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Dodici anni dopo {Feels}

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con Hanabi, Furaya

11:12 Hanabi:
  [Confine > Albero] Non sarebbe dovuta tornare. O forse, non sarebbe dovuta fuggire, dodici anni fa? Un dilemma a cui forse nemmeno i Kami stessi sapranno mai rispondere, figuriamoci quella precaria mente in costante conflitto con i suoi demoni interiori. Pensava di averli sconfitti. Pensava di averli affrontati e sottomessi una volta per tutte in quei lunghissimi anni di solitudine e distacco; e invece è bastato tornare per trovarli li ad aspettarla. Come se nulla fosse realmente cambiato. L'ombra di suo Fratello, quasi un'oscuro velo a calare sempre più frequentemente sul tenue barlume della propria ragione: la di lui voce a subentrare nella propria coscienza in sussurri tentatori, il di lui tocco che spettrale a forzarle i movimenti approfittando dei di lei momenti di debolezza. Persino in sogno sembra raggiungerla, torturandola, lacerandone certezze e razionalità in quel perverso gioco di tentazioni verso il più oscuro oblio di follia che legava il loro perverso e malato amore, sempre che amore potesse chiamarsi. E poi, come se già questo non fosse sufficiente. Come se il proprio passato non fosse già sceso in campo a tormentarla, ecco che è rispuntato lui. Chi? ... La prima persona che abbia amato davvero; il primo amore dopo le perverse torture di suo fratello, il primo rapporto sano basato su un affetto genuino e puro, più puro del sangue che legava l'incesto precedente. Eiji Kagurakaza. L'unico uomo che l'abbia amata senza alcun fine, la prima luce dopo anni di oscurità. L'uomo che per sete di vendetta l'ha poi calpestata, abbandonata, messa da parte. L'uomo che ha dovuto uccidere, ma che quasi prendendosi gioco di lei ha deciso di sfuggire alla morte. La propria mano aveva trapassato il suo addome, il di lui sangue a macchiarle in modo indelebile le dita, i suoi occhi cremisi a spegnersi dopo la richiesta di perdonarlo; e invece, eccolo di nuovo li, giorni addietro, a farle credere di essere sopravvissuto, a farle credere di essersi pentito. Ad OSARE mostrarsi di nuovo dinnanzi a lei, a insinuare il suo proprio essere ancora in vita come se questo potesse essere anche solo lontanamente concepibile. E di fatto, non lo è. Non vuole proprio abbandonarla questo passato, e ora che può dirsi finalmente tornata quasi sembra sfotterla dell'essersi illusa. Lo sguardo della Pura è stanco, i lineamenti gemelli a suo Fratello segnati da quel tacito tormento sopito dietro profonde occhiaie. Occhiaie che come Sasuke stesso non sembrano minarne la bellezza, tutt'altro. Un fascino oscuro, maledetto ad arricchire gli occhi grigi dal taglio affilato. I corti capelli corvini, irregolari e scalati in quelle ciocche che ribelli ne tagliano gli zigomi contrastando con la carnagione, anche oggi vedono le ciocche più lunghe raccolte in una disinteressata coda bassa, quasi non fosse riuscita a tagliarle da sola come quelle frontali. Indosso la consueta uniforme da special Jounin: giubotto, larghi pantaloni da allenamento, ornati su entrambe le cosce da porta kunai e shuriken, infilati in consueti calzari ninja. No, non si veste cosi di solito: detesta qualsiasi tipo di uniforme o indizio che possa portarre alla conclusione che quella maledettissima testa calda risponda agli ordini di qualcuno. Eppure, purtroppo, qualcuno di più forte c'è sempre, e le ronde, una volta arrivata a quel grado ninja, vanno fatte. Si è salvata le prime settimane, ha evitato qualsiasi tipo di direttiva, ma alla fine il triste destino l'ha raggiunta. Non starò qui a descrivere come, ma in quel giubotto ce l'hanno infilata, mandandola in quella dannatissima e inutile ronda al confine con Konoha. Avrebbe dovuto avere anche il coprifronte, ma CHIARAMENTE, se può disubbidire in qualche modo, anche inconsciamente, dovrà farlo; e tanti cari saluti al coprifronte infilato malamente in tasca. Le braccia ciondolano lungo i fianchi in quell'avanzare altezzoso per quanto involontario; l'espressione è palesemente seccata dietro la consueta maschera di gelida impassibilità, il passo è lento e disinteressato. C'è qualcuno con lei? Avrebbe dovuto esserci. Ma questa è un'altra storia, l'importante è specificare che nessun ninja è stato maltrattato - per Hanabi -. Continua quello svogliato incedere lungo il confine, i passi che si susseguono fino a raggiungere uno dei tanti alberi che puntellano la radura che caratterizzano l'ambiente; si ferma, un muto sospiro, lo sguardo grigio ad abbassarsi in un che di infastidito con tanto di sopracciglia sollevate. Una spalla a poggiarsi sulla superficie lignea del tronco, le braccia a intrecciarsi giovando della momentanea ombra. {Chakra ON}

11:25 Furaya:
 Recarsi sulla linea di confine che divide il Paese del Fuoco da quello dell'Erba è chiaramente voluto. A seguito della missione fallita contro il Finto Dio, bisogna assicurarsi che quest'ultimo non attacchi nell'immediato. Pur avendolo ferito in maniera considerevole, possedeva ancora delle riserve, di questo è sicura. Tuttavia, potrebbe anch'egli aver bisogno di recupero come tutti gli altri Ninja? Ciò non lo renderebbe nient'altro che una persona comune, un loro pari. Altro che divinità scesa in terra per riprendersi il suo Chakra! Ispezionare il confine, l'è sembrata una buona idea pur non recandovisi da sola né delegando ad altri come avrebbe potuto fare, data la carica che ricopre in questo momento -e da quasi un anno- al Villaggio della Foglia. Ha avuto il sentore, forse buonsenso o probabilmente il tarlo nell'orecchio è causato dalla costanza del suo braccio destro, Jushan-san, che le ha ricordato quanto pericoloso possa essere il confine o, comunque, uscire da Konoha in questo momento di stallo. Ebbene, ha preferito portarsi dietro Irraka. Un segugio è meglio di chiunque altro, persino di lei, quando si tratta di cercare tracce, impronte o qualunque altro riferimento a questa fasulla divinità. Irraka è uno dei lupi più piccoli del suo patto con il Re dei Lupi. La grandezza della bestia raggiunge il metro d'altezza al garrese ed i due metri di lunghezza, con tanto di coda curva. Il pelo ha un colorito grigiastro, parecchio scuro, con due occhi color del ghiaccio che scandagliano la zona circostante restando al fianco manco dell'evocatrice. Annusa, mette a sua disposizione il naso per assicurare ai Konohani e ai membri dell'Alleanza una sicurezza in più. La Nara, invece, si limita ad alternare le inferior leve con passo cadenzato, attenta a dove poggia i sandali indossati e sollevando le iridi azzurre in direzione del confine che, ben presto, dovrebbe riuscire comunque a raggiungere. Le vesti indossate sono perlopiù dettate dalla necessità di movimento e di meno impedimento possibile. La parte superiore è formata da un tessuto rosso acceso simil kimono, con una chiusura a V sul petto che lascia sì intravedere la pelle e lo scorcio, ma evitando di sembrare provocante. Non ne trova il bisogno. I lembi sottostanti son infilati in una gonnella con una fascia elastica che ne copre la vita, d'una tonalità scura tendente al grigiastro. Le giunge sin ad altezza delle ginocchia, dotata di piccole frange che non ne limitano i movimenti. Sulle spalle, inoltre, di seta fine, v'è un haori bianco con delle maniche larghe e giungenti sin alla chiusura del gomito; dietro la schiena, ad altezza delle scapole, vi è raffigurato sia il simbolo del Villaggio della Foglia in rossiccio e quello del Clan Nara in nero subito sotto. I bordi delle maniche son circondate anch'esse di rosso, mentre è lasciato aperto sul davanti. Tramite un cinturone, vi son agganciate le due katana dalle quali difficilmente si separa, poste precisamente sul fianco sinistro. Attorno alla coscia destrorsa, v'è una tasca Porta Kunai e Shuriken con oggetti non dissimili da questi ultimi al suo interno. Sul gluteo sinistro, infine, porta anche una Tasca contenente degli oggetti utili quali tonici -sia di recupero chakra che coagulanti- e Fuda di differente genere. Avendo le braccia scoperte, sgombre persino dei vambracci metallici che solitamente userebbe nelle battaglie o nelle missioni alle quali prende parte, son visibili delle sottili cicatrici frastagliate e poste più o meno su gran parte di esse. Son talmente parte di sé che non se ne cruccia oltre. Attorno al collo, troviamo anche una fascia cremisi ed una collana recante il ventaglio degli Uchiha, sempre in bella mostra; tra i lunghi ciuffi rosei, tenuti sciolti, capeggia invece il coprifronte di Konoha. E' passato così tanto tempo che nessuno si aspetterebbe un incontro come quello che avverrà quest'oggi. Quel ciondolo... dopo tanti anni, davvero tanti anni, è ancora lì attorno al collo della giovane che, all'epoca, probabilmente, non era null'altro se non un Chunin con molte speranze e ancora pochi traumi. Quante cose son cambiate? Dovrebbe riuscire ad intravedere la sua figura, ma non a riconoscerla come vorrebbe. La Pura è sparita dalla circolazione da troppo tempo per credere che possa trattarsi di lei, deve avvicinarsi oltre. Irraka, nel mentre, appare tranquillo pur tenendo i sensi all'erta e risultando vigile. [Chakra ON | Con Irraka]

11:57 Hanabi:
  [Confine | Albero] E a proposito di passato, la Pura non ha idea della figura che da un momento all'altro entrerà nel suo campo visivo. Non può immaginarlo, non potrebbe nemmeno sognare quella figura dai rosei capelli che ha segnato il proprio passato in uno dei momento più dolorosi e al contempo felici che abbia potuto vivere. L'unica figura che abbia mai potuto considerare amica oltre ad Ekazu. La figura che l'ha aiutata a realizzare l'impossibile, ricongiungendosi al proprio passato nei quartieri Uchiha di Konoha senza che avesse alcuna garanzia della propria lealtà. Come potrebbe immaginare che LEI, una volta una semplice Chunin come lo era lei stessa, ora Hokage del Villaggio della Foglia, possa palesarsi in quel luogo disabitato regalandole forse il primo momento di luce dopo giorni di ombra? Semplicemente, non può immaginarlo. Per ora, almeno. Gli occhietti grigi fissano il suolo con quell'espressione altezzosa perennemente infastidita, quasi il mondo intero dovesse accomodarla e non lo stesse facendo, le ciocche corvine che appena smosse dal vento, disegnano tagli irregolari sulla candida carnagione. Altri secondi, i pensieri a susseguirsi distaccati dalla realtà, quando all'improvviso, una volta che la Nara sarà a portata, i propri sensi temprati dall'esperienza non la riportano bruscamente alla realtà; un secco e cadenzato suono di erba calpestata affiancato da un ritmico avanzare di un quadrupede e probabilmente il suo canide ansimare. Gli occhietti grigi tornano lucidi. Non è che un attimo: il busto si stacca bruscamente dal tronco, un piede a strusciare sul terreno assecondando la rotazione del corpo in direzione della fonte del suono. Le ginocchia appena flesse in una postura ne di attacco ne di difesa, semplicemente pronta a qualsiasi eventualità, che sia un combattimento o un rilassamento. Le mani a contrarsi appena, articolando leggermente le dita pronte a comporre eventuali sigilli; ma non sono che attimi, insignificanti secondi che a breve perderanno qualsiasi senso dinnanzi all'avvenire. Due figure dinnanzi a lei, innondate dalla luce mattutitina. Un haori bianco ornato di rosso, lunghi capelli rosati. Per un istante, il cuore sembra divenire pesante, sprofondandole in petto < .... > le pupille a stringersi. Quei capelli, quel colore così inconfondibile. Il Paese oltre quel confine. Veloci immagini a susseguirsi nei suoi pensieri. No. Non è possibile. Si sta illudendo. Quel paesaggio la suggestiona. La figura continua ad avvicinarsi. I lineamenti della Nara a farsi progressivamente più distinti < ..... ! > le labbra a schiudersi, le braccia a rilassarsi quasi all'improvviso fossero state private di qualsiasi energia. I di lei occhi ghiaccio, quei lineamenti di una bellezza che non dimenticherà mai nonostante gli anni siano trascorsi. E' vicina, sempre più vicina. E in quei metri che si riducono, si diradano anche i dubbi per quanto l'incredulità ancora non riesce a sostituirsi con la consapevolezza. "Non è possibile" un sussurro senza energie, svuotato di qualsiasi razionalità. Che sia un sogno? Una nuova illusione? Eppure non riesce a distogliere lo sguardo da lei. Un passo in avanti per poi paralizzarsi, incapace di compiere alcun gesto. Incapace di realizzare. Il petto è chiuso, soffocato in una morsa di incredula emozione. La fissa, i capelli corvini a tagliarle il viso sconvolto a discapito della consueta impassibilità < ... Fu.. Furaya...? > impossibile dire a chi lo stia chiedendo. A se stessa? Alla Nara? I secondi si dilatano, il tempo sembra fermarsi. {Chakra ON}

12:23 Furaya:
 Okay, andiamoci piano! Non riuscirebbe ad immaginare quell'incontro neanche nei propri sogni, pur desiderandolo ardentemente. Chi glielo avrebbe potuto dire? La celebre figura di Hanabi è sparita dalla circolazione ormai da più di dieci anni. Sarebbe potuta ricomparire ovunque. "Hokage", è il lupo al suo fianco a prendere la parola, poiché dotato d'essa. "Sento un odore". Non c'è neppur bisogno di dirlo, è palese. Anche gli occhi della donna hanno captato la presenza altrui, cercando di far mente locale. E' un'illusione? Impossibile. Non ci sono gli estremi per asserire che lo sia. Dovrebbe tentare il rilascio, ma a che pro? Potrebbe persino essere reale oppure un fantasma. Del resto, non ha sempre detto d'averne visto uno in vita? Certo, nel cimitero dei Traditori e tutti sappiamo a chi potesse appartenere. <Vedo.> Conferma e ribatte nei confronti di Irraka, il quale si limita a sua volta a tener lo sguardo vigile e gli occhi di ghiaccio puntati sull'Uchiha che si discosta dalla posizione occupata in antecedenza. Compie a sua volta un passo, due, tre. Pochi prima di fermarsi a contemplare, incapace di muoversi e di decidersi, restando a sua volta paralizzata dall'emozione. Dovrebbe avvicinarsi, accelerare il proprio incedere, avvicinarsi a lei e sincerarsi che si tratti della vera, della Pura Hanabi. E se fosse un nuovo clone? E se non avesse memoria di lei? Ma il suo nome pronunciato da quelle soffici carni le giunge sin all'udito. Sbarra gli occhi, schiude persino le labbra e boccheggia appena. La dritta sale a contatto col ciondolo, lo sfiora con l'ausilio dei polpastrelli, lasciando ricadere infine l'arto come se non avesse la forza necessaria a tenerlo su. <Hanabi.> Oh sì, è lei. E' senz'altro lei. Si ricorda il suo nome, la sta guardando pur essendosi fermata prima d'avanzare oltre. E se non sarà la corvina a raggiungerla, lo farà la Nara. E' diventata intraprendente ed egoista, un vero e proprio tiranno. Se vuole qualcosa se la va a prendere da sola, avvalendosi della propria forza e della necessità che la spinge. Quindi, venendo ancor seguita dal fedele quanto orgoglioso lupacchiotto dal manto grigio, compirebbe i primi passi che la porterebbero a ridurre la distanza tra le due. Una distanza che è durata dodici anni, una separazione sofferta che pare aver trovato la sua fine oggi, in questo momento, proprio adesso. <Dimmi che non è un'illusione.> Insomma, non è proprio la prima frase che diresti ad una persona che non vedi da tanto tempo, ma cosa vi aspettavate? Che avesse imparato a trattare e a dialogare con la gente? E' ben lungi dall'aver cambiato tanto se stessa. <Dimmi che sei reale.> Che non è un fantasma come gli altri, che è reale, che è lì e che... Oh, finalmente, può incontrarla ancora. Il labbro trema appena, non perché stia piangendo, ma perché sorride! Ci prova. Stende l'angolo di queste verso l'alto, cerca di mostrare appena la bianca dentatura cesellata. E tende la dritta, la stessa con la quale ha sfiorato dapprima il ciondolo, per lei sempre rimasto molto significativo. Un monito per un prossimo incontro che pare avverarsi. [Chakra ON | Con Irraka]

13:22 Hanabi:
  [Confine | Albero] Allora, calmiamoci tutti – soprattutto le player -. Il tempo sembra essersi fermato, interrotto soltando da quelle tenui e delicate carezze del vento a smuoverle le ciocche corvine sui pallidi lineamenti. E’ li, impalata, incapace di muoversi, incapace di realizzare. Quei lineamenti, quegli occhi ghiaccio a fissarla. Avete presente quando avete paura di credere a qualcosa, per paura della terribile delusione che deriverebbe dall’essersi illusi? Ecco. Gli occhi grigi sono fissi su lei, catturati dalla bellezza del di lei volto, pregno di ricordi. E Furaya, ricambia. Eccole li, l’una dinnanzi all’altra, ad eco dell’ultimo ricordo che le univa il giorno della separazione. Il giorno in cui un pezzo di entrambe è rimasto permanentemente in ognuna di loro. Diverse, più grandi, adulte, eppure mai si potrebbe dire che quella bellezza sia stata intaccata dal tempo. La stessa Hanabi è cresciuta: quei capelli corvini sono ad oggi più lunghi, le forme una volta acerbe sono fiorite sull’esile corpo pur sempre caratterizzato da una corporatura sottile. Persino i lineamenti sono gli stessi in quella raggelante somiglianza con suo Fratello, somiglianza che il tempo non sembra aver sciolto in alcun modo, anzi, quasi uno scherzo del destino, quel limite di gemellanza apparentemente insuperabile nell’identicità che li contraddistingueva sembra essere stato superato con il passare delle ombre sul suo volto. “Hanabi”. La di lei voce a raggiungerla. A chiamarla. A pronunciare il proprio nome. Il rintocco della consapevolezza a riecheggiare nella propria mente, fugando ogni dubbio. Lo stomaco sprofonda, il respiro a mancare. “E’ lei” < … Sei.. > un filo di voce, la gola strozzata dall’emozione < …. Sei tu. > le labbra permangono schiuse, gli occhietti sgranati in quell’incredula felicità che ancora teme a palesarsi, rompendo quella consueta freddezza completamente soverchiati dal sentimento. Furaya avanza, lei non si muove. Ogni muscolo si rifiuta di rispondere. “E’ lei”. Gli occhi a farsi pericolosamente lucidi. Dopo tutti questi anni, dopo tutto questo tempo. In quel luogo. Così, all’improvviso. La Nara si sfiora il ciondolo, portando gli occhi della Pura a soffermarsi su di esso. E’ ancora li. Non lo ha mai tolto. I ricordi ad investirla come una cascata nel petto, soffoncandone il respiro. “Dimmi che sei reale” la di lei mano a protendersi. E all’improvviso, una lacrima sfugge al proprio controllo; una bianca perla a rigarle una guancia assecondata da un sorriso incredulo, rotto dall’emozione. Furaya sorride, e la Pura, a specchio non può che scoprire la dentatura acuminata in un sorriso tremante. E’ un attimo. Il paesaggio attorno a loro sembra scomparire; ogni suono, albero, cielo o terreno. Nulla ha importanza. L’Uchiha tenterebbe uno scatto, un azzerare le distanze senza la minima precauzione. Non le importa se la Nara la attaccherà pensandola un’illusione, non le importa della possibile carica che quell’haori bianco le conferisce. Puro impulso, puro istinto. Abbracciarla, ricongiungersi a lei in quel contatto che l’ultima volta faticavano a interrompere. Tenterebbe di lanciarsi contro di lei, avvolgendone il corpo con entrambe le braccia per aderire completamente alla sua figura. Ha bisogno di sentirla, di risentire il suo profumo. La sua pelle, la sua esistenza. Ogni maschera crolla, ogni apparenza, ogni forma. Nulla ha importanza. {Chakra ON}

14:19 Furaya:
 Piena fase "Feels". Gli occhi catturano i capelli corvini, gli occhi scuri, il portamento altrui. Ne scruta ogni singolo tratto, tutto quello che può riuscire a captare soltanto guardandola. I lineamenti così simili a Sasuke, lo storico Uchiha scomparso da tanto tempo. E guardatele. C'è un po' di storia in tutto questo, tante analogie delle quali tenere conto. Se da un lato abbiamo qualcuno di fin troppo simile a Sasuke dal punto di vista estetico, dall'altro c'è Furaya. Lei che, in base all'idea di vita che vorrebbe per il proprio Villaggio e l'obbligo che l'ha sempre spinta a farsi in quattro per esso, è stata persino definito una martire, un tiranno. Eppure non era ciò che avrebbe voluto anche Naruto Uzumaki? E le sue origini, neanche a farlo apposta, discendono per metà proprio da quel famoso Clan del quale faceva parte sua madre, Kaneko. Differentemente da come sarebbe potuta finire tra i nostri Sasuke e Naruto del tempo passato, le due ragazze riuscirono, tempo addietro, ad avvicinarsi molto tanto da diventare "amiche". Mai ne hanno avute, specialmente la Nara, che tutt'ora fa difficoltà a definire qualcuno amico al di fuori della consueta conoscenza. E' un attimo, tutto ciò che assieme hanno passato le si ripercuote nel cerebro, come delle piccole slide che ripercorrono ogni loro istante. La conoscenza, l'irruenza con la quale Hanabi è entrata nella sua vita nel periodo in cui la rosea era ancor impelagata con Daiko Hyuuga. E il piano, permettere ad Hanabi d'entrare a Konoha e avvicinarsi al Quartiere Uchiha per un'ultima volta. Sembra sia passata un'eternità e, a ben vedere, si tratterebbe persino di un eufemismo. Erano delle bambine all'epoca, bambine che volevano crescere e dimostrare al mondo di che pasta fossero fatte. Esteticamente, non sembrano cambiate affatto, mostrando qualche anno in più sicuramente, assieme alla propria maturità. Tutti crescono, ma il tempo per loro è stato abbastanza clemente. Pare che le sorti si siano persino invertite: laddove sarebbe stata Furaya a versare lacrime di gioia nel vederla, or è Hanabi a farne dimostrazione. L'altra si limita semplicemente a continuare a sorridere, come un'ebete, incapace di toglierselo dalla faccia. Contenta è dir poco. Quando la Uchiha inizia a correre in sua direzione, senz'alcun preavviso, Irraka è il primo a compiere un movimento in avanti atto alla difesa. Si sbilancia sulle zampe anteriori, snudando i canini. <Va bene così.> E le va incontro, accenna appena un passo per portarsi avanti al canide. Allarga a sua volta le braccia, pari la loro altezza, accogliendola e chiudendo a sua volta gli arti attorno alla di lei schiena. Fa scivolare il palmo e le dita lungo la schiena, sul tessuto che la ricopre, quasi non riuscendo a capacitarsi di quanto sta avvenendo. <Non posso crederci> Si lascia sfuggire in un sibilo, inebriandosi del di lei profumo, della sensazione di calore dell'abbraccio giuntosi. La stringe delicatamente a sé, la pelle che sa di fiori, il respiro corto per via della sorpresa e dell'emozione. Non si staccherebbe più se soltanto fosse possibile. <quanto tempo è passato?> Una domanda che non necessita per forza di risposte. Sputa fuori frasi nella ricerca di quelle corrette da pronunciare in un momento del genere. Non cambierà mai sotto quest'aspetto. <Mi sei mancata.> Le sussurra all'orecchio, preda dell'emozione, incapace di alzar la voce e di dir anche soltanto un'altra parola. La abbraccia. Si abbracciano. Questo è l'essenziale: essersi ritrovate. [Chakra ON | Con Irraka]

15:27 Hanabi:
  [Confine | Albero] Tutto tace, mentre da un momento all’altro ogni singola cosa sembra tornare al suo posto. Le proprie braccia riescono a cingere il corpo della Nara, avvolgendola; e in quel tocco, in quell’effimero contatto, tutta la consapevolezza si riversa sulla pura in una cascata di emozioni sopite. Esiste. Furaya esiste. Non è un ricordo, non è una luce in un passato non più esistente. Esiste, è viva, è li. Dopo giorni di tenebre, dopo il ritorno di Eiji, la sorte di Ekazu, la guerra alle porte e l’ombra di suo fratello a oscurarle la ragione, finalmente non è più sola. Finalmente il destino l’ha portata a reincontrare l’unica persona oltre ad Ekazu di cui si sia mai fidata. Un legame che gli anni non hanno corroso, un legame che trascende spazio, tempo o villaggio. E come allora, come dodici anni addietro in cui due ragazzine dal temperamento freddo hanno trovato nell’altra un’amica insostituibile senza il bisogno delle parole, ora due donne non hanno bisogno di urlare quel che provano per potersi comunicare tutto ciò che è necessario. La stringe, il profumo di fiori della di lei pelle ad avvolgerla in un’ondata di nostalgia. E’ li. Esiste. Non parla, non riesce a dire nulla. Non ce n’è bisogno. Una nuova lacrima a seguire la precedente, quindi un’altra ancora. Il musino a inumidirsi, il respiro a tremare nonostante il sorriso che non riesce a scomparire da quel viso solitamente gelato dall’indifferenza. Un sorriso spontaneo, puro. Un sorriso felice, diverso dal cinismo o dall’ironia. Forse il primo sorriso reale da quando è tornata, che solo Ekazu prima della Nara è stato in grado di vedere dopo anni. Furaya sussurra, e lei non può fare a meno di aumentare leggermente la pressione a quelle parole, quasi volesse risponderle a gesti; non riesce a parlare, non riesce ad andare oltre. Non riesce a capacitarsene. Le emozioni a strozzarle la voce impedendole di far altro che sorridere. Uno, due secondi che per la Pura potrebbero sembrare anni, crogiolata in quel contatto. E infine, un barlume di razionalità sembra tornare a raggiungerla, conferendole quantomeno la facoltà di esprimersi <… Dodici anni > sussurra in sua risposta, il tono freddo e vellutato corrotto dalla felicità, tremante < dodici cazzo di anni > un leggero sbuffare tipico di una risata incredula. Uno, due secondi, quindi mantenendo le propre mani sul corpo della Nara farebbe per allontanarsi quanto basta per poterla guardare in volto, le dita a scivolare sulle di lei spalle. La osserverebbe, gli occhi grigi inumiditi dall’emozione a soffermarsi in quelli di ghiaccio di le. “Mi sei mancata” < Anche tu… > Il sorriso ad allargarsi, il respiro tremante. Quanto le è mancata? Troppo. Quante volte la sua vita sarebbe cambiata se la distanza non le avesse separate? Quante volte i propri pensieri sono andati a lei, a Konoha, a quei capelli rosei? Ne studierebbe ogni singolo dettaglio del viso, avida di ricordarne qualsiasi dettaglio, sul proprio volto la più pura, stanca ma felice incredulità < Cazzo. > si Hanabi, comunicare le emozioni è sempre stato il tuo forte < … Sei. Sei tu. Non posso crederci. > un nobel ai copioni di queste due, vari e innovativi < Come… > le parole a spezzarglisi in gola. Deglutisce, lo stomaco annodato < come stai? Come.. > vorrebbe tempestarla di domande, vorrebbe dirle e sapere tutto quello che è potuto succedere in questi anni. Si morde il labbro inferiore, concedendosi di osservarne gli abiti. Quell’Haori fin troppo noto al mondo ninja, quel portamento, il lupo al suo fianco < … cazzo Furaya > scrolla appena il viso, tentando senza successo di ricomporsi < .. Sei… sei.. > niente non ce la fa < .. woh. > un espirare, il viso a spostarsi lateralmente come a tentare di riprendersi. Un’altra pausa < Che ci fai qui…? Voglio- > si guarda attorno, cercando nel paesaggio un modo di ordinare i propri pensieri ed esternarli < -voglio sapere tutto > torna a guardarla, insaziabile. E tutta l’oscurità, i pensieri cupi, le preoccupazioni sembrano essere sparite.{Chakra ON}

16:04 Furaya:
 Dodici *cazzo* di anni. E' davvero passato tutto quel tempo. Hanabi non è quasi cambiata d'una virgola, in verità neppure la rosata, esteticamente parlando. Ma quant'è rimasto delle due fanciulle che si incontrarono tanto tempo prima? Non resta che da scoprirlo. Si son appena riviste, sono ancora lì abbracciate, incapaci di credere che questo sia avvenuto davvero. Non avrebbe scommesso mezzo Ryo su questa giornata, perdendo miseramente tutti i soldi. A sua volta, non riesce a spiccicare nulla per lunghi istanti, ferma a capacitarsi di quanto sta ancora accadendo. Avverte la sua presenza, le mani non riescono a spostarsi nell'immediato dalla di lei schiena. Solleva appena il capo, inspira profondamente e lascia poi fluire l'aria dalle labbra schiuse. Sta cercando un modo per parlare e per calmare il suo battito cardiaco, incapace di gestire tutto quel marasma di emozioni che, per pura fortuna, questa volta sembrano essere assurdamente positive. Nessun dramma, nessuna morte, non deve seppellire nessun altro contro il suo volere e desiderio. Le sembra surreale che non ci sia il Karma pronto dietro l'angolo a farle presente che, per quanto si siano appena incontrate nuovamente dopo ben dodici anni, tra qualche attimo tutto potrebbe finire con l'intervento del Finto Dio ancora a piede libero o per mano di chissà cos'altro. Solitamente, è anche brava a tirarsele addosso queste catastrofi. Che quest'oggi possa andar meglio? La sua mente cerca di concentrarsi soltanto sulla bellezza del momento, cercando a sua volta di divincolarsi, pur con calma e gentilezza, al contempo dell'altra, sostandovi di fronte. Le mani scivolano dabbasso, spostandole dalla schiena e permettendo a queste di spostarsi sulle braccia della giovane. Ciondolano infine dabbasso, volendo trovare un distacco per capacitarsi di chi ha di fronte davvero. Irreale. Impossibile. Ma non smette assurdamente di sorridere. <Dodici anni.> Dodici, sì. Inutile ripeterselo ancora. Siete lì, finalmente, dopo tutto questo tempo e l'unica cosa che sapete fare è catalogarne quanto ne sia passato? Avanti! Dite qualcos'altro. Sono due esseri incapaci di esternare le proprie emozioni come vorrebbero. Anche con Saisashi, ha fatto fatica, nonostante lui sia il primo disadattato della coppia; ma non stiamo qui a prendere in giro l'assente. Ce ne sarà occasione comunque di presenza. <Sto bene> Oh sì, ora può davvero dire di stare bene. Se soltanto si fossero riviste dieci anni prima, avrebbe trovato una Furaya distrutta dai legami passati e dalla propria genetica. Al contrario, ora è piena di sé, vitale, tonica e non più sottopeso, smorta e pallida come un tempo. Certo, la pelle ha ancora una tonalità molto chiara, ma su di essa vi sono molte cicatrici frastagliate. <tu, invece?> Cerca le sue mani da stringere nelle proprie, probabilmente soltanto per tenere un contatto con quella che è la realtà dei fatti, rivelatasi veritiera e non una illusione. <Dove sei stata tutto questo tempo?> Anche lei vuole i dettagli, provando appunto a porle delle domande adeguate al contesto, tentando di trovare altro da dirle e non farsi mangiare viva dall'emozione e dai feels costanti che entrambe provano in questo momento. <Stavamo pattugliando.> Lo sguardo azzurro glissa in direzione di Irraka, il quale s'è allontanato di qualche metro per lasciare ad entrambe i loro spazi. <La situazione, come credo tu sappia, non è delle più rosee.> Per varcare ancora quei confini, per camminare su quel terreno in vita, è quasi sicura che sia informata circa la situazione attuale e le difese che hanno preferito prendere Kusa e Konoha nei confronti della guerra. <T-Tutto? Credo non basterebbe un giorno intero per raccontarci tutto quello che è successo in dodici anni.> Si lascia sfuggire una risatina genuina, inclinando appena il capo verso la spalla e socchiudendo le palpebre. Le iridi si focalizzano sui tratti altrui, sui capelli divenuti lunghi e pur sempre corvini. <Non sei cambiata affatto.> E meno male! Anche caratterialmente, sembra essere sempre la stessa e fu proprio quel carattere a catturare la Nara. Due opposti. [Chakra ON | Con Irraka]

16:34 Hanabi:
  [Confine | Albero] E’ incredibile quello che è in grado di riservare il destino, a volte. Dopo giorni di inferno, notti insonni con suo Fratello ad attenderla al primo accenno di incoscienza, dopo il ritorno dell’uomo che ha amato prima di ogni altro e che ha dovuto uccidere con le sue stesse mani. Dopo che ogni luce sembrava perduta e che il proprio cammino sembrava proseguire verso le ombre, eccola li. Furaya. Una vera e propria luce in quei lineamenti di una bellezza difficile da dimenticare, in quell’incarnato dai toni chiari addolciti dal rosa dei capelli. Una luce così forte, così fuori contesto rispetto alla vita della Uchiha, da sembrarle un sogno, un qualcosa di surreale. La lascia libera di muoversi, intrecciando le proprie dita tra quelle di lei in una delicata morsa affettuosa, quasi in quel contatto volesse trasmetterle quello che con le parole non è mai riuscita a fare. E la osserva in quelle risposte, a sincerarsi che stia bene davvero. Un’attenzione spontanea riservata a pochi, in netto contrasto con li consueto disinteresse rivolto al mondo intero < Lo vedo.. > in risposta a quel “sto bene”. E di fatto, lo sembra. Una nuova luce sembra splendere nella Nara, quella stessa luce che l’ha catturata fin dal primo giorno, nonostante i tormenti interiori che all’epoca la sciupavano < Sono… felice di rivederti > Felice. FELICE?! Hanabi stavi letteralmente MORENDO sul posto, e te ne esci con un misero “felice”? < .. e di vederti cosi.. > ci prova almeno. Esita, vagamente impacciata dopo quelle lacrime che fortunatamente hanno finito per asciugarsi presto < .. si insomma, di vederti bene. Che stai bene. > balbetta, si impiccia nelle sue stesse parole. Solitamente si sarebbe ricomposta, avrebbe tentato di recuperare; ma stavolta non sembra importarle. Stavolta di importante c’è ben altro. “Tu invece”. Bum. Eccola li, la prima nuvola ad oscurare il sole che Furaya portava. La mente a scorrere sulla propria situazione, e con essa la consapevolezza. Il sorriso si richiude, mantenendosi tuttavia sul proprio viso. Una fugace ombra a passarle nello sguardo, sopita, nascosta. Come stai Hanabi? Non stai bene. Ma è veramente il mometo di dirglielo? Veramente la prima cosa di cui parli con una persona che ti è mancata per dodici anni, è lamentarti della tua vita e delle tue debolezze? No. Non puoi. < … Sono ancora qui. > elude la domanda, abbozzando una superficiale scrollata di spalle. Ma ecco quelle domande, quei discorsi. Abbassa per un momento lo sguardo. Dov’è stata? < … Ero… lontano. > non la guarda in volto, il viso ad oscurarsi maggiormente. Immagini del proprio passato a susseguirsi. Le proprie urla. Sangue sulle pareti. Follia. Lacrime. Specchi che si infrangono. Risate ce non le appartenevano. Il volto di suo fratello a guardarla di riflesso sulle superfici <… Ho avuto bisogno di allontanarmi. > deglutisce < … sono fuggita. Debole e incapace di affrontare quanto avrei dovuto, ho scelto di rifugiarmi dove nulla poteva raggiungermi. > vaga, poco chiara. Ed ecco che lo sguardo di nuovo si rialza, cercando i di lei occhi azzurri < … Ma sono tornata, e ora sei qui. > un debole sorriso. “Non basterebbe un anno intero” solleva un sopracciglio, aguzzando un sorrisino tagliente <… Perché, credi di sfuggirmi facilmente? > i dentini a venir scoperti, maliziosi per quanto sempre tinti di quella spontanea felicità < … Neanche tu sei cambiata. Cioè, sei- > più bella? Matura? Hanabi santo il cielo < … Tu. Più tu. E.. > la player ha le mani in faccia < … e sono felice che sia così > il vento a smuoverle le ciocche corvine < … Piuttosto, parlami di questo Haori. > la incalza, già consapevole ma vuole comunque ascoltarla parlare. Vuole davvero colmare ogni lacuna, e se ci vorranno settimane bene, che vengano. {Chakra ON}

17:04 Furaya:
 Sono così. Due anime affini dai caratteri totalmente opposti, ma che son riuscite a trovarsi in sintonia grazie chissà a quale destino. Il sorriso non scema, resta ben impresso sul viso di quella che dodici anni fa si sarebbe potuta ritenere una fanciulla, ma che adesso è a tutti gli effetti una donna. Lascia le dita ad intrecciarsi, felici e vive. Non riesce a distogliere lo sguardo dai suoi lineamenti, fin troppo stranita dall'incontro odierno. Deve riprendersi, ha bisogno di tempo, ma nel frattempo si gode ciò ch'è riuscita a raccogliere. Se hanno del tempo da passare insieme, intende sfruttarlo. Irraka, però, non sembra essere del medesimo avviso, tanto da rivolgere un cenno del capo all'Hokage richiamandone l'attenzione. "Continuo la mia caccia" che in realtà sarebbe una ronda, ma lasciamogli credere che cacciare sia la missione del giorno. L'avvisa, incurante della presenza dell'Uchiha, senz'attendere una risposta da parte dell'interlocutrice a cui s'è rivolto e avviandosi altrove. <D'accordo.> Non ha bisogno di chiedergli di tornare presto, di non fare casini o di stare attento, così come non reputa necessario chiedergli un resoconto quando tornerà indietro. Non è il loro comandante: coesistono. Il loro patto prevede questo. Rimaste sole, quindi, può finalmente concentrarsi soltanto sulla sua più cara amica, forse l'unica che abbia davvero mai avuto. Innaturale, la rosata non ha versato neppure una lacrima a differenza di Hanabi. Che anche questo possa testimoniare una crescita ed una maturità da parte sua? <Sai> Comincia col dire, scostandosi una ciocca di capelli dal volto con un cenno del capo laterale, atto proprio a spostarlo da un lato per evitare che ricada lungo un occhio. <ho imparato a conoscere molto bene le persone> Ha lavorato sulla propria psiche tanto quanto su quella degli altri, ma principalmente per poter capire se stessa e quanto l'ha distrutta dieci anni prima. <e stai evitando di rispondere. Posso azzardare delle deduzioni, ma non lo farò.> Scuote appena la testolina, permettendo però nuovamente a quel ciuffetto ribelle di ricaderle lungo la guancia e la fronte. Ha appreso come ascoltare, come comprendere lo stato d'animo di qualcuno. E quell'ombra che nascosta e fugace attraversa lo sguardo dell'Uchiha, quante volte ha avuto modo di vederla riflessa nello specchio? Per quanti giorni s'è interrogata su che cosa fosse giusto raccontare alle altre persone e quanto, invece, tenere nascosto? Ha imparato, di contro, anche a nascondere tutto questo, ma ben prima che venisse torturata a morte. <Non voglio doverti perdere ancora ed avere di te soltanto un ciondolo come ricordo, Hanabi.> Vuole metterglielo nero su bianco fin dall'inizio della loro conversazione, la quale è sì partita allegra e complice, ma che potrebbe terminare con un ennesimo addio. Non lo ha dimenticato, l'ultimo. Come potrebbe? Lo rivive spesso quando la sua mente torna a pensare alla sua unica amica. Per fortuna, anche lei sembra essere del medesimo avviso, quasi lo si pronuncia assieme. Complicità, l'hanno sempre avuta. <Tutti abbiamo bisogno di un luogo in cui recarci, restare da soli un po', il tempo necessario per ritrovare noi stessi.> Chissà perché tu non l'hai fatto. Hai sempre preferito ammorbarti con le tue paturnie, sobbarcandoti di lavoro e di oneri del Villaggio soltanto per non pensarci, giungendo sin quasi alla follia dalla quale ti sei tirata via per il rotto della cuffia. Sei l'ultima che può fare la morale agli altri. Davvero l'ultima. <Oh> In riferimento all'haori indossato. Arrossisce appena sulle gote, l'imbarazzo non lo ha perso di certo, restando piuttosto umile. <sono diventata Decimo Hokage della Foglia, l'anno scorso.> Un titolo altisonante che neanche lei stessa si aspettava di riuscire a raggiungere. <Credo sia stato il mio primo vero traguardo dopo aver perso tutto ciò che potevo perdere.> Snocciola man mano delle vicende, non sapendo da quali partire per prima. <Ma voglio sapere di te! Raccontami qualcosa!> Non può mica pretendere che parli soltanto Furaya. [Chakra ON | Con Irraka]

17:45 Hanabi:
  [Confine | Albero] Oh Furaya, fosse per Hanabi si, vorrebbe ascoltare soltanto la tua storia. Vorrebbe sapere ogni cosa, ogni giorno felice per porterlo rivivere con te, e ogni giorno triste per schierarsi al tuo fianco e far fuori qualcunque cosa te lo abbia causato. Ma purtroppo – o per fortuna – la Nara sembra essere cresciuta e maturata non soltanto da un punto di vista estetico. Le sue parole inchiodano la Pura come delicate lame, facendo cadere in miseri istanti qualsiasi velo di nebbia stesse cercando di tirare su sulla propria condizione. Diretta, schietta, nero su bianco e dritta al punto. Esattamente come se stessa. Com’è trovarsi davanti qualcuno come te, Hanabi? Cosa si prova a non vedersi lasciate vie di fuga dovendo necessariamente rispondere all’evidenza? La pura resta spiazzata; immobile, congelata cosi come quel sorriso che sembra bloccarsi sulle proprie labbra. Si sente nuda, scoperta. Trasparente. Esista per qualche istante, interdetta , le labbra socchiuse < .. > lo sguardo fisserebbe quello della Nara per qualche istante. Infastidita? Snervata? Probabilmente lo sarebbe stata con chiunque; ma non con lei. Lei è diversa, lei è una delle uniche da cui si lascia leggere senza chiudersi dietro l’aggressività. E di fatto, dopo lunghi attimi di interdizione, ecco tornare un debole sorriso tristemente divertito < … Neanche a distanza di dodici anni ti si può nascondere nulla, ah? > il sorriso si estende, affettuosamente ironico. Del resto dodici anni prima alle cascate dell’Epilogo, qualcosa la portò a rivelare la propria identità alla oggi Kage, mostrandosi come sorella di Sasuke Uchiha a quella che era una Konohana, ben conscia di quello che avrebbe potuto comportare. Una follia considerato l’anonimato a cui si era costretta, eppure se non fosse stato per Furaya, ad oggi non sarebbe quella che è. Gli deve cosi tanto. < …. Non voglio nasconderti nulla, Furaya. Volevo solo… rimandare.. > esita, lo sguardo a spostarsi verso l’ambiente circostante, seguendo il lupo che dopo un veloce scambio di direttive si starebbe allontanando <… Va una merda. > confessa, senza il coraggio di tornare su di lei <… tutto quello che ero convinta di essermi lasciata alle spalle era semplicemente qui ad attendermi.. > sospira, incupendosi < … e a quanto pare non sono ancora in grado di affrontarlo. > tace dunque. Lunghi attimi di silenzio, il pugnetto libero dalle dita di lei, che ora giocando con i meravigliosi capelli rosei, a stringersi in un che di autolesionista < Ma non volevo che questa fosse la prima immagine che avresti avuto di me, dopo tutto questo tempo > torna a guardarla, specchiandosi ora in quegli occhi che sembrano averla letto meglio di qualsiasi altro, oltre a Ekazu < Non mi perderai di nuovo. Non lo permetterò. Non ci sarà un nuovo addio. > una sentenza? Si. Una pericolosa determinazione nei suoi occhi, la determinazione di un Uchiha Puro, di quel clan dove l’amore e l’odio confinano su una soglia cosi volubile, dove i sentimenti si palesano più forti di qualsiasi altro Clan. E un giuramento del genere, per Hanabi, è qualcosa di indissolubile, cosi come il fuoco che mai sopito continua a brillare dietro le iridi grigie. Ma ecco che finalmente Furaya inizia il racconto; assapora ogni parola, ogni sua espressione con un’attenzione quasi morbosa. Ed ecco quella rivelazione. Decimo Hokage. Gli occhi della Pura sembrano illuminarsi, neanche fosse stata fatta lei Hokage in quell’esatto mometo < Furaya ma.. > il sorriso torna ad estendersi, scoprendo i canini acuminati < … è fantastico! > entusiasta per quanto mai quel timbro vellulato andrebbe a sbilanciarsi < Cazzo, Konoha non poteva avere una guida migliore. Sono fottutamente fiera di te! > stringerebbe appena la sua mano < Te lo meriti.> sentenzia convinta, lo sguardo a studiarla dall’alto in basso, orgogliosa. Se non fosse per le parole finali di lei “dopo aver perso tutto ciò che potevo perdere” il sorriso si gela. Lo sguardo ad assottigliarsi. Ha sofferto? < … C’è un artefice di questo? > una domanda che potrebbe sembrare tranquilla, ma che solo i kami sanno cosa potrebbe comportare. Mai, MAI toccare gli affetti di una Uchiha. Specialmente se quella Uchiha è Hanabi. Specialmente se Furaya è l’unica persona rimastale oltre Ekazu. L’espressione è surrealmente tranquilla, ma all’interno freme qualcosa di oscuro, di caotico, di incontrollabile. La fiamma della vendetta. Ma ecco quell’ultima domanda a distoglierla momentaneamente da quel discorso, sottolineo, MOMENTANEAMENTE. “Raccontami qualcosa” un sorriso interdetto, una mano a grattarsi il capo arruffandosi quella precaria e corta coda bassa < … Beh… Sai. Non ho molti lieti fini da raccontarti. > la mette sul vago di nuovo, andando poi avanti < .. la mia vita non é quel genere di racconto che chiunque vorrebbe ascoltare. Quasi niente finisce bene. Anzi, spesso finisce e basta.> abbassa lo sguardo <… Puoi scegliere tra “non riesco a controllarmi e causo solo morte e dolore”, “La persona che amavo e che ho dovuto uccidere con le mie stesse mani ha deciso di tornare in vita” e “sento la voce di mio fratello”. > è incredibile con quale sincerità le si stia rivolgendo. Con NESSUNO, eccetto Ekazu, si è mai aperta in quel modo. Forse nemmeno con se stessa. Parole che verrebbero buttate li, come un elenco privo di valore, come se non avessero importanza. Ma quello che sta facendo ora Hanabi Uchiha, è un qualcosa di assurdo, di unico. Hanabi Uchiha si sta schiudendo, lasciando entrare qualcuno che non sia Ekazu. {Chakra ON}

02:45 Furaya:
 Dopo così tanto, non permetterebbe mai ad Hanabi di chiudersi in se stessa. Non davanti a lei. L'ha ritrovata, son passati anni dall'ultima volta in cui ci ha avuto a che fare, ma or che si trovano l'una di fronte all'altra sembra non essere passato che un giorno. Chiaramente, hanno molto di cui parlare e raccontarsi, servirà del tempo: è impensabile raccogliere tutti i discorsi, i traumi, le parole, i pianti, i sorrisi e le vicissitudini di dodici anni in poco. Spera solo d'averne quello necessario ed utile per parlarne con lei, per scambiarsi quel che hanno provato e vissuto quand'erano separate. Anche lei sarebbe voluta scappare via, allontanarsi dal Villaggio quando più ne aveva bisogno, eppure non lo ha mai fatto. A differenza dell'Uchiha, la Nara è sempre stata assurdamente legata a Konoha fin da quand'era nient'altro una bambina, abituata, cresciuta ed educata a servire il suo Villaggio e nessun altro se non l'Hokage stesso. Non è poi difatti innaturale che abbia deciso d'entrare a far parte degli Anbu, seppur gran parte delle decisioni prese nella sua vita le sono state inculcate da un uomo per i suoi loschi fini, affinché potesse manipolarla e decidere per lei. Un passato dal quale s'è riuscita a sottrarsi soltanto di recente. <Non voglio mi si venga nascosto più nulla> Non è una frecciatina nei suoi confronti quanto più verso coloro i quali le hanno sempre negato l'importanza di taluni discorsi. Lo pronuncia però con un sorriso dolce, non volendo infastidirla e intendendo soltanto disquisirci ancora, appena ritrovatesi non si farebbe scappare quest'opportunità neppure per tutto l'oro del mondo. <ma allo stesso modo non ti costringo a parlarne se non ne hai voglia.> Non si permetterebbe mai, premurandosi ovviamente di farglielo notare. E' insolito lasci qualcosa al caso, volendo tenere tutto sotto controllo per ovvi motivi. Qualsiasi altra cosa l'è sempre scivolata via dalle mani senza che potesse far altro per trattenerla. <C'è bisogno di molto tempo per affrontare situazioni importanti e particolari> Vuole incoraggiarla a modo suo, dimostrando la saggezza che ha acquisito col passare del tempo e che, probabilmente, è perlopiù legata al ruolo di Consigliere avuto negli anni prima di diventare Hokage. <quindi, prenditi quello che ti serve.> Non deve combattere con le unghie e coi denti. Anzi, deve anche fare questo, ma prima d'ogni altra cosa deve imparare a conviverci, altrimenti tutto sarà reso vano dall'impazienza di sbarazzarsene una volta per tutte. Chiaramente, non vuol sembrare affatto dura né nei lineamenti facciali né nel tono usato per parlarle, mantenendosi sempre molto calma. <Non vorrei neanche una visione menzognera di te.> Meglio dirglielo che tenerglielo nascosto, vorrebbe e farebbe qualunque cosa per Hanabi, di questo ne sono sicure entrambe. Accenna ad un altro bel sorriso, lasciandosi stringer la mano e saldando a sua volta la presa. <Spero sia davvero così.> Che si meriti quella carica, che Konoha si mantenga come Baluardo della Pace ancora a lungo, nonostante ciò stia a significare che sarà soggetta agli attacchi ben più di quanto già non fosse vittima. E' un effetto collaterale del quale sta tenendo conto, pur non sapendo in quale maniera agire. <E ti ringrazio per queste tue parole.> Mostra un sorriso molto più gioviale che sparisce nel momento in cui le porge la domanda fatidica. L'artefice. Serra la mandibola, muove il capo in un rapido annuire prima di riuscire a spiccicare parola. <Ma è già morto> Come se avesse fiutato la possibilità di vendetta da parte dell'amica nei confronti di chi ha osato tanto. <dieci anni fa.> Non ci crede neppur lei, or che lo pronuncia, degli anni passati dalla morte di quel Traditore. <Si trattava di mio padre, Ryota Nara> Poco ma sicuro, pur essendo tornata a camminar tra i vivi da poco, dovrebbe averne sentito parlare. Fu una minaccia importante per tutta l'Alleanza. <e potrei stare ore a parlarti di quel che mi ha fatto o di quel che mi ha tolto.> Si lascia andare ad un profondo sospiro, accigliandosi visibilmente. Quel che prova per suo padre non può che essere odio, fredda malinconia per non avergli urlato addosso abbastanza. Ma ricorda distintamente la punta della sua katana che ne penetra il cuore, il sangue colare sin alle sue dita: il suo stesso sangue. <Oh, ci sono così tante cose delle quali dobbiamo aggiornarci.> Tipo che hai divorziato? Che Daiko è morto? Che Kurako è trapassato a sua volta? Quante altre notizie potresti darle? Tante, troppe, infinite. Ce ne sarà occasione. Gli argomenti finali la lasciano lievemente basita, portandola ad aggrottare le sopracciglia con evidente preoccupazione. <Nessuna delle tre situazioni sembra essere tanto positiva.> Schietta, come suo solito, senza peli sulla lingua pur cercando di usare terminologie che non la feriscano. <Ma evita di restare sola a lungo> Ha affinità anche lei con le voci nella testa o coi fantasmi del passato. <e per qualsiasi cosa, mandami una missiva, contattami ed io arrivo. Non sarai più sola.> Promette di non lasciarla più, una promessa solenne. E, come per Hanabi, anche la Nara non viene mai meno alla parola data. Infine, resteranno lì a chiacchierare del più e del meno finché potranno. E guai a chi possa infastidirle! [END]

Come in un sogno ad occhi aperti, Hanabi e Furaya si incontrano dodici anni dopo il loro addio.
FANGIRLO FORTISSIMO. ♥