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Mia Sorella

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con Tayuya, Yosai

11:19 Yosai:
 Un idillio sembra, questa scena. Il cielo terzo, il sole caldo, il villaggio che si estende sotto di te. Cosa mai potrebbe andare storto? Tutto, soprattutto il tuo umore. Non è un momento facile per la tua famiglia. E ovviamente non lo è per te. Lo sguardo blu intenso è rivolto al villaggio che si snoda sotto di te. A guardarti da fuori sembri avere lo sguardo perso nella contemplazione di quel panorama. E sicuramente in parte è così. È la prima volta che ti trovi davanti quello scenario. E osservare Konoha in quel modo è sicuramente qualcosa che colpisce. Ma quella sensazione è rimasta di sottofondo. Ben più cupi pensieri hanno iniziato ad affastellarsi nella tua mente, come sempre in questo momento. Da sopra infatti, è evidente come uno squarcio orrendo e zigzagante, il percorso distruttivo dell’attacco a Konoha, un Kunai di distruzione che ha come punto di partenza l’ingresso al villaggio e come punta della lama il quartiere Akimichi. Il tuo quartiere. La prospettiva dall’alto è stata illuminante nel farti capire quanto rapido e devastante deve essere stato quell’attacco, ma soprattutto quanto questo fosse mirato. Non atto a distruggere il più possibile, ma a raggiungere uno scopo il più rapidamente possibile. Come il kunai che deve farsi largo tra le carni per raggiungere il cuore. D’altronde questo è chi ha portato quell’attacco. Un’arma. Appoggiato con il basso ventre sulla balaustra, ti ergi solitario e roccioso come una montagna. Indossi un chimono nero, calzari ninja ai piedi. Nient’altro, se non il kanji degli Akimichi cucito sulla tua ampia schiena. Le uniche parti del corpo visibili sono gli avambracci scoperti dalle maniche che arrivano fin sotto al gomito, e la muscolatura del petto e dell’addome lasciata all’aperto dall’ampio spacco del chimono che arriva fin quasi all’ombelico, lasciando intravedere muscoli tesi fino a scoppiare sotto la pelle e la grossa cicatrice che ti attraversa il petto da destra a sinistra, dall’alto al basso. Il collo taurino sostiene il viso affilato, decorato dalle cicatrici e impreziosito dallo sguardo, crine scuro lasciato libero al vento, sotto quel sole rivela chiari riflessi rossi, sanguigno. Rivelatori. Profondi aloni scuri contornano lo sguardo. Segno del poco sonno che hai accumulato. Osservi. Null’altro.

11:30 Tayuya:
 Il sole. Un astro così bello, elegante, simbolo di rinascita, forza e speranza, e quei suoi raggi illuminano il villaggio della Foglia, Konoha, gettando luce su uno scenario di guerra e devastazione. Il villaggio, come sempre, saprà come rialzarsi e rinascere, senza mai soccombere sotto qualsiasi tipo di attacco. È da ammirare una simile forza e un simile coraggio, o forse è solo testardaggine? Sorride nell’osservare quel panorama dall’alto del Monte dei Volti. Soddisfazione, desiderio, divertimento, sono tutte emozioni giuste e giustificate per lei, tutte emozioni delle quale non si deve e non vuole vergognarsi. Non prova senso di colpa, non prova rimorso… si invece particolarmente viva e ancora sente su di sé l’eccitazione di quei momenti concitati e violenti, del sangue e delle ossa che si spezzano, le carni che si lacerano. Inspira profondamente e trattiene per qualche secondo il fiato gonfiando il petto, e infine espira con calma in un processo di rilassamento che le serve per non perdere il controllo. Si concentra sia sul respiro che sul chakra che scorre veloce in lei, come un fiume in piena che non vede l’ora di straripare dai suoi argini. Regole, limiti… qualcosa che malamente apprezza e sopporta al limite… ma deve. Sogghigna snudando i denti bianchi e mostrando quei canini leggermente più lunghi del normale, come una bestia famelica mentre osserva gustose e diverse prede sotto di lei. Cosa indossa? Presto detto. Indossa un kimono corto e bianco a mezze maniche, stretto in vita da un obi rosso scuro che si lega dietro la schiena con un nodo e due lunghe code, al di sotto del kimono indossa un paio di pantaloncini neri ed attillati lunghi fino a metà delle cosce. L’obi è largo, tanto che le parte al di sotto del seno e si conclude alla vita della ragazza, e le gambe, dal ginocchio in giù, sono coperte da un paio di scaldamuscoli lilla, calze bianche che ricoprono i piedi e scarpe nere. Le mani sono coperte da un paio di guanti neri e mezze dita e legato all’obi c’è il coprifronte di Konoha bene in vista. Braccia incrociate al petto, aspetto minuto e gracile, estremamente esili, pare un fuscello, con lunghi capelli rosa leganti in una grossa coda alta tramite un nastro azzurro, e la frangia che le circonda il viso insieme a qualche ciuffo laterale al viso… occhi taglienti e ferali di un azzurro limpido, pare quanto la purezza di una nobile fonte d’acqua. Sposta lo sguardo e si volta con tutto il corpo per riprendere un cammino già tracciato e man mano che avanza con passo sicuro e lento, i suoi occhi intravedono una figura… familiare. Quella esatta figura di un ragazzo grosso, bestiale, lo conosce e sa chi è ovviamente, lui risveglia in lei sentimenti ben precisi: odio, invidia, rabbia. Se lo ritrova davanti in carne e ossa per la prima volta e questo la porta a fermarsi bruscamente per un attimo… lei ragazzina, lui il maggiore. Inspira e gonfia il petto, trattiene il fiato per qualche secondo e poi espira lentamente… si deve calmare. Deve seguire il copione. Riprende il cammino per avvicinarsi a lui, al suo fianco, e una volta raggiunto a circa un paio di metri di distanza, si volterebbe ancora ad osservare Konoha. <Che scempio, vero?> il cuore batte all’impazzata ma lei deve nascondere il ghigno e mettere in campo un’espressione espressione seria, contrita e dispiaciuta, tono basso e flebile, si deve sforzare. [Chakra: On]

12:05 Yosai:
 Questo nuovo taglio ti conferisce un aspetto più animalesco affilando i contorni del cranio. Il volto roccioso è dipinto in un’espressione neutra che per via della fisionomia e della particolare mimica facciale che ti distingue, sembra sempre scontrosa. Questo ti dà il vantaggio di essere lasciato stare sostanzialmente sempre, se non quando sei tu ad aver voglia di interagire. C’è qualcuno tuttavia che pare immune, o coraggioso abbastanza da superare la tua espressione. E d’altronde non poteva non essere così. Quando la voce della ragazzina arriva alle tue orecchie lentamente ruoti il capo, piegandolo leggermente verso la spalla e portando quello sguardo blu si di lei <mmh> rispondi inizialmente, prima di ritornare a guardare Konoha sollevi lentamente un avambraccio scolpito e dipinto d’inchiostro verso Konoha, giù in basso, lasciando che il sole si insinui tra i fasci muscolari fin troppo definiti <deve essere stato un attacco impressionante.> indicando quella breccia. <un attacco in grado di mascherare la sua precisione dietro la violenza> La voce è baritona, profonda, rimbomba nell’aria, possente, ma calma <la distruzione creata è stata un diversivo efficacissimo per sviare l’attenzione verso la porta e i quartieri limitrofi e poter agire quasi indisturbati verso l’obbiettivo> ti si serra la mascella. Il labbro superiore ha un sussulto, un tremolio, quasi volessi anche tu ringhiare. Tra bestie ci si capisce. Ma per le motivazioni opposte. Parli con la lucidità di chi ama la battaglia in un modo viscerale, con l’ammirazione di chi sotto sotto vorrebbe saperlo gestire un attacco così meticoloso, ma parli con il rancore di chi conosce troppo bene l’ideatore. Odio profondo <tu c’eri?> chiedi senza guardarla. Il braccio s’abbassa, tornando ai lati del torso ma ben distanziato dal corpo a causa dello spessore della schiena. <sono Yosai> semplicemente, continuando a guardare l’immagine che hai davanti a te per poi, lentamente, voltare lo sguardo su di lei, è ancora la coda dell’occhio, ma ti basta a cogliere i dettagli essenziali del vestiario, della corporatura, del volto della donna accanto a te. Non hai colto il ghigno e non puoi coglierne i veri sentimenti. Si presuppone che sia una kunoichi sufficientemente abile a celare qualsiasi cosa voglia celare. Sei tu quello ad essere all’oscuro di tutto oggi. Come sempre in realtà.

12:25 Tayuya:
 E’ così sarebbe lui. Lo osserva meticolosamente come se volesse capire cosa la differenzia da lui, anche se è evidente quella somiglianza muscolare tra lui e il padre, quell’aspetto decisamente più vicino ad una bestia rispetto a lei, nonostante la stessa ragazzina non sia da meno, anzi. Vorrebbe fare tante cose ma ha troppa stima, rispetto e affetto verso quell’uomo che l’ha messa al mondo e non vuole deluderlo per qualche rancore personale. Continua ad osservare il villaggio e quella parte distrutta ben conscia di chi sia stata opera, come la maggior parte delle persone, e ben conscia però quale fosse l’obiettivo. Osserva il ragazzo negli occhi sollevando il viso… i suoi occhi sono blu, mentre quelli di lei azzurri, solo più chiari e slavati rispetto a quelli del ragazzo. Osserva quel braccio che viene sollevato, scolpito dai muscoli, da anni di allenamento, e si perde tra quei fasci muscolari che si tendono per poi seguire con lo sguardo quello che intende mostrarle. Impressionante è dire poco per descrivere quell’attacco… è stato maestoso, perfetto… dritto all’obiettivo senza guardare in faccia niente e nessuno, distruggendo tutto ciò che incontrata con violenza e bestialità fino ad arrivare alla fine di quel tragitto. Preciso, violento, sanguinario. È stato bellissimo. <E’ vero.> annuisce in maniera impercettibile serrando i denti per evitare di sorridere al ricordo. <E’ stato un attacco mirato, così sembra.> parla lentamente e con tranquillità di chi ormai si è fatta il callo di simili eventi. <Di quale obiettivo parli? Quale pensi sia stato il reale interesse in questo attacco?> il Mizukage e il Dio hanno attaccato Konoha, insieme al Demone Rosso, ma perché? Deve mostrarsi ignorante di qualcosa che non dovrebbe sapere. Osserva il ragazzo dritto negli occhi quando lui si volta nuovamente ad osservarla… quelli della ragazzina sono occhi ferali, duri, chi ha la sua esperienza. <Si, c’ero. Sono una Chunin di Konoha, ovvio che c’ero.> torna a guarda il villaggio dall’alto di quel monte, cercando di guardare oltre, di essere distante, come se tutto quello l’avesse sconvolta nel profondo. Sospira. <Io sono Tayuya, ma tutti mi chiamano Shiroyasha.> afferma flebile come un sibilo, solo un attimo di silenzio prima di riprendere la parola. <E tu? Tu c’eri?> non aggiunge altro, silente lo osserva alternando lo sguardo tra lui e il villaggio, rivivendo determinati ricordi che la cullano la notte. [Chakra: On]

13:00 Yosai:
 Osservi quella donna. Dall’alto il blu del tuo sguardo vibra, vivo ed eccitato. Assottigli le iridi prima di tornare sulla scena del crimine ad ascoltare le sue domande <L’attacco si è fermato nel quartiere Akimichi.> non serve altro, no? Sembra siano allenati anche i muscoli della mascella, che guizzano quando la serri stringendo i denti tra loro fino a farli scricchiolare. Sostieni lo sguardo di lei prima di ascoltare la sua risposta, e di nuovo assottigli lo sguardo <beh, avresti potuto essere a Kiri> commenti banalmente per poi gonfiare il grosso torace fino a far gemere la stoffa del chimono. Un ampio respiro trattenuto ad allungare i muscoli intercostali, per poi esser sputato fuori con violenza <l’attacco è stato così efficace perche a difendere quella porta c’è stato un branco di rammolliti. Furaya e il nono erano dall’altra parte del villaggio e il grosso dell’esercito è a Kiri. Il codardo si è divertito a massacrare gente scarsamente difesa o del tutto indifesa> le labbra si stendono solcando il volto roccioso fino ad infilarsi negli zigomi, si stendono finchè la dentatura diventa insostenibile, e solo allora snudi le zanne <e si è anche alleato con un Kage mezzo pazzo e con un falso dio per fare tutto questo casino> beh, Furaya e il nono con il Kyuubi da affrontare da solo non sarebbero uno scherzo per nessuno <è deludente vedere quanto poco questo villaggio si sia difeso> commenti stringendo i pugni lasciando scattare i muscoli che spingono le vene all’esterno, a scorrere sotto la pelle. Solo dopo ti rendi conto che potresti essere stato vagamente offensivo <non era riferito a te, mh? Chiunque abbia fronteggiato quella bestia sarebbe stato carne da macello in questa situazione> ecco. Correggi il tiro.

13:37 Tayuya:
 Certo viene detto tutto e niente, vengono date per scontato diverse cose che la ragazzina potrebbe non sapere e quindi non riuscire a comprendere il motivo per il quale l’attacco si sia fermato proprio del quartiere Akimichi. Dunque sorride, ironica, mentre assottiglia lo sguardo sul villaggio sotto di loro… così debole, indifeso, indebolito dal fatto che le forze fossero state concentrate su un altro fronte. Oh, se solo sapesse. <Dunque è stato un attacco d’odio per gli Akimichi? E come mai?> è una kunoichi, indagare fa parte del suo mestiere ed è dunque normale che ella faccia domande per capire. Certo, vorrebbe solamente fare due chiacchiere con lui, capire che persona sia, come stia reagendo… riuscire ad avere un’idea completa di quel ragazzo la cui ombra la soffoca da quando è nata. <Le forze sono state equamente distribuite.> pronuncia con calma accucciandosi piegandosi sulle ginocchia, come se volesse osservare qualcosa o qualcuno più da vicino. <Spostare tutti i ninja a Kiri e lasciare il villaggio sguarnito sarebbe stata una scelta veramente stupida, ti pare? Alcuni sono rimasti qui e altri sono andati via.> lo guarda, sogghigna appena con ironia, come se stesse cercando di ponderare quello che possa passare per la testa di quel ragazzo. <Pensi che abbiano lasciato solo dei rammolliti a difendere il villaggio? Non credi che sia invece più plausibile che abbiano fatto un cinquanta e cinquanta?> e che quindi il Demone sia stato decisamente, e semplicemente, troppo forte. In più se combinato insieme al Mizukage e il falso Dio… insomma, probabilmente chiunque sarebbe finito male. Rammolliti. Le viene da ridere, e snuda i denti in un mesto sorriso mostrando i suoi canini animaleschi. Quanta rabbia che c’è in questa montagna di muscoli, le sembra di annusarla e persino di intravederla attorno a lui, come un’aura oscura… ma ancora non è abbastanza. Cosa ne pensa lui? Odia il villaggio, i ninja? Con chi ce l’ha… bhe, di sicuro col Demone se lo definisce codardo, ma non nutre nemmeno tanta simpatia per Konoha dato che la critica. <Oh.> lo guarda con espressione di rimprovero. <Davvero un’offesa verso chi si è battuto con tutto se stesso, e una mancanza di rispetto verso chi è morto nel tentativo di fermare l’attacco e proteggere i civili.> continua a rimanere accucciata e torna a osservare il villaggio, senza rivolgere alcuno sguardo ma continuando a parlare con tutta tranquillità, come se tutto quello fosse distante da lei anni luce… e in effetti è così. <Rammolliti… delusione… devi essere davvero arrabbiato con il villaggio e i suoi ninja, come mai?> certo potrebbe essere tutto molto evidente, ma lei sto sta chiedendo a lui apposta, per sentirlo dalle sue labbra, per sentire la sua voce. <Sei un ninja?> non vede il coprifronte anche se sa benissimo la risposta, tuttavia rimane nella sua parte senza esporsi ancora nel dire cosa ne pensa lei invece. Già… cosa ne pensa lei veramente? [Chakra: On]

14:27 Yosai:
 Dovresti stare attento, mio caro, con le tue emozioni. Finiranno per cacciarti in un mare di guai. Ma di questo non sembri preoccuparti. A tua difesa si potrebbe dire che chi deve preoccuparsi delle proprie emozioni o non vuole essere se stesso o è troppo debole per difenderle. E tu non aspiri a nessuna di queste cose. E quelle domande arrivano a pizzicarti sul vivo, e di nuovo la mascella si serra, il pugno si chiude fino a sentire la pelle scricchiolare <non è stato un attacco. È stato un assassinio. Un assassinio effettuato con lo stile dell’assassino. Che in questo caso è l’essenza stessa della volontà di distruggere qualsiasi cosa. Non per odio verso gli Akimichi, più per la curiosità, la volontà o il gusto di vedere le conseguenze di quell’assassinio. Il resto è sangue versato per divertimento, secondo me> Novello Sherlock Holmes ti avventuri nelle tue congetture. Probabilmente sei uno dei pochi che può fare questo gioco con un minimo di contezza. E in effetti il demone rosso è riuscito nel suo intento. Sei li adesso, libero dai tuoi vincoli, solo per dargli la caccia. Non ti accorgi del vero fine dietro quelle domande. E sarebbe da valutare se ti interesserebbe o meno anche una volta che l’avessi saputo. Ascolti la sua obbiezione sulle forze in campo. Si parla di tattica, e questi argomenti ti ispirano <probabilmente è anche così, ma le forze poi sono state ulteriormente divise qui a Konoha.> nei due attacchi che il villaggio ha subito. Osservi quella donna li rannicchiata, un divario d’altezza ormai assoluto. Tu semplicemente ti volti, compiendo una rotazione su te stesso di 180 gradi fino a dare le spalle al villaggio e poggiare i glutei sulla balaustra di ferro che inizia a cigolare sotto il tuo peso <Che nessuno sia stato all’altezza della situazione sono i risultati a dirlo> l’ha ammesso persino l’Hokage <ai morti posso dare il mio rispetto come guerrieri ma, stante il fatto che non frega un cazzo a nessuno del mio rispetto o della mia indignazione, questo non toglie che non c’è stato nessuno in grado di essere all’altezza a difendere quella porta.> E per un villaggio dell’alleanza è grave. Ma non è per questo che parli, vero? Non è perché ti interessa che nel villaggio ci siano ninja forti. E lei l’ha colta questa cosa e infatti di nuovo ti pizzica. Porti lo sguardo su di lei, li di lato <perché il villaggio non è stato all’altezza> la tua sentenza. Inutile specificare che questo non vuol dire che non ci abbia provato. Ma alla fine ciò che non doveva accadere è successo. Certo i danni sono stati limitati, questo non lo nega nessuno, ma un verdetto è un verdetto, e il bilancio ha parlato. <ma non ce l’ho solo col villaggio. Anzi.> le rispondi serrando la mascella. <facciamo che ultimamente ce l’ho un po' col mondo, Tayuya> non ti piacciono molto nomignoli e soprannomi. La successiva domanda ti porta ad inarcare un sopracciglio. Perché? Ormai nemmeno te lo ricordi che non hai il coprifronte <no> rispondi duro. Hai smesso di definirti così. <come è stata quella notte? Raccontamela…> con un cenno di curiosità nella voce. Di nuovo la guardi, non deve essere stato facile fronteggiare un attacco del genere.

15:04 Tayuya:
 Cosa dovrebbe dire a quelle parole? Che non è vero? Che non è stato così? Insomma… è stato un assassinio e lei lo sa bene, lui lo sa bene, ma il resto del villaggio dovrebbe esserne conscio? Osserva il villaggio la tredicenne, percorre con lo sguardo gelido il tragitto che è stato compiuto fino al quartiere Akimichi… ripercorre i momenti, la battaglia, le urla, il sangue, la carne. Sublime. Inspira, trattiene l’aria per qualche secondo gonfiando il petto e poi espira. Sogghigna mostrando le zanne decisamente affascinata dalla risposta che le è stata data. <Chi avrebbero assassinato?> tutto questo casino per una persona sola, per un obiettivo così fine. Solo per lui, solo e solamente per quel ragazzo che ha accanto. Vorrebbe ridergli in faccia, vomitargli tutto addosso ma non può. Si senterà in colpa? Sente il peso addosso? Come vive questa situazione? Ci sono troppe domande che vorrebbe fargli, ma non sa quale potrebbe essere il modo giusto per comportarsi o approcciarsi a lui. Appoggia la fronte alla ringhiera e con le mani si attacca ad essa, ma lei continua a rimanere accucciata e a guardare di sotto il bel panorama che le si dimostra sotto lo sguardo. <E’ così che funziona una guerra. Si cerca di fare il possibile per fronteggiare degli attacchi… attacchi su due fronti indicano una divisione delle forze e se il nemico è più forte, ovvio che si perda.> osservazione molto semplice e veritiera. <Un conto è fare un’affermazione dell’ovvio dicendo che non siamo stati all’altezza, perché beh… è palese!> insomma guarda che disastro, e si deve pure trattenere dal ridere. <Un altro conto è invece mostrarsi così arrabbiati verso qualcosa che era inevitabile, come se i ninja alla porta avessero steso il tappeto rosso agli invasori invece che combattere.> un momento, non è tanto lontana dalla verità, ma questo lui non lo sa e lei appare plausibilmente come se fosse ancora offesa per il tono utilizzato dal ragazzo. È davvero divertente. Lo ascolta, ascolta quella rabbia, l’indignazione, l’odio… il villaggio dunque non è stato all’altezza. <Ce l’hai col mondo.> mormora riprendendo le sue parole. <Hai perso qualcuno in quell’attacco?> tutto lo farebbe pensare e poi tralasciamo il fatto che lei lo sappia per davvero, comunque almeno riesce ad arrivare dove vuole facendo collegamenti logici, che non lo facciano sospettare. <Non sei un ninja? Allora come ti permetti di giudicare chi ha combattuto? Pensi che saresti stato capace di fare di meglio? Pensi che ti saresti stato… all’altezza?> utilizza quella stessa parola usata da lui con tanto astio per descrivere ninja e villaggio. Lo stuzzica, lo punzecchia, si diverte nel farlo, far finta che lui abbia offeso lei e il suo villaggio. E poi… com’è stata quella notte? Oh. Sospira e chiude gli occhi. <Grida, sangue, violenza, rumore di ossa rotte, carni che si lacerano… inarrestabile.> i soli ricordi la eccitano come un animale famelico in cerca di sangue, cerca disperatamente quello che può ridarle quelle stesse emozioni, quegli stessi sentimenti. Ma nasconde il viso, non guarda Yosai, e rimane accucciata, con quel tono flebile come se tutte quelle parole le portassero alla mente qualcosa di doloroso… e il dolore c’è, ed è forte, reale, ma per i motivi sbagliati, diversi da quelli che lui potrebbe pensare. Il dolore che sia tutto finito, il dolore che lei debba rimanere ancora qui senza poter più provare emozioni simili. <E’ stato difficile, ci sono stati morti e feriti, gli sguardi carichi di terrore…> le mancano, ma quanto davvero potrebbe essere sano che una tredicenne veda tutto questo… eppure non è realmente così sconvolta come vorrebbe far credere. <Hai mai visto la morte in faccia?> sa la risposta, ma ancora una volta deve lasciare che sia lui a parlarne. [Chakra: On]

16:14 Yosai:
 Ti da poca soddisfazione guardarla, lei non ricambia lo sguardo, ma non glie ne fai una colpa. Sei uno che fissa. Così inizi a far vagare lo sguardo sul costone di roccia e sugli edifici che si stagliano sul bel vedere facendo da schienale a quel bellissimo panorama al quale tu dai le spalle. Afferri la balaustra anche con le mani, chiudendola nel pugno ed iniziando a serrare e ammorbidire la presa, quasi come un passatempo, o uno sfogo. Qualcosa di involontario, che non controlli, come se fossero i tuoi stessi muscoli a voler mangiare il ferro della balaustra. Di nuovo una domanda scomoda, di nuovo la mascella che scatta, <mia madre> sei abbastanza lucido e presente a te stesso da dire quelle due parole in tono gelido, ma si vede che qualcosa dentro morde il freno. Probabilmente non è una questione di ruolo ne di legami. Tu i freni inibitori ce li hai nel cervello. La ascolti di nuovo parlare della guerra scuoti il capo <ecco perché non vi sopporto> voi chi? Non lo specifichi <gli errori di valutazione della situazione sono stati commessi e ammessi. Non ho la palla di vetro e non posso dire se con altre scelte le cose sarebbero andate diversamente. Magari sarebbero andate peggio, magari meglio. Il dato di fatto è che è stato lasciato un punto debole puntualmente sfruttato dal nemico> gonfi il petto anche tu, espirando dal naso come un toro, scuotendo il capo <Non ho mai detto che non si siano impegnati. Ho semplicemente detto che non sono stati all’altezza.> mormori in tono greve <e in merito alla rabbia, non l’hai ancora visto quanto sono arrabbiato> che è un dato di fatto più che una minaccia <in queste situazioni c’è sempre chi ci rimette per errori di valutazione commessi e quindi ci sarà sempre qualcuno arrabbiato. Se vuoi fartene carico tu sei libera di farlo. In questa situazione la cosa migliore da fare sarebbe sfruttare la rabbia per guardare se stessi e migliorare, piuttosto che prendersela con chi legittimamente non è contento della situazione> Non ti rendi conto di quanto risulti altezzoso questo discorso eh? Non ci riesci semplicemente perché è il discorso che fai con te stesso. Sei il primo detrattore di te stesso al punto che i tuoi sensei hanno dovuto insegnarti prima di tutto a prenderti i tuoi meriti. È per questo che usi questo atteggiamento anche con gli altri. Nel dire, poi, fai anche lo sforzo di metterti fra gli altri quando degli altri non ti importa. Ignori le altre due domande. Hai già risposto e nessuno su questa terra sarebbe contento di tornare su quegli argomenti. Assottigli lo sguardo contro la capigliatura della Chuunin lì di fianco. <Se io fossi stato qui sarei stato il primo cadavere di questa battaglia> di nuovo gelido il tono della voce <Ma se per disgrazia fossi sopravvissuto a questo scempio mi sarei sentito un inetto incapace di portare avanti l’idea che mi ha spinto a scendere in campo e mi sarei massacrato fino ad essere all’altezza> commenti ripensando a tutte le volte che ti è successo di sentirti così. <Che senso ha dire “bravi non potevate fare di più, continuate così” quando è successo quel casino?> ti riferisci alla scena dietro di te, ovviamente. Sposti di nuovo lo sguardo sulla roccia dietro a lei e davanti a te quando lei parla, sembra stia descrivendo la morte di tuo padre ma moltiplicata. Socchiudi le iridi, sentendo riecheggiare la voce di tuo padre e percependo il bagliore rosso del tuo demone <mh, immagino> commenti tornando a guardarle la nuca <si > non si è mai pronti davvero alla morte. Una sola parola spinta nelle sue orecchie in forma di mormorio, diverso dal tono precedentemente usato.

16:46 Tayuya:
 Adora vedere quello scempio sotto di sé, quelle case distrutte, tutto quel percorso fatto… le sembra di rivivere quel momento più e più volte, ormai i ricordi sono l’unica cosa che le danno quelle emozioni così forti. Sua madre è morta e lei lo sa bene, molto bene. E’ quello che si merita, si… ma per quale colpa? Il motivo di tanto odio non ha una fonte, o una ragione, semplicemente sono più emozioni negative che derivano tutte da quella persona, da quel ragazzo. <Non sei l’unico che ha perso qualcuno.> Se lo merita, lo ripete nella sua testa. Si merita quella rabbia e quel dolore, si merita di sentirsi così e glie lo vorrebbe davvero dire ma non può. Mentre lui parla lei si rialza, lentamente si raddrizza sulle gambe e tiene lo sguardo rivolto verso il basso, verso il villaggio… ma è lento quel suo muoversi. L’odore del ragazzo le riempie le narici. Anche lei non sopporta questo posto e queste persone, anche lei… odia il mondo. Più sente quel ragazzo parlare e meno lei riesce a trattenersi, quindi come può mostrare la vera se stessa senza però rivelare come compromettenti e pericolose? <Inetti.> solo questo viene detto una volta che ha ascoltato tutto quel gran parlare. Altezzoso, borioso, ipocrita. Ora guarda quel ragazzo, dritto negli occhi e quello sguardo celeste è così… indecifrabile. È come se ci fosse il nulla dietro di essi, un enorme vasto vuoto che nasconde una miriade di emozioni. <Perché non segui il tuo stesso consiglio? Sfrutta la tua rabbia per guardare te stesso, invece che l’operato degli altri, migliorati se sei tanto debole e non sfogare la tua frustrazione sugli altri.> mette una mano al fianco e ghigna, snuda i denti come l’animale che è mostrando quei canini pronunciati e lo fissa negli occhi. Non ha paura di lui, e non le importa quanto faccia la voce grossa, quanto cerchi di farsi grosso con le parole. Non lo teme anche se lui afferma di essere ben peggiore quando è veramente arrabbiato… non le importa, non le frega niente. Questo si vede: sicurezza nello sguardo e nella voce, comportamento di chi non teme nessuno, comportamento di chi è convinta di essere nel giusto. <Sono stati deboli, è vero, hanno combattuto al massimo ma hanno perso. Sono stati degli inetti, non sono stati all’altezza, hanno reso tutto facile al nemico. E quindi? Vogliamo stare qui a rimuginarci sopra o vogliamo fare qualcosa di concreto anziché dare aria alla bocca?> assottiglia lo sguardo guardandolo, ironica, divertita, è chiaro che si stia riferendo a lui, perché lei… be, non si mette in quella categoria. Non è lei che si lamenta. Si avvicina a lui senza timore azzerando le distanze e i pugni si chiudono con forza… lei ragazzina, una bambina che è uno scricciolo contro una montagna. Non osa toccarlo perché non intende sporcarsi le mani. <Bravi, avete combattuto al vostro massimo ma non potevate fare così, allenatevi per migliorare affinchè non ricapiti un’altra volta.> cosa sta dicendo? <E’ questo quello che viene detto, perché è così che si parla ai propri sottoposti, è così che si spronano a fare di meglio e a migliorare. Quello che dici tu… nessuno qui lo dice, sarebbe da stupidi dirlo. Nessuno ha detto che bisogna continuare così.> o glie lo hanno detto? Non lo sa, ma è comunque una sciocchezza. <Immagini?> lo guarda, scandaglia quello sguardo come un animale che vorrebbe affondare i denti nella sua pelle per strappare a morsi la sua carne dall’osso. <Ma cosa vuoi immaginare tu. Ti atteggi a gran sapiente, fai la voce grossa, pensi di saperne più di tutti. Hai dalla tua l’esperienza dell’età, perché sei più grande di me.> oh, sta mischiando qualcosa di personale ora. <Ma non hai l’esperienza dell’essere ninja, delle battaglie, della morte. Non hai la mia stessa esperienza, in questo campo mostra rispetto per chi sta più in alto di te.> sogghigna ma lo sguardo… quello sguardo è gelido e carico di odio, è come un macigno che lei scarica addosso a lui e porta l’altro a potersi chiedere… ma cosa ha fatto per meritarsi questo sguardo? Probabilmente non gli importa forse, non gli importa perché una ragazzina si comporta in questo modo. <Io mi sono fatta da sola, sono cresciuta senza nessuno accanto, e non accetto che qualcuno mi parli così. Come se non valessi niente, come se fossi una inetta, come se non facessi nulla per migliorarmi.> lo guarda. Effettivamente… non è tanto diverso da loro padre. Che rabbia. [Chakra: On]

17:49 Yosai:
 Continui a prestarle orecchio, come è giusto che sia e a quella prima frase assottigli lo sguardo piantandoglielo addosso senza remore, come sempre. Un sorriso ti taglia il volto, sottile e affilato. E che ti importa di non essere l’unico? Niente e si vede. Ti importa di te. Non sei lì per nessun altro se non te e il tuo obbiettivo. Ti limiti a sorvolare anche con lo sguardo, spostandolo dietro di lei, leggermente più in alto. Lei che dunque si alza prima di ricominciare a parlare. Quando la tua voce ti giungi lentamente sposti l’attenzione su di lei. Ascolti la sua frase senza parlare, con le mani strette alla balaustra, sulle quali appoggia una parte del peso insieme ai glutei, la osservi. Imperiosa, arrabbiata, senza paura, con quello sguardo celeste privo di un fondale. Sorvoli anche su quella domanda retorica. A che pro specificare a lei, una sconosciuta, in che modo si danna quotidianamente l’anima riversando contro se stesso sentimenti tanto profondi che spesso, come in questo caso, te ne porti appresso le scorie? Non c’è modo. Sostieni quello sguardo quando lei s’avvicina. Anche i tuoi pugni si stringono intorno al ferro mentre sulle labbra quel sorriso muore sostituito da un’espressione dura, che accompagna un baleno animale lampeggiare negli occhi, represso dall’acqua oceanica ma comunque splendente <più concreto di come si dovrebbe reagire ad una sconfitta?> assottigli lo sguardo, mentre il labbro superiore freme, snudando per qualche istante due canini identici a quelli di lei, ma proporzionati alle dimensioni. Ti prendi quel discorso, quello che viene fatto a Konoha. Lo ascolti fino alla fine tirando fuori un ghigno anche tu. Stai iniziando a scaldarti, e forse è proprio questo il bello <Un bel discorso, non c’è che dire.> terribilmente sarcastico <Mettila come ti pare Tayuya. Non mi convincerai mai del fatto che questi discorsetti non sono altro che un modo di mascherare la realtà> gli ringhi davanti mantenendo lo sguardo nel suo <ma hai ragione, ha poco senso che cerchi di spiegarti il motivo per cui un ninja che ha bisogno di essere spronato da qualcuno esterno a se stesso a dare di più per me valga poco come ninja a prescindere dal grado. Sei convinta del contrario ed evidentemente ti trovi bene così> Forse dovresti reprimerla quell’indole, ma sei abituato a mortificarti anche per gli errori minimi, ingigantendoli per avere qualcosa di più grande da superare. Il discorso successivo di lei ti assottiglia ancora di più lo sguardo, ridotto ad un gelido spillo oceanico dritto dentro allo sguardo di lei. Sorvoli le offese o le critiche ai tuoi atteggiamenti, non avrebbe senso soffermarsi anche su quelle, <sicuramente non ho tanta esperienza quanta ne hai tu Tayuya, questo non posso certo negarlo. Ma tu non sei più alta in grado di me perché io non ho grado. A te riconosco il rispetto di chi ha combattuto e ha perso dando il massimo. Ed è proprio perché ti rispetto che non ti biasimerei mai per il fallimento che tu e chiunque altro fosse li ha conseguito. Se lo facessi e cercassi di confortarti sarebbe la certificazione del fallimento di te come combattente > commenti duro, senza distogliere lo sguardo. Vivi in un mondo di estremi, è sempre stato così. Non hai limiti da una parte o dall’altra. È al centro che proprio non ci sai stare. E quindi che estremo sia. Il solo ripensamento al discorso dell’esperienza ti fa sorgere un moto di rabbia. Perché? Perché anche tu vieni dalla guerra, ma soprattutto perché tu hai affrontato chi si è introdotto qui. <L’hai combattuto, il Demone Rosso?> una domanda vomitata di getto. Sei sicuro della risposta, altrimenti lei non sarebbe qui a parlare, ma non è quello il discorso al quale vuoi giungere. Aspetti dunque la sua risposta. La ascolti nel suo ultimo dire. Osservi quello sguardo. Probabilmente ciò che ti aiuta a sostenerne così tanto è il fatto che lei sia una sconosciuta e il fatto che ti sta facendo fraintendere le ragioni di quell’odio <è così che si creano i guerrieri. Da soli e senza nessuno. Lo sai meglio di me> commenti gelido <Sei convinta nell’animo che tu valga? Che tu non sia un’inetta? Che tu faccia di tutto permigliorarti?> le sibili contro guardandola negli occhi. Abbassi il capo <perché ti scaldi tanto se pensi che io stia dicendo solo un mare di stronzate?> chiedi senza distogliere lo sguardo.

18:37 Tayuya:
 Lui non comprende, lui non conosce e non capisce… ma è normale. Lei non sta dicendo la verità ed ovvio che lui parli a vanvera. Lui è… una grossa bestia famelica che pretende di fare tutto da solo. Non può fare a meno di notare la somiglianza e questo le fa rabbia, molta rabbia. Lui, loro padre. Lo sguardo si indurisce, ancora più gelido, ancora più rancore, le labbra snudano i denti e lei sembra quasi ringhiare. Lui pensa a se stesso, lei anche… rabbia. Hanno molte più cose in comune di quello che pensava… rabbia. Gli atteggiamenti, i ghigni, lo sguardo… rabbia, rabbia, rabbia. <Tu sembri uno che parla, parla, parla… e non fa niente.> un pallone gonfiato. O forse è solo la sua invidia a parlare? Il suo odio, il rancore. A tutti gli effetti lei è una sconosciuta che se la sta prendendo con lui, almeno dal punto di vista del ragazzo. Ignora quelle prime parole. Ascolta le sue parole, ascolta quel fraintendimento che c’è stato, ma è normale, se lo ripetere… normale. Ma non può continuare a fare finta che lui non sia quello che è… e che lei sia qualcun altro. Lo guarda, schifata, mettendo le mani ai fianchi come se stesse riprendendo un cucciolo testone, sordo e ignorante. <Ho per caso detto che quello è il mio pensiero? Ho detto che qui viene detto così, ma non che io la pensi come loro. Ho detto che sono stati deboli, inetti.> ringhia verso di lui senza temere il suo sguardo e lo sostiene. Lei e lui si stanno guardando allo stesso modo, ma lei cova odio per lui all’incontrario di lei… e lei… ha pur sempre tredici anni, è pur sempre una ragazzina. Ovvio che si lasci prendere dalle parole. <Tu non ascolti molto bene, vero? Sei grande e grosso ma secondo me hai problemi di udito o di intelligenza, mancanza di osservazione. Il cervello sarà inversamente proporzionato ai muscoli allora.> fa spallucce ringhiando quelle parole e leccandosi le labbra con foga, senza avere nessuna paura di offendere l’altro, non le importa. <Non cerco certo conforto, ma rispetto.> e questo sembra che lui glie lo riconosca… bene, forse non è esattamente quello che lei desidera, non in questo modo. Le prudono le mani, vorrebbe solo sfogarsi picchiandolo. Lui si scalda e lei si scalda, vorrebbe spaccargli il muso che si ritrova. <Il Demone Rosso?> e qui non può trattenersi e scoppia a ridere di gusto, incassa la testa tra le spalle, sposta il viso verso il basso e ride tenendo le braccia ai fianchi, come se lo stesse deridendo. <Certo.> smette di colpo di ridere e torna a guardarlo seria, gelida, ghigna. <L’ho visto il Demone Rosso, ho visto come si apriva la strada, ci sono andata contro.> si volta dandogli le spalle ed effettuando qualche passo in avanti mettendo distanza tra i due, non certo per paura. Perché lo dice? Solo per andare contro alle idee del fratello, alle sue sicurezze. Sorride e poi cambia subito discorso. <Mi sono fatta da sola, non ho bisogno di nessuno. Conosco io i miei limiti e so io come superarmi ogni volta sempre di più.> commenta gelida. E poi quelle ultime parole proprio la fanno andare in bestia, chiude gli occhi trattiene il fiato, ma non ce la fa e si volta di colpo verso di lui snudando i denti in un ringhio sommesso. <Perché odio i palloni gonfiati senza cervello che sparano stronzate convinti di avere la ragione nelle proprie mani!> perché vuole essere vista… sempre e comunque, lei vive in funzione di questo sperando che qualcuno la veda. Ma non un qualcuno qualunque, ma suo padre, lei agogna essere vista. Riconosciuta. Insomma, ricordiamo anche l’età che ha… pre adolescenza, ormoni, una ragazzina carica di rabbia e odio. <Sono libera di scaldarmi quanto mi pare se una cosa mi da fastidio, okay? Perché mai dovrei trattenermi?> incrocia le braccia al petto e lo fissa dritta negli occhi. [Chakra: On]

19:55 Yosai:
 Ringhio contro ringhio. Bestia contro bestia. Bella progenie, quella del demone rosso. Continua con gli insulti lei, e tu? Anche, ma sicuramente in maniera meno palese e più… ponderata. Ti sta cambiando la permanenza tra genjutser e persone subdole e striscianti come serpi. Dovrai farne buon uso o tornare alle tue origini, altrimenti ti sarai indebolito. Per adesso ti limiti ad ignorare quelle offese, limitandoti a gonfiare il grosso torace, trattenendo l’aria qualche secondo prima di spararla fuori dalla bocca dritta addosso a lei. quasi uno sbuffo. Ci stai prendendo gusto a farla incazzare. È così quindi, lei cerca di farti perdere le staffe, tu fai lo stesso con lei e continuate all’infinito… un tipico atteggiamento da fratello e sorella adirla tutta. Ascolti il suo successivo dire senza distogliere lo sguardo che d’improvviso si sgrana in una risata, molto simile a quella di lei, ma ben più baritona, profonda, alta di tono e soprattutto sembra emergere da un profondo ringhio animale < e se sei d’accordo con me allora cos’hai tanto da ringhiare?!> alla fine hanno detto la stessa cosa. Ma lei per premio ti riversa contro una carrellata di insulti, torni lentamente serio ma non ti scomponi, finisci anzi con le braccia conserte, grosse e imponenti, intrecciate sotto al petto. <Stai andando un tantino sul personale Tayuya> ti sforzi di fingere di aver ignorato i suoi insulti. In fondo ha finito col fare un complimento ai tuoi muscoli… almeno nella tua mente bacata. In realtà è semplicemente il fatto che sei meno coinvolto. Ti interessa il giusto quello che pensa lei di te, per il momento. La ascolti di nuovo <ti ho dato il mio rispetto, se non ti basta mi dispiace per te> ti limiti a rispondere. Ma di nuovo sgrani lo sguardo a quella risposta sul demone rosso, a quella risata. Finisci per ringhiarle contro di nuovo <ti ho beccato.> una secca sentenza, mentre la inchiodi con lo sguardo <ecco perché tutta questa storia ti tocca così tanto. È il demone rosso…> parli gelido, fissandola. Hai colto nel segno… ma hai colto la faccia sbagliata del bersaglio <tu non l’hai affrontato.> concludi. Braccia conserte e sguardo fisso su di lei <Non hai mai visto lo sguardo di quell’uomo su di te illuminato solo dalla voglia di farti del male. Non sei stata inseguita da lui. Non hai visto il suo sorriso sadico prometterti la morte.> è tutto verissimo in realtà, bisognerebbe solo capire come l’ha capito <Se ti fossi trovata davanti a quella bestia vogliosa solo di farti del male, adesso non saresti qui a raccontarlo, e se anche per qualche oscuro miracolo tu fossi viva non rievocheresti quel ricordo con quella risata> serio, glaciale. Mentre dietro di lei nella tua mente si staglia sulla montagna l’ombra di quel demone al posto della tua, con quei due rubini luminosi di pura malvagità. Tu li hai visti quegli occhi puntati su di te. Ma non serve che lei lo sappia, <Tu non odi i palloni gonfiati convinti di avere la verità tra le mani. Perché se li odiassi davvero e reagisci così ogni volta che te ne trovassi uno davanti allora adesso saresti una mukenin oppure sotto terra, perché ogni fottuto ninja che trovo ha la sua fottuta verità tra le mani. Tu odi QUESTO pallone gonfiato, che è diverso> ti indichi anche, per enfatizzare il concetto. E in realtà, a dirla tutta, non sembri farci gran che con quell’odio. <e chi dice che tu debba trattenerti, anzi...> eccolo di nuovo, un lampo rosso, animalesco e ferale a saettare tra il blu dello sguardo, rivelatore di ciò che sei <peccato che non ti darei abbastanza soddisfazione ora come ora> ti stuzzica l’idea di vedere una simile bestia in libertà. Peccato che per ora non hai le capacità per sopportare il peso di quella bestia.

11:01 Tayuya:
 Una progenie che non poteva essere in altro modo. Bestia contro bestia, è un continuo ringhiarsi a vicenda, a guardarsi storto con sguardo gelido. Si snudano le zanne, ci si infuria, ma alla fine è lei che ne sa il vero motivo… lui sta solo seguendo il flusso degli eventi senza comprendere cosa ci sia dietro di strano. Almeno per il momento. Perché il ragazzo non è poi così stupido come la ragazzina si ostina a volerlo vedere. Il suo odore di selvatico le entra nella memoria, l’animale viene memorizzato, un odore in contrapposizione al suo, stranamente, per quanto lei sia bestia quanto loro, ha un odore più leggero, di quei fiori capaci di sopravvivere anche nelle intemperie dove nessun’altra vita sarebbe possibile. Non sopporta quel volto, quel nome, quella parentela. Ringhia assottigliando lo sguardo. <Non ascolti allora, perché mi da fastidio il tuo modo di fare, ecco perché ringhio. Te l’ho detto.> incrocia le braccia al petto e lo fissa gelida, sostenendo quello sguardo e continuando con quegli insulti senza avere motivo di fermarsi. Dunque è infastidita da lui poiché il modo di fare, bhe… è simile al suo, quindi non è tanto corretto ciò che gli ha appena affermato, il problema è un altro e presto o tardi persino lui se ne renderà conto e poi? Cosa potrà rispondere lei per sostenere ancora il suo segreto? <E’ così che faccio.> gli risponde tagliente. <Quando qualcosa mi prende la vivo con intensità, così sembra sul personale ma non lo è. Vivo solo intensamente.> questa è una verità, la menzogna sta solo nel fatto che si tratta anche di qualcosa di personale. <Non ho mai detto che non mi basta.> è proprio questo quello di cui stava parlando, il fatto che egli parli come se avesse la verità tra le mani, pretendendo di conoscere e comprendere senza però sapere un emerito niente di quello che si cela dietro alla ragazzina. Dunque aspetta che egli abbia finito di parlare… ebbene lui pensa di averla beccata, di averla messa all’angolo, di aver capito ancora una volta senza aver veramente compreso nulla. E lei lo fissa, con davvero troppa sicurezza. Sa perfettamente di cosa lui stia parlando e lei non cede, non da’ alcun segnale di essere stata punta su di una bugia… e lo osserva attendendo tranquillamente che lui abbia finito di dare aria alla bocca. <Ecco cosa intendo per odiare chi pensa di avere la verità. Tu credi di conoscermi, di aver capito qualcosa… ma non è vero, tu non sai niente di me. Dai per scontato in maniera presuntuosa che tu hai ragione.> ringhia, incattivita. <L’ho affrontato. Ho visto il suo sguardo.> questo è vero, non sarà stato qui ed ora, ma in passato sì, prima che la lasciasse in sto buco di villaggio. <Il sorriso, le sue promesse. Ma che ne sai? Mi dai della bugiarda senza conoscermi.> lei non lo ha fatto per lo meno. <Non mi conosci, non sai come una persona reagisce… ho riso, e allora? Ho trovato l’esperienza molto eccitante.> ride ancora una volta scuotendo appena la testa. <Non tutti reagiscono solo nei modi in cui pensi tu, scendi dall’Olimpo.> si sente soffocare da quel ragazzo, da quella sua ombra. Dovrebbe ucciderlo, ma non può. <Quindi non dirmi cosa dovrei fare o come dovrei reagire sulla base di come tu faresti.> avanza nuovamente fino al ragazzo azzerando ancora quella distanza che aveva messo tra di loro, fissandolo dritta negli occhi senza timore e con la sicurezza di chi sa, conosce i retroscena. E poi ancora, lui parla, dice e cade ancora una volta nello stesso errore che continua a fare con lei, nonostante lei gli abbia ampiamente detto come comportarsi con lei per essere minimamente civili. Ma a lui non frega niente, guarda che novità, è proprio di famiglia. <Che ne sai di come reagisco coi palloni gonfiati? Che ne sai di cosa la gente pensa di me? Comportarmi in questo modo con chiunque mi faccia arrabbiare non fa di me una mukenin ma solo una persona difficile con cui avere a che fare. Una persona da evitare perché non viene compresa, definita una pazza selvatica che ringhia e ti prende a cazzotti per la minima parola o occhiata storta.> La realtà è che non glie ne frega nulla di quello che pensano gli altri, ma è ormai palese che il problema sia il fratello per lei. Tutto ciò che egli sta dicendo è sbagliato perché si basa su errate congetture. Da’ per scontate molte cose, ebbene lei gli da’ qualche nuova prospettiva per allargare gli orizzonti e poi… lui comprende. Lei si ferma e lo osserva. Il problema è questo pallone gonfiato. E ora? Come giustificare questo rancore nei suoi confronti, può solo passare oltre ed ignorare quelle parole come se non fossero mai state dette. <Soddisfazione?> quello stesso lampo, quella stessa voglia animale di scatenarsi. Stringe i pugni e snuda i denti. <Credimi, me ne daresti molta invece. Non me ne frega niente del divario di forza o grado.> si morde il labbro inferiore così a fondo da aprirsi una ferita e sanguinare… lascia che quel rivolo di sangue scenda dal suo labbro fino al mento. Lo fissa gelida e ghignante, con quella voglia che si legge nel suo sguardo di scatenarsi contro di lui. <Non ti andrebbe? O forse sei tu che hai paura del divario di forza.> lo stuzzica, lo provoca e lo fissa ricolma di desiderio, voglia di liberarsi, scatenarsi affondare le sue zanne. Per il momento può solo farlo in missione, scagliarsi contro i nemici senza alcun freno fregandosene delle conseguenze e per il resto… deve solo frenarsi quando vorrebbe essere libera come dovrebbe. [Chakra: On]

12:09 Yosai:
 Alla fine, tra ringhi e sguardi, tra sbuffi e occhiatacce, state iniziando a comprendervi molto meglio di come sarebbe andata se non fosse finita a schiaffi verbali. Esattamente come è sempre stato. Non c’è miglior modo di conoscere una persona se non combattendoci contro. Questo è un combattimento verbale, sicuramente, ma sta permettendo ad entrambi di entrare nell’intimo molto più di quanto vorrebbero. Rimane il divario di conoscenza della verità che lei ha rispetto a te. La stai conoscendo al punto che sta iniziando a piacerti. C’è un’affinità tra quello ciò che dice e ciò che sostieni tu. Fatichi a trovarla perché lei si diverte ad andarti contro, ma lo sai che è così. Da come reagite agli sbruffoni a come affrontate le difficoltà della vita, da come venite considerati nel villaggio a come usate la parola *fastidio*, financo a come vi muovete. Non sono cose che riesci a vedere, anche perché la conversazione ormai ha colto da tempo sul personale anche te, ma sono cose inconsce, messaggi per ora ignorati ma chissà. Alla fine sei giunto alla conclusione giusta. Ce l’ha con te. Di nuovo stendi le labbra in un sorriso affilato Anche tutto il discorso sul coinvolgimento non sembra poi tanto diverso <vivere con intensità non è forse il contrario di vivere le cose in maniera distaccata? E vivere le cose in maniera distaccata non è forse il contrario di non lasciarsi coinvolgere?> continui ad osservarla di nuovo con la sensazione di essere contraddetto solo per gusto più che per convinzione. Lei si avvicina. La osservi dall’alto, la ascolti sulla questione dell’aver affrontato il demone rosso. Lentamente sciogli gli avambracci precedentemente intrecciati davanti al petto, e li tieni verso l’alto, a mani aperte, <hai ragione> cedi alla fine perché? perché le dai ragione se resti convinto che lei non abbia affrontato nessuno? Perché non è quello il punto <basarsi su una reazione è un po' poco per dare del bugiardo a qualcuno> commenti semplicemente. Tu nelle tue viscere sei profondamente convinto di ciò che pensi, ma stai scadendo anche tu nella maleducazione. Lasci di nuovo cadere le braccia ai lati del corpo, ad afferrare la balaustra sulla quale sei ancora appoggiato con i glutei <e in ogni caso a prescindere da chi tu abbia affrontato, ne sei uscita viva e apparentemente tutta intera. E questo merita rispetto> concludi l’argomento, ascoltandola continuare. Finisce col definirsi da sola, almeno per come gli altri la definiscono, ma è pur sempre una definizione. Assottigli lo sguardo <beh hanno ragione> commenti di nuovo stendendo il sorriso affilato <curioso, è una definizione nella quale hanno ingabbiato anche me. Ma tu sei peggio a dire il vero> oh poco ma sicuro. Le successive provocazioni ti arrivano. La osservi ferirsi il labbro e per la prima volta lentamente scendi verso di lei con la parte superiore del busto, andando a cogliere quell’odore di arcigni fiori selvatici <ti darebbe soddisfazione prendermi a pugni?> snudi le zanne in un sorriso animale, <A me il divario di forza importa, ma non perché ne ho paura, ma perché non mi batti mai con chi è più debole. Non avrei niente da imparare> commenti finendo a pochi centimetri da lei, sostenendo quello sguardo sicuro. Ti raddrizzi poco dopo, facendo forza sulle braccia per issarti e compiere un passo avanti, a costo di finire a contatto con lei, qualora non si scostasse. Le daresti quindi le spalle e mentre lo fai alzi l’avambraccio sinistro portando la mancina davanti al plesso solare, chiusa nel sigillo della mezza capra. Ti immagini figura eterea ed inizi a cercare l’origine dei tuoi pensieri, delle tue emozioni, dei tuoi sentimenti, scavando a fondo fino a trovare l’energia psichica che porteresti all’altezza dello stomaco. Ti concentreresti poi su ciò che permette al tuo sangue di scorrere, ai tuoi muscoli di contrarsi, al tuo cuore di battere, trovando l’energia fisica e portandola affianco all’atra per iniziare ad impastarle, ottenendo il tuo prezioso chakra che spediresti a scorrere violento nel suo apparato circolatorio. Tre, quattro passi, non di più poi torni frontale a lei. porteresti la gamba destra indietro. Un movimento che dovrebbe aprire il bacino innescando una rotazione di tutta la colonna vertebrale e della spalla. Fletti entrambe le leve inferiori, caricandole come molle. Mentre porti le braccia ad alzarsi. Il braccio destro, più indietro rispetto al gemello, viene piegato a protezione del busto. Il sinistro viene piegato davanti al viso, dita aperte come artigli e un tenue bagliore rosso nelle iridi <Forza> inciti [Impasto del chakra][Chakra On]

14:16 Tayuya:
 Perché non lo ammette a se stessa? Odia quel ragazzo, odia la sua ombra, odia per quel suo essere semplicemente lui. Eppure hanno così tanto in comune, le piace quello scambio di ringhi e di sguardi, è come aver trovato qualcuno che potrebbe davvero comprenderla se solo la conoscesse… ma la realtà è che l’odio è più forte. Chissà… chissà cosa ne verrebbe fuori se combattessero fianco a fianco e non l’una contro l’altro. Non può mandare tutto a quel paese proprio ora, mettersi in posizioni scomode, dunque continua ad andargli contro. <Che acume, ti diverti a dire cose ovvie?> che il distacco sia il contrario dell’essere appassionati è logico, evidente, lei sbuffa e sogghigna, sembra divertita ma anche irritata da quel modo di fare. <Anche il distacco può essere vissuto intensamente, però. Ciò non toglie che io preferisco di gran lunga essere passionale.> ghigna snudando i denti verso il ragazzo, osservandolo come se volesse azzannarlo al collo, lei sembra… divertita, come se lo stesse provocando. Non è semplice avere a che fare con lei. In seguito succede qualcosa che la prende completamente contropiede, ovvero che lui le da ragione. Oh, certo si sente vittoriosa, sorride e incrocia le braccia al petto sollevando la testa con fare orgoglioso. Non dovrebbe sentirsi in quel modo ma è pur sempre una ragazzina che pensa di aver vinto su qualcosa contro il proprio fratello maggiore. Pena? Forse, ma per il momento si gode quella piccola e insignificante vittoria. <Oh, allora sai usare la testa.> commenta ironica con una leggera anche se animalesca risata, di certo non come quella del fratello, però è innegabile non notare tutte queste somiglianze. Ignora le sue successive parole a riguardo del suo rispetto nei suoi confronti, semplicemente lascia stare dato che sono cose già state dette in precedenza e lei continua a guardarlo. <Io sono peggio?> domanda dopo averlo ascoltato. <In che senso sarei peggio, e con quanta sicurezza poi.> solleva un sopracciglio e distanzia i piedi tra di loro, mantenendo una posizione fissa a statuaria con lo sguardo fisso su di lui. Le interessa quella risposta, forse è la prima che davvero vuole sentire, non vuol certo dire che lui le piaccia o le stia simpatico, ovviamente. <Quindi non ti batti contro è più debole di te perché non impareresti nulla?> ride ancora una volta. <Un Konohano avrebbe detto sai cosa? Che c’è sempre da imparare anche da chi è più debole di te, tipo umiltà e cazzate varie.> lo osserva mentre si posiziona… la pensano davvero in maniera simile. Lei scuote la testa, smuove i rosei capelli e osserva per un momento il suolo mentre ascolta le sue ultime parole di sfida che la fanno largamente sorridere. Col dorso della mano coperto dal nero guanto, si pulisce quel rivolo di sangue dal mento. <A me si, darebbe molta soddisfazione. Non mi faccio problemi nemmeno se l’avversario è più debole di me… perché mai dovrei fare differenze del genere? Tutti si meritano i miei pugni, non vorrei che qualcuno si offendesse!> sogghigna e lo fissa. I piedi sono già distanziati quindi fletterebbe solo le gambe appena ad altezza delle ginocchia per abbassare il proprio baricentro, per cercare di ottenere una migliore stabilità. Quindi porterebbe il piede destro leggermente più avanti rispetto al sinistro e le braccia verrebbe piegate, i gomiti leggermente distanziati dai fianchi. Lo sguardo si assottiglia in maniera ferale e il ghigno snuda i denti emanando un’espressione di pura eccitazione ed emozione. Non ha bisogno di altro, semplicemente scatterebbe in avanti contro il fratello e per farlo sfrutterebbe le gambe come leve, dopo aver raccolto più forza cinetica possibile nei muscoli e la rilascerebbe di colpo come due molle. Distenderebbe le gambe di colpo e spingerebbe il terreno sotto ai suoi piedi, mentre il busto si piegherebbe leggermente in avanti per dare il via alla corsa. Alternerebbe dunque le gambe nella loro corsa e al massimo della sua velocità andrebbe contro a Yosai. Egli non dovrebbe nemmeno riuscire a vederla, forse vedrebbe uno spostamento veloce, un’ombra, ma di certo non riuscirebbe a seguire i movimenti in maniera definita. La ragazzina non fermerebbe la sua corsa ma appena arriverebbe a distanza di ingaggio di fronte al ragazzo, caricherebbe il braccio destro all’indietro, con tutta la spalla e il torso ruoterebbe verso destra, il tutto per cercare di dare il maggiore e migliore slancio possibile a quel colpo. La mano si chiuderebbe a pugno e poi scaglierebbe il colpo in avanti. Il busto ruoterebbe verso sinistra e così la spalla destra andrebbe in avanti grazie allo slancio e distenderebbe il braccio in avanti, con tutto il pugno che verrebbe portato. Il colpo verrebbe portato al fianco sinistro, contro le costole, tenterebbe di fare più male possibile colpendo con le nocche e sfrutterebbe proprio quel buco che egli avrebbe lasciato sollevando il braccio sinistro a protezione del volto. Non si trattiene ovviamente, perché dovrebbe? [Tentativo scatto verso Yosai – 1/4 turno][Tentativo pugno al fianco – 2/4 turno][Chakra: On]

15:15 Yosai:
 Ancora una volta ascolti la rabbia che lei ti vomita contro. La sostieni come il temporale che si abbatte sulla montagna <beh, mica è colpa mia se mi tocca spiegartele> le rispondi di rimando ghignando <lo sai meglio di me che il distacco e la passionalità sono agli antipodi. Tu sei passionale e ti fai coinvolgere. Come me. Non raccontarmi frottole sul distacco> e che diavolo qualcosa ormai l’avrai capita di lei no? La osservi godersi quella piccola vittoria e ti limiti a scuotere il capo e a ringhiare di nuovo, per poi far scaturire da quel ringhio una risata più sommessa, baritona e profonda. Quasi lei ti divertisse. Avete ormai perso la bussola di chi sia il punzecchiato e chi il punzecchiatore. Finendo entrambi coinvolti in quel vortice d’ira, sfottò e divertimento. È difficile interrompere le spirali. Soprattutto quelle generate da tanta passionalità. Quelle parole ti allargano il sorriso affilato, snudando le zanne <oh, grazie, avevo proprio bisogno di sentirmelo dire> scuoti il capo, di nuovo ridendo. Ma quando dalle sue successive risposte capisci che ci tiene che tu approfondisca le sue parole, li ti tiri indietro. E che fratello stronzo saresti sennò <mah, niente, sei peggio e basta> quando ricomincia con i discorsi dei Konohani ti limiti a gonfiare il petto fino alla massima estensione della cassa toracica, trattenendo un po' l’aria per poi sbuffare <Si, ma abbiamo già detto che i Konohani sono stupidi e personalmente dell’umiltà e delle cazzate varie importa zero, esattamente come a te. Ho la mia bussola morale e non accetto né la tua né quella di altri> commenti mentre le dai le spalle per posizionarti <e poi è tutto inutile perché tu saresti più alta in grado di me, se io fossi un ninja. Quindi non c’entri niente col fatto che non mi spreco con i più deboli> concludi, ascoltando la sua ultima frase. Ghigni, ma non rispondi, preparandoti. Perché ha accettato? Te l’ha anche detto, è un Chuunin. Farà solo male. Perché darle questa soddisfazione? Perché è tramite il dolore che si fissano i nuovi obbiettivi. Ti concentri, osservandola mettersi in posizione, concentrarsi e poi… semplicemente sparire. Una frazione di secondo dopo un’ondata di dolore ti travolge insieme ad un’onda d’urto che ti spinge indietro il baricentro facendoti indietreggiare di due passi. Un’esplosione di adrenalina e dolore ti invade il corpo. Improvvisamente il fiato ti viene a mancare, le gambe cedono piegandosi su se stesse all’altezza del ginocchio ma tu impedisci loro di cedere del tutto. Ponendo una mano sul ginocchio e l’altra al costato, la dove si è infilato il micidiale pugnetto della Taijutser. Volto è piegato verso il basso, risultando invisibile alla tua avversaria. La bocca spalancata, cerchi aria, il cuore pompa all’impazzata spinto dall’adrenalina. Un dolore fortissimo ti porta a non poter nemmeno toccare l’area colpita. Ma ecco che i tuoi allenamenti ti vengono in aiuto. Hai massacrato il tuo corpo tante di quelle volte che ormai quella calda sensazione che emana la zona colpita è un’amico fedele dei tuoi combattimenti. È lui che ti culla e ti rilassa, ci convivi da sempre, è un amico. <grrrr> un ringhio profondo e sommesso, dal quale poi esplode una risata fragorosa. Potente, mentre lentamente fai leva sulle ginocchia e ti rialzi, in tutta la tua altezza, ti volti verso di lei, la guardi e senza paura ti avvicini, ancora ridendo, a lei non può non sembrare che tu non abbia subito danni, anche se dento di te fatichi a trovare l’ossigeno per quella risata. Fa male anche solo respirare, eppure te ne freghi e vai avanti, fino a fermarti a una distanza infima da lei. abbassi il capo e il busto fino a portare il viso a pochi centimetri dal suo capo <complimenti. Meni forte. Mi sei simile anche nel combattimento…> commenti con voce profonda e glaciale <spero che ti abbia dato la soddisfazione che cercavi, Tayuya, perché io ti prometto che la prossima volta non ti sarà così facile colpirmi. Verrà il momento in cui non mi sarà più utile scontrarmi contro di te> commenti glaciale per poi sollevarti, di nuovo eretto, darle le spalle ed iniziare ad avviarti verso l’uscita <non sarò qui a Konoha ancora a lungo> commenti senza guardarla <spero di rivederti a Kiri, sarebbe tutto più divertente con una testa calda in più> sarebbe il tuo saluto. Qualora lei non decidesse di menarti ancora o non avesse altro da dire, ti fermeresti solo un attimo, per accertarti di questo, e solo in caso nulla accadesse, continueresti la tua camminata facendo sparire la tua ombra da quel posto, lasciando che sia il sole l’unica presenza. Solo quando non visto torneresti a toccarti l’area colpita. Fa un male cane. Respiri a fatica anche se hai saputo camuffare. Pessima idea concederle uno scambio anche fisico. Ma d’altronde fronteggiare il tuo nemico, chiunque esso sia, è alla base del tuo comportamento in battaglia, per quanto idiota possa essere questa cosa. [SE end]

15:56 Tayuya:
 Lo fissa, ghigna. Questo ragazzo sprona in lei un miscuglio di odio e divertimento, vorrebbe solo sfogare contro di lui tutta la sua rabbia eppure se la ride. <Non mi devi spiegare niente, dai solo aria alla bocca.> ringhia verso di lui per poi scuotere appena la testa, insomma lui sta ancora travisando le sue parole, ascolta solo quello che vuole sentire dimenticandosi spezzettoni quale e là. <Nessuna frottola, mio caro.> solleva le spalle e sospira sonoramente sbuffando fuori l’aria dal petto in maniera violenta, tanto che c’è da chiedersi come sia possibile in una figura tanto piccolina. Che cosa ha capito da questo incontro? Che assomiglia molto a lui più di quanto lei non vorrebbe… e questo accumula solamente il suo risentimento. Come diamine fa lui ad essere il prescelto ancora non se lo sa spiegare. <Lo prendo come un complimento.> sogghigna quando lui evita di darle una risposta e le conferma solo di essere peggio. Va bene così, essere peggio è bene. <Oh, bene! E’ evidente che abbiamo molto in comune allora, che bello.> è ironica ovviamente ma non può negare che lui abbia ragione. Dovrebbe dirgli la verità, forse, dirgli chi è che il sangue li unisce e tralasciare solo il fatto di essere… cosa? Una traditrice? Una bugiarda? E quanto questo pesa realmente sulle sue giovani spalle? Continua a sogghignare, a ridere, si, perché è quello che riesce a mantenerla in piedi: l’odio e il divertimento. Il suo essere bestia, sanguinaria, quei ricordi che si porta dietro… negli anni nessuno glie ne ha dati di diversi e di migliori. Dunque ci si allontana, ci si prepara a colpire, non si fa domande e non si preoccupa di trattenersi… lui dice di non essere un ninja ma il chakra lo sa impastare. È un allievo? Non è suo interesse. Se l’è cercata e lei ha la possibilità di avere quella minima soddisfazione, per questo parte, corre sapendo di essere veloce e lo colpisce con tutta la forza che ha. Sente le costole sotto il suo pugno che gemono a quel contatto e lui indietreggia di un paio di passi. Il ghigno si apre ancora di più, va da orecchio a orecchio, mostra i denti come un animale e gli occhi si sgranano ricolmi di… gioia. Una folle gioia. Le gambe gli cedono, in ginocchio. <E’ così che devi stare.> implacabile lei lo fissa con quello sguardo, l’espressione, il suo ansimo che non è segno di fatica ma di eccitazione troppo forte… ringhia insieme a lui, poi tenterebbe di afferrarlo per i capelli con un gesto forte e deciso, a forza glie alzerebbe lo sguardo per poterlo guardare negli occhi e vomitare tutto il suo rancore. <E tu… saresti il prescelto? Io valgo mille volte più di te.> lo lascerebbe in malo modo e si allontanerebbe nel momento in cui lui si rialza e ride, una risata gutturale che inevitabilmente contagia anche lei. Ebbene si, si ritrovano a ridere insieme, godendo di quel momento e si volta verso di lui… oh, sembra non aver subito effetto quel pugno, il dolore che non viene mostrato, ma il corpo parla da sé. <Non fare tanto lo sbruffone. Perché come tu migliori, anche io faccio altrettanto… sarò sempre un passo avanti a te. Lo capisci? Non mi supererai mai.> non se lo può permettere, non può concedere a lui quel vantaggio, no! Lei è la migliore tra i due e prima o poi lo vedranno… lo vedrà lui, loro padre. Lo osserva andare via, camminare dandogli le spalle… la osserva quella schiena così grande, così invalicabile, e lei si sente ancora una volta soffocare da quell’ombra. Si incattivisce il viso e i pugni vengono stretti. <Ci rivedremo, non temere.> non dice altro, anche lei volta le spalle e se ne va. [end]

Tayuya e Yosai si incontrano. Lei decide di tener celato il legame di parentela che li unisce.
Si innesca tra i due una spirale di provocazioni che ben presto sfugge dalle mani e finisce a botte.
Yosai ce le prende, ovviamente.

//Al valutatore giudicare l'entità dei danni e alla player un gran grazie per la divertentissima role. A presto <3