Dodici anni dopo.
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Giocata dal 17/05/2020 22:04 al 18/05/2020 02:23 nella chat "Bosco della Morte"
[Ramo | Limitare radura] Passi veloci, agili e silenziosi. Il mantello nero dai bordi strappati e logori ad ondeggiare al suo seguito tra un salto e l’altro sui rami di quelle fronde che in passato ha conosciuto come le sue tasche. “Quanto tempo, eh?” Le labbra sottili e statiche a contrarsi impercettibilmente. Troppo, troppo tempo. Dodici anni lontana. Dodici anni in un luogo tanto lontano che il nome di suo Fratello non potesse più tormentarla. Dodici anni lontana da urla tanto roche da poter strappare le corde vocali, lontana da specchi infranti e unghie piantate sul proprio volto a volersi sfigurare. Dodici anni lontano dalla perdita di vite innocenti per il proprio delirio, lontana da un percorso verso le orme di un folle che sembrava già segnato. Ma lontana anche da tutto il resto. Lontana dal suo unico amico rimastole. Lontana da Ekazu <…> un salto appena più impegnativo, il cappuccio che le oscura completamente i lineamenti a fremere sotto lo sferzare dal vento causati dai rapidi movimenti. E’ stato solamente grazie ad Ekazu che è riuscita a non perdere del tutto il contatto con il suo passato, a conoscere l’andamento generale di Oto e tutti quegli eventi a cui, fortunatamente, non ha dovuto assistere. Ed ora infine, dopo brevi missive di accordo (chiaramente complicate da corvi che non hanno reperito Ekazu per tempo) lo rivedrà. Lo stomaco a stringersi. “Sarà cambiato? O sarà sempre lo stesso? La riconoscerà?” Certo che la riconoscerà. Come dovrebbe comportarsi? Sarà arrabbiato con lei. Un breve sbuffo dalle narici, le labbra contratte < oh andiamo.. > un sussurro inudibile, un rimprovero a se stessa “Se doveva mandarti affanculo l’avrebbe fatto dodici anni fa quando hai deciso di andartene”. La fitta trama di alberi inizia progressivamente a diradarsi, anticipando l’apertura di un paesaggio familiare e pregno di nostalgia: una piccola radura illuminata da fiochi raggi lunari, forse una delle poche in quella claustrofobica gabbia di alberi che è il Bosco della Morte. Un ultimo salto, dunque, sull’ultimo ramo al limitare dello spiazzo, la figura incappucciata si ferma. Non scende. Non si fida. Non può sapere se l’amico ha ricevuto la missiva, tantomeno se questa sia stata intercettata da qualcuno. Resterebbe quindi nell’ombra sfruttando il proprio verstiario interamente nero, le ginocchia a genuflettersi fluidamente in una accovacciata vagamente felina. Alcun dettaglio per il momento visibile, fatta eccezione per il nasino scoperto tra cappuccio e sciarpa, e pantaloni da allenamento infilato in logori calzari ninja. Resterebbe immobile, ogni muscolo teso, i sensi in allerta pronti a cogliere qualsiasi suono differente dall’ambiente attorno a se, ma l’unico rumore fuori posto al momento sembra il martellare del proprio cuore in petto. Che abbia corso troppo? Oh.. chi ha avuto modo di conoscere Hanabi sa bene quanto sia assurda questa ipotesi. E allora cosa c’è? C’è che probabilmente, stasera, rivedrà l’ultima persona rimastale dopo dodici anni. Forse, stasera, rivedrà quegli occhi bicromi e quell’espressione assurdamente impassibile. Forse, stasera, rivedrà Ekazu. {Chakra ON} [Bosco | Spiazzo] Tra le mani ancora stringe l’ultima pergamena. Bosco della Morte. E’ lì che la sagoma minuta, coperta dalla solita armatura, vaga. Un’ombra appena accennata dai deboli raggi lunari, filtrati dalle alte chiome degli alberi secolari. Attorno a lui, vi è totale silenzio. Il solo scandirsi dei passi, lenti e precisi, sul suolo umidiccio del sottobosco ad annunciarlo. Al di sotto dell’Armatura, il classico completo nero a delineare un fisico non propriamente atletico. E questi ultimi tormenti, le ore di sonno perdute, gravano ancor di più sul suo corpicino esile. In volto, a contrastare la carnagione pallida, delle profonde occhiaie abbracciano nelle tenebre le iridi, diverse tra loro nei colori. Nel suo avanzare, i palmi guantati si poggiano sui tronchi muschiati, a cercare sostegno. Forse, affannato. Probabilmente, è tutt’altro. Il cuore in petto accelera, quasi volesse mostrarsi all’aria del Suono. Un leggero ed impercettibile tremore a scuotergli le mani. Le leve inferiori, accompagnate dal ticchettio delle placche rossastre dell’armatura, si alternano ora spedite. Gli occhi, nascosti dalle grezze ciocche nere, ad illuminarsi dal bagliore dello spiazzo dinnanzi a lui. La vegetazione si fa rada. I piedi ora si ancorano al suolo. Entrambe le gambe si arrestano nel loro avanzare. In petto, martella. Le labbra sottili a schiudersi in un sospiro tremolante. Il capo a volgersi ai suoi lati, così da accertarsi di non essere seguito. Un rapido e quanto più superficiale controllare i paraggi. Non è quella la priorità. E se mai qualcuno l’avesse seguito, insieme a Lei potrebbe battere pressochè chiunque. E allora rimane lì, qualche secondo. Agli occhi di lei, è ancora nascosto dalla vegetazione, per ora. Le spalle si rilassano. Un altro sospiro a cercar di scaricare la tensione. Avanza. Con la destra scanserebbe quelle poche fronde a separarlo dallo spiazzo. Prima il destro, poi il sinistro. Poi l’Armatura. Infine, quel viso. I raggi lunari lentamente lo mostrerebbero. Lui non è cambiato. E’ esattamente lo stesso. Immediatamente gli occhi, tagliati dal mezzo calare delle palpebre, a cercarla. Il cuore, intanto, impazza. Dov’è. [chakra: ON] [Ramo | Limitare radura] E’ incredibile come quelle due anime, separate da chilometri ed anni ancora possano riecheggiare con le stesse identiche note: ogni muscolo è teso, i palmi a sudare. Da quanto era che non si sentiva così agitata? Dalla sua ultima lontana battaglia? Inizia a torcersi le mani, gli occhietti grigi che da sotto il cappuccio tenterebbero di analizzare ossessivamente il perimetro di quel luogo pregno di ricordi.“Dov’è”. Il labbro inferiore a venir morso nervosamente, il respiro strozzato dal cuore in gola. “Avrà ricevuto la missiva stavolta?” < .. > “E se veramente fosse stata intercettata? O peggio, se LUI fosse stato intercettato?” Un principio di sudore freddo ad inumidirle gli abiti “E se non si fosse presentato per scelta?” il labbro inferiore a venir torturato, lo stomaco a contorcersi spiacevolmente < …Calma…> di nuovo un muto labiale, il richiamo alla lucidità che in quegli anni ha imparato a padroneggiare; già, perché solamente la propria voce è stata in grado di raggiungerla quando nessun’altra ne era più in grado. Nemmeno quella di Ekazu, nemmeno quella di Wooaki. Quando il dolore portava al totale oblio della ragione, soltanto se stessa poteva tendere una mano per farla riemergere. Un’importante lezione appresa in quegli anni di solitudine. Il respiro trema, una lieve condensa a impallidirle dinnanzi le labbra a causa dell’umidità di quel luogo. “Che non abbia pensato alla loro radura?” il dubbio, come un serpente gelato ad annodarsi allo stomaco si insinua in lei “Che abbia diment-“ Un movimento delle fronde, la gola a chiudersi, il cuore a sprofondarle in petto. Quell’armatura. Quei movimenti. Infine, quel volto. Un sorriso tremante come il proprio respiro, incontenibile. “E’ lui”. Trema, trema anch’essa. “E’ LUI”. Uno sbuffo inudibile di una risata vibrata dall’emozione, soffocata dal sentimento. Non pensa più: con un movimento fluido tenterebbe di scendere dal ramo, un leggero tonfo, le ginocchia a distendersi dopo l’accompagnato impatto. Un passo, un altro, la tenue luce della luna ad investire la logora e stanca figura. Entrambe le mani a raggiungere il cappuccio, brandendone i lembi ed accompagnandolo a scivolarle sul crine corvino in una morbida carezza. La sciarpa a venir allentata, mostrando finalmente il proprio volto. LEI. Quegli stessi capelli neri corti e scalati ad incorniciale il visino sono ora più lunghi, tenuti insieme in una corta coda bassa fatta eccezione per le ribelle ciocche frontali, quegli stessi occhi dal taglio sottile e glaciale. Lo è, è sempre la stessa. Più matura, più bella, un fiore finalmente sbocciato in una femminilità non più nascosta da strette fasciature al seno. Ma lo sguardo, è sempre lo stesso. Il ghigno affilato e strafottente, ornato di canini appuntiti, farà capolino come tante altre volte. Lo fissa, non riesce a smettere di fissare quella figura in armatura. E’ lui. CAZZO, E’ LUI. Un passo in sua direzione, lo stesso andamento elegante eppur corrotto dalla superbia, quelle stesse iridi grigie, tinte d’una luce diversa, una luce carica di qualcosa che non è possibile descrivere ma di quanto più simile alla felicità. Non parla, non ancora. Non riesce a sbloccare quella morsa alla gola. Un altro passo, esitante. {Chakra ON} [Bosco | Spiazzo] Il bagliore improvviso della Luna, ora non ostacolata dalle fitte chiome degli alberi, quasi lo accecca. Gli occhietti si serrano appena, cercando di intercettarla tra quegli alberi. Qualora fosse li. Le dita si stringono nei pugni. La pelle dei guanti stride sulle nocche. Rimane lì, in attesa. E i Kami solo sanno quanto aspetterebbe in attesa di Lei. ‘’dov’è’’ pensa. Le iridi ancora stanno scattando tra i tronchi che delimitano lo spiazzo. Il silenzio. Un leggero sbuffare teso, tremolante. Improvvisamente. Alla sua sinistra, un leggero tonfo attutito dall’erbetta. Un lungo mantello. Le ginocchia piegate ad ammortizzare il tutto. Basterebbe questo. Scende dall’alto. Una figura nascosta, ammantata, a ripararsi sui rami da ogni sguardo, che non sia il suo. E dunque si mostra. Deglutisce a fatica. Il cuore batte all’impazzata. Il petto si gonfia e si sgonfia in un alternarsi frenetico, ansioso. In volto, la Maschera si crepa. Il labbro, piatto fin ad ora, trema. Le iridi, in quei giorni sempre bagnate dal cremisi dello Sharingan, ora brillano. Lei si mostra. Lui muore. Un colpo al torace. Entrambe le mani si portano sul volto, nascondendolo. Il capo si china. Dei singhiozzi, timidi e inutilmente strozzati da quella voglia quasi infantile di non lasciarsi andare, risuonano nel silenzio che li separa. Le gambe cedono. Le ginocchia impattano sorde e violente a terra. Il busto, in quel collasso, ad accompagnare il tutto, cedendo anch’esso, ricadendo in avanti e lasciando che entrambi i gomiti bacino il suolo. E’ a pezzi. I singhiozzi sempre più incessanti. Il terreno di fronte al suo musino, ora a pochi centimetri, si bagna. Le lacrime solcano lentamente quel visino pallido, affilato. Cercherebbe di non mostrarsi, di trattenersi. Ma non ci riesce. Paradossalmente, in quel momento, di meglio non poteva chiedere. Dopo quello che ha passato. Dopo la rottura con Kunimitsu, con la prevalsa dell’Uchiha sul volere di Lei sul Marchio.. Aveva bisogno di qualcuno con cui essere se stesso. Qualcuno che lo conosceva al di sotto di quella Maschera. E proprio questa, appena specchiatasi nei lineamenti dell’altra, perderebbe pezzi. Uno dopo l’altro, quasi come fossero dei sigilli spezzati da un qualcosa di più forte. E rimane lì, a terra, accasciato. < sapevo eri lì > la voce, rotta dal piangere, risuona ovattata da quel suo accovacciarsi su se stesso. [Ramo | Limitare radura] Un altro passo, esitante. Ogni muscolo sembra improvvisamente legnoso, indurito da una tensione che nulla a che vedere con l’ansia o paura. La tensione di un sentimento ingestibile, di una cascata di emozioni che all’improvviso le si riversano come pura elettricità e fuoco nel sangue. Gli occhietti affilati sono incapaci di vedere altro eccetto quella figura, quasi il paesaggio circostante fosse scomparso, sfocato in uno sfondo inesistente, non importante. Potrebbe apparire il mondo in questo momento, potrebbero apparire Anbu o Kunimitsu stessa. Per lei non esisterebbe altro che lui. Ekazu è davanti a lei. Il suo unico amico, l’unica persona che l’ha sempre accettata per quello che era, l’unico rimastole accanto senza doppi fini persino quando era divenuta un mostro. Il di lui sguardo, quelle iridi bicrome. Dodici anni, eppure sembrano sempre le stesse. Lo fissa, incapace ancora di parlare, incapace persino di repirare in un quell’ansimare corto e strozzato dall’emozione. Gli angoli delle labbra, tremanti, si inarcano in un sorrisino felice eppure rotto da qualcosa di più profondo della felicità stessa. Rotto dalla nostalgia, dall’emozione, dall’affetto e dalla di lui mancanza che all’improvviso sembra opprimerla al punto da renderla incapace di far altro che fissarlo. Aggrotta la fronte, gli occhietti a stringersi quasi, a specchio di lui, lei stessa trattenesse il pianto. Ma ecco che le di lui mani raggiungono il volto, nascondendolo. Ecco che le sue ginocchia cedono. Il respiro strozzato che improvvisamente viene a mancarle. LUI, cosi impassibile. Cosi indecifrabile se non in quelle micro espressioni che solo lei sapeva cogliere, che ora si lascia finalmente andare, davanti a lei. No, è oltre quanto si possa descrivere. I passi inizierebbero ad accellerare in quel progressivo inginocchiarsi a terra di lui. Sempre più veloci, ancora di più. Una vera e propria corsa vissuta in secondi interminabili per colmare nel minor tempo possibile quella poca distanza rimasta tra i due. Sono stati distanti chilometri, continenti. Eppure ora quei pochi metri sono insopportabili. Corre, corre con tutta l’energia che ha in corpo tentando di raggiungerlo. E qualora egli glielo permettesse tenterebbe di inginocchiarsi a terra dinnanzi a lui passando entrambe le mani sotto i suoi gomiti fino a cingergli la schiena, cosi che le braccia di lui dovrebbero conseguentemente scivolare sulle proprie spalle. Tenterebbe di issarlo su, di sostenerlo e al contempo di abbracciarlo. Le braccia che andrebbero a cingerlo con forza, le dita che si artiglierebbero alla di lui armatura. Entrambi inginocchiati, abbracciati. Un abbraccio che vorrebbe colmare tutti quegli anni di distanza, che vorrebbe schiacciare il proprio cuore contro il suo quasi volesse fondersi con egli. Ed il visetto, in quel movimento, andrebbe progressivamente andrebbe a sfigurarsi. Il sorriso che ormai distrutto diverrebbe pianto; un pianto dove nulla importa se l’emozione deforma i lineamenti, dove le lacrime rigano a fiotti le guance. Dove i singhiozzi sconquassano la schiena.Nasconderebbe il viso tra il di lui collo e la di lui spalla, a soffocarsi, a rifugiarsi dove non può essere vista. E lo stringerebbe, cazzo se lo stringerebbe. Non lo lascerebbe andare per nessun motivo al mondo < Che cazzo ti piangi idiota > una vocina soffocata, strozzata dall’emozione. Un misto tra una risata e un singhiozzo, il corpo scosso da violenti fremiti. {Agilità 80} {Chakra ON} [Bosco | Spiazzo] Si lascia prendere. In quel suo immergersi nella confusione, non sente l’alternarsi rapido, rapidissimo dei passi di lei. Il suo avvicinarsi lo avvolge totalmente. Le mani di lei, cosi mancate in quegli anni, a cingerlo. Un abbraccio importante quanto l’aria che respirano. Si lascia prendere. Le spalle, in quel dolce cullare di lei, si rilassano. Il viso di lui è ancora spezzato dai rigagnoli di lacrime. Gli occhietti si chiudono, quasi volessero impedire a quella gioia, sofferenza, a quel naturale sfogo covato dentro se dopo anni di martirio, di piegare la Maschera in volto. Ma non ci riesce. Sente la testolina di lei posarsi. I cuori impazzano in una gioia incontenibile. La voce. Dopo anni. Quanto gli mancava. Dolci note che, come coltellate al petto, aumenterebbero il suo pianto. Le labbra ancor di più si increspano. Le palpebre, con più violenza, a cercar di negare lo scorrere delle lacrime. Ma nulla. Le braccia la stringono. Lentamente, quasi incredule, scivolerebbero sulla schiena di lei. Le dita sottili afferrerebbero il mantello, tirandola dunque a se. Ancor di più. E’ lì. Non scapperà più. Non senza di lui. E accompagnando le braccia, l’intero corpo dell’Uchiha l’accoglie in una stretta di cuori e pensieri che, nonostante gli anni, i chilometri, le Guerre, mai si sarebbe spezzata. E rimane in silenzio. Ancora non parla, non riuscirebbe. Lascerebbe che il visino, arrossato dal salato delle lacrime, si calmi in quel suo cedere alle emozioni. La destra che dalla schiena di lei va a posarsi sul capo, col palmo che ne sfiora i ciuffetti corvini di lei. < .. non sto piangendo.. > sussurra, la voce ora ritornata atona, metallica, ma tuttavia ancora segnata nel dolore. La accarezza. La culla. Quasi a dirle, ‘’ ci sono io adesso ‘’. Non devi più preoccuparti di niente. Siamo di nuovo noi due, contro chiunque. Inspira violentemente, ed espira. L’aria esalata trema dall’emozione. Ed incredibile quanto più quell’abbraccio duri, e più la presa di lui la chiamerebbe a se. < .. ti giuro.. > aggiunge, mentre la guancia di lui si poggerebbe, a cercar sostegno, sulla testolina di lei. Gli occhi, interrotti dall’alternarsi corvino dei ciuffetti, si mostrano nuovamente. Lucidi, arrossati. Gonfi come quelli di chi ha pianto una notte intera. < .. sto sudando, non sono lacrime.. > e cos’altro vogliamo aggiungere. [Radura] E finalmente, dopo tutti quegli anni, dopo quelle missive giornaliere fatte di infinite parole di Hanabi e risposte monosillabiche di Ekazu. Dopo risate a distanza, dopo nostalgia. Dopo gli anni a scorrere sui loro volti, cambiandoli crescendoli in una distanza che non sarebbe mai dovuta esserci. Finalmente, sono li. Finalmente, sono di nuovo accanto. E la Pura, si lascia completamente andare. Tutta la nostalgia, la sofferenza, la distanza forzata che improvvisamente fuoriescono in un flusso ingestibile di emozioni sfogabili solamente attraverso il pianto. E piange, oh se piange; violentissimi singhiozzi a scuoterle la schiena, il respiro contraffatto che si alternerebbe in brevi mugolii e umide riprese di aria. Piange, e nel mentre continuerebbe a stringerlo quasi avesse paura di perderlo di nuovo qualora allentasse la presa . Sente i di lui movimento, lo sente stringerla; un calore indimenticabile ad avvolgerla, un tepore a circondarla completamente difendendola da qualsiasi freddo possa esistere su questa terra. Sente il di lui volto posarsi sul proprio capo, affondare nei propri capelli corvini cosi come la di lui mano; e lei, si lascia cullare. Si abbandona completamente a quel contatto incapace di far altro che crogiolarsi in quella felicità scossa da propri singhiozzi. Perché se lui cerca di ricomporsi, lei ora nemmeno ci prova. Mai, MAI è stata in grado di gestire le proprie emozioni. Ora poi, è fuori da qualsiasi portata. Lo sente giustificarsi, una risata rotta a fuoriuscire tra i singhiozzi mischiandosi ad essi. Ride, il viso che verrebbe premuto con forza sulla di lui spalla, le ciocche corvine bagnate dalle lacrime < .. Che cazzo sei una lumaca- > brevi sussulti in quel ridere corrotto. Prenderebbe fiato, tremante. Deglutirebbe quindi a fatica. Uno, due secondi, i dentini digrignati. Vorrebbe sollevare il viso, ma non ce la fa, è più forte di lei < … mi dispiace…> un sussurro appena udibile, quasi un mugolio soffocato < mi dispiace tanto > inutile spiegarsi. Inutile esternare il proprio senso di colpa per quella decisione dettata dal proprio degenero. E’ colpa sua, è solo colpa sua. Del suo sangue, della sua essenza. Non ha potuto fare altrimenti, ed ora la consapevolezza della propria debolezza le grava come un macigno nel cuore < s-scusami > pigola < ti prego scusami. Scusami. Scusami. > quasi lo implorerebbe in quella voce strozzata, la mani che mai abbandonerebbero quella presa. Non lo lascia, non lo farebbe neanche in punto di morte. {Chakra ON}
Giocata dal 24/05/2020 22:27 al 25/05/2020 01:42 nella chat "Bosco della Morte"
E niente, attorno lui, esisterebbe più. Solamente loro due, in ginocchio, nel mezzo del Bosco della Morte. La Luna, guardiana in cielo, a donargli la sua debole ma calda luce. Un bagliore bianco risplende nelle lacrime sui volti dei due. E la destra continua ad accarezzarla, inconsapevole, del tutto spontanea in quel muoversi delicato nel crine corvino di lei. Il silenzio, per attimi, ad abbracciarli. Rapidi ricordi a susseguirsi dinnanzi agli occhi. Flash luminosi che rievocano un passato sofferto. Il loro passato. Dal loro primo incontro nei Laboratori. Poi, passano gli anni. Il loro nuovo incontro, al centro di Oto. L’Accademia insieme. Eiji. Wooaki. Il dolore. I dentini che si stringono, a cercar di limitare un lasciarsi andare ora soppresso. Ma non è semplice. Lei piange. Il solo vederla così è un qualcosa a cui, dopo tutti quegli anni, ancora non è abituato. E mai potrebbe. Entrambe le spalle si rilassano, la presa a lei si stringe, ad assecondarne i movimenti. Le ultime lacrime di lui che, lente e pigre, scivolerebbero lungo il visino pallido. ‘’ mi dispiace.. ‘’ Il labbro inferiore trema. Gli occhietti, arrossati dal piangere, tornano a gocciolare. Segni di dolore ad incresparne il viso. Il blocco in gola gli impedisce ogni dire, rimane dunque in silenzio. Quanto è pesato questo loro negarsi. ‘’ scusami tanto. Ti prego scusami ‘’ Con la guancia ancora poggiata sulla testolina di lei, sembra ora fissare il vuoto. Le lacrime, ora, riprendono a scorrere lentamente, ma incontrollate. Un rivolo trasparente a segnar dolore, mentre nei tratti man mano tutto si placherebbe, in un contrasto così poco umano. La mano, dai capelli, tenterebbe delicatamente di scivolare lungo il viso di lei, col palmo che andrebbe a posarsi sulle guance arrossate di lei. Il viso a staccarsi dal capo di lei. La stessa mano, seguita poi dall’altra, a tentare di sollevarne il capo. Trema. I pollici che tenterebbero dunque di asciugarne le lacrime. I due visi, se Hanabi non avesse forzato il suo nascondersi nel petto di lui, a specchiarsi. Gli occhietti arrossati dal dolore a specchiarsi. Le labbra si schiudono appena, tese. < non è successo niente.. > non riesce a dire nulla più. Le parole suonano crepate, per nulla chiare. [Radura] Attorno a loro potrebbe avvenire qualunque cosa; potrebbero attaccarli, tendergli un’imboscata, spiarli. In questo momento nulla avrebbe senso di esistere apparte loro, apparte quell’abbraccio. Il musino della pura è ancora nascosto sulla spalla di Ekazu, le spalle strette contro di lui quasi cercasse in egli un rifugio a quel dolore e senso di colpa che all’improvviso sembrano gravarle sulle spalle. Stringe i dentini, li scopre in quel tentare di trattenere i singhiozzi. “E’ colpa tua” a rimbombarle nella testa. “Sei stata tu, l’hai costretto a tutto questo” <…> vorrebbe continuare ad implorarlo, ma le parole le si strozzano in gola. Ma ecco che un movimento delle di lui braccia e conseguentemente delle sue mani non la smuove quella stasi che sembrava averla completamente assuefatta. Il viso, quasi privo di forza verrebbe sollevato da Ekazu, cosi da trovarsi frontale a quello di lui. Distrutto, il viso della Pura. I capelli corvini arruffati ed attaccati alle gote bagnate da costanti lacrime, le labbra serrate e tremanti, gli occhi dal taglio affilato che si rifiutano momentaneamente di aprirsi, quasi mantenendosi chiusi potessero proteggerla dal realizzare lo stato in cui si trova.I di lui pollici ad asciugarle le lacrime. E’ bella, nonostante tutto. Nonostante la fronte sia ancora contratta nel tentativo di trattenersi “non è successo niente”. Lentamente gli occhietti grigi vengono riaperti; qualche secondo per mettere a fuoco il Clone Esperto oltre il velo appannato del pianto. Lo fisserebbe, il viso che inclinandosi leggermente tenterebbe di gioire al massimo del contatto delle di lui dita sul proprio volto <… E’ successo> un filo di voce, il respiro trema < ..ed è stata colpa mia > espira, il timbro rotto < io.. non so che- > si morde le labbra alzando lo sguardo verso il cielo stellato quasi questo potesse arrestare nuove lacrime pronte a rigarle il viso <..Non sapevo controllarmi. Non ne ero in grado. Io.. Ho perso la testa e tu eri- > serra gli occhietti con forza. Una pausa, il visino si riabbassa, i dentini a venir digrignati nel tentativo di resistere nuovamente al pianto. Uno, due secondi. Lunghi attimi in cui la pura tenterebbe di calmare il proprio respiro, cercando razionalità dietro quella pura emozione. Impossibile, ma il tentativo c’è. Gli occhietti a venir riaperti, a cercare di nuovo i suoi bicromi. Quanto le erano mancati. Quanto. < Ti ho coinvolto in un qualcosa che non ti meritavi, Ekazu. Ti ho costretto a- a.. tutto questo. > il respiro a tremarle di nuovo, ma stavolta tenterebbe di rimanere ferma quantomeno nel tono < … Io ti prometto.. > gli occhietti a stringersi, sotto sforzo < .. sul mio onore. Sulla mia vita.. > la voce si incrina < che non ti abbandonerò mai più. Dovesse ritornare l’inferno, ti darò la scelta > deglutisce < .. Non scapperò più. Non senza di te. > {Chakra ON} E’ successo, sì. Ma ora, non importa. Neanche vorrebbe pensarci. Le iridi lucide dalle lacrime a specchiarsi nelle grigie di lei. Ne ascolta le parole, tagliate, sofferenti. I palmi, le dita ad accarezzarla, a donarle una morbida e dolce nota d’affetto a far da sottofondo a quel dire crudele. Un autocondannarsi che, ora come ora, per l’Uchiha non avrebbe senso. Sono lì, nuovamente insieme. Gli occhietti bicromi calano leggermente. Le palpebre li seguono . Le ultime goccioline di lacrime a bagnare il terreno tra i due. ‘’colpa mia.. ‘’ non può vederla così. Gli manca quel suo sorrisino bastardo, affilato. Lo sguardo, dopo qualche secondo, a sollevarsi nuovamente, gonfio e arrossato. Le dita lunghe della destra a scansare i ciuffetti scalati, umidi dal piangere, dal viso di lei. Il delicato tessuto dei guanti ad accarezzarne la pelle. Prima sugli zigomi, poi sulla fronte. < non pensiamoci più.. > la voce atona non gli permette di trasmettere alcuna sensazione, ma è quasi un implorarla. L’unica gioia al mondo è lì, in lacrime, sofferente. Non ce la fa più. Hanabi deve essere felice. Questo è ciò che conta. Le dita che ancora continuerebbero a sistemarle i capelli arruffati. < ora sei qui.. > il respiro trema < siamo di nuovo insieme.. > le sussurra quasi < non mi importa più di niente.. > la voce rotta, seppur in volto solamente gli ultimi accenni di lacrime a rigarne i lineamenti < sul serio.. > E se gli occhi di lei prima puntavano al cielo, a cercar di arrestare lo scorrere del pianto, lui ora mai distaccherebbe i bicromi da quelli di lei. L’unico suo mezzo per comunicare, e l’unica persona in grado di leggergli l’anima. Si scopre. < .. mai più > Le labbra sottili appena si schiudono, tremolanti. Segue il suo di silenzio. < .. sennò ti picchio > nuovamente, cos’altro vogliamo aggiungere. Le palpebre si serrano, lasciando che l’ultimo pianto liberi quel suo viso dal dolore. [Radura] Le dita di lui ad accarezzarle il viso, a scostarle i capelli, a cullarla in piccoli gesti di affetto che varranno più di qualsiasi altra parola atona. Solamente lui, ora, può toccarla. Solamente le sue mani hanno valore. Dopo aver perso ogni persona a lei cara, lui è ancora li. L’unico. E lo resterà per sempre. Chiude gli occhietti a quei contatti, inebriandosi di quella vicinanza quasi fosse un sogno che da un momento all’altro potesse terminare. Lo ascolta, lente lacrime che continuano a scendere da quegli occhietti chusi tanto simili a suo fratello. E lentamente, tremanti, le labbra andrebbero ad incurvarsi in un precario sorriso. Un sorriso esausto, vibrato da un pianto non ancora estinto, ma pur sempre un sorriso. “Ora sei qui, siamo di nuovo insieme” gli occhietti che vengono riaperti, cercando di nuovo le bicrome di Ekazu. “Sennò ti picchio”. Non ce la fa < Mpffff- > tutta la tensione che di botto verrebbe scaricata < fffahahahahaahahahHAHAAHAHHAAH- > ride. Una risata cristallina, limpida. Una risata di sfogo, isterica forse in quelle ultime lacrime che le righerebbero ancora le guance < B-Beh- > tenta di riprendersi, i dentini acuminati come piccole perle in quel ghigno precario ed emozionato. Una mano che cercherebbe di raggiungere il di lui orecchio, lasciando aderire il palmo alla di lui guancia cosi che le dita affilate possano andare ad intrecciarsi con i di lui capelli < Dobbiamo lavorarci un po’ su, allora.> articolerebbe le dita in una morbida carezza. Tira su con il nasino, deglutisce, espira ancora tremante < Mi sei mancato, deficiente. > il tono leggermente più serio, a non voler sminuire minimamente quella frase con ironia o altro < mi sei mancato. > l’altra mano che raggiungerebbe la gemella tra i capelli di lui. Guardateli. In ginocchio, al limitare della loro radura, a fissarsi negli occhi in piccoli gesti pregni d’affetto. Nulla, può toccarli. Sospesi in quel limbo dove solamente loro adesso, esistono. Continuerebbe a fissarlo a lungo, senza dire nulla, fin quando gli occhi non si sentiranno soddisfatti della di lui figura a lungo cosi bramata. E chissà, di cosa parleranno ora. Chissà da dove inizieranno; se dal viaggio di Hanabi, o dalla triste sorte di Ekazu chiuso fuori le mura. Chissà in quali dettagli finiranno ad infognarsi per ore, tralasciando quelli importanti. Dodici anni non sono pochi; quel che è certo è che fin quando non avranno esaurito l’ultima parola, fin quando il sonno non li costringerà a spegnersi momentaneamente, la Pura resterà li, probabilmente sdraiata supina a fissare le stelle alternando il viso del migliore amico, a voler recuperare ogni singolo secondo distante dall’unica persona che ora per lei conta. Ekazu e Hanabi, sono di nuovo insieme. [//END] {Chakra ON} Eccola, finalmente. Una risata cristallina, come un lampo in una tempesta, a cacciare il buio per portare così la luce. Luce che brilla in quegli stessi occhi bicromi, non più morti, tristi. Vivi, splendenti. Potesse, riderebbe anche lui. Si aggiungerebbe alla risata sentita, genuina di lei. Ma non puo’. E forse proprio questo, per questa sua totale incapacità di accompagnare con l’aspetto le emozioni che prova che tutto risulterebbe ancora più.. bello. Lui lì. Lei che finalmente lascia cadere alle spalle le gocce di pianto che come rugiada si posa sull’erbetta attorno a loro. Si lascia prendere. I loro visi nelle loro mani. La testolina appena si inclina, saggiando pienamente il contatto tra i due. Le palpebre ora calano, rilassate. ‘’ Mi sei mancato.. ‘’ Le spalle si rilassano. Un leggero sbuffare, teso ma via via più rilassato, a tentar di scrollarsi di dosso gli ultimi residui. Le mani di lui che delicatamente scivolerebbero su quelle di lei. Le dita, coperte dai soliti guanti neri, ad accarezzarne i dorsi. Gli occhietti sono ancora chiusi. La testolina che, involontariamente, mossa forse da quel concedersi la tregua, da quel suo aprirsi ora completamente, finalmente dopo anni, ad Hanabi, accompagna i movimenti delle dita, ciondolando appena. < tanto.. > le bicrome nuovamente a mostrarsi alle grigie di lei < quanto ho aspettato questo momento.. > solo lui sa quanto. E si lascerebbe cullare fino al sonno. Inutile dire quanto tempo passeranno lì, isolati dal mondo, dai problemi. Solo loro, la Luna in cielo e il silenzio. Solo Ekazu ed Hanabi, nuovamente insieme, ad Oto. // END