[I dimenticati]
Free
Giocata del 13/05/2020 dalle 16:41 alle 22:01 nella chat "Promontorio delle Vibrazioni"
[Strapiombo] Nonostante il cielo sia un manto grigio - dagli steli d'erba sale un odore di primavera totalmente fuori luogo. Come quando è festa e tu ti senti improvvisamente depresso. Sensazioni che vanno in contrasto e ti fanno sentire un pesce fuor d'acqua, hai presente? S'è nascosta a dire il vero, in tutti questi giorni tra le ragazze della fu' Icaro c'è un tacito fermento - quello che di solito portano i grandi cambiamenti che tutti stavamo aspettando. Un punto nero e sbiadito che se ne sta dislivellata dal manto erboso, su un masso a tre metri da terra - dove il vento sembra sfiorarla gentilmente. Non è assurda la scissione tra libertà e perdizione? Certo, una libertà vincolata. Una libertà che sa' di perdita. Di responsabilità. "Avanti Ren, non puoi evitarli per sempre. Non fare la ragazzina." Una voce rauca e pesante sfida il vento da una rientranza poco più bassa di lei, dove Pomyu rimane seduto - con un ginocchio alzato e l'altro a penzoloni - ed una boccetta in terracotta che puzza di sakè lasciato stagionare. Quello aromatizzato al ciliegio. Eppure, a quelle parole, Ren tiene la bocca chiusa. Esangue. Lasciando che si il vento a trascinar dentro di se il clangore dei kunai di battaglie passate. Vestita con un tunica nera che si lega con un giro dietro al collo - mostrando il costato bianco - spalle ricoperte da un cielo stellato di lentiggini chiarissime, a differenza di quelle che le adornano il viso niveo. Un nero pesto, in contrasto con l'obi bianco su cui c'è lo stemma distintivo dei Seimei. uno stemma comunque anonimo per questo mondo sporco d'antichità. L'unica cosa che la spinge a volgere lo sguardo altrove, in una sorta di perenne sonnolenza, è proprio la voce di quell'essere, puro riflesso della dannazione. Guarda verso di lui, ma senza inquadrarlo - piuttosto - rimane ferma. Le mani posate tra le cosce separate. I piedi che ciondolano a strapiombo sul vuoto. < Mi dai fastidio. > Le da' fastidio che qualcuno continui a parlarle nell'orecchio mentre lei sta cercando di pensare. Di raccogliersi. Ed è come se ogni nervo mimico fosse bruciato e spento, come una bambola color corallo, lasciando che sia una risposta piatta ed atona. Senza sentimento. Senza pensieri. Il soldato di terracotta. Ed ha un aspetto fragile, dalle spalle minute e dal pallore che si staglia sotto le nubi - con occhi di piombo fuso. Come lame. [ck on | Kindred III - Pomyu][se ck > 65 si può notare la trasparenza di Pomyu] [Bosco - Promontorio] Oto, per lui, è ancora chiusa. Da giorni oramai vaga per quelle terre, forse in cerca di lei. L’idea di essere lasciato in disparte dalla Padrona è sempre più insistente, invasiva. In più, l’incontro con Itsuki e il confronto sfiorato con Kimi. L’accenno ad Eiji, suo Sensei.. Di certo, ha da pensare. E proprio lì, dove il mare cullerebbe ogni suo pensiero, medita. Ancora una volta, quasi nascosto dall’ombra della vegetazione del Bosco della Morte. L’Armatura a proteggere il fragile, ma comunque tonico, corpicino dell’Uchiha. Al di sotto di essa, un completo nero logoro, macchiato da residui di fango e fogliame vario. La schiena è poggiata completamente ad un tronco, lasciando quasi che sia lo stesso a sorreggerlo. Le leve inferiori si incrociano, lasciando che i pesanti calzari ninja neri, chiusi in punta, aderiscano perfettamente al suolo umidiccio. Le mani si nascondono nelle tasche. Una rapida occhiata e sembrerebbe quasi rilassato. Ma no. Le occhiaie, onnipresenti, sono più marcate. I Kami solo sanno quante ore di sonno avrebbe perso in questi giorni. Gli occhi, diversi tra loro nel colore, sono arrossati, lucidi per la stanchezza. Appena socchiusi, si perdono dinnanzi a lui, in quel confine tra bosco e promontorio. Le chiome della rada vegetazione filtrano i deboli fasci di luce. E proprio quella penombra quasi lo culla in un’atarassia. I suoni che lo circondano a malapena lo raggiungono, ovattati dalla stanchezza e dalla mente ora non propriamente presente. Le palpebre calano. Le labbra si schiudono; un debole sospiro sfugge a quel silenzio. Il capo cede, il mento si poggia sul petto. Il ciondolare del crine corvino ne copre completamente i tratti pallidi ed affilati per qualche secondo. E’ vittima del sonno. Forse finalmente qualche attimo pace. Forse, riuscirebbe a concedersi ore di prezioso riposo. Ma i sensi, deviati forse dall’essere sempre in allerta, non gli rendono la vita facile. Alla sua destra, verso il Promontorio a qualche decina di metri, una voce lo sveglia. Le iridi bicrome nuovamente a mostrarsi; lente e tagliate dalle palpebre calate a metà si muovono sui due. La figura di lei è familiare. Una leggera spinta a staccare la schiena dall’albero, e ad accompagnare il suo iniziar ad avvicinarsi. Le placche in terracotta rinforzata ne accompagnano i movimenti, quasi ne annunciassero il suo arrivo. [ ck on ] [Strapiombo] E' dannatamente difficile cambiare vita quando non c'è un passato da ricordare. E nonostante si sforzi ad immaginar una vita senza vincoli - rimane lì - riversa con lo sguardo nel vuoto. Ciocche di corallo che le frustano il mento, lisce, si muovono come fiamme in cerca d'ossigeno a destra e a sinistra - fino a schiaffeggiarle il collo pigramente tirato in avanti, verso la cresta degli alberi. Nessuno, conosce questo posto. Nessuno che non vorrebbe incontrare - ad ogni modo. Nessuno che ora non sia blindato all'interno della città sotterranea. E lo specchio ora, si guarda attorno con l'ipotesi di come dovrebbe essere tornare a casa. E' giusto che sia tutto così desolato? <...> Zitta, in tratti scolpiti nel ghiaccio che non vantano ne' l'esser bella, ne l'esser brutta. E' come avere un foglio bianco, idilliaco, senza inclinazioni in nessuna direzione. Pomyu invece, dall'alto della sua testa da orso cucita sul collo - risulta esser solo raccapricciante. E con un umore frizzante che sembrerebbe lasciarla indenne da rabbia e ilarità. "Hai il ciclo? Lo sai che mi da' fastidio se mi tratti male senza pretesti!" Piagniucola lo stangone, lasciando andare un goccio di sakè sull'erba, poco più sotto. E di sicuro Ekazu, spettro trascinato per le terre, non è nei loro pensieri o nelle loro visioni - almeno per quest'istante. Dove lei, lasciando che gli abiti si stropiccino al vento, sembra ignorarlo del tutto. Sacca di carne vuota. "Abbiamo visite..." E' Pomyu a vedere Ekazu, prima ancora che lei possa smettere di fissare il vuoto su un Oto spenta, vuota e nascosta. Solo allora il mento si scosta, le palpebre calate a metà dell'iride artica cade addosso a quello spettro che le viene in contro. Placche che si smuovono. Così come i suoi capelli ed il tessuto di quella sorta di divisa funebre. <...> Non fa' che guardarlo avvicinarsi, nell'idea che voglia dirle qualcosa. O voglia cercare /lei/ che sicuramente - avrebbe più cose da dirgli. Cosa dovrebbe fare, esattamente? Muove solamente il bacino, allargando i tabi lignei per aderire contro il terreno. Un flettersi molle della schiena, che va incontro alla pavimentazione per non accusare della rigidità delle articolazioni. Un salto che sposta la polvere, sì, ma senza creare voragini nel terreno. Quando si rialza non ha un capello fuori posto, ne parole nella bocca per quello spettro -- però gli va' in contro. zitta. E' forse questo il segno? [ck on | Kindred III - Pomyu][se ck > 65 si può notare la trasparenza di Pomyu] [Promontorio] Partiamo da lui. Quello che per primo si avvede del suo avvicinarsi. Una rapida occhiata da sotto il ciondolare delle ciocche nere a squadrarlo. E’ imponente, e decisamente inquietante. La maschera in volto è ciò che, ovviamente, catturerebbe di più la sua attenzione. Ma solo fino a quando la semitrasparenza di lui si specchia nell’Uchiha. La destra, leggera ma lenta, con pollice e indice a strofinarsi entrambi gli occhi.. Sarà la stanchezza, si. Ma no, è ancora trasparente. Lei lo raggiunge al suolo. Il leggero scalpiccio di lei a momentaneamente riportare le iridi sulla Rossa. I passi si arrestano. < io so chi sei > le labbra si schiudono appena, quasi bisbigliando quelle prime parole. Con il busto leggermente piegato in avanti a tentar di metterla bene a fuoco, ancora forse un po’ stonato dalla botta di sonno. Gli occhietti a serrarsi appena. Per pochissimo l’aveva incrociata tempo addietro, nel suo ultimo incontro con Kurona. Le sue ultime parole le ricorda bene. < eri sulla spiaggia quella sera o sbaglio.. > lo sguardo che rapidamente ora si sposta sull’altro <tu no però.. > il nasino a tirare su. Il profumo di sakè aromatizzato ad abbracciarlo. Le labbra, impallidite, forse ancora allappate, ad inumidirsi con una rapida passata della lingua. E’ un ubriacone, probabilmente. E quell’odore così delicato, ma per lui altrettanto pungente, quasi lo distrae. Dopo quei secondi dedicatigli, tornerebbe su di lei. < .. Ten giusto > domanda, seppur il tono di voce risulta completamente piatto, privo di ogni sfumatura minimamente riconducibile a qualcosa di vivo. A quanto pare, però, non ricorda benissimo ogni singolo particolare. Il nome di lei, un dettaglio. < .. ci osservavi da lontano, mentre ora sei tu che ti avvicini .. > il busto a riportarti ora dritto, attendendo le parole della giovane. Intanto, però, l’attenzione si sposta su Pomyo. Dal basso dei loro quasi 20 cm di differenza in altezza, alza appena il mento. < perché sei trasparente > chiede, secco. [ chk: on ] [Strapiombo] Solo il fruscio dei vestiti si fa' sentire - e per un attimo, il fischio di un vento che minaccia pioggia le stropiccia il naso costellato da lentiggini color caramello. Una figura esile. Probabilmente la meno minacciosa in questo mondo. E forse ora ci si aspetterebbe di vederla in frantumi, a piangere come una fontana - ed invece non spiccica una parola ne' tanto meno un emozione che sia una. Come se le avessero strappato l'anima ed avessero lasciato quel che ne rimaneva lì. Ci vogliono pochi istanti prima che Pomyu capisca che deve tenere la bocca chiusa, dalla sua insenatura - sebbene non sia un tipo che regge la tensione trasformandola in poco tempo in una smorfia di pura noia - quasi sufficenza - devolvendosi alla sua boccetta di terracotta e girandosi dall'altra parte premendo tutto il suo peso su' una natica sola. Ed in vece gambe di Ren si muovono con la leggerezza di un airone, lunghe ed affusolate, nascoste dietro la stoffa dell'abito che finisce per stringersi alle caviglie dove gli zori lasciano solamente l'ombra del loro passaggio schiacciando gli steli d'erba. E le mani, dalle unghie smaltate d'un vivido rosso sangue, si muovono con la pesantezza di chi preferisce rimanere immobile. Come un soldato. Si scansano oltre i fianchi, cingendo una il polso dell'altra dietro l'osso sacro. Ed allora, quando il passo va ad arrestarsi, fletterebbe debolmente la schiena verso di lui in un cenno di saluto tipicamente orientale. Un diligente mezz'inchino che si rivolge, di solito, a qualcuno che è di granlunga tuo superiore. O anche solo più grande. "Che cera di merda che hai, amico mio." E' Pomyu a spezzare il silenzio, mentre lei rimane ferma e zitta. Forse deve ripescarlo dalle sue memorie - memorie che vorrebbe dolcemente affogare. E' lui ad agire, invece. Forse per protettività, forse perchè Ekazu ha capito che è decisamente morto. "C'ero, non ti ricordi? Ti ho offerto da bere dopo quel bacio da p a u r a con Hanabutsuji-sama." Ghigna, mentre gli da la schiena. Un colosso di bende nere che si muove in modo frenetico, nevrotico. E allora lo guarda da sopra la spalla, un testone metà nero e metà bianco, qualcosa che un tempo probabilmente si limitava ad esser un costume di pessimo gusto e che invece oggi si ritrova ad esser, praticamente, la sua faccia. Si discosta dall'insenatura nella roccia, mentre il sole danza tra le nubi creando una luce pallida - fastidiosa per chi come Ren porta gli occhiali. Non sorride, l'atarassica, piuttosto lascia che sia Pomyu ad intrattenerlo mentre lei lo osserva. Non lo conosce. Sa' solo esserci un ponte - tra loro. Un ponte intangibile. Lo spettro si muove al fianco dell'esile Seimei, posandole una mano sulla spalla. Adombrandola completamente. Quasi offeso da quell'essere trasparente. "Io?" La voce confusa al di la' del testone, mentre si tasta il petto. "Tu sei pazzo." Come un insulto, come quando vedi qualcosa e dici che è qualcos'altro. Indignato quasi. E si allontana, con il sakè incastrato tra le mani - verso gli alberi, tenendo la distanza massima. "Completamente fottuto di testa fratello. Quello è drogato! Se tocchi la mia bambina ti spacco!" Un crescendo nevrotico di urla senza senso, che anche dopo la cresta ombrosa continua in borbottii tipo. "Tossici ovunque!" oppure "Che tipo.." Inesorabilmente una scia d'imbarazzo si colora tra le lentiggini sparse e fitte, obbligandola a distogliere lo sguardo e puntarlo verso il lato opposto. Come se Ren volesse totalmente ignorare cosa l'euforia di Pomyu possa fare. O meno. < Ren... > Ricalca il suo nome con un filo di voce, facendo come se nulla fosse accaduto. Le labbra che si muovono a stento, color dei ciliegi, rimangono pigramente schiuse. < Sembrava avreste avuto bisogno di me ... > La giustifica le sfila dalle labbra come un filo di seta, voluttuoso. Sono venuta perchè sembra che volevi me. Però, quell'imbarazzo, permane come una carezza non propriamente dovuta. E le ciocche arancio vivido si muovono lungo il viso, si scostano, lo nascondono. E tace per qualche attimo, lasciando che Pomyu lanci da dietro un tronco qualche occhiata inopportuna. Di chi vuole tenere la situazione sotto controllo. < Mi dispiace. > In ogni caso. < Kurona-sama deve esser stata inopportuna con voi. Sembra vi siate lasciati male. Quella sera era già di pessimo umore. Perdonatemi. > [ck on | Kindred III - Pomyu][se ck > 65 si può notare la trasparenza di Pomyu] [Promontorio] E a quanto pare, tra i due, il terzo, il bestione, prenderebbe in mano le chiavi della conversazione. Mentre lei, educata e composta, si limiterebbe solamente a chinarsi a mezzobusto, in un elegante salutarlo.. L’altro parte. E se solo ci trovassimo in un anime, la tipica gocciolina comica e sorpresa apparirebbe sul volto dell’Uchiha. Ma in quella situazione, seppur -non- visibilmente sopreso, rimane impassibile. Le labbra si schiudono, piatte. Ma nessuna parola proferita. Segue i pesanti ed ingombranti movimenti di lui. La mole è quella che è. In più, la testa del pupazzo cucita su di se. Probabile che stia sognando. Non è lì. L’ombra di lui di fronte, ad oscurarlo quasi. Ancora parla, sbraita. Ekazu è completamente passivo. Non si muove. < non mi ricordo > .. < ricordo del bacio si, ma tu non c’eri.. > aggiunge, sempre composto e tremendamente calmo. Un botta e risposta che apparirebbe dannatamente comico. Lui, iperattivo, diretto, volgare. Coinvolgente nella sua mole e possanza fisica. L’Uchiha che, minuto ed immobile, ribatte in una puntualità volutamente esagerata. Pomyo parla, lui risponde. Una montagna contro una formica. In effetti, è strano. Non ha mai visto nulla del genere.. Evidentemente non sta sognando. Certo che no. Sarà un illusione? Le volte in cui è stato vittima di un illusione si contano sulle dita di una mano. Ma non conosce lei, tantomeno l’energumeno. Allora le mani, lentamente, quasi annoiate si porterebbero all’altezza del petto. Il chakra ribolle. Le dita ad intrecciarsi nel sigillo della capra < kai > un’ondata di chakra verrebbe spinta all’esterno cercando dunque di interferire con un eventuale Genjutsu.. ma nulla. E’ ancora lì. E con le mani di Ekazu ancora nel sigillo, lui si allontana. Ovviamente, ci rimane. Si prende qualche secondo. Ora fissa il vuoto. Inerme. Pomyo ad aumentare le distanze. Le iridi a seguirne per istanti i movimenti, quasi volesse accertarsi di tutto. < Ren > e come nulla fosse successo, le braccia si portano lungo i fianchi, rilassate. < ecco come si chiamava allora.. Kurona.. > borbotta, tra sé e sé. < strano che la pensi cosi.. eravamo tranquillissimi.. > punta le iridi piombate di lei. < sai qualcosa di me > vuole sapere. Sa del marchio? Di Kunimitsu? [ ch: on ] [Strapiombo] La tremenda escalation di Pomyu diviene un brusio di sottofondo, un logoro borbottare che lascia lo spazio che deve a Ren ed Ekazu. Ed alle scuse dovute ad una persona che per lei, per ora, non è nient'altro che un punto di domanda. Ed in effetti ne ha da dispiacersi Ren in questo momento, per Kurona e quello che gli ha fatto - e che sia giusto o ingiusto probabilmente non è dato saperlo a Ren che al suo posto, probabilmente, se ne sarebbe fregata totalmente. Come un dipinto ad aquerelli senza contorni definiti, sposterebbe le mani dalla schiena alle tasche sotto l'obi- sfilando un rotolino di tabacco chiuso in una carta semi-trasparente. Pone il filtro tra le labbra, muovendo gli zori di qualche millimetro per tener una distanza necessaria dal suo interlocutore. <Di te?> Il ricalcare della voce sulla sua vien accompagnata da uno scostarsi del capo in direzione della spalla, un movimento fluido - dove i capelli si sfiorano con la spalla nuda. Un promontorio dolce, forse troppo fragile per esser adeguato e giunonico - se non fosse per i fianchi, decorati da creste lasciate in mostra. Come neve. Si muove sul posto, impercettibilmente, mentre i filamenti della mente vanno ricucendo un immagine o un altra. Una verità, o una bugia? Le ciglia di zenzero s'abbassano, buttano ombra sull'opalescenza degli occhi che rimane, volendo o meno, sul viso di Ekazu. <Perchè? Nascondi qualcosa?> Decide di non parlare, nonostante il rilascio illusorio - di non spillare informazioni sui Seimei perchè effettivamente, sarebbe un discorso troppo lungo e complicato. Un discorso che necessita di sederci e iniziare a gettar idee di vita e scelte filosofiche. E allora infiamma la punta di quella sigaretta, tirando un fiato che sfigola nel silenzio momentaneamente mantenuto dal suo egoismo sul soppesare o meno le nozioni cedute a terzi. <Ti chiami Ekazu. E hai anche tu un padrone.> Il sussurro che ne viene è mansueto, come se centellinasse cosa - o meno - dovrebbe dire in questo momento. Il punto è che sa' dire solo la verità, incondizionata, a meno di forze maggiori. Getta fumo taurino dalle narici, risalendo con le iridi nelle bicrome. Ci si perde per un attimo, come se potesse affogare in una scissione tra fuoco e acqua. Quanta incoerenza in quest'uomo. Quanto errore. < Mi disse di cercarti. E di rimanere con te. > Femminile, sebbene acerba risulta appena rauca - non propriamente gentile. Forse ha un tono privo di personalità. Sciapo. E con quel verbare le ginocchia si volgono verso di lui, macinando un passo. Un misero passo. < Ma a quanto pare, mi hai trovata per prima. Anche se-- > Si ferma - sfila lo sguardo di lato, rifuggendo il contatto visivo. Perennemente. < Sono sicura sia stato un caso. > Come se volesse sottolineare il suo non voler esser sfrontata, il suo esser certa - di non esser cercata. Ne ambita. Non da un uomo che di sicuro, ha di meglio a cui pensare. [ck on | Kindred III - Pomyu][se ck > 65 si può notare la trasparenza di Pomyu] [Promontorio] Avrebbe da nascondere, certo. Un passato che forse, in fin dei conti, gli ha più tolto che dato. Il profumo del sakè di lui è rimpiazzato dall’odore acre del tabacco in combustione. Immobile ne osserva i movimenti. Eleganti. Ricordano, in effetti, quelli di Kurona. Anche la situazione, in apparenza. Ma Ren e l’altra sono completamente diverse. In quella forse timidezza, forse solamente senso di rispetto, subito il contrasto tra le due apparirebbe sempre più nitido. Non risponde alla domanda di lei. Preferisce non mostrarsi. Non ancora. Il bastoncino di tabacco arde, consumandosi in un fumo grigio. I palmi delle mani lentamente si portano sotto le spalline dell’armatura. La conca tra pollice ed indice a combaciare perfettamente con una rientranza apparentemente designata a tale scopo. Una leggera pressione dal basso verso l’alto, e l’armatura andrebbe a sganciarsi. Il completo nero, ora visibile in due spezzati dello stesso colore, a mostrarsi completamente. La maglia nera, in quel movimento, a sollevarsi, mostrando in un palese contrasto, parte del basso addome del giovane. Le braccia a distendersi verso l’alto, con l’armatura che da sopra, verrebbe fatta cascare in un tonfo sordo a terra, qualche decina di centimetri alla sua destra. Le spalle ruotano, quasi a voler risvegliare i muscoli fino ad all’ora intorpiditi. < padrona > sottolinea senza tuttavia interromperla in modo aggressivo < tu cosa vuoi fare > domanda, nuovamente senza lasciar intendere alcuna intonazione. Le manine, come prima, tornano a nascondersi nelle tasche dei pantaloni neri. < è stato un caso > conferma le sue parole. Le leve inferiori, poco dopo, quasi cedono volontariamente. Il busto accompagna il tutto, lasciando dunque che il sedere impatti il suolo. Le stesse, una volta solido il contatto col suolo, si incrocerebbero nella tipica seduta indiana ( o sua. ) Dal basso verso l’alto, la punterebbe. Il visino a sollevarsi appena così da ridurre il dislivello tra i due. Glielo disse. Arriverà il momento in cui l’abbandonerà. < mi disse che stare insieme.. > fraintendibile, ma non ci pensa. < avrebbe fatto bene ad entrambi > [chk: on ] [Strapiombo] "Fraintendibile" - probabilmente è la parola più giusta al momento, ma dal suo canto - sembra non poterci esser niente di fraintendibile. O di malizioso. La verità è che il portamento di Kurona le è stato imposto a suon di bacchettate sui polpacci. La disciplina maiko non è differente da quella di un samurai. Eppure Ren non si porta dietro la grande bellezza di Kurona. L'amore per l'arte. L'amore assoluto. Piuttosto sembra disciplinata, questo è certo. Ed il portamento delicato è frutto del mallearsi d'argilla sotto i palmi di qualcuno di più grande. Più forte di lei. I quesiti si susseguono veloci, come furie - e la confusione, man mano, diviene da lieve a più marcata. Le sopracciglia fini lo inseguono, come se questo fosse messaggero di un concetto che non riesce proprio a comprendere. E le mani si sciolgono dai loro affari, abbassando il mento verso di lui studiando la nuova posizione presa. Studiando le mosse. Quel sganciarsi dell'armatura pesante che muore di lato - con un tonfo pesante e netto. Che Kurona abbia desiderato un intrecciarsi di filamenti del destino? Che Ekazu, al di la' della sua scorza, abbia un nucleo pronto a traboccare? Per lunghi istanti rimane in silenzio. Confusa. E le ciocche aranciate che le pendono sul viso si scostano - carezzano le spalle nude che solamente adesso accusano del freddo serale. E poi, esattamente come lui, si lascia cadere a terra. Adombrati dalla presenza del masso sopra le loro teste che si allunga come un palmo, abbracciandoli e coprendo le teste esposte da occhi indiscreti. Solo quando Ekazu si toglie l'armatura, dall'ombra degli alberi esce un ringhio: "RRHH" Pomyu osserva e commenta, sbuffa, pronto ad intervenire lì dove potrebbe sembrare necessario. Probabilmente molto più malizioso di lei che si siede, esattamente di fronte a lui, incrociando le gambe affusolate e rigirando i piedi sulle cosce. La classica posizione zen. < E tu? > La voce rauca spezza finalmente il silenzio, indagando con un fioco bagliore d'interesse. Tra quei filamenti color corallo gli occhi vagano sul viso del corvino, ricercano - forse meno abile di Kurona - i pensieri non detti. E' necessario esser sempre un passo avanti agli altri. Però lei non ci riesce, e per quanto lo guardi, sembra sempre brancolare nel buio. Sfila la sigaretta dalle labbra, aggiustando la voce che prima risultava impacciata. Che la madre, l'abbia voluta lasciare con qualcuno? Però, Ekazu, non sembra la persona più amorevole di queste terre? Le domande incorrono, inevitabilmente - e lei muta la sua espressione in un riversarsi di labbra verso il basso. Gonfie. Pallide. Esalano un sospiro pigramente frustrato. < E tu rimarresti al mio fianco? > La domanda sorge spontanea: Tu cosa ne pensi? Vuoi rimanere con me? Gli occhi che prima vagavano nell'ombra della stoffa dei pantaloni, si rialzano senza poterlo veramente affrontare. Senza incontrare i suoi. [ck on | Kindred III - Pomyu][se ck > 65 si può notare la trasparenza di Pomyu] [Promontorio] Si siede di fronte a lui. Dalle frasche, un ruggito. Un secondo, lo sguardo in direzione di Pomyo. Ma puo’ star tranquillo. In questi giorni, e in generale da qualche tempo a questa parte, difficilmente è stato così tranquillo. Le intenzioni di far male, o anche solo minacciare l’altra, neanche esistono. La segue con gli occhi in quei suoi movimenti. Il musino dunque si riporta parallelo al suolo, lasciando che quello scambio di sguardi ora molto più diretto dica il possibile. Entrambe le mani afferrano la suola dei calzari ninja, le punte in particolare. La schiena ad ingobbirsi appena. E’ una situazione surreale. C’è realmente.. pace? Vi è silenzio. Lui realmente sembra interessato nelle parole di lei. Ed infatti, la lascerebbe parlare. Ignora l’imbarazzo della sua prima domanda. Puo’ comprenderla. Fino a qualche attimo fa, erano due completi estranei. Lo sono tutt’ora, ma forse un po’ meno. E lei tenta, non riuscendoci ancora probabilmente, a scorgere ciò che vi è dietro la Maschera. Non ha idea, non puo’ ancora sapere. Negli occhi piombati, solamente un viso tendente al cadaverico vi si specchia. Il solo muovere delle pupille darebbe segni di vita. < solo se l’orsacchiotto smette di bere quella cosa.. > aggiunge, mentre inizierebbe lentamente, quasi in modo impercettibile, a dondolare con il busto. Le mani tirano verso di se le punte dei piedi, il busto sporto in avanti a darsi la spinta ed ecco che il gioco è fatto. Ingobbito, dondola. Quasi gioca. La guardia è bassa. Non sa perché. Il solo fatto che l’armatura è lì, morta a terra, e non a proteggere forse il suo più vistoso punto debole la dice lunga. Ci prova. Le parole di Kurona si sono rivelate, FORSE. E sottolineamo FORSE veritiere nei confronti di Kunimitsu.. Magari avrà ragione anche su questo no? Lui ci prova. Non sembra una minaccia. Hanno in comune l’essere ancora sotto il controllo di qualcuno che non c’è più.. Che sia la volta buona, forse? [ ck: on ] [Strapiombo] Lei dal canto suo, sebbene non riesca a riflettersi nei suoi occhi, si avvicina. Metaforicamente parlando. E sebbene Ekazu s'astenga dal rispondere veramente alle sue parole, sembra esserci un intesa silenziosa. Un appiattirsi di montagne russe, o forse è solamente quello che pensiamo noi? Le gambe si muovono piano, si sistemano - come se dovesse trovar una comodità praticamente impossibile in una posizione come quella assunta. Piuttosto guarda lui ed i suoi silenzi. Quante cose dici, rimanendo zitto? Trova più curiosità in una sagoma che sembra volersi spogliare - ma lo fa' solamente in parte. E allora lo sguardo mansueto, come quello di un gatto, si fa' lievemente più sottile attendendo che questo si dondoli ed emetta la parola necessaria. Chi non ha ricevuto amore è difficile a riceverne ancora - qualcosa che direbbe lei, forse, in una situazione come questa. Le labbra premute, nascoste dietro al palmo della mano, si tendono dolcemente in un sorriso quando questo si dondola. Privo di preoccupazioni. Privo d'attacchi esterni. E' questo che cerchi, Uchiha? La tua oasi dove poter respirare? Il capo di Ren si abbassa, mentre tira l'ennesimo fiato di sigaretta. <Pomyu è un alcolizzato.> Come se fosse una cosa totalmente normale, la risposta include la totale impossibilità nel negargli almeno quello. Insomma, già è morto di una morte ridicola - se poi lo astieni dal bere il nostro Sen Miyazaki tenterà il suicidio in modo molto unlucky, essendo già morto. Quelle uniche parole vibrano nell'aria, sciogliendo la presa delle gambe e allungandole appena verso i fianchi di lui, senza per questo toccarlo. Piuttosto arcua appena la schiena, occultando la minima scollatura con la mancina - abbassandosi appena verso il dondolare delle sue ginocchia. Ci poserebbe la testa sopra, dispettosa. E tentando di accostar la tempia alle sue ginocchia fermando il suo dondolare, chiudrebbe quegli opali densi, ricoprendolo di ciocche ramate. Un animo d'indole pacata che nasconde, come un vaso di pandora, il ribollire di una crociata impossibile. Dalla vita breve. Che Kurona abbia avuto ragione, sulla necessità uno dell'altro? Forse. O forse hanno bisogno entrambi di qualcuno di diametricalmente opposto? < Ekazu... > Dal silenzio, sussurra fuori il suo nome. Lasciando che la sera piombi addosso ad entrambi portando gelo e grilli. E una luna piena così maestosa, da illuminare entrambi. < Che tipo di persona sei? > Sempre che sia una persona, e non solo un clone. Un copia incolla errato di geni, che hanno lasciato uscire la figura distorta dell'Utopia Uchiha. Le ciglia si sollevano, senza guardarlo, piuttosto - sembra voler solo fermare il suo dondolare repentino. Però rimarrebbe lì, tranquilla. Accettando quel muto unirsi di forze per poter trovare l'indipendenza, che ad entrambi manca. < Non sembri come me. Devi essere una bella persona. > ... < Non sei stanco, di essere solo? > [ck on | Kindred III - Pomyu][se ck > 65 si può notare la trasparenza di Pomyu] [Promontorio] In effetti, è strano. Vederli così ‘’vicini’’ dopo così poco tempo, è strano. Anche solo vedere l’Uchiha lasciarsi andare di fronte a qualcuno che non sia Hanabi, è strano. Non è normale. Ma non sembra rendersene conto. Continua a dondolare dolcemente. Il busto rilassato va avanti e indietro in quell’autocullarsi. Il crine corvino ad alternarsi sullo sfondo pallido del viso. Gli occhietti che, col passare dei secondi, si chiudono. Le iridi bicrome si nascondono. Le palpebre calano. E intanto continua. < uh beh.. > sussurra appena, mentre in quel rilassarsi anche la testolina piano piano punterebbe verso il basso, col viso che inevitabilmente verrebbe coperto dalle ciocche nere <.. peccato.. > ora quasi sbiascica, ancora cullato. Dal nasino, leggeri ed impercettibili sbuffetti. < clone 404.. > le dita che afferrano le punte dei calzari a stringere poco poco più forte < io non ti conosco Ren.. e tu non conosci me.. > aggiunge, ancora piatto nel dire. < no.. ci si abitua sai.. > le parole adesso quasi sembrano trascinate. La bocca, in quel nascondersi della testolina in se stesso, quasi renderebbe incomprensibile il parlato < tu invece.. > domanda. Gli occhietti a riaprirsi. Arrossiti, lucidi. E’ stanco, stanchissimo. La tensione, sparita improvvisamente, lo ha praticamente distrutto. Si sente al.. sicuro? Da sotto il crine, lo sguardo torna a puntarsi su di lei. < tu.. > qualche secondo in cui le labbra sbuffano appena, stanche < tu non riesci a stare da sola vero.. si vede.. > le bicrome nuovamente a nascondersi, la testolina che tornerebbe a nascondersi nel petto < .. ti ha lasciato in buone mani ..> e per ora nulla più direbbe. Rimane lì, a qualche attimo dal collasso totale. [Strapiombo] In un certo qual senso, per qualche istante, si perde nelle parole che sta dicendo. E in quello che in precedenza ha detto; come può sapere che andrà tutto bene, d'ora in poi? Gli occhi nascosti che non sanno incontrare quelli di chi le sta davanti, per un attimo, giocano a nascondino con la luna e con l'onore, cercando i raggi di luce tra le nuvole che l'ammantano - la ricoprono. Il mento issato, la gola esposta. Sentirsi al sicuro con qualcuno, di questi tempi, è qualcosa che non riesce veramente a riconoscere come un sentimento suo. Come se esser indifesi, completamente, fosse una prassi alla quale è dovuta andar incontro per forza di cose. E le labbra si schiudono, lasciano andare l'ultimo tiro di sigaretta per poi lasciarla esplodere contro il profilo della parete rocciosa in una miriade di scintille. Ed il fiato rumoroso esce dalle labbra strette, some un soffio di drago. Denso. Il petto che si abbassa e, improvvisamente, lo accoglie tra le plumbee ascoltandone le parole. Un clone? E cosa vorrebbe dire? Ignorare gli avvenimenti nel mondo è forse una delle pochissime cose in grado d'infastidirla. Però non è capace di rispondergli. Un clone? Solo un clone? Svia lo sguardo dal suo cullarsi, che visione misera e triste questa. Ecco quì, il più drammaturgo degli spettacolo. I dimenticati. Le pedine usate e messe da parte? O forse ambo fautori di un destino prossimo di grandezza? Cosa ci spetta, Ekazu? E poi le sue parole, che spezzano il respiro di Ren. Non sai rimanere sola, che stupida. <...> Dalle labbra schiuse non esce niente e esattamente, non ha nemmeno idea di come si dovrebbe sentire a riguardo. La verità, è che non è mai stata sola, veramente. Da Pomyu, a Kurona. Dal signore a /lui/. E' sempre stata mezzo, e lei nell'esser mezzo, ha sempre beato l'impossibilità di rimaner sola con i propri pensieri. E' come se avesse costruito un castello, nella sua mente, nella necessità di proteggersi da se stessa. La bocca, pronta a parlare, decide di rimanere zitta. Dita fredde e sole che s'intrecciano dietro i lombi, abbassando appena la schiena per posarsi sul pavimento. < O forse la verità...> L'incalzare basso e rauco della voce che carezza le orecchie dell'assonnato. Lo guarda ora, che è vulnerabile. E ad ogni modo, sebbene sia accanto a lei, appare così solo da spezzarle il cuore. In buone mani, Ekazu? < E' che siamo stati lasciati a noi stessi. > Forse fa' male ricordare che siamo i personaggi di sfondo di queste storie? Non siamo mai stati protagonisti. Ma va' bene così, suppongo. Anche noi abbiamo un ruolo. Palpebre che si abbassano - pigramente - fino a cadere con la schiena tra gli steli d'erba. < Ma assieme. > Un discorso complicato, di sicuro, un discorso che non si comprenderebbe facilmente senza provarlo sulla pelle. Le ciocche color corallo attorno al capo a disegnare una raggiera disordinata. Ed il viso niveo ricoperto da lentiggini ora si distende, mansueto. Chiude gli occhi, ingoiando l'iride artica al di la del sipario. Mostra il triangolo, sulla palpebra destra - eguale a quello di Pomyu, sebbene sia ritto e non riversato all'ingiù. E ci vuole un attimo, prima che il respiro - diventi leggero. Delicato. Inerme. [same tag][SE--END]