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"Non puoi dire ad uno specchio di non riflettere, Nee-chan."

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con Hanabi, Itsuki

Stanza Creata: Stanza di Hanabi.

22:25 Hanabi:
  [Letto] E’ stanca. Dannatamente stanca. Quanti giorni saranno che quel dannatissimo di Kioshi l’ha costretta alle ronde? Quanti turni saranno che non riesce più a defilarsela velocemente senza trovarsi qualcuno di troppo forte per essere evitato alle calcagna? Troppi. O almeno, troppi per la sua sottile soglia della sopportazione. In realtà, è da quel giorno. Da quel dannatissimo, fottutissimo giorno <… mpfffh > uno sbuffo infastidito a fuoriuscire dalle labbra sottili. I piedi scalzi a susseguirsi sul pregiato pavimento della stanza designatale nel Dojo Uchiha conducendola fino ad un letto matrimoniale dalla spalliera squadrata, ornato di lenzuola di raso nere piuttosto costose. Un fluido movimento con cui andrebbe a sedersi sul materasso, i gomiti a venir poggiati sulle ginocchia. Veloci immagini a susseguirsi nella sua mente. Il promontorio delle Vibrazioni. Il fuoco ad arderle nelle vene. Quel ragazzino dai capelli neri prossimo alle proprie labbra. Un velo nero a coprirle la ragione. Raiton. Le urla della ragazza Uchiha. Di nuovo quella sensazione di estraniamento. La voce di suo Fratello. Eiji. Il suo collo tra le proprie mani. Rabbia. Odio. < TSK > entrambe le mani vengono portate al volto, nascondendo quei lineamenti così identici a suo Fratello da causare malessere. Le dita a premere sulla candida pelle. Capelli corvini umidi e sciolti a ricaderle in quell’irregolarissime ciocche come rivoli di tenebre sulla chiarissima carnagione. Indosso nient’altro che l’intimo coperto da un’anonima maglietta oversize nera riportante lo stemma Uchiha a coprirla fino a metà coscia. < …. Cosa dovrei fare > mormora. Un bisbigliare solitario, le dita che in un che di vagamente tremante vanno a massaggiarsi gli occhi dal taglio sottile scuriti da recenti occhiaie. “Avrei dovuto ucciderlo”. Quel pensiero ad avvelenarle l’animo. “Perché cazzo non l’ho fatto” le mani a scorrere via dal proprio volto, segnando tenui solchi rossi sul volto. Un altro movimento, un fruscio di tessuto, ed il fisico snello e allenato è ora accovacciato sul letto in posizione fetale. Una posizione così vulnerabile all’apparenza, infantile quasi in quel braccio piegato ad angolo sotto il cuscino che vedrebbe il gemello portare una mano delicatamente richiusa dinnanzi alle labbra. < …Dovrei parlarne con Ekazu. O con Furaya…> la voce non è che un sussurro, quasi verbalizzando potesse parlare a sé stessa e ascoltarsi < … Non posso continuare così. > la mano dinnanzi alle labbra a chiudersi con maggiore forza. “Non mi so controllare. Non riesco a gestirmi. Guarda l’ultima volta…” altri flash. Le labbra di Sasuke a sfiorarle le orecchie insinuandole dubbi, le sue mani a guidare le proprie come una bambina a cui si insegna a scrivere nelle più atroci azioni bloccate appena in tempo. “Perché continuo a vederlo. Perché continuo a sentirlo…” gli occhietti che vengono chiusi, serrati. Un lungo respiro. “Perché non riesco a togliermelo dalla testa. Perché gli permetto ancora di farmi questo.” i dentini a venir digrignati. “Non devo permetterglielo. Lui non esiste più. Lui. È. MORTO.” Un mantra. Un respiro più lungo e pesante, la stanchezza ad avvolgerla. “Devo parlarne con Ekazu… Non devo chiudermi di nuovo” i pensieri a rallentare, zampilli di immagini dall’inconscio ad insinuarsi nei flussi razionali. “… Non… devo…” la corrente di pensiero inizia a spezzarsi, corrotta sempre più dall’ingresso nel mondo onirico. È stanca, dannatamente stanca. Le gambe sono ora pesanti, cosi come il proprio corpo “… È… morto…” ed infine, buio. Un sonno profondo, rapido. Le tenebre più neutre e impassibili ad avvolgerla nella loro quiete. Il respiro si regolarizza, il pugnetto a rilassarsi, i muscoli a distendersi. Che si aprano le danze. {Chakra OFF}

Si dice che il passato è passato e dovrebbe essere lasciato lì dov'è, non può nuocerci, a meno che non veniamo costretti agli eventi del presente a percorrere a ritroso la propria vita, che siano lunghe riflessioni o che siano invece brevi frammenti che come lampi e saette guizzano alla nostra mente costringendoci a soffrire, a disotterrare quello che era stato seppellito con tanta fatica. Sia questo amore, odio, pentimento, rimorso o chissà che altro. Il sonno coglie senza troppa fatica l'Uchiha e di lì a poco finisce nella morsa del proprio subconscio, lì dove tutto è fintamente reale da doversi convincere che sia il contrario, anche se forse, si è in grado di rendersi conto che era solo un sogno, soltanto quando quello finisce. Che si resti con l'amaro in bocca o si ringrazi di essersi svegliati, beh, dipende solo dai punti di vista, quando tutto svanisce. L'aria è un pò più pungente e vagamente umida, potrebbe percepire il pizzicare di una brezza sulla propria pelle, lei, assieme a delle specifiche parole che fuoriescono da una voce in penombra < Svegliati, bambolina. > tono solenne ma allo stesso tempo languido che scivola dalle labbra di quella figura che appartiene ad una figura ben conosciuta dalla Pura, la quale, potrà vederne al meglio solo la metà inferiore, dato che un'ombra diagonale si staglia sulla figura dagli occhi scuri, dalla spalla sinistra di lui sino a quasi alla vita, dall'altro lato. Lui è seduto su di un trono, è il trono della Tana degli Eredi di Manda e l'atmosfera è ovviamente quella di ritrovarsi in una grande caverna, l'area principale è circolare e non vi è molto di più che il trono e delle fiaccole sulle mura. A pochi metri da lì dove lui è seduto, giace sul letto in nero Hanabi stessa, le parole dovrebbero andare come fiele insolitamente a sfiorargli le orecchie, permettendoli poi di continuare, a lui, tempo che lei realizzi, mentre lui sembra avere tutto il tempo del mondo, la mancina accoglie il viso, la testa di lato poggiata sulle nocche di quella mano che svetta dal suo essere sorretta dal gomito puntato su di un bracciolo in pietra, mentre la dritta cade pigra dall'altro lato < Cercavi qualcuno con cui parlare no? Chi meglio del sangue del tuo sangue? > ridacchia mentre si sistema in quella sua posa pigra e disinteressata, le spalle del tutto abbandonate sullo schienale, il bacino come scivolato un po più avanti del normale, le gambe incrociate con quei neri pantaloni sotto al viola, l'obi stretto che tiene fermo il tutto e più sopra c'è quella maglietta di un grigio chiaro appena aperta all'altezza del petto, nonostante tutto sia già perso nel buio e vi è solo il bianco degli occhi a rilucere lievemente grazie alla pallida luce lunare che filtra dalle aperture della caverna, atte a portare quel minimo di aria e di luce in più di quella delle torce. Non svanisce quel sogghigno adombrato dal viso, la osserva dal suo posto e pone soltanto un'espressione di sufficienza, stufo in un certo senso nonostante abbiano solo incominciato < Mmh... Perchè.. Perchè.. Quanti perchè Hanabi, un tempo eri più impulsiva, non è che ti stai ammorbidendo? > parole che escono come al solito pungenti dopo quel mugolio, parole che scivolano come se fossero pregne di veleno, di un misto di odio e amore al quale, lui sà che lei non può resistere. E chi potrebbe riprodurre meglio Sasuke se non il subconscio e la mente - ed indubbiamente anche il corpo - se non Hanabi stessa? Tamburella con le dita un paio di volte sulla nuda roccia attendendo le di lei reazioni e le sue parole, vuole vedere quei dentini scoprirsi in quel filo di sgomento per poi diventare il solito spavaldo ghigno ferino, vuole lasciarle realizzare il tutto, ma allo steso tempo quasi non riesce a non concedersi quel che sembra quasi un tono affettuoso, già, a volte dava la sensazione di comportarsi come un vero e proprio fratello maggiore, ma era solo una fottuta maschera perversa della quale nemmeno lui se ne rendeva conto di preciso, visto che dopo la straziava e seviziava < Ah.. Ma guardati, con quella maglietta che è il doppio di te.. Sei deliziosa.. > un rinnovato ridacchiare, un che di malizioso e diabolico che propende sempre di più verso le note cupe e gutturali miste ad un che di effettivamente divertito, quasi come se la sua bambolina gli stesse mostrando uno dei suoi nuovi vestiti. Insomma, per quanto quella sia la mente di Hanabi, è il suo mondo, non quello della Mora, bensì, quello di Sasuke Uchiha. { Ambient per Hanabi }

23:34 Hanabi:
  [Sogno] Quiete. Silenzio. Buio. Pace. Questo è ciò che ora sembra circondare la Pura. Il petto che si alza e abbassa regolarmente smuovendo appena il leggero tessuto della maglia, le morbide labbra sottili schiuse in quell’apparente vulnerabilità. Un’espressione innocente, docile, infantile quasi su quei lineamenti solitamente tinti di un’oscurità ereditata. Finalmente ha trovato pace. Finalmente sembra essere libera dai suoi pensieri. Ma a volte, il destino non è così clemente come sembra. A volte, persino il proprio inconscio sembra aver desiderio di mostrarci un qualcosa che non vorremmo mai vedere. “Svegliati, bambolina”. Una voce familiare, melodiosa e affascinante in quel timbro oscuro e demoniaco a richiamarla da quel buio in cui si era rifugiata. La fronte si aggrotta reagendo quasi istintivamente a quel richiamo da cui a quanto pare la propria mente non ha mai saputo sottrarsi. Brevi secondi, gli occhietti dal taglio affilato ornati di volte ciglia a venir schiusi debolmente, appena accigliati. È li, rannicchiata in quella posa surrealmente innocente, le nude cosce raccolte al petto. Uno, due istanti. Le pupille ad adattarsi a quella debole illuminazione. Torce. Pietra. Umidità. Quel luogo. Quella voce. Quella voce? Sono attimi che potrebbero dilatarsi in eternità. Una veloce quanto lenta consapevolezza come un rivolo di gelido veleno ad irrorarsi nel suo stomaco, intossicandone le carni. QUELLA VOCE. Ogni muscolo sembra reagire irrigidendosi all’istante in quell’istinto legato solo e soltanto a quella fottutissima voce. E nello stesso istanti, gli occhietti grigi ad inquadrare lui. LUI. Nella penombra di quel trono, così stravaccato eppure elegante in ogni suo gesto che trasuda arroganza e potere in quella nauseante similitudine con sé stessa. Lo stomaco ha uno spasmo, si contorce quasi a far male <!!!!> Uno scatto, il busto che verrebbe rialzato sostenuto da entrambe le mani sul materasso, i capelli a ricaderle disordinati sul musetto. Musetto su cui all’improvviso passerebbero un tripudio di emozioni in contrasto le une con le altre. Paura. Incredulità. Odio. Furia. Il respiro si accorcia, quasi la cassa toracica non riuscisse a contenere abbastanza aria < TU > ringhia, la voce è rauca, soffocata da una tensione indescrivibile, da un sentimento di odio che forse mai nella propria vita riuscirà più a replicare. No, non arriva quella voce della ragione a suggerirle l’impossibilità di quella situazione. Non vi è alcun appiglio razionale in quel mondo onirico. Vi sono solo loro. Di nuovo uno di fronte all’altra, quasi coetanei, dopo 16 anni. < COSA…. CAZZO… > ansima, le parole a uscire a fatica dietro quel ringhiare palese a cui lui tanto ambiva. La conosce, la conosce così bene da poterla leggere come un libro aperto < ... VUOI > una gamba a scivolare giù dal letto, il piede nudo a sfiorare il gelido terreno, l’altra a far leva sul ginocchio piegato. La schiena in avanti a seguire quel movimento ferino portando una mano tra le gambe inevitabilmente divaricate, quasi un predatore che si assesta per l’attacco. E i suoi occhi grigi, non sono che per lui. Per i suoi occhi nascosti dall’oscurità, per il suo ghigno malizioso a sfotterla con la sua sola esistenza. < QUANTE CAZZO DI VOLTE… > solo i Kami sanno la furia presente in quel timbro, in quegli occhi che trasudano il più profondo caos < DEVO RIPERTERTI > entrambi i piedi poggiano ora a terra, mentre con quella stessa lentezza preparatoria farebbe ora per alzarsi. Bella. Dannatamente bella nonostante quella maglietta fuori scala. Quei capelli sciolti e arruffati a donarle quel fascino vagamente selvaggio, quel volto furente, quel petto ad alzarsi ed abbassarsi velocemente in preda al totale caos < DI SPARIRE DALLA MIA VISTA > la mano destra a venir distesa. Il chakra raiton a venir richiamato con la facilità che solo un sogno permette, scorrendo lungo il keirakukei fino a raggiungere il palmo della pura. Veloci sfrigolii di energia blu a fischiare nell’accumularsi di chakra sulla sua mano, la sinistra a trattenere il polso < MUORI > un urlo con il quale tenterebbe di lanciarsi contro di lui alla massima velocità, annullando le distanze. Tenterebbe di caricare un vero e proprio chidori verso lo stomaco di suo Fratello, nel tentativo di trapassarlo da parte a parte senza la minima esitazione. Puro impulso. Puro odio.

I nervi che si tendono sul viso di lei ed i lineamenti che si fanno contratti, il timbro vocale che va ad inasprirsi e a diventar furente nei suoi confronti, pur melodia quel di lei adirarsi ed abbandonarsi all'istinto andando sin da subito a ringhiare, parole d'amore quelle che gli vengono rivolte, secondo lui < Oh.. Ora si che ti riconosco.. Continua, ti prego. > gli dice poco dopo che lei avrebbe portato quella gamba a toccar la pietra della Tana, mentre quasi si può veder il bagliore, il contorno di quel ghigno altezzoso e sprezzante, la noncuranza che quell'individuo ha sempre posto nei confronti di qualunque regola o imposizione, la costante convinzione di ritenersi al di sopra di tutto e di tutti. Una sfacciataggine innata che veramente lo porterebbe ad adorare ogni di lei gesto, la osserva e le bianche perle si perdono dietro all'afferrare del labbro inferiore da parte dei canini di destra, insomma, non aspettava altro. La mano di lei si tende e rapidamente il Raiton andrebbe a pervadere la di lei destra mentre la mancina la tiene ferma, in quel mantenere lo stridere al suo posto, il voler colpire in maniera diretta e precisa senza che nulla venga lasciato al caso < Ti piace proprio quella mia tecnica eh? Ultimamente la usi senza manco rendertene conto.. > ed ha a malapena il tempo di sogghignare che lei sarebbe già addosso alla sua figura, pochi istanti nel quale il viso del Puro viene illuminato dal crepitio del Chidori mostrando quell'espressione dannatamente divertita, un sadismo misto a noia che gli stroce le labbra snudando le fauci, ma allo stesso tempo concede agli occhi la possibilità di rimaner piatti, atoni, affilati ed in grado di giudicare chiunque, di guardare dall'alto in basso anche l'individuo più potente delle cinque Terre Ninja. Eppure, svanisce, è un soffio, un batter d'occhio nel quale la sua figura svanisce in misto di colorate lingue di fumo o sabbia che sia, sono granelli delle tinte della sua immagine a perdersi nell'aria mentre tre Tomoe scintillano coem un marchio nell'aria, ed in un'attimo, lui sarebbe dietro, seduto al bordo del letto, le gambe incrociate con la sinistra sopra alla destra e le mani congiunte tra di loro, aggrappate al ginocchio che sovrasta l'altro, gli occhi già rossi ed appunto dipinti dal motivo delle tre nere virgole che ruotano pigramente per qualche istante < Ma dove stavi mirando, bambolina? E poi, io sono già morto, da anni oramai, eppure... > si sofferma per qualche istante andando a disgiungere le dita dalla loro morsa intersecata portando la dritta a puntarsi sul ginocchio destro per chiudersi a punto ed accogliere il suo mento, questa volta direttamente sotto la base del viso, si protende appena avanti e non si leva quell'aria da sorridente smargiasso neanche a pagarlo < In tutti questi anni non sembra tu abbia fatto grandi progressi riguardo al dimenticarmi. > direbbe come cantando di un'iniziale vittoria, oramai il suo corpo di certo non respira da giorni e giorni, ma il solo fatto di poter vivere all'interno della mente di lei, come perfetta rappresentazione fittizia di un qualcuno che non riesce a lasciare andare, oh, quello gli basta e avanza per definirsi vittorioso. La mancina di lui, intanto, si sposterebbe verso il proprio fianco, un'andare a battere in maniera invitante ed allo stesso tempo delicata, un paio di pacche che si perdono nella morbidezza delle nere lenzuola in quel languido invitarla < Avanti, vieni qui accanto al tuo fratellone e raccontami cosa c'è che non và.. > e quella stessa mano che poco fà ha smosso il nero tessuto diventa ora oggetto dello sguardo scarlatto di lui, mentre il capo ruota appunto in direzione dell'arto, lo zigomo di nuovo a poggiare sulle nocche lì a destra, alza un'indice della manca < È forse il fatto che quel Principe da quattro soldi è tornato a reclamarti? > ed è il primo punto, osserva quella prima sua teoria andando poi a discorrere in maniera relativamente rapida ponendo gli altri casi, andando a far seguire il primo dito dallo schiudersi del medio < O è forse quel ragazzo dai capelli neri che lo contiene che ti ha ricordato tanto me? Ha del talento, non trovi? Ma è solo un'imitazione... > sì, ci si sofferma un'istante in più perché qualunque volta che ne ha modo, ogni volta che gli vien posta l'occasione su di un piatto d'argento è dunque il momento giusto per aumentare il proprio ego, che sia finto o reale, è lui in tutto e per tutto e se la situazione non si pone, è semplice: se la crea. Un singolo rintocco delle corde vocali in quel tendersi degli angoli delle labbra appena più in alto, proseguendo poi dopo aver gettato la vermiglia coda degli occhi sulla Sorella, proseguendo con un tono che si fà appena più distaccato ma rimane comunque infido e crudele di sottofondo < O forse è il fatto che il tuo amichetto ha trovato con chi scopare e potrebbe abbandonarti da un momento all'altro? Mh.. chissà.. Abbiamo tanto di cui parlare, non trovi? > già, c'è l'imbarazzo della scelta e lui sembra divertirsi da morire quando rivolge il dorso della mano a lei, quella che indica le tre opzioni con indice medio e pollice, mentre il piede sollevato da terra dondola appena appena, la mancina scende andando con il polso a poggiarsi sulla caviglia e la destra accoglie il mento lasciando che le dita sottolineino il lato appunto adiacente del viso, i corvini a danzare come piume attorno al suo viso, ora illuminato come chiaramente tutto il resto della sua figura.

01:02 Hanabi:
  [Sogno] Colpirlo. Lacerarne le carni. Trapassarlo da parte a parte. Sventrarlo. Sentire le sue urla. Il suo sangue. Vedere i suoi occhi spegnersi. È tutto ciò che vuole. Tutto ciò che brama. È il suo unico obbiettivo in quel mondo che nulla avrebbe di reale. Un veloce passo succede l’altro, i capelli smossi dall’energia di quel tra le sue mani. Ma come a rallentatore, le di lui parole la raggiungono. “Ti piace proprio quella mia tecnica eh? Ultimamente la usi senza manco rendertene conto…“ una ferita al petto, un gelido coltello a infilzarle le carni proprio mentre quel colpo sfrigolante, in quei sibili di energia simili ai falchi da cui prende il nome, sembra andare a vuoto. È vero. La sta usando spesso. Troppo spesso. Quante volte si è ritrovata quel raiton tra le mani senza aver avuto il minimo controllo? Quante volte ha sentito quella stessa risatina a deriderla nella sua testa? È stata impotente. È impotente. Non sa controllarsi. E cosa peggiore di tutte, lui lo sa. Lo sguardo della Pura è vuoto in questa presa di consapevolezza, mentre lingue di fumo e sabbia nere si disperdono sotto quel colpo inefficiente. “Ma dove stai mirando Bambolina” resta di spalle a lui, immobile. Il capo che viene chinato per qualche secondo, tremante di rabbia. Il braccio precedentemente ospite della tecnica a ricadere lungo il fianco. Uno due secondi, dunque ecco che andrebbe a porre il viso di taglio verso suo Fratello senza ancora voltarsi. Uno sguardo bramoso di vendetta, pregno di odio, intervallato da ciocche corvine. “In tutti questi anni non sembra tu abbia fatto grandi progressi riguardo al dimenticarmi.” Un altro coltello. Un’altra verità. Le viscere si annodano, contorcendosi sotto quel nervosismo corrotto dalla frustrazione. La voce che tremante di rabbia seppur ora lontana dall’urlare andrebbe a raggiungerlo in un sibilo pregno di odio < Illuso > mente, per quanto purtroppo non è in grado di convincere nemmeno sé stessa < Tu per me non sei mai esistito- > sibila, il busto che lentamente andrebbe a rotare verso di lui < … Ti sei sempre convinto di avere influenza, di essere importante, di avere anche solo un po’ di spazio nei miei interessi > il mento a venir sollevato con arroganza, gli occhietti grigi che andrebbero a perdersi in quei tre tomoe di lui < … Ma non sei che un’ombra…. > lo è… Hanabi? È davvero un’ombra quella voce che guida le tue azioni? Sono veramente ombre quelle mani che hanno afferrato i tuoi polsi? Non può ammetterlo. Non può riconoscerlo. Deve lottare. Deve far sì che quelle parole si avverino. Lui la invita a sedersi accanto a lei. Quel viso, quegli occhi. È bello, così bello da star male. Quello stesso fascino di cui lei è portatrice, pregno di superbia e oscurità. Un’attrazione archetipica, malata, malsana. Un’attrazione che non dovrebbe esserci, ma che le di lui labbra in movimento sembrano rimandarle in echi di un passato innominabile. Un passo, ad avvicinarsi. Non risponde all’invito, eppure, forse mossa dall’illusione di un possibile nuovo attacco, un lento e sospettoso passo verrebbe mosso in sua direzione. Attacco? O forse la di lui voce è in grado di ipnotizzarla celandosi dietro le precarie convinzioni della Pura? Non ci è dato saperlo. Le di lui dita si sollevano. Ipotesi a venir tirate in causa assecondate dalla di lui demoniaca voce. Un altro passo. “È forse il fatto che quel Principe da quattro soldi è tornato a reclamarti?” un vuoto allo stomaco. Lui sa. Sa tutto. Il passo si arresta, gli occhietti si sgranano < COME FAI A- > “O è forse quel ragazzo dai capelli neri che lo contiene che ti ha ricordato tanto me? Ha del talento, non trovi? Ma è solo un'imitazione...” la sensazione di essere nuda, vulnerabile, trasparente. Quella precaria maschera di superbia a crollare sotto la lui schiacciante verità. < … TSK- TU NON SAI NULLA… > nega, nega con tutta sé stessa tornando ora a scoprire quei dentini. Ma è chiaro quanto sia stata colta nel segno, quasi quella reazione non fosse che un’affermazione. Un nuovo passo verso di lui, il volto abbassato in un che di minaccioso. “O forse è il fatto che il tuo amichetto ha trovato con chi scopare e potrebbe abbandonarti da un momento all'altro?” Fa male. Dannatamente male. Si ferma di nuovo, praticamente davanti a lui. Il viso a tradire un nuovo sconvolgimento; Ekazu. La paura di essere abbandonata. Quel caos mal sopito a ribollire dentro di lei. Lui sa. Sa tutto. Schiude le labbra, interdetta quanto palesemente colta nel vivo, arrabbiata, eppure impotente. Esita, quasi non riuscisse a parlare, non sapesse cosa dire. < Non… Non fai altro che dire cazzate > prova a negare, ma stavolta il tentativo sarà nettamente più debole. Come nell’ultimo sogno, la di lui voce esterna verità a cui non riesce a sottrarsi. Verità che non può negarsi. Distoglierebbe lo sguardo da lui con uno scatto della testa, incapace di sostenere i di lui occhi < Tsk > un verso trattenuto tra i dentini, quindi con passi rapidi andrebbe a muoversi verso il letto, sullo stesso lato su cui è seduto Sasuke andandosi a sedere alla sua sinistra alla massima distanza da lui. Movimenti scattosi, irrequieti, di chi ha bisogno di sedersi, di isolarsi. Una mano che poggiato il gomito su un ginocchio andrebbe a tentare di sorreggersi il volto, nascondendosi dietro un finto sfregarsi nervosamente gli occhi. Ogni desiderio di attacco sembra per il momento svanito, schiacciato, soffocato dalle di lui parole < … Ti odio… > sibilerebbe con voce tremante dal nervoso da sotto quella manina. Lo odia. Lo detesta. Detesta quella sua ineluttabilità. La propria debolezza. Detesta quel suo conoscerla come nessun altro al punto di annichilirla.

Dunque, quel suo primo cenno di cedimento, quello della Pura, nell'abbandonare il braccio a ricadere lungo il fianco, quasi privo di forza, non farebbe altro che compiacere l'immagine del Fratello, il quale china appena il capo in avanti e sogghigna, adombrato in viso da quelle ciocche nere come la pece, che come piume ricadono davanti al viso mentre le spalle di lui vengono lievemente scosse da un ridacchiare annesso a quello stesso ghigno. La sua convinzione è ferrea e così come all'ora, il resistergli della Sorella sarebbe un qualcosa che lo nutre, che gli rimpolpa l'ego andando a trasformare quel di lei focoso animo in benzina per alimentare quella malvagità che lo anima, che tanto lo riconduce all'essenza di quando quel pazzo sadico era ancora in vita < Illuso io? Tu che dici che per te non sono mai esistito? Eppure ricordo molto bene il contrario... > direbbe ovviamente rialzando lo sguardo per puntarlo in direzione di lei, mentre le tomoe ruotano pigramente e la dritta di lui si porterebbe nello spacco del tessuto a coprirgli il corpo, le dita si posano sul petto che fà capolino con ben poco timore dal mezzo di quella veste, mentre il tono si fà più grave ed allo stesso tempo languido, così come il taglio degli occhi < La mia pelle contro la tua... > e mentre la mano scivola lentamente verso destra lui chiude gli occhi e solleva appena il mento, quasi getta indietro la testa seppur sono pochi gradi, mentre il labbro inferiore finisce ostaggio dei propri canini sulla destra, gli occhi si chiudono del tutto e quasi sembra inebriarsi dei ricordi che quella trasposizione onirica di lui può avere. Un lieve brivido è ciò che lo riporta alla realtà, una realtà che poi è tutto un dire visto che sostanzialmente sono nel mondo dei sogni, dove tutto è possibile e nulla è effettivamente reale, per quanto ogni cosa risulti più chiara che in una qualsiasi illusione. Poi appunto, con un'espressione di sufficienza, solleva appena un sopracciglio, andando ad accogliere quel di lei etichettarlo come un'ombra, nulla di più e nulla di meno, ma come al solito niente scalfisce quella personalità ed anzi, è come gettare altra legna da ardere in un fuoco che non si è mai spento, nonostante la vita di quell'essere si è spenta oramai anni or sono < Un'ombra dici? Hai ragione, ma sono la /tua/ di ombra e non puoi fuggire da tutto questo. > direbbe facendo saettare le iridi rossastre per la tana, tenendosi poggiato ancora con la mancina al letto, mentre la dritta si smuove aprendosi verso l'esterno, indicando con un movimento semi circolare tutto il contesto roccioso e cavernoso nel quale si trovano, andando ad indicare il sogno attuale, così come quello dell'altra volta e le stesse visioni che ogni tanto colgono la Pura, come il sentire di quella sua stessa voce adirata, nei momenti più concitati ed emotivi , finendo poi per sorridere in maniera ancora più cupa e malvagia, quando porterebbe entrambe le braccia a sostenere il busto di lui che si porge appena più indietro, lievemente obliquo, mentre permane con le gambe accavallate e continua a rincarare la dose, sempre e comunque, chiaramente in risposta al di lei alzare il tono e ad esclamare con rabbia e stupore, ancora con quella truculenta e maliziosa risata che riecheggia appena, seppur breve, tra le mura rocciose a cupola < Oh, Bambolina, io so tutto quello che sai anche tu, solo che ovviamente questo è il mio punto di vista. > e piega la testa a destra e poi a sinistra, flettendo i muscoli del collo in quel viziato rimaner comodo sui palmi contornati dalle pieghe delle nere lenzuola mentre sembra intonare un motivetto lento e spensierato, a labbra serrate, nulla di serio che possa ricondurre a qualche particolare ricordo, semplicemente lascia a lei il tempo di metabolizzare perdendosi in una qualche conformazione del soffitto, in qualche macchia minerale che non ha alcun valore e nessun interesse in quel momento, proprio come il dire di lei al quale risponderebbe < Ah, ho sempre adorato i tuoi coloriti modi di esprimerti. > ma riabbasserebbe lo sguardo al di lei avvicinarsi, un'ulteriore cenno di cedimento che lui osserverebbe in ogni passo, iin ogni singola movenza che la porta a trascinarsi quasi all'altro angolo del letto, sfranta ed allo stesso tempo nervosa a tal punto da voler evitare lì per lì un contatto visivo, permettendole di sedersi a praticamente un metro scarso da lui, lui che ora, appena più giocoso del solito, piegherebbe la testa verso di lei, alla propria sinistra, facendosi seguire dal busto come se potesse accompagnare e sospingere quelle parole nella di lei direzione, un sibilo a sua volta < Oh.. Anche io ti odio Hanabi, se intendi ciò che penso io.. Coraggio.. È l'unico modo che hai di incontrare il tuo fratellone e ti ostini a far la sostenuta? Che noia.. > direbbe lui sbuffando appena, mentre il piede sospeso dondola appena, come se fosse un ragazzino viziato che non è mai voluto crescere, nonostante in quella visione sia quanto più vicino all'essere coetaneo della sorella, mentre sul viso non sparirebbe mai e poi mai un'espressione di fondo mefistofelica, ogni sorriso che in realtà è un mimare del diavolo.

22:12 Hanabi:
  [Sogno | Letto] Nel frattempo, se vi concentrate bene, potrete distintamente sentire le urla da fangirl della player che si contorce in preda ai feels in un universo parallelo. Ma torniamo a noi. Anzi, torniamo a loro. Due gocce d’acqua gemelle, speculari, identici, legati da un destino indissolubile. Belli come la vendetta, oscuri come il loro crine in contrasto con le pallide carnagioni; quasi si potrebbe pensare vi fosse uno specchio a riflettere l’immagine della Pura, se non fosse per quelle espressioni così differenti tra vittima e carnefice. E la vittima, come tale, ora non riesce ad affrontare il suo sguardo. La destra a sfregare nervosamente la pelle del volto con un impercettibile tremore, i dentini appena scoperti in quell’espressione contratta di chi sta resistendo ad in una battaglia consapevolmente persa. Non ha lottato, eppure è stanca; una battaglia che perdura da molto più che quell’effimero mondo onirico, una battaglia che seppur celata sotto mentite spoglie di altri conflitti interiori, è sempre stata li a logorarla dall’interno. La di lui voce come un flauto demoniaco a scuoterla, richiamarla, risvegliare continuamente consapevolezze che il conscio di rifiuta anche solo di considerare. Ed è di nuovo quel richiamo a tentarla; tentare di sollevare lo sguardo grigio e perdersi in quello di lui scarlatto, abbandonarsi a quegli istinti malsani e proibiti che il passato l’ha costretta a sperimentare e di cui ora sembra essere inconsapevolmente assuefatta “Eppure ricordo moto bene il contrario…” le proprie dita affondano nella propria pelle quasi a graffiarsi, gli occhietti vengono serrati, strizzati quasi a tentare di impedire a quella voce di raggiungerla “La mia pelle contro la tua…” un inesorabile brivido a percorrerle la colonna vertebrale, la pelle ad incresparmi quasi avesse memoria propria. I loro sapori a intrecciarsi assieme ai propri respiri, la frustrazione a venir sostituita dal piacere comune in quella fusioni di corpi e gemiti, in quel loro bramarsi possessivo e malato, in quel bisogno di annichilirsi, annientarsi e al contempo essere insostituibili l’uno per l’altra. Immagini a scorrerle dietro quel viso nascosto, ineluttabili “…sono la tua ombra e non puoi fuggire da tutto questo.” Il suono di un vetro infranto < … Perché > un sibilo, il timbro basso e vellutato cosi affine a quello di lui a incrinarsi. La mano lentamente sembra perdere tensione, andando vinta dalla gravità ad abbandonare la presa sul proprio volto, lasciandolo finalmente libero. Lo guardo è stanco, vuoto. Uno sguardo arreso e ora sta cedendo a un qualcosa di più grande <… Perché sento che hai ragione > la fronte si aggrotta appena, la voce trema < Perché non faccio altro che sentire la tua voce.. > lo sguardo si inumidisce pericolosamente < …Perché ti permetto di farmi questo…> le ciocche corvine ad intervallarle il viso in un che di spettinato eppure sensuale in quel caos che rimanda accidentalmente < …Hai.. Hai sempre ragione, cazzo > il capo a venir chinato, i dentini scoperti < Continui a entrarmi nella testa, da allora. Ci sei sempre stato, SEMPRE. > una solitaria lacrima a rigarle come una perla la guancia ancora segnata dai graffi precedenti < Ho provato a distruggerti, a dimenticarti, ad annullare qualsiasi legame avessi con te distruggendo qualsiasi cosa potesse ricollegarci. Volevo essere la cosa più lontana da te, ti detestavo… eppure.. > un’altra lacrima, gli occhietti a venir riaperti mentre con una tensione indicibile il viso andrebbe a ruotare verso il Fratello, seppur ancora gli occhi rimarrebbero bassi, incapaci di incontrare quelli di lui < …Eppure mi ritrovo sempre seguire le tue orme. Eppure, giorno dopo giorno mi sembra di risentirti nelle mie parole. Ti sento al fianco, sento la tua voce che mi sussurra cose che non vorrei fare, ma che al contempo trovo sempre più allettanti… > avete idea di cosa sta facendo ora Hanabi? Avete la benché MINIMA IDEA di cosa stia succedendo? < …. Volevo uccidere quel bastardo > un riferimento al primo incontro con Eiji dopo il suo ritorno <… E tu eri li, a sussurrarmi di farlo. > il tono si spezza, rotto da un pianto che non riesce più a contenere < …E io volevo ascoltarti, ma allo stesso tempo non-> deglutisce a fatica, un ticchettio delle lacrime sulle lenzuola < … poi… poi quello stronzo ha provato ad offenderti > continua il suo ripercorrere gli incontri con Eiji. Le parole del principe ad accusare Sasuke del suo operato, il proprio cambiare improvvisamente punto di vista in una difesa inspiegata verso suo Fratello <… E io… E IO NON POTEVO PERMETTERLO. PERCHE’ CAZZO NON POTEVO PERMETTERLO!?!?! IO TI ODIO, PERCHE’ CAZZO TI HO DIFESO?!? CHE CAZZO MI STAI FACENDO!?!??!! > entrambe le mani raggiungono la propria testa chinata, afferrandosi istericamente il crine in una chiusura instabile quando il proprio tono. E no, ancora non riesce a guardarlo, schiacciata da quella verità che fuoriesce dalle proprie labbra come un fiume in piena. Una pausa, lunghi singhiozzi a impedirle di parlare nuovamente. Un minuto, forse due, dunque quei singhiozzi sembrano rarefarsi <… Sei sempre nella mia testa. Non riesco a dimenticarti. Non riesco a ignorare la tua voce…..> il tono è rotto, stanco, scurito da una cupa rassegnazione. Le mani, abbandonato il proprio capo, ricadrebbero prive di forze lungo i propri fianchi <…. E ora come ora… > lentamente il viso andrebbe a risalire. E su quel volto, all’improvviso, vi sarebbe qualcosa di diverso. Una luce nuova, in totale contrasto con la disperazione precedente. Una luce pericolosamente vicina all’insanità in quel mutare tanto rapido < … Non so più se voglio davvero ignorarti > lo sguardo che con uno scatto punterebbe gli occhi di lui in un’espressione diversa da qualsiasi altra egli abbia mai visto. Un’espressione cupa, logorata, eppure allo stesso tempo tranquilla e indagatoria. Un interruttore che sembra essere momentaneamente scattato <… O se invece non brami altro che ascoltarti.> il rintocco del destino ad ecco di quelle parole. {Chakra OFF}

Perchè? Perchè ci si deve fare così del male? Insomma, è palese il fatto che tutto cioè è distruttivo e che nulla possa lenire ferite del genere, le ferite dell'animo che ci mettono ben più tempo di quelle fisiche a guarire, sempre che si possa pensare che un giorno possano effettivamente smetter di nuocere, di rimarginarsi per svanire e non lasciar nemmeno traccia, manco delle cicatrici. E se solo il fu Jinchuuriki potesse sapere che verrà nominato a sua volta in maniera così sprezzante, se tutto ciò potesse giungere alle sue orecchie, ora come ora, sarebbe un bel casino, a dir poco, eufemisticamente parlando. Lui la osserva, non si cruccia minimamente, Sasuke, ed anzi gode del semplice far nulla in quel vederla cedere, in quel crollare della sua barriera che sostanzialmente è quanto più sottile, se non futile oramai nella sua scarsa interezza, uno sgretolarsi dell'animo che agli occhi del Fratello, che si raddrizza in quel guardarla e piegare la testa di lato, con le nere ciocche a seguirlo spostandosi da una parte all'altra < Oh.. > è il suo vocalizzo di sorpresa mista a gioia, in quel sentire probabilmente le parole che avrebbe sempre voluto sentire, parole che vanno a far sì che sul viso di lui si dipinga di un crudele sorriso, più del solito, misto alla soddisfazione che sciacqua da quei lineamenti la sorpresa, annuendo poi un paio di volte, socchiudendo gli occhi per donar ancora più rilassatezza a quel gesto, una certezza che nella sua testa è sempre stata totale, il gonfiare continuo del suo ego già smisurato < Mmmh... È quello che ho sempre voluto sentire, Bambolina, ma allo stesso tempo... Non è la ragione che cerco. > direbbe avvicinandosi intanto a lei, muovendo le mani come se fosse l'accenno di un'avvicinarsi di un predatore, come se fosse una pantera che con le sole zampe anteriori si trascina, portandosi dietro il bacino ed ovviamente le gambe che si distendono appena in quel far sì che ovviamente le lenzuola scivoli con lui, dato che non si spreca nemmeno di alzarsi se non di pochissimi centimetri. Qualche istante di pausa, la lascia riversare quel fiume di parole ritrovando sempre più piacere in quel di lei dire che lo allieta, l'espressione sempre mista tra il mefistofelico ed il malizioso ed il tono che rimane poco più di un sussurro, sin da prima, come ora e come continuerà a scorrere in questo sogno che risulta sin troppo veritiero, impossibile da sfuggirgli < Eppure, non dovevi far altro che abbandonarti alla realtà, ascoltare quello che la tua mente ed il tuo cuore si sforzavano tanto di sopprimere seguendo quella tua testarda volontà.. Ti saresti risparmiata tanta fatica e lo sforzo di combattere qualcuno che non puoi sconfiggere.. > una breve pausa, poco prima che lei vada a dirgli di quando era lì, a sussurrargli di uccidere il Kagurakaza che tanto si sforza di riaverla indietro, sussurrandogli effettivamente all'orecchio < Non /vuoi/ sconfiggere. > e ridacchia dopo averle scostato la ciocca di capelli sistemandogliela dietro all'orecchio, con la propria dritta. Quella risata risuona come rintocchi tra le corde vocali ed allo stesso tempo si perde nell'aria quasi riecheggiando, seppur lui permane con le labbra schiuse giusto un paio di centimetri < Povero Principe, stava solo cercando di dire la verità e tu mi hai difeso, quasi mi dispiace... > ma le ultime parole suonano molto più canzonatorie, mentre lui continuerebbe a giocare con la ciocca lunga che scende a lato del di lei viso, narcisista ed allo stesso tempo corrotto da quella sua somiglianza, come se stesse in un certo senso giocando con una figura femminile di se stesso, la quale non è di certo una semplice illusione ma bensì qualcuno con il suo stesso sangue, sua Sorella. Che poi non lo sapesse, ai tempi, e quando lo scoprì fu un dramma, quello è un'altra storia, anche perchè effettivamente peggiorò tutto < Cosa ti sto facendo? Io niente, tu piuttosto, cosa ti stavi facendo fino ad ora, negandomi? > e vedrebbe di scendere con quelle dita lungo il collo di lei, l'accarezza appena sfiorandola per poi andare a camminare dall'esterno dell sua spalla, con indice e pollice, verso il colletto della maglia, lì dove si inserirebbe per tirarla con un dolce strattone, intento a farla cadere delicatamente sulle di lui gambe, come se la volesse far sdraiare appunto con il busto per osservarla dall'alto, con il viso chino su di lei e le ciocche a scurire il viso < Te lo dico io cosa ti stavi facendo, Hanabi: male. > e nel frattempo lei ha avuto modo, dato il suo lento titillarla e percorrerle collo e spalla,di concedersi anche quelle ultime frasi con il tono rotto, facendo godere sempre di più quella figura di un'effettivo senso di accrescimento dell'ego, è finzione come già sappiamo, ma è un riproduzione sin troppo perfetta ed esatta di quel che era l'Uchiha, quindi, tutto funziona alla perfezione, a dovere, anche quell'essere un meraviglioso e bastardo pallone gonfiato. Bello come il diavolo. Piega appena la testa di lato, assottiglia lo sguardo e si abbassa oltre che con il collo con il busto, avvicinandosi presumibilmente al viso di lei, perpendicolare al suo, quasi inglobandola con quell'ombra che si staglia sulla donna, portando la mancina sotto il di lei mento, come a volerla costringere dolcemente a guardarla, una dolcezza demoniaca che quasi non necessiterebbe nemmeno di quel tocco, ipnotico pur senza tirare fuori quell'altro paio di occhi che lei stessa ben conosce < Dimmi cosa vuoi sentire allora... Vuoi continuare a mentire a te stessa, o finirai per accettarmi? > e le tomoe ruotano ancora con pigrizia, facendosi però poco alla volta più rapide, in quell'avvicinarsi al di lei viso sempre di più i nasi oramai a sfiorarsi e l'espressione che è a metà tra l'estasiato ed un'affilata malizia.. Diglielo Hanabi, cosa vuoi veramente?

00:33 Hanabi:
  [Sogno | Letto] < … Come potevo. > il capo è ancora basso, lontano dal di lui sguardo a quelle sue prime parole “Eppure, non dovevi far altro che abbandonarti alla realtà, ascoltare quello che la tua mente ed il tuo cuore si sforzavano tanto di sopprimere seguendo quella tua testarda volontà” < Come potevo accettare di avere TE come guida? > lui si avvicina, lento e predatorio. Nessuna fretta nei di lui movimenti, la calma di un vincitore che non ha bisogno di lottare per ottenere ciò che è già suo. E lei, che in passato al solo ridurre di un centimetro le distanze tra loro avrebbe raso al suolo l’intero paese, sbraitando e attaccando come la belva più feroce e indomabile, ora, a quei movimenti, non sembra reagire. Arresa? No, è qualcosa di più. La resa è già avvenuta nel precedente incontro in quel mondo fittizio. Ciò che sta avvenendo ora è qualcosa di molto più importante e pericoloso: sta ACCETTANDO che lui si avvicini. Sta accettando la figura di suo Fratello < … Tu. > la mano di lui la raggiungerebbe, portandole in quel fare mefistofelico una ciocca corvina dietro l’orecchio. Le sue dita a sfiorare il proprio orecchio in quel gesto. E quel contatto, quasi una scintilla tra due fuochi pronti a divampare. Un nuovo brivido, la pelle a incresparsi palesemente quasi egli tenesse ancora il totale controllo delle proprie sensazioni. Rialza lo sguardo, puntandolo in quel pigro ruotare del tre tomoe di lui < ... Tu. Quello stronzo che mi ha rovinato l’esistenza per anni. > sono vicini, più di quanto dovrebbero. Le labbra di lui la chiamano, un’attrazione che non dovrebbe esservi tra fratelli ma che sembra attirarla con una forza dettata dalla depravazione he li accomuna. Vorrebbe abbassare lo sguardo, fissarle per poi cedere a quell’istinto malsano di ghermirle con le proprie, ma non se lo permette. Rimane sui suoi occhi con quella calma oscura che non le apparteneva fino a pochi istanti prima <… Tu. Quel maledetto bastardo che mi ha tolto tutto quello che avevo. > e nel frattempo lui che continua ad accarezzarla. Quasi non gli stesse riversando contro tutto il proprio odio, quasi due amanti inclini a proferir dolcezze < Che mi ha usata. Stuprata. Annullata. Reclusa lontano da chiunque non fossi tu. > un lieve scuotere il capo delicatamente in un gesto di diniego <… Come potevo, Onii-san, ammettere a me stessa di volerti somigliare? > domanda retorica la sua, mentre egli ora ride. Quella risata demoniaca in grado di risvegliarle i più atroci ricordi. Le dita di lui a scivolare sul proprio profilo del collo mentre nel frattempo canzona Eiji. Sentimenti contrastanti. Difenderlo? Prendere le difese di quel principe caduto che in quel dire forse, non cercava che il proprio bene? < … Se preferisci > solleva le sopracciglia, amara in quei modi che tuttavia non perderebbero occasione di tirare fuori quel fuoco che nonostante tutto non sopisce mai < …la prossima volta gli do ragione > bam. Lo provoca in quel tono che nulla avrebbe di felice, ma che andrebbe a stuzzicare priva di alcun tatto quella gelosia ossessiva che caratterizzava suo Fratello, a minare quella convinzione di essere l’unico per lei in quel sadismo ereditato. Ed ecco che arriva quello strattone <!> si lascia guidare in quel cadergli gentilmente sulle gambe, i capelli corvini più lunghi di quanto egli probabilmente si ricordava, a ricadere fluenti attorno a quel viso gemello a colui che ora incombe su di lei, dall’alto. E’ bello, cosi dannatamente bello in quel narcisismo che li accomuna. Quei lineamenti identici eppure mascolini, quel sorridere così affascinante e al contempo terrificante. Lo ascolta. Ogni sua parola a incidersi nel suo animo marchiando la precedente consapevolezza; una ferita ancora fresca, instabile, indecisa. E lui, senza pietà, subito andrebbe ad insistervi. Lei è li, spiazzata, incapace di far altro che osservarlo in quella sua bellezza indescrivibile. “Dimmi cosa vuoi sentire allora... Vuoi continuare a mentire a te stessa, o finirai per accettarmi?” silenzio. Le labbra sono schiuse, incapaci di comunicare quei pensieri attualmente congelati davanti a quella scelta. Gli occhietti appaiono sperduti, surrealmente innocenti. Lui si avvicina, le ciocche corvine, vinte dalla gravità, a solleticarle la pelle del volto. Deglutisce, i nasini a sfiorarsi. Un nuovo brivido. Ma la scelta sembra essere già stata scritta. Gli occhietti che vengono chiusi per qualche istante < … Se … > si blocca, la voce secca. Gli occhietti a venir riaperti < … Se ti accetto. Cosa comporterà? > sono vicini, troppo vicini. Potrebbe sentire il di lui respiro sulle proprie labbra <… Dove mi condurrai, Onii-san…? > Già, dove andremo a finire? {//Highway to non-ritorno}{Chakra OFF}

Già... Come ci si può sottrarre a quell'essere, vivo o morto che sia? Finto o reale che possa essere? Non c'è modo, semplicemente non si può sfuggire ad una creatura - ocreazione che sia - di quel calibro, capace di sussurrare pizzicando le corde più profonde dell'animo altrui. Non che effettivamente gli siam ai interessato, è sempre stato effettivamente diplomaticamente bastardo e malizioso, non c'è che dire, ha imparato con il tempo a cavarsela anche con le parole piuttosto che con i fatti, ma con lei, PER lei, sarebbe in grado di diventare qualsiasi cosa, anche un'angelo se solo la Sorella lo volesse, seppur tutti sappiamo che quelle candide ali finirebbero per adornarsi in fretta di pece e catrame, trasformando le piume in nere lingue diaboliche, ritrascinando verso il barato anche lei, qual'ora decida mai di volersi salvare, di ricercare una purezza che per qualche assurdo motivo possa voler riversare in lui. Ma sono fantasie, sogni, così come quello che si starebbe svolgendo nella di lei mente, la psiche ed il subconscio a rispondere agli impulsi generati da una volontà e dal desiderio represso per anni < È semplice, dovevi solo lasciar che accadesse. > non dovevi attendere, non dovevi sforzarti di resistere fino al cedimento, Hanabi, avresti soltanto dovuto attendere il giungere dell'inevitabile. Purtroppo, quella figura è stato troppo per lei, questo non lo si può negare, tutto meno che un fratello, seppur lievi accenni di un'amore fraterno, nel tempo, a cozzare con la cupa ed incestuosa realtà, ci sono stati. E mentre lei lo maledice, lo insulta andando ad elencare tutto ciò che ha fatto, il male che gli ha causato, lui non farebbe altro che sorridere ed annuire con un paio di sviolinate brevissime di quelle corde vocali che suonano a labbra serrate < Mh mh... > annuisce concordando pienamente con lei, ad occhi chiusi, come a volersi ricordare di quel che furono e di quello che teoricamente non potrebbero più essere, se non in quel mondo. Non nega nulla, assolutamente, anzi aggiungerebbe quel suo tocco personale che ogni volta riesce a peggiora la situazione in maniera fascinosa < Dimentichi annichilita. > per quanto sostanzialmente sia alla base dell'annullare la personalità altrui, una crudeltà dopo un'altra, un colpo dopo l'altro (...) insomma, l'ha resa uno straccio alimentandosi di quel suo stesso fuoco che riusciva sempre a farlo bruciare a sua volta, a volerne di più, per poi elevarla tramite il dilaniare del suo spirito e della sua mente, in quella donna che è ora. La Sorella di Sasuke Uchiha. Poteva forse, a sorella di una tale mostro, venir su in maniera sana? Ah, se solo Itachi non avesse mandato tutto a puttane, pur non volendolo, forse sarebbe andato diversamente, chissà. Ma ora sono lì, dopo tuti i trascorsi ed i problemi annessi, mentre lui quasi freme a sentirsi chiamare in quel modo < Non puoi dire ad uno specchio di non riflettere, Nee-chan. > ed a sua volta, prima di quel minare della sua gelosia, andrebbe a chiamarla in quel modo facendo danzare le sillabe in maniera diabolicamente dolce, un brivido anche lungo la schiena del player, mentre poi ecco che giungono le parole di lei e quel di lui tono pacato e mefistofelico sfuma traducendo il tutto in un contrarsi delle membra, un tendersi di ogni muscolo, quelle mute reazioni che gli rifilava ogni volta in quel venir punto sul vivo come lei solo sapeva fare, in quel conoscerlo meglio di chiunque altro. Potrà sentirlo, il tocco che si fa marmoreo e statico poco prima di tirarla a sè, un mozzarsi del fiato ed uno sgranarsi delle iridi che lascerebbe spazio soltanto ad un secco < Tsk. > e poi sarebbero relativamente vicini, il giusto, ancora non troppo, cercando di risollevarsi come ogni volta dopo un di lei pungolare velenosa < Provaci, renderai tutto solo più divertente. > ma è più una minaccia che un consiglio, e quel povero Principe probabilmente non ha idea di cosa gli aspetta, mentre lo stronzo che digita prenderebbe a testare un muro (?). Lei rimane con le labbra schiuse così come lui con i suoi occhi, sono più vicini ora, troppo vicini, pericolosamente poco distanti in quel percepire l'uno il respiro a tratti irregolare dell'altro, come se quell'irregolarità fosse un domandare a gran voce cos'è che aspettano a far succedere l'ovvio. Cosa comporterà? Nilla di per se, quello sarà lei a deciderlo ed a scoprirlo, dove la condurrà invece, oh beh, l'idea è dannatamente chiara < La via della perdizione è grande abbastanza per percorrerla assieme, Nee-chan, andremo avanti mano nella mano- > una via costellata di numerose ed infinite tappe, gli carezza con il pollice della mano che l'aveva afferrata dolcemente in viso proprio sul mento, mentre la dritta si porta ad infilarsi tra il crine scuro, affonda come in un cader in un pozzo e carezza la testolina di lei che giace sulle su gambe, avvicinandosi, oramai a millimetri di distanza, sussurrando sulle di lei labbra < insieme. > e mentre noi oramai decediamo lui chiuderebbe del tutto gli occhi e si abbandonerebbe a quella nostalgia del sapore delle di lei labbra, chinandosi di quei pochissimi gradi a distanziarli, lasciando che il viso discenda ad avvolgerla con le lunghe ciocche corvine, mentre le labbra vedrebbero di poggiarsi su quelle della sorella. Un contatto ingiusto e sbagliato a priori, che però risulterà più familiare che mai, inizialmente pudico, per poi lasciar spazio alla libido e a quel che sarà- Insomma, se l'inizio della fine aveva dei punti ben precisi da dove raggiungere, delle condizioni da soddisfare, oramai ci siamo, e no, non si torna più indietro. {E n d // per or- *coff coff* }

02:32 Hanabi:
  [Sogno | Letto] Assurdo come nell’effettivo, vista forse dal punto di vista più esterno e distaccato che si possa scegliere, la relazione tra quei due fratelli possa essere considerata di viscerale e grezzo amore. Perché è vero, suo Fratello avrebbe fatto qualsiasi cosa probabilmente per averla; e di fatto, così è stato. Avrebbe sicuramente potuto essere l’angelo di cui avrebbe avuto bisogno. Oppure, poteva uccidere chiunque le avesse mostrato affetto all’infuori di lui. Avrebbe potuto proteggerla da qualsiasi male. Oppure insegnarle sin da bambina l’odio più puro, rendendola conseguentemente più forte. Ma parliamoci chiaro, per quanto molte delle situazioni sopracitati siano realmente avvenute – solamente quelle negative – ciò che muoveva l’animo del Puro non era che egoismo. Non era che bramosia di possedere e soggiogare quel fuoco indomabile. Non era che narcisismo verso quel volto cosi identico al proprio, scopertosi poi sangue del suo sangue. E guardate cosa ha creato: guardatene le conseguenze. Nulla è reale in quel luogo; la sua voce demoniaca non è che un eco nell’inconscio della Pura, non sono che ombre di un passato che oramai ha completamente corrotto l’animo di una ragazza che avrebbe potuto essere diversa. Eppure, pur di non accettare quella parte corrotta di sé, la traspone su una fittizia immagine del suo carnefice come se non le appartenesse, come se fosse effettivamente lui, ancora vivo, lì a convincerla, a guidarla. E purtroppo – o per fortuna, per la player – in quel mondo onirico così è. Reale. Presente. Li, ad incombere su di lei. “Non puoi dire ad uno specchio di non riflettere, Nee-chan.” l’ennesimo coltello a raggiungerla in una realtà dei fatti indelebile. Accusa quell’evidenza, quel loro essere speculari. Una frase che singolarmente non avrebbe nulla di crudele, ma che in quella schiettezza, raggiungerebbe una corda nel suo animo così vulnerabile da averla portata quasi al delirio in passato < … > vorrebbe rispondere, dire qualcosa, ribattere. Ma alcuna parola è in grado di fuoriuscire dalle morbide labbra della Pura. Lo guarda, persa in quei lineamenti gemelli. Nota ogni dettaglio in quel volto conosciuto quanto il proprio; e ovviamente nota quel suo irrigidirsi sotto la propria provocazione. Quel suo tendersi, quel mancare un respiro. Oh, lo ha preso stavolta, Quel pungersi reciprocamente sadico e crudele, quel volontario ferire l’altro nel punto più dolente. Identici, anche in questo < … Mi fai venire voglia di farlo…> avrebbe inclinato il capo, quasi un minacciare misto alla sensualità in quel rapporto malsano <… solo per vedere di nuovo questa espressione da figlio di puttana geloso che sei sempre stato > poi ci si chiede come siano arrivati a quel rapporto. Da dove nascesse quell’ossessione reciproca. Sono passati sedici anni, eppure esattamente come allora, quella spirale interminabile di indomabilità e bramosia, di provocazioni e sottomissioni senza risultati. Ed infatti, eccolo a incombere su di lei; vicino, vicinissimo. Quelle dannate labbra la attraggono come miele, quella voce demoniaca a terrorizzarla quando elettrizzarla. La di lui voce la raggiunge in quell'ultima promessa. Mano nella mano. Insieme. Di nuovo quel giuramento, come nell’ultimo sogno. Ma stavolta lui non scompare. Lui continua ad avvicinarsi, carezzandole i capelli; e lei, quasi un abbandonarsi definitivo ad una scelta che probabilmente le cambierà il destino, smuoverebbe le tenere labbra in un ultimo sussurro <… Che sia. > un patto a venir stretto, una firma nella propria coscienza. Lo ha accettato. Ha accettato di seguire gli istinti dettati da suo Fratello < … Insieme. > ed ecco le di lui labbra a raggiungerla. Un contatto mai dimenticato, familiare, sbagliato. Nauseante forse per chi lo guarda, ma che in quell'errore urlato riverserebbe tutta la sua malata dolcezza. Mai altre labbra hanno avuto lo stesso sapore, mai un contatto è più riuscito a farle scorrere sentimenti simili lungo la schiena. Un incastro perfetto tra le bocche gemelle, momentaneamente statico nel di lei accoglierlo senza muoversi. Ma quella stasi non sembra durare molto. Dopo alcuni secondi, quasi la rassegnazione avesse tardato a darle il coraggio di andare avanti, ecco che accoglierebbe le di lui labbra in un delicato movimento delle proprie. Andrebbe a saggiarne il nostalgico sapore in un lieve inspirare di tensione mal trattenuta; e chissà – oh, i player lo sanno – per quanto la Pura riuscirà a nascondersi quella brama di avere di più. Chissà per quanto riuscirà a convincersi di non averlo desiderato in quei suoi modi crudeli e per nulla inclini al consenso. Lasciamo che un velo nero chiuda i sipari di quell'incesto, nella vana speranza che il risveglio cancelli l’indelebile. {//END per i minoren-NOO.} {Chakra OFF}

Hanabi sogna per la seconda volta Sasuke, stavolta nella Tana degli Eredi di Manda.

Dopo i consueti convenevoli fatti di attacchi caricati e urla, Sasuke induce passivamente Hanabi ad ammettere la dolorosa verità riguardo le recenti allucinazioni: la Pura rivela infatti a suo Fratello di non riuscire a dimenticarlo e di essere ancora assuefatta da lui.

Davanti a questa realtà Sasuke porta Hanabi a verbalizzare la sua scelta di accettarlo nella sua vita, smettendo di resistere per sempre.




(//Secondo nel ciclo di sogni di Hanabi: lo scopo di questo percorso è di guidare un progressivo cambiamento del personaggio volto all'accettazione del lato di se affine a quello di suo Fratello.
GIOCATA MOLTO SIGNIFICATIVA E CON CONSEGUENZE GRAVI SUL PERSONAGGIO)