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{Ricordi di un'amore perduto}

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con Hanabi, Itsuki

22:04 Hanabi:
  [Fitto degli Alberi] Non ne poteva più. Non che la fama della Pura si basi proprio sulla sua tolleranza ai propri doveri, eppure, oggi in particolare, non ne poteva più. Non ne poteva più di quegli sguardi, di quelle voci che tremanti dall’emozioni andavano a cercare il suo sguardo, di quelle mani che impudenti sono andate a poggiarsi sulle proprie spalle o braccia o mani in cerca della sua attenzione. Non ne poteva più di quelle maledette carte da firmare, approvazioni, documenti e tutte quelle scartoffie che supportate dai relativi ambasciatori sembravano inseguirla in uno stramaledetto stormo di scartoffie e parole. No, non ne poteva più. Ed è da quanto Hanabi è al mondo che quando si sente “pressata” cerca rifugio nell’isolamento, nel silenzio, nella natura. Certo, il bosco dei ciliegi non è la Foresta della Morte di Oto; vialetti ordinati, panchine per gli innamorati, ciliegi che anche se lontani dalla fioritura sembrano mantenere un equilibrato e grazioso ordine in quella natura. Era abituata a rami contorti in forme claustrofobiche, tronchi così vicini da non permettersi semplici spostamenti e fronde così ostili da strozzare il passaggio di qualsiasi. E paradossalmente, forse lo avrebbe preferito quel tetro Bosco della Morte; almeno lì nessuno avrebbe modo di trovarla, salvo un impegno notevole. E chissà che non siano proprio questi i suoi pensieri, in quel suo vagare senza meta tra le fronde; no, non è sul vialetto. Non ci pensa nemmeno. I movimenti sinuosi e regali, spontanei in quella superbia ereditata da colui di cui porta il volto, si snodano in un’involontaria eleganza tra i tronchi dei sakura. Un passo che sussegue l’altro, in leggeri sussurri di erba calpestata. Le braccia a ciondolare lungo i fianchi, abbandonate eppure mai del tutto casuali in quell’oscillare leggero dovuto ai propri movimenti. Indosso, dei pantaloni neri, larghi e da allenamento, sono infilati in anfibi del medesimo colore. Al di sopra, una maglietta aderente altrettanto nera dallo scollo a “V” segue sinuosamente ogni allenata curva della Uchiha, risaltandone il fisico asciutto nelle sue morbidezze e tonicità perfettamente equilibrate; un fiore sbocciato, non più acerbo. E sopra, quasi un mantello a coronare le sue pure origini, un haori pregiato riportante lo stemma Uchiha tra le scapole poggia sulle sue spalle senza che le maniche siano state infilate, lasciando che queste ondeggino pigramente al suo seguito smosse dalla brezza serale. I capelli corvini, seppur cresciuti in quei dodici anni, continuano a ricaderle in ciocche ribelli e scalate sul visino pallido. Ciocche corte, tagliate palesemente senza cura, irregolari, fatta eccezione per una piccola e corta coda bassa all’altezza del collo, dove stranamente sembrerebbero essere rimaste delle ciocche più lunghe in un’involontaria taglio dalla doppia lunghezza. Che non sia riuscita a tagliarsele da sola? Probabile. E forse è solo questione di tempo prima che ci riesca. Continua ad incedere, nessuna apparente meta a guidare il suo moto tranquillo; in volto quella consueta espressione. Quell’involontaria superbia sfacciata, quell’orgoglio glaciale che apparteneva a suo fratello, che in quei lineamenti assurdamente identici a lui sembrano ormai richiamarlo in ogni espressione. Solamente una dolce femminilità a distinguerli; solamente delle labbra morbide seppur sottili e delle ciglia folte a decorarle gli occhi affilati come lame. Se non altro è riuscita a riposare; dopo notti insonni e giornate ai limiti dello stress concepito, dopo richieste incessanti ad Ekazu di guidarla in un sonno senza incubi, finalmente sembra essere riuscita a riposare autonomamente senza che nessuna presenza la raggiungesse nel mondo onirico. {Chakra ON}

22:26 Itsuki:
 Calato il sipario sulla missione di ieri, nauseabonda impresa, avrebbe speso un'infinità di tempo, indubbie ore a strigliarsi, grattarsi di dosso quel tanfo, far in modo che il marcio venisse lavato di dosso, seppur sembra che tutto sia stato utile solo per metà. Parte dell'odore se ne è andato, ma allo stesso tempo nel mentre che si levava lo schifo di dosso, pensava già ad un modo di concedersi una via di scampo da quello schifo, qualcosa di fattibile con un minimo di ingegno, non l'avrà direttamente addosso almeno, ma la scia che si sarebbe lasciato alle spalle sarebbe stata quel che sarebbe stata. E per quanto non si curi effettivamente della cosa in sè, noncurante della gente, di certo il tutto lo infastidisce, un profumo maschile indosso che non è solito usare è stato spruzzato infinite volte, andando a creare un qualcosa di respirabile perlomeno, ma di fondo strano, un miscuglio che verrebbe saggiamente smosso di continuo da quella manipolazione che avrebbe attivato non appena uscito dal proprio alloggio, dirigendosi vero il placido bosco dei ciliegi, un luogo suggestivo che di certo non potrebbe far altro che tenerlo alla larga da eventuali incontri scomodi, muovendosi per i vicoli e le strade meno affollate dell'Erba. Una sigaretta tra le mani e quindi chakra alterato di vento che sarebbe stato smosso in direzione esterna a tutto il corpo, un'ammantarsi di un vento che continuerebbe a soffiare attorno alla propria figura, andando a far sì che quella corrente ascensionale diagonale sorga dal basso, innanzi a sè, partendo da davanti per soffiare verso indietro, smuovendo appena le vesti e facendo dondolare la coda nera d'ebano, capelli ovviamente legati lavati fino allo stremo con ogni possibile prodotto, il completo nero e bianco, cravatta e guanti, l'unico problema in tutto ciò è la scomodità di fumare, perchè una sigaretta durerebbe si e no cinque tiri, se non di meno. Quindi, quella figura ammantata di vento si ritroverebbe oramai in prossimità del bosco stesso, allontanatosi dalla civiltà per potersi concedere un mite passeggiare < Maledizione.. > al solo pensare a quello che deve fare per evitare di sentire lui stesso quel tanfo, riuscendoci fortunatamente grazie a quel cenno di arguzia, concedendosi quell'incedere meccanico e relativamente elegante che lo smuove lungo il sentiero, con le mani in tasca ed un'espressione stizzita su quel viso permanentemente arido e privo di qualsiasi espressione, mentre Eiji da dentro andrebbe mormorando in un chè di straziante <{ Almeno abbiamo trovato questo metodo.. }> ma Itsuki non potrebbe far altro che scuotere le spalle dopo quel personale sibilo ed allo stesso tempo sospirare, senza tutt'ora concedersi un notare del saltar di albero in albero di una precisa figura. Non pensa a nulla di particolare, nemmeno l'altro sembra volersi concedersi un riflettere preciso nonostante le attenzioni negli ultimi giorni sono rivolte al piano da attuare, a quegli ingranaggi da far muovere, starebbe per dire qualcosa lo stesso Goryo quando si ritroverebbe invece a soffermarsi e lasciar il fiato sospeso, labbra schiuse, rubine a cercare una fonte di quei fruscii < Mh? > mentre alla sua destra o sinistra che sia, lungo la coltre dei sakura, potrebbe notare una figura ammantata di neo muoversi, lo stemma degli Uchiha, quella libertà indomita, se solo il Kagurakaza avesse modo di ricordare quelle movenze e quel bisogno di evadere anche solo di qualche metro dal suolo, dalla gente, da tutto. Però, la sensazione è come familiare, il dubbio è chiaramente insito dentro entrambi a loro due e quindi mentre da dentro giunge un vocalizzo spezzato quasi di spavento misto ad indubbia sorpresa, il Corvetto andrebbe a comprendere sena il bisogno di porre alcun verbo, dopotutto se non sarà Lei sarà comunque qualcuno al quale può domandare, smettendo di recarsi al Dojo senza mai trovarla lì, di cercarla disperatamente quasi in un gioco dove i due in quel corpo giungono, ma lei se ne sarebbe già andata. È un'istante quindi, un'attimo istintivo nel quale andrebbe a far sì che le proprie leve inferiori, forti del Chakra, si portino a compiere un paio di rapidi passi verso la chiostra di alberi rosati, prendendo una breve rincorsa per dunque fregiarsi di un pigro balzo che lo dovrebbe portare ad intercettare la direzione di Hanabi stessa, un paio di alberi più avanti, saranno cinque metri di distanza mentre in mezzo ce ne sarebbe uno che ironicamente ha rami abbastanza spessi da reggerli entrambi, se solo quel frapporre dei metri tra di loro non fosse intenzionale, questioni fognarie del cavolo a parte. si flette appena dopo quell'ascendere ed atterra morbido sul ramo, poggiando la dritta appena sul tronco in quel mantenersi in equilibrio per un singolo istante, riportando le mani in tasca < Sei tu... Hanabi Uchiha... > cercherebbe quei suoi occhi scuri con il proprio sguardo color del sangue, vento contrario a se stesso chiaramente a venir smosso per evitare quisquilie nel quale doversi esprimere, la guarda con un'aria spenta e distante, non potendo non concedersi un'amaro dire, che però è ben più basso del tono secco e deciso rivolto alla Pura < Ed infine... Io perdo e tu trovi... > rivolgendosi ad un'Eiji che però pare in un'altro mondo, una dimensione alternativa, imbambolato, spento, rotto dopo quello stesso incontrarla casualmente, sperando di riuscire a fermarla a differenza di quella volta dopo la riunione quando quel correre forsennato tr quei dannati cloni non aveva fatto altro che portarlo ad un misero fallimento, uno scherzo del destino. Destino che alla fine, pare compiersi. { Ck - 6 manipolazione vento ed eventuali tonici per cose come EQ }

22:57 Hanabi:
  [Fitto degli Alberi] Le suole degli anfibi continuano ad alternarsi sul terreno in quei morbidi tonfi erbosi, l’haori a smuoversi pigramente assieme alle fronde degli alberi circostanti, lasciando che quello stemma tra le scapole sventoli come un flagello sulla propria esistenza. Non ha fretta di muoversi, non ha fretta di andarsene. Ha trovato il suo momentaneo rifugio lontano da quelle morbose attenzioni che vengono rivolte all’ultima Uchiha Pura. Ha fatto realmente bene a tornare? Una domanda che ha iniziato a porsi più spesso di quanto avrebbe pensato. Era davvero pronta? O forse si è sempre illusa di poter fuggire? Un leggero sbuffare dalle narici a quel pensiero, gli occhietti che severi ed annoiati studierebbero il percorso dinnanzi a sé senza realmente metterlo a fuoco. Ha ritrovato Ekazu; e questo sembra valere più di qualsiasi altra possibile scelta. L’ultima persona rimastale accanto, l’unico a conoscere realmente la sua storia. L’unico che può realmente capire quello che prova, e che è mai riuscito a tenderle una mano quando quelle dannate tenebre del passato tornano a ghermirla. Un leggerissimo incurvarsi di un angolo delle labbra a questo pensiero, labbra che starebbero ampliandosi in un raro sorrisino spontaneo quando all’improvviso un suono la raggiunge. Alle proprie spalle. Uno smuoversi di vento, un mugolio. Arresta il passo, il sorriso a scomparire dalle labbra sottili; ogni senso in allerta. Fruscii di rami alle proprie spalle. E lentamente, con una calma insolita e studiata andrebbe a voltarsi. La calma di chi ostenta la propria superiorità, la propria fierezza. Il volto raggiunge i tre quarti, i lineamenti affilati a venir illuminati dai tenui bagliori della luna tra le fronde, spezzati dalle ciocche corvine. E per la seconda volta, all’insaputa della Pura, i loro occhi si incontreranno. Gli occhi grigi che tante volte incontrarono quelli cremisi del Principe, dopo una veloce ricerca di quella fonte di suono, scatteranno ignari alla ricerca di quelli di Itsuki, piantandovisi. Uno sguardo gelido, penetrante. Distaccato ma allo stesso tempo bruciante di fierezza. Non ha idea, la Pura. Non ha idea di chi, dietro quel ragazzo dai lineamenti androgini e affascinanti, e dai lunghi capelli d’ebano si celi incapace di realizzare. Del resto alla riunione non aveva avuto modo di assistere alla trasformazione del Goryo, ragion per cui al momento sul quel volto gemello a Sasuke altro non si dipingerebbe che una leggera stizza a sentir pronunciato il proprio nome. Le sopracciglia a venir sollevate in una velata ironia mai scomposta su quei lineamenti superbi, la fronte ad aggrottarsi < Ti conosco? > secca, diretta, il corpo che viene ora voltato del tutto in direzione di Itsuki più alto sui rami. Una pausa, il visino che viene sollevato in un che di strafottente. Ma ecco che lui parla a se stesso, cosa che lei al momento non può capire < Ah? > un mugolio perplesso vagamente snervato, le mani a portarsi sui fianchi, velatamente accigliata. Ma chi è quel tipo? E soprattutto, che diavolo vuole da lei. {Chakra ON}

23:28 Itsuki:
 Sarà teatrale, sarà la questione della missione di ieri che non citeremo più a causa del vento stesso che gli smuove appena le vesti e con più vigore il crine d'ebano, piume nere che danzano dietro di lui in quel volgere le spalle alla luna pallida, lo illumina a dargli un'oscuro mostrarsi alla Pura, richiamata con nome e cognome, costretta quasi in quel girarsi lento e placido, rifilandogli poi quel tono diretto. Un sorrisetto amaro a dipingersi sul viso distante mentre le scarlatte sono puntate sulla donna più in basso, a coglierne i lineamenti identici al fratello, le ciocche scure, l'espressione stessa che si tinge appena di perplessità. Ma quel dire ultimo, quel mormorio è rivolto semplicemente alla tragica perdita del Goryo, comprensibile appunto solo al Kagurakaza al quale è rivolto, ed il vento par giungere da lontano, una brezza che si infrange contro quella ricreata da Itsuki stesso che dopo quel mesto sorridere non potrebbe far altro che percepire il tristo sospiro di Eiji, non riesce ad esprimersi quell'altro, è un silenzio che cede al voler ricordar di più, a voler aver qualcosa di specifico al quale aggrapparsi ancor più disperatamente di quanto non stia facendo da quando ha memoria del convivere in quel corpo. Ed è dunque il Chunin a parlare in direzione della Special, piatta espressione che ha come un misto di severità e nostalgia sul viso, porta la mano sul proprio petto, lì dove si erano posati gli occhi prima in quel riferirsi al Kagurakaza, assumendo una postura ancor più composta, la dritta a puntarsi con le punte delle dita ad indicarsi proprio lì nel mezzo del busto, un'elegante contaminazione dei modi inconfondibili dell'altro, seppur ancora resa impura e screziata da quel suo sembra un'automa, nonostante i sentimenti recuperati e che starebbe tentando di risopprimere a fatica, ma questa è un'altra storia < Non conoscerai il sottoscritto, ma... Io ti conosco bene, o meglio... Lui. > non può rivelare tutto così, come se nulla fosse, andando a far sì che l'animo presumibilmente ardente di lei scoppi, non la conosce di certo personalmente eppure il proprio tono vuole risultar quanto più composto ed intransigente possibile, c'è un velo di enigmaticità ma è tutto più che dovuto e naturale data la situazione, mentre dentro la sua testa andrebbe chiaramente riecheggiando il dire del fu Principe, lo chiama <{ Itsuki. }> che ora si sarebbe fatto forza, in un voler riemergere dal pozzo oscuro nel quale è caduto, in quello sperare di trovare una mano tesa che lo riporterebbe al suo fianco, in quel timore di posargli gli occhi di nuovo in viso, nonostante l'altro giorno non riusciva a smettere di osservarla, sconcertato ed incredulo, poi nostalgico ed affranto, perdendola infine, con quella virgola di disperazione in corpo e l'unica certezza che perlomeno l'avrebbe trovata, e così è stato. Eppure, ora è diverso, non è un guardar dalla vetrina che è quel loro corpo condiviso che può concedersi ancora a lungo, no, ora è giunto il momento atteso da anni e deve parlarle, deve riuscire a dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, nonostante non abbia idea di dove incominciare < Sì. > direbbe semplicemente all'altro in quel brevissimo e sommesso monosillabo, un sussurro, per poi andare di nuovo in direzione della pura e lasciar che un nuovo ulteriore sospiro accompagni quegli istanti dii silenzio prima del proprio dire < Occorre ti mostri la verità, poichè tu possa comprendere... > e la osserva assottigliando lo sguardo, mentre dentro di lui il chakra starebbe già smuovendosi in direzione del cervello, un'andar ad irrorare la zona centrale dei due emisferi, giusto il tempo di dire quelle ultime severe parole, con un tono malinconico che è soltanto il monito, un'introdurre di quel -presumibilmente- defunto amore del passato < Spero solo tu avrai la pazienza di ascolta le parole di un'uomo che ha perso tutto oltre che se stesso, cedendo all'odio... > e poi niente di più e niente di meno, basta e avanza quello che ha detto, chiude gli occhi e se lei vorrà comprendere comprenderà, mentre i capelli partendo dall'attaccatura si tingono di un candore opposto a prima, i lineamenti vanno a farsi più aguzzi ed affilati, riuscendo a risultar ben meno androgini e più chiaramente riconducibili a quelli del fu Jinchuuriki, nessun capello nero, mancano i riflessi bluastri e quegli occhi rosi paradossalmente più simili ad Itsuki ora sono di un viola scuro, come quello del colore delle rose di QUEL giardino immenso, innumerevoli tra le siepi. Eppure, è lui, non fisicamente, ma i modi, il tono di voce, le espressioni, i gusti. Tutto. Tutto quello che può definire una persona e renderlo unico. Un'attimo ancora d'esitazione e poi un balzo a scendere verso terra, raggiungendo il di lei livello, con le mani dietro alla schiena, il vento suo che si pone a quello avverso nel discendere, mentre i capelli sono appena più spigliati di prima, di poco, simboleggiano un tocco di libertà indomita, l'innevata coda a danzare perennemente, rimane a distanza, vorrebbe avvicinarsi e poter sfiorare anche solo un centimetro della sua immagine, ma a malapena fatica ad incrociare e sostenere quello sguardo nonostante le ametiste si levano dunque da terra per andare ad incrociare gli occhi di lei < Io... > tu cosa? È un'istante, o forse di più, lunghi attimi nel quale rimane lì con le parole in gola, il fiato spezzato, le labbra schiuse < Hanabi io... > e gli occhi starebbero già diventando lucidi, ma cerca di mantenere il contegno, di risultar inamovibile ed imperscrutabile in quella sua posa nobile, spalle ritte, postura impeccabile, eppur il cedimento in viso, la voce rotta come nient'altro al monto, struggente < Non mi riconosci vero...? > direbbe con quella domanda retorica, direbbe volendo resistere a quell'impulso pietoso di un continuo ed incessante ripetergli che gli dispiace, il cuore dentro martella e scalpita come se potesse rompersi all'interno del petto, calore e freddo allo stesso tempo, un brivido lungo la schiena, ma almeno ha messo insieme qualche parola, e le lacrime ancora non son scese. È lui Hanabi, che tu ci creda o no, è la cosa più vicina al mondo che resta di quel dannato Principe che tanto hai amato e che purtroppo ha finito per ferirti, costringendoti.. Ad ucciderlo.

00:10 Hanabi:
  [Fitto degli Alberi] Di lì a poco, il tempo si fermerà. Fra pochi attimi, ogni cosa non avrà più senso di esistere, alcun suono avrà la minima rilevanza, alcun contesto potrà mai raggiungerla. Ma non è ancora quel momento. La Pura, adesso, è ancora ignara. Ed è proprio quell’ignoranza il lasciapassare per quello che per Itsuki forse no, ma per Eiji sicuramente, il temperamento più puro e spontaneo di Hanabi Uchiha, che l’ha sempre caratterizzata. Fiera, ardente, indomita. Un fuoco impossibile da governare, nascosto dietro degli occhi glaciali. E quegli occhi, caro principe, sono sempre gli stessi. Lo stesso grigio, lo stesso taglio; eppure qualcosa in essi è ora corrotto. Un’ombra che la fanciullezza non conosceva, un’oscurità che velata e affascinante sembra aver portato l’inverno su quei lineamenti, allineando malsanamente le identità dei due gemelli in uno specchio non più solo di aspetto, ma anche di espressioni. Itsuki si ricompone, contaminato dall’inconfondibile eleganza di Eiji, ma Hanabi ancora non può immaginare. Continua a guardare il Goryo mantenendosi in quella postura sfrontata, l’haori sulle spalle a frusciare pigramente conferendole una tetra apparente autorità. Le labbra schiuse, lo sguardo di fuoco inchiodato sulle iridi cremisi di lui, quasi potesse scrutargli l’anima. E ne studia i lineamenti, il volto, l’inespressività in netto contrasto con quelle movenze. No, non lo ha mai visto. Un rapido sguardo ai vestiti, a quell’elegante completo smosso da un insolito la cui causa ancora non perviene alle sue narici, per dunque tornare ai suoi occhi. “Non conoscerai il sottoscritto, ma… Io ti conosco bene, o meglio… Lui” < ….?? > arriccia il nasino, infastidita, confusa. Quelle parole non hanno senso < aah? > di nuovo quel versetto sfrontato e provocatorio, la fronte che inizia ad aggrottarsi in una sempre più esplicita stizza. I capelli a danzarle sul volto, il visetto ad inclinarsi < ma di che cazzo stai parlando > domanda che non avrebbe proprio nulla di interrogativo, il tono vellutato che in un’aggressività implicita ostenta la poca pazienza della Pura. Un veloce sbuffare < tsk > mentre lui continua con quelle parole insensate. “Verità” “Comprendere”. La fronte si aggrotta ora in una palese ed alterata confusione. No, non ha proprio voglia di scherzare in questi giorni, tantomeno ha la pazienza di giocare con un tipo che sembra voler a tutti costi mantenersi sul vago < Si può sapere cosa stracazzo stai dicendo? Chi cazzo sei > una minaccia? Potrebbe. Sospira, lo sguardo ad abbassarsi per un attimo, alterato < ... Allora. > una pausa. I lineamenti che sembrano andare a distendersi per qualche secondo, quasi stesse cercando di calmarsi. Uno, due istanti <… Se hai intenzione di spiegarti ti consiglio di scendere da quel cazzo di ramo, dirmi il tuo cazzo di nome e piantarla di fare l’enigmatico. > rialza gli occhietti, il viso basso, fermo in una calma pericolosamente surreale < in alternativa… ti consiglio di sparire. > fredda, glaciale, lapidaria. Raggelante la somiglianza con suo Fratello in quello sguardo che verrà indirizzato al Goryo. Ma ecco che all’improvviso, quasi la tetra campana di un imminente rovina, le ultime parole di Itsuki irrompono nell’aria. “Ha perso tutto oltre che se stesso, cedendo all’odio”. Una leggera spina a conficcarsi nel suo stomaco, un riferimento vago, generico, ma fin troppo vicino a qualcosa di conosciuto. Resta immobile, interdetta, quegli occhietti grigi che vanno ad assottigliarsi assieme alle labbra che ora schiuse sembrano aver perso l’attimo per rispondergli. Ma ora, tutto cambia. Fili argentei a venir smossi dal vento; lineamenti affilati a sostituire gli androgini altrui. Un color ametista a scacciare il cremisi. E dunque quella figura scende dal ramo. Elegante, sinuoso, affascinante. Movimenti inconfondibili, un eco di un passato lontano improvvisamente così familiare. Cosi come quella sensazione di familiarità opprimente, un qualcosa di estremamente sbagliato e doloroso. Quello stesso volto della riunione. Lo stomaco a contorcersi, il corpo momentaneamente paralizzato. Le labbra schiusi, il volto congelato. Chi è. Chi cazzo è. I loro occhi si incontrano, e per un momento il suo cuore sembra sprofondare. Quei lineamenti. Perché ha quei lineamenti. Egli parla, ma lei non riesce a muoversi. Lo fissa, indecisa, perplessa, confusa. Eppure in quel musino, quasi una spontanea difesa, verrebbe ostentata una sfrontata aggressività < Chi… > “sei?” avrebbe voluto dire. Ma poi quel “Non mi riconosci vero?”. Un'altra contrazione dello stomaco, le viscere ad annodarsi. Chi dovrebbe riconoscere? Che sappia? Che la stia raggirando facendo delle leve che MAI nessuno al mondo dovrebbe provare a toccare? Non parla, non ci riesce. Le labbra restano schiuse in quell’aggressiva indecisione, le mani a contrarsi leggermente in uno spasmo. Uno, due secondi. Dunque il volto le si farebbe più scuro, il tono cupo e pericolosamente tranquillo <… chi dovrei riconoscere. > la voce vibra, un monito implicito ad un qualcosa che potrebbe scoppiare. Il sibilo del vento prima della tempesta. {Chakra ON}

01:02 Itsuki:
 Permane l'esser chiaramente provocatoria, stizzita, perplessa ed alterata di lei, sono piccoli accenni di una miccia che è stata accesa e di un qualcosa, o meglio, un qualcuno in grado di esplodere come dinamite, se gestito in maniera per niente cosciente, con le dovute cure, misurando le proprie parole in maniera chirurgica. E quello sguardo che gli è stato indirizzato prima di scendere, l'ha notato, è diverso così come è diversa lei, non è più l'Hanabi di un tempo seppur non abbia idea di quanto questa cosa possa definirsi vera, ora come ora, aggiungeremmo anche fortunatamente, nonostante il sentirsi come stilettato in un polmone, mozzando il fiato così come risulta tutt'ora adesso con il fiato sospeso, il timore innanzi a lei, l'ansia di respirare, di rovinare tutto da un momento all'altro, in quel camminare sul filo del rasoio più affilato di sempre. Ecco, la sua malinconica, struggente ed affranta arringa è iniziata e nonostante un'infinito prepararsi dagli scarsi risultati, un'immaginare cosa dirle quando l'avrebbe rivista, nulla ha più senso davanti a quella realtà, a quel vederla lì, tangibile e reale, con quei capelli neri più lunghi, il viso maturo ed il portamento più altezzoso, superba ancor più di quando lo era in maniera indomita ai tempi, cosciente di quel che è, letale come una fiamma con la quale si pensa di potersi divertire, di poter scherzare, di citarne il passato, rischiando solo i Kami sanno cosa. Ed in tutto ciò Itsuki tace, osserva da un punto di vista a parte dalla realtà concreta, in un piano dimensionale dove ribolle nel proprio ricordo di un dolore di certo non distante, lasciando spazio ai due però di far sì che questo folle segreto, questa cupa e macabra novella, venga espressa da un dialogare comunque difficile da articolare, un voler mettere insieme parole senza nemmeno saper da dove incominciare, la prova probabilmente più dura di quella sua sorta di seconda vita, se così la si può definire < Immaginavo... > direbbe lui chiaramente dopo quel proprio retorico domandare, un mormorio distante che si spegne così come il suo sguardo che torna a terra per qualche istante, mantenere il confronto con quel di lei sguardo è qualcosa di letteralmente insostenibile, lo stomaco si torce a sua volta e dentro di lui è un correre su delle montagne russe vertiginose, un saliscendi di una nausea inspiegabile che sembra quasi il ribollire del dolore suo misto allo stesso inferto alla Pura, un miscuglio al sapore di bile che in quel suo cercar le giuste parole si sforza di tenere al proprio posto, mandandolo giù come la peggior marcia medicina di sempre. Chi dovrebbe riconoscere? Già, voi come glielo direste? < ... > permane in quel fissare a terra, in quel cercare di dirgli qualcosa che soltanto lui potrebbe sapere pur non avendo letteralmente modo di farlo essendosi privato di quei ricordi personali in quel trasferire la propria personalità dentro all'ormai ventiduenne, dovrebbe dirgli qualcosa che soltanto loro potrebbero sapere in quella coppia più che affiatata che erano un tempo ma ora... Non resta niente se non un'improvviso amaro cedere nei propri modi di fare, è un'involontario cedere ad una sorta di meccanismo di difesa involontario per evitare di cedere, un cadere in quel suo elegante sarcasmo, quei modi teatrali e nobili di fare andando a concedersi, cercando di tirar su quel suo ghigno felino sul viso e far sì che lo sguardo torni in direzione di lei < Sai.. Credevo non ti avrei mia più ritrovata ma... Un gatto trova pure sempre la strada di casa. > ed è un ridere che non ha nulla di divertente così come non è divertito il tono, pura nostalgia la sua in quell'alludere e volerle lasciare un indizio relativamente pesante, indubbiamente abbastanza sveglia lei che se avrà modo di focalizzarsi su quelle parole andando oltre ad un'immaginarle scherzose, comprendendo la profondità che non ha nulla di ironico di sottofondo, potrebbe incominciare a comprendere, se solo lo volesse < Ed un Samurai non abbandona mai la propria spada.. > direbbe con uno sguardo trasognante che si discosta per qualche attimo andando ad alludere a Yukianesa, perdendosi nel pallore bianco della luna quasi a volerla indicare con un'involontario cenno della dritta che si sposta, vaga e distratta seppur regale come il suo portamento, in quel ritrovare il pallore della bianca signora tanto simile al colore della perlacea lama di quella famosa Katana da lei tanto conosciuta e più volte vista, finendo poi per andar però a tornar di nuovo cupo, riportando la mano dietro la schiena a sorregger la mancina, chinando il capo in quel non poter per nulla al mondo sorreggere quel di lei sguardo , non ora, non con quello che gli starebbe per dire. Si sofferma, prende fiato, lo fà anche chi scrive. Pausa. Tutto si ferma, il silenzio cade ed i rumori sembrano appartenere ad un'altro mondo, i colori sono immobili e nulla muta, tutto si blocca così come il respiro stesso, riconosce le proprie colpe ma di certo no può pretende il perdono, è solo la punta dell'iceberg, soltanto un primo tassello di quel svelare il proprio dolore, i propri peccati proprio davanti a chi ha peccato, cedendo infine quindi a quelle parole < Così come un'uomo non dovrebbe mai abbandonare la donna chi ama. > già, ma l'hai fatto, nonostante tu ti pentirai ora così come sempre, l'hai fatto e l'odio ti ha corrotto trascinandoti in quel baratro senza uscita, senza trovar conforto nemmeno nella morte per la quale l'hai pregata tu stesso, seppur tutt'ora non ricordi, Principe caduto. E con lei non sa nemmeno come presentarsi, l'ha fatto più volte dopo un'enigmatico celarsi ai più ignari per poi rivelarsi con diversi appellativi e titoli ottenuti in passato, ma ora è niente, ora è misero ed inerme davanti alla lei più importante di tutte, a quell'unica persona alla quale è in grado di cedere, di mettersi anche in ginocchio se sarà necessario, pur di dimostrarle la verità ma... Non riesce, non riesce a dire il suo nome ed è solo una vocale strozzata quella che esce da quelle labbra che provano a schiudersi riducendosi a quella singola iniziale < E... > ma è come un pugno allo stomaco, uno stringersi del cuore, un contrarsi per poi lasciar andare ancora di più il capo in un'abbandonato del tutto flettersi in giù a fissare il terreno, cercando di perdersi in quello, volendosi sotterrare probabilmente per non riemerge mai più, questa volta sul serio < Maledizione.. > è un tono però appena più isterico, passa tra i denti mentre quella parola si fà appunto più acuta, sul trattenersi di un pianto che però non tarda ad arrivare < So che è impossibile Hanabi, così come è impossibile perdonarmi.. Lo so.. > non farfuglia, non bisbiglia e non balbetta, il tono è udibile ma smosso e reso saltuario dall'accenno di un paio di singhiozzi, le arcate dentali contratte tra di loro in quel tentare di resistere, ma alla fine, nonostante il tentare di essere più esplicativo di dire qualcosa di più, crolla, impossibile andar oltre, impossibile resistere a tutto così com'è, sbottando poi in quello che sarebbe il puto di rottura, lo esclama ad alta voce, con il tono che và ad infrangersi come vetro tirato su una parete di cristallo, una rottura definitiva che non si sarebbe mai immaginato lui stesso in quel suo sangue blu, crollando sotto il peso dei sentimenti, senza nemmeno aver modo di ricordare tutto, visto che già quel poco che ha da sè, basta e avanza < Mi dispiace! > ed è sicuramente un qualcosa che non basta, all'unisono escono delle lacrime copiose su quel viso scosso appena da dei singhiozzi così come il petto, andando poi a scuotere appena la testa continuando in una sorta di ciclo senza fine in un ripetere quelle due parole, come se potesse bastare quello non tanto per risolvere, ma per fargli recuperare la calma, ma oramai le lacrime scorrono copiose ed il tono è letteralmente in pezzi, distrutto dai singhiozzi in mezzo a quel ripetersi < Mi dispiace.. Mi dispiace.. Mi dispiace.. Mi dispiace.. Mi dispiace.. > e ancora e ancora mentre piano piano appunto cede mettendosi in ginocchio, crollando letteralmente in quel sentirsi completamente nel torto, in errore, nemmeno degno di essere davanti a lei, di incrociare quel suo sguardo e pretendere di essere in grado di resistere, di sostenerlo, con quelle lacrime a bagnar il suolo, a concentrarsi lì in una breve zona circoscritta, la mancina appena a sostenerlo, la dritta che si chiude a pugno per andar a scagliarsi contro il suolo, patetico. Si odia. { Goryo II }

02:06 Hanabi:
  [Fitto degli Alberi] Non ha senso. Nulla in quegli istanti che sarebbero poco più di un minuto, percepito come interi mesi da loro, avrebbe alcun senso. Un ragazzo mai visto che improvvisamente la chiama farneticando frasi senza senso. Lo stesso ragazzo che improvvisamente ha poi mutato aspetto senza alcun senso logico o tecnica a sostegno. Quel viso, QUEL DANNATISSIMO VISO a sostituirsi al precedente richiamando similitudine proibite, intoccabili, celate sotto il più profondo dolore divenuto odio e che MAI NESSUNA ANIMA AL MONDO dovrebbe provare a citare per nessuno stramaledetto motivo. La Uchiha è ferma, immobile, specchio del tempo attorno a loro. Il vento perde la sua voce, i contorni sembrano sfocarsi. Stasi, pura stasi. Ma in quegli occhi grigi, qualcosa freme; un’ombra antica, pericolosa. Un rancore innominabile, una furia pronta a irrompere e travolgere senza alcuna pietà. Un qualcosa che non andava toccato. Immobile, lo sguardo piantato nel violaceo di lui. E se lui non riesce a sostenere il suo sguardo ora, affranto, soffocato da quella sofferenza che finalmente può ricongiungersi a quella metà tanto ricercata dopo la morte, lei non riesce a distoglierlo. Quei lineamenti. Quella familiarità. Quelle movenze. Quel modo di fare. Quelle parole. CHI VUOLE FARLE CREDERE DI ESSERE. CHI HA IL CORAGGIO DI SOSTENERE DI ESSERE?! Il chakra ribolle, pronto ad esplodere. E dunque, egli parla. Parole lente, difficoltose. Parole che tuttavia, una dopo l’altra, come coltelli che lenti infilano le loro lame nelle sue carni lacerandole senza fretta, la raggiungono in echi indelebili. “Un gatto trova sempre la sua strada di casa”. Gatto. Ha detto gatto. Matatabi. I canini a troneggiare nel suo ghigno malizioso. Il fiato si arresta, le viscere che si contorcono. Non può averlo detto. Non ridendo. Si è reso conto? Era una coincidenza infelice? < … > tace, il fiato sospeso, incapace di realizzare quanto stia sentendo. “Un samurai non abbandona mai la propria spada”. Spada. Yukianesa? No, no. No. No. NO. NO. COSA CAZZO STA SENTENDO. Il cuore inizia ad accellerare i battiti. Quel volto, quella similitudine, quelle parole enigmatiche, quelle coincidenze. NO. Il viso inizia un lento gesto di diniego, i lineamenti che iniziano a tingersi di incredulità “…non dovrebbe mai abbandonare la donna che ama.” E la goccia, fa traboccare il vaso < …. Come…. > la voce trema, rotta. Il chakra che indomito inizia a zampillare furiosamente lungo il keirakukei senza che la Uchiha abbia alcun controllo su di esso. < … Osi…. > I nervi ottici a venire irrorati da esso fino a raggiungere i bulbi oculari. Un ponte tra occhi e cervello a venir creato < … Insinuare di essere- > un bagliore cremisi nel suo sguardo, tre tomoe a roteare furiosamente vorticando attorno alla pupilla fino ad assestastarsi. Un passo in avanti, l’aria a scaldarsi pericolosamente attorno a loro < COME OSI- > i dentini vengono scoperti. Le dita delle mani ad intrecciarsi velocemente in sigilli. Drago. Lepre. E questa volta, non è il fuoco a venir spontaneamente chiamato. Questa volta, a smuoversi è qualcosa di più profondo. Qualcosa di ereditato. “So che è impossibile Hanabi” Guizzi di energia indomita, freddi bagliori letali a corromperle il chakra che velocemente viene incanalato verso il palmo destro. L’inizio di uno sfrigolio “Cosi come è impossibile perdonarmi… Lo so...” la sinistra a reggere il polso della destra. Lo sfrigolio cresce, inizia a fischiare < ABBI IL CORAGGIO DI PRONUNCIARE IL SUO NOME > i dentini a venir scoperti in un ringhio furente, i capelli corvini smossi da quel chakra ad elevatissima tensione che brama di scatenarsi nella propria mano. Non è lei. È fuori di sé. Ma quello sconosciuto sta giocando con la leva sbagliata. Quello sconosciuto sta tirando in ballo un qualcosa che nessuno doveva toccarle. Magari potrebbe aver capito male lei, potrebbe aver frainteso tutto: ma servirebbe della lucidità per poter valutare questa ipotesi. Lucidità che ora, dietro quegli occhi cremisi di lei, sembrerebbe aver lasciato il posto ad un sentimento indescrivibile < DILLO!!!! > urla, il mille falchi a coprirle quasi la voce in quello sfrigolare furioso. Ma all’improvviso, lui crolla. Lacrime sul suo volto. Prostrato dinnanzi a lei, la implora di perdonarlo. Quella voce, quel viso. Quelle parole. La pupilla a stringersi, lo sguardo a svuotarsi. E all’improvviso, è sospesa. Per un istante, per un solo maledettissimo istante, la figura altrui si accavalla a quella del principe. Eiji è li, davanti a lei, ad implorarle perdono. Dopo tutti questi anni, dopo una vita lontani, dopo che il suo sangue non si è mai tolto dalle proprie mani, ora è li. Il lieto fine che avrebbe sognato, quel lieto fine che avrebbe dato la vita per ottenere, ma che non è mai stato che un sogno affogato nelle lacrime del più atroce dolore. Un battito di ciglia, il respiro a tremare, e di nuovo quella figura albina. Il raiton sopisce, lo sfrigolio termina. Non si avvicina, non si allontana. Le ciocche corvine a smuoversi su quegli occhi vuoti, fissi sulla figura in terra. Nessuna espressione <… Chi sei > chiede di nuovo, nessun timbro nella voce. Incapace di pensare, incapace di comprendere, incapace di immaginare. {Chakra ON}{Chakra 45/80}{Sharingan Tre Tomoe: ON}

02:49 Itsuki:
 E se già il tempo non si era fermato prima, allora adesso è tutto un dilungarsi temporale impercettibile, con i Sakura che sembrano piangere assieme al Kagurakaza in quel lasciar che alcuni petali vengano smossi da un muoversi del vento più impetuoso di prima, un ceder dei petali che si posano sfarfallando a terra così come a terra si ritroverebbe lui stesso, spezzato. Come osa? Come osa cosa? Essere se stesso? Provare ad essere quello che era un tempo in un voler recuperare disperatamente i proprio ricordi per ricomporre il proprio essere e rivivere in quel corpo, mentre lo Sharingan si attiva nonostante lo sguardo del fu Principe sia ancora puntato a terra, non lo vede, non sente altro se non quel di lei secco e nemmeno interrogativo chiedergli come osa, nevrotica nel mentre che lui cerca di smorzare e tenere a bada quei singhiozzi, scosso da un'esser deluso di se stesso, del dolore causatogli, a quella Lei, atti che nemmeno può ricordarsi in quell'essersi privato di tasselli fondamentali al quale ora nemmeno pensa, in quel sentire il calore dell'impatto del suolo sulle nocche, e di nuovo andar a colpire, come se un'ulteriore colpo potesse freddare il bruciore del primo, mentre lo stridere del fulmine è come un suono inspiegabilmente familiare, è il lontano richiamare di un'epilogo perdutosi nei suoi dettagli, diventando soltanto una macabra e triste verità riportata a chi vuol scavare di più nel profondo nella storia mentre i singhiozzi si placano ma non svaniscono < N-non sto insinuando nulla.. > direbbe soltanto, è un tono di voce ben più basso di quello di lei, ma tradito da un velo di ira che nasce dal profondo, riempiendolo come un'otre sin troppo poco capiente per tutto quello che gli vien riversato, incapace di contenere tutto quel dramma, un'astio dedicato solo a se stesso, l'odio nei propri confronti per aver ceduto proprio all'odio stesso, per essere stato così debole da ferirla. Tremano appena le braccia ora in quel non riuscire ad alzar lo sguardo, tutto sin troppo pesante ed insopportabile, insostenibile mentre se non altro il Goryo all'interno andrebbe ad osservare quel di lei ardere, non passa inosservato quell'impeto e quel mostrare dello sguardo fregiatosi dell'innata, il chakra di fulmine, l'urlare adirato punti di una personalità tanto decantata seppur poco ricca di dettagli in quelle parole del Kagurakaza, che ora si trova lì a voler proseguire, a tentare di dire la verità nel miglior modo possibile, non riuscendo però a gestire il proprio parlare con razionalità cedendo del tutto al dolore e al pentimento, per quanto possa non sembrare mai abbastanza < Sono io.. Sono veramente io... > una breve pausa mentre il tono trema per aumentare di intensità, quel Principe che si scompone, che perde la lucidità, il tono di voce riconducibile a quelle poche rare sfuriate che lei stessa avrebbe potuto sentire nel tempo, probabili nella vita di chiunque, fosse contro Wooaki o chi diamine fosse la vittima di turno, elegante anche in quel rompersi < SONO UN FANTASMA PRIVO DEI PROPRI RICORDI!! SONO IL MOSTRO CHE UN TEMPO AMAVI E CHE TI HA FERITA!! S-sono soltanto.. > scende poi di tonalità facendo sfumare quella rabbia rivolta nei propri confronti, abbandonando quello sfogo per far sì che sia invee un tono che provaada essere più mite, distrutto < Qualcuno che non sarebbe stato in grado di andarsene senza vedere di nuovo il tuo volto, anche solo una volta... > qualcuno che cerca una seconda possibilità, seppur non lo dice, no ancora, si limita soltanto a sorridere amaro e lasciare che il dolore sciacqui via il coraggio di proseguire, per ora, mentre il viso è del tutto rigato, senza riuscirsi però ad alzare più da terra, sollevando semplicemente lo sguardo, tentando di ricomporsi per quanto possibile nonostante il posare delle ametista che lacrimano in quei suoi con lo Sharingan, le tre tomoe, inspira armandosi del diritto di pronunciare il proprio nome, quello che lei tanto vuole sentire o che tanto teme il venir pronunciato < Hanabi, sono io... Eiji > tremula la voce in quell'andar a rivelare quindi se stesso, un brivido lungo la schiena senza voler andare ad approfondire uno spiegare, un dare i dettagli, non ora, non adesso che tutto è già abbastanza difficile da sostenere così com'è, mentre chiaramente dentro di lei è lecito la perplessità regni sovrana, nonostante lui abbia fatto del suo meglio, i morti non dovrebbero tornare a camminare su queste terre. Eppure, armandosi di un'ulteriore coraggio, intento a cercare di fargli comprendere la verità, di poter andare a rivelargli qualcosa che solo loro stessi possono condividere, disegni privati di un passato remoto, fotografie dei tempi felici che furono, dipinti di attimi dolorosi di un finale tragico, si solleva la gamba destra in quell'andare a formare un'angolo retto, posandosi con il piede ben saldo a terra, la sinistra permane allo stesso modo ma è il ginocchio a terra, prova ancora a ridacchiare ma è uno smorzare che suona infinitamente triste e non vi è nemmeno una virgola di divertimento in tutto ciò, anzi, è solo un'ulteriore sgorgare di quelle lacrime oramai mute, un'immaginare di un qualcosa che sarebbe potuto essere, con quella posa, mentre il vento del fuuton continua spirando contrario a lui, facendo danzare la coda dietro di lui, la dritta si porta sul petto, perfetto in ogni gesto, la mancina appena tesa avanti < Avrei dovuto inginocchiarmi per chiederti la mano tempo fà.. > ma evidentemente non è andata così, è un dire che ha un qualcosa di sarcastico che viene spazzato via da un'amarezza terribile, un sorriso sul suo volto che è soltanto un rendere l'espressione ancora più struggente e rovinata, così come il tono di voce infinitamente nostalgico e triste, cercando di guardarla negli occhi per quanto tutto risulti corrosivo, resiste, cerca di mantenere quel contatto nonostante non sia convinto di meritarselo < Ma ora.. Ora sono qui a chiederti il permesso di ricordare Hanabi... Dammi la mano.. > una breve pausa mentre lo sguardo finisce poi inevitabilmente per tornare verso terra, verso il punto dii terreno che si frappone tra di loro, verso quella zolla di terra, rifugio delle violacee che per qualche istante interrompono l'insostenibile sguardo della Pura < Concedimi la possibilità di dimostrati che non sto mentendo. > non và nel dettaglio e non và a discernere ogni singolo meccanismo, il funzionamento del sigillo, il perchè è dentro quel corpo, il cambio dei connotati, il come ha ottenuto quella seconda possibilità di vivere, seppur sia sempre un vivere condiviso, un'ancora per rimanere attaccato a quel mondo e sperare di rivederla, un giorno, importante quanto la propria vendetta sul mondo intero, quel poterle posare gli occhi sul viso di nuovo, anche soltanto una volta, senza doversi trovare boccheggiante e con il sangue a colargli dalle labbra, tra le di lei braccia, qualcosa di rimosso dalla mente del fu Jinchuuriki, ma in grado di tornar violento e doloroso con tutto il resto. Basta solo quel contatto, ed innumerevoli immagini andrebbero a tornar a formare tasselli di un mosaico da rimettere al loro posto. { Goryo II }

22:22 Hanabi:
  [Fitto degli Alberi] E all’improvviso, in quell di lui crollare in terra, quasi palloncini che furiosi ondeggiavano sotto il vento di una tempesta a cui di colpo vengono tagliati i fili, così, tutta quell’ira indescrivibile sembra averla abbandonata. Vuota. Completamente vuota. Incapace di pensare, incapace di concepire cosa stia avvenendo. Non ha senso. Nulla sta avendo senso in quel momento. Un ragazzino che muta forma, i lineamenti di Eiji contraffatti su quello stesso senza alcuna connessione logica, rimandi ad un passato come se fosse presente, e poi quella figura in terra, in lacrime, che disperata continua a percuotere il terreno chiedendo un perdono che solamente UNA PERSONA nella vita di Hanabi avrebbe avuto implorare in quel modo. Una persona non più presente. Una persona che NON PUO’ ESISTERE ANCORA. E allora perché, PERCHE’ per un istante Eiji era davanti a lei? Perché è tutto così familiare ma impossibile da concepire? Le parole di lui la raggiungono, il tono di lui a velarsi di innumerevoli sentimenti; rabbia, odio verso sé stesso, disperazione, amarezza, ironia. Eppure, ora che non è più l’ira a tenderla salda nelle proprie convinzioni, ora che quel bisogno di annientare chiunque osi deturpare l’immagine del Principe che ha amato ha lasciato il posto all’incertezza più assoluta, non è in grado di proferir parola, tantomeno di pensarla. Può solo guardarlo, per ora. In piedi, le braccia che scariche di quel chidori sono tornate a ciondolare prime di senso lungo i fianchi. I capelli lucenti a disegnarle motivi irregolari sul volto, interrompendole a tratti lo sguardo cremisi, specchio del suo animo; le labbra schiuse in parole assenti, e quegli occhi sottili, vuoti, incapaci di smettere di osservare il fantasma dell’uomo che amava. “Sono io… sono veramente io…” scuote il capo. Un lento, impercettibile gesto di diniego in quei lineamenti distesi dallo shock; uno shock che potrebbe tornare rabbia, come potrebbe mutare in qualsiasi altra emozione <… no > sussurra, una differenza abissale con le urla precedenti < … no. No. > il diniego diventa più evidente, la fronte a contrarsi appena < quello che dici non ha senso > sbatte le ciglia più volte, quasi stesse tentando di uscire da quello stato di trance, gli occhietti che iniziano a ritrovare lucidità < Non ha senso. > ripete, ed il tono diviene più fermo. Lo sguardo che si abbassa, i pensieri riiniziano a partire. Quello che sta dicendo è impossibile. È vero, le espressioni sono identiche, le reazioni un qualcosa di atrocemente affine. I lineamenti sono gli stessi, il modo di parlare, di muoversi… MA NON E’ POSSIBILE. HANABI. NON E’ POSSIBILE. “Hanabi sono io… Eiji” < No. > si impone. Il volto a ricomporsi, così come la postura; scarica della rabbia precedente, ma il fuoco sta riiniziando ad ardere < Eiji… > una fitta al cuore. Da quanto era che non pronunciava il suo nome? Le viscere a contrarsi. Aggrotta la fronte, provata dai propri sentimenti contrastanti, quasi una speranza che non vorrebbe altro che attaccarsi alla di lui illusione che viene respinta da una fermezza precaria < Eiji è morto. > vuoto. Una sentenza. Un voler strappare quel sogno fittizio lacerandolo con la crudele e spietata verità < EIJI. E’. MORTO. > ripete, i dentini a venir scoperti in un ringhio mal celato < E tu, cosa cazzo vorresti farmi credere?!? > inizia a ri-alterarsi, seppur quel velo di dubbio la trattenga dal ricadere in escandescenza, il timbro cupo e adirato leggermente tremante < Un fantasma? Mi stai prendendo per il culo?!? > incredula, i palmi che isterici si alzerebbero verso l’alto quasi un voler ostentare una situazione impossibile anche solo da concepire. Ma lui si inginocchia. Un tuffo al cuore. Quelle parole. Quell’ipotesi mai realizzata. Quel futuro felice che per un solo dannatissimo istante le balena davanti come uno dei più dolorosi sogni infranti. E lui è cosi uguale, così verosimile. No, non può credergli. Quello che dice è impossibile. Una lotta interiore che non trova pace. Si blocca di nuovo, interdetta. I pensieri che si accavallano, cosi come gli stimoli a reagire. E lei, nel mezzo di quella tempesta, di nuovo non riesce a fare nulla. “Concedimi la possibilità di dimostrarti che non sto mentendo.” Quelle parole a riecheggiare nel vuoto. Cosa dovrebbe fare? È assurdo anche solo che non lo abbia ancora ucciso dopo quegli affronti. Ma allora perché quel dubbio? E’ insensato. Impossibile. E allora perché ha esitato ad ucciderlo? Perché non riesce a smettere di ascoltarlo? La di lui mano a chiedere la propria. Lo sguardo che si abbassa sulle sue dita protese, le labbra schiuse, la fronte aggrottata in una struggente confusione. Cala il silenzio, solo il vento a smuoverle i capelli. Cosa dovrebbe fare? Un respiro tremante. Anche solo il valutare quell’azione è un affronto alla memoria di Eiji. Eppure... < … > È assurdo che anche solo tu ci stia pensando, Hanabi. E poi c’è lui, così identico, così vero. Così inconcepibile. Forse dovrebbe prenderla quella mano. Togliersi questo dubbio scacciandolo con l’evidenza dei fatti. Ed è proprio quel dubbio a insinuarsi, un dubbio che non riesce nemmeno a pensare; eppure, lentamente, la propria destra andrebbe a muoversi in direzione del Principe. Debole, priva di forza, quasi una marionetta a cui stiano tirando pigramente i fili. Le mani si avvicinano, un veloce e fugace sfiorarsi. E dunque, i due palmi si congiungono. {Chakra ON}{Chakra 45/80}{Sharingan Tre Tomoe: ON}

23:41 Itsuki:
  [Tra gli alberi] Ogni maniera sarebbe sbagliata, nessun modo sarebbe più adatto di un'altro nell'andare a rivelare quella dolorosa verità, non possono di certo concedersi felici sorrisi, non possono far sì che tutto venga sciacquato via da parole amorevoli, non possono permettersi un risolversi con un lieto fine infiocchettato di nastrini rosa e veli di pizzo. Insomma, non vi sarebbe nulla che possa ricondurre ad un diretto giungere ad un comprendersi reciproco, il dolore di entrambi, l'amore di uno e dell'altra, seppellito chi per un motivo e chi per altri, ai tempi che furono, chi per perseguire quel suo odioso scopo e chi invece per evitare di cedere del tutto al dolore della perdita. Ma nonostante tutto, testardo ed ambizioso com'era quel Principe del Suono, ve ne sarebbero stati pochi, un volerci veder lungo, uno sperimentare più del dovuto o un semplice scherzo del destino, chiamatelo come volete ma quel sigillo ha fatto il proprio dovere ed è lì, è lui, si è concesso quella seconda possibilità formando quella personalità sotto sua immagine e somiglianza, appellandosi a quel mirabolante sangue mai sfruttato, pretendendo in quel crear un vessillo di se stesso, qual'ora si fosse trovato costretto a fuggire dalla signora in nero, beffandola in quel farle credere di aver portato via quel che era, senza esser in grado di andar invece a vedere quello che sarebbe stato. Sono anni che è di nuovo cosciente, che hanno imparato ad accettarsi, quei due, a coabitare in quel corpo, riavvicinandosi sempre di più al ricomporre l'identità del fu Jinchuuriki, che ora giace a subir taciturno quei costanti monosillabi di diniego, ogni due lettere è un muto accusare < ... > se lo merita, si merita quello ed altro, avrebbe meritato quella tecnica così come la meritò ai tempi in quel cader tra le di lei braccia, ad esalar gli ultimi respiri, lasciandole un'insanguinata carezza sul viso. Seppur per ora, non può ancora ricordare, nonostante di lì a poco sarà un'aprire ancor più simbolico di uno scoperchiare un'ipotetico vaso di Pandora. E quale dev'essere il senso, in questo caso? È forse così sbagliato, in un mondo di Ninja, poter credere che ci siano delle vie per sfuggire alla morte, nonostante i salatissimi prezzi da pagare? Un tono mortificato nel mentre che l'espressione di lei si fà più aspra, continua negando a se stessa o molto più probabilmente a quella realtà che gli si para davanti, quell'uomo in ginocchio distrutto al cospetto di una Principessa d'altri tempi, qualcuno che non avrebbe mai dovuto abbandonare, glielo aveva promesso, quella volta quando risvegliò la Sharingnan, ma ora, anche quello è soltanto un frammento perduto di un mosaico che deve essere pazientemente ricomposto < Non potrò dare un senso al tuo dolore, ma posso dirti che è grazie ad un sigillo se posso essere qui, oggi, a parlarti. > lo dice con un filo di amarezza mista però ad un che di trasognante speranza, tutto intorno a loro si perde in attimi che non esistono, il luogo diventa un contesto relativo, la pallida signora in cielo sembra lei stessa suona una struggente melodia come sottofondo di quel recitare di due cuori infranti coinvolti in una commedia. E nel mentre che lei pronuncerebbe quel suo nome, l'unirsi di quelle lettere lente a trafiggergli il cuore così a lei come al Kagurakaza, riecheggia per un'istante soltanto quella di lei voce, matura ed indubbiamente cresciuta, ma in grado tutt'ora di essere l'unica voce, quelle corde vocali della Pura a suonar le note di quel suo nome, è quasi un tuffarsi in un passato che nel quale non può effettivamente immergersi, come saltare in una piscina con la consapevolezza che sia vuota, cadere in uno spazio e sprecarsi a cercare un nulla persino nell'angolo più remoto. Poi, l'urlata, cruda e severa verità. Sì, è morto, non c'è dubbio, lo sà bene anche se non può ricordare i dettagli e fà male a lei tanto quanto fa male a lui <{ Almeno non ci ha ancora colpito.}> commenta il Goryo, ma nonostante tutto non può far altro che tacere in silenzio e fissare a terra Eiji, le lacrime quasi ad asciugarsi per qualche istante sulle guance nonostante permangano linee a giocar con riflessi argentati della bianca sovrana in cielo e dopo lunghi istanti di silenzio < Un tocco soltanto, e ti dimostrerò che non sto mentendo. > si fà più serio, più determinato e convinto di quelle sue parole, l'espressione che nonostante la malinconia ed il dolore si fregia di un'ardente coraggio indomito e si fà quindi appena più arcigna, non in senso negativo quanto più in un fare fiero e che vuol quasi provare ad essere rassicurante, un primo tentativo di dirgli di fidarsi, per quanto assurdo possa essere, di quel fantasma, guardandola negli occhi, senza più cedere a quello sguardo, bruciando assieme a quegli stessi rossi dalle tre nere virgole. Di lì a poco, dunque, arriverebbe quel contatto. Probabilmente se non quasi sicuramente, il più importante di tutti. Come una serpe guizza l'energia azurea al suo interno andando a far sì che quel flusso si diriga proprio in direzione della propria mano, andando a muoversi in maniera repentina verso il palmo dell Uchiha lì dove potrebbe sentire come uno spillo, freddo e caldo allo stesso tempo in quel contatto, mentre il sigillo sulla testa brucia ed arde, questa volta è come se stesse venendo marchiato a fuoco quasi, lo stesso Itsuki sibila dall'interno ed è un soffiare anche del Principe che invece di portar una mano alla fronte, in quell'incominciar a venir sommerso da infiniti frammenti di memorie perdute < Nggh- > è un digrignare dei denti aspro e sofferente, non c'è dubbio, ma questo e altro, per Lei. Anzi, per loro. Dunque in quella stazione del risveglio immaginaria, che sia un gioco del sigillo o meno no nci è dato saperlo, un'Eiji seduto al buio illuminato da quei fievoli color ha modo di accorgersi dell'illuminarsi di un'altro cerchio, di quel viso della Uchiha che riprendere colore rilucendo in quel mosaico, un risplendere di una luce unica e bruciante che donerebbe poi tonalità più profonde e meno grigie all'intero affresco, seppur il grigiore tutt'ora permane, ma quell'Eiji immaginario sorride, è un sorriso di pura gioia misto a lacrime dello stesso sentimento, mentre a carponi sfiora il viso di quel vetro colorato, che dovrebbe esser di norma freddo, ma scalda invece con un tepore emozionante. Tutto si riverserebbe dentro di lui, un venir travolto letteralmente, un sentir la testa quasi spaccarsi per il contenuto spropositato di fotografie più o meno nitide a sovrapporsi, piccoli scorci in movimento, un vociare a tratti confuso, qualche risata di lei, il ridere di lui, le immagini al Lago Nero, le lezioni, l'esame, il ristorante, a casa sua, le missioni, le promesse ed i momenti privati, stringe gli occhi davanti a le e sull'espressione non può che lasciar si sfoghi un'espressione di soffiante dolore, è quasi un sussulto quello che annuncia un cambio di direzione in quella rotta di ricordi, il sigillarsi e venir liberato, il promettere quel voler ridurre in cenere, quel rapirla, imporgli il dovere di scegliere, per poi perderla ed infine ritrovarsi costretto a chiedergli di ucciderlo, ricollegando quel fischio dell fulmine in un riaprire degli occhi che si sgranano, giungendo a quella triste e cupa meta, ricordando ora proprio il Chidori, con una silente lacrima che scende dall'occhio destro. Un secco deglutire nervoso, ma l'espressione sconvolta dall'ammontare di ricordi, da tutto quello che ha visto in così poco, quel recuperare a cui tanto ambiva, riesce a sfumare in un'espressione di gioia infinitamente nostalgica < Ricordi... Quando ci incontrammo al Lago Nero.. La prima volta..? > ma la guarderebbe in faccia soltanto per un'istante, per poi no riuscire a sostenere oltre quell'incrociarsi di ridi, si concentrerebbe sulla di lei mano se ancora fosse lì a contatto con la sua, o la riporterebbe sul proprio palmo se quel pungere l'abbia innervosita, vorrebbe posare la mancina sopra quella di lei e chiuderla appena in una delicatissima e gentile morsa. Resta qui, non te ne andare, ascolta quello che ho da dirti, ripercorri assieme a me quel che eravamo. Nonostante il lacrimare sino a poco fà, gli occhi sarebbero già di nuovo pesantemente lucidi, le luci del luogo si farebbero sfocate e distese in quelle umide ametiste < O ancora quando mi divertivo ad entrare dalla finestra per farti lezione? Oppure quando ti trovai per casa dopo un'innocente doccia... > e lì si concederebbe un'onesto ridacchiare, tristo e lievissimamente isterico, che altro non sarebbe se non un'ordine a quelle lacrime di incominciar a scendere di nuovo, copiose, a scurire di quella virgola in più il nero del tessuto del guanto, lì sul dorso della propria sinistra, teoricamente sopra a quella dell'Uchiha, cercando di rimuovere gli scossoni ed i singhiozzi dalla voce, crogiolandosi nella dolorosa riuscita di quel ridescrivere qualcosa di verso, probabilmente i ricordi più preziosi che ora ha di nuovo < ... Stava persino arrivando mia Madre, chissà quante ce ne avrebbe dette... Fu il nostro primo bacio.. Non è vero? > non pensava l'avrebbe nemmeno più vissuto nuovamente, quel ricordo, un doloroso sentimento così grande da costringerlo in un perdersi ed abbandonarsi così tanto al passato che quasi gli sembra di poter essere veramente felice, di estraniarsi dal contesto e lasciarsi andare quel suono tono regale che con una triste grazia continua discorrendo in quel ricordare < E... Quella volta al ristorante..? C'era persino Ekazu... > e farebbe una breve pausa in quell'andare ad immergersi in altri innumerevoli ricordi che ha bisogno di approfondire, di rivivere poco alla volta per partire da quelle basi e ripristinare tutto con il tempo, mentre Itsuki da dentro pare quasi invidioso ed allo stesso tempo sconvolto da quel di loro tempo passato insieme, ammaliato ma allo stesso tempo quasi innervosito dal rivivere il dolore della propria perdita, geloso di un'amore tanto perfetto, che lo vedrebbe però tingersi di note e colori bui, così come farebbe li viso del Kagurakaza < Quella volta in cui attivasti l'innata... C'era persino lui, ti promisi che non ti avrei mai abbandonata... > direbbe facendo lunghe pause senza nemmeno nominare quel maledetto clone, finendo in direzione di quei ricordi più disdicevoli, una crisi allo scambiarlo per il fratello, una fitta rovente al cuore dell'attuale Eiji, il ricordar di quello che scoprì, per poi passare verso le battute finali. Un ridestarlo da un'esilio autoimpostosi, un lasciarsi consumare lentamente dall'odio per poi finir inevitabilmente per cedere, corrotto e corroso dentro < Eppure ho finito persino per rapirti, che stupido, mi chiedo cosa volessi ottenere... > deglutisce nervoso, sembra non aver più lacrime da piangere, almeno per ora, mentre la voce si riduce ad un filo rotto e distorto, poco più di un mormorio truculento < Visto che l'unica cosa che ho ottenuto è l'implorarti di uccidermi... Quella tecnica.. Hanabi. > già, quella di poco fà, quella di quello stesso schifoso bastardo del fratello che ora di certo non citerà, si sforza di tenere alla larga l'immagine di quel folle, andando semplicemente a cerar nuovamente i suoi occhi, a volercisi posare in quella triste realtà, quell'epilogo dannatamente doloroso < Ora ricordo... E potrei ripeterlo fino a quando avrò fiato per respirare.. Mi. dispiace. > ed può bastare così, può bastare quello sguardo intriso di dolore ed arrossato appena dallo sfogarsi delle lacrime, può bastare quel doloroso ripercorrere, può bastare quello che lentamente starebbe ripercorrendo infinite volte, seppur il ciclo sarebbe talmente prolisso da averlo ripetuto giusto mezza volta, ricoprendo un piccolo, minuscolo dettaglio ad ogni rivivere di quel /Loro/ che erano e che forse potranno essere di nuovo. Chissà, forse, il perdono dei Kami sarebbe un qualcosa di più semplice da ottenere, rispetto ad un chinar la testa di quel fuoco indomito. {Goryo II }- ciao vado a morire c: }

00:46 Hanabi:
  [Fitto degli Alberi] Il tempo si ferma, i secondi di dilatano. Uno spazio-tempo sospeso tra il passato e il presente, una distorsione del flusso degli eventi. Le loro mani a combaciare, un contatto debole, delicato. Quante volte in passato quelle mani si sono intrecciate, inconsapevoli del valore che quel gesto avrebbe potuto avere una volta separatesi per sempre? Quante volte quel contatto era stato dato per scontato per abitudine, ignorato al confronto con quegli altri gesti che erano soliti concedersi nel più puro e spontaneo degli amori? Ed invece ora, da quel misero ed insensato contatto, tutto rinasce. Da quel semplice gesto, un’intera fetta di passato irrorerà i ricordi del Principe, ricolorandoli come una spenta vetrata in cui vengono riversati dai più sgargianti ai più tristi colori. Ma per lei, non sarà nient’altro che una puntura. Un pizzicore, una strana sensazione di caldo e freddo al contempo < ! > scopre i dentini, il muscolo del braccio a irrigidirsi, un istintivo accenno a volersi sottrarre che viene smorzato dall’orgoglio e ostinazione della Pura. Resta lì, mentre l’Eiji che non vuole credere di avere dinnanzi, sembra crollare schiacciato dai ricordi. Un brivido lungo la schiena, la pelle a incresparsi in un’inspiegabile pelle d’oca immotivata. Una spontanea tensione, quasi una scarica di adrenalina durata un istante a lasciarle i muscoli intorpiditi. Lo sguardo confuso permane sul Principe, gli occhi ad assottigliarsi in un palese tormento fatto di dubbio incredulità e rancore. “Finiscila con questa messa in scena” sembrerebbe sussurrarle il suo inconscio. “Vattene, se non riesci ad ucciderlo. È ridicolo che tu sia ancora li.” Ma non riesce a muoversi. Quasi avesse bisogno della di lui reazione, di quella conferma dell’essere tutta una messa in scena, della fuga di tutti quei dubbi che continuano a tenerla li. Ma ecco che la di lui voce, spezzata, irrompe nel silenzio. “Ricordi quando ci incontrammo al lago nero… La prima volta?” < … > gli occhi si sgranano. Vuoto. Vuoto sotto ai suoi piedi. Il cuore sprofonda, i polmoni si irrigidiscono. “O ancora quando mi divertivo ad entrare dalla finestra per farti lezione? Oppure quando ti trovai per casa dopo un'innocente doccia...” la sensazione di cadere, spire ad avvolgerle il cuore. Schiude le labbra, il respiro ad uscire spezzato e tremante, corto. Le manca l’aria. Che significa. Cosa diavolo significa. Immagini a scorrere davanti ai suoi occhi: la bellezza mefistofelica di quella forza portante, i suoi occhi cremisi. Quel sorriso, quel dannato sorriso ornato di canini appuntiti a provocarla nella genuina malizia che sempre lo contraddistingueva da chiunque altro. Le sue braccia a stringerla, quella sensazione di libertà e al contempo di protezione. Non era più in gabbia, non era più di nessuno. Era sua, e lo sarebbe sempre stata. Le loro labbra a congiungersi, i due fuochi a mischiarsi nella passione fusa al più profondo e sano amore. Le loro risa, i cuscini della di lui stanza. Il suo profumo. Il salto al cuore ogni volta che lo vedeva. La sensazione di poter conquistare il mondo al suo fianco; ma forse, quel mondo già lo aveva. La voce di lui continua quelle frasi, quel racconto, rivive ogni scena; e lei, come un corpo da cui viene sottratta qualsiasi energia vitale, non compie un solo movimento. La mano resta sulla sua, viene stretta in un morbido implorarla a restare il con entrambe quelle del principe. Le iridi cremisi, macchiate di quel colore maledetto dal Clan Uchiha, che incredule e distrutte non si staccano dal volto di quell’Eiji. Già. Eiji. Lo lascia finire senza proferire parola. Ed il suono del millefalchi a riecheggiare come un fischio nelle orecchie; Eiji tra le sue braccia, il suo sorriso sfinito. La sua voce rotta dalla mortale ferita, il suo rassicurarla. Le proprie urla come lontani echi su quel campo di battaglia, le proprie labbra a premere sulla di lui fronte, il petto percosso da incessanti singhiozzi come bastonate sulla sua schiena. “E potrei ripeterlo fino a quando avrò fiato per respirare… Mi. Dispiace.” Silenzio. Lunghissimi istanti di silenzio. Il vento a frusciare tra i sakura, l’haori a ondeggiare in ovattati mormorii di tessuto. < … Non può essere > un lento passo indietro, la mano che scivola via dalla di lui presa per ricaderle priva di forza lungo il fianco. Il tono è spento, assorto, rotto dallo shock < Non sei tu > un diniego di chi non può accettare una verità impensabile, di chi ha ricevuto troppo e tutto insieme senza riuscire a collegare un solo dannatissimo punto. Che stia impazzendo di nuovo? Che sia un’altra allucinazione? < Non puoi essere tu. > un altro passo indietro, l’espressione a tingersi di un incredulo dolore < Ti ho ucciso con le mie stesse mani > il respiro che pesante inizia a velocizzarsi, quasi la cassa toracica fosse divenuta troppo stretta < … Ti ho visto morire. IO TI HO UCCISO > un altro passo indietro, il capo a compiere dei dapprima lenti, quindi sempre più veloci gesti di diniego < come… come puoi essere tu. NON PUOI ESSERE TU > ancora una volta nega a se stessa quella verità inaccettabile. Eppure il suo volto a guardarla, in quei lineamenti la ucciderebbe. Le pupille si dilatano. Che sia di nuovo un sogno? Che di nuovo LUI stia giocando con lei? Gli occhietti a chiudersi per un istante, strizzati, le mani a raggiungere gli occhi, coprendoli con forza, strofinandoli compulsivamente < Cos’è? Vuoi davvero farmi rivivere questo? > ringhia, ma stavolta non è rivolta ad Eiji. A chi sia rivolta…? Oh, a qualcuno che in sogno le ha già fatto vivere un momento simile. A qualcuno che ghignante, la ha costretta a rivivere quella perdita. < Maledetto figlio di puttana, QUANTE ALTRE VOLTE DEVI TORTURARMI CON LUI?!? > le mani vengono tirate giù, il viso segnato dalle unghie che in un tic nervoso andrebbe a guardarsi attorno, cedendo alla disperazione, e distogliendo lo sguardo da Eiji < SMETTILA- > le iridi cremisi a cercare una figura che al momento non sembra essere visibile < Hai già vinto, Fratello. BASTA > il tono rabbioso a tingersi di un disperato implorare. Il capo che stanco di quel cercare, quasi rassegnato, verrebbe abbassato in una struggente resa < … Basta. > il tono perde vigore, stremato. Gli occhi che verrebbero chiusi, quasi ad attendere che una volta per tutte, quel sogno, divenuto tale, finisca. {Chakra ON}{Chakra 45/80}{Sharingan Tre Tomoe: ON}

01:43 Itsuki:
 Che tu ci creda o no, l'hai sentito, è lui. E forse anche se tutto ciò non avrà l'esito sperato a lui basterà poter aver recuperato quelle gioie, quelle perle preziose, i colorati pezzi di quel mosaico, per definirsi soddisfatto. Ma non è ora il momento di arrendersi, non può permettersi di vacillare e lasciare che sia tutto vano, ha atteso questo momento troppo a lungo per lasciare che tutto spiri lontano, portato via da vento che mischia rabbia, incomprensione e dolore. Deve rimaner lucido, nonostante il di lei contrarsi, può sentire la tensione e lo svanire nel vuoto della Pura attraverso quel dolce contatto, permane silente lasciando che suo sfogo avvenga < ... > non riesce a posarle gli occhi in viso, non si concede quei lineamenti della Pura che vanno distorcendosi in preda all'affanno del pesar di quelle parole, all'esclamare concitata, quei passi indietro a distanziarli appena, mentre tutto gli viene rovesciato addosso e lui già si concedere un fremito lungo la schiena, è una sofferenza quel vederla arretrare e sciogliere il contatto, il dramma che lei starebbe subendo è di tutto rispetto e in quell'animo del Principe non alberga di certo una mite calma, tutt'altro, vi è un minimo di sconvolgimento, un'attimo di perdizione nel sentir la di lei mano scivolar via. Quel contatto tanto banale e scontato già, un brivido ora freddo a contrapporsi al calore di prima in quel poterla riavere per sè per quella prima volta in quel tocco premuroso, vedendola ora più distante di qualche centimetro, un lasciar che la mano vada appena avanti, la dritta, tremula in quel brevissimo tendersi per poi bloccarsi, quasi potesse vederla svanire come un miraggio portato vià da un soffio tropicale ed arido, svanire come sabbia sollevata da una tempesta < Hanabi.. > riesce semplicemente a chiamarla in quella breve di pausa di mezzo, come a volerla percepire ancora lì, con lo sguardo perso che è andato a posarsi su quello della Mora, mentre quelle stilettate lasciano ferite copiose che sanguinano in maniera orrida, spezzandogli il fiato e contorcendogli lo stomaco. Io ti ho ucciso, non puoi essere tu. La dritta che si era protesa verso di lei si chiude ora a pugno in quello stringersi e sopportare, mentre la mancina scende morta lungo il fianco, la mente ancora a voler ripercorrere quei ricordi all'infinito, finendo appunto per ripiombare ogni volta in quel crollare a terra, lo stridere del mille falchi, il fiato mozzo dal dolore, il sangue che scorreva sulle mani della giovane Uchiha, quei suoi baci disperati, la voce rotta a chiedergli in maniera struggente di rimanere lì con lei, di non andarsene, mentre poi finiscono per riecheggiare le urla di una Hanabi sconvolta, un nuovo dettaglio ad aggiungersi a quel ciclo che si definisce lentamente di una virgola in più ogni volta, uno straziato dire di lasciarla stare, uno voler rimaner avvinghiata a quel suo corpo esanime che oramai non aveva niente di più che una misera stilla di vita, spento, in quello svanire per rifugiarsi nel limbo in attesa di quello scoprire della carta della seconda possibilità, in futuro. E quel futuro è oggi, lì davanti a lei che nega mentre lui< Non avrei dovuto farti questo, non avrei dovuto abbandonarti ma... > una pausa drammatica in quel lasciare che sul viso si ponga una rassegnazione, tono che và a spegnersi ancora di più in quell'evitar singhiozzi espressi da quegli occhi rigonfi di nuove lacrime che tutt'ora resistono ed evitano di divenir lucidi oltre a quanto concesso, proseguendo poi < Non ero più me stesso. > un'amara verità, ha compreso tutto quando ormai era troppo tardi, quando alle porte bussavano le immagini di quell'ultima battaglia, una redenzione mai adempita di un'animo troppo corrotto ed impuro per poter appunto redimersi prima di quella triste dipartita. In tutto ciò, chiaramente dentro di lui non potrebbe che esservi il Goryo, quel Corvetto che osserva silente in quell'andar a comparare ora i ricordi recuperati dal Kagurakaza a quelle di lei affermazioni, quel negare sconvolta, risultando appena accigliato e confuso dal di lei domandare riguardo al rivivere ''quello'', tanto che Eiji si concederebbe uno spezzato voler provare ad aggiungere qualcosa < Hanabi io non- > ed è un volersi avvicinare di mezzo passo, la gamba sinistra appena avanti in direzione della fiera fiamma che è Lei in un'allungare appena di più la destrorsa, istintivo, mentre poi a quel di lei insultare ed inveire, che di lì a poco Eiji collegherà, in pochi dannati secondi, Itsuki da dentro commenta, in quel suo atono modo assolutamente distaccato di elargire il proprio punto di vista <{ Oh.. C'è andata giù pesante. }> direbbe con il tono piatto riecheggiando dentro quel loro legame mentale, lì dove Eiji stesso risponderebbe in un paio di rapidi furenti istanti, un sibilare velato d'ira <{ Non è rivolto a me.. }> e quindi di nuovo il ventiduenne <{ Mh? E a chi allora. }> manco domanda di preciso in quel suo essere secco ed aspro mentre ora è un vero e proprio soffiare come un truce ed infastidito felino quel proferire sempre nella loro mentre <{ Itsuki. Non. Adesso. }> seppur non capisce come sia possibile, ma sono quelle stesse parole dopo quello spezzato ordinar di smetterla a quel Fratello che nomina, a dargli conferma. E lui barcolla appena, sembra un nanosecondo in quei l'equilibrio viene meno.sgrana gli occhi e la bocca si spalanca per metà in quel sussultare, non può essere, non l'ha detto davvero, cosa DIAMINE c'entra LUI adesso?! Viaggia a metà tra la rabbia ed un'apprensione che non può concedersi, sono passati dodici anni, non ha idea di cosa quella oramai Donna abbia passato e davanti a lui c'è solo l'inizio di una certezza che avrà probabilmente modo di confermare se il destino li terra uniti, in futuro, un riuscire a comprendere un giorno che è cambiata, non è più l'Hanabi che conosceva un tempo, almeno non del tutto. Ma nonostante l'espressione si muova in preda al nervosismo tingendo anche i lineamenti d'ira, è quel di lei mormorar stremata quel '' Basta '' che lo affligge del tutto, lo porta ad assumere un'espressione pietosa ed affranta per quanto non sia la pietà ad insinuarsi nel suo animo, è la semplice realizzazione - o almeno l'accenno - di quel comprendere che non avrebbe mia dovuto lasciarla sola, che avrebbe dovuto proteggerla, avrebbe dovuto imporsi per evitare di fallire come uomo e come amante, avrebbe dovuto fare di più e forse soltanto ora ha modo di farlo, lì mentre - di nuovo - altre lacrime cedono in quel rigar nuovamente, mute, il viso del Kagurakaza, che in un che di affettuoso ma allo stesso tempo maledettamente brusco come a voler scacciare quel pensiero di Sasuke, dolce allo stesso tempo in uno strano connubio, vorrebbe abbracciarla, vorrebbe estendersi quanto basta per andar ad afferrarla e cingerla delicatissimamente, non vuole alimentare quella fiamma distrutta ma tentare di smorzarla. Soffocarla bruciando lui stesso, se dovesse servire. Ed è quindi un tentare di stringerla con morbidezza in quell'abbraccio, il fiato trattenuto in quell'azzerare delle distanze, in quel contatto ben più profondo di prima, un braccio vorrebbe cingersi dietro le di lei spalle, il sinistro, mentre la dritta vorrebbe portarsi in direzione del di lei nero crine, diversa anche quell'acconciatura da come era un tempo, più altro anche in quel corpo di quei centimetri che bastano per cercare di far poggiar la Pura in direzione della propria spalla, o costato che sia, lì sulla propria sinistra, dove per la prima volta un cuore batte di un ritmo che nemmeno nei confronti di quella Dea di Itsuki aveva sfiorato ritmi tali. È quasi un'infastidirsi quello del Goryo appunto, che tace appena stizzito in quel percepire ritmi che non gli appartengono, forse una punta lontanissima di invidia. < Sono qui Hanabi.. Sono qui e non vado più da nessuna parte.. > si sofferma mentre chiude gli occhi, sempre che quell'abbraccio sia riuscito, quasi un contrarsi involontario in quell'aspettarsi di essere colpito, ora che ha modo di ricordare il come è fatta quella donna, come arde quel fuoco, aggiungendo appunto < Feriscimi pure se vuoi, non sarà mai doloroso come quello che ti ho fatto, io resterò lo stesso.. > il tono è basso, amorevole, sembra svanire la tensione e annegare nell'affetto quella voce che quasi le sussurra all'orecchio, perendosi il Kagurakaza nel profumo di quelle ciocche corvine, per qualche istante, scostandosi poi per portare quella dritta in direzione del di lei viso, sempre che glielo permetterebbe, volendo posarla sulla guancia sinistra del di lei viso, osservandola in quel suo essere cresciuta, commosso e distrutto ma forte di un qualcosa che aveva perso da tempo, quell'amore, che corrisposto o meno che sia in quel secondo tentare, arderà sempre e comunque < E ti toglierò dalla testa quel bastardo, lo giuro. > l'ha detto, pura fottuta determinazione, per quanto non abbia idea di cosa dovrà andar incontro lui, di cosa dovrà subire, nulla in confronto a quello che lei stessa ha subito negli anni della sua mancanza, dovesse costargli pure quella sua nuova sorta di vita, lascerà allora di se un ricordo diverso, migliore e degno nel cuore della Uchiha. { Goryo II }

03:05 Hanabi:
  [Fitto degli Alberi] Il viso è basso, gli occhietti chiusi. Quasi un attendere quella demoniaca voce, no, non quella affettuosa, gentile e piena di attenzioni del Principe, che nonostante il proprio dolore sembra averlo momentaneamente messo da parte per accogliere la Pura. Non quel timbro mefistofelico e autoritario, velatamente malizioso che le sta dimostrando ora il più puro affetto riuscendo a superare persino la più atroce sofferenza pur di starle accanto. No, non quella voce. Una voce cupa, un timbro come una oscura melodia di suadenti note macabre. Il respiro trema, tradendone lo stato di profondo shock. E’ sicuramente lui; come ha fatto a non pensarci. Come ha potuto credere davvero a una situazione così assurda?! Era ovvio. Dannatamente ovvio. È davvero arrivata a questo punto? Davvero non è più in grado di distinguere il reale dalla sua fottuta insana mente? Attende quel verdetto, quelle parole crudeli, ma nessuna voce irrompe in quel silenzio. Solo un morbido fruscio di abiti, e dei passi sul suolo. “Non è reale” la propria voce a richiamare la propria lucidità “Sta calma, non è reale” un mantra, la mente che cerca di isolare i suoni fittizi da quelli esistenti. Ma all’improvviso, un calore andrà ad avvolgerla. Un contatto vero, esistente, quasi un essere cinti dalla più morbida e gentile morsa. Come un tempo, come allora ma con una maturità che prima ad egli non apparteneva. Un abbraccio consapevole del dolore, consapevole della perdita, consapevole del valore di quell’effimero combaciare dei corpi. Quella stessa sensazione di invulnerabilità, quel sentirsi accolti, protetti. Un eco del passato a farsi strada in quel caos interiore, accompagnato da una quella ritmica sinfonia inconfondibile. Reale. Il battito del suo cuore. Gli occhi vengono riaperti, sgranati, il fiato che trattenuto prenderebbe una rapida consapevolezza di quella cascata di informazioni che nuovamente distruggono le precarie certezze che andavano a tentare di costruirsi. “È reale”. Il cuore a martellarle ad eco di quello di lui “Esiste. È davanti a te. È Eiji”. La persona che ha amato, la persona che l’ha fatta rinascere dall’incubo di suo Fratello. La persona per cui avrebbe dato la vita, in cui aveva riposto ogni fiducia. La persona che l’ha abbandonata, costringendola a quel gesto. A quella tecnica. A quel dolore. Ricordi. Sorrisi. Urla. Lacrime. Consapevolezza. È reale. < !! > è un attimo: al massimo della propria forza tenterebbe di frapporre le proprie mani tra il proprio corpo e quello del principe. I palmi ad aderire al suo petto, per dunque tentare di spingerlo via in uno scatto difensivo, irruento. Un gesto scattoso, istintivo, quasi un ridestarsi improvviso in un nuovo incubo. E quel gesto non sarebbe che un attimo, in cui andrebbe successivamente ad arretrare di qualche passo, le mani contratte in una nervosa postura difensiva. Lo sharingan attivo, lo sguardo sconvolto, furente, incredulo in quei dentini ora mostrati in un vero e proprio ringhio. I capelli corvini che arruffati dalle di lui mani e da quell’abbraccio cadono disordinati sul pallido volto. Vorrebbe dire qualcosa, qualcosa di aggressivo probabilmente, il petto che si alza e abbassa velocemente in preda ad un sentimento ingestibile, ma le parole sembrano mancarle. Eiji è li. Davanti a lei. Dopo tutto quello che ha fatto. Dopo che ha dovuto ucciderlo. Cosa dovrebbe dirgli. COSA CAZZO DOVREBBE DIRGLI?! <{ Oh andiamo Sorellina, sai che sarei stato molto più originale… }> all’improvviso alla sua sinistra, QUELLA VOCE. Un vellutato e oscuro timbro divertito, sadico, suadente. Trasale visibilmente, il volto a scattare in sua direzione, lo sguardo allarmato che cercherebbe disperatamente la fonte di quella voce: ma dinnanzi a lei, solo alberi. Solo il vuoto. <{ Avevi iniziato bene… }> una mano a cingerle il polso destro sollevandolo appena, lo stesso polso dove qualche minuto prima sfrigolava rabbioso il millefalchi; la voce che dal opposto al punto precedente ora affonderebbe le labbra tra i suoi capelli, sfiorandone l’orecchio con il profilo delle labbra. La Pura trasale di nuovo, la mano destra che di istinto verrebbe strattonata via a sottrarsi da quel contatto. Un paio di passi ad indietreggiare, il volto rivolto di nuovo verso un qualcosa di inesistente, non presente. E tutto ciò che potrà vedere il principe è l’Uchiha voltarsi istericamente e scattare a sottrarsi da qualcosa di invisibile < NON MI TOCCARE > ringhia, gli occhietti a venir chiusi con forza, strizzati quasi a voler scacciar via ogni pensiero, ogni sensazione, ogni cosa. Ma non è possibile. Non tutto. Un veloce roteare il collo, quasi un tic nervoso, isterico. Impossibile definire a chi stesse parlando. E di nuovo, gli occhietti vengono riaperti, il cremisi ancora a corromperle il grigio; un rapido guardarsi attorno in ogni direzione, aspettandosi quasi QUELLA figura, quella apparizione. Ma nel suo campo visivo, solamente Eiji < Stammi lontano > ad Eiji? A suo Fratello? Entrambi? Impossibile immaginarlo. Eppure quel sibilo come una lama irromperà nell’aere a dentini scoperti, anticipando uno scatto al massimo della propria velocità. Tenterebbe di allontanarsi in una corsa isterica, a rotta di collo. Una fuga da quell’atmosfera infernale dove l’inconcepibile si fonde con l’impossibile, dove fantasmi del passato si ripresentano in un limbo tra reale e immaginazione, distruggendo qualsiasi certezza o lucidità. Corre, cazzo se corre, l’haori come uno spettro danzante a seguirla, il vento a sferzarle il volto ancora segnato dalle proprie unghie. Sparirebbe così nelle tenebre, tentando di far perdere qualsiasi traccia di sé. {Chakra ON}{Chakra 40/80}{Sharingan Tre Tomoe: ON}{//END FORSE per entrambi}

01:46 Itsuki:
  [Bosco] Non ha idea di quello che la ragazza - oramai donna - ha dovuto passare, a cosa abbia dovuto resistere senza di lui, i fantasmi del passato a tormentarla, il dolore impostogli per il semplice fatto di possedere quel sangue, quegli occhi. Quei lineamenti. Non può far altro che far silenzio e subire, crogiolandosi per qualche istante in quell'abbraccio dove il cuore sembra trarre un sospiro di sollievo assecondando Eiji stesso, che se solo ne avesse modo, fosse l'illusione più potente di sempre o una qualsivoglia tecnica proibita, farebbe una fotografia di quel momento, andrebbe ad incorniciare quell'immagine idilliaca magari dipingendola un pò più rosea i quel che è, per fermarsi lì, per sempre, con lei tra le sue braccia. Ma non c'è spazio per le visioni speranzose e romantiche nel mondo Ninja, no, vi sono relazioni e relazioni e se dovessimo stare a guardare di preciso quella tra loro due, sì, era probabilmente la più bella, meravigliosa ed affiatata di tutte, una luce tanto stupenda che in quello spegnersi ha fatto solo più male, la si è notata di più, gettando ombra su quegli amanti e, con tante piccole congruenti conseguenze, anche le terre Ninja. Buffo come il vedersi spegnere di una relazione, lascia che poi quei tizzoni ardenti ci cambino, ci facciano crescere o ancora peggio... Ci uccidono. Letteralmente. Poi, il brusco scostarlo, non è nulla di esageratamente rabbioso, sembra più un volersi distaccare spaventato, nervoso, di lei che forse si era concessa un'istante soltanto di salvezza, di pace, un'abbandonarsi a qualcosa di piacevole che appartiene, o meglio, apparteneva soltanto al passato e che ora è lì davanti a lei, la Pura che chiaramente stenta a crederci e fatica a comprendere < . . . > si scosta senza forzare nient'altro e la osserva, l'espressione trista e spenta, la propria mente che si conforta nell'averla lì pur cedendo ad un che di drammatico, così vicina ma allo stesso tempo così dannatamente distante. Non può sentire quella voce, che in che di onirico e visionario risulterebbe talmente tanto distante da essere soltanto nella mente della Uchiha, un sussurrare diabolico che la tormenta e la porta ad un crucciarsi, trasale e gli si mozza appena il fiato, solleva quella mano che prima strideva in preda al contorcersi del Raiton che percorreva quella stessa mano che lei solleverebbe, è tutto così atipico da fuori ma lui osserva semplicemente sollevando la dritta a sua volta, ci prova. Ma non riesce. Solleva appunto la destra per voler provare a riavvicinarsi, è un qualcosa di istintivo che lo muove in quel vederla soffrire, una preoccupazione indomita che gli fà schiudere le labbra in un provare a concedersi un vocalizzo, una sillaba soltanto del nome di lei che viene spezzato da quel ringhiare feroce < Ha- ! > e ritrae di un paio di centimetri quel tocco che mai raggiungerà la propria destinazione, che fosse stato il braccio o la di lei spalla, lui non può comprendere nemmeno lontanamente il fatto che possa o non possa essere rivolto a lui. Ma a quell'altro. Eppure fà male, quelle sue tre parole sono come uno scoccare frecce ghiacciate che gli trafiggono il cuore e gli rubano il respiro, come un venir privato di quel minimo di conforto che aveva trovato, un crollare in quel sentire come una fitta tangibile, la dritta che in quel fallire ad andare verso di lei viene portata al proprio petto, è uno stringere di un pungo che vorrebbe provare a lenire il dolore, vuole provare a tener stretto quel frammento dell'abbraccio che c'è stato, vuole convincersi che dopotutto non è andata così male, vuole sperare che ci sia anche una remota e distante, minuscola possibilità di rivederla di nuovo. Non si arrenderà, soffrirà ora così come soffrirà ogni volta che incrocerà il suo sguardo, ora che ha gioie e dolori da ricordare, ora che tutto non è più solo un'inseguire i ricordi di un fantasma può permettersi di ripercorrere quelle memorie approfondendole ogni volta e farsi forza, odiarsi ed allo stesso sforzarsi di amare un se stesso che non desisterà, dovesse costargli qualsiasi cosa al mondo, riuscirà a riaccendere le braci oramai morenti di quell'amore seppellito. Costi quel che costi. Chiunque si metterà di mezzo. Tornata alla realtà, l'Uchiha, lo guarda con quello sguardo a metà tra il trasognante e l'essere appena rispuntata da un'incubo sin troppo reale, sembra una bestia spaventata e ferita, ma sarebbe un'eufemismo attribuirli un nominare così grezzo, è una creatura che anche in quel dirgli di star lontano in maniera intransigente, ai suoi occhi risulta bella così come allora, fiera ed indomita, ardente come l'unica fiamma che era stata in grado di bruciare tanto quanto quelle di Matatabi - se non di più - dentro di lui < Non lo pensi davvero.. > ed è una verità che gli pare di scorgere, o è semplicemente un tentare di convincersi di qualcosa che ha delle dolorose fondamenta sulle quali basarsi? Non vuole porsi questa domanda, semplicemente la vede voltarsi e nuovamente smuove un passo in avanti in quel protendere invece la mancina, soffermandosi però, proprio in quel vederla allontanarsi, qualcosa di reale e non un miraggio, non è frutto della sua fantasia visto che è lì, che se ne và, l'ha incontrata realmente e va bene così, non può pretendere oltre ed anzi deve ringraziare che non siano stato colpiti dall'impetuoso carattere della Uchiha. Per oggi può bastare, rimane lì a fissarla in quel diventare una macchiolina che svanisce all'orizzonte, lasciando cadere la mano priva di qualsiasi forza, le braccia lungo i fianchi e lo sguardo verso terra <{ Dunque, la lasci andare così..? }> domanderebbe Itsuki dall'interno, più curioso che effettivamente deluso dalla situazione, comprendendo quanto questa sia tediosa ed effetivamente difficile da gestire dato l'animo ardente della Special < Non posso pretendere nulla... > no, saranno le sue azioni a parlare al posto suo, non avrà bisogno di parole smielate e promosse sin troppo pompose, si farà valere da sè, con quella determinazione che piega i lineamenti oramai asiutti, per poi voltarsi e ridirigersi chissà dove, senza liberarsi chiaramente tanto facilmente del pensiero di Lei. Crucciandosi e tormentandosi più di quanto non sapeva dove fosse. {end . . . }

E qui invece, Eiji incontra Hanabi.

. . .

* f e e l s *