[La miccia]
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Giocata dal 15/05/2020 18:58 al 16/05/2020 00:47 nella chat "Ponte Naruto"
[Entrata di Kiri] Come dovrebbe continuare questa storia esattamente? Tutto ciò che Nemurimasen le ha donato - continua a ronzarle nella testa come un fastidioso rumore di sottofondo. Le sussurra nell'orecchio, la distorce tra illusione e realtà - spingendola quasi a provare qualcosa che indubbiamente c'è - ma rimane senza nome. E la vita della Signora le scorre davanti, sangue liquido, richiamando a gran voce un odio che sembra pallidamente suo - ma che al tempo stesso, la porta ad esser conscia di non aver mai provato niente di simile. Ed allora prosegue, mentre ritorna a Kiri dopo un viaggio estenuante - con lo sguardo perso nel vuoto delle carovane che la precedono. Solo il rumore ligneo dei tabi rimbomba, passo da milita, trascinandosi dietro qualche figurino affusolato e pallido quanto lei. "Odio quando non mi parli di cosa ti succede, Ren." E' la voce di Pomyu a distrarla, stringendo nelle dita - per mero riflesso - quel misero pezzo di carta che vorrebbe dare ad Itsuki. E la consapevolezza di portar un messaggio. Di doverlo guardare negli occhi, conoscendo delle verità di troppo - quasi, si direbbe, disturbarla. Il pezzo di carta vien consegnato a minute mani, d'un ragazzino dai capelli biondi e lo sguardo vispo. <Dagliela ad Itsuki. Se fa' domande, non rispondere.> Indossa dei pantaloni dal taglio dritto, i classici con pince che ricordano un completo elegante in lino, con la piega centale che cade morbidamente lungo le affusolate, di un color ruggine. Una camicia bianca incastrata diligentemente sotto la cintola sottile e nera, è giusto appena pinzata a livello del ventre a ricreare un pigro rigonfiamento - così come la scollatura che si apre sul petto, di appena tre bottoni. Una mise atipica. Androgina. Una mise che vuole con tutta se stessa richiamare quello yukata che ha smesso d'indossare da oramai quasi una settimana - come se la morte della madre fosse in qualche misterioso modo una violenta scissione tra quello che è, e quello che era per compiacerla. L'aspetto efebico, esangue, di chi rimane impassibile al mutare del mondo e degli eventi. Chiuso nella sua bolla. Nel suo essere niente e nessuno d'importante. Le dita della mancina si muovono addosso ad un libro dalla copertina in cuoio che tiene premuta contro il costato, muovendosi con una cadenza ritmica. Ne' nevrotica, ne veramente calma. [ck on][onmyoton on - Pomyu al suo fianco] [Pontile.] Stranamente sembra che il territorio non sia affatto avvolto da quel banco di nebbia, non quest'oggi, e lo stesso figlio di Oto ha deciso di spostarsi dal plesso cittadino, da quel fulcro in cui l'uomo può anche soffermare il proprio dominio, per distanziarsi e prendere parte di una passeggiata pomeridiana, capace per rischiarare i propri pensieri, soprattutto in vista del fatto che domani dovrà partecipare ad una missione decisamente importante; non solo perché è la prima da affrontare dopo che è ritornato a solcare quella realtà, ma perché in gioco potrebbe esservi sicuramente un permesso per guadagnare qualcosa di più, rispetto alla semplice fama che sta lontanamente ambendo. Passi che intanto si susseguirebbero su quel pontile, prossimo ad uno dei due corrimano, lasciando che per avanzare in quel tragitto possa adoperare principalmente le punte, sollevandosi quanto basta, per cercare di attutire quanto più possibile il rumore di quell'intercedere, di quel moto a cui s'accompagnano le braccia che oscillano lungo i corrispettivi fianchi. Sembrerebbe quasi gioioso, danzante, in quella sequenza breve, composto da quelle minuscole falcate, in un gioco continuo ed imperterrito in cui le leve inferiori sembrano rincorrersi, l'un con l'altra. Un corpo che si dimostrerebbe però esile, ma rinchiuso in quello che sembrerebbe in una lunga ed immensa cappa nera, con il colletto alto, rivestendo totalmente la fisionomia maschile fino a poco sopra le caviglie, ad eccezione del lato inferiore del pantalone, che si dimostra anch'esso color pece, terminando con dei calzari, mediante un paio di bendaggi candidi. Nonostante quell'anonima presenza, esaltata dal cappuccio che sovrasta la propria la propria nuca, l'equipaggiamento risulterebbe essere presente, ben nascosto ad occhio esterno. Discreto su quelle tasche che si legano in vita e si ripongono posteriormente alla propria presenza, con una tasca accessorio lungo la mancina gamba. <Oh.> Vocalizza brevemente, mentre lascerebbe che qualche ciocca azzurra, data l'estensione del proprio crine, possa anche scivolare all'esterno, rendendo quel viso rilassato ed apparentemente tranquillo una maschera intrisa della penombra offerta. Emergono solo quelle vitree pupille, quell'ambra che sembrerebbe affondare l'attenzione nell'area circostante, piuttosto attento e guardingo, al punto di tenere ben stretto il proprio legame al proprio circolatorio del chakra, il quale funge come linfa vitale, che rivitalizza il tessuto muscolare dell'essere umano e si mantiene pronto ad essere adoperato, in caso di necessità, nel caso di qualche orrendo inconveniente, seppur il luogo evoca solo momenti positivi. Per ora è totalmente ignaro della presenza femminile opposta, seppur quest'ultima sembrerebbe avvicinarsi al territorio di Kiri, dunque muovendosi nella stessa direzione maschile, ma nel verso opposto. Mancherà poco prima di poter adocchiare le entità dinanzi, che ostacolano il proprio cammino. [Chakra On][Equip.Scheda] [Entrata di Kiri] La palpebra perennemente calata alla metà di quel medaglione in pietra che è l'iride, mostra l'effige Seimei: Un triangolo retto, sola linea nera come un orpello singolare che orna il centro perfetto della palpebra. Appena occultato dalle pieghe della palpebra. Lo stesso che paradossalmente porta, nell'occhio opposto, Pomyu. E se lei è ritta, come un soldato, lui riman moscio sulle spalle e la schiena - scremando il suo metro e novanta in un misero metro e ottanta. Il testone da pupazzo, sfregio al suo esser traditore, cucito alla base del collo da fili nero pece. Porta un kimono maschile privo di pieghe d'hakama, con un haori color vinaccia sulle spalle, appena sgualcito. Le dita si scostano dai lati dei fianchi, lente, andando a tirar su la montatura fine degli occhiali. < Non mi va' di parlare, Pomyu. Devo pensare. Devo pensare o potrei impazzire. > Un sussurro rauco, efebica figura senza forme giunoniche ne attrattiva che si muove con i pugnetti serrati lungo i fianchi. E quello accanto a lei - frutto dell'affluire costante e pigro di chakra al marchio che li ha legati perennemente uno all'altro. I due estremi opposti e corrispondenti si sono infatti già riversati uno dentro l'altro, dando vita al fiorir di forza intangibile dagli tsubo, ricoprendo così ogni fibra muscolare - in primis. E poi quei punti vitali da cui i ninja son soliti prender maggior forza. E la voce che ne è uscita, come un soffio abbandonato sulle labbra, lascerebbe a Pomyu lo spazio di bere un goccio di liquore ai datteri che tiene perennemente in un coccio color terracotta il quale tappo pende pigramente dal collo. Si muove goffo e lento, meno composto di lei - portando una mano a ripararsi la fronte imbottita dagli ultimi stracci di sole che sono capaci di penetrare la testa orsina. "Non mangi da ieri, da quando hai incontrato quel bambino. Non ti comportare come se non avessi nessuno da cui tornare, è da ragazzine di merda." La linea imperiale delle labbra, il fiorire pallido dei sakura, si curva con una netta mossa verso il basso. Non ha voglia. Non ha voglia di affrontare Pomyu, Itsuki, non ha voglia di affrontare cose complicate come i sentimenti. Le decisioni. E mentre scansa il viso, incontra - per un attimo - il viso di chi come lei, si muove su quel ponte. Ma dal lato diameticalmente opposto. Un piombo glaciale, il suo. Perennemente assonnato, poco sveglio. Per un attimo, nella distrazione donata ai propri pensieri, s'è quasi spiattellata contro la sua spalla. Ed invece che andargli addosso, ha mosso il petto arretrando la spalla destra tanto violentemente da curvarsi, schiacciata da una carovana al suo fianco - sìcche da non collidere contro il povero Goryo. Fulminea. E non si direbbe guardandola, piccola e fragile azalea aranciata. < Perdonami. > Si scusa per la disattenzione, muovendo la destra alla volta della scollatura nella camica pinzando l'ultimo bottone e riassestandolo in un centro maniacale. [ck on][onmyoton on - Pomyu al suo fianco] [Pontile.] Al contrario dell'altra, lui non sembrerebbe seguire così fedelmente un andamento in particolare, un portamento così rigido e strutturato, preferendo proiettarsi con un tocco decisamente più fluido ed elegante, accompagnando l'intero peso del proprio corpo, mediante un ripetuto molleggiare del piede sul terreno sottostante. Non compaiono movimenti bruschi, tempi ben scanditi, ma sembrerebbe quasi rimbalzare, passo dopo passo, in quel moto semplice, ma al contempo accurato. <Mh?> Labbra che si stringono appena, fungono da barriera per la propria voce che andrà a schiantarsi contro quella bocca sigillata, evocando un mugugno debolmente interrogativo, non comprendendo perfettamente chi abbia dinanzi, quel duo che si plasma e che non riconoscerebbe affatto. Tipica impresa d'egli di aguzzare lo sguardo, approfittando di quell'assenza di nebbia, per permettersi il lusso di poter protrarre i bulbi oculari e cercare di focalizzare con maggiore attenzione le sagome, provando a dipingerli nella propria mente, iniziando una rapida raccolta di informazioni. Quelli basilari, quelli essenziali, per un primo ed evidente riconoscimento, cercando di aggrapparsi solo in un secondo momento, ad una distanza piuttosto riguardevole, la possibilità di poter tranciare la voce d'ella, a percepire i fonemi affinché anche la frequenza vocale venga correttamente registrata. Il passo che viene dunque rallentato, in un primo momento, quasi volesse impegnarsi in quella ricerca, in quello studio, in cui la coppia di occhi si attraversano per un solo frammento, quanto basta per avvertire una stramba sensazione. E' un momento di estromissione dall'ambiente circostante, il quanto basta affinché la disattenzione possa portare il corpo dell'opposta a muoversi in maniera agile, decisamente, per poterlo evitare e superarlo poco dopo. <Probabilmente mi devo ricordare che non son più uno spettro in queste terre.> Sembrerebbe sussurrare, in un filo di voce che si bagna di un debole dispiacere; non si comprende se tale condizione possa essere un'informazione triste in quanto desideroso di tornare in quella solitudine oppure per altri e complessi motivi. Enigmatico, quando l'altra sfila inclinando la spalla destra, curvandosi violentemente. A quel punto le distanze dovrebbero risultare decisamente minime, dannatamente, quasi come se potesse avvertire il profumo di quell'entità, neanche [0.5 metri] alla [propria destra]. <Ehi.> Schiude dalle proprie labbra, mentre una quantità d'aria dai polmoni viene evocata in modo tale da essere abbastanza udibile dalla controparte, senza implementare enfasi particolare. Non vuole sembrare arrogante od infastidito, ma sospinto dalla mera curiosità, oltre a comprendere se abbia attorno un riguardevole problema da arginare, nel minor lasso di tempo. Il passo che viene dunque arrestato totalmente, quasi bruscamente dato l'impatto evitato, ma traslando l'intero corpo in suo favore, affinché possa porsi frontalmente all'altra; dell'altro sembrerebbe osservare comunque le movenze, ma trascurandolo rispetto alla ragazza a cui viene concesso maggior attenzione. <Non ho mai avuto modo di accarezzare i vostri sguardi.> Pacato nel suo modo di porsi, mentre deve rendersi conto che anche la propria effige di Kusa viene nascosta a causa del colletto alto, in quanto la placca funge da collana, lungo il collo di lui. Il capo che andrebbe dunque a ripiegare appena verso il basso, data la differenza d'altezza tra il duo, per continuare ad enunciare, con dei bisbigli: <Perdonarti di cosa?> Non comprenderebbe affatto il motivo, non calcolando l'eventuale scontro evitato. [Chakra On][Equip.Scheda] [Entrata di Kiri] Gentilezza avanti a tutto; ed alla fine si presenta come un fiore delicato ed al tempo stesso, terribilmente atarassico. Il movimento dettato dall'istinto è quello di rotare di mezzo busto attorno a lui, scegliendo la parte opposta al suo fianco - i destro per inciso - slittando debolmente con i tabi contro la polvere pressata sul ponte. Uno slittar della minuta figura arrestata dalla mano di Pomyu che prontamente si avviluppa verso la sua spalla e la trae di lato, dandole la giusta spinta per schivarlo - si - e di distanziarsi il minimo necessario per non cadergli tra le braccia. Come l'ennesima donzella in difficoltà. E' indubbio il cercar analitico dei suoi tratti nelle memorie di Icaro, come se fosse un dizionario per analfabeti di visi e sguardi. L'attimo di silenzio, dove questa congiunge le mani nei pressi dei lombi - è spezzato invece dallo spilungone incorporeo al suo fianco. Si scansa appena da Ren, alzando il coccio che prima era pieno di liquore e che ora, è oramai per metà vuoto. " CAZZO !" Un urlo lancinante, come se potesse far affondare solo lui l'intera isola nel suo dispiacere. E quasi sovrasta la gentile figura del Goryo che le sta d'innanzi. Abbassa il testone, di quelli da mascotte, inquadrando il fondo della sua minuscola giara - cercando la dolce ambrosia a cui è terribilmente assuefatto. "CAZZO REN ! CAZZO CAZZO !" Turpiloquio che la porta, la corallina, a rifuggire lo sguardo dell'altro - gettandolo di lato e lasciandolo per qualche istante a piagniucolare letteralmente per il latt-liquore versato. Ma infondo va bene così, da Oto a qui non ha fatto altro che bere, e bere, e bere. E senza averne una vera necessità essendo morto. Sono le parole di Koichi a farle rivolgere lo sguardo verso di lui. Le spalle mingherline che si stringono appena, come un pettirosso indispettito, andando a rivolgere verso di lui quella marea d'efelidi. < Parlare di spettri davanti ad un Seimei è indelicato. > La voce è ferma, impastata, come la voce di chi non parla spesso - e preferisce mantenere il silenzio. Improbabile dato il suo perenne compagno di viaggio. Non è un ammonimento, piuttosto, sarebbe un informazione donata gratuitamente all'altro. Probabilmente questo non ha nemmeno idea, di cosa sia un Seimei. E di cosa sia il suo compito, e la sua dannazione. Ed il viso, privo di rughe mimiche, rimane disteso. Senza astio ne gioia. Sorpassa quell'informazione come un masso sul proprio cammino, andando oltre. La mancina si tende in direzione del braccio dritto, andando ad avvolger il polsino tra le dita e rigirandolo una, due, fino a tre volte. < Ti sono quasi venuta addosso. Ero distratta. > Gli occhi bassi sull'alzarsi delle maniche della camicetta bianca, mentre spiffera fuori dal musetto le poche parole. < Sto cercando due uomini. Sono stata chiamata in missione per domani e volevo vedere che tipi erano. Hai idea di chi sia incaricato di accompagnare i figli dell'Hasukage? > [ck on][onmyoton on - Pomyu al suo fianco] [Pontile.] Così vicino alla controparte, eppure non permettendo alla propria tranquillità di essere minata, cercando di fare il possibile per mantenere quanto più saldamente possibile la propria mente, in modo tale che possa avere a disposizione tutto il sangue freddo che un medico può godere. Fortunatamente la professione, in taluni casi, si dimostra essere una chiave di svolta, per non cadere nel pericolo che un qualcosa di così semplice, come un incontro fortuito, possa evolvere in una tragedia intrisa di dolore e di sangue. Le palpebre che si allargano appena, per permettere alle proprie gemme di superare quella minuta distanza e tentare di rapportarsi con quelli avversi, in una sfida silente che si instaura improvvisamente. Un impatto che forse sembrerebbe meno gentile, quella pressione che tenderebbe a voler ammirare con maggior concretezza il peso di quelli altrui, il fardello che l'anima sembrerebbe caricare sulle proprie spalle. Dopotutto non si dicono che quelli siano dei portali, dei riflessi del proprio ego? E lui prova ad affondare in essi, calarsi con una resistente fune, prestando attenzione a non scivolare e non cadere in essi. Accorto, anche in quella semplice conversazione. Non propriamente tranquillo, ma sicuramente sembrerebbe esser pronto ad agguantare un'eventuale uscita da quella situazione, tracciare nella propria mente la traiettoria ideale per prendere le doverose ed ipotetiche distanze e poter reagire nelle strette conseguenze. Una preoccupazione che non sembrerebbe trasudare dal proprio viso, che rimarrebbe ancora disteso, con quei lineamenti gentili che ora l'altra, data la posizione e l'altezza pervenuta, potrà notare con maggior facilità quel viso. Quel crine azzurro che avvolge ed incornicia la pelle diafana, priva di imperfezione, come se fosse un'entità fuori dal comune. Sicuramente, a primo aspetto, non sembrerebbe rivelarsi per un individuo ricco di intenzioni ostili, ma piuttosto un viandante astratto. <Non volevo esserlo.> Aggiungerebbe a sua discolpa, in quell'ammissione di colpe. <Ma mi dovrai perdonare per la mia mancanza di conoscenza su chi sia un Seimei.> Rivelerebbe, senza ripicca e senza esser affranto. <Seimei Ren-san?> Cercherebbe di raccogliere l'informazione espressa dall'altra entità, il quale sembrerebbe invero disperarsi per la propria fiaschetta terminata. <Cosa c'era lì dentro?> Domanderebbe, ponendo un rapido sguardo anche a lui, brevemente interessato. <Oh.> Schiude appena le labbra, in un monito di neanche velata sorpresa, quando avvertirebbe il motivo per cui lei sia qui. Proverebbe dunque a ripiegare il busto, quanto basta in avanti, per potersi abbassare di un paio di centimetri nella sua altezza, predisponendosi verso la figura femminile. <Ne conosco solo uno di questi e devi ammettere che potresti risultare fortunata.> Incide, senza rivelare molto, provando a stuzzicare la corteccia cerebrale d'ella. <Il mio nome.> Sembrerebbe quasi un'affermazione, mentre spingerebbe la mano destra, parzialmente coperta da quell'ampia manica, per premersi contro il torace proprio. <Koichi.> Evoca, anche per parità di informazioni. <Lui sarebbe?> Perché le presentazioni poi terminerebbero propriamente con quell'entità, dalla testa di pupazzo. [Chakra On][Equip.Scheda] [Entrata di Kiri] Un vero drammaturgo - ed in quanto tale Pomyu sarebbe già riverso con le ginocchia in terra a piangere fiumi d'amarezza e assoluta riluttanza nei confronti di una verità che gli è giunta con dell'indelicata irruenza. Mancanza d'alcol. Le sopracciglia di Ren, nell'udire le lamentele, si fanno semplicemente più piatte di quanto già non fosse, spingendosi ad allacciar ambo le braccia sotto un seno acerbo. Ed il pianto diviene urla alte e singhiozzate, spingendola ad osservarlo - scansandosi appena verso di lui e lasciando che la figura di Koichi sia l'unica a detenere le redini del verbare. Forse lei è troppo silenziosa e ritta per esser interessante? O forse è solo quell'immagine, quelle immagini, che la disturbano e distocono il suo essere fino a lasciarla esanime. Come in continua lotta con l'accavallarsi di ricordi che sa' bene, non appartenergli del tutto. Le ciglia s'abbassano, ramate, buttano una pigra ombra sull'iride glaciale che direzionata all'uomo - Pomyu - cerca di ricercarne l'attenzione. < Datti un contegno. > Odia esser guardata. E più lo odia, più inevitabilmente succede. Il passo delle carovane rallenta e chi ne è sopra, volge il proprio sguardo verso di lei e il suo fedele compagno di viaggio, perennemente al suo fianco. Le ciocche coralline, lisce, sfiorano le spalle carezzandola. Movimenti pieni di dolcezza. Estenuantemente lenta in tutto quello che fa', che elabora. Non è difficile socializzare, è difficile solamente essere lei. Esser fondamentalmente incapaci. < Koichi. > Tra le urla e le lacrime di Pomyu, riesce a ripescar il discorso che le si è sfilacciato tra le dita e la man dritta emula il suo stesso identico movimento. Si piega appena, lasciando che le ciocchette mozzate appena sopra la spalla le scivolino addosso come seta. < E' un piacere Koichi. Saremo in missione assieme - a quanto pare. Confido di non morire - e mi sarebbe piaciuto offrirti un pasto. Ma -- > E l'urlo di Sen, al suo fianco, si fa straziante - mentre pian piano risale la sua gamba aggrappandosi al pantalone. "Tuttooo a terraaa -- tutto ! Io domani non vengo ! Morite tutti, cazzo di ninja !" Un vero complottista, l'uomo - e lei, dall'alto della sua fermezza, alza appena il piede da terra, cercando di sfilar la gamba dalle sue braccia. < Non ascoltarlo. E' solo un alcolizzato. > [ck on][onmyoton on - Pomyu al suo fianco] [Pontile.] Lentamente la schiena tornerebbe ritta, con il braccio dapprima utilizzato per poterlo posare sul proprio cuore che torna verso il fianco giusto ed adeguato, palesandosi come un soldatino semplice dinanzi alla controparte. Proverebbe dunque ad immettere i primi passi, minuscoli, per permettersi il lusso di guadagnarsi lo spazio opposto a quello occupato dalla figura maschile, per potersi affiancare alla ragazza. In questo modo, rivolta totalmente la propria traiettoria, permettendo l'eventualità di un ritorno verso il centro cittadino o quello che potrebbe essere i primi quartieri del villaggio. <Vi andrebbe se passeggiassimo insieme?> Esplicherebbe quel pronome personale, soltanto per la presenza di quella figura differente a ciò che si definirebbe umano, seppur la catalizzatrice della propria attenzione sia la stessa fanciulla, dal crine arancio. <Condividere del tempo con qualcuno solitamente funge da motore per una maggiore affinità.> Pronuncerebbe quelle parole, in maniera quasi letterale ed atona, come se fosse una citazione pervenuta da qualche tomo di seconda mano, adocchiato tra le zone mercantili del porto stesso. Ancora non si esporrebbe in prima persona, come membro partecipante ed attivo di coloro i quali hanno il compito, l'indomani, di trascinare la progenie dell'Hasukage dentro i confini di Kusagakure no sato, per riprendere una porzione di studi essenziali. Un movimento blando della mancina mano che andrebbe a comporsi verso colui che traina la carovana lì vicina, come ad invitarlo a non preoccuparsi eccessivamente e di perseguire nel proprio compito, per farlo sfilare altrove. <Non credo che tu possa morire.> Sfila debolmente da quelle labbra, quasi sicuro di quella nozione, come fosse un dogma. <A meno che tu stessa pretendi questa sorte.> Salverebbe quell'eccezione. <Risulto essere un medico, dunque avrò possibilità di ripristinare tue ipotetiche ferite, nel caso in cui vi fossero.> Perché il gioco delle condizioni e dell'eventualità è appena iniziato, come una serie di tranelli e molteplici vie da poter intraprendere. <Dunque anche se dovessi essere ferita, potrai venire da me e risanerò le tue ferite.> Non accennerebbe soltanto a quelle fisiche, almeno non le specificherebbe con chiarezza, permettendo che un alone di mistero possa avvolgerlo, così come la nebbia che lentamente inizia a presentarsi, con l'ascesa della notte, di quella luna che inizia a risplendere alta nel firmamento. Dispettosa, ostentando quella luce in maniera fioca, appena possibile da goderne. <Ti eri interrotta sul ma...> Cercherebbe di recuperare il filo del discorso, provando ad accennare un paio di passi in compagnia del duo, semmai anche l'altro dovesse riuscire a recuperare parte della propria razionalità. Anzi proprio per lui, andrà ad esprimersi: <Se intendi del Sakè, conosco un luogo che ne producono uno decente.> Un flebile sospiro. <Non sarà mai come quello di Oto, ma sicuramente è migliore rispetto alla media.> Confiderebbe, permettendosi un debole biglietto di visita, come bevitore di quel nettare. Non si preoccupa, non si spaventa d'offrire quell'informazione, seppur non possa essere etichettato come alcolizzato. <Mi spiegheresti cosa sia un Seimei?> Domanda, con accortezza, provando a pervenire informazioni potenzialmente utili in quanto dovranno partecipare alla sessione insieme. <Sei gentile per il pasto.> Non sembrerebbe essersi dimenticato di quel particolare, considerando a ripiegare il cranio in avanti, in un movimento semplice e comodo, per ringraziare ulteriormente, a sottolineare l'apprezzamento, seppur non siano ancora seduti e pronti a ricevere l'ordinazione. Scroccone? Non propriamente, ma sembrerebbe apprezzare quella gentilezza. Eppure più volte la luce copre bene l'ombra di un corpo, dunque non abbasserebbe ancora la propria attenzione, quella guardia che risulterebbe essere amichevole, ma non troppo. Avverte odore di stranezza, di particolare. E' una scia che attira, ma conscio di quanto possa esser pericoloso gettarsi nell'ignoto. [Chakra On][Equip.Scheda] [Entrata di Kiri] L'adombrarsi del sole la spinge ad abbassar ulteriormente le palpebre, delle tagliore grige sono l'unico riflesso di una pallida anima che alto non sa' fare se non rispondere agli ordini. O forse sta mutando? E' che non ne ha idea e forse preferisce non pensarci troppo. La gamba si sfila dai piagnistei di Pomyu, finalmente, muovendo qualche passo a lato della strada sicchè possa evitare di bloccar il passo alle carovane che ora varcano il ponte in cerca di un entrata - o un uscita dall'isola. Va' cercando all'interno della tasca del pantalone in lino uno di quegli steli bianchi che di solito, l'aiutano a pensare. Come se i pensieri fossero aria rarefatta ed inquinata capace di stimolarla attraverso i polmoni. Incastrata e spenta penzola dalle labbra, tremula ogni tanto - come se stesse masticando - issando la punta delle dita e lasciando che una minuscola quantità di chakra yoton l'abbandoni, si concentra, sfilando quelle punte - pollice, indice e medio - per ricreare una minuscola fiammella. Tira, lascia che la punta sfrigoli per qualche istante decorandole i lineamenti di un vivido rossore; come può affrontar con leggerezza la vita ora? Come può esser qui a parlare con lui, mentre Itsuki sta aspettando il suo arrivo? < La verità...> Lo incalza con la sigaretta ancora tra le labbra, mentre Pomyu lentamente si alza da terra ergendosi come l'ombra della Seimei. Nonostante la sua mole, dopotutto, sembra asciugarsi le lacrime e rimettersi in sesto - dondolando pigramente il liquore rimasto. E quelle poche parole spiccicate in un tono asettico, risultano il preludio di un congedo. O per lo meno, sembrano essere le parole che direbbe chi è tentato - ma c'è qualcosa che inevitabilmente lo frena. < Devo fare visita ad un amico. > Un amico sarebbe un eufemismo - a dire il vero. Però in che altro modo potrebbe appellarsi al Goryo? Un conoscende, dal suo canto, sarebbe comunque troppo poco. Sfila la sigaretta dalle labbra, riavvicinandosi a Koichi passo dopo passo, lasciando che il sordo cantare dei sandali e lo scorrere perpetuo delle carovane sia un abile, quando monotono, sottofondo. E nonostante tutto il suo essere unilateralmente priva di sentimenti, c'è un nodo nel suo stomaco che ancora non è abile a sciogliere. 'Non sono brava, con le emozioni' mai commento fu' più vero, infatti. E quasi le torna alla mente /lui/ e il suo primo, e forse ultimo, ordine? Fai quello che devi. Fallo. Le labbra strette hanno un minimo fremito e improvvisamente, sembra guardare un punto poco nitido dietro alla schiena di Koichi. E quella domanda - oltre il parlare del liquore di Oto - è l'unica cosa che riesce a percepire con abbastanza nitidenzza da alzare il viso affilato in sua direzione. Non lo guarda negli occhi, di certo, come se fosse astratta. Aliena da queste terre sporche. Delicata, sì - ma non così tanto da necessitare delle cure metaforiche che un omm potrebbe darle. Sorriderebbe, se solo ne fosse capace, invece lo sguardo vacuo rimane su di lui, fermo. Che intendi, sconosciuto? Cure? Forse la bianca geiko ne avrebbe avuto bisogno, nonostante l'orgoglio - invece lei, con il suo immenso bagaglio, sanguina senza sapere dove, ne come, ne sentire dolore vero. < I Seimei? > La domanda la risveglia dal suo torpore perenne, cercando la risposta corretta alla domanda. Effettivamente, come già detto e dedotto, il clan Seimei è impalpabile. Persone, individui, che si trascinano dietro il macigno del giusto o sbagliato. Dell'esser lontani dal nirvana, così come dall'inferno. E che sia questa una benedizione o una condanna, non è dato sapersi fino al giorno in cui verrà mietuta. < Credo sia complicato da raccontare. E credo di non esser la persona più indicata per farlo - a dire il vero. > Lo scricchiolare dei sandali di Pomyu si fa' più forte, mentre si avvicina a lei comunicandole sussurri telepatici. Probabilmente lamentele. Probabilmente un incitarsi ad andar oltre - a fare il suo dovere in queste terre umidicce. Lo storcersi delle labbra di Ren, mentre china il capo verso di lui - è forse la prima vera reazione di questa serata. "Sono degli stronzi coglioni." Irruento e scurrile, mentre allaccia le braccia al petto - riflesso oblungo della stessa corallina che ora si avvicina al Goryo. Gambe affusolate che si muovono verso di lui, una zaffata che sa' di ambra e gelsomino, che le scinde la carotide a metà e si mischia ai capelli che si muovono. Oscillano sotto le dita del vento. < Non posso offrirti il pasto, però - se vuoi - puoi accompagnarmi alla tendopoli? Sto andando verso lì. Devo fare delle cose, dopodichè andrò a dormire. O domani Pomyu non capirà neanche in che direzione andare. > Un alzata di spalle chiude il tutto, attendendolo, prima di macinare i passi verso la fine del ponte. [ck on][onmyoton on - Pomyu al suo fianco] [Pontile.] Sembra che la marcia possa iniziare, con quel rumore dei sandali femminili che si inchiodano lungo quel percorso, come un suono ritmico che si ripercuote non solo nell'esterno, ma anche nella mente maschile, il quale dovrà sopportare quel ticchettio continuo e costante, come se qualcosa stesse scansionando la propria vita, la propria esistenza, secondo brevi intervalli di tempo. Vi è poco di musicale in quelle note, che si dipingono nell'area, quando avvertirebbe la missione che l'altra dovrebbe portare a compimento. Le labbra si stringono appena, fremono in quella conoscenza, in quel sapere il motivo vero dell'altra, alla quale sfuggirebbe indelicata la propria sete di conoscenza, lasciando che le labbra si schiudano per poter esprimere: <Posso conoscere il nome di questo amico?> Domanderebbe senza fronzoli e senza utilizzo di perifrasi alcuna, decisamente diretto quanto esplicito. <Potrei conoscerlo ed aiutarti nelle ricerche di costui.> Dopotutto che sia un maschio l'ha già compreso adeguatamente, incosciente però che si tratti proprio del consanguineo, lo stesso che condivide quel sangue maledetto. Un gene differente dalla stirpe umana, anime che sono state recuperate da un passato tortuoso, a cui è stata affidata una seconda possibilità d'esprimersi. Nota quel suo assentarsi, quel suo non commentare a riguardo delle ferite che lui stesso può curare, può permettersi di risanare egregiamente, seppur abbia investito la propria carriera nel ramo genetico, per poter ottenere maggior possibilità di interazione, in caso in cui si debba offrire un trapianto. <Allora come puoi esprimere l'errore mio, la mia indelicatezza, se non riesci a rendermi cosciente di ciò che non so?> Un respiro, debole e leggero. <Come posso evitare di mancare ancora di sensibilità, se non capisco il punto in cui abbia sbagliato?> Domande che si ripercuotono, come se fossero stati emessi non per l'ascolto altrui, ma più per la brezza che profana la pelle, che scuote le vesti. E' una carezza fresca che accompagnerebbe il moto del terzetto, quando improvvisamente sembrerebbe che questo volga contrario al movimento maschile. E' un istante soltanto, in cui la sferzata è eccessiva, potente, al punto tale da far vibrare il cappuccio e renderlo inerme, totalmente. Questo andrebbe a ripiegarsi all'indietro, a sciogliere quel cono di penombra in cui si era rifugiato, ricadendo sulle spalle, e permettendo alla lunga chioma di esternarsi, di scivolare indietro come una cascata di fili sottili d'azzurro, sparpagliandosi comodamente, prima di tornare, per il preso della gravità, ad appoggiarsi sulla schiena. <Oh.> Non può più coprirsi, vedrebbe superfluo il continuare a nascondersi in quel caso, lasciando che la propria pelle possa essere facilmente individuabile ora dalla controparte. <Non importa.> Sul fatto di chi siano, tralasciando al momento quel dettaglio; non irrilevante, ma trascurabile al momento. <Per me al momento sarai Ren-san.> Senza aggiungere quel cognome, quel peso che sembrerebbe rendere pastoso l'intero argomento. <Si, ti accompagnerò ben volentieri.> Rilascia che le labbra possano allungarsi, curvarsi appena verso l'alto, ma senza evidenziare la propria dentatura, ma un sorriso cortese e gentile, offerto alla fanciulla. <Il pasto lo andremo a mangiare, dopo il successo della missione.> Lo sguardo che andrebbe a scivolare su di lei, per qualche frammento, come se volesse esprimere qualcosa, al punto che le labbra mostrano un debole foro, un'apertura, per poi scomparire, dissolversi in un religioso silenzio. Abbandonerebbe l'idea, creando delle tracce, una scia, ma nient'altro. <Perché speri di non morire domani?> Evidente che cambia totalmente l'argomento, raddrizza il discorso su qualcosa di distante, affinché possa preoccuparla abbastanza per rispondere e non impegnarsi nel ricordare, nel memorizzare, quel breve momento in cui si è poi silenziato, mutato. <Non fraintendermi, nessuno deve morire, ma essendo una Kunoichi dovresti sapere già delle difficoltà che viviamo ogni giorno.> Domani non sarà diverso ad oggi ed oggi non lo sarà da ieri. Un ciclo in cui ogni istante potrebbe essere l'ultimo: una coscienza che dovrebbe essere impiantata in ogni pedina di quella scala militare, indipendentemente dal grado ricoperto. [Chakra On][Equip.Scheda] [Li] < Itsuki... Goryo?> Avete mai avuto l'impulso irrefrenabile di dire o scoprire qualcosa? Come quando avete un minuscolo ed innocente feticismo - e inevitabilmente, conoscendo qualcuno, riuscite solo a sentire l'impulso di sfamarlo? Mentre cammina la coda dell'occhio riveste Pomyu, probabilmente i sussurri nella testa si fanno fitti - insistenti. "[Non esser diffidente. Una battaglia combattuta da soli è morte certa.]" Ha ragione - di sicuro. Probabilmente per questo esistono team e non battaglie solitarie. Istintivamente stringe la sigaretta tra le labbra pallide, fino a schiacciare pigramente il filtro tra quei petali privi di sangue. Ascolta, ecco - forse possiamo scusarci dicendo che è un ottima ascoltatrice, sebbene sembri non farlo spesso. O forse evita volutamente d'incorrere in discorsi ai quali non saprebbe veramente rispondere. Lascia che lui scorra - come un fiume placido - portandosi dietro la prorompenza di chi è maestro del socializzare, a differenza sua. E lo osserva, di sbieco, mentre cammina al suo fianco con un passo leggero ma sostenuto. Ne' di fretta, ne veramente il passo di chi sa' di avere tutto il tempo del mondo a disposizione. Le ginocchia scivolano, appuntite, e di tanto in tanto il vento sposta le vesti mostrando fattezze antrogine ma pur sempre femminili, nel loro piccolo. Acerba probabilmente, troppo per esser già una special jonin; il mento si alza piano al suo sorriso ed in un istante, realizza un invidia nuova. Lo osserva, in sottecchi, come una bambina spierebbe qualcosa di meraviglioso dalla serratura della propria cameretta. Una perla tra i coralli. L'iride lo insegue, passo dopo passo, scostandosi dai suoi pensieri per potersi specchiare nella gestualità dell'altro. Che meraviglia, i sentimenti. <E' una sensazione. I Seimei sono destinati a vagare sulla terra per il resto della loro vita, dopo la morte - noi abbiamo questo. E' un patto.> La spiegazione giunge con un filo di voce, detta quasi per sopperire ad una mancanza dell'altro che chiede d'esser colmata a gran voce. Probabilmente il modo in cui lo dice canta nitidamente del desiderio di non parlarne, non oltre quel che ha già voluto dire per poter dare delle spiegazioni. Lui s'è chiamato spettro, e lei - dal suo canto - non ha potuto che rievocare quello che è un bilico tra la grazia dello Shinigami e una dannazione senza fine. Quasi una giustificazione all'esser peggiore degli altri. Nella penombra oramai scremata nel rosso, rimane ingollata dalle ombre. Figura onirica e pallida. Probabilmente troppo posata per esser una kunoichi vera - e troppo poco femminile per essere solamente una donna. Un pendolare nausabondo tra l'essere - e non essere. Quel che ne viene dopo è silenzio, forse mantenuto per un paio di minuti. "[Da quando hai paura di morire, Ren?]" I passi sordi di Pomyu, accompagnati dal suo silenzio, riversano voci nella testa della rossa e torna a guardare di fronte a se. Da quando? Effettivamente la domanda è complicata. Troppo per esser spiegata da una disabile emozionale come lei. < Ho molto da dire. > Le parole escono delicate, ben misurate - ed uno sbuffo taurino riempie l'aria d'odore di tabacco, assieme al suo profumo. L'ennesimo sospiro che le svuota il petto, lasciando che un fremito d'eccitazione le percorra la schiena, spingendola a chiudere le palpebre per qualche frammento d'istante. < Koichi. > Il riverbero nella gola la fa' grattar appena, mentre i polmoni pizzicano per via del tabacco. < Hai mai sentito la sensazione di vivere in un mondo dove la maggior parte delle persone... Sembrano nient'altro che pedine. Carne da macello. Sorde e mute.> E sebbene sia una domanda, non suona come tale - eppure lo sguardo dal barlume interrogativo lo soppesa, come se fosse capace di estrapolargli il cuore. E pesarlo accanto ad una piuma. [ck on][onmyoton on - Pomyu al suo fianco] [Pontile.] Quando avvertirebbe il nome d'egli, un brivido sembrerebbe percuoterlo, dalla zona lombare per attraversare interamente la schiena fino a raggiungere le spalle, che sembrerebbe scrollare appena, come se avesse intenzione di far scivolare dal proprio corpo un improvviso peso. Un nome che lui conoscerebbe adeguatamente bene, permettendo che il cranio possa oscillare appena a destra ed a sinistra, non nell'intenzione di negare, ma nell'atto di far cadere il peso della testa dalla spalla destra a quella sinistra, per un paio di volte. Quasi giocoso, nell'avvertire quel cognome che sbava sulle labbra femminili, come se acquistasse un nuovo sapore. <Si.> Solo ciò spira all'inizio, una semplice ma decisiva affermazione. <Lo conosco.> Non è espresso con pesantezza, ma con doverosa sapienza che abbia bene in mente chi sia. <Probabilmente non lo incontrerai spesso dentro il perimetro cittadino, ma più nella Tendopoli od in luoghi più distaccati.> Sembrerebbe rivelare quell'informazione, cercando di appoggiare un contatto con il consanguineo. Sembra che qualcosa possa bollire in pentola e lui si renderebbe artefice di quell'incontro, come se stesse spingendo quel filo a ricongiungersi con le dita del moro. <Dunque voi siete destinati a quest'epilogo.> Non c'è una misera traccia di tristezza in tutto ciò, ma valido interesse nel comprendere come tutto ciò possa risultare possibile. Dopotutto il limite della vita, quella morte che ti strappa dell'esistenza, è soltanto una mera illusione per loro? <Capisco che l'argomento possa non piacerti, per questo eviterò di chiedere altro per il momento.> Riesce, con il proprio tocco verbale a comprendere come vengano arpeggiate quelle corde, riconoscendo il loro timbro ed il loro valore. Sembra nascere un profondo rispetto in quel momento verso la persona opposta, iniziando a far nascondere, man mano che le orme si avventurino in quel sentiero, la presenza della figura maschile dapprima adocchiata. Non la elimina, non totalmente, ma bensì cosciente che l'altra sta rubando tutto, raggiungendo quasi il monopolio totale dell'attenzione maschile. <Se hai molto da dire, ti mancherebbe solo qualcuno che è pronto ad ascoltarti.> Esprimerebbe, mentre sembrerebbe tentare di accelerare appena il passo, per porsi a mezzo metro di vantaggio su di lei, per poter torcere il busto in sua direzione e lasciare che le braccia si spalancano, in due direzioni opposte, come se volesse rappresentare un'apertura totale a quell'idea. In quel modo, in quella postura, può ricevere quella cascata di luce argentata che lascerebbe brillare il proprio corpo, sotto l'influsso gentile della luna. <Ed io sono una persona che ha intenzione di sgranchirsi un poco.> Non solo nell'azione, ma anche di rientrare in quel campo, in quella realtà che lui assapora così tanto distante. Dunque proverebbe ad affiancarsi nuovamente verso la ragazza, alla stessa misera distanza di prima. Confidenziale, probabilmente. Ma è il richiamo, è il proprio nome sporcato da quella voce, ad attirare l'attenzione, permettendo alla domanda di infilzarsi duramente nel proprio ascolto, in quei padiglioni che divorano la domanda e la mandano ad analizzare, duramente. <Ren.> Abbandonerebbe anche il suffisso, in quel frangente, sentendosi quasi invaso, nella propria terra, nella propria personale sfera. <I tuoi occhi sembrano conoscere più di quanto la tua età possano permetterti.> Lui, per quanto si detiene giovane, possiederà sicuramente qualche anno in più, seppur abbia vari periodi bui, di cui ha pochi ricordi a cui aggrapparsi. <Hai espresso bene.> Soggiungerebbe, in un sussurro delicato. <La maggior parte di loro, ma non tutti.> Incalzerebbe. <Ho preferito estraniarmi dalla scacchiera, pur di non essere una semplice pedina.> Rivelerebbe, provando ad avvicinare ancora di più il corpo in sua direzione, come se volesse comporre una rivelazione personale e necessità di maggior intimità, non intesa quella sentimentale, ma come vicinanza di corpi, come un segreto da non esprimere all'esterno, da non concepire. <Son tornato da poco, ma non per abbracciare il sentiero di costoro.> Una debole sfumatura di sofferenza, nell'essere solo appena avvicinato a quelle entità che son caduti vittime del marionettista, quello esterno. <E tu che ruolo hai, in questa?> Terminerebbe, infine, provando a confluire oltre, come un serpente che si interseca dove non dovrebbe. Curiosità, misto a quel pizzico di follia, che l'ha sempre contraddistinto. [Chakra On][Equip.Scheda] [Li] E solo sentir pronunciare quel nome - ha un brivido che le scuote la carne. Come un pugno nello stomaco che non sa gestire ancora bene, parlar e pensare all'efebica figura di quel corvetto la smuove. Placche marittime al centro del petto. Eppure non mi appartiene, quel ricordo, non è un mio ricordo. E quella maschera di cera non tradisce questa consapevolezza garantendo solamente un cenno di diniego con il capo. < Non fraintendere. > Un fischio di voce, a voler troncar sul nascere un probabile pensiero dell'altro. E le orbite ruotano, calano proiettili sull'azzurrino pronto ad esser più frizzante di quanto non avessimo mai immaginato. Le dita -indice e medio- sfilano la sigaretta tra le labbra. No. Si. Sa già dove trovarlo, anche piuttosto bene. Ma com'è che questo commento potrebbe render il tutto ancora più fraintendibile? Le labbra schiuse, pronte ad emetter voce - lasciano uscire solo una coltre poco densa, troppo aspirata probabilmente. Ed allora diviene solamente un sospiro in bilico tra il frustrato ed il confuso. Scendi a patti con la realtà. Non puoi adorare un ricordo, stupida scema, non puoi ambire a provare qualcosa che non è tuo. Solo un involucro. Solo un prezioso cassonetto per contenere diamanti. Le ciglia hanno qualche palpito nel silenzio e mentre lui si fa vanto delle sue abilità, lei lo osserva impassibile. Immobile. < Tutti mi ascolteranno. > E non c'è possibilità di rifiuto, come se la sua voce potesse riflettersi su questo scarso plenilunio - come l'occhio del Juubi. Il muoversi dolce delle anche per qualche istante si ferma, nel bel mezzo di un viottolo privo di vita come tanti - di quelli che porterebbe non solo alla tendopoli, ma alla tenda che un tempo era di Kurona e Itsuki. Probabilmente lui sarà lì, se lo conosce bene, ad aspettarla. O aspettar un altro segno di vita da parte di quella parte d'amore che oramai, ha scelto di calar la scure sul filo fragile della vita. E' stata severa, inflessibile. Tutti sentiranno quello che ha da dire - e questo - non può in nessun modo esser un optional. Le labbra ritrovano ristoro nel passaggio fugace della lingua mentre vien il tuo turno di parlare, dopo aver udito abbastanza dal lato dell'altro. < Il mio ruolo. > Lo ripete, come se avesse bisogno di testar le parole nella sua stessa bocca. Sentirne il sapore acre, pesante - ma anche così maleficamente dolciastro. < Potrebbe non esser dissimile da quello della fanatica. Sono una fanatica di ciò che ritengo sia giusto. E dell'estrema conoscenza. Come se avessi una sete impossibile da soddisfare - non sapere. E saper che tutti gli altri ignorano. Mi rende /ingestibile/.> Il suo passo oramai arrestato si volta verso quella che dovrebbe esser stata la tenda di Kurona, un tempo, ma rimane fuori. Con la luce spenta. Brancola nel buio, illuminata solamente da un filo di luce pallida e fioca. Pomyu, a differenza sua, è il primo ad avvicinarsi all'ingresso della tenda. < Ad ogni modo. Avremo modo di parlarne. > O avrà lei modo di fidarsi di Koichi? Le ciglia basse, allungate, si issano appena mostrando quella corona ferrea. Pupilla dilatata addosso all'ignaro Goryo. Esser la bocca della verità, o esser le labbra serrate ? < A chi sei fedele, tu? A quale ideale? > [ck on][onmyoton on - Pomyu al suo fianco] [Pontile.] Il monito arriva, giungerebbe come una sentenza a ciel sereno, in quella richiesta che perde di consistenza in quanto tale ed assumerebbe un valore di ordine, un vago ammonimento per un ipotetico pensiero che, invero, nella mente del ragazzo non si è neanche composto. Questo non farebbe altro che portare una debole difficoltà di comprensione, cercare di applicare il motivo per cui è stata proferita quella richiesta. Ci penserebbe, ma non troverebbe, almeno non nell'immediato, una risposta certa al proprio dubbio, permettendosi di brancolare nel buio e non indagare ulteriormente. Lascerebbe che il moto intrapreso fino ad ora li abbia accompagnati per tutto il tempo, fin quando, quasi incoscienti dello spazio attraversato, possono ritrovarsi oramai prossimi alla tendopoli pronunciata precedentemente, molto prima di quanto si potesse attendere. Un velo di malinconia che si presenterebbe in quel volto, nell'apprendere tale notizia, nel percepire il sapore amaro del distacco, ma cercherebbe di non farlo pesare. Minimamente. Non comprenderebbe il tranello in cui l'altra è intanto imprigionata, legata ad un ricordo non proprio, lo stesso che distruggerebbe l'interno della ragazza, permettendosi la possibilità di ascoltarla però. La convinzione con cui s'adorna è notevole, poco da ridefinire, strappando un misero sorrisetto, appena pronunciato su quelle labbra, in quanto risulta complesso pensare, idealizzare quella persona così poco avvezza all'interloquire capace di farsi ascoltare da chiunque. <Sarò curioso di notare come tu ci riuscirai.> Un amabile spettatore, un qualcuno che potrebbe semplicemente pensare di accomodarsi su una adorata poltrona e lasciare che il flusso di eventi possa scivolare, scorrere come un torrente in piena, senza avere la minima intenzione di ostruire quel flusso, di rallentare la portata di quella motivazione avanzata dalla controparte. La osserverebbe, come se stesse osservando una cavia da laboratorio, su cui potrà gettare le basi del proprio studio, come un fenomeno nuovo a cui porre adeguato peso. Vedere le reazioni che comporterà con l'ambiente esterno, con quella persona dapprima citata. Ognuno ha un ruolo e quello dell'altra viene svelato, in maniera quasi dolce quanto frustante. Ne percepisce il peso, l'affanno dietro quel titolo, quel trono su cui l'altra vorrebbe sedersi. <Ah.> La tenda dell'altra viene raggiunta, in quanto il compagno è il primo ad avvicinarsi, per inoltrarsi all'interno, mentre l'intercedere femminile viene interrotto. <Ren.> Ne evoca il nome, con un sussurro, mentre proverebbe a porsi [dinanzi] all'opposta, a poco meno di [mezzo metro] e ripiegare nuovamente il busto in avanti, questa volta provando a soffermarsi sull'immobilità altrui, per poter avvicinare la propria testa pericolosamente al corpo altrui, ma non ambisce al cranio, quanto alla [spalla sinistra di lei] per potersi avvicinare all'orecchio corrispettivo: <Io cerco di ottenere la purezza di un atomo capace di creare e distruggere, voglio essere l'unico custode di una goccia idonea sia a soddisfare la sete e sia ad annegare il prossimo.> Sorriderebbe, candidamente. <Ma questo è solo una virgola, il resto a tempo debito.> Rialzerebbe il busto, se non gli fosse impedito, per provare poi a comporre un paio di passi indietro. <A domani.> Dovranno compiere una missione insieme. <Cerca di non morire stanotte.> Ignaro di quanto potrebbe accadere da lì a poco, d'altronde, ma nutre il piacer di incontrarla anche il giorno dopo, indipendentemente dalla missione. Attenderebbe le sue ultime note, di quello spartito interrotto, prima di scomparire nell'oscurità della notte, come un fantasma. [Chakra On][Equip.Scheda][Exit] [Li] E d'altrone come potrebbe capire un commendo partorito in modo imperativo dalla sua mente? Come potrebbe capire la necessità di sottolineare qualcosa di impalpabile e che probabilmente, non lo tocca neanche. La mancina libera da ogni cosa, si avvicina ai pressi delle labbra - coprendo la bocca con le falangi affusolate. Unghie smaltate rigorosamente di un vivido rosso, lucido; ora si sposta piano mentre lui parla, oramai giunto alla fine del nostro tragitto. Alla fine gli ha regalato la passeggiata chiesta, andando da un punto - ad un altro ben preciso. Le ciglia meste si sollevano qualche istante ad osservarlo. Non replica a quello che dice, non per arroganza - solo perchè non lo reputa necessario. E' un informazione riservata a progetti che stanno carburando, fiammifero dopo fiammifero, vanno issati e messi in piedi. Annuisce però, lasciando che questo s'avvicini. Oh, forse una donna vera in questi casi - saprebbe rispondere meglio. Anche /lei/ avrebbe saputo rispondere meglio al suo modo di fare. Eppure nella mente di Ren non c'è niente - niente se non le parole che dalla sua bocca, sfilano dentro il padiglione auricolare venendo accolte. Immobile. Le spalle si muovono impercettibilmente sotto i dettami del respiro - e la stoffa increspata della camicetta canta di stoffa che sfila sulla pelle, docilmente. Un soffio di vento spinge le ciocche rosse ad accarezzargli il viso, annegandolo nell'odore dell'epidermide della rossa. Le lentiggini, come costellazioni, sono a primo sguardo - la cosa che più di tutto troneggia sul viso pallido della kunoichi. < Ambire a troppo non ha mai fatto bene a nessuno. > Non che sia capace di giudicarlo, a dire il vero. Piuttosto sembra dire quello che pensa in modo candido. Puntare a troppo è utopico, l'estremo è utopico. Ci vuole il giusto bilanciamento tra troppo, e quel che è necessario. Le labbra s'increspano e per qualche attimo sembra voler sorridere ed invece -- invece no. E' solo una smorfia. Un arricciarsi del nasino e scombinarsi delle efelidi. Non morirà. Non domani. < Potremmo stare dalla stessa parte. Se solo tu fossi disposto a pensarci. > Alle sue parole. Alla pesantezza di quello che ha detto. Alla leggerezza, le falsità, l'ignoranza. Gli estremi. Ha volutamente acceso una miccia lasciandola accesa. Se mai scoppierà, ne è sicura, lo sentirà. Altrimenti, si sarà rivelata solo una miccia bagnata. I passi macinano nel buio. Un tip tap toe ligneo verso il terreno di quella tenda. E' buio. E solo. E può sentire il cuore di Icaro sgretolarsi lentamente. E' ora di addii, e lei - non è mai stata pronta per questo. [exit]