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Qui giace l'immortalità.

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con Rasetsu

01:21 Rasetsu:
 Quest'oggi, ha ricevuto una missiva da parte dell'Hasukage in persona. Una missiva che emotivamente lo sta distruggendo. La stringe ancora nella mancina, essendo appena tornato dal suo turno in Ospedale, dove l'unica cosa bella della quale ha potuto godere prima di tornare è la sua Yakushi. Dopodiché, beh, baratro. La mente si è annebbiata, il Sangue Nero nel suo corpo ribolle come mai fatto prima. Gli studi del mattino son passati totalmente in secondo piano, i suoi appunti non sono più di alcun interesse. Non oggi. Non adesso. Giace seduto su una panca del Tempio di Kusa, al suo interno, ristrutturato a dovere esattamente secondo i suoi gusti e canoni estetici. Il viola scuro e il nero predominano in ogni angolo della struttura interna, partendo dalle alte vetrate. Esse adornano la navata, in fondo al lungo corridoio che ad esse conduce. Son coperte da drappi neri col simbolo del Clan Kokketsu in bella vista, essendosene appropriato ormai da tanto, troppo tempo. E tutto ciò non è servito a niente. <A che serve aver fatto tanto se tu non sei qui a goderne con me?> Sussurra, appena percettibile, dalle proprie labbra sottili ed esangui, mentre gli occhi fissano un punto non meglio definito della sala in questione. E' seduto sul bordo d'una panca, all'esterno e sulla sinistra, alla seconda fila anteriore. Gambe divaricate, avambracci poggiati sulle rispettive cosce, mani a penzoloni. La di lui schiena, ammantata d'una nera camicia col simbolo dei Kokketsu posto dietro la schiena (quale ironia), è piegata per mantenere il busto curvo innanzi. Alcuni ciuffi cremisi gli adornano or il viso, soffermandosi sulle guance pallide del Demone, nascondendo quelle occhiate torve e quell'espressione crucciata, quasi, di chi ha evidentemente perso qualcuno o è arrabbiato in maniera indicibile con il mondo intero. Inspira profondamente, un respiro che man mano si fa più corto, veloce, come se l'aria nei polmoni gli mancasse e non sapesse dove trovarla per riprendere il suo normale respirare. Si sente il petto oppresso, serrato, una sensazione che qualunque medico potrebbe facilmente ricollegare ad un palese quanto umanissimo attacco di panico. Ma qui non stiamo parlando di niente che possa essere definito tale, no? Ha fatto un patto con il Demonio, il suo sangue è tinto di nero. Non è possibile che possa provare ciò che gli umani sentono. E quindi stacca di netto la sua coscienza, la consapevolezza di ciò che sta provando, ergendosi rapidamente in piedi. <Questo posto non ha senso d'esistere se tu non ci sei.> Continua a parlare probabilmente con nessuno in particolare, un'entità che lì non è più presente. I suoi abiti neri si confondono con tutto il resto, un'oscurità presente nella vita del Rosso e dalla quale non s'è mai distaccato, anzi ha sempre preferito gettarsi in essa più del necessario diventandone una parte integrante. Scarpe, pantaloni, camicia, soltanto i capelli e gli occhi son diversi dal buio. Gli occhiali dalla montatura rossa son ancor fermi sul naso aquilino, sistemati, puliti, lucidi. Con sé, nella tasca porta oggetti posta sul gluteo manco, vi son soltanto i tonici di recupero chakra, coagulanti e le tre tipologie di Sbrilluccica. Non ha niente in corpo: né pasticche che possano alleviarne il dolore emotivo né alcol che potrebbe causargliene dell'altro. Quel dolore che avverte è del tutto reale e ciò che sente non gli piace. Lui ch'è sempre abituato ad essere euforico con tutti i suoi sbalzi d'umore anche privandosi della sua amata droga, non riesce adesso a capacitarsi del petto che sente premere. Il cuore è in tumulto, quello stesso cuore che avrebbe giurato non sarebbe mai riuscito a far riprendere a battere e che ora, contro ogni -sua- logica, sta martellando con forza e vigore. Le mani salgono alle tempie, il busto si piega di nuovo innanzi pur essendosi alzato in piedi. La missiva, quell'ormai sgualcito pezzo di carta datogli da Yukio, privo di qualsivoglia simbolo, viene ancor più stropicciato e stretto tra le dita. [Chakra ON]

02:14 Rasetsu:
 Non versa lacrime perché è incapace di farlo. O almeno è questo ciò che lui crede. Perché ve n'è una, piccola ed insignificante, che inizia la sua lenta discesa verso l'abisso, quello stesso baratro nel quale la sua mente si sta buttando, affatto in grado di comprendere l'entità del lutto, impossibile per lui capacitarsi di quanto successo. <Noi Kokketsu siamo immortali> Professa ad alta voce come se davanti a sé avesse dei fedeli. Quello, del resto, altro non è se non un luogo di culto nel quale difficilmente qualcuno però mette piede. Con quei colori, quella tenebra e oscurità che fanno da padroni, è difficile che qualcuno d'esterno ai Kokketsu voglia soggiornarci più del necessario. Chi vi si reca lo fa per lasciare del denaro agli dei, delle offerte di pace per lunga vita e prosperità. Nessuna delle due cose interessa al nostro Demone. La vita è breve, talmente effimera che anche viverla diventa un inutile passaggio. <abbiamo fatto un patto col Demonio> Lui tutta quella storia la conosce, ha studiato ogni possibile aneddoto riguardante i Kokketsu, ha trovato qualunque informazione necessaria purché ne fosse al corrente. Lui che, per utilizzo dell'innata, rivaleggia soltanto con Yukio stesso. In quello stesso frangente, conduce il polso mancino alla volta delle labbra e dei denti, socchiudendo appena la bocca per permettere a questi di arraffare una delle tante cicatrici ancora aperte. Il suo Chakra Elementale dell'Acqua andrebbe a mischiarsi col Sangue Nero che è ovviamente in circolo all'interno del proprio apparato. Dalla ferita autoinflittasi alla mano, inizierebbe ad uscire qualche stilla di Sangue che resterebbe ad aleggiargli attorno anziché cadere in basso, attratta normalmente dalla forza di gravità. Una cupa aura violacea e nerastra prenderebbe forma attorno al Rosso, il quale sarebbe altrettanto vestito di oscura massa sanguigna. Essa prenderebbe la forma d'una cappa con tanto di cappuccio, una mantellina che scenderebbe dabbasso, sfilacciata, come se fosse consunta e strappata in più punti pur non essendo affatto composta di nessun filamento, bensì soltanto di puro Sangue che fuoriesce dal proprio corpo. Sul capo, coprendo i rossi ciuffi tagliati corti ad altezza del collo, andrebbe formandosi anche un cappuccio nero che ne coprirebbe parte del viso fin alla fronte. Con un gesto secco quanto volontario del capo, lo butterebbe all'indietro, permettendogli di essere comunque creato ma evitando che lo abbia addosso. Ha bisogno di vedere la sua opera di distruzione, deve far sì che tutto resti impresso nelle proprie pupille e nella propria memoria. Il dolore che sta avvertendo fa parte di sé tanto quanto quel Sangue nero che sta usando proprio adesso, avendolo generato e creato, potendolo appunto sfruttare per i suoi loschi intenti. Data la struttura della navata e del tempio, non dovrebbe essere per lui un problema coprire tutta l'area -o quasi- con quella nuvoletta violacea nella quale alcune scariche scoppiettano come se avessero vita propria. Mera scena quella alla quale chiunque entri potrebbe assistere. Eppure sembra solo, privo di qualsiasi amico o compagnia possa desiderare ed avere. Tuttavia, del resto, chi è che gli sarebbe amico? Sosachi? Zashiki? Probabile. Si tratta però soltanto di motivi legati agli affari. Scaccia quel pensiero osceno. Non ha bisogno di nessuno se non di se stesso. Gli altri sono accessori, ma penserebbe davvero la medesima cosa di Kouki se fosse privo di quel dolore? La sua mente inizia a lavorare, cercando di plasmare il Sangue Nero che lo circonda entro quei trenta metri e che dal proprio polso dovrebbe fuoriuscire. Gli darebbe una grandezza massima di cinque metri, che siano d'altezza, larghezza e lunghezza, i quali sarebbero però ben differenziati. La sua creazione consiste nella formazione d'una mano avente ben cinque dita: il pollice e il mignolo raggiungerebbero il metro, l'indice e l'anulare circa il metro e cinquanta, il medio si fermerebbe sul metro e settantacinque. Il palmo, invece, coprirebbe tutto il resto dei metri che potrebbe formare, preoccupandosi che abbia la forma desiderata, appena arcuata come se si trattasse d'un artiglio e la punta delle dita -difatti- acuminata. <...> Un solo mogio sospiro. Demone destinato all'immortalità che ha incontrato la signora Morte. [Chakra: 86/90 | Punti Vita: 98/100][2/4 - Hijutsu Kokketsu LV4 ON + 2/4 - Creazione I Costrutto]

02:40 Rasetsu:
 <Se siamo esseri immortali> Pronuncia ancora a mezza voce, poiché a nulla serve comunque farsi udire dal vuoto che lo circonda. Un vuoto che or non riuscirebbe a colmare neanche con Kouki stessa, probabilmente neppur capace lei stessa di comprendere il dolore del Rosso. Contrariamente, la vorrebbe lì con sé ma non è del tutto possibile e, in effetti, non può pretendere dal mondo qualunque cosa, no? Altrimenti, avrebbe già richiesto la possibilità di avere ancora sua sorella con lui. Sangue del suo sangue. S'erano promessi d'aiutarsi l'uno con l'altra, esattamente come soltanto due Mostri avrebbero saputo fare. Ed invece lui dov'era nel momento in cui veniva ammazzata? Perché ammazzata? Quale altra potrebbe essere la causa del decesso? I Kokketsu sono immortali, ricordate? Non si possono ammalare, non lo comprende, non lo reputa possibile. S'è fidato di quel che Yukio stesso gli ha detto. E perché avrebbe dovuto mentire? Persino il Rosso non s'è mai ammalato per quanto sia magro e privo di chissà quali difese. Mai un raffreddore, mai un'influenza. E allora perché sua sorella ha perduto la vita? Non c'è nessun'altra spiegazione se non quella che s'è dato: qualcuno ha osato farla trapassare, qualcuno ha fatto sì che la sua vita giungesse al termine, portandosi via anche quell'unica stilla di famiglia che Rasetsu credeva di poter avere. Non la Famiglia. Quella è legata alla Yakuza e non si tratta di veri e propri parenti, non v'è un legame di Sangue. Ma questo... è tutt'altro. Trascende la mera concezione umana. Loro sono un Clan. Oh, erano. Del resto, quanti altri son rimasti ancora in vita che possano raccontare delle gesta dei Kokketsu? Pochi, sempre troppo pochi. Deve ricominciare a trasformare. Con Rio, è andata bene. Non comprende però perché debbano uscir fuori adesso, in un momento del genere, pensieri tanto diversi e affatto logici. Vuole forse sfuggire alla realtà dei fatti? Troppo facile, troppo difficile. Il suo cervello lo proietta nuovamente sul dolore, quel dolore dal quale lui decide arbitrariamente di voler fuggire. Il sacrosanto libero arbitrio, capite? Anche nei confronti di quel male che sente, che tranquillamente potrebbe tenere a bada versando qualche altra lacrima più, come un umano qualsiasi, non come un Demone. Lui... Oh, lui non può piangere, troppo orgoglioso e poco umano per permettersi una sceneggiata del genere. Non può accadere affatto. Quell'unica lacrima ha solcato il suo viso, l'unica alla quale gliel'abbia permesso. Non ne scenderanno altro ancorché resti in vita. E la rabbia inizia a ribollire nel suo corpo come se neppur fosse sua, così lontano dal sentirsi parte di quella furia che cresce, cresce e cresce ancora dentro di sé. Solitamente, quand'è arrabbiato, la qual cosa capita anche piuttosto spesso, riesce a riprendersi facilmente con una o al massimo due pasticche di Sbrilluccica Rossa, il suo primo capolavoro. Ma ora... Ora, perché dovrebbe assumerla? Per sentirsi euforico? Non c'è niente d'euforico nella morte se non è lui, tenebroso Demone, a portarla nella vita degli altri. Il primo Costrutto, quella mano demoniaca che ha appena creato, inizierebbe a muoversi impercettibilmente. Si troverebbe alla propria sinistra, dieci metri più dietro rispetto alla sua posizione. La sua mente è un baratro che s'apre lentamente, che lascia spazio soltanto alla concezione del dolore e del male che avverte. La mano inizia a muoversi e s'abbatterebbe con forza sulle panche dell'ala a lui frontale. Uno sferragliare di legname e ferro, l'una che s'accatasta sull'altra. Distruzione. Ecco cosa comporta per lui perdere qualcuno d'amato in un modo tanto illogico quanto per lui distante. Abituato all'immortalità, al pensiero d'esserlo, non riesce a credere che la Signora sia riuscita ad avvicinarsi tanto a lui. Perché, si sa, quando colpisce qualcuno di a te caro, vuol dire che ti aspetta al varco. E se il Rosso fosse il prossimo? Oh, non lo tollera affatto. E la mano, dalla grandezza di cinque metri, si aprirebbe del tutto plasmando il Chakra ed il Sangue esattamente come l'utilizzatore vuole, sfruttando un comando mentale e null'altro. Urla durante il delirio, durante la distruzione che dietro di sé vuole lasciare e al fianco della quale vuole vivere. <PERCHE' SEI MORTA?> Continua il suo monologo, concludendo quella domanda che finora era rimasta inespressa. Agita persino il braccio manco, come se ciò servisse a velocizzare quel movimento che ancor compirebbe. E ancora. E ancora. Alcune delle panche dovrebbero spaccarsi, altre volare verso la navata centrale, altre ancora fermarsi sul posto e diventare null'altro che ammassi di ciarpame che sarà usato per del fuoco in inverno. E siamo alle porte dell'estate. <L'immortalità è essa stessa un'illusione?> Si domanda, fermandosi quasi inerme, massacrato dal petto sconquassato. Odia quella situazione, quella sensazione e vuole soltanto che qualcun altro muoia adesso. Se non qualcuno... beh, se stesso. [Chakra: 86/90 | Punti Vita: 96/100][Hijutsu Kokketsu LV4 ON][Turno completo: Utilizzo I Costrutto]

03:05 Rasetsu:
 La sua sanità mentale, di per sé già vacillante e affatto presente, inizia a vacillare. E questa volta non basteranno due pillole di Sbrilluccica per renderlo nuovamente euforico come suo solito. Non le prende neppure in considerazione, non gli sfiora neanche da lontano l'idea di poterne usufruire per appianare le cose. Ciò di cui ha bisogno è distruggere. Perché se sua sorella non è più con lui, allora non è possibile che quel tempio resti in piedi. Perde la lucidità, quella poca che gli resta, e continua soltanto a muovere quel costrutto. Apre la mano, essa s'abbatte sulle prime panche che trova e probabilmente le ultime rimaste integre da quello specifico lato. Ne trarrebbe una con le lunghe dita dalle quali quel costrutto è formato, intendendo afferrare i rimasugli d'una panca rimasta più o meno integra rispetto alle altre. Un lancio da maestro quello che ne seguirebbe, tirando con un gran fracasso quell'oggetto contro la navata, contro qualunque vetrata possa esservi. Vuole abbattere quel posto. Vuole che sparisca dalla sua vista. Pretende che non ci sia più niente di lei da vedere. <SE TU NON CI SEI> Bercia ancora, urlando assieme al frastuono che continuerebbe a generare previa utilizzo del Costrutto dalla forma così astrusa e particolare. E mentre farebbe questo, in rapida successione e pur sempre previo comando mentale, continuerebbe a plasmare il proprio Chakra in relazione al Sangue Nero che gli aleggia attorno. Non versa lacrime. No. Pretende dal suo corpo l'impossibile, mero umano che crede d'essere una divinità ultraterrena, un Demone sputato fuori dall'inferno dove neppure il Demonio in persona ha avuto piacere d'averlo con sé. Sul lato opposto alla prima mano, farebbe in modo che se ne possa creare un'altra la quale avrebbe, ovviamente, le stesse fattezze grossolane della prima. Prenderebbero forma cinque dita. Pollice e mignolo si fermerebbero ad una lunghezza di un metro; indice ed anulare ad un metro e mezzo; il medio ad un metro e settantacinque. Il restante metraggio che dovrebbe riuscire a coprire sarebbe perlopiù composto dal palmo ben aperto, pronto a distruggere, a portarsi dietro una quantità di panche, detriti, oggetti, dolore e Sangue per fare in modo che quel petto smetta di far male, che il cuore smetta di battere così forte. Vuole sfiancarsi. Vuole crollare, distrutto, esanime, persino morto se questa fosse per lui un'espiazione. <NEANCHE QUESTO POSTO DI MERDA HA SENSO DI ESISTERE!> Urla a squarciagola, quella stessa gola che adesso prende a far del male. La graffia, le corde vocali però reggono e potrebbe urlare ancora, ancora ed ancora. Almeno fin quando non sarà così stanco da crollare davvero. La sua opera di distruzione è soltanto appena iniziata, intende arrivare sin in fondo a questa storia. Quel luogo di culto non ha senso che esista. Ci ha speso così tanto tempo e fatica che non riesce neppure a credere a quanto stia facendo, ma perché probabilmente la sua mente è ben oltre. Sta ancora pensando alla missiva che stringe nella mancina, la quale viene ora appallottolata e gettata poco distante da sé, ovviamente privo anche soltanto della forza necessaria per tirare un pugno che possa causare qualche ferita. Egli continua ad aleggiare nel Sangue, un'aura che non si separerà da lui tanto presto. Perché se c'è qualcosa che sa fare, quella è portare distruzione tramite la sua innata, padroneggiandola ormai in maniera tanto egregia da essere abile e poter gestire un quantitativo superiore di costrutti. Eppure... La distruzione, le panche che inizierebbero quasi letteralmente a volare in ogni dove non riescono in nessun modo ad appianare la disperazione. Annaspa, non trova un appiglio, non riesce a procurarsi niente che possa calmarlo. Kouki non è lì. Sosachi non è lì. Zashiki non è lì. Yukio non è lì. Sembra quasi essersene lavato le mani. Della serie, io lo avviso. Al tuo dolore, pensaci tu. Non pensi, invece, al *suo* di dolore? Non era mica sua moglie? Ma a Rasetsu cosa importa degli altri? A lui interessano poche persone, una di queste era sua sorella. E il sol pensiero, di nuovo, talmente snervante da fargli sussultare il petto e far uscire un lamento che neanche nei suoi incubi sarebbe riuscito a tirare fuori, porta la mancina al petto ad altezza del cuore. <Se questo vuol dire morire> Gli occhi sono iniettati di sangue, la mano continua a muoversi ma s'arresta nel momento in cui il capo vien rialzato. Deve guardare la sua opera. Deve guardare la distruzione compiersi esattamente come quelle iridi ne hanno guardato l'erigersi, il compiersi. Ciò che adesso lo circonda non è null'altro che l'odio, il fatiscente nascere della sua prima, vera delusione. Mai nessuno di così vicino è venuto a mancare. I suoi genitori li ha uccisi con le sue stesse mani, non rientrano nella lista di chi vorrebbe rivedere. Ma lei... sua sorella! Ah, è stata la prima ad accettarlo per il Mostro, per il Demone che era e credere che ora non sia più lì, secondo dopo secondo, minuto dopo minuto, istante dopo ogni fottutissimo istante, lo logora più di quel che credeva fosse possibile logorare. <io sono già morto, cazzo!> Si sfila gli occhiali con l'ausilio della mandritta, li lancia contro la parete con un gesto nuovamente secco e una rapida distensione dell'arto in questione. Le dita, dapprima chiuse sul materiale cremisi, si aprirebbero di scatto come se avessero iniziato a bruciare a contatto con la pelle. Vuole che si infrangano, che giacciano al suolo come monito per se stesso. Qui giace l'immortalità fallace dei Kokketsu. [Chakra: 86/90 | Punti Vita: 94/100][Hijutsu Kokketsu LV4 ON][2/4 - Utilizzo I Costrutto + 2/4 - Creazione II Costrutto]

01:27 Rasetsu:
 Alla creazione del secondo costrutto, non resta nient'altro da fare se non sfruttare la forza di questi ultimi e utilizzarli per la propria psiche e rimodernizzazione della cattedrale, divenuta poi a tutti gli effetti un tempio. Un tempio che, ben presto, non sarà neppure più integro ed in piedi per raccontare la sua storia. Alcune delle panche dal lato destro, a causa del primo costrutto, sono già state divelte, distrutte o lanciate verso la navata principale nel tentativo di distruggere tutto ciò che quell'enorme mano incontra durante il suo tragitto. E or che ne ha create due, la distruzione non può che proseguire. Una alla destra ed una alla sinistra, come due ali. Si porrebbe frontale alla navata, nel bel mezzo di quel corridoio improvvisato tra le schiere di panche. Ambedue i costrutti si troverebbero posti ai rispettivi fianchi dell'utilizzatore, il cui petto è sconquassato da battiti forti e respiri corti. <...perché...> Cerca di far uscir fuori dalle fauci strette qualche parola, ma esse sono spiccicate e prive di grandi significati. Stringe i denti tra di loro, quasi a stridere nel silenzio interrotto soltanto dalle sue urla, dai fracassi del legno e delle vetrate. Con forza, stenderebbe le due braccia in avanti, per quanto sia soltanto scenico, portando mentalmente le due mani giganti a spostarsi in avanti per trascinarsi dietro tutto quello che incontrano sul loro cammino. Con forza, tutta quella che possiede, cerca di lanciarli contro la navata, di ridurre in briciole quel luogo che null'altro gli ricorda se non Kurona. <E dov'è il suo corpo?> Domande che resteranno insolute, risposte che non giungeranno e il silenzio che regnerà ancor sovrano dopo la caduta delle macerie e del caos che vuole generare attorno sé. Solo per la morte. La morte è sempre stata la sua fedele compagna, no? Ne ha usufruito, l'ha vista compiersi e la maggior parte delle volte per sua mano. E allora dov'è il problema nell'accettare che qualcuno sia venuto a mancare? È proprio questo. Non ha mai visto venire a mancare nessuno che non fosse stato perché lo avesse voluto lui. E si tratta di sua sorella, diamine. Cosa dovrebbe fare? Cercare vendetta nei confronti dell'ignoto? Potrebbe. Deve prima capire come è stata uccisa, perché e come. La sua mente annulla completamente l'idea che possano esservi altre motivazioni per il decesso. Dacché è nel Clan, gli è sempre stato dimostrata l'immortalità dei Kokketsu. E ora dov'è finita? Perché non ha avuto pietà di Kurona? Non comprende ed è questo che lo fa andare in bestia. La non conoscenza di quel che è successo a sua sorella lo fa uscire di senno quasi più della morte stessa. È certo che possa superarla, ma non vi riesce nell'immediato. Come potrebbe? Non riesce a capire quanto importante sia un lutto così come è difficile e ci voglia tempo per superarlo. Questo perché non ne ha mai subiti, nessuno gliene ha mai dato modo, un po' per fortuna e un po' perché si è circondato di ben poche persone. A ben pensarci, l'importante è che non sia Kouki, vero Rasetsu? Oh, lì avresti preferito ucciderti e seguirla nell'oltretomba più che restare sulla terra, dannato Demone. Ma focalizziamo la nostra attenzione su quel che gli succede attorno. Cercare di capire ciò che ha in testa è ben lungi dall'essere compreso, tenendo conto degli sbalzi umorali che or spaziano dalla tristezza, alla rabbia, all'annullamento. Non sembra ancora esserci nessuna accettazione. Non è ancora il momento. La sua opera non si è ancora compiuta. Rapidamente, i due costrutti vengono lanciati contro le panche. Una di queste dovrebbe essere direttamente lanciata contro le enormi finestre poste dal lato opposto, lungo la parete ultima. Un rumore frastornante di vetri che cadono, niente in confronto a quel cuore che sta subendo più di quel che sarebbe capace di sopportare. Non riesce a pronunciare null'altro se non il ringhiare sommesso che proviene dalla sua gola. Gli occhi sono sgranati, contornati di venuzze rosse. Il sangue nero di cui è rivestito svolazza tutto attorno, sporcando le pareti ed il pavimento. Non gli importa. Tutto deve finire. Li muove entrambi, sacrificando qualunque altra movenza eccetto quella della gola, la quale si lascia sfuggire un altro ennesimo lamento. <TU NON DOVEVI MORIRE!> Si finisce a ripetere sempre le stesse frasi, permettendo a queste di penetrare nella tua mente, entrando a farne parte completamente. E, facendo parte di te, non faranno altro che comparire ogni volta che cederai. Ha bisogno di qualcuno adesso, di un sostegno vero. I muri vengono dipinti di nero dal sangue che sfreccia e passa oltre, la rabbia scema man mano ma ancora non basta per dimenticare ciò che ha provato. Neanche la Sbrilluccica potrebbe alleviare ciò che sente, l'euforia sarebbe soltanto momentanea e contornata da pianti isterici che sta trattenendo a stento già in questo momento. <Eravamo una famiglia.> Ricorda bene quando gli ha promesso che si sarebbe presa cura di lui, che i Kokketsu si sarebbero presi cura di lui, come soltanto i mostri sanno fare. Come soltanto loro sanno fare. Continuare la sua distruzione tramite i costrutti, però, sembra vana. Ha in mente di fare altro, ma deve uscire all'esterno per fare in modo che si compia. Chiunque si avvicini ora al tempio, rischia grosso. Potrebbe non guardare in faccia nessuno, a meno che non sia Kouki. In quel caso, la fanciulla potrebbe trovare la soluzione migliore ai problemi del Demone. Ne ha sempre trovati. Vorrebbe soltanto tornare da lei in questo momento, ma non può. Deve restare assieme al proprio dolore, al proprio rimorso. Deve commemorare la sua defunta sorella e, per farlo, deve necessariamente compiere un atto drastico, ma altrettanto giusto. Come anticipato, perché quel tempio dovrebbe restare integro, in piedi, se la sua protettrice non è più tra loro? Per quale assurdo motivo non dovrebbe farlo cadere? Non interessa più a nessuno. A lui non interessa. Se Kurona Kokketsu è deceduta, quel tempio andrà via con lei. Non ne resterà neanche un mattone. [Chakra: 86/90 | Punti Vita: 92/100][Hijutsu Kokketsu LV4 ON][Turno completo: Utilizzo due costrutti]

02:46 Rasetsu:
 La giornata s'è rivelata essere davvero molto tumultuosa, vero Rasetsu? Non ti saresti mai aspettato di ricevere una notizia del genere da parte dell'Hasukage. Chi te l'avrebbe mai detto? Chi avrebbe mai potuto garantirti, di rimando, che nessuno se ne sarebbe mai andato dalla tua vita? Essere immortale vuol dire vedere morire chiunque ti sta attorno senza poter fare assolutamente nulla per fermare la Signora e Padrona. E' esattamente questa la maledizione che ti sei scelto, Demone. Una maledizione che ti porterai dietro per l'eternità, che fa parte soltanto di te. Si dice che non si può scegliere di quale morte morire, ma tu lo hai fatto. Hai preferito sacrificare te stesso per non dover scegliere, preoccupandoti soltanto di non venire ammazzato. E se ancorché questo dovesse succedere, accadrà soltanto perché lo hai voluto tu. Assistere alla morte di tutti gli altri, però, ti fa riconsiderare un po' la situazione e la tua stessa vita. Secondo la credenza, i Kokketsu sarebbero immortali, impossibili da abbattere tramite malattie comuni. Tanto meno la vecchiaia potrebbe buttarli giù. Eppure un Kokketsu è appena morto. E' questa l'idea che ora s'è fatto della morte dopo aver vissuto per anni nella menzogna, nell'idea che s'era fatto dell'immortalità perenne. Hai creduto che la morte non t'avrebbe mai raggiunto, non direttamente almeno. Ma se non può uccidere te che sei immortale, non è detto che gli altri attorno a te siano incolumi. E non è il caso di pensare a Kouki? Se oggi fosse l'ultimo giorno in cui tu possa vederla, cosa faresti? Staresti qui con le mani in mano? Non saresti già da lei, pronto per abbracciarla e stringerla a te? Con tua sorella, non è stato possibile. Sarà costretto a portarsi il peso addosso per tutta la vita, il senso di colpa di non esserle stato affianco -come solo i Mostri sanno fare- nei suoi ultimi istanti. E forse è stato meglio così. La capacità di non legarsi a nessuno pur di non soffrire è una qualità che hanno in pochi, se tale la vogliamo definire. Avresti dovuto apprenderla. Non staresti certo così male ora che Kurona non potrai più vederla. Sente la rabbia ribollirgli dentro, salire fino alla sua sommità e poi scoppiare come un palloncino. Sta per fare qualcosa di sconsiderato, davvero molto fuori dall'ordinario. Non adotterà i suoi costrutti per buttare giù quel tempio, bensì si avvalerà di qualcosa di nuovo, strano, potente. <Se decido che questo tempio crolla> Squilibri mentali che si fanno sempre più evidenti, mettendo da parte gli sbalzi d'umore che sono parte integrante del Rosso. A breve, potrebbe iniziare a piangere, ammesso sappia come si fa davvero. Non lo ha mai fatto in vita sua, forse da bambino, ma anche allora dimostrava dei segni di squilibrio non indifferenti. Trovare una famiglia vera, che l'accettasse per quello che è... questo voleva dai Kokketsu e lo aveva ottenuto proprio grazie a sua sorella. Com'è possibile che ogni pensiero, ogni ricordo, ora vada direttamente a lei? Qualsiasi cosa dica, faccia o pensa, al momento, è dedicato e propende verso di lei. Sembra così assurdo. Avevano perso i contatti nell'ultimo periodo, quest'è vero, ma di certo era ancora parte integrante della famiglia nella quale è stato catapultato, accettato seppur con qualche difficoltà iniziale. Tuttavia, è risaputo che per far parte del Clan, si ha bisogno di alcuni requisiti fondamentali: primo tra tutti, la pazzia. Se non la si ha nel DNA, è sicuramente difficile riuscire ad attivare l'innata, vero? E' esattamente questo che accomuna tutti quanti, ma in nessuno di loro potrà mai riuscire a trovare una figura che rappresenti o ricopra la figura di sua sorella. E come potrebbero? Nessuno è come lei. E lei non potrà più essere nessuno tra i vivi. Immobile al centro del corridoio tra le panche, quelle poche che son rimaste ancor integre ma divelte, non sa bene come e dove proiettare la propria indecisione. <allora crollerà.> Non può tirarsi indietro se ha già deciso quale strada far prendere alla propria vita. Non può e non deve. Quindi, girando su se stesso, si lascia alle spalle la navata che ha reso di per sé inguardabile. Le vetrate sono distrutte, non del tutto ma quasi. Le panche sono disposte in ogni dove, praticamente anche in più pezzi avendole lanciate, spinte, danneggiate tramite i suoi costrutti di Sangue Nero. Gli stessi che adesso lo seguirebbero nel suo avanzare. Un passo dopo l'altro, dapprima molto lentamente. Inizierebbe a percorrere la via a ritroso, volendo puntare direttamente ai grandi portoni che conducono all'esterno e che, per l'occasione, erano stati chiusi dietro le proprie spalle. Giunto a qualche metro di distanza da questi ultimi, ancor dall'interno, stenderebbe ambedue le braccia in avanti in maniera del tutto scenica, non avendo bisogno alcuno di movimento bensì soltanto d'un comando mentale indirizzato ai due costrutti precedentemente creati. Le dita arpionano l'aria, si spingono in avanti assieme al resto delle braccia, facendo in modo che anche i due costrutti possano viaggiare poi in direzione dei portoni. La schiena dell'uomo resta lievemente arcuata in avanti, la testa dai ciuffi cremisi incastrata tra le due spalle. Le mani di puro sangue si infrangerebbero contro i portoni, uno dopo l'altro, a distanza di relativamente poco tempo tra il primo ed il secondo. Farebbero sì che le due ante, aprendosi, sbattano contro il muro retrostante causando un rumoroso frastuono. E' ciò che vuole. Restare in silenzio darebbe adito ai pensieri di continuare a manovrarlo, lo terrebbero ancora inchiodato lì nel tempio, in attesa d'una risposta adeguata alle paturnie che si sta facendo; oltre a credere che un'attesa maggiore possa modificare il desiderio di distruzione che ha appena contemplato nella sua interezza. E' troppo tardi, Rasetsu. Giunge il momento di terminare lo show, talvolta, e possiamo dirci chiaramente che ormai siamo prossimi proprio a questa fatidica decisione. Si trascina dietro l'alone violaceo che lo contraddistingue, assieme ai due costrutti che invece dovrebbero precederlo all'esterno. Aleggiano a circa una decina di metri dalla sua figura, ben visibili e a stretto contatto mentale con il loro utilizzatore. <Tutto questo finirà.> Un nuovo sibilo che fuoriesce dalle labbra esangui del Demone, il quale supera l'uscio del tempio con una certa disinvoltura, come se dietro di sé non si stesse lasciando assolutamente nulla se non la parte più importante della sua vita. Non chiude il portone, una volta fuori. Non serve. A breve, non esisterà neppure più un singolo pezzo che possa essere definito tale. Tutto ha un inizio e tutto ha una fine. Lo ha scoperto troppo tardi, ma ciò non vuol dire che non possa immediatamente porre rimedio. Ha appreso una nuova lezione, oggi. Forse più d'una. Deve ricominciare a riordinare i propri pensieri, farne di nuovi, catalogarli meglio e sperare che quello di sua sorella non si faccia vivo troppo spesso nei giorni a venire. [Chakra: 86/90 | Punti Vita: 90/100][Hijutsu Kokketsu LV4 ON][2/4 Utilizzo Costrutto + 1/4 Spostamento]

16:32 Rasetsu:
 E' il momento che tutto si compia. Innanzi al tempio, i costrutti si fermano dietro la sua schiena, sollevati dal terreno di qualche metro. Tutt'attorno a sé, in un'area non inferiore ai trenta metri, l'alone violaceo con tante piccole scariche elettriche continua a ricoprirlo. Lo sfrutta per generare altro sangue, poiché quello che esce dalla ferita aperta va ad innalzarsi come se fosse pura aria. Aleggia attorno al Demone, il quale inizia mentalmente a richiamare quanto più sangue possibile. Oltre a quello che fuoriesce dalla ferita sul polso, la quale s'aprirebbe oltremodo per permettere allo stesso liquido di vedere la luce del giorno, adopererebbe anche quello presente nel raggio d'azione della sua innata. Lo farebbe confluire in un unico punto, compiendo appena qualche passo indietro per trovarsi distante dalle scale del tempio e assicurarsi una degna visuale, oltre che un'ampia panoramica per quello che sarà il suo atto finale. Un atto che lo porterà a distaccarsi finalmente da quel tempio, l'unico luogo che è riuscito a definire finalmente casa sua, tanto da volerci creare un appartamentino soltanto per lei e Kouki. Non è possibile, adesso. Non può riuscire a resistere tra quelle mura. Devono crollare assieme a colei che ora non cammina più su questa terra. Il proprio Sangue nero andrebbe a congiungersi assieme a buona parte dell'aura violacea che lo adorna. Persino dalla sua cappa, creatasi proprio per via dell'innata, si sfilaccerebbero delle gocce che si unirebbero al totale. Una massa informe di sangue dalle enorme dimensioni sarebbe quella che prenderebbe man mano posizione e forma davanti al Kokketsu e al tempio. Getta ombra sull'uomo, innalzandosi sempre più verso l'alto e iniziando a consolidarsi per formare quella che sarà un'onda gigantesca e totalmente nera, composta dal proprio sangue. Avverte la spossatezza dovuta all'ingente perdita di sangue immediata, trattandosi di dissanguamento. Se continua così, ben presto avrà bisogno di ben più d'un tonico coagulante, ma di una vera e propria trasfusione. E tutti sappiamo che non prende sangue da chiunque, benché meno se sia d'un altro colore e non nero come il proprio. Stringe i denti, lascia fluire all'esterno il proprio respiro pesante, mentre stende ambedue le braccia in avanti. Questa volta, non v'è niente di scenico, è soltanto necessario. Nello stendersi degli arti superiori in avanti, lo stesso sangue dovrebbe appunto assumere finalmente la forma effettiva di quell'attacco. L'ampiezza di quell'enorme costrutto, che tale non può neppure venire definito, avrebbe uno spesso pari a quindici metri, un'altezza non inferiore ai quarantuno metri ed una larghezza che raggiungerebbe i sessantadue metri e mezzo. Sarebbe capace di spazzare via tutto quello che incontra ed è esattamente ciò che vuole adottare per questa sua impossibile impresa. La velocità e la forza distruttiva dovrebbero bastare per ridurre a brandelli quel tempio che gli si para innanzi, alto e austero, simboleggiante il Clan del quale fa parte e di cui s'è sempre fatto vanto. L'onda lo sovrasta, aspettando soltanto un suo ordine prima di partire effettivamente all'attacco. Le mani hanno un sussulto, ma ancora non si uniscono per completare l'attacco. E' giusto ciò che sta per fare? Oppure dovrebbe fermarsi, smettere, arrestare tutto quel massacro ai danni d'un qualcosa che non è capace di difendersi da possibili attacchi esterni? Ha ormai deciso di farlo, tirarsi indietro sarebbe controproducente e andrebbe contro i suoi stessi principi innaturali: il libero arbitrio. Stringe le dita, le arcua sino a formare dei veri e propri artigli. Sposta la leva inferior manca in avanti rispetto alla gemella, cercando un corretto equilibrio oltre che sostegno proprio sulle due gambe. Chiude gli occhi, privati delle lenti dalla montatura cremisi ch'è solito indossare, lanciati contro una parete all'interno del tempio e lasciati lì a marcire assieme al tempio stesso. Li riapre dopo poco, cercando di mettere bene a fuoco la struttura di fronte a sé. <CAZZO!> Esclama di getto, come se una tale imprecazione possa dargli la forza necessaria per completare ciò che pare non riuscire a compiere. Nel silenzio venutosi a creare tutt'attorno a lui, interrotto soltanto dal veloce sussultare della sua cassa toracica, dal respiro profondo e reso roco dalla secchezza della gola, farebbe unire i palmi delle mani. "Clap". Un applauso, un degno finale per quel tempio che sta per venire distrutto proprio dalle mani che se n'erano presi cura. Ed è in quel frangente, quando l'enorme onda nera inizia a muoversi che gli occhi capterebbero una presenza, una figura dai capelli lunghi e bianchi. Elegante nel suo kimono, le iridi d'un cremisi luminoso che lui ricorda davvero molto bene. Minuta in quegli abiti, ma non per questo irriconoscibile. Sa bene chi sia. Conosce fin troppo bene quelle fattezze per dimenticarsele. Sbarra le palpebre, trattiene il respiro non riuscendo a dire o fare altro se non distaccare le mani dal loro precedente applauso. Ciò non fermerà l'avanzare dell'onda né riuscirebbe a richiamarla per tempo. Ma quella visione! <Ku> Non può davvero trattarsi di lei. <Ro> Il suo spirito? Impossibile. Non esiste. <Na.> Si lascia sfuggire dalle labbra l'ultima sillaba, ma è troppo tardi per fermare l'abisso nero nel quale il tempio sarà inghiottito. Sembra dirgli qualcosa, probabilmente di fermarsi. Schiude le sottili labbra, l'ultima visione che Rasetsu potrà vedere prima che anche quell'ombra, quell'ultima essenza della sorella svanisca esattamente com'è apparsa. Nel nulla, sommersa però da litri di sangue che son confluiti per formare quell'onda dalle gigantesche dimensioni. Alle orecchie, sembra giungergli un sussurro che, dato il silenzio che lo circonda, potrebbe anche essere plausibile. Spesso e volentieri, però, colpevole anche l'assenza di sostanze stupefacenti in corpo, le allucinazioni potrebbero essere all'ordine del giorno. Non è impensabile. Tuttavia, al momento, la sua mente è proiettata sulla visione che ha appena visto, non riuscendo a pensare a niente che possa anche solo essere coerente, giusto, plausibile e scientificamente provato. Ciò che sta vedendo -e che probabilmente *vuole* vedere- è l'entità stessa di sua sorella come se fosse reale. Non vuole dimenticare. Le braccia ricadono inermi lungo i fianchi, la visione che sparisce dai suoi occhi, sommersa dal sangue nero. Un'oscura massa informe che inizierebbe a raggiungere gli scalini del tempio, alcuni venendo crepati ed altri restando intatti poiché non sono loro quelli presi di mira dalla grandezza di quella tecnica. <OnÄ“-san> Pronuncia ancora, un alito dalle labbra che non sarebbe neppur udibile se non a se stesso. Nelle iridi, resta assurda la presenza costante di quella visione passeggera e momentanea, non riuscendo a districarla, rendendola veritiera ma soltanto a se stesso. E' impossibile, d'altronde, chiunque glielo direbbe e glielo farebbe notare. Ma, come al solito, è da solo e non c'è nessuno a prendersi cura della sua psiche già debole e in bilico fin da quand'era soltanto un ragazzino. Questo è soltanto un altro tassello che s'aggiunge alla calma che precede la distruzione totale del proprio essere. Occorre maturare, vero Demone? In fondo, è questa la vita che ti sei scelto. Devi essere consapevole che l'immortalità ti permetterà di vedere tutti gli altri morire, anche i Kokketsu che son stati uccisi (credendo fermamente che sua sorella non sia potuta morire per altre motivazioni, dando fondo a quella tenebrosa convinzione di non potersi ammalare come le persone comuni). Nel frattempo che questi prenda coscienza delle rivelazioni odierne, l'enorme onda di sangue finirebbe con l'infrangersi contro il tempio. Partirebbe dall'alto, trattandosi comunque di dimensioni oltre il limite immaginato da lui stesso, iniziando ad inglobare la struttura e a rivestirla completamente. La sua potenza devastante dovrebbe spingerla a cadere, a crollare su un lato o comunque a venir letteralmente divelta, gettando le sommità del tempio dalla parte opposta. S'abbatte come una marea, contornata da quell'alone violaceo del quale lui stesso è circondato. Ed è un secondo, forse pochi attimi, quelli necessari a rendere quel luogo una rovina a cielo aperto. Inglobando gran parte della struttura e della zona erbosa circostante, tutto dovrebbe apparire assurdamente nero, oscuro, come se una grande macchia fosse discesa da chissà quale divinità ultraterrena e abbia deciso di causare non pochi danni. Con la forza posseduta, il tempio dovrebbe riuscire a trovare la sua fine nel giro di veramente poco, mentre Rasetsu si lascerebbe cadere al suolo, in ginocchio, incapace di sostenere il suo corpo privato di buona parte di quel liquido che gli dà la vita. Lo tsunami è lì, che s'abbasserebbe assieme alle macerie. Resterebbe a soggiornare sul terreno, senza richiamarlo, incapace di riuscire a compiere qualunque altro comando mentale. Persino i costrutti svanirebbero e si liquefanno al suolo, dietro le proprie spalle, unendosi alla cappa indossata e composta anche quest'ultima del proprio sangue. La ferita non smette di sanguinare, tenendo dunque però attiva l'innata che lo ha sempre contraddistinto. Lo sguardo è perso, vitreo, incapace di ragionare. Siede al suolo, divarica le gambe e cerca una posizione che possa sostenerlo per il tempo necessario a riprendersi. Abbassa lo sguardo verso le proprie mani, appena sollevate e col palmo rivolto verso il cielo, il quale s'andrebbe coprendosi di enormi nuvoloni neri. Pian piano, alcune gocce d'acqua piovana dovrebbe cominciare a scendere dall'alto, infrangendosi contro le macerie e quel sangue già mischiato al Chakra elementale dell'Acqua. Non riesce a spiccicare nessuna parola, ma china il capo all'indietro. Permette all'acqua di scendergli addosso, ripulendolo probabilmente dal fallimento e della malinconia che avverte al centro del petto: gli stringe il cuore in una morsa impossibile da rimuovere con la sua mera forza di volontà. Digrigna i denti, affilati e lunghi come rasoi, lasciandosi sfuggire un urlo che potrebbe riverberare nei dintorni come un'eco. <NYAAAAAAAAAAAAAAH!> No, nient'affatto una risata. Grida di disperazione le sue. E se lui è incapace di produrre lacrime come una persona normale, si affiderà alla pioggia. Gocce quelle che bagnano or il suo viso, scendendo lungo le guance e seguendo il percorso del mento, perdendosi infine sul terreno e in mezzo a tutto quel sangue che ricoprirebbe il luogo. Piangi, Demone. E se non sai come fare, lascia che sia il mondo a piangere per te. [Chakra: 56/90 | Punti Vita: 68/100][Hijutsu Kokketsu LV4 ON][3/4 - Tsunami di Sangue + 1/4 - Drama~Feels + 1/4 - Contemplazione][ END / OMFG ]

Tramite una missiva di Yukio, Rasetsu scopre che sua sorella Kurona è venuta a mancare.
Comprende che l'immortalità della quale tanto si fa vanto, in realtà, non è niente di speciale se sei costretto a vedere gli altri morire attorno a te.
Data la dipartita di Kurona, non trova giusto che il tempio di Kusa (ristrutturato e sistemato soltanto per un suo ritorno) resti ancora integro. Di conseguenza, lo rade al suolo.