolo perfetto per quello che cerco… eppure è davvero abbastanza per quello che voglio? Cambierebbe davvero qualcosa a essere nominato così al mondo? La risposta che aspetto è se la Yugure mi accompagnerà sul cammino di rivoluzione di questa merda, chiunque esso sarà, come è stato per Tenshi, sarà accettato al mio fianco come compagno.”> mette le cose in chiaro e, se dovesse aver effettivamente afferrato il collo di Beto-san, avrebbe stretto il giusto, con una presa tutt’altro che facile da dissipare, con i polpastrelli che dovrebbero affondare in quella pelle mentre il palmo non preme contro l’esofago per il momento, non lo vuole strozzare ma mettere in chiaro che non è il soldato di nessuno e mai lo sarà se anche dovesse adottare il bianco. [chk on]

00:13 Ren:
  [Piazza | Traverse] Ogni parola che esce da quella bocca è un abbaio. Non è questo? Un cane randagio, terrorizzato dall'idea di tornare in gabbia. E tutto quello che le ringhia addosso, infangando il Noctis. Infangando il suo nome - e tutto quello che ci ha costruito sopra con così tanta difficoltà da sanguinare ancora. Non così distanti, eh? Neanche adesso. Rimane zitta, in quel corpo pallido - nel corpo d'un uomo che non ha niente da invidiare ad Eryk - ed alla sua mole. Un paradosso dato il cuore flebile che vi risiede all'interno. La maschera bianca è lì, immobile - statica. Come parlare con il proprio sciapo riflesso, o molto banalmente - contro il muro. Il capo si muove verso la spalla, lo osserva - si lascia addirittura cogliere il collo, un collo che può sentire incredibilmente morbido. Non quello di un uomo. Come mescolar con le dita qualcosa di torpido e vellutato. Il mento si solleva, come se volesse lui per primo, farlo adagiare in quella carne. Come si può vietare ad una carpa di nuotare contro corrente? Ogni tanto succede, in natura - che qualcuno esca storto. Deviato. Difettoso. E splendido al tempo stesso. Le palpebre s'abbassano e le ciglia bianche fanno capolino dalla maschera adombrando quelle gote di ceramica. < Non credi nemmeno tu alle tue parole. Non ti senti? > Ha smesso di avere senso. Ha smesso di crederci. Ha fatto, ha smesso - tutte parole che nella bocca del corvino circolano come veleno - e la cosa non la disturba minimamente. Lo conosce. Sa quanto possa pungere, soprattutto quando è attratto da qualcosa che desidera veramente. Come quei discorsi affrontati. Come tutte le volte in cui ha voluto vederla leggera - e non con un macigno sul petto. La mano che prima l'aveva accarezzato risalirebbe piano, lo sfiora con la punta delle dita lì dove le vene si fanno più spesse, sul polso. Si prende degli attimi - e i piccoli filamenti costruiti sul suo corpo divengono sempre più sottili - sempre più traballanti - sempre meno instabili. La trasformazione è fallace, e soprattutto adesso che è messa a dura prova, sembra volerla abbandonare. Come un vaso di cristallo, quell'uomo - si distrugge in mille pezzi sotto le sue dita. E' bastato afferrarla. Stringerla quel poco. Ed ecco scivolar via un involucro finto. La maschera di Beto. L'haori. E delle ciocchette aranciate, come piccole fiammelle in balia della pioggia che spacca il cielo. E' un lampo a trascinarsi via Beto - ed il cielo plumbeo ad accogliere quel fiore minuto. Quel collo - morbido - che stringe maledettamente bene sotto le dita. < Ho smesso di avere del senso? Eppure ti ho portato qui. Ti ho portato ad alzare la testa, a fuggire, ed a trovar un obbiettivo. Uno dei tanti. > Trovare lui. Trovare la Yugure. S'è posto la domanda, ed ora è furia in cerca di risposta. Lo comprende - certamente. Così come comprende lo sconforto. Così come comprendere quella perdita di fiducia in Beto. Però, la verità ai suoi occhi è tutt'altra. Il sorriso storpia la voce, e quegli occhi di piombo - con la stessa intensità di questa tempesta, sfiorano l'oro in quelli di Eryk. Una camicetta bianca, una stoffa tanto sottile da mostrar timidamente una bralette in merletto sotto. Il colletto alla coreana - chiuso. Il primo e l'ultimo bottone. E pantaloni a vita alta, con una zip dorata che risale lo sterno. Il ciondolio del capo oltre la sua mano - orecchini di staffe color vinaccia. E l'effige Seimei sulla palpebra destra. L'eleganza se la porta sotto pelle anche dopo aver fatto la guerra - con la differenza che questo Beto, quello in carne ed ossa - ha lo sguardo stanco. Vuoto. E la mano che lo aveva accarezzato sfilerebbe quel viso sorridente - mostrandone uno che lo è altrettanto. E sebbene gli occhi non cantino, quelle labbra salutano il proprio allievo. Piene. Sanguigne. Ferite. Solo un taglietto laterale al labbro inferiore - purpureo. < La yugure /è/ un mezzo. > Ammette, blandamente. < Ma io non ho mai voluto far parte del tuo avvicinamento. > Ne' alla cascata. Ne' prima. Ne' ora. Tenterebbe di scostarsi dalla sua mano, allacciarsi la maschera alla cintola - e con la stessa flemma di chi è asciutto ed al caldo - abbassare lo sguardo di ruggine e piombo contro il pavimento. < Non hai mai risposto. > ... < La lettera.> ... <Non hai mai risposto, alla lettera.> E' arrabbiato? Chi non lo sarebbe. O forse non gli importa, perchè dovrebbe dare per scontato il contrario? E gli incisivi torturano il labbro, quello ferito - così come la pioggia sembra tramutar quelle fiammelle in sangue. Come seta che s'appiccica al viso. Che lo riga. E come un amante lo bacia. Zigomi alti e costellati d'efelidi - le labbra, il mento, il collo; quest'ultimo rimane appena teso, come quello d'un cigno, cercando nel vuoto alle spalle della salamandra qualcosa a cui aggrapparsi. Sìì professionale. Distruggi tutto quello che ti tiene legata. < Se è un mezzo, quello che vuoi - se è la libertà il tuo fine. Non puoi trovare compagni di viaggio migliori. Qualsiasi cosa tu voglia. Ovunque tu voglia arrivare. Eppure se cerchi una risposta, non la troverai tra gli Yokai. Siamo tutti differenti - con obbiettivi più o meno deleteri. Più o meno giusti. Dall'altro lato di questo fronte, nessuno giudica cosa tu voglia ottenere tramite questo mezzo. > [ck on]

00:34 Eryk:
 Ignora quelle parole, ignora tutto fino a quando quella trasformazione comincia a venire meno… se solo non avesse rivelato le sembianze della Seimei. Gli occhi, sempre soffusi si irrigidiscono, così come il volto in quell’espressione, ghiacciata nel tempo, paralizzato dallo stupore e quel turbine di emozioni che in questo momento lo hanno pervaso, non una brezza docile e piacevole ma un tifone che con la mera pressione del vento lo sta lacerando dall’interno. Quello sguardo, quel viso è incredulo mentre il braccio cade da solo come se fosse stato privato di qualsiasi forza, di malizia o di astio nei suoi confronti. La ascolta ma non è ciò che vuole sentirsi dire… non perché anche lui è lì da lei, non perché ha finalmente scoperto che fine avesse fatto e neanche perché è arrabbiato con lei che non lo volesse tra i piedi. Lo capisce. Lo capisce fin troppo bene che per tutto questo tempo in realtà, già da quando l’ha accolto in quel locale al Tanzaku-Gai, quello tra i due che stava proteggendo l’altro era lei. Quella patina di ingenuità è stata rimossa col tempo e per quanto lo capisca, non si capacita di vederla. <”Sei un illusione…”> le dice o almeno lo dice a se stesso, con una lacrima che indipendentemente decide si cadere al lato esterno dell’occhio destro a bagnargli il viso oltre a quella pioggia che trapela tra i tetti. Si allontana da lei, giusto un paio di passi, quasi cadendo all’indietro talmente è scoordinato e in questo momento sconvolto. Quelle mani vanno a formare proprio il sigillo della capra mentre quel chakra all’interno viene smosso in una maniera talmente violenta quasi quanto il suo stato d’animo in questo momento, facendo sbattere quell’energia ovunque all’interno del suo corpo, convinto che ciò che sta vedendo è un illusione. Eppure lei è ancora la. Appoggia la schiena contro il muro che ha alle spalle, lasciandosi scivolare a terra con le ginocchia alte sulla quale appoggia i gomiti. Lo sguardo la guarda ancora, come ad avere un ulteriore conferma che lei sia lì, che l’ha ritrovata dopo questi mesi a preoccuparsi di lei e di come potesse essere. E più guarda quel corpo minuto e quel viso delicato, e più le lacrime si impadroniscono di quegli occhi di solito ferali e aggressivi. <”Sei viva… non ti ho risposto perché non … so quando hai mandato la lettera. Sono stato altrove per molto tempo.”> le spiega tra i singhiozzi… già, quella lettera che a furia di leggerla e annusarla per sentire il suo odore l’ha consumata. Già che l’ha ricevuta dovrebbe aver capito che è andato a cercarla non appena tornato anche se, col fatto che non ha mai risposto a lei, non sa esattamente quando, troppo impegnato a ringhiare a un cane konohano che minacciava quel posto dove lei doveva tornare, dove lui la aspettava e l’idea di veder quel posto distrutto era come accettare che non sarebbe tornata. Scuote il capo e finalmente le risponde <”Al contrario. Hai appena dato senso a tutti questi mesi.”> le risponde onestamente anche se non ha le forze di alzarsi e andare da lei. [rilascio illusorio][chk 42]

01:21 Ren:
  [Piazza | Traverse] Pioggia come tasti d'un pianoforte - le cade addosso e lei, non può far altro che abbassar le ciglia per il fastidio delle gocce che le rigano la fronte. Ed il capo si abbassa, lo insegue nel suo barcollare - finendo per tendergli la mano, tangendo un vuoto impalpabile d'innanzi a lei; cosa sta succedendo? Perchè Eryk vacilla così tanto - così tanto da crederla solo un illusione. Uno stupido tiro mancino di qualcuno che ha un evidente problema con il senso dell'umorismo. La mano che voleva raccoglierlo si chiude a pugno su nulla, guardandolo crollare - < Non sono un illusione, Eryk- > Un soffio di fiato, prima di vederlo pugnalarsi nel pensiero di esser in un genjutsu; si muove, se lui non ha la forza di andare da lei, è lei a muovere i passi in sua direzione. Flemma. Sfiora l'etere con quelle gambette affusolate che finiscono per baciar con gli zori il ciottolato su cui prima camminava con un aspetto totalmente diverso. Come ci si sente? Lo invidia, per certi versi. Invidia il suo esser così libero. Invidia il corollario d'emozioni che lo riesce a sferzare, e che lei non potrebbe nemmeno toccare. Quante cose vorrebbe dirgli, quanto ne sarebbe fiero però, Eryk? Cosa penserebbe se solo gli dicesse quante emozioni ha provato in guerra, quanto si sentiva viva - come un focolaio perennemente alimentato. Il rumore dei sandali sul pavimento bagnato, un danzare controllato repentino che la portano a coprirlo - gelosa - dalla luce della luna che decora il cielo. E con il cipiglio curioso di un bambino, guarda quelle lacrime. < Hai avuto... > ... < paura? > Di averla persa, di non rivederla mai più? Le tremano le viscere al pensiero. Come esser amati, o apprezzati fino a questo punto. Le ginocchia si flettono, l'abbassano al centro delle sue cosce. Un fagottino minuto e compatto che s'affaccia a quell'immensa balconata che è il corvino. Le emozioni sono così criptiche - che il benessere provato nel rivederlo, viene pugnalato più volte dall'idea di averlo nelle fila della Yugure. All'ombra del crepuscolo. Perchè questa via? Perchè proprio questa? < Eryk... > Lo richiama alla terra ferma, e le dita la cercano. Uno smalto rosso acceso perfettamente laccato che decora falangi affusolate - tenta di cogliere quelle lacrime, come a volerle nascondere nella propria pelle. E coccolar la gota con il proprio palmo. Voce come latte caldo, lievemente rauca e tenuta sempre modulata. E la pioggia che lascia le ciocche rosse, le cade addosso. Disegna lineamenti, lineamenti che l'uomo già conosce da tutti gli allenamenti fatti assieme. E nonostante il labbro livido - Ren sembra sempre la stessa. Una bambola soldato. Ma ora con un concetto totalmente diverso - un soldato che serve se' stesso, che tipo di soldato è? Non un mercenario. Non uno schiavo. Ma talmente dedito, talmente piegato al proprio destino - da poter esser nitido. Solo fosse riuscita ad accarezzarlo, farebbe scivolare le dita in basso, verso il mento del venereo, tentando di rialzarlo verso di se. Ad una spanna dal viso. < Non è vero che sotto la pioggia non si vede se piangi. Lo sai? > Lo prende in giro? Si prende la briga di farlo, regalandogli un mezzo sorriso. Fiori nel fango. E come una dalhia rosata e delicata, cerca di cogliergli il viso, consolarlo - fronte contro fronte. Rimanendo protratta quel che basta. Il suo protetto. L'unico allievo che potrebbe mai avere una donna come Ren. E' un bene che trascende - a dire il vero. Forse perchè nel sangue si sente così vicina a lui. Al suo desiderio d'esser un uomo libero. Al suo desiderio di non tornare ad aver paura. A nascondersi. A scappare. < Non vi avrò risposto al Tempio, è vero, ma ho contribuito a darvi la libertà che volete. Il suono è terribile e severo, ma nessuno ti darà fastidio quì. Sei un uomo libero. Non sei fiero di me? > ... < Quando ti ho scritto la lettera ero appena uscita dall'assalto. Ho desiderato così tanto che tu non facessi la mia stessa vita. E allora perchè hai cercato Beto, perchè cerchi l'Organizzazione del Crepuscolo? Cosa ti manca ancora, che non posso darti io, senza metterti in situazioni scomode? > Le sopracciglia rompono le righe, infilandosi in quella pozza d'oro. Lo guarda, lo fa' a pezzi tanto piccoli - da poter sentirlo sulla punta della lingua, quell'amaro. Quella bile. < Perchè mi fai questo? Dopo tutto quello che ho fatto, per tenertici lontano? Perchè!? > [ck on]

01:46 Eryk:
 Annuisce, ha avuto paura e lei che lo conosce, da dove arriva, che cosa ha passato e come è cresciuto, dovrebbe capirlo meglio di chiunque altro che quella paura che provava è reale, paura di non rivedere una persona che trascende il concetto di maestra per lui, perché quel ruolo non è mai stato abbastanza e i paletti che esso comporta sono come provare a indossare una maglietta di tre taglie più piccola, non sufficiente a coprirti. Lui che non ha avuto nulla, che gli è stato sottratto tutto, così come con Tenshi, si dona completamente agli altri, esulando da quei concetti di rapporto che gli sono estranei, un qualcosa di totalmente alieno che non ha mai vissuto prima di allora. Ren era stata tutto per lui e in quel momento torna esattamente a essere quel bambino di tre anni il quale è stato appena sottratto ai genitori perché venduto alla Yakuza. Appoggia la fronte in un primo momento contro quel petto morbido ma minuto della rossa, fragile come non mai nonostante sia grosso quanto una montagna. Felicità, tristezza, sollievo, ansia… tutte emozioni che si mescolano e fanno si che lui non ne abbia il controllo, totalmente perso con quelle redini che ormai se l’è portate via la pioggia. Singhiozza come può vedere da quella schiena che si inarca prima che quella mano delicata, la stessa che lo aveva bruciato, gli alza il viso per andare fronte contro fronte, come era già capitato. Raccoglie i suoi pensieri mentre inevitabilmente con quel tocco sul mento, bagnato da quelle lacrime, Ren dovrebbe provare per la prima volta quel veleno che il Doku ha in circolo nel suo corpo, quella maledizione che, come il tocco di Mida, tramuta tutto ciò che proviene da lui in veleno, invece che in oro. Uno stato quasi di ebrezza dovrebbe farsi largo tra la mente della Seimei mentre può sentire quei muscoli irrigidirsi con la relativa maggior fatica per muoverli anche se non sufficiente a paralizzarla, meno male che è sempre stata una ninja lesta. <”Oto secondo te è la libertà che cerco R…?”> gli muore in gola, non riesce, non ce la fa a pronunciare quel nome, è più forte di lui, se solo dovesse farlo potrebbe sentire il cuore saltargli in gola per uscirgli dalla bocca e una crisi emotiva assalirlo più violentemente di quella che l’ha preso in questo momento. No, non era fiero di lei anche perché gli stava imponendo ciò che lei voleva per lui in realtà, soprattutto lei che sa che il suo desiderio per lui è così importante da non fregargli se finirà per fare come Icaro se necessario. Lui stesso ormai si reputa un pioniere, mettendo il suo corpo al servizio per esplorare nuovi percorsi mai tracciati prima al fine di lasciarli a chi può goderne come lui non poté farlo quando volle. <”Perché da solo ho paura che non riuscirò ad arrivare al mio obiettivo e a reggere il fardello da solo.”> le risponde a quella domanda prima di arrestare le lacrime, dopo che Ren si sente ora, ferita forse, per quel loro reincontrarsi. Alza entrambe le mani con le falangi che si muovono tra quelle ciocche rosse, con quei palmi callosi e caldi che si posano sulle gote e guance della Seimei, mentre i polpastrelli le carezzano delicatamente il cuoio capelluto alla base del crine rosso. Alza il volto, distaccandolo la propria fronte da quella della sensei, solo per rimpiazzarla con le proprie labbra, a lasciarle un bacio proprio alla base del ponte nasale. <”Perché sono ancora lo stesso allievo cazzone di mesi fa, perché da allora non è comunque cambiato il mio desiderio di rendere questo mondo libero per consegnarlo a persone come te. Non è mai stato in discussione, e proprio perché mi conosci, meglio di chiunque altro, dovevi sapere che non sarebbe bastato così poco.”>

02:38 Ren:
  [Piazza | Traverse] Ed è vero che lo conosce, com'è vero che la consapevolezza di tenerlo lontano appariva alle sue orecchie ed ai suoi occhi come la favola della buonanotte che si racconta ai bambini; tanto piena di bugie da sollevarla, da dirsi da sola di star facendo giusto. Di star facendo bene. Eppure le sopracciglia aggrottate rimangono, come una piaga in un viso privo di turpe. Lo lascia scivolare - il petto minuto in cui canta un battito lento e stanco ma repentino, tanto puntuale da apparire sempre più forte, sempre più forte. Come il tichettio di un orologio quando stai cercando di dormire. E le dita tra quelle ciocche nere - esulano il liberare il crine o anche solo renderlo appena più disordinato. Per lo meno è capace di tenerlo al caldo - dove la stoffa della camicetta lascia trasparire solo la sfumatura di una donna in procinto costante di fiorire. Dove il petto lo accoglie, si fà nicchia su misura - per sollevarlo dal cammino che ha intrapreso. Come se fosse quel bambino di tre anni che tanto citi, a giocare con i grandi. Zitta. Ed un tuono spacca il cielo a metà, viola e bianco. Si riflette nella penombra del viottolo, nello scroscio della pioggia per un secondo sembra smettere, per poi punirli più forte. Più severamente. Allora le spalle si chiudono, lo nascondono dietro al viso che cerca il suo contatto. Si sgretola lentamente, con occhi liquidi e appena arrossati, con le ciocchette che gli cadono piano piano sul viso, donano al caramello della sua pelle un tocco di colore inappropriato, ma maledettamente bello. < Mi rendi tutto più difficile. Più cerco di allontanarti, più tu fai passi verso di me - pure facendo del mio meglio, pure in quel caso! > S'inasprisce la voce, come se l'esasperazione volesse superare i suoi singhiozzi, le sue lacrime tra le dita che piano piano, si spalmano contro la pelle entrando in circolo in passi lenti. Tanto infimo da non sentirlo subito, se non come una carezza nelle corde più basse, un inconsapevole alleggerirsi. Le dita si aprono sul viso, tra le ciocche nere delle tempie - e la fronte sembra distendersi piano sotto le sue labbra. Come riportar un mare in subbuglio alla sua originale calma piatta. Nonostante gli sforzi, nonostante t'abbia abbandonato e non t'abbia mai risposto alla tua ricerca di Beto - nonostante tutto questo, sei sempre su questa strada. La tua strada. Annuisce piano, una risposta tra le righe alle sue parole. E' sempre lo stesso. E' sempre lo stesso Eryk, in guerra con tutto. Come dire "lo so, hai ragione" - ma senza mai esprimerlo veramente. E una parte di quel labbro gonfio finisce nelle fauci, come a voler ragionare - a voler privarsi totalmente di quella nebbia nella testa, davanti agli occhi e sopra al cuore. Sempre meglio con me, che contro di me. E allora le spalle si abbassano, tornando ad appoggiare la fronte contro la sua. Gli occhi si alzano, le ciglia lo sfiorano. Come a rimaner chiusi in una gabbietta - o chiudere fuori il resto del mondo. Ed in un certo senso può tirare un sospiro di sollievo. Forse, ecco - forse non è la ragazzina che Eryk avrebbe sempre voluto vedere ... Ma ci sono molte cose non dette. < Non ti ho mai parlato di me. > E' vero. < Sono stata cresciuta come un soldato. Non ricordo molto - del mio passato, a dire il vero. Però la dottrina ninja m'è stata impartita. L'obbedienza. La risposta. La fede smisurata nel mio padrone. Esattamente come te. > ... < Nell'ultimo anno è morta la mia signora. M'insegnò tutto. E tra tutto, m'insegnò ad avere /fame/. Ad alzarmi. E che il controllo era la chiave, non la forza di per se. E allora iniziai a pensare. > Le dita tra i capelli massaggiano quel lembo di cute dietro l'orecchie, le unghiette che piano scendono, lisciando le ciocche nere - fino all'attaccatura della coda che tenta di non disfare. La voce bassa. E l'odore di gelso sulle labbra - roche e macchiate di silenzio. < A me. A sopravvivere. Al noctis. A quanto tutta questa ipocrisia mi facesse accapponare la pelle. Quanto tutte le persone attorno a noi, sorridendo ogni giorno, acclamavano finti fantocci pieni di scheletri nell'armadio di cui nessuno sapeva - o peggio - a cui nessuno pareva badare. A quanto la maggiorparte delle persone ignorava la politica, o i loschi spostamenti dietro - o chi acclamava a gran voce di esser un paciere, ed invece banchettava sul sudore e nel sangue di campi di detenzione.> E il labbro, lo stesso torturato e appena più gonfio - si rivela arrossato e lucido, dopo una pigra pizzicata. Scuote la fronte, come se il solo pensiero le scuotesse la spina dorsale. Come se il solo realizzare ad alta voce, la inorridisse. < Te lo sto dicendo per dirti che dalla prima volta. Dall'opuscolo su di te che non ho mai aperto. Dal tuo viso, dai tuoi occhi. Sei sempre stato la migliore versione di me. Ho sperato egoisticamente di averti al mio fianco. E poi ho voluto proteggerti, nonostante il tuo desiderio di buttarti tra le fiamme, dal fuoco che andavi cercando. Lo so. > ... < Io lo so, quanto lo vuoi. E lo so quanto fa' paura rimanere soli nelle proprie battaglie. Sono tutti sentimenti che ho provato anche io, bene o male. Però voglio che continui a pensare di esser da solo. Anche nella Yugure. Anche se Goshadokuro dovesse battezzarti come uno Yokai, anche rimanendo al mio fianco. Ogni tuo obiettivo lo dovrai realizzare da solo, e gli altri - tutti gli altri - sono binari che viaggiano in parallelo. Cambieranno strada, prima o poi. Lo fanno tutti. > Espira, torpido. Ed è come sentirsi improvvisamente leggeri, meno nitidi. Più astratti. Ed i colori vivaci sul viso di Eryk, quelle ciocchette rosse - scivolano in basso. < Promettimelo. > Che starai attento. Che mi darai ascolto. < Ti prego, solo per una volta. Promettimelo. Che ti ricorderai quello che ti ho detto. > [chk on]

03:21 Eryk:
 La ascolta, forse per la prima volta quella sera la ascolta e non si limita soltanto a sentire che cosa ha da dire. Le intemperie la fuori non lo scalfiscono minimamente, quella pioggia ormai neanche la sente sul viso o su quei capelli lunghi e setosi ormai fradici. Si sbaglia, è impossibile tenerlo lontano da lei se lei stessa si pone in mezzo al suo cammino, un controsenso, un volersi far male per provare forse quella stretta al cuore e alle budella per tornare a provare emozioni? Abbassa il capo con il naso che si porta su quelle labbra mentre se le morde a sentire di nuovo quell’odore, il suo odore che non sente da tanto, troppo tempo e che ormai la lettera non ne ha più neanche il ricordo, avendo consumato tutta la cellulosa che anche solo ha osato trasportare la chiave che nel suo cervello apre tutto lo scaffale catalogato con il suo nome, stracolmo di pensieri, esperienze, emozioni. La guarda, nuovamente con quello sguardo come quando si guarda a una persona fragile e stanca, minuta eppure con una esperienza e tanto da raccontare. Non la interrompe, non adesso che si sta finalmente presentando per ciò che è, per quella versione di se stessa che continuava ad alludere ma che tuttavia per proteggerlo gliela teneva nascosta. Conosce bene quella sensazione di voltastomaco, di disgusto e pure lì a Oto la prova, non è solo Konoha con quei monti di pietra. È Oto con le statue, Kusa con quei tre palazzi fatiscenti e cinque cerchi, è tutto il sistema ninja che ripugna e disgusta dal più profondo delle viscere. Le fiamme.. già, le anela al punto da essersi buttato diverse volte dentro, parlando con Furaya stessa, con Sango, con Yukio. L’unico che pare averlo preso un attimo seriamente, oltre a Tenshi, è proprio quel Bakeneko. <”E io dal primo momento ti ho detto che non eri adatta a portare questi fardelli e responsabilità, un po' perché in te ho rivisto da subito un anima logorata come la mia e un po' per ego personale nel consegnare a quelli come te un futuro diverso dal mio passato.”> le spiega ora che Ren sembrerebbe essersi rassegnata al lasciarlo libero, come quando rilasci in cattività un animale che sai già che andrà incontro alla sua morte un giorno o l’altro e che sono proprio quelle ali con la quale ha spiccato il volo che lo porteranno alla sua rovina. <”Non ho intenzione di fermarmi davanti al nulla. Se dovesse servire andrei io stesso a cercare il falso Dio per levare il chakra da questo mondo per renderci liberi dai vincoli che questo potere comporta e dagli abusi che permette.”> le spiega, guardandola in viso così come fece con Itsuki, senza la benchè minima ombra di dubbio con quella voce che non vacilla mentre dice quelle parole gravi e pesanti. <”Sono conscio che la mia utopia è solo mia e che la mia fermata è probabilmente l’ultima di tutte. Fino ad allora però, fino alla tua fermata, non lasciarmi più. Ho bisogno di te e di ricordarmi del perché mi dimeno senza che questo potere mi corrompa, in cambio io non ti lascerò. Ci sarò fino al tuo capolinea.”> una promessa la sua, consapevole che può resistere alle difficoltà che quel percorso gli mette davanti, ma non al perdere la sua guida interna. Quella ragazzina così importante ormai per il Doku, e più la ha tra le sue mani e più sente il desiderio di immolarsi per darle un domani diverso dall’oggi, dove una ragazzina come lei è logorata da tutto questo e come lei altri. Lei per lui era come Euridice per Orfeo, come Gala per Dalì o come Grace Kelly per Hitchcock, il motivo, il simbolo per continuare imperterrito.

03:55 Ren:
 Non è uno scenario drammatico? Il cielo nero, la luna scomparsa, la tempesta che infuria - e dai tetti spioventi del vicolo scendono torrenti i rumori. Eppure quelle parole sono così forti; tu lo sei per me, ed io lo sono per te. Un simbolo. Il motivo. La conferma. Chi per una cosa e chi per l'altra, siamo arrivati a giurarci fedeltà fino all'ultimo grande atto. E se muoio, sarò morta con onore, seppelliscimi senza una lacrime perché sai, sai che ho tenuto fede a tutto quello in cui credevo. E l'obiettivo di Eryk le è nuovo, ma lo ascolta in silenzio, tra le dita le le ciocche. E quel naso che le sfiora le labbra. Sempre le stesse. Quelle che ha provato ad assaggiare e che sono scivolate via, solo per un soffio; ora le solleva, quasi a voler ricambiare quella carezza nascosta. A voler creare una bolla esterna al mondo. I polpastrelli scivolano e dai capelli finiscono per immergersi nella pelle. La nuca. Il collo. Un pittore innamorato con la sua tela. O forse questa si chiama mancanza ? Quella che ha sentito fino ad oggi, quella che sta riempiendo in un attimo. La stessa mancanza che le vuole far dire di si ad ogni sua richiesta: Rimanimi accanto, non mi lasciare. E come potrebbe? Come potrebbe quando hai scelto, tra tutte le vie da percorrere, proprio quella peggiore? E piano annuisce, scostante - annebbiata. Attimo dopo attimo. Lacrima dopo lacrima. Tocco dopo tocco. E le falangi che si muovono contro i lati del colletto consolano la pelle, catturano il suo odore - sfiorano l'anima. Come può sentirsi così? E perché adesso? La lucidità è una dannata traditrice e la lascia quasi a piedi, finendo per arrancare nelle parole - io lo prometto: Questo dovrebbe dire? Lo promette, anche se annuendo solo con la testa. < Il Juubi > Tutto quello che dice è questo, una vecchia leggenda che si racconta ai bambini. O forse la base della nostra storia? Il mento che si solleva rispetto a prima, la fronte che si stacca lentamente da quella del venereo - in un lento discendere in quella controindicazione non ancora del tutto sperimentata. Almeno ora lo sa, effettivamente - che è diventato più forte. Più pronto. E la bocca lascia andare una nocciolina di un immenso discorso - forse un discorso che andrebbe affrontato a mente fredda e calcolata - quella che avrebbe di solito. Tenterebbe di muoversi verso di lui, verso quelle labbra. <Devi liberare il Dio Albero. Se vuoi toglierci il chakra.> come si suggella il patto con il diavolo? Labbra contro labbra. Poserebbe l'inferiore nella fessura tra le labbra, cogliendo con dolcezza un bacio. Lento. Senza schiocchi. Senza volgarità. Come un quadro di Mönet con i suoi colori a pastello lievemente sbiaditi, tremendamente serafici ed irreali. Fosse riuscita - o l'avesse preso alla sprovvista, finirebbe per rimanere lì, tra labbra che sanno di tabacco. Risale il viso con le mani, tenendolo tra i palmi. Fredda. Artica. Eppure ha una dolcezza immane su quelle labbra, come zucchero e cannella. Le costellazioni in viso si mescolano in un sorriso, fosse riuscita o meno - come a volerlo prendere in giro. < Un patto è un patto. > Non mi puoi abbandonare. E io non posso abbandonare te.

[chk on]

04:24 Eryk:
 Non si scompone troppo a quel momento di intimità, non è il primo che hanno avuto e difficilmente sarà l’ultimo. Si lascia accarezzare da quelle mani delicate le quali passato tra i suoi capelli e ascolta quelle parole, informazioni che riguardano ciò che lui reputa l’ultima spiaggia, se tutto quanto fallisce, se non dovesse riuscire ad abbattere il sistema ninja, se il libero arbitrio non è in grado di restituirlo, allora non gli resterà da fare altro che una tabula rasa totale. Gettare il mondo in un caos primordiale e restituire il potere all’uomo e non a una energia che non gli appartiene. Per questo la sua è l’ultima fermata, quella che nessuno vuole intraprendere probabilmente, per questo è sicuro che quando Ren scenderà da quel treno, lui sarà lì a salutarla e a dirle di aspettare il momento in cui le consegnerà il futuro che ha da sempre visionato. Quello che accade poi però… come fa ad aspettarselo? Quelle labbra si posano sulle proprie, su quelle carnose a quel sapore di tabacco, anche se non è il suo solito, quel sapore da adulto e quel fumo che si è mischiato al profumo naturale del Doku che anche lei conosce. Che le sia mancato pure lui alla Seimei? Difficile da dire a parole, più facile da capirsi a fatti con quelle attenzioni che la rossa gli stava dando e in più quella ciliegina sulla torta. Le sue labbra sono soffici come due nuvole ma non ha la prontezza di reagire a quel bacio con quelle mani che lo prendono tra i palmi. Pure il cielo decide di smettere di piovere e così aspetta solo che Ren si allontani di un minimo per spiegarsi quasi e giustificarsi di quel bacio, così diverso da quelli che si è scambiato. Di certo non lo avrebbe sigillato così se non fosse che ora ricollega il tutto quello al veleno che deve aver rilasciato inconsapevolmente tramite quelle lacrime. Abbassa lo sguardo a vederla e, proprio ora che non piove più, può vedere come i vestiti di entrambi siano fradici, zuppi e praticamente trasparenti… no bueno e subito distoglie lo sguardo, altrimenti quelle lacrime saranno di basilisco, con potere pietrificante, e di certo non si parla di lei ma di lui… Si cerca di rialzare, aiutando anche la Seimei che è in uno stato di ebrezza allucinogena. <”Andiamo, ti porto a casa. Non posso di certo lasciarti andare in giro con tutto il ben di dio all’aria.”> e se poi si ammala che ha preso freddo con quei vestiti bagnati? Non fa poi così tanto caldo. Si allontana quindi dalla scena, scortando probabilmente Ren dove alloggia, infilandola in doccia, tenendo quanta più distanza può per il bene di entrambi, per poi metterla probabilmente a letto, come se fosse la creatura più preziosa che deve proteggere, giusto per tenersi distratto da quello che è successo. Non inizia neanche a pensarci a cosa significhi: ha una matassa di confusione tale che non ha ne capo ne coda con lei dopotutto! [end]

15:21 Ren:
  [Piazza | Vicolo] /Improvvisamente/ non è la parola giusta, forse lo sarebbe 'impulsivamente'. È un graduale abbandono, una graduale debolezza che la porta a muoversi a rilento, per i suoi standard. Le palpebre abbassare per metà, mentre assapora quelle labbra - e anche mentre lo prende in giro e si giustifica ponendolo come un sigillo per un patto che ne lui né lei possono più distruggere, oramai. Con un po' di fatica stringe le ginocchia, distribuisce il peso sulla pianta del piede - e tenta di rialzarsi rimanendo appesa alla sua spalla, incastrata tra le sue braccia quel che basta per tenersi in piedi. Se solo fosse così facile come pensi, reggerla. Ha la densità di una nana rossa, e quando le ginocchia tornano stese - finisce per scostarsi. O almeno tentare di farlo. S'allunga di lato, sotto la pioggia - cercando di battere un paio di passi. E nonostante tutto, riesce anche a camminare dritta, anche se lievemente intontita. Come chi regge il proprio onore e il proprio portamento sopra a tutto. < Non ho bisogno che mi proteggi. Sono andata in guerra, so' gestire un paio di guardoni. > La mancina che s'accosta alla cintola slaccia la maschera e la riporta al viso, lì dove dovrebbe stare. Cinghie nere lievemente elastiche che la tengono ancorata. Nuca e capo. Del resto camminare per oto con il suo vero volto è ancora rischioso. Troppi occhi. Troppe orecchie. Troppi spiragli da non poterli gestire, no adesso almeno. Con lui accanto, o attorno - nel tentativo di reggerla meglio o coprirla, come farebbe un fratello maggiore si avvierebbe lì dove Pomyu la sta aspettando, anche lui senza maschera. L'orsino tetro e geloso della sua opposta metà. Non una parola. Non c'è null'altro da dire, per ora. < Dormiamo assieme? > Una domanda, che rimarrà retorica e tra le righe di una storia che evitiamo di narrare. Ma la dolcezza della fratellanza, null'altro. Schiena contro schiena, con il collo del piede incastrato in quello del doku - se solo si fermasse a dormire in quella che è una tavernetta con una camera doppia, nulla di fisso da chiamare casa. [end]

Eryk incontra Beto, e dopo un iniziale sfuriata per quel che riguarda la Yugure e lo strazio dell'attesa per una semplice risposta, scopre chi c'è dietro a quell'uomo albino: Ren.

Dopo l'attesa, il tentativo di evitarlo e di evitare per lui la vita che conducono gli Yokai del Crepuscolo - si ritrovano a fare un patto, condito di ebrezza e veleni allucinogeni.