Rompi le regole
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Giocata del 18/05/2020 dalle 10:58 alle 20:30 nella chat "Campi d'Addestramento"
È tempo per la fenice di risorgere dalle ceneri. Dopo esser sprofondato nell’abisso è tempo di risalire e tornare a guardare lontano. E dove guarderà il tuo sguardo oceanico, vivo e pesante da sostenere? Staremo a vedere. Tanto c’è ancora da fare per poter ripartire, e la prima cosa è riprendere il pieno controllo sul tuo corpo. Sei rimasto per giorni fuori da esso, a mala pena una coscienza capace di guadare all’esterno. Poco più che un cadavere incatenato ad un letto. Un verme nudo e febbricitante. Ma poi, un folle dottore e la sua angelica assistente ti hanno rimesso in gioco. Forse è vero che sei tutto muscoli e niente cervello. La tua mente è assolutamente incapace di discostarsi dall’esperienza sensoriale del corpo. Vivi tutto in maniera troppo viscerale, sensoriale, legata alla percezione, per poter far qualcosa senza i sensi che il tuo corpo custodisce. Ma adesso sei presente a te stesso, stai guadagnando nuova forza, stai riscoprendo il tuo corpo. Sono giorni che vivi come in un sogno, a partire da quella notte, all’inizio era difficile anche solo il tentativo di mettere in fila i ricordi. C’è stato per tanto tempo solo buio nella tua mente. Adesso però, lentamente, frammenti di ricordi ti balenano davanti agli occhi, come se lo specchio dei ricordi fosse ridotto in pezzi e queste schegge ti orbitassero intorno, incontrando casualmente i tuoi occhi. Ricordi il ghigno di tuo padre deformargli il volto. Ma soprattutto ricordi la chiara sensazione di un potere nuovo, inebriante. Una sensazione tanto forte da scatenarti profondi brividi che ti fanno venire la pelle d’oca solo al pensiero. Il resto è ancora sogno. Ironico. Ma dove sei? Ovviamente te ne sei infischiato del parere dei medici. Sei al campo d’addestramento. Hai ancora l’obbligo di tornare in stanza a fine serata, ma hai liquidato le richieste dicendo che saresti uscito per una camminata. Hai portato il marchio della distruzione in quel posto. I tre ceppi di legno sono devastati. Uno giace spezzato a metà. Quello in mezzo è crivellato di grossi buchi che lo passano da parte a parte. Il terzo invece è abbozzato in più parti. Sempre nell’area, da qualche parte giacciono buttate delle enormi fasce zavorrate. Sono quattro, due per gli arti superiori e due per gli arti inferiori. Ma tu in questo casino dove sei? Hai la schiena poggiata al più integro dei tre pali da allenamento. Lo sguardo è fisso verso la foresta che si estendo poco lontano a perdita d’occhio fino alle montagne. Sei madido di sudore eppure sei vestito, non ami l’esibizionismo. Sei però a piedi scalzi. Con i piedi coperti solo dalle fasce da combattimento cremisi che avvolgono l’articolazione della caviglia dalle dita dei piedi fino al polpaccio squadrato. L’ampio, nero pantalone del Kimono copre le gambe scolpite. La solita canotta copre il torso, fasciando i muscoli come una seconda pelle e lasciando le spalle stondate e le braccia scolpite libere dal tessuto per giocare, lucide e imperlate di sudore, con la luce del sole. Il collo taurino sostiene il volto affilato, privo di tutore, dai tratti rocciosi e scolpiti. Nello sguardo color del mare brucia rovente il sole che lento sale fino al suo massimo. Le labbra sono schiuse. Il petto si alza e si abbassa con ritmo. Dal volto e dai capelli cadono gocce di sudore sul terreno. Hai appena terminato, o ti sei preso una pausa, chi può dirlo. Fatto sta che la tua mente si perde andando a rievocare la stupenda sensazione di libertà provata quando eri a caccia in quei boschi. È per questo che vivi. Ora ne hai contezza. Violento scorre il chakra dentro di te. Un altro dono di quella notte. Lo percepisci più fluido, più facile da condurre e da maneggiare e soprattutto da impastare. [Chakra On] Le bestemmie di chi ha dovuto subirsi, ad inizio o fine giornata, le richieste del Seiun che ha tentato in tutti i modi, invano, di accedere al villaggio, dacchè è arrivato, sono impagabili, così come il fastidio di quelle richieste rifiutate e le minacce di imprigionarlo. Ed è per questo che ha girato a largo, ha pernottato qua e là, si è lavato qua e là, dov’è capitato e non ha interrotto le ricerche dell’amico se non quando le gambe si rifiutavano di collaborare. Perfettamente chiara la sua missione, nella testa, non si è dato mai per vinto. Ed è lì, forse per la cinquantesima volta, che pattuglia i confini del villaggio, per un giro che sembra già prestabilito e solcato. Indossa un paio di sandali ninja di colore nero, così come neri sono i pantaloni di fattura elastica e nera è anche la t-shirt. Il tutto cozza coi propri tratti somatici, bianco latticino, in quell’albinismo dai tratti evidenti, che gli rendono biondo platino anche i capelli, lisci e disordinati sul volto. L’equipaggiamento ninja è dentro il portakunai alla gamba sinistra e dentro al portaoggetti al medesimo fianco. Il coprifronte non c’è sulla testa. L’ha tolto, proprio come da promessa e l’ha infilato dentro al portaoggetti. Vaga qua e là, diretto al campo. Quasi è a portata di vista e va a richiamare quella forza. Va ad intrecciare le mani a formare il sigillo della capra. Va quindi a figurarsi nella mente le due sfere, la fisica all’altezza del ventre e la spirituale all’altezza della fronte, al centro. Con un moto ferreo della volontà va a tentar di metterle in moto entrambe, comandando loro di virare sul proprio asse con velocità sempre crescente. Una volta che le due sfere girano a massima velocità focalizza la propria volontà perché queste muovano lungo due percorsi. Alla sfera fisica sarebbe comandato di muovere verso l’alto, attraverso il proprio ventre e lungo lo sterno, fino a riversarsi al centro del petto. Alla spirituale sarebbe comandato un moto discendente lungo gli occhi e lungo il naso e la bocca, fino a riversarsi nella gola e nello sterno, lungo il quale vorrebbe scendere per incontrare la controparte fisica. A questo punto va a comandare alle sfere di virar con più vigore, di mescolarsi e dar vita a quella forza a cui è abituato. Per pura difesa, per essere in grado di farlo, in altre parole, in caso di necessità. Perfettamente consapevole ed abituato alla guerra, ormai, è verso la foresta che va e sta passando attraverso il campo d’addestramento. <Ma dove ti sei cacciato, Yosai?> il proprio è un dire preoccupato, mentre il capo, dal metro e ottanta, scruta l’aere e ciò che si para davanti a lui minaccia di togliergli il fiato. La bocca si apre, gli occhi si spalancano. <Yosai!> finalmente. Finalmente il compagno. Lo sguardo indugia su di lui, mentre affretta il passo perché possa portarsi ad una distanza che permetta di parlare tranquillamente. <Porca puttana, ti ho cercato dappertutto…> se lo guarda con sempre maggior vigore, i sensi che si tendono come quelli di un gatto quando vede il cibo. Ne scruta le fattezze, studia e valuta. Per preoccupazione ed anche per deformazione da medico. [Attivazione Chakra][Chakra 30/30] Sei ancora avvolto dai pensieri, guardando la foresta proibita che comincia più avanti e anelando la libertà provata, la voglia di cacciare fondendosi con quell’ambiente. Desideri e aneliti. È in questo stato che hai modo di testare quanto i tuoi sensi siano migliorati. Un prurito dietro l nuca t’avvisa che qualcosa si muove in quell’ambiente. Un fruscio. Con un leggero colpo di reni ti distanzi dal grosso palo da addestramento, per voltare quindi le gambe, la colonna, tutto il busto, le spalle stondate e il volto roccioso e affilato verso la fonte di quella voce. le palpebre e le pupille s’allargano. Unico segno della sorpresa che mostri. La celi la fitta al cuore che la vista del Seiun ti provoca. È venuto a cercarti. Non c’è altro motivo per cui Katsu Seiun possa esser partito da Kiri diretto a Konoha. Istintivamente le labbra si stendono in un sorriso affilato che taglia i lineamenti rocciosi, per poi aprirsi come una voragine lasciando vedere le candide zanne <Yo!> aspetti che si avvicini, ma lo aspetti con il vostro gesto. Il tuo grosso pugno alzato in sua direzione, stretto nel loro saluto. In attesa di essere colpito. Mantieni le zanne snudate in quel sorriso. Quanto ti è mancato? Quanto è noioso quel posto? Lo si nota dalla distruzione che hai portato al campo d’addestramento. <Non mi aspettavo di trovarti qui, bro!> Esclami, sinceramente colpito. Ora che però hai saputo che ti stava cercando, sta a te dargli una valida spiegazione del fatto che sei sparito. Aspetteresti che lui batta sul tuo pugno per abbassarlo <Devo raccontarti un po' di cose.> Si, decisamente devi. Come farai a spiegargli ciò che è successo? I lati di te che hai scoperto e quelli che hai distrutto? Ormai hai la netta sensazione che a trattenerti nel mondo dell’umano ci sia lui e poco altro. La senti la gola annodarsi, come ogni volta che devi affrontare qualcosa che non ti piace affrontare, ma a lui lo devi. Inspiri, gonfiando il possente torace. <Non mi è stato concesso di spedire missive ne di spostarmi dal villaggio e… non so neanche perché ti stiano concedendo di parlare con me> Non puoi immaginare che lui abbia ottenuto l’autorizzazione dell’Hokage a spostarsi per venirti a cercare e che gli Anbu che ti sorvegliano di nascosto costantemente lo sappiano. <Per questo non ho potuto avvisarti di quello che è successo> Istintivamente serri la mandibola facendo sporgere i muscoli che la controllano e stringendo i denti fino a farli scricchiolare. Sei stato solo di nuovo, ma non per questo ti dispiaci, quanto perché avresti voluto evitare di farlo preoccupare. Da dove ti nasce una tale sensibilità? Difficile dirlo. Agisci d’istinto anche con le persone. Sai che a lui devi tanto <Mi dispiace averti fatto preoccupare> Devi lo sguardo, abbassandolo. Forse hai addirittura sbagliato a tirarlo dentro qualcosa che ne tu ne lui avete le abilità necessarie per controllare? Chi può dirlo. <Quando sei partito? Com’è andato il viaggio? Sei ospite al Dojo Akimichi.> Non lo chiedi. Lo imponi. È il minimo che tu possa fare per sdebitarti.[Chakra On] Il suo aspetto fa semplicemente schifo e ne è consapevole. Ampie borse sotto gli occhi. Non si è dato un attimo di riposo. E’ fuggito ben prima di aspettare che Yukio lo autorizzasse. E sarebbe partito anche se Furaya non avesse dato il suo assenso. Non vi è coprifronte sul volto. Semplicemente si avvicina e si gusta l’espressione sorpresa di Yosai. Si avvicina, mutuo, mentre la destrosa sprofonda nella tasca relativa dei pantaloni. Un moto della mancina va ad alzarla e a chiuderla in un pugno. Un pugno che si alza e che va a corrispondere a quello offerto da Yosai. Per la prima volta un sorriso gli irradia il volto. Un sorriso leggermente stanco, ma decisamente felice e sollevato. <Ho temuto il peggio. Ho temuto che fossi ferito e quindi ero venuto con tutta l’intenzione di trovarti e curarti> commenta in merito al primo dire. E quindi è il tempo di un sospiro. Sincerità che corrisponde con sincerità. <Come ti ho promesso, ho tolto il coprifronte, che è qui con me…> un mutuo gesto del volto indica la tasca portaoggetti sul fianco. <L’hokage me lo ha concesso, Yos. Ma gliel’ho chiesto per pura formalità. Sarei partito comunque. Non esistono villaggi, non esiste nulla, quando mio fratello è in pericolo. Yukio-Sama si incazzerà un pochino quando tornerò, sospetto, ma non mi importa> o almeno è ciò che pensa lui personalmente. Sente la restante parte e ancora una volta si trova a stringersi nelle spalle. <Sono partito giovedì pomeriggio. E’ tanto che ti cerco, in effetti e sono felice che tu sia qui sano e salvo> scandisce, annuendo. La felicità, quella vera, gli si riflette sul volto scavato dalle occhiaie. E’ un sollievo vederlo in salute, in effetti. <Accetterei, ma non sono ammesso nei confini del villaggio, purtroppo. Ah, sì… Furaya-Sama sapeva che stavi bene, in qualche modo. Ha sicuramente degli informatori. Facciamo attenzione con chi parliamo> fa un rapido resoconto e quindi se lo guarda da cima a fondo. Se lo guarda in maniera clinica, studiando ogni parte del suo corpo. <Stai bene? Hai bisogno di cure?> va a chiedere, senza smettere di osservare il fratello. Non smette di sorridere, dunque. Non ci riesce proprio, troppo sollevato. <Che è successo, comunque? Raccontami> è un dire accogliente, tranquillo, ora. [Chk on] Il sorriso che gli hai mostrato ti si allarga mentre lo ascolti raccontarti le peripezie che ha passato per venirti dietro. Scuoti il capo <Sei un pazzo> ah si? Lo è davvero? Perché non gli dici che faresti altrettanto se lui ne avesse bisogno? Perché lui lo sa, altrimenti non sareste fratelli. <Sono contento che tu sia qui, sei la prima faccia amica che vedo da tempo>. In effetti, tolta Mekura con la quale hai compiuto una parte delle ricerche, sei uno straniero a Konoha. Straniero quando va bene, perché al quartiere Akimichi nessuno ti sopporta. Ti prendi qualche secondo scrutando dall’alto gli occhi gelidi di tuo fratello. Quella determinazione che dimostra è per te lo sprone a dimostrarne altrettanta in ogni cosa che fai. In realtà non lo sai che siete l’uno lo stimolo dell’altro. Gonfi il petto d’orgoglio quando osservi che non ha il coprifronte. Annuendo. È un gesto importante. Ascolti tutte le sue parole prima di schiudere le labbra e parlare a tua volta <Non preoccuparti, Furaya-Sama sa qualunque cosa riguardi il villaggio, e quindi anche me. Mi sono mosso con una sua collaboratrice qui nel villaggio, si chiama Mekura Hyuga.> prendi fiato <Non mi preoccupa che sia informata. Non è mia nemica, le devo il rispetto di aver acconsentito a lasciarmi libero.> Non nutri astio verso Furaya. Non ne hai motivo, ma non è di questo che vuoi parlargli. <Piuttosto, i tuoi timori sulle mie condizioni erano fondati, Katsu. Sono ancora in convalescenza per quel che è successo qualche giorno fa> Certo se in convalescenza riesci a ridurre quel posto a brandelli… Sei migliorato, è indubbio, ma non è per questo che ti serve il tuo amico <Sono rimasto in ospedale fino a un paio di giorni fa. Queste sono le mie prime uscite libere> Ecco perché non hai scritto. Sei stato impossibilitato a farti vivo perché eri impegnato a combattere per la tua stessa vita. Il sorriso lentamente muore mentre lo guardi e parli. Nei tuoi occhi s’agita la tempesta dell’oceano <L’ho trovato Katsu… l’ho affrontato> un bagliore illumina i tuoi occhi zaffirei mentre parli. Le labbra si schiudono di nuovo, eppure niente ne esci. Devi trovare le forze di raccontargli tutto. Altrimenti non potrà capire cosa stai passando. Eppure senti quel nodo alla gola farsi stretto e impedirti di cominciare il racconto, e di colpo davanti ai tuoi occhi una scheggia di ricordo illumina il ghigno mefistofelico di tuo padre <io…> un lampo d’ira ti scuote mentre senti il tuo chakra agitarsi e fremere. Un ringhio ti dilania il volto, come una profonda ferita ricolma di denti. È difficile. Senti ancora il ginocchio dolerti, come se fossi stato appena colpito. Ma soprattutto senti il tuo chakra agitarsi violento, come una reazione involontaria a quei ricordi. [Chakra On] Sente quella prima gratificazione un po’ brusca dell’Akimichi suo fratello e tutto ciò che fa è scrollare le spalle ed ampliare quel sorrisetto che muta in un ghigno divertito. <Sono contento anche io, fratello. Contento di averti trovato e contento che tu sia vivo, Yos> sbuffa leggermente, decisamente sollevato. Ma va presto a tacere, a favore di un fervente e vivo interesse per ciò che l’Akimichi dice. Non manca di annuire tranquillamente quando questo lo informa di Mekura. <L’hokage tiene molto a te ed è pentita per qualunque cosa ti abbia fatto. Perché è palese almeno il fatto che lei pensi di averti arrecato danno e che tu abbia consegnato il coprifronte per quello. Come ti sei mosso, comunque? Raccontami tutto> sono parole che vengono proferite con la solita schiettezza, con il solito essere diretti a cui Yosai è abituato. Curiosità, apprensione, ansia. Tutte sensazioni che si muovono con la velocità del vento. C’è una connessione tra loro, una connessione magnifica che li porta ad essere empatici. Le sensazioni di Yosai, la sua rabbia, la sente sulla propria pelle, ma non se ne scherma all’inizio. Sente quel racconto da parte del ragazzo, lo ascolta fino alla fine. <… Hai perso> commenta, aiutandolo. Conosce le reazioni dell’amico, conosce le esitazioni e persino le pause che fa. Un sospiro, dunque, mentre con le proprie iridi azzurre va a cercare quelle del corrispettivo. Scuote la testa. <… Non sei solo> ansia, rabbia, senso di impotenza, sono tutte sensazioni che quella bellissima connessione tra di loro gli provoca. Poche parole, affilate come lame, dirette come un colpo di cannone e tanto veloci. E’ lui a fuoriuscire ancora la mancina, a chiuderla a pugno e a porgergliela, adesso. Niente parole, quel gesto parla, ruggisce. Eppure è schietto e diretto. Niente compassione, no. Non c’è spazio. Ascolti le sue parole. Alla fine riesce a farti riflettere pure su Furaya. Le sue parole rievocano le immagini di quando ti ha convocato per comunicarti che il tuo mondo era definitivamente crollato su di te. Le sue parole sibilano ancora chiare nella tua mente come shuriken che rimbalzano sulle pareti della tua anima ferendola e straziandola. Hai ripensato tante volte a quell’incontro, il vostro ultimo incontro. Alle parole che hai scelto per comunicare con lei. Ricordi il giuramento che vi siete scambiati. Il vostro legame. Non è forse quel legame segno di quanto ci tenga a te? Almeno questo hai imparato a capirlo, della Nara. <Ne sono sicuro> abbozzi un sorriso <Svolge il suo ruolo dando tutta sé stessa. La rispetto per questo> Gli rispondi, prima di concentrarti con lui sul vero motivo per cui lui è lì di fronte a te, per te. Annuisci una sola volta quando conclude la tua frase. La frase che tu per vergogna non sei riuscito a terminare. Ti brucia la sconfitta. Qualsiasi sconfitta ti brucia enormemente ma una sconfitta del genere, contro un nemico del genere, non riesci proprio a perdonartela. Ti mangia l’animo dall’interno come un fuoco che arde. Sarà quel fuoco a spingerti. Così come saranno le ultime tre parole pronunciate da Katsu a sostenerti quando cadrai. Quelle lame arrivano dritte al cuore e li si sciolgono alleviandone le pene. Chiudi la tua destra e colpisci il suo pugno, con la tua solita irruenza sì, ma senza voler far male. Abbozzi un sorriso <Non sono solo> gli confermi che hai compreso. Ma non hai terminato il tuo dovere verso il Seniun. <Dopo che ci siamo incontrati a Kiri sono tornato a Konoha, come ti avevo detto, mi sarei messo alla sua ricerca. Ho incontrato Mekura, incaricata da Furaya-Sama di indagare sull’accaduto. Abbiamo deciso di muoverci insieme. Volevo arrivare all’obbiettivo e avere una Jounin con il Byakugan al mio fianco avrebbe facilitato le cose.> Una piccola pausa. Qualche momento per mettere in fila la storia, non di più. <Nella prima spedizione in cerca delle tracce abbiamo trovato una pista ma lei è stata richiamata al villaggio e… mi ha lasciato solo. Ho sentito solo che c’erano problemi all’interno del Clan> Assottigli le labbra riducendole ad una linea. Non c’è rabbia nella tua voce. Ogniuno ha le sue priorità, e tu hai le tue. Non aspetterai mai di essere in una situazione di vantaggio per muoverti, o non saresti stupido come Yosai. Pieghi il braccio destro all’altezza del gomito per consentire alla mandritta di infilarsi in tasca. Ne estrai un lembo di stoffa violacea, intrisa di polvere e di sangue <Ho trovato questo quel giorno, incastrato tra i rami…> Non è niente di che, se non un pezzo di stoffa, eppure la mandibola si serra di nuovo, ringhi. <Questo è…> Maledizione. È difficile continuare desso <Questo…> le parole diventano ringhio sommesso <… l’ha preso da mia madre> basta questo, no? Magari bastasse. Sei appena a metà della storia. [Chakra On] Sente ancora le parole di Yosai su Furaya. Delle parole che sanno d’astio. Ne valuta le reazioni, ma le risposte a metà le comprende, così come il fatto che le questioni irrisolte devono senza dubbio essere grosse. Scuote leggermente la testa e lascia andare quell’argomento. Non ci mette più della necessaria attenzione. E così anche la promessa fattale passa in secondo piano. Passa a quel gesto a cui arriva la risposta da parte del gigante al suo fianco. Il volto è determinato e il sentir rimarcare quelle parole, lo porta ancora a sorridere leggermente, sebbene quelle sensazioni condivise ma non sue, lo riportano subito all’amaro su quella bocca. Assottiglia lo sguardo, sbuffa, nel sentire le parole di lui su Mekura. <Codarda> giudizio, falce tirata giù. Un giudizio schietto e netto che arriva come una staffilata. Non le dedica più della necessaria attenzione. Ancora un sospiro e quindi va nuovamente a guardare il corrispettivo. <Capisci cosa intendo, adesso, Yosai? Hai capito che lotteremo sempre in due? Solo… non escludermi. Quando vorrai muovere nuovamente, dimmelo ed io ci sarò. Quando vorrai muoverti, anche solo per cercarlo, avvisami. Lo faremo insieme. Non sei solo> il fatto che abbia chiamato Mekura al suo posto sì, passa in secondo piano. Ricerca lo sguardo dell’Akimichi. Digrigna i denti, dunque. <Lasciato da solo contro quella bestia. Che codardia… Come a voler dire che il suo clan era più importante e che tu potevi anche morire…> sbuffa, decisamente nervoso, adesso. Incazzato. E poi è di nuovo tempo del silenzio, perché di nuovo quelle sensazioni che lui esterna, sono palesi. Ne sente la difficoltà ed accoglie il suo dire con un sorriso. Un sorriso aperto, ma del tutto privo di compassione. <Io lo so cosa provi, Yos. E so che vorresti solo trovarlo ed affrontarlo…> anticipa il dire del ragazzo, o crede almeno di farlo. <… Ma se tu che sei fortissimo hai perso, questo vuol dire che dobbiamo muoverci insieme. Non capisci? E’ questo che lui vuole. Affrontarti da solo, senza difese, senza compagni, in una sorta di “chi picchia più forte, vince”. Non devi permetterglielo e sai perché?> va a domandare. Gli si avvicina tanto da averlo a portata di ingaggio. La mano mancina si alza con un fare lento e va ad indicare il cuore di Yosai, piegandosi. <… Per quello che hai qui dentro. Non suicidarti, Yos. O almeno facciamolo insieme, perché io voglio esserci> digrigna i denti, ricercandone gli occhi e alzando la testa, data la differenza di altezza. Aspetta che Yosai vada avanti col racconto. La prima parola proferita dal Seiun ti colpisce tanto forte da farti sbattere le palpebre. Com’è possibile che tu non provi rabbia nei confronti della Hyuuga mentre tuo fratello sì? È semplice, perché lui tiene alla tua vita molto più di quanto ci tenga tu, alla tua vita. Ma questo l’hai capito anche tu, quella stessa notte. Tu non tieni alla tua vita, la sacrificheresti volentieri per qualcosa che possa appagare la tua anima. Ascolti le sue parole senza fiatare, assimili i concetti in silenzio. Glie lo devi. L’hai escluso anche se non volevi. È difficile essere fratelli da due villaggi diversi. Reprimi per un momento le emozioni che quelle parole ti suscitano. Devi lasciargli finire il discorso. Lo osservi avvicinarsi e indicarti. Poche persone possono vantarsi di essere state a quella distanza d’ingaggio senza provocarti una reazione. Osservi quel dito. Schiocchi la lingua sul palato <Tsk> quanto è complicato spiegarsi. <Non volevo escluderti. Non lo vorrei mai> Scuoti il capo. Lo sguardo piantato nel suo. Sei serio. <Sapevi che mi sarei messo sulle sue tracce una volta arrivato a Konoha. Te l’ho detto prima di partire. È avvenuto tutto in fretta, ero convinto che sarebbe stato un buco nell’acqua. Che il Demone Rosso non sarebbe mai stato tanto…> Idiota? Non ti esce quella parola. <Audace> quasi un complimento. <da rimanere nei pressi di un villaggio in guerra. E invece l’ha fatto. Si è fatto trovare!> le ultime parole sono lasciate passare tra i denti contratti in un ringhio <Ogni cosa, l’assassinio di mio padre, l’attacco al villaggio, la morte di mia madre, la pista di tracce, era tutto per me> Rabbia. Semplice, dardi di luce agitano gli occhi blu piantati in quelli del fratello <Ho chiesto aiuto al Clan Inuzuka, la famiglia di Sakir, uno di loro ha accettato di mostrarmi la via, ma quando si è reso conto che non eravamo noi a dare la caccia al Demone Rosso mi ha proposto di tornare indietro> un sospiro amaro <Gli ho detto che poteva tranquillamente tornare indietro da solo se voleva e sono andato avanti. Quando l’ho incontrato era concentrato a fare a pezzi i corpi dei due anbu che Furaya-Sama mi aveva messo addosso senza che lo sapessi> Un brivido corre lungo la schiena mentre ti ricordi dell’urlo selvaggio del Demone Rosso. Quell’urlo ha distrutto i tuoi freni inibitori e ti ha rivelato per ciò che sei. Bestia. <L’ho affrontato, Kats. E più lo affrontavo più…> un ghigno distorto di percorre il volto al solo ricordo <… più stavo bene. Ho sentito qualcosa di nuovo in me e di colpo ho iniziato a vedere i suoi movimenti. Mi è sempre apparso come poco più di un lampo quando si spostava e invece adesso potevo vederlo, schivarlo, colpirlo a mia volta> hai la pelle d’oca solo al ricordo… ma quel ghigno presto muore <Mi ha distrutto il ginocchio e la mandibola. E poi…> serri i pugni fino a far scricchiolare la pelle, mentre di nuovo baleni di rabbia tornano a popolarti gli occhi <Mi ha promesso uno scontro mortale Katsu… mi ha detto che sarò io contro di lui, “in una cornice più degna”> citi le sue parole e inconsapevolmente il tono si fa più grave e profondo, baritono più che mai <E mi ha detto che sono stato io a portargli le sue vittime, i miei sacrifici per lui, mi ha detto che non vede l’ora di vedere chi altri gli porterò, chi altri morirà!> di nuovo il parlato è ridotto a ringhio rabbioso, <Ora che sai la storia, Katsu, dimmi, con che coraggio io dovrei coinvolgere le persone a cui tengo in questa faccenda?> Senti il cuore dilaniarsi alle tue stesse parole. Sono parole pesanti, dettate però da una situazione molto più pesante. <Con che coraggio dovrei portare mio fratello in sacrificio al Demone Rosso?> Lo osservi, non sono domande retoriche, cerchi davvero il coraggio di mantenere la promessa che gli hai fatto, di condividere tutto. <Tu lo faresti? Mi porteresti con te a caccia di qualcuno che tu sai per certo mi ucciderà?> Cerchi nei tuoi occhi la sicurezza che non hai <Perché dovrei avercela con Mekura se ha deciso di occuparsi della sua famiglia. Non so cosa voglia dire per lei e quanto importante sia ma di sicuro è più importante per lei di quanto possa esserlo uno qualunque senza nemmeno il coprifronte addosso!> Esclami <Non voglio suicidarmi Kats.> e perché mai dovresti volerlo <voglio assecondare la sua promessa. Dargli uno scontro frontale tra me e lui e ucciderlo> ceco furore illumina i tuoi occhi e da animo alle sue parole <Sono nato per questo Kats. Quella notte l’ho capito. Sono nato per ucciderlo o per essere ucciso da lui. e lui cerca questo. Qualcuno che sia in grado di dargli una morte onorevole o che attesti che è ancora il migliore.> Ansimi. Perché? Perché sono parole pesanti, sincere, forse brutali, come tu sai essere. Ma hai bisogno di essere sincero con qualcuno. Puoi solo sperare che il Seiun sappia reggere il peso della sincerità.[Chakra On] Ascolta quelle giustificazioni in silenzio. Escluso, sì. Ciò che Yosai ha fatto l’ha fatto sentire escluso. Ed è la sensazione più brutta. Una sensazione che lo spingerebbe, di norma, alla vendetta, a compiere qualcosa che possa appagarlo. Ma non con Yosai. Yosai lo porta verso la luce, verso la vita, mai verso la morte. Sente il discorso, quindi. Segue quel discorso pieno di pathos di Yosai in maniera attenta, vigile, ma non parla. Non parla se non quando è chiamato a farlo. <Sacrificio?> domanda semplicemente. E’ l’interrogativo di chi non ha capito. L’interrogativo di chi non comprende il significato di quella parola. Minimamente, affatto. <E chi ti dice che mi farò ammazzare da lui? Chi ti dice che farò ammazzare *te*?> sono parole, ora, testimoni di una durezza infinita. Quella maschera non di neutralità, ma di durezza. <Capisci cosa fa difetto del tuo discorso, Yos?> gli domanda, attento. Parole volute, una durezza voluta. <Per prima cosa, ed è l’errore principale, è che tu stai pensando come *lui* si aspetta che tu faccia. Stai agendo come *lui* si aspetta che tu faccia. Ti sta portando dove vuole lui.> gli scocca un’occhiata, adesso. Un’occhiata scintillante, più aperta. <Cambia le regole del gioco, Yos. Ti sta facendo fare quello che lui si aspetta da te, quando se lo aspetta e *soprattutto*…> stringe leggermente gli occhi, calca il tono leggermente su quell’ultima parola ed in maniera totalmente voluta, mentre rimane fermo sullo sguardo di lui. <… *come* se lo aspetta. Si aspettava che tu lo cercassi, che ti trovasse da solo e che gli avresti caricato contro. Ed è tutto ciò che ha fatto. Sta facendo leva sulla tua sensibilità perché pensa che questo possa portarti ad escludere tutti da questa missione. Solo tu e lui. Lui vuole ammazzarti o essere ammazzato da te ed è ciò che vuoi anche tu. Ma è il “come” lo si fa, che cambia tutto. Cambia le regole del gioco, Yos. Comanda tu. Fagli fare esattamente ciò che vuoi *tu* da lui. Non il contrario> sono analisi, ma non fredde e distaccate, ma adesso dolcemente calcate. Non compassione, ma voglia di spiegarsi, di esplicare quei concetti al corrispettivo. Una voglia primitiva che gli nasce dall’amicizia, dall’affetto che sente. Su Mekura, quindi, tira un sospiro e scuote la testa. <Avete agito insieme, Yos. Insieme. E lei ti ha lasciato proprio quando tu ne avevi bisogno, famiglia o non famiglia. E lo stesso vale per gli Inuzuka> digrigna i denti e scuote la testa e sospira, in un moto di schietta disapprovazione. E poi c’è l’ultima frase, che lo porta a sorridere di gusto. Un sorriso aperto, di quelli che solo Yosai conosce. <Forse io l’avevo capito dapprima che lo capissi anche tu. E quindi ti dico: io ci sono. Sono con te. Nessuno dei due morirà, Yos. E’ una promessa. Tu lo hai affrontato, è vero. Ma io rimango sempre uno dei suoi bersagli. E mi darebbe la caccia comunque. Insieme siamo più forti> sorride di gusto, adesso. C’è tanacia nel proprio dire e nel proprio fare all’indirizzo dell’Akimichi. Una tenacia rara, neanche mai mostrata. Ecco a che serve essere sinceri coi fratelli. Ascolti quel discorso. Quello che sostanzialmente è un consiglio. Consiglio legittimo, quello sempre, ma realizzabile? Sei in grado di rompere il gioco creato su di te? Sei in grado di imporre le tue regole a quel demone. Per farlo dovresti conoscere il suo più profondo desiderio: una morte degna del nome che porta. Un duello con qualcuno che possa esser definito a buon diritto più forte di lui. A questo punto a te rimane solo il compito di diventare più forte di lui e sfidarlo sul tuo terreno. Si è vero. Ma come la mettiamo con le vite umane che si prenderà? E come la mettiamo con l’impulso che senti feroce dentro di te di diventare completamente animale? <Tsk> schiocchi di nuovo la lingua <La fai facile Kats. Maledizione.> imprechi, frustrato, ma non da tuo fratello, dalla situazione, inspiri gonfiando il torace ed espiri soffiando dal naso come un toro <Va bene, ipotizziamo. Conosco il suo desiderio, l’unica cosa che devo fare è diventare abbastanza forte da spingere lui a uscire allo scoperto e venire a sfidarmi e in questo processo evitare di cadere nelle sue tentazioni e finirgli dritto in bocca>, Allarghi le grosse braccia <le sue provocazioni non sono parolacce, ha attaccato il fottuto villaggio della foglia per farmi uscire allo scoperto. Gli affetti che mi ha sottratto erano tutti ninja importanti della foglia. Se decide di voler attirare la mia attenzione quando io non sono pronto portandomi via…> hai già fatto l’esempio con lui, non è il caso di rifarlo. Il tuo cuore perde un battito al solo pensiero di cosa stai per dire <… se decidesse di portarmi via Yuukino. Come farei a stare fermo e a non “seguire le sue regole”?> Un bagliore di panico ti si legge negli occhi al solo pensiero. <Anche se non fosse Yuukino, se decidesse di prendere di mira il villaggio nel quale mi rinchiudo. Non potrei mai permettere che ci rimettano altri per le mie scelte> Gli ringhi contro. Irato non con lui, ma di nuovo con te stesso <Non ne sono in grado Kats. Lo sai. Non sono fatto così. La caccia è ciò per cui sono fatto. Come dovrei reagire se mentre stiamo affilando le zanne per lui, il Demone Rosso tornasse a farsi vivo?> è un consiglio che chiedi. E per la prima volta in quella faccenda utilizzi il “noi”. Un passo importante, anche se completamente inconscio. Potrebbe mai far fuori una persona di cui ha tutto questo bisogno? No. E se non ne è la prova questo niente lo è. Lo sguardo blu rispecchia l’insistenza con la quale cerca un piano da seguire. Un binario che gli impedisca di lasciarsi andare alla follia animale che lo domina.[Chakra On] La rabbia, adesso, la frustrazione. Quella frustrazione se la prende volentieri, in quanto aspettata. Si limita ad osservarlo, silente. Accoglie i suoi dubbi. Accoglie le sue provocazioni, accoglie le sue urla con… nulla. Nulla si dipinge sul proprio volto. Lo osserva, lo guarda, lo studia persino, mentre minaccia di perder la calma come un toro imbufalito. Il discorso, quel discorso estremamente verosimile, lo sente. Lo sente ed assimila anche quello. <Yos. Io non posso dirti che non lo farà, perché è probabile che agisca proprio come dici tu. E’ probabile che venga a cercare personalmente me e Yuukino. Ed è probabile che abbia degli informatori, dei complici che gli abbiano già parlato di noi. E’ tutto vero> va a scandire, annuendo. Il tono vien comunque mantenuto basso, ma dritto e schietto. Non le manda a dire a suo fratello. <E’ probabile anche che distrugga villaggi interi, proprio come un bambino che batte i pugni perché vuole un giocattolo> rincara la dose, calmo, a differenza del corrispettivo. Sospira, dunque. Gonfia e sgonfia i polmoni un paio di volte. <Ma quelle persone a cui toglierà la vita, quegli innocenti… saranno colpa tua veramente?> scuote la testa per tutta risposta appena pone l’interrogativo al ragazzo. La scuote visibilmente. <Non saranno morte per colpa tua. Non saranno morte *a causa tua*. Ma a causa sua. E’ lui che alza le mani contro innocenti. E’ lui che toglie loro la vita. E’ sua la colpa. Non farti abbindolare, Yos. Non farti carico di ciò che non è tuo. Lui uccide e basta. L’ingiustizia non potrà mai essere mascherata dietro un altro nome. L’ingiustizia è ingiustizia e basta. Ed è lui il colpevole. Non tu. Neanche se vuole farti credere il contrario…> sospira ed ancora una volta si avvicina all’amico, ricercandone il volto e mostrando un sorriso. <Non sei un codardo, Yosai Akimichi. Non lo sei mai stato, non lo sarai mai. Lui vuole te, è vero. Ma le vite che toglierà, fosse anche la mia, per assurdo, saranno solo sulla *sua* coscienza, non sulla tua. Non permettergli di farti credere il contrario> un discorso serio, ma sentito, consigli su consigli dati al fratello. Il discorso finale, quella domanda, poi, necessita di qualche secondo in più per una risposta. <Esistono molti modi per cacciare, sai? E non tutti prevedono il buttarsi a capofitto sulla preda. Se la preda è forte, si caccia in branco> va a proferire, annuendo al proprio dire. <Resteremo uniti e ce la faremo. Se l’hai affrontato e hai perso, è plausibile pensare che aspetterà prima di mostrarsi nuovamente. Prima di reclamare ciò che ti ha chiesto. E per allora saremo pronti.. a proposito..> un sospiro, dunque, va pure a pensarci. <Mai sentito pare della tecnica del richiamo?> butta lì, condivide quell’informazione col fratello. Lo ascolti di nuovo, e man mano che parla abbassi lo sguardo. Perché non riesci a darti pace? Hai due scelte davanti a te: o dar retta al tuo istinto e finire con l’isolarti ancora di più, cacciare da solo e finire ammazzato prima del tempo, oppure sopprimere te stesso, il tuo bisogno sfrenato di dar libero sfogo a ciò che sei, e sforzarti di non sentire il peso delle vite che inevitabilmente finiranno per esser spezzate a causa di colui che hai deciso di ignorare nei suoi richiami. In nessun caso una scelta facile. Sarai tu in grado di trovare una terza via? Difficile a dirsi <è difficile non considerare mie le mani sporche di quel sangue fratello. Lo sai meglio di me. Sarebbe comunque gente che è morta perché IO ho scelto di non stare da solo> commenti per poi gonfiare di nuovo il petto e, ancora una volta, sospirare pesantemente <Però sul resto hai ragione. Sono dietro di lui, seguo il suo gioco e la cosa non mi piace. E hai ragione anche sul fatto che non credo si rifarà vivo tanto presto. Non era soddisfatto del suo avversario né del posto in cui l’ho incontrato. Credo che avremo del tempo per pensarci> di nuovo utilizzi il “noi”. Annuisci convinto <Voglio parlare di questo anche con Furaya, voglio che sia consapevole di ciò che dovesse significare la mia presenza nel villaggio o dovunque sia. Non può più essere esclusa.> Ascolti quindi le sue ultime parole. Abile tuo fratello ad infilare sottopelle i tarli del dubbio. Perché quella domanda. Immediatamente il pensiero corre a cosa hai provato quando hai visto quel lupo stagliarsi contro di te. Cosa potrebbe voler dire far parte di un branco per davvero? <Non so molto più di quanto si dica in accademia in realtà, so che le evocazioni in realtà sono un contratto che viene stretto tra un ninja e alcune particolari specie animali. So che il ninja deve essere in grado di guadagnarsi la fiducia della specie in questione per poter firmare il contratto di evocazione e poter quindi chiamare all’occorrenza gli animali> Probabilmente un’insegnante in accademia ti avrebbe bacchettato le mani, ma tra amici ci si capisce <La mia caccia al Demone Rosso è iniziata parlando con Fenrir, il capobranco dei lupi. Un lupo enorme, molto fiero e sicuro di se, quasi antipatico, che ci ha indicato la via da percorrere. > Ma effettivamente qualcosa ti ricorda che tu hai già assistito alla tecnica dell’evocazione. <Ho visto eseguire la Kuchiyose no Jutsu da Mekura stessa, la seconda volta che ho incontrato il falso dio. Ha evocato un serpente enorme, bianco come la neve, che ha attaccato il dio facendolo ritornare nel buco del cielo dal quale è uscito> Inspiri, prendendo fiato <Dovrei presentarti Mekura, forse potrebbe aiutarti> Rivolgi un sorriso a tuo fratello, forse per la prima volta da quando avete iniziato quella chiacchierata. Sembri stanco. Ti pesa parlare di certi argomenti. Molto meglio parlare di come diventare più forte <dovrei approfondire la Kuchiyose no jutsu?> è una richiesta ma non lo è. Sai già che lo farai. E soprattutto sai che lo farà anche lui.[Chakra On] Osserva quel progressivo calmarsi da parte del fratello. Un calmarsi che viene percepito quasi come proprio. Una calma che accoglie in maniera tranquilla. <Sarebbe gente che è morta perché quel bastardo ha deciso così, Yos. Non isolarti. Non cedere a lui> è una raccomandazione, il tono rimane tranquillo, placido, una richiesta bassa e colloquiale. E poi tace ancora quando questi tira in ballo Furaya. Annuisce, quindi, al suo dire. <Dalle una seconda possibilità, al di là di questo, Yos. Mi ha fatto promettere una cosa: che non ti avrei lasciato morire. Ci tiene a te. E io l’ho promesso. E sai perché?> va a proferire, un sorriso che gli si apre sul volto. Un sorriso aperto e colloquiale. <Perché mi fido di te. Perché nessuno morirà. Dalle una chance. Lei non ha tradito i tuoi segreti, tieni conto di questo> va a scandire. Di nuovo, è una richiesta, si evince dal tono della voce. Una mutua richiesta al fratello. Una richiesta che poi lascia spazio a ciò che Yosai dice delle evocazioni. Annota le informazioni. Informazioni già date da Furaya, ma alle quali se ne aggiungono altre. <Dunque ci sono lupi, serpenti e Sango ha evocato una tigre…> annota mentalmente ed annuisce. Ci pensa ancora una volta, annuendo. <E’ un ottimo punto di partenza, in effetti. E sappiamo che sono animali particolari, senzienti e con delle personalità tutte loro> annuisce, quindi, tenendo il conto delle informazioni in loro possesso, ora. La domanda, quindi, arriva del tutto insapettata. Se lo studia un pochino e va quindi ad annuire un paio di volte. <Dovremmo approfondirle insieme, sì. Avere qualcuno al nostro fianco in questa caccia ti si è già rivelato utile, no? Potremmo essere addirittura in quattro a muoverci, se ci riusciamo. Senza contare il vantaggio strategico che ne consegue, il poter attaccare su quattro fronti e un sacco di altre varianti. Ne vale la pena, fratello> un mutuo cenno d’assenso, mentre corrisponde a quel sorriso. E quindi un momento di silenzio. <Tornerai a Kiri?> è una domanda posta solo alla fine, buttata lì, colloquiale, ma diretta. Ascolti di nuovo le sue parole. Osservi il suo sorriso, le sue movenze. Come potresti non sentirti responsabile se gli dovesse succedere qualcosa? Quanto sono difficili i sentimenti umani? Se solo riuscissi a privarti della pietà potresti andare avanti per i tuoi scopi, monco di un sentimento ma consapevole che stai facendo la cosa giusta. Inspiri di nuovo, non riesci ad annuire. Non subito <La do a te una chance. Come sempre> Hai paura di soffrire, e intravedi chiara la possibilità di soffrire se dovessi agire come state ipotizzando. <Ti farò sapere cosa ci saremo detti subito dopo il colloquio, ma una promessa per una promessa fratello. Ora sai quello che so io. Sai che lui non mi sta cercando per uccidermi. Sta cercando un avversario degno di questo nome e finché non gli avrò dimostrato che lo sono io non sarò in pericolo di vita. Smetti di preoccuparti di questo> chiedi. <Sei molto più in pericolo tu. Lui userà le morti di chi mi è vicino per spronarmi, quindi cerchiamo di dare la giusta prospettiva ai problemi. Non sono io ad essere in pericolo, non è di me che tu, Furaya e Yuukino dovrete preoccuparvi, forse è il caso di cominciare a preoccuparci tutti insieme di chi mi sta vicino, invece> Alla fine si tratta di questo. Di prospettiva. Annuisci al suo dire sulle evocazioni, e inarchi un sopracciglio <Ah, Sango si è fatta accettare dalle tigri, dunque.> Le labbra si stendono in un sorriso che sa di nostalgia. Gli occhi blu si perdono per quale secondo nel velo dei ricordi <deve esserne valsa la pena> un mormorio. Sei contento per lei, e come non potresti. <E sia. Mi hai convinto. Ci serve un branco> potrebbe essere uno sbocco interessante, chi lo sa. Stendi le labbra al solo pensiero, in un ghigno <Non lo so fratello, devo parlare con Furaya, ma avrò modo di avvisarti in ogni caso> certo che l’avrai. Tenteresti di alzare l’avambraccio destro con l’intento di tirare una pesante pacca sulla spalla al Seiun <Come procede la situazione su quell’isola di merda?> chiederesti senza contegno e, se a lui sta bene. rimarresti li finchè ne ha desiderio, a parlare di qualsiasi cosa lui voglia, finchè non sarà suo desiderio andarsene. Non rientrerai prima. Hai bisogno di una compagnia amica in un villaggio in cui ti senti ancora straniero. [SE END] Lascia che Yosai osservi. E’ una cosa a cui ormai è abituato, proprio come il corrispettivo. Sente quindi le parole di Yosai, sente quella prima frase e gli tira fuori l’ennesimo sorriso di quest’oggi. Sente quel report, lo vede ragionare con la necessaria lucidità, con quell’ordine che fin dall’inizio ha cercato di portare, sente il tono più tranquillo di Yosai e la consapevolezza di averlo fatto sentir meglio, di essere riuscito, si fa strada in lui. Un sospiro, dunque. Annuisce. <Prometto di pensare anche alla mia vita, oltre che alla tua, sì> conferma, virando il discorso, perché smettere di preoccuparsi per qualcuno che reputa fratello, sì, è contro la sua stessa natura, in altre parole. Un sospiro, dunque. <Dobbiamo pensare da branco, da ora in poi. Io, te.. tutti noi> conferma e calca le parole del fratello d’armi. E poi il discorso vira su Sango. Digrigna i denti e sbuffa lui come un toro. <La conosci, dunque. E ne parli con un certo affetto…> il suo è un moto di mutua disapprovazione, che non si sforza neanche di celare. <… L’ho curata. E mi ha proposto di essere in debito con lei in cambio di informazioni sulle evocazioni. E io l’ho mandata a fanculo come la perfida strega che è, come non ho mancato di dirle> spiega al fratello, prima che possa incazzarsi anche solo un pochino, fornisce il suo punto di vista e calca un pochino il tono. La risposta successiva la accoglie con un sospiro. <Io tornerò. Devo tornare. Mangerò qualcosa e ripartirò per quella merda di paese stasera stessa> notifica all’amico. C’è una certa nostalgia nel suo tono. E il secondo sbuffo viene tirato fuori anche alla domanda successiva. <Male. Ho mandato all’inferno un’altra copia del Dio, ma morti, feriti in ogni dove, gente fresca d’accademia che crede d’essere in vacanza. Il solito…> sbuffa ancora, quindi. Starà lì, parlerà col corrispettivo, mangerà e poi partirà. Destinazione Kiri, ancora una volta. Al fronte. [END]