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{ Il padrone?}

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con Ekazu, Kurona

18:17 Kurona:
  [Scogliera] L'umido della nebbia. L'odore della salsedine. I piedi nudi che sfilano sul profilo della scogliera facendo scivolar le punte lì dove gli scogli formano piattaforme e rialzi, ricreando uno sfilar di ginocchia dal profilo del quipao di seta. Strano come i giorni si scandiscano lentamente lì dove il gran vociare di eventi scema lasciando solamente dei sussurri. Un impalpabile mancanza. I capelli bianchi raccolti in una coda sono come schiuma, scivolano - dondolando pigramente - a ridosso della schiena. E' come leggera, improvvisamente ed in modo inesorabile, tanto da muoversi su quel precipizio, come se avesse una considerazione dì se tanto alta, da render impossibile una scivolata. O tanto bassa, da importargliene ben poco. Gli occhi, fiammelle spente, si sporgono sul profilo dell'isola della nebbia, disegnando astratti confini con il resto del mondo. Morirà quì? Farà in tempo a tornare a casa? Sembra scivolarle addosso come olio, mentre allunga le braccia verso l'esterno del corpo per mantenere l'equilibrio - un perfetto baricento che le volge a spostarsi verso il punto proficuo per rimanere impiedi. Il dolore di spigoli, sassolini, sabbia. Diviene uno sfondo a cui già si è abituata da parecchio tempo - dove il corpo si muove come petali in balia del vento che ora, solo adesso, la spinge a spostarsi appena più in la, disegnando una fune sul precipizio che da' sul mare. Un impeto. Un baciarsi d'onde, iraconde, contro la sabbia che si scurisce per frangenti - solo per poi rischiararsi. Le cosce affusolare sfilano fuori dallo spacco nero, dove la seta brilla - si rabbuia - brilla di nuovo. Le braccia bendate, il collo bendato, il mento che come una lama a doppio taglio, si volge verso una figura esile, ferma sulla riva. < Quali saranno i tuoi progetti, Ren? > E questa, dai capelli color del corallo, sembra abbassar il mento alla volta del petto. Pensieroso pettirosso. Non risponde subito, solamente, sembra seguirla posando le piante lignee degli zori sulla superfice dell'acqua senza esserne veramente intaccata. Una maestra nel detenere l'unico microfono del discorso, Kurona, abbassa le spalle in un sospiro pigro. Assonnato. < Hai deciso di non parlarmi più? > Padrona ed amante, di ogni sua maiko e apprendista. Il chaos su gambe affusolate e pelle sfregiata, dove l'occhio marchiato da una cicatrice fa capolino verso il faro spento. Non può biasimar l'odio di un servo fedele. Non può nemmeno, del tutto, farlo contento. [ck on][quipao: https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn%3AANd9GcQ_5CxAh2uwvM7WTreRZDuPWowBFuWtSA_UpZFzh1-6ulcdIP_f&usqp=CAU]

18:42 Ekazu:
  [Spiaggia] La brezza marina, leggera e silenziosa, a soffiare appena tra la fitta nebbia. Indosso un lungo mantello nero, chiuso sul davanti da quattro bottoni finemente adornati da ricami dorati. Il collo alto di un maglioncino, anch’esso scuro seppur grigio, a coprirgli la cicatrice sulla giugulare e il marchio. Sempre nascosti dal mantello, un paio di pantaloni beige, infilati in dei pesanti calzari ninja grazie a delle strette fasciature. Proprio quest’ultimi, chiusi in punta, affondano nella morbidezza della sabbia. Dietro di se, le orme a tratti cancellate dall’ultimo schiumare delle onde sulla riva. Lo sguardo, tagliato dal ciondolare irregolare dei ciuffetti corvini, a perdersi sull’orizzonte del mare. Il viso, pallido cadaverico, è illuminato dai pochi raggi di luce che riflettono sullo specchio d’acqua. Continua ad avanzare, inconsapevole che di li a poco avrebbe incontrato l’altra. Le braccia, nascoste anch’esse per tre quarti dal mantello, accompagnano la sua dolce marcetta. Il silenzio attorno a lui altro non farebbe che catalizzare quei pensieri che, in quei giorni, incessanti si ripresenterebbero. Scuote appena la testolina. Le spalle si rilassano. Le labbra si schiudono in un sospiro accennato. Qualche sbuffetto dalle narici e le spalle a rilassarsi. Cercherebbe di calmarsi; limitarsi a NON pensare ciò che, in questo momento, potrebbe portarlo su ben altre strade, a compiere ben altre azioni. Le dita affusolate, coperte da guanti neri, si chiudono nei pugni. Non vi è violenza, o timore. Semplicemente sempre meno comprensione, e dunque rassegnazione, in ciò che è la sua posizione. La testolina si abbassa; le pupille, diverse tra loro, ad alternarsi sui suoi stessi passi. Chissà per quanto avrebbe continuato così. Tuttavia, all’improvviso, il franare dei sassolini dalla scogliera alla sua sinistra, quasi sembrerebbe riportarlo tra i vivi. Il viso nuovamente a riportarsi parallelo al suolo. Le palpebre si serrano leggermente, mettendo a fuoco le figure a qualche metro da lui. Continua nei suoi passi, senza però mai staccare lo sguardo da loro. < uuuh.. > si intromette al loro discorso, appena percepito dal suo udito < non credo di averti mai parlato.. > aggiunge poi < magari i miei occhi mi ingannano… > [ ck. on ]

19:09 Kurona:
  [Scogliera] Un intercedere che la vede alta, rispetto a Ren - proprio qualche spanna sopra la sua testa. E quella la insegue in un camminare silenzioso - come se fosse la pallida ombra del giunco che ora, mentre l'Uchiha s'avvicina. Leve superiori che s'estendono, roteano delicatamente i polsi dall'alto al basso, finendo per sfilar le dita verso l'esterno. Affusolate. Danzanti. Come se fosse padrona del tempo e dello spazio, ma l'amara verità, è che non è padrona di niente di quello che le appartiene. Nemmeno la sua stessa vita. E mentre lei è aliena a questo mondo marcio, levata sul precipizio, Ren rivolge i suoi proiettili di piombo verso il corvino. Mani che si congiungono ad altezza del ventre, il capo che s'abbassa appena, di venti gradi, rispetto al collo che rimane tirato, ordinatamente e raffinatamente posto al centro perfetto. Il minimo per una maiko. "Okaasan -- prestate attenzione." Le parole della rossa si rivolgono a Kurona come 'madre' e questa, facendo capolino dalla scogliera, abbassa pigramente le braccia. Un gatto svogliato o rassegnato. Paradossalmente condivide la sensazione di Ekazu, un vagare senza meta e senza fine, un perenne muoversi di piedi... Sí. Ma verso dove? Lembi di memorie passate s'intrecciano, e il viso di Ekazu si fa tumefatto e triste in questi frangenti. In queste immancabili memorie. Le labbra sotto le bende si tengono, sanguigne, sfiorando l'eccitazione di qualcosa che hai appena ritrovato lí. Tra i sassi. Lo sguardo s'illumina di un bagliore, un bagliore sfumato dalle notti che passa insonne, lontana da Itsuki. Evitare chi ami è uno strazio che spacca l'anima. < Uno spettro cammina in mia direzione ~ > Canta la voce, densa come miele, abbassando le ginocchia sullo scoglio e tendendosi verso di lui. Gli offre il palmo, quasi una richiesta di raggiungerla lí sopra, dove la vista annebbiata -- non è delle migliori. Ma star in alto, è sempre meglio. No? Ed i ricordi, ebbri di malinconia e mancanze, sono come macchie d'acquerello che si dipingono all'inverso. Da annacquati strafalcioni, a disegni. Più o meno chiari. Utopica, nel suo pallore, fosse vicina a lui quel palmo gli scivolerebbe nei pressi della testa, desideroso di dargli il supporto per rialzarsi sulle pietre, accanto a lei. < Ero ancora una ragazzina, quando t'incontrai. Mi ricordo io, per entrambi. > L'aggiunta al discorso delinea quanto essa si ricordi, di un episodio curioso e singolare. Dove lei ancora non era Icaro. Ancora non s'era scottata nel sole. La benda, inevitabilmente, vien abbassata nei pressi delle labbra - gli mostra il viso per intero. Lí dove le vene nere sono nascoste e sorge solo un cuor di labbra rosso sangue. Le sfila, lascia che esca un solo respiro silenzioso. < Verso dove vaghi, ora, spettro? > {CK ON}

19:39 Ekazu:
  [Spiaggia] Il mento si solleva appena. Gli occhi si portano totalmente su di Ren. Ne segue i movimenti, e quell’annunciarlo. Si prende qualche secondo. In viso, neanche le palpebre accennerebbero ad un singolo movimento. Completamente piatto ed immobile. Le labbra, dopo qualche istante, si schiudono in un cerchietto abbozzato < oooh.. > puro stupore nel vedere così riverenza e rispetto nei confronti di Kurona. Sorpresa che in quel verso, cosi genuinamente sfuggitogli, ricalcherebbe ancor di più la sua totale incapacità nel trasmettere, nel far trasparire ciò che prova su quel viso, segnato oramai da quell’eterocromia e da sempre più minacciose occhiaie. Scure e nere. E lo stesso sguardo, all’apparenza pigro e distratto, quasi verrebbe trascinato sull’altra. Uno spettro. La guarda. Le bende, che ne coprivano i lineamenti, scivolano sul viso di lei, mostrandolo per intero. < no.. > ancora rimugina, farfuglia quasi < non mi pare.. > gli occhietti si serrano, il viso si abbassa leggermente portando lo sguardo dell’Uchiha a fissare la mano della giovane. Cosa vuole. Continua a fissarla. Pochi secondi che nella sua mente sembrano interminabili. Deve salire lì? Ha accennato al fatto che in passato si sono già incontrati, forse vuole ripresentarsi?.. Si, sarà sicuramente così. Le iridi, dalla mano, passano allo sguardo di lei, e nuovamente alla mano. La destra dell’Uchiha ad avvicinarsi al palmo di lei. I due palmi a combaciare perfettamente in una stretta di mano. Le dita, delicatamente, a stringersi nella presa. < non ricordo sai.. > aggiunge, mentre il viso appena illuminato si solleverebbe verso di lei, più in alto. < ma comunque.. > non molla la presa < sono Ekazu Uchiha.. e stavo semplicemente camminando.. > il braccio proteso verso di lei che starebbe quasi ad ondeggiare < niente sai… > risposte sconnesse < .. camminavo, ma non sto andando da nessuna parte… tu? Anche tu camminavi? >

19:52 Kurona:
  [Scogliera] Lì dove le onde s'abbattono con la furia di una guerra, dove lo sciabordare dell'acqua si porta via le impronte di Ekazu sulla sabbia rendendolo effettivamente quello che è stato fino ad ora. E Kurona si appella a lui così, forse in modo amichevole, forse in modo giocoso - forse per fargli pesare sulle spalle un evanescenza difficile da comprendere ed accettare del tutto per la donna. Eppure, mentre quello s'avvicina, il taglio degli occhi diviene una sfumatura dolce affogata tra ciglia bianco latte. Due ciocche lasciano le fila della coda e come innamorate, le baciano il volto colando in direzione di lui - del suo viso diamentricalmente opposto. Elevati con me. Allora il palmo lo accoglie, con l'incavo tra pollice e dita che s'incastrerebbe nel suo, ruvida e garzata, avviluppandosi attorno al suo metacarpo e tirando verso di se', verso l'alto, sicchè da non farlo sbattere contro le sporgenze fastidiose e appuntite. Un piccolo tremore la percorre, come se fosse terreno cedevole, per qualche istante sembra star lasciando la presa - eppure l'istante dopo lo stringe con più forza e non certo per fargli male, ma solo per paura di farlo cadere nel vuoto. L'ha volutamente chiamato a se' e di certo, non può permettersi di abbandonarlo. Gli spasmi muscolari si spengono dietro uno storcersi dell'angolo destro delle labbra verso il basso, come se il fastidio potesse riflettersi in qualcosa di troppo palese. Plateale. Soffre in silenzio e come le bestie, come un cane, muore lontana dagli occhi di tutti. Tutti. E il tirare del braccio, abbozzato poco prima, diventa un ondeggiare che lei rimira - confusa. La mano in quella di Ekazu, le dita strette attorno alla sua, pronte a tirarlo su'. <...> uno sfarfallare di ciglia. L'ennesimo Uchiha? E' una condanna, o un palese problema di riproduzione? Si ferma, con la schiena a disegnare una curva sullo scoglio, con il capo riverso in quel baratro dove lo osserva presentarsi. Negare ricordi. Non può metterlo sulla picca per questo per quanto sia effettivamente impossibile dimenticarsi di lei? < Non importa. > Lo sfiata fuori dalle labbra, rilasciando appena la presa sicchè lui possa lasciarla, o tenerla, in caso. E il riprodursi di frasi, sconnesse, abbozzate, impilate come se dentro di lui ci fosse la necessità di riempire qualcosa. Uno spazio. < Sì, da molto tempo. > Confessa tirando le labbra fino a renderle pallide, mostrando appena una fila di denti -incisivi- a far capolino dal superiore. Eppure è una bozza di sorriso, annacquata e pensierosa e Ren, accanto ad Ekazu, s'avvicinerebbe a lui, riflettendo la propria figura in direzione del faro dove probabilmente, aspetterà il ritorno di Kurona. Un sospiro la spinge a stendersi a pancia in giù, appiattendo il ventre contro la roccia umida e guardando Ekazu dall'alto. < Sei molto diverso dall'ultima volta che ci incontrammo, Ekazu. Cosa ti è successo?> ... <Sei stato abbandonato?> [for 25 - ck on]

20:19 Ekazu:
  [Spiaggia] E come l’altra stia soffrendo in silenzio, è palese ai suoi occhi. Nota le smorfie a corrucciarsi appena sul viso della giovane, così come il tremore che attraverso la salda presa, arriva all’Uchiha. Ma fa finta di niente. Più di tanto, non gli interessa. E come l’altra, che in silenzio sta soffrendo, lui in silenzio ci rimane. Non parla. La osserva, ne segue ogni momento, quasi morbosamente ora la sua attenzione verrebbe catturata da quell’accennarsi forzato, sofferente, di espressioni sul suo viso. Non può capire. Ma anche questa volta, tutte queste domande, riflessioni, annegano nel vago della sua mente. < molto tempo.. > mentre tornerebbe in silenzio, lasciando parlare l’altra. E’ rilassato. Il corpicino, completamente ammantato in nero, è ancora dritto, di fronte all’altra ma qualche spanna sotto. Quel tentativo di sollevarlo non l’avrebbe ben compreso, non ancora almeno. Ma quella domanda, immediatamente lo raggiungerebbe. L’altra, almeno in viso, non potrà notare la tensione, il dolore, i flash che quasi d’istinto porterebbero le iridi bicrome ad illuminarsi di un cremisi vivo. La destra, ritornata a penzolare sul fianco, si unisce con la sinistra in dei pugni, annunciati quasi dallo stridere della pelle nera dei guanti. Le labbra si schiudono, ma non parla. < diverso come > una domanda che non suona come tale. Il tono di voce è praticamente nullo, metallico quasi. < non sono stato abbandonato > aggiunge, cercando di concludere questa volta un discorso. O forse, cercando di autoconvincersi di ciò. Non è stato abbandonato. E’ lui che se ne è andato. E’ lui che ha scelto. E’ lui che ha scelto? No, lui non ha scelto. Il marchio sul suo collo ha scelto per lui. Lei ha scelto per lui. Sono successe tante cose. < niente in particolare in realtà.. > in viso è come sempre impassibile. Gli occhi paiono privi di vita per quanto immobili. < non sono stato abbandonato.. > ripete, bisbigliando.

20:40 Kurona:
  [Scogliera] E allora tutto diventa palese, come il districarsi di nodi sotto il passaggio di un pettine. E lei, mentre questo avviene, lo guarda serafica. Immersa in una vasca di latte caldo, metaforicamente, dove nessuno e niente può toccarla davvero - ma solo far riecheggiare le onde sul suo corpo. La mano che si ritira dalla sua fa' perno sullo scoglio per spingerla ad alzarsi, uno sfilare mansueto di piedi nudi su sassi, fosse, pietra aguzza. Eppure non versa neanche una goccia per questo misero atollo, finendo solamente per lasciar ad Ekazu la libertà di parlare. Di parlarsi. Forse tra i due, il vero spettro è lei. E si muove senza fare rumore, lasciando che il mare canti tanto forte da sopprimere i passi che la portano inevitabilmente da lui. Come tutte le volte che abbiamo voluto dimenticare. L'incontro occasionale, ed ultimo, che possa lasciar uno sbrego tanto profondo da esser ricordato, in qualche modo. Avete mai avuto il terrore d'esser dimenticati per sempre? E pur essendo solo un paio di passi, sul suo cammino, lei ne rimane scottata. Forse dal principio della dimenticanza, del poco valore, può ricalcare il valore che ha la padrona di Ekazu per lui. Kunimitsu. < Ti capisco...> Un sussurro trasale dalle onde del mare, lasciando che sia il fruscio dei suoi capelli a tradirne la presenza. La destra sfila dal fianco, inerme, per sfilar da una taschina a livello della coscia una stecchetta bianca, una sigaretta, che poserebbe tra le labbra, lasciandola penzolare. Riflette - lo sta capendo? Probabilmente sì. Probabilmente in modo vago - e non proprio nitidamente come sarebbe necessario. < O meglio, forse più probabilmente, capisco il tuo padrone. > E' più facile. Così come il viso, involontariamente, va' a quella macchia aranciata che è Ren al di là della spiaggia. Diligentemente in attesa. Ed uno sbuffo le soffoca il petto nell'afflizione d'abbandonare ogni sua creatura, forgiata per obbedirle a questo mondo infame. Le ciglia s'abbassano mentre torna su Ekazu, andando a giocar con un accendino in ferro, rigirandoselo tra le dita prima di dar fuoco alla punta della sigaretta. Un tiro. Il silenzio. Non ti ha abbandonato? < Lo ami, o la ami - non m'hai mai confessato se è un uomo o una donna? > E poi, ronzandogli attorno, sfilando i piedi nudi nel profilo nell'acqua - come farebbe un avvoltoio sulla sua carogna, lascerebbe andare la prima nube evanescente di nicotina. <Sai...> Lo spiffero tra labbra, dolce come zucchero. <Un tempo avrei pagato a peso d'oro un sottoposto come te. Mi sarei divertita.> Ora? Ora no-- ora è troppo tardi. Eppure un sorriso, barlume di vita, le appare sulle labbra. La illumina così come gli ultimi raggi del sole distesi sulla sabbia tiepida. [same tag]

21:24 Ekazu:
  [Spiaggia] Rimane lì. Passano i secondi, ma i pensieri nella sua mente non cessano. Anzi. ‘’ Ti capisco’’ nessuno puo’ capirlo. Ne è fermamente convinto. Una visione fatalista, egoistica quasi, a cui è arrivato dopo anni. Anni in cui ha passato di tutto. Anni in cui i suoi stessi occhi, simbolo della sua dipendenza da quei Laboratori del Suono, sarebbero mutati in un qualcosa a lui alieno. Anni in cui perfino il Suono stesso avrebbe visto l’apice, per poi ridursi ad un cumulo di macerie. Il mare, le barche in lontanza, tutto è ovattato. Nulla risuonerebbe chiaro se non le parole dell’altra. Questa volta, però, lo sguardo rimane fisso in alto. L’altra scende, lo raggiunge a terra. Ma gli occhi, sono ancora lì, sul precipizio. Persi, completamente vuoti. Annebbiati. Amare? No, certo che no. Non la amava. Non è un banale amore. Neanche crede che quel rapporto con Lei possa definirsi e spiegarsi tramite sentimenti. E’ una questione di.. potere. Lo ha marchiato. Lo ha reso suo. E’ al Suo servizio. < Lei. > risponde alla domanda dell’altra. < Lei.. > sospira quasi < voi amate.. > quasi si stesse escludendo da ciò che è assimilabile alla definizione di essere umano in se. Infondo, ne è consapevole. Cosa ha lui di umano, se non le fattezze? E’ il clone 404, esperimento riuscito parzialmente. Ekazu è nato dopo. < .. non è amore. È.. > e lascerebbe così, in sospeso, quel pensiero che neanche lui riuscirebbe a spiegare. Il marchio è ancora lì, e pulsa. Brucia. Lo sguardo che nel puntare il vuoto viene scosso da una fitta, da un’improvvisa linfa vitale. Le pupille ritornerebbero a scattare nelle iridi. < non ci saremmo divertiti.. > con la coda degli occhi, nascosti dal penzolare del crine irregolare, si porterebbe ora su di lei < probabilmente ti avrei già uccisa.. > aggiunge, completamente distaccato come suo solito. Le labbra sottili a malapena si sarebbero schiuse in quelle parole. < o tu, avresti ucciso me..> qualche secondo di silenzio totale, interrotto solamente dall’infrangersi delle onde sulle ripide scoscese degli scogli < si.. probabile.. > ancora bisbiglia. [chk. on ]

21:51 Kurona:
  [Scogliera] E mentre il cielo screma, mentre i piedi affondano nella sabbia più umida creando orme al suo passaggio - questo fiorellino alto poco più di centocinquanta centimetri, si muove con la sigaretta tra le labbra - trascinandosi dietro il rossore della brace e proiettandolo in una piroetta. Un ondeggiare, come l'oceano, del corpo che si rivolge nell'aria. Ci affoga. E lascia che lui arranchi, confuso e distaccato, inciampando tra le corde che lei ha voluto porre alle sue caviglie. E con diligenza lo ascolta, lo lascia parlare mantenendo un silenzio religioso - composto. Espira piano il fumo dalle narici e taurina, ride a labbra strette lasciando che sia solo il petto a tremare - assieme alle spalle. Non è una canzone che abbiamo già sentito, Kurona? < dite tutti le stesse cose- > E lascia che quello zucchero, quello che le esce dalle labbra, sia l'unico che Ekazu possa avere - probabilmente. E il suo ridere, che schernisce e degrada le parole, scema praticamente subito - come una ventata di primavera. Prima che possa perdere l'equilibrio smette di girare, ritirando i polsi minuti accanto ai fianchi - eccezion fatta per la mancina che accoglie tra indice e medio il filtro pallido - scostandola dalle labbra. Voce masticata dalle labbra strette che ora ripercorre la via. E' come se tutta questa pagliacciata l'avesse finalmente stufata - e lei che ama esser una teatrante, ora, s'è decisa a buttar giù il fottuto sipario. A rischio di ferire il pubblico. <Ti ammazzo.> La prima parola che dice, sussurrata, fa' eco a qualcosa di lontano. <Puttana.> E la seconda sfila, vomitata come acido, svelando un sorriso sulle rosse mentre ritorna verso di lui. Passo lento. Atono. I piedi disegnano sagome, spettri, in procinto di sparire. E le cosce che, passo dopo passo, si spogliano e si coprono nel quipao nero che ora, ogni tanto, le batte addosso con la furia d'una arpia. < Io non amo. Non sono umano. Non so cosa voglia dire. > E il ritmo della parlata si fa' più veloce. Più frenetico ed affannato, più esausto - tanto esausto da volerlo gettare fuori. Finalmente. E la destra si allugherebbe verso di lui, puntando al suo colletto - il centro perfetto. La verità è che vorrebbe stringerlo, tanto forte - da far far capolino tra le bende le nocche completamente sfregiate di tagli. Oblunghi. Sconnessi. Rosati. E negli occhi spendi di Ekazu si riversa una tempesta di fiamme. < Non sei niente di più. E niente di meno, d'un umano. > E sa' da dove viene, perchè semplicemente - arriva da lì anche lei. Non ci è nata, ma ci ha vissuto per immemore tempo - sotto i ferri di chi voleva riprodurre qualcosa di meraviglioso. Di nuovo. Le ciglia bianche fanno da ombra sulle iridi sanguigne che lo guardano dal basso e - fosse riuscita a prenderlo, stringerebbe il colletto tirandolo verso di se - costringendolo ad abbassarsi - fino ad accostar le labbra al suo orecchio. < L'obbedienza è il riflesso dell'amore. Se non ami, s c h i a c c i a l a. > Sìì di più, sìì il padrone. Alzati da questa posizione piegata che hai assunto, Ekazu. Potesse, quelle dita, finirebbero per sfiorarlo fugacemente - sfilar i polpastrelli sulla stoffa, lì dove ricorda aver visto il marchio l'ultima volta. Una carezza mansueta. Calcolata. Una carezza che si dilungherebbe come una tortura, come premere su un livido. < Ti ha usato. E come un fazzoletto sporco, buttato via. Non... Ti sembra... Ingiusto? > Il pendolar ritmico nella mano di qualcuno - il sussurro che scalda quel vento che sal dal mare e ci spinge ad andare via e piano, si sfilerebbe, riportando la sigaretta alle labbra e passando al suo lato - guardandolo così come si guarderebbe uno scarto lasciato per troppi giorni in frigo. Ha del potenziale, sì, ma sta scandendo. [stessi tag]

17:15 Ekazu:
  [Spiaggia] E mentre l’altra rotea, danza, si muove sinuosa in una coreografia ipnotica, lui rimane li, immobile, coi pugni stretti e il busto che piano piano, sempre di più, si irrigidisce. Il lato sinistro del collo gli pulsa. Il chakra ribolle al solo introdurre Lei nella discussione. Gli occhietti, ora spiritati, la seguono morbosamente in ogni suo movimento. Sulle labbra sottili a delinearsi una smorfia appena accennata. Un digrignare appena i denti che sancisce una piccola crepa nella Maschera che, pochissime volte, ha visto solamente graffiarsi. Ascolta ogni sua parola, e non reagisce. O almeno, non è sua intenzione farlo. Ma, involontariamente, il Chakra verrebbe reindirizzato alle iridi bicrome. Entrambe muterebbero in una spirale cremisi. Tre Tomoee nere a ruotare attorno la pupilla nera, minuscola. Non oppone resistenza. Si fa prendere, trascinare quasi. La presa al colletto, strapazzato dalle dita di Kurona, lo avvicina a lei. Sente il tocco gentile sul marchio. Lo Sharingan, a quel tocco, riprenderebbe a ruotare, puntandosi su di lei. < .. non so quale trauma.. > la voce sempre priva di qualsiasi sfumatura, quasi all’apparenza calma, serena.. contraddetta però da quel rosso furioso negli occhi di lui < tu abbia mai passato.. > sussurra quasi, quando lei avrebbe lasciato la presa. < Lei non mi ha abbandonato > in volto torna piatto. Cieco, continua a ripeterselo. Ne è fermamente convinto. < è sempre qui, con me > l’indice destro che afferra il colletto, tirandolo giù riuscendo a mostrare così parte del marchio tra collo, clavicola e spalla. E ora, anche il marchio quasi si risveglierebbe, senza tuttavia ancor attivarsi del tutto. Appare vivo, pulsante. < .. vedi? > aggiungerebbe, con gli occhi colorati di rosso che tornerebbero a perdersi nel vuoto < .. ti ha sentito.. non è d’accordo > conclude, lasciando andare la destra, ricoprendo dunque il marchio. [Sharingan 3 tomoee: Attivazione] [ch: 77/80]

17:41 Kurona:
 <Non ne hai idea.> Il primo sussurro dopo un silenzio che lascia pendere con una pesantezza immane, tutto direzionato a puntar la luce del protagonismo sul corvino. Un destino marchiato e rilegato, il suo - e Kurona, sebbene accetti la tendenza, si diverte come farebbe il gatto con il topo. Perchè? Perchè volere Ekazu fuori dalla sua bolla d'assoluta leggerezza e sicurezza? Lo sguardo cola, miele denso, di un rosso tanto vivido e tanto brillante, da esaltarsi tra le poche ciocche bianco latte che le cadono sul viso, coccolandolo ed incorniciandolo. La spalla destra che si rialza, come a volersi dar una scrollata. Le dita dei piedi che affondano nella sabbia creando attorno a lui delle adorabili fossette. Un cerchio. Il pizzo nero da cui sorgono lembi di carne diafana si scosta da quel promontorio dolce e finisce per rialzarsi giusto appena - giusto qualche attimo. Lo ha lasciato parlare - non è certo il tipo di persona che è incapace di ascoltare e di ceder la staffetta a qualcun'altro - piuttosto - si perde degli attimi ad osservare le tre tomoe prendere vita sul suo viso. Roteare impazzite. Creare un opera d'arte, o forse una dannazione eterna? Strano che un Uchiha sia così, però. Può vantar di averne conosciuti, può vantar di averli vissuti da vicino. Troppo, da vicino. Tanto da odiarli, poi amarli, e inevitabilmente temerli e disprezzarli. Fino a scivolarle via di dosso, fin tanto che le stanno lontani. Le labbra segnano, sporche di quel color sangue, una curva verso il basso. Un cenno d'insufficenza. < E allora perchè ti senti insicuro? > Lo ha notato dai suoi occhi; l'attivazione dello sharingan è indubbiamente l'effetto collaterale del dubbio. Lo ha fatto Kurako, quando lo ha attaccato. Lo ha fatto Katsumi, quando s'è accorto di questo riflesso distorto. Lo ha fatto Kioshi - quando s'è sentito in dubbio della pacificità di Kurona. Lo ha fatto Hitachi, quando l'ha catapultato nel suo genjutsu. Il riflesso mentale di Kurona, differentemente dalle sue mani tremanti - è tanto vigile e razionale da impilare le informazioni ed estirparle se necessario ed ora, la sua domanda, s'insinuerebbe sotto la pelle dell'altro. Una carezza alle meningi. E quel suo camminargli attorno finisce con un sostare - di spalle - dove i fianchi ciondolano ubriachi lasciando intravedere il profilo immobile delle labbra, dove la sigaretta - nel buio del crepuscolo - s'amalgama con questa luce rossa. Un odore netto. Deciso. Agrumi e gelsomino. E lo guarda da sopra la spalla sfiorarsi e giurarsi di esser accudito da un padrone - che non ha più occhi per lui. E dal silenzio, sbuca una risata stretta tra le labbra e la sigaretta, dove gli occhi si socchiudono per evitare il fastidio del fumo. Inevitabilmente. E la man libera, moscia, allunga l'indice contro i suoi occhi. Un cenno. Blando. < Hai paura. Della bocca. Di una donna? > Ed in effetti Kurona non porta effigi da kunoichi. Solo una misera Geisha. Una misera donna. E quel dito sfilerebbe, dopo averlo accennato, a posarsi a profilo delle labbra, sfilandosi la sigaretta dalle stesse e sospirando fuori tutto il fumo catalizzato. [Ck on]

18:15 Ekazu:
  [Spiaggia] E’ vero; per quanto il volto del giovane sia totalmente incapace di mutare, esprimere ciò che l’animo sente, quegli occhi continuano a tradirlo. Rabbia, dolore, dubbio.. il rosso Cremisi appare, il nero rotea furiosamente ed ecco che tutto tornerebbe a spiegarsi. Ed anche questo caso, non sarebbe l’eccezione. Nessun dubbio, però. Solamente fastidio. Irrazionale ed inspiegabile fastidio. Lui non ha dubbi che Lei è ancora lì presente, per lui. Ne è certo. Ma quel fastidio, quella pulce nell’orecchio, l’ago nella mente che sempre più fastidioso andrebbe ad insinuarsi in profondità.. ‘’ E allora perché ti senti insicuro?’’ le parole risuonano nella sua testa. Non è insicuro. Come detto, non ha dubbi. Ma.. se è sempre presente, dove è stata per tutto questo tempo? Perché non si è fatta più sentire? Domande, pensieri che come flash si alternano nella già poco solida mente dell’Uchiha. Alienato completamente, neanche si avvede dell’altra. Solamente le parole, ovattate e distanti, lo raggiungono. Qualche secondo di totale silenzio. Il capo, lento e tardivo, a ruotare leggermente verso di lei. Le ciocche irregolari, nere come la pece, a tagliare le iridi Cremisi. I lineamenti affilati a mostrarsi appena, illuminati dal crepuscolo. < uh.. > schiude appena le labbra. < hai paura della bocca di una donna.. > ripete, sbiascicando quasi. Non è lì. Con la mente, con i pensieri, non è lì. < perché.. > aggiunge, mentre qualche passo verrebbe mosso nella stessa direzione da cui sarebbe giunto. Lento, ma tremendamente regolare nella sua marcia. La destra si porterebbe sul capo. Le dita, guantate e sottili, ad intrecciarsi col crine corvino. Lo sguardo che va a perdersi a terra, sulla sabbia.. sfocato e del tutto assente. La distanza tra i due piano piano aumenterebbe. < no perché dovrei avere paura.. > ancora, la risposta sarebbe appena udibile. Le parole sono trascinate, cosi come le labbra a malapena si schiuderebbero. E se l’altra lo lascerebbe andare, continuerebbe ad allontanarsi per poi sparire nella nebbia. SE END

19:10 Kurona:
 Le poche parole sovente son l'unico modo per metter all'angolo una persona che evita di rispondere - troppo poco materiale per divagare, per dirottar ed imbrigliare il discorso in una direzione non propriamente ricercata. E mentre tace, per qualche istante, s'allontana per immerger i piedi fino alle caviglie in quel bacino d'acqua che solo adesso, con il calare del sole, sta diventando tiepida. Se ne bea come se fosse, per certi versi, in un piano astratto. Utopia intangibile - come quella disegnata nei quadri di Monet. E dalla sua bocca escono solo sussurri sbiascicati, l'annodarsi confusionario di principi, idee e scoordinate certezze. Stai titubando, Ekazu? Ogni cosa che credevi reale e tangibile, diventa inevitabilmente una domanda? Si chiama dubbio. Ed un dubbio, instillato nella mente, è peggio d'un sorcio schiacciato sullo stomaco e spinto a scavare fino in fondo. Non se ne andrà via facilmente, non prima che Kunimitsu torni da te. Ed ogni sua parola, ogni sua risposta - non è una risposta. E' solo un ribadire confuso e spaesato, come chi ha ricevuto uno schiaffo senza capire da dove sia arrivato. Ma non stiamo giocando allo schiaffo del soldato. Il tremore dei muscoli varia, da fitte atroci, ad un sopportabile vibrar delle mani. Delle spalle. Delle caviglie che cercano sicurezza lì, nel calore dell'acqua. E la sigaretta tra le labbra si muove - stelo fumante ed incandescente. Prossima alla morte. Di cosa hai paura, se non di morire? E allora l'esasperato sospiro che muove il petto di Kurona, quelle colline strette nel quipao, è uno di quei sospiri adorabili. Lascia cadere la sigaretta mentre lui è in procinto d'andarsene - lì per la via. <...> Vuoi davvero vagare con questi dubbi? Vuoi veramente vivere così, marionetta dai fili tagliati. "Decido di non decidere"; quest'affermazione Kurona la sentì dalla sua prima allieva, dedita a lei - a seguirne i passi a capo chino e mani indicibilmente pulite. Non siamo tutti padroni al mondo - c'è chi, mansueto, decide d'esser bestia. Pronta a rispondere per un buon pasto ed una carezza. L'affogare di quel mozzicone, trascinato via dalla forza del mare, la spinge ad emetter il suono che fanno i piedi in procinto d'uscire dall'acqua. Bagnato sulla sabbia disegna orme pronte a svanire - così come Kurona, per il semplice e bastardo orgoglio di non volersi lasciare in balia di niente e nessuno. Non sono così maledettamente opposti? Ne guarda le spalle, mentre i passi silenziosi la riportano lì, dove lui ora ha lasciato un ombra di sussurri. Ma no, non scapperai così. < Codardo. > Un sussurro sfiora l'aria, verso Ekazu; l'intercedere del passo verso di lui - sparire nella nebbia? Forse è quello che vorrebbe. La quella, prima che possa effettivamente abbandonare il campo di battaglia, tenderebbe di avviluppargli il polso tra le dita. Aspetta. Eppure Kurona non parla a parole, per quanto ne sia abile. Parla per gesti. E quel trattenerlo è un evidente richiesta che vorrebbe imporgli. Un comando da milita. O da donna fondamentalmente capricciosa. Insegui qualcosa d'impalpabile ed inesistente, cerchi certezza in qualcosa che ti ha lasciato andare - regalandoti solo sbarre dalle quali non vuoi scappare. Perchè? Allora, se solo fosse riuscita a fermarlo, utilizzerebbe l'altra mano - guardando verso il basso. La diffidenza per quegli occhi è una ferita aperta, e che non ha mai smesso di sanguinare, frutto di un episodio d'invadenza non desiderata, probabilmente. La mano sulla sua man manca, cercherebbe di catturar il bordo del guanto, sfilarlo con una delicatezza materna. Calda. < Non scappare. > E so che vuoi farlo. So che sei come una creatura chiusa, con le mani al collo, che strepita - si muove - schiacciata. Non hai mani al collo. Non sei schiacciata. Sei solo tu a crederlo. E dall'operato gli occhi, stille d'inferno, s'issano verso i suoi. Nelle tomoe. Come si tratterebbe un animale spaventato. Potesse sfilare quel guanto, ora la sua mano sarebbe nuda. In grado di sentire il ruvido delle bende di Kurona sulla sua. I fianchi si muovono nell'avvicinarsi a lui tanto da levargli la sua zona di comfort - ma molto lentamente. E lei, paritaria, farebbe lo stesso. Gli mostra una mano fuori dalle bende, una mano che un tempo era meravigliosa mentre pizzicava le corde d'arpa per allietare gli uomini - ma che ora è inevitabilmente sfregiata da cicatrici bianche e rosa. Tuttavia lo cerca. Cercherebbe di accarezzarlo. Di fargli comprendere cosa è reale e cosa è solo nella sua mente. Cosa è lì, con lui, e può toccarlo. E cosa no. <...> Un silenzio che vale più di mille parole, dove lo sciabordare del mare rimane l'unico, immancabile, canto. Il dondolare delle onde accompagna il muoversi di Kurona verso di lui. < Io. > Ecco la risposta che cerchi. Cubitale. Ed anche se non puoi, non sai e non vuoi accettarla - è questa. Sei stato abbandonato. Gettato. Messo da parte. E' giusto? Le ciglia che adombrano gli occhi, mentre sfila con i piedi nudi in sua direzione - fino ad alzare le punte. E' solo lo spettro della sua mente. Solo un ombra, sfuocata, che osa parlargli all'orecchio. < Non. > E con la coscienza di non esser manco vista da quegli occhi, che ne ignorano i confini - la disegnano come una macchia d'olio su un quadro che era nitido, nella mente d'Ekazu, fino a poco tempo fa. Ed ora, tesoro, cos'è successo? Se solo non scappasse via - se solo fosse riuscita ad arrivare fino a quì, finirebbe per accostare le sanguigne alle sue. Quel muso che lui non sa distorcere da una mera statua di cera. Uno scostarsi di petali che lo vogliono trapassare da parte a parte con un solo, singolo, bacio. Uno di quelli casti. Uno di quelli delicati, posati, senza andar oltre a quello. Non fa' nemmeno rumore, ingollata dal mare. <Lei.> L'ultimo soffio di fiato, sulle sue labbra - la riporterebbero a terra. Con quello sguardo annacquato, perennemente serafino. Io non lei. Io, questo, è reale. Non è un sussurro nella testa. Non è una speranza o un dubbio. E il viso, quelle labbra, si distruggono in un sorriso - uno di quelli incredibilmente malevoli. Prova a fuggire, ora. [ck on]

19:46 Ekazu:
 I dubbi, i pensieri, la sola idea che oramai quasi trova spazio tra i cassetti della mente, disordinata e annegata nel caos. Il dubbio nasce. Ma questa volta, non muore. E lui sa bene che Kunimitsu, da lui, non tornerà. Non sa dov’è. Non è raggiungibile. Ne sente il bisogno fisico; sente l’urgenza di vederLa, di inchinarsi nuovamente e di dare il braccio e la mente a ciò che sono state, e che probabilmente non saranno mai più, le parole della Yakushi. Non percepisce il ‘’cordardo’’. Il sussurro non gli tange, perso oramai nei meandri più cupi e profondi. Lo sguardo non si alza, continua a fissare l’alternarsi sfocato e poco definito dei suoi passi. L’infrangersi delle onde appena lo raggiunge. Persino lo Sharinga, simbolo e manifesto della passione Uchiha, si stabilizzerebbe in un che di poco vivo, morto. Che abbia ragione? No, non puo’ essere. La Padrona non avrebbe mai fatto questo. Non avrebbe avuto motivo. L’ha sempre servita in modo impeccabile. Non Le avrebbe mai fatto mancare niente. Eppure.. dov’è? Non Le è più utile? Il viso, chino, è quasi totalmente coperto dal ciondolare dei ciuffi neri. Il sopracciglio destro, in un tic compulsivo, freme. Ancora, la Maschera si crepa. Destro come l’occhio, nero e non suo, che proprio la Padrona gli regalò. All’improvviso, però, si sentirebbe afferrare il braccio, penzolante e molle. I passi cesserebbero. Sente la delicata stoffa del guanto scivolare sulla pelle. In contrasto, il ruvido delle bende di lei. I Tomoe, tagliati dalle palpebre calate a metà, riprendono a girare. La pupilla si restringe. Le spalle ad irrigidirsi. Scappare. No, non deve scappare. Deve attaccare. Deve farla fuori. Non merita questo. Non merita anche solo l’opportunità di pensare di Lei cosi. Non deve neanche minimamente nominarla. La mano libera si stringe in un pugno. La bocca si schiude appena in un sospiro nervoso, teso, metallico quasi per quanto privo di sensazioni. Lei si avvicina. La coda dell’occhio a cercare di intercettare quanto prima la figura di lei. Il Rosso Sharingan si muove nell’alternarsi corvino delle ciocche penzolanti. Si avvicina. Gli occhi la seguono costantemente. La mano di lei a saggiare appena la pelle di lui. Le dita affusolate scivolano leggere e aggraziate. Lui ancora non si muove. Lascerebbe che i soli occhi mostrino ciò che è vivo in lui. Ed ecco, il bacio. I due musetti a combaciare silenziosamente. I respiri, in quegli effimeri istanti, si fondono. Lui rimane impassibile. Lascerebbe che lei ritorni a terra. Gli occhietti ad abbassarsi su di lei, impazziti e vivi. Perché questo. < Lei.. > aggiunge, con le labbra ancora riscaldate da quel contatto < Lei.. > ripete, con la distanza tra i due ancora ridotta < non tu. > ..? La voce quasi viene meno. Le vocali quasi rimangono in gola. Che sta succedendo. [ Chakra: 73/80 ]

19:50 Ekazu:
 //EDIT: [ Sharingan 3 Tomoee ] [ Chakra: 73/80 ]

20:11 Kurona:
 E le labbra, volte a dissacrare quell'ubbidienza senza confine alcuno - si schiudono per carpire ancora aria. E nonostante la pelle saggi la presenza di qualcuno - negli occhi di Ekazu si riflette solo la sagoma distorta di Kunimitsu. E Kurona sorride di ciò, come se fosse una buffa ma dolcissima barzelletta della vita. Non che ci sia amore, o desiderio, o attrazione - nelle sue mosse. Anzi, è animata da qualcosa di ben superiore a tutte queste sensazioni scioccamente terrene. E' la lingua a disturbarne i lineamenti, sfila dall'angolo della bocca fino a quello opposto, umettando appena l'inferiore e il superiore. Cenno fugace morto l'attimo dopo averlo fatto nascere. E la mano, così come il calore delle labbra, lo lasciano di nuovo in pasto a se' stesso. < E' questo che ti rende felice, Ekazu? > Appartenerle. Come se accettasse la cosa, così come un dato di fatto e non semplicemente una virgola nella vita dell'altro. Che spreco. Ma alla fine cosa può mai importarle tanto? Che la senta come una causa sua? Gli occhi istintivamente si spostano su Ren, sotto al faro, che l'attende. Comprende probabilmente molto più di quanto Ekazu possa pensare. Eppure quello che prova Ekazu non è ne amore, ne dedizione, ne condivisione. E' solo il riflesso distorto di tutto quello che Kurona ha costruito nel tempo, con la pazienza, con le sue ragazze. La mano che ha voluto abbandonarlo s'isserebbe, sfregando il dorso della mano sulle labbra una volta sola - in un cenno di passaggio e che alla fine, porterebbe la mano ad abbassarsi fino al fianco. Alla fine l'opposta indica quella sagoma lontana. Capelli corti. Viso di porcellana. Labbra rosate e chiuse, in attesa. Una figura longilinea e affusolata che mantiene la posizione in attesa dal ritorno di Kurona. < L'abbandonerò, esattamente allo stesso modo. > Che sia così, anche per Ren, dopo? E la pallida, accanto ad Ekazu, si scosta lasciandogli modo di levarsi il sapore delle labbra dalla bocca. Pochi passi senza rumore, mentre il buio la inghiotte. < E io prego ogni kami che non diventi solo un guscio vuoto senz'anima. E nonostante tutto, vederti così - vederti marchiato e poi vagare, come se non esistesse una meta designata per te. Mi fa' pensare che anche Ren sarà così. Uno spettro. L'ombra di se stessa. > Che misero quadro. Lo sguardo s'abbassa, pensieroso, agendo come se non l'avesse mai toccato - o baciato. < Se solo ti svegliassi da questo amabile torpore... Ekazu -- Rimani accanto a Ren. Sono /sicura/ farebbe bene ad entrambi. > Come i due che finiscono un intero scisso da una mancanza impalpabile. Come se volesse, in qualche modo, assicurarsi che Ren possa appoggiarsi a qualcuno un giorno - quando lei morirà. Anche se di contro, è anche abbastanza sicura di quanto Ekazu stia affogando nella sua stessa fanghiglia. Ed è con la convinzione che lo guarda, tirando un sorriso a labbra strette. Probabilmente non la cercherà mai. Probabilmente la cercherà solo quando si sentirà affogare - dove ci sarà bisogno di un appiglio per risalire una terra ferma che sembra non conoscere. E non conoscerlo. Le dita si spostano, si posano sulla tempia a massaggiar la pelle. Ed un rivolo di sangue, meravigliosamente nero, lascerebbe la narice per morire sulle labbra. L'ennesimo lascito di quel fondersi della materia grigia. E le fitte trovano un viso atarassico e spento d'emozioni e desideri - se non uno. Definito. E' ora di andare -- è ora di far l'ultimo passo e toglier al fato la beffa d'ucciderla. Le ciglia s'abbassano, lo guardano per qualche istante. < Svegliati, tesoro. Qualcuno ha bisogno che tu sia proprietario delle tue azioni. E della tua mente. > Chi? Lei? Ren? Kioshi? Il mondo stesso? O forse, è proprio Ekazu ad aver bisogno di se stesso? Non ha importanza, il dorso lava via quel sangue uscito dal naso mentre lo abbandona. Anche lei. A se stesso e a quell'amore cieco, improbabile, non corrisposto. [se END]

21:03 Ekazu:
 ‘’E’ questo che ti rende felice, Ekazu?’’ felice? Poche cose donerebbero all’Uchiha attimi a che possano ricondursi alla felicità. E, tempo addietro, il servirLa era tra queste. Gli dava uno scopo, un motivo per cui quel potere, così a lungo nascosto tra gli scarti del Laboratorio, possa renderlo ciò per cui è nato. Potere. Emblema della Fiamma e del Suono. E a quei pensieri, nuovamente sentirebbe il collo tirare, bruciare. Le fiamme, ora invisibili, del marchio quasi consumerebbero le sue carni. Ma in volto, nulla. Rimane lì. Lo Sharingan scema. Il rosso sparisce nel celeste e nel nero profondo, spegnendo lo spirito e lasciando che nuovamente la Maschera torni tale. No, non è questo che lo rende felice. E’ Lei, oramai perenne condizione, a renderlo tale. O almeno, era. E’, non era. In quel chaos, confusione più totale, come un automa seguirebbe col viso il braccio di lei, puntando con la coda degli occhi la figura poco più distante di Ren. Si prende qualche secondo. Ascolta le parole di Kurona. Rimane lì a fissarla. ‘’ Rimani accanto a Ren ‘’. Chi è Ren? Perché dovrebbe? Pietà, o forse dovrebbe provare empatia per un’anima vagante? Le dita si stringono nei palmi, affondano nella pelle. E alle ultime parole dell’altra, niente gli verrebbe da aggiungere. Le labbra si schiudono ma nessun suono uscirebbe. Sta ancora guardando Ren. E pensa; ha mai fatto qualcosa, semplicemente perché gli andava di farlo? E’ mai stato padrone del suo corpo, del suo essere? Prima i Laboratori, poi il Suono, ora Lei.. Rimane ancora muto. Non trova le parole. La testolina a scuotersi appena. Lo sguardo a distogliersi dall’altra, per puntare nuovamente in avanti. Un’ultima occhiata a Kurona. Veloce, sfuggente, ombrata dal profilo dei capelli neri. < .. lo sono sempre stato > e ancora, come un automa risponde. Ma ne è convinto? Sa che è cosi? E scompare, nella nebbia. Diretto forse verso Oto, verso il Suono. Verso quel mondo che lo ha visto nascere e che forse, per l’ennesima volta, lo richiama a se. //END

Kurona ed Ekazu s'incontrano dopo tanto tempo - forse otto o dieci anni. Ed Ekazu vaga ancora, da allora, come uno spettro senza mete da raggiungere ne' motivi per trapassare.

Una giocata di percorso per Ekazu, al fine di discostarlo da Kunimitsu e riabilitarlo alle terre ninja che nascondono, nelle loro ombre, aria di cambiamenti. Di antichi splendori.

E se è di antichi splendori che parliamo, il genjushita deve tornare tra noi, padrone di se'.