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con Ren, Eryk

19:40 Eryk:
  [Dojo d'allenamento - Estemporanea] Di sicuro l'ha provocata e in maniera diretta, dopotutto lui è fatto così, non ha peli sulla linga, è onesto e dritto come una freccia prima di essere scoccata da un arco. Ascolta esattamente ciò che la seimei ha da dirgli ed effettivamente ci riflette sopra, non la conosce così bene da dirle di smettere di mentire a lui e prima ancora di mentire a se stessa, che quelle scuse non servono a niente, ma per l'appunto non lo fa, non sarebbe giusto darle un giudizio del genere. È proprio a questo che sta pensando quando la rossa lo prende di sprovvista, ed essendo già in equilibrio precario sulle punte dei piedi in posizione della lotta dei galli per intenderci, casca all'indietro. Le mani si staccano rapidamente per istinto e riflesso, dalle gote pallide di Ren che stava tirando, portandole rapide all'indietro per attutire la caduta ed evitare di sbattere la nuca contro la superficie lignea che i loro piedi stavano calpestando. <"ma che c..."> non fa in tempo a protestarte vivacemente che Ren lo blocca a terra in quella posizione chiaramente provocatoria per poi andarlo ad ammonire.. no a spronare. La guarda e quelle parole suonano solo come un invito a diventare più responsabile e indipendente in modo da avere l'abilità di starle accanto, di supportarla al suo fianco. Sono così vicini al punto tale che non solo sente le sue parole con l'udito, con quelle orecchie dai lobi dilatati, ma anche il suo respiro sulla pelle del volto. Il profumo della rossa viene catturato dalle narici che come in un processo autonomo vanno a ricollegarlo al primo che ha sentito, quando si sono conosciuti in quella casa da tè troppo grande per quella ragazzina di diciotto anni, piena di impegni e responsabilità per quelle spalle così piccole da sopportare, al punto da renderla quasi vuota. Gli occhi ambrati si perdono in quegli occhi color piombo, si fissano l'un l'altro e dopo che ha finit di parlare, Eryk alza la mano destra, portandola con il dorso ad accarezzarle la guancia teneramente, col il pollice che le scosta qualche ciocca di capelli dal viso. <"Sono deluso, pensavo che avessi capito che tipo di uomo sono."> le dice mentre il dorso delle dita accarezzano delicatamente quella morbida guancia. <"Sono un uomo che è libero di fare ciò che più desidera, e così come la yakuza non può tapparmi le ali, neanche te puoi. Inoltre.."> le va a dire interrompendosi. La destra si volta, appoggiandole il palmo così ruvido per i calli ma così morbido contro la pelle, muovendosi verso la nuda, tenendole praticamente l'orecchio tra indice e pollice. Le tira la faccia leggermente contro la propria mentre contrae l'addome e si allunga con la propria incontro alla donna. La sinistra invece le va a prendere il polso per bloccarla e infine punta i piedi e alza le anche in quel colpo di reni. Fa piede perno sul destro in maniera da girare quei due corpi, dato che Ren pesa veramente nulla e, con la destra sulla nuca, cerca ovviamente di accompagnarla a terra nell'intento di salire a sua volta sopra di lei, in tutto ciò che è un tentativo di ribaltare l'azione e bloccarla a terra così come aveva fatto lei un istante fa, abbassandole la difesa prendendola di sorpresa così come gli aveva rimproverato. Se fosse riuscito avrebbe abbassato la fronte fino ad appoggiarla a quella della ragazzina, così come le punte dei nasi entrano in contatto. Sguardi che si perdono nelle iride altrui e quella voce profonda che esce dalle labbra come un sussurro a proseguire l'azione di prima <".. se vogliamo giocare a questo gioco, potrai pure essere una kunoichi migliore di me, ma hai ancora parecchio da imparare.">

20:19 Ren:
 E sul viso pendono ciocche di corallo - un idillio pallido in cui si getterebbe volentieri. L'idea di poter considerare Eryk un amico. Un amico? Una persona di cui potersi fidare veramente. Una persona che possa toglierle di dosso un armatura, sempre che questa possa esser considerata tale e non oramai una seconda pelle. Si muove leggera, solamente il collo si tende alla volta della sua mano. Cerca conforto. Cerca conferme. Eppure la sua bocca dice tutt'altro lasciandole uno smacco in posti dove la vista non potrebbe arrivare. E le spalle finiscono per chiudersi, un pettirosso indispettito - lasciando che sia un broncio a dipingersi vermiglio sulle labbra che solitamente si presentano quasi esangui, pallide come fiori di ciliegio. La schiena tesa disegna il profilo minuto del corpo - acerbo. I fianchetti stretti che, abbassati su di lui - lo bloccano lì, tra le coscette. E l'odore di the nero che ne esce dalle labbra, misto ad una punta di menta dovuta alle sigarette che è solita fumare - pervade l'aria. Cosa c'è ora? Cos'è tutta questa mancanza? Cos'è questo tamponare di Eryk contro delle ferite che non pensava d'avere. Bene o male, la rinuncia - è sempre dolorosa. Anche quando ce la siamo imposta da soli. S'aggrotta - tirando appena indietro il capo. Cercando di riemergere da questo bicchier di latte dove s'è volutamente affogata. E annaspa - mentre la schiena cerca di sollevarsi piano. Il desiderio di sottometterlo. Di spinger una di quelle ginocchia ad appoggiarsi sul suo collo. A sottolineare chi, tra loro due, ha la corona sul capo. < Non ho cercato di tarparti le ali - > O lo ha fatto? Fiele, sottovoce. Apre le labbra ad uno spiffero dalle sue nel tentativo di sollevarsi, come detto - se non fosse che la trattiene. Il suo tirarla verso di se - e gli occhi di piombo che si snudano da quella serratura stretta. Ha un fremito. Un fremito dovuto alla sorpresa, alla paura, al desiderio di sopravvivere. Niente movimenti bruschi con gli animali, no? < Ho solo cercato di tenerti con m- > Eppure si trova con la schiena a terra prima che possa ribadir niente, anzi; frasi stroncate a metà, rimaste in bocca come zucchero appiccicato alle labbra. Non sa giocare. O forse, molto semplicemente, non ha idea di quale sia il gioco in corso. Le ciglia color ruggine fanno ombra agli occhi, la destra si leva. Polpastrelli che scivolano sull'apice del pettorale, consolano la parte bassa delle clavicole. E le unghiette rosse lo sfiorano con delicatezza. < E' vero. > Non ha mai detto d'esser una donna finita. Ne tanto meno una kunoichi arrivata all'apice della sua carriera. E mentre lui s'abbassa. E mentre cerca, o pensa - di rigirarla come un calzino - il collo affusolato rimane nella sua mano, a livello della nuca. Ciocche come raggi, costellano il pavimento - gli bagnano le mani d'arancio acceso, vispo. Lo affoga in un mare di lentiggini che risale il setto, le gote, una piccola porzione della fronte. Abbassa piano gli occhi verso di lui, quel corpo che la veste. Le ricorda qualcosa - qualcosa che le punge il fianco, fino a forarle i polmoni. Le labbra schiuse vorrebbero dire qualcosa: Basta, ti prego. Itsuki. Ma no, l'uomo davanti a lei decisamente non è Itsuki e lei, non è più quella ragazza sciocca che avrebbe pregato per il perdono. E se il calore delle sue labbra la solletica, lei muove quei fianchetti verso di lui, tenterebbe di chiudene il basso costato tra le cosce, allacciando i polpacci ad altezza delle terga. Fronte contro fronte. < E in cosa, esattamente, pensi di battermi? > Nell'effetto sorpresa? O nell'esser più forte? O nel sapere, dannatamente, toccare ogni maledetto tasto sbagliato? E i denti stretti in una fila bianco latte si mostrerebbero serrati, come se fosse guerra. Come se nel petto avesse l'inferno, e fosse sul punto di vomitarglielo in faccia. Lo sfiora con quel nasino, affilato - scansando la punta di lato al suo, riversandosi nei suoi occhi. E' gelo, in quell'oro. Piombo, azzurro, paglia. Sfumature discordanti che finirebbero per scivolargli sotto pelle, cercando di tenerlo lì - negli occhi che non rivolge mai tanto facilmente. Le gote pigramente arrossate e tanto delicata, nel suo esser, da apparire etere. Pure ora, sudata dall'allenamento. E il qipao che le si arriccia verso i fianchi, scoprendole le cosce - ha un aspetto totalmente secondario alla situazione. Messo di lato. < Io non chiuderò mai le ali di chi vuole raggiungere il sole, Icaro. > S'avvicina, con il mento - sfiorandolo solamente. Lasciando che il sapore s'intuisca, ma rimanga solo quello. Intuito. Poserebbe solo la mano, al centro del suo petto - sfilando la mancina ad accarezzargli con la punta il costato, il fianco, forse vuole solamente farlo sentire a disagio. Come lui fa' sentire lei. Fosse riuscita, ascolterebbe quel cuore battere attraverso i polpastrelli. Persa. Persa tanto - da riversare lo sguardo nel vuoto. Sarebbe ingiusto, sfarmarsi dell'anima del corvino eppure, qualcosa all'orecchio le sta sussurrando di farlo. Di andare avanti. Di divorargli l'anima e comprenderlo, veramente, fino in fondo. [stessi tag]

20:38 Eryk:
  [Dojo d'allenamento - Estemporanea] la ferma sul nascere in quel discorso che stava facendo , prendendo un pò di distanza dal volto della rossa che ha sotto di se in pugno in questo momento. Si gode quell'attimo, ignorando quando potrebbe essere la prossima volta che i due potranno essere così vicini con le vicende che si stanno susseguendo, con le lezioni che tengono impegnato il doku e chissà che cosa Ren non gli sta dicendo di tutto ciò che dirige da quella casa di thè nel tanzaku, come quel giornale che in questi giorni sta girando tra le vie di Kusagakure e che, come per destino, era partito la sera stessa che Eryk incontrò Ren. Non si muove da lì, lascia che la mano esile della ragazza lo accarezzi lungo il costato, con i polpastrelli che possono sentire ogni curva di quelle costole data la bassa massa grassa che il corpo del doku ha, frutto di rigoroso allenamento fisico, di costanza e di dedizione. <" Non sta a te tenermi con te, Ren. Non sei te a deciderlo, non hai potere sulla mia volontà di liberarti dalle catene che sembrano trattenerti. "> le ribadisce ancora una volta la sua volontà, il suo senso di libertà che lo spinge a fare ciò che vuole ed il motivo per la quale si sta prendendo Ren sotto la sua ala <"Sarebbe il caso che tu lo dica a te stesso. Tra i due, quella che sta soffrendo, sei te."> Le ribadisce con la mano che ora può sentirgli il battito del cuore con quel ritmo leggermente accellerato, anche dimostrato da quel leggero rossore sugli zigomi olivastro scuro del volto del corvino. Si scosta da lei, da quel viso che lo stava attirando, da quegli occhi che tenevano in cattività i suoi ambrati. Le porge la mano destra, aperta, ad aiutarla ad alzarsi, come a ripristinare quel rapporto che aveva bruscamente interrotto la Seimei quando lo ha imprigionato sotto di sè, e forse è proprio questo il motivo della reazione tanto brusca da parte di Eryk. <".. a vivere come voglio."> alza le spalline dandole quella risposta così semplice da essere disarmante, lasciandole poi il braccio teso con la mano aperta, aspettando ancora che questa lo afferri, per poi tirarla su e infine pure verso di se. <"Ho deciso il mio premio. "> le andrebbe infine a dire, lasciando che la suspance cresca, così come la curiosità della maestra che ha di fronte.

21:00 Ren:
 Tutto scorre veloce, come il sangue al cervello quando si toccano tasti dolenti. Rimane immobile - lascia che sia lui a parlare solamente. La verità è che ha ragione, da una parte. Mentre dall'altra Ren è ben conscia che il suo fianco, è l'unico posto dove veramente il Doku avrebbe quello a cui tanto anela. La libertà. Una posizione a cui Ren non apparterrà mai davvero, una posizione in cui siede per esser simbolo - e non la persona che lui sta cercando, o quella che cerca di vedere attraverso un viso pregno di lentiggini. Mentre lui si scosta dal suo viso, lei rimane immobile, lasciando che lo spettro d'un sorrisetto divertito le animi il viso inconsciamente. Divertimento? Ha trovato divertente metterlo in una posizione scomoda, a disagio, dove è stato costretto a batter la ritirata per evitare il peggio. O forse per evitare proprio lei, ed il suo sguardo rivolto al vuoto del soffitto, ora che è sola. In questo piccolo, piccolissimo frammento - dove si tasterebbe il polso bloccato giusto poco prima dalla mano dell'uomo. E liberato praticamente subito. Lo coccola nell'incavo tra pollice ed indice tirando su lentamente, solo la schiena. < Perchè pensi che io stia soffrendo? > Non capisce. Non capisce realmente questa battaglia in cui l'uomo s'è calato, a fronteggiare i demoni che sinceramente, neanche lei ha mai voluto vedere in viso. Dimenticandoli, piuttosto. Rimpiazzandoli con ricordi fallaci che la tengono quì, in un bivio tra il ricordare - e il voler vivere nell'ignoranza di chi starebbe bene anche così. Così leggero. Così privo di responsabilità. Al resto ci passa sopra, sembra trascurare. Eppure non è così, rimane lì, ad aleggiare nell'aria. Un misto tra inopportuno e disagio. L'atteggiamento errato, con la persona errata. Si sistema il vestito, per quel che serve - posando la mano nella sua nel tentativo di rialzarsi facendo leva sulle piante puntellate a terra, ancora nude. Si lascia sollevare, avvicinare - come una bambolina nelle mani del suo burattinaio. Eppure andrebbe a sollevar la mano nel tentativo di recidere quel contatto, di alleviare la tensione del momento. < Nh? > Recupera il discorso, probabilmente con il solo fine di deviar tutto quello che è stato detto in un altra direzione. < Dimmi pure. Una promessa, è una promessa. >

21:22 Eryk:
  [Dojo d'allenamento - Estemporanea] Lascia che quella mano esile sfugga dalla presa di quella più grande e ruvida, ma molto più grande con un apertura tale tra carpo e ultima falangetta che ha una distanza pari a stelle della palla canestro per rendere un idea, quelle mani che hanno fatto il buono e il cattivo tempo di tante persone prima di cambiare pagina con questi sei anni di vita a Kusa. Alza il braccio destro in alto, andando poi a piegare l'avambraccio verso le scapole con la mano sinistra che va a premere e spingere sul gomito così da fare dello stretching dopo l'attività fisica svolta in precedenza e poco fa in quel mini sparring contro Ren. Data la natura dei vestiti del Doku, solo in pantaloncini, la Seimei può godersi in pieno quel fisico tatuato con quella carnagione in quel mix tenue tra alabastro ed ebano. <" Chiamalo istinto, chiamala esperienza. Dopo che hai fatto soffrire parecchie persone impari a riconoscere il viso di una persona che soffre. Non sempre si esprime in smorfie di dolore o richieste esplicite di aiuto. "> le spiega senza troppi giri di parole, a questo punto Eryk non sa ancora del ruolo di Ren, nè ha ancora avuto modo di leggere il Noctis che sta circolando, il solo concetto di Yugure è qualcosa a lui compleamente oscuro che non può neanche lontanamente immaginare, eppure, così come la prima sera in cui si sono incontrati, continua a ripeterle le stesse cose. <" Non trovo giusto che una ragazzina come te si chiuda all'interno del proprio guscio. Dovresti sprizzare energia... Dovresti essere un arcobaleno eppure quando ti guardo vedo solo il piombo dei tuoi occhi..grigio."> le spiega facendo qualche verso per poi cambiare il braccio e la spalla, stiracchiandosi l'altro arto <"Sono una persona estremamente egoista, dopotutto chi è come me è interessato solo a ciò che gli passa per il cervello. Potrò sbagliarmi, probabile, tuttavia ho deciso così. Libera di provarmi i miei errori."> la sfida? Non esattamente, dopotutto Ren è un capriccio, o forse è un desiderio di rivalsa nel vedere un altra persona così come lo era lui, intenta a seguire ordini e sommersa da responsabilità che non si è pronti ad avere, a impegni e mansioni non richieste. Tutto questo arriva senza che nessuno lo voglia e ti spinge giù, per usare un usanza yakuza, come un blocco di cemento ai piedi, facendoti annegare in un apatia generale. Sarà questo il motivo per la quale il deshi ha preso a cuore colei che dovrebbe essere la sua maestra e che tuttavia si è rifiutato di definirla tale ma bensì come sua amica, perchè forse è proprio questo di cui Eryk ha bisogno e anche Ren, una persona sulla quale fare affidamento per lui, con i cambiamenti che si sono presentati così bruscamente nella sua vita grazie a Kimi, e per Ren per i motivi che lei sà e che non gli è dato sapere. <"Mi manca solo una tecnica e poi sosterrò l'esame. Quando passerò, come premio voglio passare una giornata insieme, in giro per Kusa, come due persone normali, a fare cose normali."> non le chiede di farsi un giro con le sue maiko, o di essere ospite a tempo indefinito presso l'okiya, sopratutto da genin che può andare a trovarla quando vuole, non gli interessano i beni fisici in questo momento. Come un lupo affammato ha posato quegl'occhi ambrati su quel sorriso ed è probabilmente allora che ha deciso che quello sarà il suo premio, l'occasione di restituirlo al viso che appartiene dietro quel broncio che spesso lo sostituisce.

21:41 Ren:
 Cammina. Cammina senza una meta portandosi la destra a tastare la fronte mentre lui si gira a stirar i muscoli precedentemente contratti dall'allenamento. Forse sembra si stia asciugando del sudore praticamente inesistente. Sembra immersa in una bolla d'acqua da cui la voce dell'altro - non è altro che un eco in superficie. Tristezza? No - non è un sentimento che le appartiene. Gioia? Relativamente, ed a modo suo. Le palpebre scivolano ad immergersi ancora un po' un altro po' - nel propri pensieri. Dove l'altro è perno e marginale al tempo stesso. Ci pensate? Come può una persona essere causa ed indifferente di un piccolo livido tastato sfacciatamente in luogo pubblico. Il petto si solleva, freme piano, mentre le spalle s'abbassano di nuovo riportandosi in una posizione stabile, composta. Si scioglie i capelli - e filamenti sottili la accarezzano. Il viso, le spalle, il collo. Lasciano che la tempesta al di fuori, in una sola bava di vento umida - li smuova tanto da frustarle le gote stellate. Ed i passi verso di lui, nudi e mansueti, tengono il ritmo ciondolante di quei fianchi maledetti. < Vai troppo più in la di quello che vedi. > Le labbra si muovono piano, e mentre lui cambia posizione per stiracchiarsi, lei si solleva sulle punte nel tentativo di legargli i capelli con il suo, di laccetto. Se lo porterebbe alle labbra, incastrandolo in mezzo - avvolgendo il crine nell'incavo tra pollice e indice prima della destra, poi della sinistra, cercando di stabilire una sorta d'ordine tra i capelli dell'uomo. O almeno, ci proverebbe. Fosse riuscita, sfilerebbe l'elastico dalle labbra, andando a legar quel tronchetto d'ebano con il laccetto nero, cercando di ricreare la coda che solitamente gli ha visto addosso. Bassa o alta che sia. Si spinge sulle punte dei piedi, lasciando che l'occhio cada pigro lungo le spalle, lungo i tatuaggi. < Non sono chi pensi che io sia. > Lo ammonisce, semplicemente. Ma non è questo il momento, ne il luogo, ne il tempo giusto. Non prima dell'attacco a Oto. Non lo metterebbe mai in allerta, o in pericolo. Fosse riuscita, semplicemente scivolerebbe via - chiudendo i pugnetti lungo i fianchi e passando all'altro lato per prendere le sue cose. Un borsone, un semplice kimono nero e il coprifronte di kusa oramai rovinato dalle missioni e dalla vecchiaia. Cambia di stanza ma non vuol dire che non lo stia ascoltando, anzi. Può udire un tonfo, in lontananza. Le è semplicemente caduto il borsone dalle mani. Una giornata insieme? Tutta? E' impossibile. Vuol dire una giornata senza lavorare. < E cosa - > ... < cosa vorresti fare? > [ck on]

22:04 Eryk:
  [Dojo d'allenamento - Estemporanea] È abbastanza alta da raggiungergli il capo con le mani se dovesse stendere le braccia, anche perchè, dandole le spalle, non ha modo di accorgersi che stava arrivando se non troppo tardi, quando la Seimei poggià le sue dita così fragili tra i capelli corvini e setosi del Doku. Non si muove, non per riflesso incondizionato di ciò che è accaduto poco fa con Ren che gli ha afferrato i capelli, ma bensì perchè capisce che cosa ha intenzione di fare e la lascia fare, tenendosi quella coda di cavallo che sia alta o bassa poco importa. <" Grazie. "> le dice semplicemente per poi sentirla allontanarsi. Si china a sua volta a prendere l'asciugamano per poi passarselo addosso, strofinandolo contro quel muscoli ad asciugare le fatiche che aveva fatto fin ora per poi lasciarlo appoggiato al collo, come a coprire quel marchio che ha tatuato sul lato. Con il busto asciutto afferra infine la maglietta che aveva, indossandola per evitare di ammalarsi almeno nel tragitto fino a casa. Al tonfo si gira di colpo e nota quel borsone cadere così all'improvviso. Si incammina verso di lei, piegandosi tanto quanto basta per poterlo raccogliere con la mano destra, tenendoselo in spalla, portandolo con se invece che restituirglielo, da vero galante quale vuole far credere che è? Accorcia le distanze con lei e la tiene sul lato sinistro del corpo, dato che dal destro aveva il borsone della special. A vederli così da dietro non si direbbe mai che quella ragazzina è la sua insegnante, anzi, sembrano quasi kohai e senpai uno accanto all'altro. La sinistra si alza nuovamente, dandole un paio di carezze in testa su quel crine rosso. <"Quante volte mi farai ripetere? Per vederti al di fuori da quello che penso ti blocchi. Andiamo in giro per Kusa, mangiamo un gelato, parliamo di gossip, di cibo, di chi ti piace, delle mie disavventure amorose, delle tue disavventure amorose! Ha davvero importanza? "> termina la frase eclissandola con molta nonchalance, non ha progetti, non ha piani già in moto o secondi fini oltre a quello già dichiarato apertamente a lei, quindi non ha molto da dire a riguardo di che cosa ha intenzione di fare durante questa giornata. Tuttavia è il suo premio e tutto il resto che trattiene Ren può aspettare, almeno un pomeriggio in cui spera di vedere un barlume di ciò che lui ha visto in lei. <" Forse è vero, se però è a portata di mano, non pensi che valga la pena di continuare a perseguire i propri desideri, anche se devo navigare al buio? "> La accompagna mentre si avviano fuori dalla stanza dove i due si sono allenati fino ad attimi fa e dove ha avuto modo di apprendere le due varianti di sostituizione che gli torneranno sicuramente utili in futuro.

18:33 Ren:
  [Pho & Gyoza] I passi sono lenti - e quella tempesta s'è tramutata tanto velocemente in semplice vento umido, che quasi d'aspetto d'affrontare la bufera all'uscita dal dojo; mentre cammina dietro la sua spalla, la può vedere aprire il kimono di cotone nero, con bordatura in seta /tono su tono/, facendolo scivolare sulle spalle minute, tanto strette tra di loro da rendere vagamente noto il disagio ad affrontare un argomento così delicato. Perché? In qualche modo, come ha detto la salamandra stessa, ha deciso di prenderla sotto la propria ala, donandole un podio che lei non ha mai chiesto. Nemmeno agli uomini ai quali inevitabilmente, ed in modo totalmente storto, s'è avvicinata con il passare del tempo. Le attenzioni sono scomode se passi il tempo a cercare di dimenticarti lavorando al tuo grande progetto, è come avere un riflettore puntato addosso. E per lei è panico. Un ombra bianca e rossa, dai bordi frastagliati, mentre tiene lo sguardo su un punto impreciso del pavimento. Preferisce rimanere zitta, per tutto il tempo in cui è l'uomo a parlare - inseguendo la sua schiena, ed il suo borsone, verso l'enorme parete lignea d'uscita in strada dal dojo. È notte fonda. E la luna è uno straccetto tra le nubi gravide che continuano a minacciare una seconda ondata di pioggia. E quell'odore pungente la consola, trovandosi ad inspirare copiosamente dopo aver negato ogni risposta. I due lembi del kimono accavallati nascondono quelle forme acerbe, ma sempre lì - come monito; non è una bambina, è una ragazza. O forse a dire il vero, s'è giocata anche la fanciullezza bypassando la fase senza capire quanto sia importante essere /liberi/ di sbagliare, ridere, essere leggeri. L'obi color piombo fa' due giri nel vitino minuto, morendo in un fiocco ad altezza costato che risulterebbe perfetto, egualmente proporzionato da un lato e dall'altro. Una verve inesistente, può lo stesso attirare sguardi d'interesse? Il colletto semi rigido del cheongsam trasparente che sbuca dalla scollatura stretta del kimono, come un ossimoro divertente - si muove in un tintinnio d'orecchini che le carezzano la mandibola. < Va bene... > Semplicemente. Le labbra si muovono incerte nel regalargli zucchero - mastica appena le lettere con l'insicurezza di chi non sa esattamente se deluderebbe o meno l'altro. Un passo, ed un altro, ed a capofitto sotto la pioggerella estiva che ha lasciato la tempesta. Le scurisce in poco tempo i capelli, obbligandola ad alzare la mano libera per pararsi la fronte. Continua a rivederlo chino a raccoglierle il borsone, e quelle quattro cose che si sono rovinosamente rigirate a terra. E lo sguardo perso in un punto sul vuoto, lo cerca inevitabilmente - discostandolo con inesorabile lentezza dalla silouhette di Itsuki. Fronte a contatto. I capelli stretti nella mano. Dio se le formicola ancora il palmo. S'inoltra sotto la pioggia, lasciando che la mano scivoli lungo il fianco. Così composta, questa ragazzina, da abbandonare l'idea bambinesca che lui vorrebbe avere di lei. Lasciando l'alone di una donna, assieme al profumo di gelso, alle sue spalle. < Eryk... > Si muove piano, il mento volge alla sua spalla - tanto prossima al viso da costingerla ad alzarsi verso di lui. < E se rimanessi deluso? > E se non riuscisse a dargli quello che vuole? E se non sapesse neanche come si è, veramente, ragazzine? E se l'è sbandate amorose fossero tremendamente tristi, quasi matematiche? Le sopracciglia aranciate s'accigliano, nascondendo il bocciolo di labbra dietro i polpastrelli della mancina. Potrebbe effettivamente accadere. E non s'è mai preoccupata di queste cose. Tant'è che mentre cammina, con quelle gambette affusolate, prende una delle stradine interne che porterebbe alla periferia di Kusa, oltre il Ponte Tenchi che oramai è solo un ricordo. L'arrampicata del paese è piacevole, in vie ciottolate dove i sandali schioccano lignei dando ritmo alla sua camminata. < Non m'importa. Rimarrai deluso. Perché io sono questo. Sono esattamente come mi vedi. Che io sia triste, che io sia sola, che io sia così poco spensierata. Sono /Ren/. > Ren. Quello che lui voleva è Ren, e allora perché guardandola non è contento. Il profilo del viso verso di lui, le iridi lo inseguono come pugnali in aria. E tra le efelidi, screma lo sguardo in quella mezza palpebra. Il broncio, oh - un broncio perfetto. Malinconico. Dolciastro. Le labbra d'un rosso ciliegia che si schiudono lasciando andare un sospiro perennemente seccato da qualcosa che, neanche lei sa esattamente. < Ma probabilmente questo a te non interessa, giusto ? > Lo sa già. Lo sa com'è fatto e come le risponderà. E la curiosità chiama, mentre si volge verso una taverna pigramente illuminata con l'insegna in basso rilievo, lignea "pho e gyoza", da lanterne aranciate ancora accese, nonostante lo scarso via vai. S'è già risposta da sola, alla domanda - e dunque annuisce pigra - cercando nella manica del kimono quella sigaretta al mentolo da incastrare alle labbra, lasciar perdere tra quei petali che per qualche frangente l'hanno accarezzato con il respiro. Eucalipto tra le labbra mentre sbuffa taurina. < Gli amici si conoscono, giusto? Allora -- io voglio conoscerti. Voglio che mi racconti chi è Eryk. E chi sarà. Magari davanti a del Pho, o dei ravioli di manzo. > Inizia ad imparare. Il suo piatto preferito. [ck on]

18:34 Eryk:
  [Pho & Gyoza] La raggiunge ancora sotto il porticato, appena prima che questa si immetta sotto la pioggia, che nonostante è si leggera, non vuol dire che non sia abbastanza per farle prendere della febbre con il fatto che arriva da attività fisica. Non può coprirla con molto e neanche con i suoi vestiti che stanno comunque addosso a lui proprio perché in una situazione peggiore della sua, di conseguenza l’unico escamotage che trova è quello di sfilarsi l’asciugamano dal collo e stenderlo sul dorso dell’avambraccio così da formare con l’omero un angolo di novanta gradi, sufficienti a creare una specie di quadrato dove possa camminare sotto Ren senza che si bagni, anche perché con solo quel vestito.. beh non sarebbe decoroso. La ascolta, la lascia parlare, anche quando gli chiede in maniera retorica se a lui non interessa o meno, dopotutto rifiuta di accettare che la ragazzina che ha di fianco sia così, triste di natura sua, senza emozioni quasi, come un vessillo vuoto, il lascito dopo che l’anima lo ha lasciato. Quando guarda in quelle iridi di piombo non riesce a scorgere molto o meglio quasi il nulla più totale ed è proprio questo che non accetta, lei così giovane che si fa carico di talmente tante responsabilità, che siano volute o che le siano state affibbiate al punto da non avere più una personalità a momenti. I sentimenti del Doku sono contrastanti tra tenerezza, compassione e affetto nei confronti della diciottenne dai capelli cremisi dove proprio il colorito dei capelli è l’unica cosa che gli ricorda un ardore in lei. Ha ragione inoltre, quell’idea di bambina in Ren è stata abbandonata da Eryk tuttavia neanche così tanto tempo fa, solo attimi orsono, quando ha avuto modo di ribaltarla e portarsi sopra di lei in quel modo provocatorio, bloccandola sotto di se con i suoi polsi nelle sue mani come se non fosse quella ragazzina ma appunto una donna, come quelle che ha già conquistato in precedenza, vittorie e gloria temporanea, dissoltasi insieme alle prime luci del giorno quando la salamandra puntualmente se ne andava per evitare legami in quanto è un fuggitivo, percorso che tuttavia sta cambiando e inoltre a dirla tutta, Ren non ha di certo bisogno di protezione dall’esterno, di sicuro non della misera protezione che può darle Eryk ora come ora come ampiamente ed esaustivamente gli ha fatto capire in precedenza. Ha ragione la seimei, contro certe cose è impotente, al punto da essere incapace di proteggersi da solo ed è solo all’inizio del suo cammino che per motivi inspiegabili si sta intrecciando sempre di più con colei che nella sua vita non doveva che essere che una comparsa di sottofondo. La segue, tenendola al coperto come può dalla pioggia, incurandosi di se stesso che pian piano si sta inzuppando sempre di più con la maglietta che diventa aderente come un guanto a quei muscoli ancora caldi per l’attività fisica svolta in precedenza. Alza lo sguardo a seguire quelle iridi di piombo e dove esse si possano posare, osservando quell’insegna e prima di entrare si ferma, lasciandole fare qualche passo nella pioggia se si fosse mossa in avanti. <” Mi insulti così. Non puoi dirmi che gli amici si conoscono, aspettarti che io ti racconti chi sono, la mia storia, per poi mostrarmi solo una maschera. “> la sgrida? Forse, il suo tono non è arrabbiato con lei, né amareggiato, tuttavia non nasconde un austerità nel suo timbro e nel suo modo di porsi, per lui l’amicizia è altro, è condivisione, è essere sullo stesso livello, è essere sinceri l’un con l’altro e far affidamento sugli amici, un termine a lui particolarmente sensibile quanto alieno dato il passato trascorso dove forse, più che i suoi parenti gli è mancato proprio questo, degli amici con cui scappare da quella realtà che viveva e che era costretto a scontrarsi ogni mattina, a ogni ordine ricevuto dove il NO non era contemplato. <” Io sono così, come mi vedi, trasparente. Sono un libro aperto, il classico libro che non devi giudicare dalla copertina ma che chiede di essere sfogliato per mostrare la storia che nasconde all’interno delle sua pagine impolverate e macchiate dall’inchiostro. “> termina, aprendo quelle braccia larghe, non ha nulla da nascondere, non a lei, sarebbe un ipocrita a farlo quando è il primo che le chiede di non farlo con lui, questa è la sua determinazione, questo è quanto è serio il Doku nei confronti della ragazza dai capelli rossi e per la loro amicizia. Non è convintissimo di tutto questo tuttavia la segue all’interno di quel ristorante, raggiungendola nuovamente.

19:39 Ren:
  [Pho] Si trova a camminare sotto una tettoietta di carne - e se un attimo prima quella pigra pioggerella aveva osato a bagnarle il viso, ora in prossimità d'una pozza di luce calda, si trova a camminare praticamente nella nicchia tra il braccio e il costato, issando per qualche istante il nasino ad osservarlo. Ruba, da sciocca, un profilo affilato - ben più adulto di quello che è abituata a vedere. La linea della mandibola che disegna un angolo pronunciato, la pelle dalle sfumature di caramello ancora pigramente imperlata di sudore, lo stesso che fino a poco tempo fa' s'era cercato di lavare via. La mano s'abbassa automaticamente nel ritrovare riparo, finendo per aleggiare a mezz'aria, confusa. Tutte queste attenzioni. Tutta questa dolcezza. L'essere di Eryk, nei suoi confronti, la confonde a tal punto da lasciarle un enorme punto di domanda in sospeso. Probabilmente la verità sta nel non esser propriamente pronta ad accettar l'amore. Non saperlo gestire, così come non ha mai saputo fare veramente. Ha deciso di percorrere questa via a passi incerti, lateralmente al suo essere - nel buio tremebondo di un luogo che non conosce realmente, se non per sentito dire. Ed è un calore pigro che risale la pancia, le gonfia il petto tremante - e vien ucciso alla base della gola con un ingollo a vuoto. Finisce per far divampare quella punta di sigaretta nel silenzio assoluto, lasciando che il legno dei sandali contro il ciottolato di pietra sia l'unica rumore a cantare. L'attimo di prima? Oh, se solo fosse abbastanza sveglia come Eryk. Non ha percepito /qualcosa/ ma solo l'impulso. Tra le righe, dove nessuno riesce a guardare - del resto Ren è ancora una bambina capricciosa. Lei e quel dannato broncio di ciliegia. Ha desiderato spezzare la serenità. La convinzione della salamandra. Ha desiderato riavere Itsuki, vederlo tramite quest'immensa figura che ora come ora, s'impiega a gettar ombra su di lei, rendendola ancora più piccola. Le maniche nere del kimono che s'è messa addosso le scivolano lungo il metacarpo, lasciano in mostra solamente le dita affusolate che aleggiano fannullone nei pressi della bocca. La sigaretta incastrata tra le labbra mentre tira, espira taurina - si muove con la dissolutezza dell'etere, con la stessa consistenza. Il collo si piega alla sua volta, passo dopo passo sotto un improvvisa pioggia. "Solo una maschera". Sono parole come spilli sotto le unghie, queste. Sono parole che lo accomunano, ancora una volta, ad Itsuki. Se solo si potessero descrivere le budella che si contorcono al di sotto dell'epidermide. E' come uno scorrere viscido dei vasi sanguigni che la dilaniano, ancora. Ed ancora. Ogni volta che ha preso aria, la salamandra - sembra pronta ad asfissiarla ancora. Chiude le palpebre - e goccia dopo goccia, la pioggia sembra l'unico vero amante al quale può esser associata. Come le riga il viso. Come le consola le palpebre stanche. Come scivola, infima, dalla gota all'angolo delle labbra. Sta zitta alle sue parole, non che abbia tutti i torti. Non ha la ben che minima idea di cosa voglia dire avere un amico. Non ha idea di cosa può voler dire avere qualcuno accanto, sempre, qualsiasi cosa accada. Ma perchè, Eryk, dovrebbe esser quel qualcuno. Ed, attendete - perchè Ren, dovrebbe averne bisogno? < Cosa ti spinge ad esser così? > Trasparente, deciso, veritiero. A tenere scoperti i propri punti vitali, alla ricerca di una freccia. Cosa dovrebbe fare, esattamente? Dovrebbe mostrare entusiasmo. O forse Eryk anela a vedere dentro di lei, una verità malcelata - o il motivo per cui questi occhi son tanto spenti? Le gambette affusolate, facendo capolino dall'orlo del kimono nero - danno una rotazione al busto in tre o quattro passi incerti. Si prende i suoi tempi - lasciando che ora la sigaretta penda dalle labbra. Mentolo. Dolce, fresco. Collide con l'odore della pioggia e quello del gelsomino che sembra abbracciarla, ed inseguirla - lasciandone solamente una traccia. Ma non solo - non solo quella domanda: Cosa ti spinge a credere che io voglia lasciarmi andare, o che io ne abbia bisogno? Non lo sai, Eryk - che un cumulo di macerie senza collante - non è altro che polvere? Sfila via la sigaretta da quei petali fronteggiandolo. < Forse ti ha dato fastidio, che in un mondo d'eroi - io abbia riconosciuto di non esserlo? I grandi racconti hanno protagonisti e comparse, io semplicemente -- so bene dove collocarmi. > Non una comparsa, non proprio. Ne un protagonista. Ne un antagonista. Ren non è null'altro che il narratore, l'occhio e la notizia. Le labbra si storcono pigramente, lasciano aleggiare un sorrisetto sulle labbra; e da quel sorriso screma mezza risata, un paio di colpi di gola che le muovono il petto arido. I fianchi scivolano, sposta il peso da un lato all'altro della gamba, muovendo quei pochi passi sotto la doccia per tornare verso di lui. Non che sia fradicia o grondante - ma semplicamente quelle fiammelle paiono più vispe, il suo sguardo - invece - sembra ibernato in una lastra di ghiaccio. Fuoco e fiamme son ipotesi e quella maschera di cui parla, non è un palliativo - è semplicemente la sua faccia. L'incapacità d'esprimere. L'incapacità di lasciarsi andare e, effettivamente, il non volerlo fare. < yare, yare - > Si lamenta quella boccuccia, chiudendo gli occhi e lasciando che l'ombra rossastra si proietti sulle gote, vestendo il viso di ciocchette aranciate che vanno man mano ad appiccicarsi sulla pelle. Un verso, più che delle parole - vomitate fuori da quei petali contusi. < deve averti in qualche modo incrinato, la dottrina - vero, Konbu? > Mentre solleva la mancina, farebbe scivolare le nocchette contro la curvatura del mento, neanche volesse rigirargli l'ammonimento. Rimetterlo al suo posto. E slitterebbe piano, seguendo quella curva, scivolando con quel movimento lungo la gola - e lasciandolo andare. Movimenti meticolosi. Calcolati nel millimetro. Movimenti che recide, giusto l'attimo successivo. S'appella a lui come un 'figlio' della Yakuza. E come lei ora - è questo, lui ora, avrà delle incrinazioni dovute alla sua vita passate. Scuote il capo, semplicemente, potesse scivolare via con i passi. Finirebbe semplicemente per cercare quella tettoietta del locale. < Eppure io a differenza tua, non ho mai storto il naso all'idea che eri uno Yakuza. E allora, perchè dovrei accettare che uno di questi - un Konbu, voglia rovistarmi nel petto alla ricerca di qualcosa che sono abbastanza certa di non avere? > ... < Perchè dovrei lasciarti fare, qualsiasi cosa tu voglia fare? > [ck on]

20:28 Eryk:
  [Pho] Di fianco a lei ecco che arriva un'altra domanda mirata, diretta a lui e al suo modo di fare, eppure non è così difficile, è un pensiero semplice, schietto, onesto. Le ha già dato tutte le informazioni che le servivano per decifrare quel comportamento del Doku eppure quelle domande ripetitive continuano a ripetersi continuamente, come se invece che non volerlo capire non lo volesse accettare o fosse alla disperata ricerca di una motivazione per il comportamento del corvino, non comprendendone il motivo. Non sa che cosa le è accaduto in passato per averla segnata così, non la conosce così bene e non si permette di dare giudizi sul come mai lei appare in una determinata maniera ai suoi occhi, si limita a giudicare ciò che vede, come quel manto di apatia spezzato dal rossore casuale su quelle piccole gote lentigginose, o quello sguardo che da barlumi di sensazioni, emozioni, desideri, paure. <” Non mi piace ripetermi Ren, non provo goduria nel mentire alle persone e come ti ho già detto sono una persona estremamente egoista e onesta. “> risponde abbastanza scazzato per doversi ripetere ancora una volta, esattamente dandole la stessa versione che le ha dato in precedenza, non smentendosi proprio perché quella è la sua verità, il suo senso di libertà che lo spinge a essere libero da pregiudizi sociali con le persone con la quale parla, valutandole solo secondo ciò che quegli occhi color del sole captano e catturano, come se guardasse oltre le membra e puntasse all’anima di queste, non essendo traviato da ciò che queste vogliono fargli vedere, come vogliono apparire. È il motivo ancora non ce l’ha a morte con Kimi per tutto ciò che ha fatto con lui, per averlo avvelenato e strappato a quel guscio dove si era rinchiuso e, nonostante è conscio che tutto ciò che la medusa ha fatto fin ora sia per un proprio tornaconto personale, dietro la ‘malizia’ dietro alle sue azioni e come sono state portate, si cela anche un interesse per i confronti del giovane Doku, che sia per i propri fini o meno poco importa, non condanna questi comportamenti dato che dovrebbe condannarsi da solo per perseguire i propri obiettivi a QUALSIASI costo. <”In un mondo di eroi? Dove sono? Gli eroi senza una catastrofe non sono necessari, vengono osannati ma se mi dovessi chiedere, preferirei un mondo dove non sono necessari, dove ognuno può fare ciò che vuole e inseguire i propri desideri senza vincoli da terzi. “> la fissa seria in volto, quasi scuro. Potrebbe passare per un anarchico per quel che gli riguarda o semplicemente in maniera più simpatica, un libertino, non gli importa, sono titoli che non portano con sé nessun valore, lui è Eryk semplicemente e quello è il suo stile di vita. La destra si invola verso il labbro della Seimei ad afferrare quella sigaretta al mentolo, strappandogliela dalle labbra per poi portarsele alle proprie. La regge tra indice e medio con il pollice premuto contro il culo di essa a tenerla dritta. Di nuovo la sigaretta, di nuovo quella visione a lui così tanto familiare che appunto è la rappresentazione pure del suo chakra tanto è vero. La lascia quasi spegnere davanti agl’occhi dei due per poi girarla con il fondo in alto, dove la combustione stava per finire. <”questa sei te ora..”> le dice con quella sigaretta in procinto di spegnersi, una figura morta, grigia, piatta che tuttavia dentro di se ha ancora quell’ardore, quel tizzone necessario per riprendersi. <” Questo sono io.”> le dice andando a soffiare su quella cenere che si era depositata, spingendola già sui cocci bagnati dalla pioggia mentre il tabacco riprende il calore, tornando a bruciare insieme alla clorofilla della carta che lo contiene, producendo fumo e tornando a dar vita a quella sigaretta che si porta infine tra le labbra, andando ad aspirare quella cagata alla menta che la ragazza fuma, sbuffando l’aria grigia e nociva prima dalle narici e poi sulla punta ancora accesa del mozzicone. <”Questa è la Ren che vedo io. Non me ne frega se mi vuoi valutare come un konbu o meno, non me ne frega se non vuoi avere niente a che fare con me…”> inizia a terminare, spegnendo quella sigaretta buttandola a terra e calpestandola per poi girarsi a guardarla da oltra la propria spalla destra <”.. non mi sono mai imposto né ho intenzione di farlo, se però mi vuoi dire che questo è tutto ciò che c’è in te, non lo accetto.”>

22:04 Ren:
  [Pho] Alla fine di questa storia - Ren non è mai stata una persona cattiva. E dire che quest'affermazione sia tutta una questione di punti di vista ci pare a dir poco riduttivo. La rendono cattiva poche cose, e sempre secondo uno sforzo incredibilmente elevato che vedrebbe chiunque, spinger un po' troppo oltre la linea di demarcazione che lei si cura sempre di tirare all'inizio di ogni relazione. Lo lascia parlare, fronteggiarlo senza alcun tipo di remora. E com'è che Eryk suppone di conoscerla tanto bene da decretare chi sia, o meno. Lingue arse lungo le guence, le solleticano l'inizio del collo lasciando che solamente adesso inizino a perdere qualche goccia verso il colletto. Il naso aquilino arrossato che si volge di nuovo verso di lui - rimane in silenzio ad ascoltare, a pesar la seccatura di ripetersi. O forse sono le risposte ad esser oramai datate, un po' troppo obsolete - poco esaustive? Perchè lei? Uno sfarfallio di ciglia pulisce lo sguardo d'ogni goccia che fino ad ora, ha osato a forzarle la pazienza cadendole addosso. Con la sigaretta incastrata tra le labbra solleva ambo le mani a muoversi i capelli, disordinati dall'umidità e dagli spostamenti, dall'allenamento. Li muove appena, lascia che le gocce incastrate lì in mezzo volino tutt'attorno, anche addosso al corvino. Non c'è niente che la muove. O forse è solo quello che sembra? Nonostante tutto, la terra conserva un nucleo ardente che il più di noi ignorerebbe - se non fosse per catastrofi naturali. Si lascia rubare quegli ultimi tiri e la linguetta, sfila mansueta ad accarezzare le labbra dove il gusto d'eucalipto è rimasto intrappolato. Lo ascolta, nonostante tutto. Sa' farlo dannatamente bene. Così come sa' disturbare l'immagine della ragazzina muovendosi solamente. Le spalle minute appena chiuse su loro stesse, come se avesse tutto il piumaggio gonfio; il drappo interno del kimono che scivola fino a metà di quelle collinette rosee. E dal cheongsam s'intravedono ombre, curve morbide appena accennate. Il fisico che si darebbe ad una giovane, ne' donna, ne bambina. Smuove il petto con la pigrizia di chi deve, lo solleva, lo abbassa - e dalle labbra esce fumo al sapore di menta e rose, la classica tintura per le labbra che si userebbe nell'epoca edo. E' un bello scenario, no? Lui vuole esser la causa. Lei nasconde il suo nucleo sotto la cenere. Tanto azzeccata da pungerla tra le ultime costole e sfilare fino al cuore, in una stilettata. E si mantiene stretta, guardando la propria metafora morire in una pozza d'acqua neonata. Il brusio inesistente delle strade di Kusa, oramai nel cuore della notte - è solo il teatro silenzioso di uno scambio che pare altalenante su ogni polo. Minaccioso. Divertente. Triste. E si ritrova anche a valutare su come dovrebbe presentare se' stessa. Se le convenga, avvicinarsi in questo modo a qualcun'altro. A qualche pedina del villaggio, che probabilmente - dimenticherà una volta partita per la guerra di Oto. Inclina il capo, come se ogni messaggio - le entrasse da un orecchio e le uscisse dall'altro, lasciando nel mezzo solo l'estratto di quel che le interessa realmente. Sono due passi a dividerli, due passi che compie, armata di flemma. Rappresenta il desiderio di non farlo andare - forse è solo quello che sembra? Scivolerebbe, se solo lui non si scostasse - ad appoggiare il petto contro il centro della sua schiena. Il viso infossato docilmente tra le sue scapole, ad esser solo un ombra rosata costellata da baci del sole. E le palpebre calano a nascondere quelle lune di piombo. Gelida, sì - con un abbraccio così scioglierebbe l'antartide. Lo avvolgerebbe tra le braccia, lì dove può arrivare. Alla fine Eryk, è la versione di lei che ce l'ha fatta - non troppo lontano dalla nostra storia triste. Non un protagonista. Non un eroe. Solo un soldato, che è riuscito a rifugger le fila. Dove è stato incrinato, lui ? Lei ovunque. E' tanto contusa dal passato, da aver male ad ogni movimento. Da temere costantemente di non riuscire mai ad andare oltre. Un cane legato al palo, tutt'ora, con la corda lunga. Inspira - ruba i filamenti d'odore che lui le concede. E il silenzio è divenuto tanto lungo, da poter esser imbarazzante. /Ti stimo/. Dovrebbe dirglielo, ma forse - lascerebbe scoperto un lato di troppo. /Lo apprezzo/. Lo vorrebbe dire, ma non è da lei. Non è da lei dire qualcosa di così carino, così aperto. Espira, e può sentir ogni muscolo contro la sua schiena divenire palesemente burro. < Hai una visione utopica del mondo. > Anche io l'ho avuta, un tempo. Poi mi hanno picchiato. Hanno abusato della mia testa ed a tratti, del mio corpo. E' l'unica cosa che esce dalle sue labbra, lasciando che l'alone del respiro filtri la maglietta, donandogli un piccolo - minimo piacere, sotto la pioggia. E lo scroscio sembra voler ingollare ogni sua parola rivolta contro la sua schiena. La mano destra oltre il costato aprirebbe le falangi in una carezza - sporca d'un languore che non veste con coscienza. Malizia che le dona talmente tanto - ma che di contro, non comprende. Dal fascio costale allo sterno le falangi si aprirebbero, i polpastrelli che ne arricciano pigramente la maglia umida, trascinandosela dietro inevitabilmente ad ogni passaggio. < Io sono questa. > Sembra replicare quella scena, voler fargli luce su qualcosa che da fuori non si vede, ma che c'è. E' qui. Ma non la vedi. Di fatto non è incapace di provare sentimenti, è solo incapace di mostrarli - però cì sono. Sono un nodo, quì - da qualche parte. Un nodo ignorato, oramai - da chissà quanto tempo. E 'io sono questa' - sono la ragazza che hai buttato giù. Sono quella che t'ha insegnato le prime linee per esser uno shinobi. Sono quella che vedi - esattamente quella che ti sta carezzando. Le ciglia lo sfiorano mentre come olio, lascia scorrere il chakra - e con esso il polso si muove, lo sterno torturato da quella carezza lascerebbe posto agli addominali con la punta delle dita, gli obliqui - e scende. Distrugge ogni falla, o ogni credo su cosa o come sia. Fiato lento che esce dalle labbra, disegnando quella retina proprio lungo quella mano. Ne copre il metacarpo, falangi e falangette - il palmo, dal monte alle dita. I polpastrelli. E flette il chakra al katon, ne devolve l'intera essenza - ma senza far emergere fiamme dalle dita, anzi - vi è solo una patina innocente, ma ardente, appiccicata alle dita. Lavica. < Ed io, sono questa. > Una discesa già compiuta. Come se avesse voluto tentarlo - stropicciarlo nel proprio miele. Ed appena sotto gli addominali poserebbe l'indice ed anulare - tirando una linea dal bordo - appena sotto? - dei pantaloni, all'ombelico, trascinandosi dietro la maglietta. Fosse riuscita, sentirebbe la pelle ardere. Letteralmente. Un ustione d'un rosso violento - contuso - rimanendo tanto a lungo per farglielo comprendere. Le ciglia basse si rialzerebbero, dolci tanto - da esser un risultato fallace, di quello che gli avrebbe fatto. Non lo terrebbe bloccato tra le braccia, ne costretto a rimanere - ma gli lascerebbe un ricordo: Se muoio, nella presa di Keimusho - ricordati di me. < Nessuno può flettermi. Io credo tu abbia frainteso il mio esser mite e modesta, con l'esser vuota. > ... < La differenza è che non mi condivido con chiunque e come ti ho già detto, non m'interesso a risultare simpatica. O attraente. O carina. > Educata però sì (?). Lo lascerebbe, alzando la mano dove permea un rossore vivido - languido. Come incandescente. < Non ho più voglia d'ascoltare - devo tornare all'Okiya. Domani devo partire. > Per andare dove, quando, da chi? Tiene la bocca chiusa, come se tutti questi discorsi fossero futili, così come la missione di Eryk di darle uno splendore adolescenziale. Non sarebbe più divertente, invece, cercare quelle sfacettature in quello che effettivamente è diventata? Le labbra serrate lasciano andare un sospiro - come se non avesse mai cercato di sedurlo. Come se non l'avesse mai toccato davvero. Pelle contro pelle. Ed arso con un passaggio delle dita solo per ricordargli di guardare sempre oltre la maschera - la sua. Che poi una maschera non è. Pochi passi, e se nulla lo impedisse - lo lascerebbe lì. Con tutte le sue cose in mano, ancora. E il suo elastico tra i capelli. [ck on] [se END]

22:05 Ren:
  [Pho] Edit: [Manipolazione Katon a fini narrativi]

23:20 Eryk:
  [Pho] Forse è proprio Ren stessa che si sta creando aspettative troppo alte su Eryk, come i suoi ideale di grandiosità che non sono nient’altro che vivere la sua vita come ha desiderio di farlo lui stesso senza che gli venga imposto da altri come fare o dogmi da lui non scelti. Ucciderebbe per una sigaretta in questo momento soprattutto con questi argomenti che si continuano a ripetere, di certo non esattamente leggeri. Stava per entrare pure nel ristorante quando la seimei decide di provocarlo, non tanto con i fatti che susseguono poi, ma già prima, con quelle parole pungenti e affilate come rasoi. <” Utopico?! E chi lo stabilisce? Chi mi impedisce di vivere come più desidero, questo villaggio? Quattro scemi alle mura?”> peccato che basterebbe uno di quei quattro scemi a conciarlo per le feste e sbatterlo in prigione fino a dimenticarsi il profumo della libertà. È per questo che ha iniziato tutta questa storia, è per questo che ha conosciuto Ren e ora si trova invischiato con una ragazzina, una giovane donna che ha chiaramente un carattere a suo parere contrastante. È palese agli occhi ambrati che lì c’è qualcosa come le ha fatto capire, eppure è come quando si scende in esplorazione troppo a fondo e ci si ricorda di nuotare in superficie, in debito di ossigeno, annaspando alla disperata ricerca di aria, con i polmoni che si stringono a spremerne il più possibile per non affogare. In quella situazione una mano protesa è necessaria e lui che è stato esattamente dove è stata Ren, sa cosa si prova. Non fiata quando sente quell’abbraccio alle proprie spalle, perché dovrebbe? Il corpo ancora acerbo della rossa ha già avuto modo di sentirlo a contatto già in precedenza quando quella maglietta non si frapponeva tra i due, quando le fibre cutanee bramavano quelle altrui al punto da ribaltarla e salirle sopra solo per bloccarla sotto di se, in quell’impeto e riflesso automatico che fino ad adesso ha ancora in testa. Quelle mani così piccole vanno per la prima volta a cercarne il corpo, con le dita così fragili che scavano tra quelle curve del costato del corvino e lo sterno, passando poi sullo stomaco comunque rigido per quell’addome muscoloso e insinuarsi appena sotto la banda di quei pantaloncini di allenamento. È abbastanza maturo da non reagire a una provocazione del genere, di questo livello e capisce esattamente che cosa vuol dire quando le dice di essere sia questa, che secondi più tardi la versione che lo brucia. Stringe i denti ma non dice nulla, la lascia fare anche se la pelle brucia e si sente un rumore così acuto e sgradevole da far venire il voltastomaco, l’unico minimo sollievo è appunto la pioggia fredda ma neanche tanto dato che la cute ora era sensibile per il tocco incandescente che non si aspettava. Gli scappa solo un verso, una specie di ruggito a denti serrati per il dolore mentre le sopracciglia folte si aggrottano in una smorfia, con rughe di espressione ai lati del naso che lei comunque non può vedere. <” Pensavo che non mi avessi bruciato le ali. “> le dice di rimando, facendo una chiara illusione a ciò che gli ha detto in precedenza con quel tono quasi offeso quando l’aveva chiamata in causa riguardo i propri ideali. Come non salta a conclusioni quando viene avvelenato, non lo fa neanche adesso, soprattutto con l’ultima frase, quelle tre parole che Ren non doveva farsi scappare in sua presenza. Dove andava? È in pericolo? Perché quel segno di ustione così all’improvviso? Domande che nascono e rimangono nella testa fredda e calcolatrice del Doku mentre la ascolta e solo una risposta gli viene in mente. <” Nessuno, tranne te. “> già proprio perché il problema potrebbe essere questo con la giovane donna o almeno è la prima cosa che gli è balenata in testa e che le ha chiesto ancora prima delle nozioni che gli doveva dare, perché tutti quei titoli e quelle responsabilità? Come se ci avesse visto lungo e la sua abilità innata non sia relativa al veleno ma essere tossico, in un'altra maniera, toccando i tasti più dolenti di ogni persona, dopotutto la verità può far spesso male e si cerca di fuggire da essa se non la si vuole accettare. Una visione che il Doku ormai si è fatto della Seimei e che difficilmente si riesce a levare di dosso, lentamente, ad ogni interazione, sempre più confermata. Quando si allontana così, senza dire niente, con la promessa che gli ha fatto relativa all’esame prossimo e all’orizzonte, non resiste. Se fosse questa l’ultima volta che la vede? Va davvero bene lasciare tutto così com’è? Con quella situazione precedente lasciata incompiuta, con quei centimetri che li separavano e che sembravano non dovessero esserci tra le labbra dei due. Le lascia fare giusto quei due passi che lei in precedenza aveva fatto per azzerare la distanza, riportandola nuovamente a zero, destro e sinistro a seguirsi rapidi, abusando delle lunghe falcate dell’uomo alto centonovantadue centimetri. La mano sinistra andrebbe ad afferrare il polso sinistro di Ren, tentando quindi di tirarla indietro, a se tra quelle braccia così grandi, facendola girare nella sua direzione per guardarsi. La mano destra invece cercherebbe di scivolare come un serpente lungo la schiena della rossa, seguendo la spina dorsale fino ad arrivare proprio oltre la nuca. Quelle dita enormi si infilerebbero tra le ciocche di capelli, così morbidi e setosi proprio per afferrarla fermamente da li e tirarle indietro appena la testa in modo da far si che guardi in su, verso l’alto, verso quel viso dai lineamenti così marcati e virili, verso quella pelle color caramello che si fa sempre più vicina fino a portare nuovamente la fronte contro quella minuta e pallida della diciottenne, e questa volta invece, la mandibola e la mascella sono portate in avanti a sigillare quel contatto, quel bacio che era rimasto in canna attimi precedenti, a rubargliene uno. Qualora non avesse opposto resistenza ovviamente quel bacio si sarebbe proteso in uno più romantico, passionale, bagnato con le appendici rosee che dovrebbero danzare un lento diretto da quella dell’uomo più grande di lei. Attimi, secondi che sembrano un eternità. Si separerebbe da lei con ancora qualche filo di quel cocktail di saliva tra i due a bagnargli il labbro carnoso inferiore per poi lasciarle capelli e polso per dirle un semplice. <” Torna. “> come se capisse la situazione, egoisticamente prendendola tra le sue braccia per fare esattamente quello che le ha promesso: darle emozioni che possa fare sue e per far si che lei stessa mantenga la promessa che gli ha fatto.

01:00 Ren:
  [Pho] E mentre le dita si spengono, come tizzoni ardenti - mentre il vento le scivola addosso, così come la pioggia, si rilega alle sue parole lasciando uscire un fiato mite dalle labbra. Quei pochi passi lignei - le dita distese, unghie corte e curate. < Mai. > E la mimetica decora quella boccuccia ricalcando la parola con una pesantezza esasperante. Mai gli brucerebbe le ali - mai le tarperebbe, mai gli direbbe di non cercare la propria libertà a suo modo, in qualsiasi modo, che non sia al suo fianco. Non adesso che si sta giocando a scacchi una partita con il senno e con la ragione, risultando pronta a far fuoco per spianarsi la strada e per spianarla a chi, come Eryk, sta cercando qualcosa. Ricorda bene l'ultimo paragrafo scritto nel Noctis, ricorda bene ogni momento passato a piangere in cerca di uno spiffero d'aria dalle mani che la vita, le aveva messo al collo. Ed è rimasta violacea. E' rimasta con il capo sotto il bacino dell'acqua perchè nell'acqua ora, è l'unico modo in cui ha imparato a respirare. Assurdo come alcuni di noi si costruiscano attorno una gabbia dorata, impanicandosi per la libertà. E la sua, di libertà, è qualcosa che solo adesso ha imparato ad apprezzare. A visionare. Assaggiare il potere e le vie più disparate che la vita ti mette davanti, non sempre risulta così decisivo come vorremmo. E' su un bivio. Il desiderio che la spinge a voler vederlo libero - ed il desiderio di vederlo combattere al suo fianco, alla sua stessa causa. Le falangi chiuse a pugno premono contro il monte, rilassando il braccio lungo la minuta fiancata. < Mai ti strapperei le ali. Voglio solo che impari. > Ad avere più senno. Ad esser più chiuso, se necessario - perchè chiunque altro avrebbe potuto fraintendere. Avrebbe potuto vederlo come una futura minaccia per il villaggio, e solo Dio sa' - per l'alleanza intera? Ad esser più accorto con chi parla, e di cosa parla - o dove va, e per quale motivo. Le ciglia hanno un battito, lascia che l'iride si celi per un istante per poi ricercarlo, invaghirsene - consolarlo. Come se volesse dirgli 'seguimi' - o forse un 'stammi lontano'? Non riesce a capacitarsene per prima, probabilmente. Non è lui ad esser egoista - è la conformazione umana. Chi di noi, riuscirebbe a lasciar andare qualcosa così facilmente, se quel qualcosa la fa stare bene? Se si prende cura di te. Se ti scalda le giornate? Tira su con il naso, tutto arrossato, passandosi il dorso del polso sulla gota nel tentativo di proseguire con le parole. Un uroboro di pensieri che la cristallizza, lascia di lei l'alone frastagliato di una bambina che non ha ben in mente cosa voglia, piena d'adorabili efelidi. Un broncio perenne sul muso. Le sopracciglia aggrottate. < Voglio solo che non t'avvicini al sole. > Se le tue ali sono cera, ed ami volar così tanto sul profilo del mare - non avvicinarti al sole, o sarà finita. Vorrebbe solo vederlo fiorire, come avrebbe potuto fiorire lei se solo fosse stata più forte. Se solo non fosse stata una martire. E se è voltata in direzione del linciaggio, sapendosi tutto - ma non un grande talento tra le kunoichi, è proprio per le persone come Eryk. E' proprio per chi cerca questa libertà disperatamente, per far nulla che non sia vivere. Non per gli anarchici. Non per chi è elemento di chaos. Non per chi vuole potere, o soldi. E mentre affoga nell'idea di vederlo dar la sua dipartita, si trova a boccheggiare. Ribollire. Il fiato lievemente più corto cerca conforto il labbra schiuse. Il movimento dell'altro è tanto preciso, quanto più lento dei suoi occhi e delle sue braccia. Se solo avesse atteso meno. Se solo fosse stata più tranquilla, o drasticamente più agitata. Se solo non fosse Ren. La mano opposta si leverebbe, senza imposizioni muscolati porrebbe il palmo ad unico ostacolo tra le labbra. Il palmo contro quelle della salamandra, ed il metacarpo contro quelle rossastre della Seimei. Un piccolo separè. Espira dalle narici, sollevando gli occhi di piombo ad infilarsi nelle dorate - negandosi. Un automatismo. O forse è solo voglia di fargli la guerra. < ... > Un bacio? Davvero pensi che un bacio la spingerebbe a tornare? Ad una donna senza cuore? Nelle sue braccia carne calda - e le ciocche umide tra quelle dita che s'arricciano, si gonfiano, si lasciano schiacciare. E solo una mano ad interrompere un momento, che sappiamo entrambi rimarrà qui, tra questi vicoli bui e silenziosi. Se solo ci fosse solo Eryk. < No. > E' un soffio di voce che le si appiccica alle labbra, mentre cercherebbe di farsi indietro prima con il collo, poi con il resto del busto. Ha sbagliato, non sa' comportarsi, quante verità e falle nelle linee di questa donna. Eppure, giocando sporco, issa le mani mostrando una resa. E mostrando la facciata peggiore della sua medaglia: anche io, so' esser perfida, ed egoista. < Ho un uomo da cui tornare, Eryk. > ... < Non posso. > E lo ricorda bene, dannatamente bene - quanto avrebbe fatto male all'Uchiha. Quanto gli ha fatto male sapere di Itsuki, prima di tutto questo. Sfilerebbe come olio dalle sue mani, un passo - ed un altro - e non si veste d'arroganza, ne' di toni pungenti, ma della solita faccia. La stessa faccia con cui l'attimo prima gli ha detto di non volergli bruciare le ali. Candore. Lo stesso candore che si vedrebbe addosso ad una bambina che ruba il giocattolo di qualche compagnetto di classe. Dal sipario pallido lo osserva, ricalca i movimenti - le espressioni, domandandosi se a lei avrebbe fatto piacere. Se invece dovrebbe. Se è sensato. Ma finisce per aggrottare le ciglia, scansando la visuale lateralmente. Pungola con le plumbee l'entrata dietro le spalle della salamandra, come se avesse qualche colpa da scaricargli addosso. No, nessuna colpa alla porta. Nessuna colpa nemmeno ad Eryk, che è tanto libertino da fare sempre e comunque quello che gli passa per la testa. Nessuna colpa nemmeno a lei, che ora si sarebbe ripresa nella sua zona di comfort. E allora com'è che si sente sempre così a disagio? Così in adatta. Schiude le labbra, ma non ne esce mezzo fiato; prometter di tornare da una guerra sarebbe utopico, mentre la visione reale dei fatti è il provarci, per lo meno. Provo a rimanere in piedi. Provo a uscirne vincitrice. Provo a tornare a casa. E allora a quelle parole, sfrega le dita sbeccando mezzo sorriso su quel bocciolo vellutato e gonfio: Torna? Staremo a vedere. E le gambette finirebbero per muoversi, senza lasciar andare un solo verbo. In direzione dell'Okiya. [ck on][men - agi 100]

01:31 Eryk:
  [Pho] La ascolta e tuttavia ignora quelle parole in quanto non hanno importanza e forse con il suo volerlo proteggere è appunto come strappargli via le ali e fare in modo che sia lui a trovare la sua strada, anche se lui a quanto pare nella mente della seimei, rappresenterebbe una forma di figura ideale, un simbolo per tutto ciò che sta facendo della quale Eryk non ne sa assolutamente nulla dato che non leggerà il Noctis se non tra qualche giorno quando apprenderà l’ultima tecnica che gli manca prima di richiedere l’esame Genin in accademia. Viene bloccato dalla mano della Seimei ed è giusto così, è come deve essere, è l’ordine naturale delle cose, un capriccio che gli viene negato, un tentativo di dare una ragione a quella persona di tornare a casa dopotutto per ottenere la propria ricompensa, la propria promessa alla quale lui si stava anche aggrappando. Sente quel palmo morbido che non è più caldo come prima, proprio a intenzione di non ferirlo evidentemente anche se ciò che ha fatto, alla luce di ciò che le ha detto, è moralmente sbagliato di fatti. Si sposta indietro col busto, separandosi dalla sua figura per poi sorridere e portare la mano mancina a dare un buffetto su quel naso lentigginoso. <” E allora vedi di tornare per lui! “> le risponde onestamente compiaciuto. Forse dovrebbe esserne amareggiato, forse dispiaciuto, e invece quella notizia di sapere che c’è una persona che tiene a quella ragazza lo compiace, come se non fosse solo in quella crociata personale che ha intrapreso con il passato dei due così simili eppure con un presente così diverso. La guarda andare via, non potendo minimamente fermarla ora che corre a più non posso, non ora, non con così poche nozioni e allenamento. E così, in quella nottata di allenamenti che ha dato vita ad altri risvolti, si ritrova solo un'altra volta, probabilmente in pensiero come un padre quando i figli piccoli escono per la prima volta e li aspetta svegli al rientro per assicurarsi di come stiano. Gli rimane solo un elastico per capelli, il suo borsone che non si è mai ripresa e quella sensazione morbida sulle labbra del palmo della rossa. Infila le mani in tasca, ormai fradicio e con un ustione sul ventre da far curare con qualche unguento mentre si incammina in direzione del dojo, ormai vuoto. [END]

Dopo l'allenamento e la lezione, Ren e Eryk si trovano a destreggiarsi tra situazioni atipiche e l'impulso must protecc di Eryk su Ren.

Sudati il giusto, sotto la pioggia, si avviano da Pho & Gyoza, un adorabile baracchino aperto 24/7 poco oltre il ponte tenchi verso la periferia. Qui parte un diverbio sull'essere di Ren e l'esser libertino del Doku. Si instaura un affetto candido tra i due, in collisione diretta con quello che invece si dicono le loro bocche (e quello che non si dicono, coff).

La partenza di Ren per la guerra di Oto porterà inevitabilmente Eryk a cercare, successivamente - Beto al Tempio della Cascata, in cerca della libertà a cui lui tanto anela. Spunti futuri di avvicinamento alla Yugure e al progetto in generale, o al Noctis.



(Stava per scappar il bacio, ma questi son dettagli. Maledetto Eryk. Io direi ban per esser troppo manzo. Fate voi.)