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{Ricordi di un Sensei caduto}

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con Ekazu, Itsuki

22:30 Ekazu:
  [Dojo Uchiha | Esterno] Sbuffi di vapore si condensano nell’aria. Le luci, calde dalle finestre, tutte intorno si accendono. In cielo, una timida e serena Luna appena si mostra tra le nuvole e gli alti edifici del Secondo Anello di Kusa. Una giornata che sembra presto morire. Carte, documenti che in serie per tutto il pomeriggio si macchiavano della sua penna. Il periodo di assenza dal Clan che inizia a pesare. Un ruolo, il suo di Clone Esperto, che lo vedrebbe sempre più accentrato nell’essere protagonista di realtà a lui completamente estranee. Quel che rimane degli Scienziati dei Laboratori che, ora con rispetto, lo inseguono per i corridoi in penombra del Dojo, elegante ed orientale, profondamente legato a tradizioni che nel mondo del paese dell’Erba via via pare venir surclassato dal progresso tecnologico. Nessun’Armatura indosso. Un semplice dolcevita nero, stretto sul corpicino e dei pantaloni anch’essi neri, stretti in delle fasciature bianche lungo le caviglie e poco sopra. Abiti informali per quel che dovrebbero essere i pochi attimi di ‘’pace’’ prima della resa dei conti. Il Marchio, a malapena visibile in qualche accenno di nero a sbucar fuori dal colletto alto, brama il sangue. Il Suo di Lei, di Sangue. < .. mi pare stiate esagerando però.. > le manine spoglie dei guanti, finora nascoste nelle tasche, pigre si mostrano alle luci. La destra ad incurvarsi. La penna ricamata, blu scuro, danza nuovamente sul foglio. Ancora una sigla, un 404 messo lì come presa visione. Nessun nome. Gli occhietti bicromi che, stanchi e abbracciati dalle tenebre delle profonde occhiaie, celerebbero in quella totale atarassia ora un non leggero fastidio. E chissà quante volte ancora verrebbe intercettato mentre tenta di raggiungere l’uscita. Qualche pianta come decorazione, il bancone della reception con la relativa guardia dietro a controllare il tutto. L’aria satura di Kusa di fronte a lui. Il Calore del Dojo alle spalle. L’arietta ambita ad avvolgerlo. Un pacchetto di sigarette rosso e bianco, da cui sbuca un elegante bastoncino pallico. La mano libera a cercar un accendino nell’altra tasca. Qualche secondo. Ticchettii metallici, il fischiare della fiamma. Un profondo respiro, gli occhietti che verrebbero socchiusi, infastiditi dal fumo. < aaaah.. > il petto si alza e si abbassa in quella boccata di ossigeno nocivo. Inizia ad incamminarsi, appena incurvato in avanti. La destra che penzola mentre ancora stringe la sigaretta. L’altra al suo posto. I calzari ninja, chiusi in punta, a saggiare pienamente il terreno umidiccio, ma ben civilizzato da colate di pietra e cemento. Le luci degli anelli inferiori, sotto di lui, ad illuminarne i lineamenti. Resterebbe lì qualche secondo, concedendosi secondi preziosi di tranquillità. Lui e la sigaretta. Ed il Marchio, oramai onnipresente ospite. [ Chakra: ON ]

22:39 Itsuki:
  [Esterno Dojo] Sono passati dei giorni, ne troppi ne troppo pochi, da quando si è tenuta una delle riunioni più importanti del mondo Ninja, ma non è la riunione in se ad essere di fondamentale importanza. Non quel giorno, non oggi. Figura androgina che sfila con quel suo solito completo inconfondibile, guanti neri così come le scarpe ed i capelli d'ebano, coda alta come il più delle volte, dondola dietro di lui la punta di quelle lunghe ciocche che come pece danzano al ritmo di quel passo quasi sempre meno riconducibile a quello di un'automa e sempre più elegante, contaminato dall'altro < Dunque hai detto che non è tipa da restare al Dojo.. > direbbe in un mormorio il Goryo, nel mentre che passeggia in prossimità del Dojo Uchiha, una sigaretta appena sollevata nei pressi del viso a lasciar che fili argentei lambiscano quei lineamenti, la dritta permane nella tasca dei pantaloni dal taglio impeccabile, mentre l'altro sospira appena, volendo poter ricordare di più, affidandosi più a quello che lo stesso Itsuki può aver scoperto su di Hanabi, piuttosto che ai propri ricordi <{ Diciamo che il suo sangue non gli và propriamente a genio. }> o almeno è quello che si concede di dire, rispondendo a quel legame mentale e riecheggiando quindi nella mente del Chunin, il quale starebbe già dedicandosi all'attivazione dell'innata, lì poco prima di svoltare l'angolo, in tento a lasciare spazio a lui e a quella metamorfosi dei lineamenti e dei connotati, i primi indubbiamente più riconducibili dei secondi al Kagurakaza stesso. Sguardo spento ed espressione inesistente in quel compiere un'azione oramai compiuta infinite volte, piega la testa di lato, a destra ed a sinistra, mentre gli occhi si socchiudono in quel voler andar a percepire un lieve scrocchiarsi delle membra, ed il Chakra sarebbe già lì all'altezza del cervello, mosso attraverso il sistema circolatorio lì fino alla fenditura centrale dei due emisferi, lasciando quindi che le piume di corvo sfumino partendo dall'attaccatura diventando innevati, una silente bufera che stravolge il neutro scuro andando in direzione del chiaro, mentre le palpebre andrebbero a levarsi come un sipario, ed il rosso sangue è svanito, a favore di un viola che è come l'ametista più rara e brillante di tutte, quello stesso colore di quelle rose di casa sua e della nota che è simbolo del Suono. Almeno, così, dovrebbe essere più riconoscibile, se non altro per la lei che và cercando in maniera compulsiva ed ossessionata, riuscendo però sempre a mantenere quella sua diligente lucidità, cosa che un tempo si era persa per strada cedendo il posto all'Odio, lasciando che tutto venisse corroso da quella scura fiele, lasciando spazio ad una disfatta conosciuta oramai in tutte le terre. La troverà? chi lo sà, potrebbe entrare ed andare a cercare Kioshi stesso, ma non ha intenzione di doversi appellare a qualcuno di esterno in maniera diretta, vuole riuscire da solo in quel ritrovarla dopo anni, quell'andare a colmare il vuoto dentro di sè che si trascina da quando ha memoria della suo essere dentro a quel corpo nel quale coabita assieme ad Itsuki. Si sofferma dal riflettere e per qualche istante indice e pollice della dritta vengono portati lì a lambire le punte interne degli occhi, smuovono appena come a voler togliere una congestione di pensieri che mai lo avrebbe abbandonato in queste ore, per poi riportar la stessa mano dietro alla schiena, chiusa a pugno in un nobile sostar all'altezza dell'osso sacro, mentre il portamento si è già fatto più impettito e nobile, quasi da risultar fastidioso a chi non di sangue blu, mento in alto ed un'aria altezzosa che è un qualcosa che lo distingue, supremazia assoluta anche se non è nemmeno lontanamente vicino al potere che aveva un tempo, non è il potere a muover quella figura ma è un'estetismo innato, un carisma indomito. Lineamenti più affilati distesi in un'espressione rilassata e di superiorità, cela un nervosismo in maniera lodevole mentre la mancina si smuove quindi pigra in direzione delle labbra, movenze feline ed un passo aristocratico, come se stesse camminando sopra ad un piedistallo che si estende ovunque lui vada, srotolandosi quasi come un tappeto al suo cospetto, convinto in quel suo irriverente essere una spanna sopra a chiunque. Si sofferma, oramai davanti al Dojo ed è praticamente un'arrestar di quell'incedere regale in concomitanza con quel di lui lasciar che il fumo porti via le preoccupazioni, il fumo dell'Uchiha che vien appena offuscato in viso per un'istante soltanto, brevissimo, mostrando poi quei lineamenti atoni e spenti, con Eiji che si ferma lasciando che un'amaro sorriso si palesi in viso, era presente anche l'altra volta, ma i suoi occhi erano solo per la Pura, mentre ora il destino si diverte di nuovo a fargli trovare di quanto più vicino possibile a quella figura, ma non lei, rimanendo lì distante a si e no due metri, con lo sguardo che si distoglie dal viso di 404 andando a posare le violacee sulla pallida signora che regna sovrana nel cielo, il tono è distante ed indubbiamente nostalgico < Ci rincontriamo, Ekazu. > direbbe con quel tono di voce indubbiamente più caldo e flessibile di quello di Itsuki, l'altro che lui ha conosciuto, non credendo a quelle parole che gli disse quando lo incontrò assieme alla Doku, lasciando probabilmente solo una virgola di confusione, mentre un'altro tiro vien tratto da quel filtro di cotone. Gli volge appena il profilo, ma tra le lanterne orientali e la luna, quei lineamenti sono ben visibili. È lui, Ekazu che tu ci voglia credere o no, è quel bastardo del tuo Sensei che si è lasciato trascinare a fondo nell'oscurità, o meglio, non è lui in tutto e per tutto, fisicamente parlando, niente occhi rossi ne capelli neri dai riflessi bluastri, ma è lui < Ero venuto per cercare lei, ma suppongo che il destino non si stanca mai di scherzare. > { Goryo II - 2 pv - 2 ck }

23:07 Ekazu:
  [Dojo Uchiha | Esterno] Il bagliore della Regina in cielo lo illumina dall’alto. Le lucine si fondo nel pallore della Luna sul viso. Gli occhietti, ancora mezzi tagliati dal calare delle palpebre, brillano, probabilmente stanchi. Un acre odore di tabacco combusto a circondarlo. Ultimi tiri che, come qualsiasi fumatore, tenterebbe di gustare il più possibile. Brevi pause tra il sibilo dell’ardere le ceneri e gli ovattati odori e suoni di una città viva. Non più un villaggio. Pause, momenti in cui tenterebbe di raccogliere quel poco di chiaro nei pensieri. Troppe cose in così poco tempo, non puo’ assolutamente spiegarselo. E se esiste qualcuno lassù, sicuramente si starà divertendo. Un marionettista onnisciente che muove i fili di un Mondo lasciato a se stesso. La testolina appena cala. Le ciocche corvine, irregolari nella lunghezza, ne coprono parte dei lineamenti affilati, tipici dei cloni del Puro. Ancora un altro tiro. Dei passi dietro l’angolo, sarà il classico clone che ritorna dalla ronda. Chiuso tra le sue spalle, ancora un altro tiro. Le parole di lui. Gli occhietti, da sotto la frangia ciondolante, puntano all’altro. La lunga chioma pallida, e gli occhi violacei. < .. già > pollice e indice destri che si stringono attorno al filtro arancio. Due, forse tre ultimi tiri, rapidi e avari, prima di lasciarla esplodere a terra in una chioma di scintille rosse. Il visino che ora si solleva, specchiandosi in quello di lui. < lei chi > chiede seppur la totale assenza di sfumature nelle parole lascerebbero intendere tutt’altro che un quesito. Il bagliore lunare che ora brillerebbe sul profilo del Goryo. Passerebbero solamente pochi attimi nella realtà. Secondi che, in quel mondo distorto -la sua mente- e forse preda del suo stesso potere, si traducono in ore. A riunione, ghiacciò alla vista di Hanabi. E’ lei quindi quella che cerca. Cosa vuole Itsuki? Il piede che ammazza lo sbuffetto di fumo ribelle che ancora si alza dal mozzicone. Lascerebbe che sia lui a dirgli tutto. < che hai combinato, ti sei tinto.. > aggiunge, sempre osservandone i tratti da dietro la frangia scalata. Sdrammatizza, forse? Un’ironia che, a sua insaputa, probabilmente ancor di più susciterà un pizzico di nostalgia nei ricordi dell’ex Sensei. Già, che strano vero? Era lui che diceva di essere Eiji, no? I pugni chiusi dietro la schiena. Il petto in fuori, il mento che fissa al cielo per quanto è alto. Fiero, orgoglioso. Nobile. Se solo potesse, sul viso qualche flash di dubbio inizierebbe ad apparire. Ma no. Solo un Deja-vu. Una fitta nello stomaco che nasce e muore. Sarà certamente la stanchezza, Ekazu. [ Chakra: ON ]

23:45 Itsuki:
  [Esterno Dojo] Dal canto dell'Uchiha, quei tiri paiono un voler prendersi una pausa dai doveri, dalle responsabilità, dalle fatiche inerenti al Clan e tutto quello che ne concerne, un qualche minuto di pausa, mentre invece il plebeo palliativo cilindrico in mano al Kagurakaza quasi sfigura, lui che quando era in vita era solito fumare cose più nobili ed allo stesso tempo alteranti, se così vogliamo definire oppio ed affini, ma ora quello stretto cilindro bianco ed arancione è semplicemente un contorno della sua figura, un'estensione di quel suo atteggiarsi carismatico. Un fumare pragmatico, profondo, mentre lo sguardo è ancora rivolto verso la bianca signora e le ametiste riflettono quello stesso pallore che dall'alto tutto osserva, tacendo, mentre son le parole di Eiji a far sì che il silenzio venga rotto, dopo tutto il breve e conciso dire dell'illusionista lì presente, che pare quasi sempre sforzarsi in quel parlare, mentre il tono del fu Jinchuuriki è indubbiamente più sciolto, anche se giunge solo dopo un'amaro sorridere nei confronti di quella stessa luna, chiaramente al reagir alle parole del marchiato < Tinto? Ah, fosse una semplice tinta, potremmo considerarci fortunati. > e invece, tutto sarebbe che un semplice cambiar colore di capelli grazie a chissà quale diluita sostanza, no, è ben di peggio ma non avrebbe senso stare a protrarre più di tanto l'enigma, sempre divertito e tedioso in quell'annunciarsi, ma non con lui, non con qualcuno che non ci vedrebbe niente di divertente in quella figura, se solo sapesse. Ed il cuore si concede quel paio di battiti in più, mentre da dentro Itsuki tace seppur allo stesso tempo freme appena in quell'esser vicino a quel contenitore di ricordi che l'altra volta ha evitato di dargli la mano, portandolo ad un volersi meritare quel contatto e quei ricordi, senza doverli rubare in un certo senso, in quel voler ricomporre la personalità di Eiji per ricondurlo a quel che era < Credo sia inutile oramai girarci attorno.. > direbbe quello stesso figuro, voltandosi dunque del tutto, adornato dalla luce candida che ne definisce i lineamenti ora. Familiari, ma non esattamente identici, pesantemente riconducibili ma non uguali in tutto e per tutto, visto che anche i connotati diversi fanno la loro sporca figura < Cercavo l'unica altra della quale mi interessavo ai tempi, oltre a te.. > e farebbe un'ulteriore tiro da quella sigaretta per poi sospirare e lasciare che il tutto sfumi per aria in quel venir portato via dalla brezza notturna, facendo sì che un vaghissimo senso di timore venga rapito a sua volta. Lui, intimorito. Chi l'avrebbe mai detto? Eppure, i pochi e scarsi ricordi che ha, quel che può aver ricostruito tramite l'indagare ossessivo di Itsuki nei confronti del fu Principe, chiaramente giungendo ad un nome specifico, tre lettere di un Team del quale alla fine si è vociferato per tempo, le loro missioni le hanno fatte, nei registri e negli archivi del Suono, per vie traverse o meno, erano informazioni che un qualcuno in preda ad una vera e propria sete di sapere nei confronti di quel preciso individuo nobile, avrebbe potuto scoprirle, con un pò di impegno o magari allungando qualche Ryo, poco importa, visto che è uno dei pochi preziosi ricordi disponibili, il nome dei demoni a guardia dell'inferno, solo quello può venir espresso, mentre tutto il resto che c'è stato è perso. Ma recuperabile, grazie al sigillo. < Io, te ed Hanabi, il team Oni.. Da quanto tempo che non pronunciavo questo nome.. > e lo sguardo scende mantenendo quell'espressione affranta ma allo stesso tempo divertita, un divertimento truce che in realtà è solo il cercar di seppellire una nostalgia che non può nemmeno ripercorrere del tutto, mentre la mano scende appena e l'indice andrebbe dando un secco e semplice tocco alla sigaretta per fa scendere la cenere, seguendo il grigio che cade con lo sguardo, risollevandolo poi per incrociare lo sguardo di Ekazu, così come avrebbe fatto da quando si sarebbe voltato verso di lui < Te l'aveva detto Ekazu. > riferendosi ad Itsuki, quando quella volta appunto gli aveva chiaramente accennato riguardo ad Eiji, per quanto enigmatico fosse quel dire e di fondo misterioso, lui l'aveva avvisato < Non voler credere ad una cosa non vuol dire non possa essere realtà. > e di nuovo fuma, lasciando che il fumo venga sospinto pigramente da un misero soffio, seguendolo con lo sguardo mentre svanisce in confusi rivoli. { Goryo II }

00:28 Ekazu:
  [Dojo Uchiha | Esterno] Una natura, la scissione di un Itsuki solo in apparenza dinnanzi a lui, annunciatagli ma a cui ancora farebbe fatica a credere; per ora. Non è una tintura. Uno spezzar il suo tentativo di scherzare di cui, in fondo, neanche l’Uchiha era pienamente convinto. Un vano e lontano riflesso. Piccoli bagliori di una personalità, di un umorismo soffocato dalla sua stessa esistenza. Da un qualcosa di cui lo stesso Eiji è ben più che protagonista. Forse, il primo artefice di tutto. La destra ritorna a nascondersi nei pantaloni. Il busto, leggermente ingobbito, in netto contrasto con l’operandi nobile di Eiji. Una rapida occhiata, di striscio, verso il corridoio alle sue spalle, quasi volesse accertarsi di essere finalmente solo con Lui. ‘’Credo sia inutile girarci attorno..’’ gli occhietti che pigri, dal corridoio luminoso del Dojo si riportano su di lui. Cosa sta dicendo. Un flash annebbiato dinnanzi agli occhi lo riporta al Promontorio delle Vibrazioni. Itsuki e Kimi. Il sangue per poco non bagnava le acque del Suono. E lui, improvvisamente, ad annunciarsi come lascito vivente di Eiji. ‘’Io, te ed Hanabi’’ Io? Un impercettibile aggrottarsi della fronte. Le palpebre, come a teatro, si sollevano rivelando lo spettacolo nelle iridi. Calmo, deve rimanere calmo. Ma lui, il Centro di Oto, le prime esperienze da Ninja. Yukianesa nell’avambraccio. Il piccione morto. Poi l’abbandono, l’Alba, il rapimento di Hanabi. L’inizio di tutto. Come acqua sul fuoco, il Chakra lo pervade. < come > la testolina ancora abbassata. Le labbra appena si schiudono. Ogni muscolo, involontariamente, si irrigidisce in un richiamo ad un passato che pensava fosse morto. Lento, quasi surreale ora, gli mostra il suo di viso. Cupo, scuro. Ogni tratto di quel rilassarsi è oramai scomparso. Le pupille sono ridotti a infinitesimi punti che galleggiano. <stai attento a ciò che dici> atono, i denti si stringono in quello sbiascicare. Minaccioso, ma non per il voler infierire od offendere. Minaccioso, per il riportare alla luce dolore e ricordi, al suo interno oramai morti. Le cicatrici sul collo e sul braccio quasi urlano, bruciano. Un passo ad avvicinarsi. La distanza tra i due si riduce. Agli occhi del Principe del Suono, un Ekazu totalmente diverso da ciò che ricorda. Pura e semplice manifestazione del 404 quasi maturo. < te lo ripeto.. > ancora, convinto di esser forse vittima di uno scherzo di pessimo gusto. Ma a che pro? Gli occhietti, ora, brillano. Lucidi. < .. fai attenzione > dal basso di quei pochi centrimetri che li separano in altezza, rimane lì. Lo osserva. Gli occhi, sgranati tant’è che quasi le occhiaie sfumino quasi nel pallido del viso, schizzano. Unici testimoni del proprio animo su quel viso di cera. [ Chakra: ON ]

00:58 Itsuki:
  [Esterno Dojo] È più che plausibile risultar confusi, non volerci credere, lasciarsi pervadere dalla perplessità. Dopotutto lui è morto ed effettivamente non ci sono molti modi per tornare dalla morte, se non quelli di affidarsi qualche particolare Jutsu. Il punto è che lui non è mai tornato, no, semplicemente avrebbe riversato la propria personalità tutti i suoi modi di fare e di essere in quel sigillo, rinunciando ai propri ricordi durante il processo per far sì che quel sangue Goryo mai utilizzato da lui sarebbe andato in futuro ad assumere specificamente una personalità del tutto riconducibile al Kagurakaza, memorie a parte. L'Uchiha, chiaramente non potrebbe far altro che risultar perplesso ed allo stesso tempo teso, confuso ma apparentemente soggiogato da quelle parole di Eiji stesso, il quale permane attualmente sul posto in quel percepire quella sua domanda non domanda. Come? Già, non lo sa nemmeno lui bene, o meglio, non sapeva se quel sigillo avrebbe funzionato o meno, una scommessa con la morte che ha vinto, potendosi permettere di rivivere attraverso quel corpo del pupillo che ai tempi aveva salvato dalle grinfie della genitrice folle, quell'Itsuki che tutt'ora tace in riverente rispetto, lasciando spazio ai due di dialogare e di invischiarsi sempre di più in quell'argomentare oscuro e profondo, rivolto indubbiamente al passato < Devo stare dunque attento alla verità>? > direbbe lui in un vago roteare delle iridi d'ametista per incominciar quindi a smuovere qualche passo in sua direzione, l'espressione è perennemente velata di amarezza ma sostanzialmente giace come se fosse davanti all'inevitabile, inutile volersi tirare indietro dalla realtà, dalle responsabilità che ha abbandonato quando era in vita, ritrovandosi quindi teoricamente a distanza ravvicinata con il clone < Vuoi aver modo di credermi? Non ho i miei ricordi ma... Ricordi quando ti chiese la mano Itsuki, vero...? > direbbe lui guardandolo negli occhi, sollevando nuovamente la sigaretta senza distogliere le violacee dal volto altrui fissandosi in quelle pupille che si assottigliano, aspettandosi il comparire della rossa innata di lì a poco, se non fosse che 404 sembra ancora in grado di resistere alle pulsioni sentimentali, per quanto ben poco dei propri sentimenti dia a vedere, nei confronti di quei ricordi e di quelle memorie che nella sua testa chiaramente permangono indelebili, a differenza della mente del fu Jinchuuriki. La mano destra dietro la schiena si smuove per andare a porgersi in direzione del ragazzo, un lieve e pacato sostare con il palmo verso l'alto che andrebbe a permanere lì in silenzio, mentre continua a fissarlo, tenendo le iridi incollate sul viso apatico del ragazzo, sentendosi inevitabilmente in colpa per quel suo aver abbandonato i suoi allievi, la sua amata e quel suo apprendista particolare e talentuoso, abbandonandosi all'odio ed alla discordia, volendo perseguire egoisticamente il proprio scopo, convinto che nessuno ne fosse all'altezza, che nessuno fosse degno di comprendere e di stargli effettivamente accanto in quel voler gettare il mondo in preda al Caos ed alla disperazione. Ed ora ha un'altra possibilità di perseguire quel suo scopo, ma allo stesso tempo, non sarebbe forse il caso di sfruttare questa possibilità per cercare della redenzione? Dopotutto, non è solo da Hanabi che deve farsi perdonare, ha riflettuto più volte anche riguardo quel ragazzo e per quanto i ricordi fossero ben pochi, quel rimuginare infinito lo avrebbe chiaramente portato a riflettere sui propri errori, facendosi forte dei pochi ricordi dei quali poteva disporre, andando chiaramente a realizzare il suo fallimento come mentore e come Sensei, nonostante il suo essere perennemente libero di perseguire il proprio volere, i propri scopi, egoista sì, ma allo stesso tempo appunto libero proprio come un ribelle felino < Dammi la mano, Ekazu, non è un pretendere il mio, è semplicemente l'unico modo per poterti dimostrare la verità. > direbbe con un tono che ora si fa più serio e severo, come se fosse ancora il maestro che impartisce una lezione all'adepto, intento a fargli capire con l'evidenza, con l'aiuto di quel sigillo, che non sta mentendo. Nel bene e nel male, si intende. E se dovrà subire l'ira dell'altro, allora si farà trovare pronto, perchè dopotutto, in quell'abbandonarsi all'oblio dell'odio, è quel che dopotutto si merita, nonostante ai tempi lui avrebbe avuto le sue motivazioni, condivisibili o meno che siano. { Goryo II }

01:30 Ekazu:
  [Dojo Uchiha | Esterno] Una verità sofferta, che quasi egoisticamente non vorrebbe sentire. E quel suo difendersi, timore, è solo sintomo che alla fin fine, è ciò che più teme. Riaffacciarsi ad uno scomodo passato che, ora Itsuki o Eiji che sia, è messaggio di emozioni contrastanti. Emozioni che, per ora, ancora rimarrebbero sopite. L’innata cremisi dorme. Gli occhi sono ancora bicromi, nessun roteare furioso color sangue a manifestarsi. Così come il Marchio, silente spettatore di ogni cosa. Non risponde alle parole di lui. Non sa cosa dire. Si ritrova in una situazione in cui ogni semplice parola risulterebbe vana, inutile. La mano di lui, col palmo al cielo, gli si protende quasi. Gentile, quasi un invito ad abbracciare un qualcosa che ancora non comprende. Lo sguardo, lento, ne segue ogni movimento. Palesemente teso. La testolina che, proprio sul palmo offertogli, si abbassa. Di nuovo quell’invito a toccarlo. Invito che giorni, settimane addietro, aveva già rifiutato. Deglutisce a fatica. I dentini si stringono. I lineamenti spingono verso un qualcosa a cui raramente si assiste. La rottura della Maschera. Impercettibili segnali a mostrarne l’umanità. Per ora innocue crepe a stagliarsi subdole e meschine, incontrollate. Le labbra interdette, schiuse a malapena, si pietrificano. La testolina è ancora abbassata. Fissa quasi morbosamente. Le parole di lui risuonano nella mente. Un rimasuglio dell’Ekazu del Suono, giovane Clone e allievo del Jinchuuriki, lo spinge in quel contatto. Lenta, tesissima, la destra andrebbe a poggiarsi sull’altra di lui. I palmi aderiscono. La pelle nuda sfiora il guanto vellutato in un censurato contatto tra i due. Una fitta allo stomaco. Se è davvero Eiji, seppur quello non è il suo corpo, lo sta realmente toccando? Un allucinazione, un sognare ad occhi aperti. Il mondo sparisce. Kusa, lo stesso Itsuki. Ogni cosa. Il Suono di anni fa, tassello dopo tassello, a stagliarsi come nel più vivido dei sogni. La piazza. Le risate di Hanabi. Il portamento regale del Jinchuuriki, e lui. Quasi muto, impassibile osservatore di ogni cosa. La mano di Eiji che si posa sulla testolina dell’Ekazu del passato. 404 del presente ad assistere a tutto. Una scena semplicemente frutto di una labile psiche. Quasi come il più potente dei suoi Genjutsu stesse scatenandosi. Ma no. Era solo l’idea del poterlo nuovamente sfiorare. L’idea del passato ora non più così lontano. E attende dunque, che l’altro gli mostri la verità. [ Chakra: ON ]

02:45 Itsuki:
  [Esterno Dojo] Eccoli ordunque, finalmente, i primi attimi nel quale quei simbolici frammenti del mosaico che rappresenta l'oscura e tetra fiaba del Principe del Suono andrebbero finalmente a ricomporsi, quasi come se fosse il sollevarsi di una battito d'ali bianche che in un largo moto circolare và disegnando in un'ipotetico spazio nero, chiaramente figurativo, nel quale si troverebbe il Kagurakaza, sembra la migliore delle illusioni, o è forse un poetico e pittoresco voler l'immaginare un ricomporsi di quella vertrata dai colori meravigliosi, tristi e felici, un definirsi sotto ai piedi di un'Eiji dalle sembianze che furono, che poi non è tanto un'immaginare del fu Jinchuuriki quanto piuttosto come vorremmo rappresentare quel ritornar se stesso, un pezzo alla volta. La stazione del risveglio. Per iniziare un viaggio che lo riporterà a ridiventare l'Eiji di un tempo. Guardatelo, con le braccia a porsi istintivamente a coprirsi il viso per qualche istante, in quel sorgere dal basso di quel battito di ali citato qualche carattere fà, non con i capelli bianchi e nemmeno gli occhi viola, capelli neri corti e occhi rossi, una camicia bianca e dei pantaloni scuri con delle scarpe, nient'altro, guarda sotto di sè e vi è appunto quella vetrata circolare dove appare la sua nobile figura di profilo, indossa una delle sue nobili completi ed un mantello mentre poggiato pigramente con il viso sulla mano destra, lo sguardo libero e ambizioso velato di malizia seduto su un cornicione delle mura del Suono, mentre delle fiamme blu cristallizzate dall'effetto a mosaico dei tasselli di vetro che riluce bruciano - seppur immobili - attorno alla sua figura, così come lo spuntar del muso di un felino ben conosciuto a tutti, poco sopra la sua spalla, mentre tutto dietro di loro si spande il paesaggio dell'Aria illuminando la lama di Yukianesa retta nella mancina, che giace poggiata sopra al ginocchia gemello. Vi sono inoltre tre grandi cerchi davanti a dove starebbe guardando il Kagurakaza di quella vetrata, mentre si paleserebbero agli occhi di quell'immaginario ricordare, è un gioco di quel sigillo imposto con follia? Oppure è soltanto un'esagerare descrittivo di un qualcuno che digita questi stessi caratteri andando ad abbandonarsi ad una visuale quanto più in grado di attribuire il degno tributo che meritano questi ricordi? Chissà. In quei cerchi davanti a lui, chiaramente adorni da circolari cornici impreziosite da dettagli eleganti, comparirebbero le seguenti figure, all'uniscono come l'illuminarsi di importanti checkpoint che raffigurano Hanabi, Ekazu, ed un a violacea rosa, simbolo della sua famiglia. Si illuminano per qualche istante, vi è il viso sorridente ma sempre fiero ed ardente della pura, più giovane di come è ora, così come quello di un rarissimo Ekazu in quel vago sorriso che al massimo si concedeva, anche lui più ragazzino rispetto ad esso, e poi quella rosa che è simbolo della sua Casata e di tutta la sua vita ad Oto. Si illuminano per qualche istante di colori stupendi per poi spegnersi ed andare in fretta a far sì che tutto con quello spegnersi vada decadendo, andando a lasciar quell'immaginario Eiji tornato alle sue reali forme, che aveva scostato gli occhi ad ogni illuminarsi per tentar di carpire al meglio quel grande mosaico, perso come se avessero effettivamente tagliato all'improvviso la corrente, o la magia del momento, dopotutto è un'immaginare metaforico ed insolitamente ispirato dal momento di chi mette insieme queste parolee. Ed in tutto ciò, mentre una musica suonava di sottofondo sin dal principio, una melodia onirica e mistica, è solo un vocalizzo di timore di quel Principe che appunto avrebbe visto il tutto svolgersi in brevi attimi nonostante noi ci abbiamo messo più minuti a leggerlo. È un cadere sulle ginocchia ed un cercare di avvicinarsi a quella vetrata oramai ridotta ad una scala di grigio, mentre tutto intorno è buio come lo è stato sin dal principio. Ma non tutto è perduto, nonostante le lacrime stavano per rigare gli zigomi di questa figura del fu Jinchuuriki in questa rappresentazione del subconscio, se vogliamo trovare un'altro nome a questo sfogo creativo. Nella realtà, o dovunque ci troveremmo a differenza di dove siamo stati sin'ora in un voler immaginare, l'Uchiha dopo lunghi interminabili istanti, che paiono scanditi in maniera avida e centellinata dal tempo stesso, ecco che vedrebbe, dopo un restar muto ed apparentemente impassibile, nonostante quel velo di lucidità e di interdizione, quell'incrinarsi minimo della maschera del Marchiato, ecco che andrebbe appunto stabilendo quel contatto, ed il Chakra subito che andrebbe reagendo mediante il sigillo. Come una serpe, si smuove rapido, saettando verso la mano destra del Kagurakaza andando quindi ad andare come a pungere appena il primo centimetro di epidermide di Ekazu, in un ritornar indietro per andare a dirigersi alla mente e di lì, quindi, riversare una marea di immagini frastagliate e rapide, non propriamente confuse ma nemmeno chiarissime, qualche tratto offuscato, alcune cose chiare ed altre meno, mentre l'Eiji davanti ad Ekazu - e non quello immaginario che per ora abbiamo lasciato da parte - porterebbe poi istintivamente quella mano col palmo quasi a coprire lo stesso occhio destro, non è un aver a che fare con l'occhio quanto il voler provar quasi a contenere quel fiume di ricordi che impetuoso si riversa nella mente di quel corpo condiviso, ed è un silente digrnignar appena dei denti dopo quel movimento a frusta, repentino < Ngh- > e niente di più, niente di meno, per ora, mentre qualcosa si illumina. È il cerchio di quella magica ed onirica vetrata dove vi è il viso dell'Uchiha ad illuminarsi di nuovo, mentre quell'Eiji dei sogni, dell'immaginario, risolleva lo sguardo perso in direzione proprio di quel riacquisire di quella parte di ricordi, mentre chiaramente il viso di quell'Eiji invece reale si concede ora un sorridere che è decisamente meno malizioso e perfido del suo solito sogghignare o gioire cupo, è una sensazione di serenità e di un riprendersi - seppur in parte - da uno smarrimento perenne nel quale oramai si era rassegnato, sino al primo recuperare dei proprio ricordi. Ed ora è un ricordare di quella cicatrice sul braccio, del ristorante, anche di quel maledetto piccione, di quella visita quando era ricoverato, delle sue spente risate fredde e brevi, di quell'urlare adirato, dell'altro taglio alla gola, le missioni assieme e chi più ne ha più ne metta, sono piccoli scorci e frammenti da approfondire, tra il rivivere il Suono tesso e chiaramente l'aver a che fare con colui che fu Allievo, quel Silente Illusionista davanti a lui. Ed Itsuki in tutto ciò? È un venir pervaso da una sensazione strana, un sentir come un bruciore dietro la nuca lì dove ha il sigillo pur trovandosi in uno spazio astratto a parte dentro al corpo o è forse nel buio di quell'immaginario dipingere della stazione del risveglio evocata sino a prima, sembra esserci e non esserci nonostante volendo essere precisi, è la storia di Eiji a dover essere recuperata, per quanto non è certo detto che quel mosaico un giorno, in un ridiventare completo, in quel ripristinarsi e colorarsi di nuovo del tutto, non acquisti talmente tanti nuovi colori da mutare, finendo in un comparire schiena a schiena con quel ragazzo, dall'importanza indubbiamente da non sottovalutare. È l'illuminarsi del primo cerchio, mentre la figura del Kagurakza ritratta lì nella vetrata, sembra riaccendersi di nuovo di qualche flebile colore < Non pensavo ricordare potesse far così male.. > dice invece quel ricomporsi di EIji davanti all'Uchiha in un contenersi dignitoso e sempre diligente, impervio davanti alle emozioni nonostante il cuore sia a metà tra il tumulto e lo spegnersi, un Caos lì come nella testa, mentre la dritta è scesa già da qualche istante prima del proprio tono rasserenato, seppur velato sempre di un tocco di carisma regale, un nobile suonar pacato < La cicatrice sul braccio... > e gli occhi viola che erano puntati su di lui, ad incrociar lo sguardo dello Special, scendono, non reggendo, in direzione della dritta sua che pigramente punta ora proprio all'avambraccio destro sollevato dell'altro, è struggente dover concedersi un far uscire quelle parole come miele grezzo dalle labbra - così come lo è scriverle - eppure dopo un'istante di pausa ed un lieve spezzarsi del respiro, continua, guardando la manica del maglione < Era veramente affilata Yukianesa, non trovi? > dice senza riuscire ad alzare ancora lo sguardo, gli occhi sono lucidi a loro volta ed è un muto sorriso a labbra serrate, che è come la medicina più amara di tutte da dover mandar giù a forza, una nostalgia che ha ora modo di aver una forma più definita grazie a quei frammenti recuperati. Si ritrae la mano dopo qualche istante chiudendosi delicatamente in quell'attendere, nel volerla vedere come per conferma, mentre spiegare ora è relativo, quel segno di uno dei più lontani incontri dei due, quella tangibile verità da lui annunciata, è il fulcro di tutto, ora. { Goryo II }

21:55 Ekazu:
  [Dojo Uchiha | Esterno] Ogni muscolo del minuto fisico di irrigidiscono, tesi, ansiosi e forse in una delle rare volte, impauriti. Non conosce. Quasi soggiogato dall’Ipnosi Totale, la sua mano combacia con la sua. Il palmo, di sua spontanea volontà, segue le parole del Principe e rimane lì, poggiato, su quello di lui. Attimi, come detto prima, che paiono durare un’eternità. Ogni secondo, ogni singolo istante di quel separarlo dalle visioni passate, scandiscono come i battiti delle lancette dei più precisi meccanismi. Ad ogni battito, un immagine. Un frame confuso, rapidissimo, che viene immediatamente sostituito da quello successivo. Le pupille, miseri puntini neri che galleggiano nelle bicrome, sembrano dilatarsi. Gli occhi perdono di vita, immobili ed inermi dinnanzi a quella suggestione, forse? Domanda più che lecita che, ora come ora, neanche sfiorerebbe la Mente del 404. La tensione delle fibre muscolari lentamente si esaurisce. L’Altro potrà sentire il contatto che vagamente sfuma in uno scivolare quasi tra le due mani. Il petto, pigro, scandisce il respiro. Il cuore, impazzito, batte come non mai. In viso, il nulla totale. Una morte apparente spezzata solamente dal liberarsi dalle labbra schiuse di qualche leggero sospiro. Il Mondo attorno a lui suona lontanissimo. In questo freeze del tempo, non esisterebbe più nulla. Solo loro due, difficili quanto effimeri protagonisti di un poetico rivelarsi, ricordare. Il chiacchiericcio e le risate di un’epoca passata, come la più insistente delle idee, si insinua nel cervello. Presente, ora come non mai. Le scene nuovamente si ripetono, prima mute ed ora col Suono. Nuovamente loro, la cicatrice che sull’avambraccio sembrerebbe richiamarlo nuovamente tra i Terreni. La pupilla, di scatto, si restringe. Impazza, colta di sorpresa, in quel celeste dell’occhio sinistro. Il Sensei, o quello che considerava tale, dinnanzi a lui. L’unico, insieme ad Hanabi, capace forse di farlo sentire a casa. Finalmente apprezzato dopo una vita in una provetta difettosa, in meschini e freddi Laboratori. Deglutisce a fatica, in gola un blocco tale da negargli per qualche attimo il respiro. L’esame per il titolo di Genin. Le giornate passate in Piazza, nel centro di Oto. L’amaro in bocca a farsi sempre più forte. Il sorriso del Sensei, al centro della foto di rito del Team Oni, con le mani poggiate sulle testoline dei suoi due allievi. Poi il buio. Il bene, poi il male. Il Tradimento, il Rapimento. Hanabi che urla. Lui, abbandonato. L’odio. L’Odio. L’ODIO. La lingua, silenziosa, schiocca sul palato acido. I succhi gastrici a presentarsi in quella che potrebbe ricordar un indigestione. In volto, scuro seppur pallido. E se il Sensei ancora lo avrebbe ben presente, quegli occhi ora ben visibili nell’eterocromia annuncerebbero l’inizio delle Crepe. I dentini si stringono. La vista, ora non più appannata, lo mette a fuoco. Uno scattare distorto nei movimenti che porta il capo a sollevarsi leggermente. Gli occhi lenti muoiono per qualche attimo sulla cicatrice coperta dell’avambraccio. Le labbra tremolanti si increspano in un impacciato scandire < Yukianesa uh > la voce atona, caratteristica del Clone, si spezza. Il sapore dell’acido, del rigetto che farebbe su e giù a farsi forte. Il disgusto. La rabbia. L’Odio. Di nuovo, L’ODIO. Il bene, l’amore più profondo che in un instante muta nell’ODIO. Il Rosso immediato si paleserebbe negli occhi. Il Chakra, come un fiume in piena, ecciterebbe il gene Uchiha impiantatogli. Un paio di iridi cremisi si stagliano ora minacciose. I Tre Tomoee si assestano, e le pupille, ridotte a macchie scure, si restringono ancor più. Nel Potere, quegli occhi tra i parigrado non avrebbero rivali. Nell’Essere, sempre lo avrebbero tradito. In Volto impassibile; nello Sguardo, furioso. < Eiji. > i tre simbolini ruotano. La mano che, seppur prima rilassata, ora spezzerebbe il contatto tra i due in un teso scattare. Un passo in avanti. Pesante, il calzare ninja aderisce al suolo. Qualche centimetro ora a separarli. Il respiro che trema carezza gli carezza la pelle. Le Violacee si specchiano nello Sharingan. < .. non so che intenzioni hai > a malapena le labbra si schiudono < .. dimenticati di me > sbiascica, incurante – o forse no – del dolore provato dallo stesso Principe nel ricordare. Ironico, quasi. < .. torna a morire, non mi interessa. > l’atarassia nella voce, in netto contrasto con l’occhio sgranato, si spezza sotto il peso dell’Odio, del dolore. Il Marchio, stranamente, ancora dorme. [ Attivazione Sharingan III Tomoee ] [ Chakra: 77/80 ]

23:14 Itsuki:
  [Esterno Dojo] Lo scorrere di quella malinconica pellicola si svolge rapido nella mente di lui, poi un suono secco, tutto termina con l'ulrare in sottofondo di un furente Ekazu. E di nuovo, si ripete. Minuscoli frammenti, che in quell'aver quel poco sul quale dover approfondire molto, si aggiungono e vanno donando ad ogni ripetersi nuovi piccoli scorci, barlumi, sfaccettature dimentica e perdute a causa di quello stesso sigillo che ora gli ha permesso di recuperarle. Ma non sarà un mostrare di quel segno sul braccio a determinare un'accettare della realtà, non sarà un segno di dolore a decretare la pace, quel che ha fatto è imperdonabile e per quanto non sia il perdono che cerca, almeno un'esser compreso, sarebbe già abbastanza. E nel mentre che il cuore si placa in un battere ad un ritmo minimo ed indispensabile, quasi a non voler rompere quel silenzio di pura tensione, il contatto tra quelle due mani và lentamente sciogliendosi, come le onde che se ne vanno e tornano indietro lasciando una spiaggia umida, ricca di salati ricordi in più portati da quello stesso andirivieni d'acqua che con il suo sciabordio non farebbe altro che salutare la sabbia, abbandonandola nell'attesa che quella spuma torni a lambirne gli innumerevoli granelli. Eppure, tutt'ora permane quel tocco, è un ritirarsi lento quello dell'Uchiha che molto probabilmente in quel sentire le parole specifiche, in quel cogliere della naturale e genuina tristezza di Eiji, avrebbe forse concesso ad un'angolino di se stesso, un pezzetto di sè, di credere a quella verità, abbandonandosi ad un tornare indietro a sua volta con la memoria, perdersi tra un susseguirsi di fotogrammi per concedersi quell'accenno di sentimenti, gli occhi fieri con il quale si possa guardare il proprio Sensei, ora può ricordarseli anche il Kagurakaza, che quasi in coincidenza con quel montare dell'odio dentro di lui, andrebbe a tirare un rammaricato sorriso sul viso, mantenendo ancora per qualche istante lo sguardo lì sul braccio destro, quasi a volersi soffermare lì, quasi a non sentirsi più in diritto di tirar su le ametiste. Il nominare di quella spada, però, quel sentir della voce atona che ora suona più screziata da note di una ovvia maturità dettata dal tempo, uno scuotersi di quei suoi stessi occhi che si sgranano appena, impercettibilmente, non è un mutare da quell'espressione affranta ma piuttosto un tornare alla realtà, un riemergere da quel mare di ricordi ed un tornare indietro da quella vetrata immaginaria, un'abbandonare di quel se stesso perso tra le luci di quel mosaico, fievoli e non più spente, ma tutt'ora deboli. Un rispettoso silenzio a concedergli la possibilità di ricomporsi, di inspirare e soffermarsi a metà di quello stesso inspirare tornando sulle sue pupille giusto in tempo per vedere ridotte dal tutto, dall'insostenibilità della situazione; Un tingersi di rosso di quelle iridi che in fretta vanno a dipingersi di quelle tre tomoe scure caratteristiche. È cresciuto, eh. Ed è un lieve tirarsi di quel sorriso che si fà ancora più tristo e dispiaciuto, sarà diventati un Ninja indubbiamente forte lui, avrà seguito i suoi insegnamenti nonostante il non esserci più? Chissà quanto sarà diventato forte, quante ne avrà dovute passare... È quel breve fantasticare e porsi quei dubbi, non riuscendosi a distaccare del tutto dal perdersi in te stesso, scostandosi dalla realtà di continuo tranne quando lo sente chiamarlo, e lui schiude appena le labbra in un tornare definitivamente con il piedi per terra, e la mano si scosta, uno scatto repentino come quello di una frusta, mentre la mancina del Principe rimane lì dov'era dietro alla schiena e la dritta si volta per andar con il palmo verso il basso, le dita a protendersi di un paio di centimetri in quello veder scivolar via, plausibile. Cosa voleva ottenere? I suoi ricordi. Sì, ma è soltanto quello che vuoi, Principe caduto? O sono forse delle parole di consenso quelle che vorresti ricevere? Dopotutto, lui ha avuto tempo di meditare, provare ad iniziare a perdonarsi e comprendere i proprio errori ma... Non può di certo pretendere che tutto vada filando liscio, che venga chiuso un'occhio sia da lui che da Hanabi - quando sarà che la rincontrerà - tornando alla vita di sempre, dopo dodici cazzo di anni < . . . > silente, accusa il colpo in quel lasciarlo parlare, chiude le labbra e porta la mancina a chiudere a pugno, il dorso della mano verso di lui ed il resto, ripiegato, posto sul proprio petto come in un voler cercar di afferrare quel dolore e magari tenerlo lì, evitare che lo pervada ,che si diffonda oltre, per quanto sia un vano tentativo gestuale <{ Sapevamo non sarebbe stato facile, Eiji.. Ma almeno adesso abbiamo parte dei tuoi ricordi.. }> direbbe da dentro il Corvetto, spezzando quel silenzio riverente con un tono sommesso che risuona solo in quel loro legame mentale, un constatare del loro progresso, il ricordargli che sapevano che non sarebbe stato semplice e che probabilmente si sarebbe trovato costretto a sopportare il peggio, per quanto fortunatamente quello Sharingan per ora è solo il manifestarsi di un chiaro, incontenibile nervosismo. La voce rotta di lui, però, priva di qualsiasi possibile tono preciso, lo colpisce e lo ferisce, il passo che muove in sua direzione non lo smuove di un millimetro, ma lo sguardo si abbassa, è una stilettata sottile che manco vorrebbe darla a vedere, ma a mimare quel rivolo di sangue che cola dal cuore è la lacrima che scenderebbe a rigar lo zigomo destro, lì dove passerebbe il pollice della dritta, tornando poi in preda alla gemella, e lo sguardo nuovamente negli occhi di lui < Le mie intenzioni erano riprendermi i miei ricordi, ma... Rivedervi era altrettanto importante, per me. > parla al plurale pur non avendo ancora avuto modo di incontrare la Pura, con il tono che è poco più di un mormorio, una cantilena been poco cadenzata che continua voltandosi di profilo, osservando un punto impreciso delle mura del Dojo in quel sollevar lo sguardo verso il cielo < Ora più che mai, non potrei dimenticarti nemmeno volendo, tu mi completi Ekazu, così come altre persone, luoghi o cimeli. > passerebbero lunghi istanti nel quali non potrebbe far altro che armarsi di ulteriore coraggio, un profondo sospiro ad anticipare le sue ultime parole < Non posso morire, non prima di averla rivista... Cercherò Hanabi, Ekazu, poi morirò perseguendo il Caos. > sì, sarebbero dovute essere le ultime parole, se non fosse quel ricordarsi dell'incontro con la Doku, con Medusa al loro fianco, dove ancora il Clone non sapeva di lui, c'era solo Itsuki, che per ora tace, relativamente di contorno, lasciando esprimere il Principe < Ma tu... Tu hai ricevuto il fuda dall'Insonne, hai i nostri colori e quindi i nostri stessi ideali.. Forse un giorno, mi capirai. > direbbe rimanendo lì, a guardare in alto, a perdersi con lo sguardo tra stelle e luna, mentre un fruscio d'aria fa dondolare i bianchi legati. { goryo II }

00:01 Ekazu:
  [Dojo Uchiha | Esterno] Ed è in questi momenti, che quasi si odierebbe. La sua totale incapacità nel piegarsi all’emozioni che semplicemente lo renderebbero umano. Lì, ancora presente. Ed ancora presente, pure in volto, solamente piccoli, appena percepibili micromovimenti a segnarne la reazione. Urlerebbe, se potesse. Ha urlato, da giovane, quando ha potuto. Proprio a causa sua. Le corde vocali quasi puo’ sentirle bruciare. Inginocchiato nel bel mezzo del Suono, si rivede ancora. Forse l’unica volta in cui lo Specchio totalmente si frantumò. E purtroppo, quel che sono i pensieri di lui, i pensieri di un Sensei che in fin dei conti ora più che mai sarebbe quasi fiero dei risultati raggiunti dal suo allievo, neanche lo sfiorerebbero. Neanche la sola idea del ‘’magari avrà avuto le sue ragioni’’; ‘’magari, lo ha fatto per noi’’. Nulla, il vuoto più totale. Un abisso nero, sfumato del Cremisi Uchiha, che non sembrerebbe aver fine. Sempre più giù, in caduta libera. E proprio in quel figurativo Buco Nero, l’orizzonte degli eventi è oramai solo un ricordo alle sue spalle; il punto di non ritorno. Scende, sempre più in profondità. Un urlo indistinto, di una voce sconosciuta e lontana, a rigargli il cervello. La Rabbia che lo acceca a muovere oramai ogni suo muscolo. E con la distanza ancor ridotta al minimo, l’altro non accennerebbe a tirarsi indietro. E’ qui, dinnanzi al 404, per redimersi forse. Per alleviare quello che è un animo tormentato, frutto e vittima dell’Odio. E paradossalmente, chi meglio di lui potrebbe capirlo? Ma, nuovamente, il vuoto. Di nuovo, quel buio. Il Chakra ribolle. Lo Sharingan si eccita, e si punta in quelli Violacei di lui. Le parole rimbalzano come Kunai sul marmo. Tranne quel nome. Non il suo. Il cuore perde battiti. La testolina si abbassa. Il volto scompare nel ciondolare dei ciuffetti corvini scalati. Il busto stesso accenna ad ingobbirsi, quasi volesse accogliere, nascondere il dolore nel suo viso. Non si mostra, per ora. Attimi di silenzio in cui persino la Yugure si mostrerebbe sul Palco del Delirio. Ogni muscolo si contrae. Il pavimento ai loro piedi è tutto ciò che il 404 vedrebbe. Ogni piastrella, ogni centimetro cubo del grigio cemento di Kusa andrebbe via via ad offuscarsi. La lucida vista lo abbandona. Le unghie delle dita affondano nei palmi. Il Chakra, come acqua sul fuoco, ribolle dentro sé. < .. Eiji > sbiascica, tra se e se. Le Labbra neanche sembrano schiudersi. Ora non più tremolanti, increspante. Una finta luce di apparente calma si staglia sul volto in penombra. Non è un bene. Qualche secondo in cui persino respirare sembrerebbe di troppo. Lentamente, il viso si solleva. Il Marchio risponde al richiamo del suo Padrone. Non più Kunimitsu, ma Lui. Nessun effetto concreto, solamente fiamme nere. Ipnotiche, invasive iniziano a ricoprirne la metà sinistra del volto. Si fondono col pece dei capelli. Contrastano, lottano col pallore della pelle. Danzano, col rosso dello Sharingan. Sono lì. I Tomoee sul collo, ancora presenti, ad attendere prima di fondersi del tutto con la corruzione del sigillo. < .. falle qualcosa.. > il rosso, agli occhi di lui, inizia a mostrarsi. E nell’esatto momento in cui, il viola si specchierebbe nel cremisi, l’onda di Chakra che ribolle lo investirebbe in pieno, intaccandone i sensi, e quella che è la percezione della realtà. Il Potere dell’Innata, il Suo Potere, a manifestarsi in tutta la sua potenza. In quegli istanti, veloci seppur saturi di una lentezza surreale, il Goryo cadrebbe vittima dell’Illusione. Ed una pressione, un’immensa e fortissima pressione si paleserebbe dall’alto. Un qualcosa di intangibile, ma presente. L’aria attorno a loro quasi sembrerebbe piegarsi. Le costruzioni, il Dojo Uchiha stesso, le luci a venir distorte platealmente. Forme irreali che nello sfondo accompagnerebbero la rabbia del 404. Non ha paura di un rilascio. Genjutsu puramente frutto dell’Odio, della più totale irrazionalità riflessa in quel mondo completamente stravolto. Palazzi che si piegano, lui che sarebbe costretto ad accasciarsi a terra, schiacciato dal cielo. E un rumore. Un urlo, di una voce lontana ed indistinta. Un Urlo insopportabile, nelle orecchie. Dolore. Il fiato che mancherebbe. E l’Uchiha dinnanzi, col volto mal celato a metà da fiamme nere e dalla collera cremisi negli occhi. Al di sopra di quell’urlo, le sue parole a stagliarsi chiare, atone < .. falle qualcosa, e giuro che questa volta sarò io ad ucciderti > {Chakra: 72/80} {Genjutsu: 125} [ Potere Illusorio III stadio ] [ Sharingan III Tomoe ]

00:51 Itsuki:
  [Esterno Dojo] Gliel'ha detto, gli ha detto tutto quello che poteva dirgli ed effettivamente non ci sarebbe più nulla da aggiungere, se non quei secondi di silenzio in attesa di una risposta. È però il vedersi di quel marchio, una costrizione nel voltar lo sguardo e di conseguenza conferire quei gradi in favore del Marchiato stesso, il piede sinistra si volta a volgergli un quarto della propria figura, un'istintivo serrarsi della mandibola in quel non comprendere inizialmente il generarsi di quelle fiammelle nere che vanno a disegnarsi rapidamente addosso allo special, arrivando sino in viso, uno schiudere delle labbra a vedere il punto d'origine, gli sembra di scorgere tre Tomoe anche sulla nera pelle, dovrebbe essere qualcosa che gli suona familiare, quel sigillo, ma ora come ora non ricollega e quel filo di stupore nel vedere il Clone fregiarsi di quel potere lo forza a schiudere le labbra, un'allarmarsi velato ed un contrarre dei muscoli involontario, le mani a disgiungersi per portarsi lungo i fianchi, si dovrebbe aspettare di tutto ma l'unica virgola di vantaggio che lo potrebbe aiutare è il conoscere l'attinenza combattiva di Ekazu stesso. Ma non per questo, non vuol dire che non subirà ciò che è in arrivo. È prima di tutto il ripronunciare del proprio nome da parte di 404 che ha rotto quel silenzio andando a far come da scintilla per il divampare del nero maledetto, tralascia il voler comprendere di più riguardo quel potere che tornerà a galla con il recuperare di altre memorie, quelle appartenenti ad Oto, a casa sua e quant'altro, ma non ora. Ora è il rosso a farsi come più minaccioso, quelle vermiglie che quasi rifulgono di una luce più minacciosa, il velato annunciarsi di un'attacco al quale, volente o nolente, dovrà cedere, solo per vedere di resistervi nella miglior maniera possibile < Tsk. > è il suo cenno scostante e velatamente presuntuoso che lo accompagna in quel passo indietro che lo separerebbe dal deformarsi dell'edificio, lo sguardo che istintivamente và ad alzarsi mentre dentro di sè la coscienza urla che non è reale, è tutta finzione, per quanto quella finzione sia appunto terribilmente reale. La man dritta che si allarga appena all'esterno assieme al braccio, mentre il braccio sinistro va a flettersi per portarsi all'altezza del petto, un ruotare del busto in direzione appena opposta a quella visione distopica di rabbia ed odio, un volgere la spalla verso quel crollare e schiacciarsi, digrigna i denti continuando a guardare alle pareti informi e deturpate dalla loro logica architettonica per collassare su di lui, lui che però non cede, si è lasciato cogliere senza poter opporre resistenza ma l'unico modo per giustificare quell'improvviso opprimente cambio di realtà - oltre ad quell'uno percento di convinzione viva a priori dentro di lui - sarebbe unicamente giustificabile con un Genjutsu. Dunque In concomitanza di quelle ultime parole di lui, quel completare di una promessa o di una minaccia che sia, le mani verrebbero congiunte, la dritta va a congiungersi alla mancina e gli occhi vanno a chiudersi per un'istante in quel volersi concentrarsi al meglio e richiamare il proprio Chakra dal suo permanente esser sopito, pronto all'uso, smuovendolo e diramandolo in tutto il sistema circolatorio facendolo affluire in ogni tsubo, mentre Itsuki stesso, inizialmente stizzito ma fido di quel convincersi di Eiji, caduto dunque in un tranello a sua volta per poi realizzare il fatto così come il Kagurakaza stesso, si concede due semplici parole <{ Mpfh.. Per favore.. }> ed è il suo solito modo di fare bastardo, noncurante del pericolo e sprezzante della situazione, probabilmente intaccato da quel venir attaccato a sorpresa e da quello stesso venir minacciato. Dopotutto, è pur sempre il suo corpo ed /anche/ quello di Eiji. Il fu Jinchuuriki, avrebbe appunto posto le dita a comporre il sigillo della Capra ed in quel percepire del Chakra presente per tutto il Keirakukei, vedrebbe di sforzarsi per andar a scuotere quella stessa energia, così che la propria forza interiore dovrebbe andare a smuoversi e scuotersi a tal punto da riuscire a riprendersi dallo sconvolgimento del Chakra dovuto all'Illusione. < Kai. > è la parola pronunciata con tono secco e conciso che dovrebbe riportarlo alla realtà, proprio quando avrebbe aperto gli occhi per ritrovarsi oramai la parete frontale, oramai diventata un caleidoscopio di legno, pronta a sfondargli quel viso nobile e regale, teso dalla determinazione di liberarsi, un filo di nervosismo, ma dovrebbe essere tutto apposto, di lì in poi. Poi, le mani si porterebbero lungo i fianchi ed il piede sinistro raggiungerebbe il destro, le ametiste che scendono di qualche centimetro dislocandosi da lì dove si trovavano quei costrutti atti a spiaccicarlo a terra per collocarsi sul viso dell'Uchiha, un'istante, non dice nulla. Muto, rispettoso sguardo silente. Se l'è meritato. Si volta ordunque, le mani dietro la schiena, lo sguardo di lato che si posa sopra alla propria spalla per andar dietro di sè ad osservare Ekazu, voltandosi di un paio di gradi con il busto < La morte è un concetto labile, Ekazu, ma è meglio che non la sfidi una seconda volta, non credo sarà così clemente. > è un'enigmatico dire velato di mistero che andrebbe comunque a riferire in una poetica maniera che non ha intenzione di far nulla di male alla Pura, ha solo bisogno di rivederla, di poterle parlare, di ritrovarla dopo anni ed anni. Un'altro giorno, quell'incontro accadrà, per oggi, le ultime parole che concede a lui voltandosi del tutto, prima di incamminarsi, sono < Ci rivedremo, la luce del Crepuscolo incombe, giovane Uchiha. > ed al pronunciare di quell'ultima sillaba avrebbe già smosso eleganti e precisi passi senza più voltarsi, un'ondeggiare della lunga coda bianca dietro di lui che lo accompagna in quello svanire nella notte. Un prima parte di se stesso, è stata riottenuta, ma a che prezzo? <{ Almeno ce ne andiamo sulle nostre gambe. }> sono le parole del Corvetto, che oramai ha imparato sin troppo dall'altro, a non star zitto. { Se End }

01:01 Itsuki:
  [Esterno Dojo] // End per entrambi.

Che parlo a fà.

Primo rincontrarsi di Eiji ed Ekazu.

okokok.